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anno XI numero 1 • febbraio 2012 • distribuzione gratuita

periodico di politica cultura società • www.alambicco.com


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PRONTI, PARTENZA... STOP! San Cesario di prepara al rinnovo del Consiglio comunale. Liste, programmi, candidati alla conquista della maggioranza

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utti pronti ai nastri di partenza? Macché! A soli tre mesi dalle Amministrative (si voterà per il rinnovo del Consiglio comunale il 6 e 7 maggio prossimi), gli schieramenti sono ancora in alto mare. Mai come per questa tornata elettorale, liste e programmi, accordi e coalizioni sono incerti; Un po’ perché partiti e politici stanno vivendo il più grosso scollamento dalla cittadinanza che si ricordi a memoria d’uomo, un po’ perché le diplomazie soprattutto a destra - stanno cercando accordi con forze sociali e movimenti per cercare di rompere la leadership cittadina che il centrosinistra detiene dal 1993. E proprio al 1993, quando “Insieme per cambiare” ottenne quella straordinaria affermazione che è ancora viva nella memoria di molti, che il centrosinistra ha scelto di richiamarsi in un documento diffuso nelle scorse settimane in cui si evidenzia la necessità di far recuperare slancio ed efficacia a un progetto che nel corso degli ultimi vent’anni ha avuto alti e bassi ma che ha conservato valori e ideali intatti. Il nuovo assetto di questo schieramento - l’unico per ora a essersi presentato alla cittadinanza in un’assemblea pubblica - vede la presenza, oltre a Partito Democratico, Rifondazione Comunista, Italia dei Valori e Udc, di una grossa componente indipendente di cui i giovani sono la parte più numerosa e innovativa. “Insieme - Partecipazione e Rinnovamento” sarà il nome del movimento e della lista che si presenterà alle elezioni con non poche novità. Su tutte, oltre alla costituzione di gruppi di lavoro pubblici per l’elaborazione del programma elettorale, il ricorso alle Primarie per l’individuazione della candidata o del candidato alla carica di Sindaco. Infatti, incassata l’indisponibilità a ricandidarsi di Tonino Girau, “Insieme” ha fatto propria quella che oramai è una prassi adottata ovunque, anche dalla destra (quantomeno a Lecce). Le Primarie, infatti, possono rappresentare - pur con evidenti limiti e non pochi rischi - un momento di partecipazione democratico e allargato alla vita di uno schieramento, facendo uscire fuori dalle segreterie e dagli accor-

di di partito i processi di scelta e selezione di candidati e programmi. Alla data di chiusura di questo numero del nostro giornale, i candidati alle Primarie di “Insieme” non sono ancora noti. La scadenza per la presentazione delle candidature, infatti, è fissata per la settimana in cui “l’alambicco” sarà già in distribuzione per cui ne daremo notizia sul nostro nuovo sito. A proposito di web, occorre sottolineare come anche la politica sancesariana abbia scoperto i social network e internet. “Sveglia cittadina” è un gruppo di giovani che proprio su facebook ha presentato il suo progetto. Per ora di idee e di programmi non vi è molto; l’elemento caratterizzante è la trasversalità di appartenenze politiche che caratterizzano i componenti: grillini, ex Alleanza nazionale, ex socialisti, ex Radicali, ecc. Il solco nel quale si inseriscono è quello di un’antipolitica dettata dalla sfiducia nei confronti di partiti e istituzioni, per cui tutto quello che proviene da questi ambienti è da considerare negativo. Partendo da questi presupposti, c’è da immaginare che proveranno a costruire una lista autonoma per cavalcare questo sentimento diffuso e provare a costruire una alternativa agli schieramenti “classici”. “Spazio comune” (movimento di Giancarlo Ciricugno) è stato il primo a presentarsi sul web anche se il sito è stato poi abbandonato e il gruppo facebook non è aperto a tutti. Al dibattito online, Ciricugno e i suoi (tra questi alcuni vecchi militanti del Pdl e della Democrazia Cristiana ma anche fuoriusciti dall’attuale maggioranza) hanno affiancato una serie di manifesti. “L’impegno di ‘Spazio comune” - ci ha dichiarato Giancarlo Ciricugno - è rivolto a far recuperare prestigio al paese. In questa direzione il nostro impegno per un programma partecipato e condiviso”. Ad oggi, le possibili strade di “Spazio Comune” sembrano essere due: correre da soli con Giancarlo Ciricugno sindaco; trovare un accordo con il Pdl. Ma questa eventualità si giocherebbe a livello provinciale, passando sulla testa degli esponenti locali e utiliz-

