Artigianato 50

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“Libreria” di Donato D’Urbino, il mercato del mobile del periodo, IIIa Selettiva 1959, esecuzione Molteni & C. e con il nascente design italiano proposto dall’emergente industria dell’arredamento. Oltre al prodotto “ben eseguito” si comincia a dar credito al “ben disegnato”, superando una mentalità che subordinava la qualità del progetto rispetto alla pregevolezza esecutiva. L’abilità e il valore costruttivo rappresentano, infatti, gli elementi caratteristici e peculiari di tutta la storia del mobile locale, in cui la novità e la qualità erano, non tanto nel modello come fattore morfologico ed estetico, ma intrinseche al prodotto come fattore tecnico ed esecutivo. La stessa base artigianale del sistema produttivo, così connaturata nella tradizione e nella vocazione del luogo, si manterrà nel tempo, dalle origini nei primi anni ottocento, sino alla contemporaneità e caratterizzerà, nella struttura urbana, nella vita civile e nella composizione sociale il territorio di Cantù e dei comuni limitrofi. L’iniziativa è articolata in due fasi: un concorso internazionale per temi progettuali, soprattutto di ambienti destinati all’ambito domestico, in coerenza con la tipica produzione canturina e una successiva mostra, nella quale sono esposti i prototipi dei progetti selezionati da una giuria internazionale. La Selettiva continuerà, con scadenze biennali, fino al 1975, attraverso l’effettuazione di undici edizioni con un evidente e progressivo logoramento. Solo le prime Selettive, infatti, hanno un ruolo fortemente propositivo di stimolo al rinnovamento culturale e produttivo, per superare quell’atteggiamento autoctono di riproduzione imitativa degli stili dei mobili del passato, ma anche del cosiddetto “moderno”, interpretati spesso, ambedue, attraverso semplificazioni e commistioni formali generatrici di quella tendenza stilistica che potremmo definire “eteroclita”, solitamente conosciuta denominata e impropriamente “Stile Cantù”.

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La produzione del mobile in “stile”, purchè spesso impropria, favorì comunque la crescita di un virtuosismo artigiano, caratterizzato da un’elevata maestria e competenza esecutiva disponibile a qualsiasi approccio innovativo, purchè garante della oramai tradizionale valenza di qualità costruttiva. A questo proposito mi sembrano significative le parole pronunciate da Carlo De Carli nell’invito ad un gruppo di architetti milanesi a progettare per Cantù: “...i laboratori di Cantù realizzano un mobile di qualità eccellente, un mobile che ha tutt’ora caratteristiche di pregevoli finiture a mano, qualificato da un’attenta valorizzazione della materia sul piano figurativo, più tendente al pezzo di eccezione, seppure ovviamente ripetibile in piccola e media serie, che non allo standard di basso costo e di grande serie…”, e di seguito “Le caratteristiche d’impostazione e di finitura del mobile di Cantù dovrebbero essere suggerite dalla stessa tecnica delle botteghe ed essere tali da sfruttare appieno la tecnica stessa ed evitare limitazioni…, progettando per Cantù, non siamo vincolati né a tecniche costruttive esclusivistiche, né a cicli di lavorazioni predisposte, né a maglie di lavorazioni, ma solo dobbiamo progettare un mobile che figurativamente abbia un volto ben definito e possa valorizzare l’abilità manuale degli operai delle botteghe di Cantù ed esserne a sua volta valorizzato”. La Selettiva si colloca storicamente immediatamente dopo il secondo dopoguerra, in una situazione in cui la produzione ha ripreso con facilità, sia per l’elevata domanda di mobili convergente su Cantù, sia per le strutture produttive artigianali predisposte ad affrontare qualsiasi richiesta, secondo quella dinamica peculiare dell’artigianato locale che è stata ed è quella di non essersi mai specializzato in un’unica tipologia di prodotto e in un unico stile,


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