Mestieri d'Arte n°1

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Dibattito d’Autore

un buon progetto oggi è quello che all’utente finale risulta chiaro, utile, facile, economico e funzionale

sità trasversale che gli consenta in fase progettuale di trasferire l’uso delle tecnologie, proprie di uno specifico settore a un altro campo applicativo in modo creativo e innovativo, come nel caso della lampada Velo progettata da Raggi per FontanaArte nel 1988, dove è stato usato un vetro elastico sviluppato dall’industria automobilistica. Il caso particolare di Paolo Rizzatto, designer e fondatore dell’azienda Luceplan, esemplifica quanto sia importante il rapporto tra progettista e azienda, un rapporto che deve essere consapevole e consono per poter soddisfare gli interessi di entrambe le parti ma che sappia contemporaneamente salvaguardare l’individualità del progettista, il quale deve sempre essere in grado di andare oltre gli interessi particolari dell’azienda per non rischiare di percorrere strade già conosciute. Parlando di ricerca e innovazione, Franco Raggi fotografa la realtà attuale del setto-

Chiara è anche l’identità di Luceplan, fondata sugli aspetti interattivi delle lampade, aspetti che hanno determinato il successo dell’azienda permettendole di conquistare una solida parte del mercato. Il ruolo di Paolo Rizzatto come art director è quello di preservare l’identità dell’azienda coniugandola con la necessità di rinnovamento e confronto con spinte diverse e diversi atteggiamenti progettuali, coinvolgendo anche altri progettisti e sviluppando i nuovi prodotti attraverso una selezione critica e di mercato. Fin dall’inizio l’atteggiamento di Luceplan ha tenuto conto di precise variabili di progetto, produzione, sperimentazione, ricerca, qualità, come dell’attenzione alla sostenibilità ambientale e al risparmio energetico. «Un buon progetto deve essere ecologico e rispettoso delle risorse terrestri e un buon disegno deve tenerne conto». Aziende come Luceplan, Barovier & Toso e FontanaArte hanno avuto il coraggio di fondare la propria immagine sulla stabilità di un linguaggio: l’utente finale riconosce in loro un messaggio chiaro e questo ne determina il successo, anche commerciale. In questo momento, dove spesso si tende a innovare a tutti i costi, dove esiste una «retorica dell’innovazione» come anche una «retorica dell’interattività», come afferma Raggi, un buon progetto è quello che risulta chiaro all’utente finale: chiaro e utile, facile ed economico, funzionale e sostenibile. L’attualità e il futuro del progettista della luce devono tener conto di tutto questo: ci sono molte opportunità di formazione specifica nel mondo dell’illuminazione, formazione importante perché gli strumenti da conoscere sono molti, complessi e costantemente in evoluzione, senza dimenticare il nodo della sostenibilità energetica. D’altro canto progettisti della generazione di Rizzatto e di Raggi insegnano come non si debba mai perdere la capacità di comprensione generale, la curiosità nella sperimentazione e nella ricerca e la travalicazione dei confini tra le discipline per anticipare le previsioni con il progetto di un nuovo prodotto.

Il termine «artigianale» oggi è ambiguo perché è un concetto

che ha subito un’evoluzione e bisogna quindi analizzarne le specificità caso per caso RIFLESSI A fianco, sopra: prove di resa ottica della lente Fresnel per la lampada Hope. Sotto: Flûte di Franco Raggi per FontanaArte (1999). Lampada con corpo in vetro borosilicato e riflettore in alluminio cromato lucido. Info: www.fontanaarte.it.

re dell’illuminazione: «Oggi costa molto di più cercare: cercare è un investimento alto. Le aziende sono molto più vulnerabili sulla capacità di ricerca e innovazione. Il mercato sta prevalendo in modo penalizzante…», e continua ricordando che «il grande patrimonio di un’azienda è l’identità del marchio: il progettista e l’azienda devono ragionare e investire su questo, senza farsi sedurre dal mercato». Nella sua attività di art direction per Barovier & Toso, Raggi ha insistito molto su questo concetto in quanto «l’identità del marchio è molto chiara: si occupa del vetro muranese e dei suoi possibili sviluppi». Il catalogo di Barovier & Toso parte infatti dal classico lampadario veneziano dal quale si sono sviluppati una serie di lampadari contemporanei, come i lineari della linea Domo progettati dallo stesso Raggi.


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