zando qualche incarico come moneta di scambio politico. Staremo a vedere, intanto il Pdl si sta muovendo per stringere alleanze con forze sociali esterne (circola il nome di Giovanni Lecciso, già assessore nella Giunta Girau poi passato all’opposizione). “Il Pdl - afferma Raffaele Capone - non presenterà una lista con il proprio simbolo, ma una civica all’interno della quale troveranno spazio altre realtà sociali con le quali si sta dialogando per addivenire ad un programma condiviso. Non c’è nessun accordo, per ora, con Spazio Comune ma ciò non significa che non ci potrà essere, siamo in una fase in cui tutto è possibile”. Proprio questo clima di attesa fa sì che anche non sia ancora individuato il candidato sindaco: “Il Pdl - continua Capone - farà la sua proposta, ma le scelte saranno condivise e quindi per ora non c’è nessun nome”. Se dovessimo scommettere, scommetteremmo sullo stesso Raffaele Capone. Chi altri sennò? Infine, segnaliamo una scoperta fatta per caso: su internet esiste un blog dal titolo “Paolo Russo Sindaco”. A parte il titolo, vi è poco altro. Questa candidatura sarebbe sostenuta da “Regione Salento” e il presunto candidato dovrebbe essere un sancesariano d’adozione, da poco residente nel nostro Comune. Fin qui la cronaca. Provando ad abbozzare un’analisi, salta subito agli occhi l’uso/abuso da parte di tutti del sostantivo “partecipazione”. Ma se in

qualche caso questo è suffragato da azioni concrete (o, almeno, dal tentativo di attuarle), in altri casi si tratta di un’operazione di facciata. Nulla cambia rispetto al passato in cui il politicante di turno, che detiene una presunta cifra di voti, prova a convincere la sua parte politica di essere il miglior Sindaco possibile e tenta tutte le strategie e a tutti i livelli per allargare la cerchia dei propri sostenitori. Il cambiamento, il rinnovamento e la partecipazione per essere autentici hanno bisogno di trasparenza e del supporto di noi cittadini che dobbiamo provare a fare qualcosa di più che delegare. Gli strumenti non mancano (dalle primarie a internet alle assemblee) bisogna solo rifuggire dalla malattia del disimpegno perché, come cantava Gaber, “la libertà è partecipazione”! Giancarlo Greco giancarlo@alambicco.com Il 7 maggio, “l’alambicco” seguirà in diretta per voi le operazioni delle elezioni amministrative con dati su affluenza, votanti e lo scrutinio.minuto per minuto. Vi aspettiamo su

www.alambicco.com

DOLCERUBRICA DI

ANTONIO COLLA

TORTA DA COLAZIONE Montare con una frusta 125gr di burro ammorbidito e 220gr di zucchero a vela, sino a rendere il composto bianco e spumoso. Aggiungere progressivamente al composto, continuando a montare, 2 uova intere (Cat. A) di circa 160gr. A questo punto, setacciare insieme preventivamente e incorporare velocemente a pioggia, 220gr di farina 00 e 5gr di lievito per dolci, facendo attenzione a non smontare l’impasto. Dividere in due il composto. Stemperare 8gr di cacao con 25gr di latte e aggiungere mescolando ad uno dei due impasti. Riempire una stampo

di 18/20 cm di diametro, precedentemente imburrato e infarinato, alternando un mestolo di impasto bianco e uno al cacao (mantenendosi a +/- 3 cm in altezza) e infornare a 170° C.


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PUG: LISCIO COME L’OLIO L’iter per l’approvazione del Piano Urbanistico Generale sta per giungere al suo ultimo appuntamento. Vediamo nel dettaglio cosa cambierà nell’assetto del nostro territorio

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on la seconda conferenza di coopianificazione, tenutasi a Bari il 19 Gennaio, continua l’iter procedurale per l’adozione del PUG (Piano Urbanistico Generale) che andrà a sostituire l’attuale piano regolatore vigente e che definirà le linee guida per lo sviluppo territoriale di San Cesario per almeno i prossimi 10 anni. L’incontro, previsto dalla normativa regionale, riunisce attorno ad un tavolo Regione, Provincia, Comune ed Enti coinvolti a vario titolo nella pianificazione territoriale ed analizza le proposte messe in campo dall’amministrazione attraverso i tecnici incaricati. A questa riunione, in cui sembra non siano state sollevate particolari eccezioni alle scelte ed alle soluzioni proposte nel PUG, farà seguito un ulteriore tavolo tecnico con l’autorità di Bacino, prevedibilmente nel mese di Febbraio, il quale concluderà la serie di incontri di coopianificazione e darà inizio alla fase di adozione ed approvazione del Piano all’interno del consiglio comunale, che rappresenta l’ultimo grande obbiettivo dell’attuale amministrazione prima dello scadere del suo mandato. Andiamo a vedere più in dettaglio alcune delle scelte adottate per la stesura del PUG i cui documenti, anche se con una certa difficoltà, sono scaricabili dalla pagina web del comune di San Cesario. Per quanto riguarda le nuove zone di residenzialità abitativa, è tristemente nota per le polemiche che ha generato, la parte nord del quartiere Aria Sana, che rappresenta per dimensioni, il più grande cambio di destinazione d’uso del territorio. Infatti, una grande fetta di territorio compresa tra la ferrovia e l’attuale spazio urbano della zona passa da agricolo a residenziale. Adiacente a tale zona, la parte est dell’asse ferroviario confinante con la zona di Castromediano potrà essere destinata ad attività produttive e commerciali. Si

3 prevede quindi un forte sviluppo della zona sia in termini abitativi che infrastrutturali, che andranno a servizio sia degli abitanti del quartiere aria sana sia dei cittadini della confinante Lecce. Non è superfluo sottolineare che una buona gestione di questa trasformazione potrebbe portare ad una ricaduta positiva, in termini economici, di tutto il settore produttivo del paese. Avvicinandosi al nucleo cittadino evidenziamo la trasformazione in zona ad usi produttivi e commerciali della fascia adiacente alla SP per Lecce, di fronte all’ingresso della zona sportiva, che tende ad omogeneizzare una parte

del territorio già sede di attività commerciali. Nella parte sud del paese, sull’asse Lecce-Galatina, viene riproposta, in continuità con il PIP vigente, una zona destinata ad attività produttiva. Si spera, che con il nuovo strumento urbanistico, la nuova amministrazione che verrà possa dar vita, finalmente, ad una zona artigianale che San cesario aspetta da molti anni, per dare risposta all’esigenze degli imprenditori locali e non solo, sfruttando la buona posizione geografica tra la capitale ed il sud del Salento. Infine, senza per questo voler esaurire tutte le analisi possibili sul PUG, segnaliamo una grande area agricola

nonchè zona a prevalente valore paesagistico. Stiamo parlando di una vasta area che comprende i territori a destra e sinistra della strada per Lequile (Puzzieddhu). Questa area, grazie ad un vincolo naturalistico apposto dalla provincia, verrà tutelata, contribuendo quindi alla conservazione del patrimonio ambientale ed agricolo, così scarso a San Cesario per via delle ridotte dimensioni del feudo comunale. Aspettando l’approvazione, l’Alambicco continuerà a seguire l’iter di adozione del PUG. Paolo Verardo

Periodico di politica cultura società Anno XI n. 1 - Febbraio 2012 ISCRITTO AL N. 792/2002 DEL REG. STAMPA DEL TRIBUNALE DI LECCE

Direttore responsabile: Giancarlo Greco.

via Cerundolo 54 San Cesario di Lecce Tel. 0832.205088

Hanno collaborato: Antonella Perrone, Antonio Colla, Aristodemo De Blasi, Cristian Nobile, Emanuele Faggiano, Enrico Tortelli, Gianni Nobile, Giuliana Scardino, Giuseppe Nobile, Luca Laudisa, Lucia Luperto, Giancarlo Nicolaci, Luigi Patarnello, Luigi Pascali, Marco Pezzuto, Paolo De Blasi, Paolo Verardo, Pierpaolo Lala. Redazione: via Umberto I, 65 - San Cesario di Lecce e-mail: redazione@alambicco.com internet: www.alambicco.com facebook: www.facebook.com/redazione.alambicco twitter: @LAlambicco Distibuito gratuitamente a San Cesario, Cavallino, Lequile, San Donato Stampato presso: S.&G. Grafiche - Galugnano (LE) Chiuso in tipografia 12 febbraio 2012 alle ore 21,30


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U N A NAZIONE ALLA DERIVA La politica ha perso la fiducia dei cittadini. Eppure proprio grazie a essa si può superare questa che è la più grave crisi della modernità

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e la gente comprendesse il funzionamento del nostro meccanismo finanziario, sono sicuro che scoppierebbe una rivoluzione ancor prima di domani”. L’eco delle parole di Henry Ford si scioglie nella storia fino ad arrivare nei nostri giorni, senza mai perdere attualità e concisione. Oggi più che mai, infatti, tutti noi siamo spettatori impotenti dell’influenza, a dir poco impressionante, che l’economia mondiale ha nella vita di ogni singolo cittadino. Molte nazioni sono state costrette ad attuare norme durissime per scongiurare il rischio del default e, fra queste, un posto di rilievo spetta anche alla nostra povera Italia. Di fronte a questa crisi, così improvvisa e inarrestabile, le forze politiche del nostro paese si sono trovate impreparate ed hanno dovuto cedere il passo ad un governo fatto di tecnici che, proprio in quanto privo di ogni compente politica, sarebbe stato in grado di attuare quelle norme utili a porre fine all’emergenza finanziaria. Ed infatti così è stato: il governo Monti ha fatto e sta continuando a fare tutto quello che nessun altro esecutivo avrebbe potuto fare a meno di una rivolta popolare. L’inasprimento della pressione fiscale che trasforma il vivere in sopravvivere, il lavoro e la sua “monotonia”, il sistema della pensioni grazie al quale molti giovani non percepiranno nulla, le liberalizzazioni campate in aria che hanno scatenato più scioperi che consensi e ancora tanto altro deve arrivare. Tutte queste misure sono state presentate come sacrifici inevitabili che possono traghettarci fuori da questo mare di denaro andato a male. Ma siamo veramente sicuri che sia questa la sola strada percorribile? Ed ancora, fino a che punto la politica e i tecnici gettati in pasto alla politica potranno calpestare i diritti sociali dei cittadini? In questo periodo, cavalcare l’onda dell’antipolitica risulta cosa semplice da fare, eppure l’unilateralità delle manovre del governo non possono non lasciare spazio a simili vedute. Invece di scaricare sulle tasse gran parte del peso del debito italiano, non avrebbero potuto pensare a ridurre i finanziamenti ai partiti o addirittura a ridurre il numero dei parlamentari e dei senatori? Non avrebbero potuto diminuire i costi di mantenimento della camera e del senato? Non sarebbe forse il caso di ridurre drasticamente il numero delle auto blu o almeno di utilizzare mezzi più economici e prodotti in Italia? Conviene ancora continuare ad acquistare armamenti da guerra e arruolare quante più persone

possibile? Affermare ciò non significa sostenere che i cittadini sono esulati dal dare il loro contributo attraverso le tasse, ma significa fare in modo che ciascun cittadino, politico o no, faccia la sua parte in maniere uguale rispetto agli altri. D’altronde il fondamento della democrazia è proprio l’uguaglianza di ogni cittadino rispetto ad un altro. Proprio per evitare situazioni simili è stato formulato, in ogni governo democratico, lo statuto dei diritti sociali che, come stabilito dalla Consulta, sono irrevocabili. Ciò significa che ogni singolo cittadino ha diritto a un’abitazione, per la quale si pagano salate tasse, al lavoro, che in Italia non può essere solo part-time perché si licenzia più di quanto di assume, all’assistenza sanitaria, che nel nostro paese è gratuita ma è bene ricordare che gratuito non è sinonimo di lentezza e inadeguatezza di attrezzature, agli ammortizzatori

BILLA,

sociali, che fra una lacrima e un’altra si vogliono ridurre, e alla pensione, che ormai, oltre ad essere non più un diritto per gli onesti cittadini ma un lusso per i più furbi, rappresenta un orizzonte fin troppo lontano per milioni di giovani. Per fortuna, però, anche i nostri governati stanno iniziando a fare la loro piccola parte. Infatti, dopo aver ridotto sul lastrico mezza nazione con una manovra elaborata in fretta e furia ed aver invocato tempi lunghissimi per la riduzione dei corposi stipendi percepiti, hanno rinunciato ad un ulteriore aumento di 700 euro. Ma oltre al danno anche la beffa: il denaro, che in qualche modo sembra differire da quello del resto italiani, non sarà destinato a sanare il debito ma verrà depositato in un fondo a parte, la cui finalità è ancora da decidere e allora ci si chiede: ma avranno rinunciato veramente a quell’aumento così vitale? Fra spread e BTP/Bound, default, standard & poor’s, Moody’s e rating, una cosa è certa: il prezzo più caro, di una situazione che non dipende dai cittadini, lo stanno pagando proprio i cittadini. Gli

scioperi che si sono susseguiti nei giorni scorsi sono la conseguenza inevitabile e necessaria di un paese che non ci sta, stanco delle solite menzogne pre-elettorali e voglioso di dimostrare che il popolo non rappresenta solo le lacrime ed il sudore di un paese che deve rinascere, ma anche il motore di una nazione che, per funzionare adeguatamente, deve porre i propri cittadini nella condizione migliore per svolgere il loro lavoro. La politica, così come era stata originariamente intesa, è la sola arma efficace di cui disponiamo per riportare l’uomo al centro del dibattito politico, ma prima questa deve ritorcersi contro se stessa, deve essere epurata da sciacalli e arrampicatori sociali, deve scendere dal palazzo e tornare in strade per offrire al cittadino la possibilità di costruirsi un futuro,deve palesare i problemi e non nasconderli fino a che non sono insostenibili; in altre parole la politica serve al cittadino, ma non ci può essere politica se non ci sono i cittadini. Luigi Patarnello

SI CHIUDE

Le trattative non bastano. Mentre la politica litiga, 76 famiglie perderanno il lavoro per la chiusura dell’ipermercato di San Cesario

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l destino dell’Ipermercato Billa di San Cesario è arrivato al punto di non ritorno. Le lettere di mobilità sono state già ricevute dai 76 dipendenti e il 31 marzo si chiude. La struttura di San Cesario fa parte dei sei punti vendita (insieme alle filiali di Porcia, Bassano del Grappa, San Giorgio in Bosco, Grezzana e Crocetta del Montello) rimasti fuori dalla cessione della catena Billa dal gruppo Rewe a Conad. Primo tra i centri commerciali/ipermercati ad essere inaugurato in provincia di Lecce (era il 1991 ed era un punto vendita della catena Gum), la storia del la struttura sancesariana è stata costellata da continui alti e bassi. La nascita dei centri commerciali di Surbo e Cavallino ne hanno, da subito, limitato le potenzialità che invece erano state evidenti nei primi anni di vita (seppure in regime di “monopolio”, data l’assenza sul territorio di strutture equivalenti). I passaggi di proprietà (da Gum a Standa, fino a Rewe) non sono stati mai indolore, anzi. Nel lungo periodo di inattività, quasi due anni, in cui l’ipermercato è stato chiuso, la struttura è rimasta viva solo grazie alla tena-

cia dei commercianti della galleria, che hanno continuato a resistere in una situazione spettrale, con le merci . Il lento declino della struttura lo abbiamo testimoniato dalle pagine del nostro giornale in questi dieci anni di vita de “l’alambicco”: ne parlammo per la prima volta col numero di ottobre 2002. L’ultimo passaggio al gruppo Rewe, proprietario del marchio Billa, che aveva riacceso le speranze dei lavoratori e del territorio, ha deluso da subito. Fin dall’inizio è apparsa chiara la volontà di non investire sul punto vendita di San Cesario: mentre i concorrenti facevano di tutto per abbagliare i consumatori e invitarli a comprare, le luci del Billa rimanevano inesorabilmente spente, in un atmosfera decadente. In un mondo dove a dominare è la positività a tutti i costi, il Billa di San Cesario è stato lo specchio fedele di una crisi troppo negata ma con cui oggi ci troviamo a fare i conti. I 76 lavoratori in mobilità sono un prezzo alto da pagare per un territorio già molto provato dalla crisi. Da subito si è cercato di attivare un tavolo di confronto con la proprietà che, però, non

sembra voler tornare sui suoi passi. Billa, comunque vadano le cose, andrà via. Al tavolo istituito dalla Regione (che ha la competenza sulle licenze degli ipermercati) lo scorso 9 febbraio si sono seduti i sindacati, gli enti locali interessati e il gruppo Rewe per trovare una via di uscita. Lo scoglio più grosso per l’ingresso di nuovi attori che possano rivitalizzare il centro commerciale sembra però essere la struttura (di proprietà della società Aedes), da ristrutturare e con un affitto che si aggira intorno al milione di euro annuo. L’unica, flebile speranza oggi, è rappresentata proprio dalla società proprietaria dell’immobile che, sebbene non presente alla riunione in regione, si è detta disponibile a ragionare di possibili soluzioni. La sola cosa di cui i lavoratori non hanno certamente bisogno è lo sciacallaggio di cui sono stati oggetto da parte di alcuni politici, preoccupati più della propria campagna elettorale che al destino di 76 famiglie rimaste senza lavoro. Gianni Nobile gianni@alambicco.com


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U N A VITA PER L A COMUNITÀ In anteprima pubblichiamo uno stralcio del libro di Ottorino Forcignanò sulla vita di don Oronzo Margiotta

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n anteprima per i lettori de “l’alambicco” pubblichiamo uno stralcio del primo capitolo di Una vita per la comunità, libro scritto da Ottorino Forcignanò sulla vita e il lavoro di don Oronzo Margotta. Il volume è stato fortemente voluto dalla famiglia Margiotta e dall’Amministrazione comunale (prima dal Sindaco Cesare Serra, che ha ideato il progetto, e poi dal Sindaco Tonino Girau e dall’Assessorato alla cultura). Il libro sarà presentato alla cittadinanza nella primavera di quest’anno. ••• Mi cercò più volte l’indimenticabile don Oronzo, dopo aver lasciato la guida della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di San Cesario. Cercava qualche numero mancante di “Noi, Comunità”, il foglio parrocchiale da lui sempre desiderato, per cui tanto si era speso e che finalmente era riuscito a realizzare nel 1971. Quella sera della primavera del 2001 mi disse di aver telefonato anche ad altri, sperando di rintracciare tutti i numeri del giornale che non aveva avuto modo di conservare. Intendeva riordinare un po’ di carte. Intuivo che forse aveva intenzione di scrivere qualche memoria. Forse. Non glielo chiesi per discrezione, ma nell’ultima telefonata gli promisi che ci saremmo incontrati. Poi l’imprevedibile corso della vita portò in poco tempo il caro Don Oronzo a festeggiare nel cielo il suo cinquantesimo di sacerdozio.

Quando la famiglia Margiotta mi ha chiesto di scrivere una testimonianza sulla figura del caro congiunto, mi è sembrato che il desiderio di don Oronzo , intuito da me quella sera di primavera, si materializzasse prendendo forma in quello dei suoi cari. Ma perché la scelta veniva a cadere su di me e non su altri? La cosa mi produce ancora forte emozione. […] Ma fermare sulla carta gli aspetti salienti del vissuto di un parroco come don Oronzo obbliga a lasciare meno spazio alle emozioni e sensazioni personali per un racconto più obiettivo e distaccato. […] D’altronde, i pochi anni intercorsi dalla sua scomparsa possono lasciare molti spazi alle emozioni legate direttamente al suo ricordo e, meno, alla necessaria e distaccata serenità nel valutare il suo operato. Don Oronzo, infatti, non soltanto ha guidato la Parrocchia Matrice di San Cesario per quarant’ anni, ma in questo paese ha vissuto interamente la sua esistenza.. Da tutti conosciuto, come accade sempre in una piccola comunità, è stato fatto oggetto di forti attenzioni, con il relativo carico di opinioni, giudizi, passioni, simpatie e antipatie, partigianerie esagerate o critiche dure. Come capita a chi non solo è parte di una comunità ma, per il ruolo svolto, ne diviene imprescindibile punto di riferimento. Ecco allora un motivo in più della scelta di lasciare direttamente al lettore il compito di esprimere opinioni, anche legate alle particolari emozioni dei propri ricordi. A me ho riservato il compito, certamente nemmeno tanto facile, di raccogliere e selezionare alcune pagine dei suoi scritti e di raccontare, per sommi capi, alcuni

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MORTE TE LU PAULINU Con lo storico personaggio folcloristico saluteremo carnevale

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orna, grazie all’associazione culturale “Folle Mente” (con il partrocinio dell’Ammini-strazione di San Cesario e in collaborazione con le scuole medie ed elementari del paese), l’antica tradizione de “La morte te lu Paulinu”. Martedì 21 febbraio, alle ore 15,30, partirà da Piazza Garibaldi un corteo in maschera che percorrerà le principali vie del paese (via Dante, via Unità d’Italia, via XVI Marzo, Piazza Bologna, via Vittorio Emanuele II) accompagnato a suon di musica da una banda. La manifestazione si concluderà intorno alle 18,30 in piazza Garibaldi dove – come vuole la

tradizione - si darà alla fiamme il fantoccio “te lu Paulinu”. L’organizzazione invita alla

partecipazione in maschera tutta la cittadinanza e soprattutto i più piccini.

tratti della sua biografia ed i momenti che mi sono parsi più significativi della sua lunga attività di parroco. La grande quantità di materiale che la famiglia ha messo a mia disposizione mi conferma nell’ipotesi che don Oronzo stesse effettivamente pensando a redigere qualche memoria della sua vita. Si tratta di quaderni fittamente vergati a mano, con “Omelie”, “Panegirici”, ma anche “Riflessioni in preparazione agli incontri con i nubendi”, con i giovani, commemorazioni funebri di taluni concittadini, studi per il regolamento della confraternita dei SS Cuori, riflessioni religiose su particolari argomenti, aneddoti, interventi alle assemblee parrocchiali, ma anche scherzi e battute per intrattenere i partecipanti a pellegrinaggi particolarmente impegnativi. E poi “Novene predicate sulla Madonna”, “Pensieri sulla Messa”, “Prediche e pensieri”, “Incontri con i genitori degli alunni del catechismo”, discorsi tenuti in particolari occasioni e commemorazioni, annotati su fogli raccolti con la cucitrice. E ancora, il “Diario personale”, un semplice quaderno dalla foderina nera, che va dall’8 ottobre 1956 sino al 3 dicembre 1960, giorno dell’insediamento come parroco di Santa Maria delle Grazie, un estratto “Resoconto Eventi Ecclesiali” che va dal 13 luglio del 1952 al 24 settembre 2000 e la raccolta completa di tutti i numeri di “Noi, Comunità”. Ho ritenuto, quindi, che attraverso la personale scelta di alcune pagine dei documenti lasciati, del suo “Diario” e di alcuni suoi articoli pubblicati su “Noi Comunità” non soltanto avremmo sentito direttamente la voce del nostro parroco, ma avremmo ripercorso, sia pur sommariamente, un arco di cinquant’anni di storia di vita religiosa del nostro paese, riflesso nei documenti originali di un testimone che ha vissuto in prima persona i mutamenti prodotti nella Chiesa e nella società dal vento innovatore del Concilio Ecumenico Vaticano II. E, nel rileggere gli scritti di Don Oronzo, scopriremo con sorpresa che c’è un unico filo che li lega saldamente e che diventa la costante della sua vita: l’amore appassionato per il suo paese e i parrocchiani a lui affidati che, con la sua catechesi, ma soprattutto con la sua autentica testimonianza, educa ad una fede concretamente vissuta, come scelta di vita e maturazione personale. Ottorino Forcignanò

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QUANDO C’ERANO IL SAN CARLO E L’IRIDE Il ricordo malinconico di San Cesario 50 anni fa...

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i chiamo Vittorio Stano. All’età di quattro anni vivevo in un casello ferroviario tra Novoli e Lecce. Non conoscevo ancora la corrente elettrica: unica fonte di luce, un lume a petrolio. Scoprì l’esistenza della lampadina solo qualche anno dopo quando, armi e bagagli, ci trasferimmo con la mia famiglia a San Cesario. Fu un’esperienza meravigliosa: potevo leggere, scrivere, giocare anche di sera. All’epoca a San Cesario esistevano due cinema: il San Carlo di Carmelo Canterini e l’Iride di Cappello. Vidi il mio primo film a sei anni: “Giovanna d’Arco”. Fu un’emozione talmente dirompente che tornai in sala quasi ogni domenica. La proiezione dei film veniva annunciata tre giorni prima dagli altoparlanti di una Fiat Topolino. Le macchine da proiezione erano a carboncini. Questo impediva agli operatori (Uccio Rubini prima, Francesco Lettere poi) di allontanarsi anche solo per pochi minuti. La sala era divisa in due parti: quella più vicina allo schermo (destinata a noi ragazzini che pagavamo ridotto) con lunghe panche in legno, e quella più lontana con biglietto “intero” e poltroncine.

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Aneddoti da raccontare ce ne sarebbero a fiumi. Ne ricordo uno in particolare: il papà dei fratelli Romano (Gigietto e Antonio) che, all’improvviso, si presentava in sala portando ai figli delle pagnotte. Gigietto e Antonio sedevano sempre allo stesso modo: uno a destra, l’altro a sinistra della sorellina. «Per evitare che qualcuno la infastidisca» sogghignavano. Non c’erano i gruppi elettrogeni e spesso anche il minimo temporale faceva mancar la luce. Ricordo nitido il tripudio, le grida, gli applausi di noi ragazzini quando tornava la corrente. Negli anni ’50 lo schermo era piccolo e quadrato. Oltre ai film venivano proiettate le notizie politiche. Era la settimana Incom. Un giorno ci informarono che da lì a poco avrebbero montato un nuovo tipo di schermo: lungo, rettangolare, panoramico: il “cinemascope”. Il primo film che gustai sul nuovo supporto fu “La carovana verso il sud” con Tyrone Power. Indelebili le suggestioni che precedevano la proiezione. La domenica, ora di pranzo, mio padre mi mandava in piazza per vedere il film in programmazione. La locandina era sulla parete tra il Bar Coppola e la vetrina di Valerio Marzo.

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ria. Lo si raggiungeva attraverso una strada dissestata. Quando pioveva, per evitare di fare i conti con un torrente di fango, venivano applicate delle passerelle in legno. Nel 1972 venne venduto a mia sorella Amelia. Cambiò il nome in “Gigante”, dal cognome di mio cognato Luigi che proprio lì aveva impersonato Gesù Cristo ne Il Golgota. Che tempi! Quanta nostalgia! La punizione più atroce da bambino era il negarmi il cinema la domenica. Peccato aver perso oggi questi gioielli del nostro paese. Son cresciuto con De Sica, Fellini, Rossellini; le pellicole moderne non riesco a farmele piacere... Quell’amore antico, grande nella sua semplicità, purtroppo lo mantengo vivo solo nei più profondi ricordi. Vittorio Stano

La taèrna

DI LUIGI PASCALI o da fare una confessione: questa volta è stata dura trovare un argomento! Un poco per l’importanza di affrontare un tema degno del decennale de “l’alambicco”, un po’ perché è obiettivamente difficile trovare storie interessanti negli ultimi anni (quelle vecchie stanno per esaurirsi), un po’ per il logico ridursi dei personaggi di cui ancora parlare. A tale proposito affiora qualche remora, a causa di un episodio accadutomi in occasione dell’uscita dell’ultimo calendario de “l’alambicco”: sono stato apostrofato, in un noto supermercato, da una simpatica signora che, attirando da lontano la mia attenzione, mi intimava: ehi, ieni quai, ieni… stànu fiàcche le cose! Incuriosito e un po’ preoccupato, raggiunta la signora, la stessa mi ha circostanziatamene preannunciato una sorta di azione legale nei confronti dei responsabili della pubblicazione di una fotografia sul calendario! Sollevato e riferito alla signora la mia estraneità a tali responsabilità, non ho potuto fare a meno di pensare all’ipotesi di urtare qualche suscettibilità, nel menzionare qualche personaggio di San Cesario, soprattutto utilizzando soprannomi e modi di dire (altre forme non

Arrivavo in bici, mi fermavo, chiudevo gli occhi: volevo emozionarmi alla sorpresa del titolo che avrei letto su quel manifesto. Tappa obbligata, prima del cinema, erano due bancarelle di caramelle dove con 10 lire partecipavi ad una sorta di pesca. Una di Cesarino “Chitarra”, l’altra di Romildo Fossalto. Se la pesca era fortunata, ti riempivi le tasche di dolciumi. Il titolare del cinema Iride, il “maresciallo” Cappello, era buono e permissivo e qualche ragazzaccio se ne approfittava. Nel cinema vi era un piccolo palco, isolato dal resto della sala. Nasceva come luogo riservato; destinato a severi cinefili. Spesso, molto spesso, anonimi delinquentelli lo utilizzavano da trincea per bersagliare con qualsiasi oggetto gli spettatori in platea. Vanto del cinema Iride era il farsi “arena” in estate: le panchine venivano spostate dall’interno al giardino retrostante. Noi godevamo i film tra alberi di agrumi, zanzare e qualche insetto che ci cadeva addosso. Il cinema San Carlo ha tutt’altra sto-

avrebbero alcun senso, tradirebbero lo stile narrativo, perderebbero d’interesse, non consentirebbero di individuare immediatamente di chi o cosa si sta parlando). Vorrei precisare, qualora ve ne fosse bisogno, che utilizzare ’ngiuri, culacchi, aneddoti, circostanze, viene fatto nell’assoluto rispetto delle persone e, soprattutto, con smisurato affetto nei confronti di chi, ciascuno a suo modo, ha lasciato traccia indelebile nella memoria di quanti hanno il piacere di ricordarli! Detto ciò, mi sono ricordato che, alcuni giorni or sono, ripercorrendo Via Mazzini nel ritrovato senso cu’ b’ai allu Largu te lu Palazzu senza cu’bba’ggiri te l’Aria Sana, passando te nanzi allu furnu te lu Rollu, sono stato rapito da una fragranza te pane friscu, anzi càutu, che ha risvegliato in me nu’ spilu te rosetta càuta-càuta cu’ la murtatella appena tajata… detto fatto: in men che non si dica mi sono ritrovato seduto in macchina a strafocàre ’na spaccatela bollente con annessa lattina te cocacola, ruttinu liberatoriu compresu! La spaccatèlla è finita troppo presto, poiché non ci sono più le spaccatèlle di una volta, che erano il doppio della rosetta, per non dire te ddhri belli filoni te

mienzu chilu, ca quannu calài a ‘nchinu te squartài la ucca! Con la carta in una mano e la lattina nell’altra, incurante te tutte le muddhricule che decoravano la mia sciarpa, il maglione, il giaccone, li sedili, lu sterzu, lu cruscottu e li tappetini te la machina (menu male ca stia ssettàtu annànti, senò n’ìa chinu puru lu cofanu!), mentre cercavo di occultare le prove della consumazione fuori programma, per non dover affrontare i rimproveri di mia moglie: “mangi sempre purcarìe e t’ha ‘ngrassatu ca fàsci schifu!”, pensavo proprio allu furnu, agli anni in cui al suo posto vi era una vera e propria locanda, infatti era chiamata La Taèrna, nella quale si serviva qualche cosina da mangiare (sarde salate, recòtta scànte, tiaulìcchi… ma più che altro pezzetti allu sucu e òe ‘ndelessate farcite abbondantemente di pepe, per stuzzicare la sete); prevalente era la mescita del vino che trovava estimatori in personaggi notissimi in tutto il paese per le memorabili e frequenti ’mbriacatùre! Che li rendevano, tra l’altro, “affettuosamente simpaticissimi”! Il locale fu anche utilizzato come luogo di intrattenimento: proiezioni di film, piccole manifestazioni teatrali, spettacoli di marionette e burattini, ai quali si

assisteva numerosi, seduti non proprio comodamente su lunghi scanni di legno, ma estasiati da quei momenti di svago, anche “moderno”, che ci faceva sentire integrati, emancipati! Si narra anche di un crollo, durante il periodo in cui vi si ricoveravano le poche auto in circolazione, e pare che sotto le macerie rimase la giardiniera te Don Gennaru te la farmacia. Fu anche la putèa te mesciu Cicciu Forcignanò, falegname, provetto riparatore te persiane e tapparelle, dove ci teneva anche una favolosa Balilla cu’ la messa a motu a manovella, finchè non divenne quello che è ancora oggi: lu furnu te lu Rollu, lu zziù Ppinu, il primo e unico furnu moternu te S. Cisariu! Se vi capita di passare a prendere lu pane friscu, anzi càutu, provate ad immaginare quel luogo spoglio, fumoso, vociante e pieno zeppo di persone di S. Cesario, moltissime delle quali non ci sono più: forse vi sentirete meglio e non potrete fare a meno di sorridere!


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PAROLE E MUSICA DI DE RUBERTIS Il talento di Gianluca De Rubertis da Pop Porno al suo “autoritratto”

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hi non ha canticchiato almeno una volta il ritornello di Pop Porno? Il singolo del Genio approdò al grande pubblico prima grazie al video nella sala da biliardo riproposto in tutte le salse su youtube (con l’originale che ha abbondantemente superato quattro milioni di visualizzazioni) e poi grazie alla “scoperta” di Simona Ventura che propose la canzone a Quelli che il calcio coinvolgendo nella performance numerosi ospiti (praticamente tutti quelli che passavano da quello studio). Artefice di quel successo insieme ad Alessandra Contini è Gianluca De Rubertis, musicista eclettico, già protagonista insieme alla sorella Matilde degli StudioDavoli, richiestissimo in studio e dal vivo. Dopo numerose collaborazioni (anche nel nuovo disco dei Diaframma di Federico Fiumani) il 28 marzo esce il suo disco solista “Autoritratti con Oggetti”. Tredici tracce in cui Gianluca gioca con le parole, con le parole che si fanno donna, con le donne che si fanno amore e con gli amori che si fanno parole. L’atmosfera che scaturisce dalle tracce è quella dei mondi cantati al buio, al pianoforte, mentre d’improvviso qualche luce accende il palco dei colori dei tamburi, delle chitarre elettriche, dei vecchi violini, dei soffi sospirosi dei fiati. Il disco vede la partecipazione della sorella e di Jean Charles Carbone, Davide Lasala, Francesco Ambrosini, Gianluca Gambini (già batterista di Dente), Roberto Dell’Era e Rodrigo D’Erasmo (Afterhours), Enrico Gabrielli (Mariposa, Calibro 35), Marco Ancona (Fonokit), Lorenzo Corti (Luci della centrale elettrica), Andrea Rizzo (batterista per Girl with

the gun, Lucia Manca, Tobia Lamare & the Sellers), Pete Ross (cantautore italo-australiano), Luciano Macchia e Raffaele Kohler (agli ottoni) e le voci Lucia Manca e Chiara Piliego. De Rubertis è protagonista (suonando rhodes e bassynth) anche di un nuovo progetto da poco in distribuzione. Si tratta del primo disco in studio della coppia formata da Marco Ancona (chitarrista cantante dei Fonokit) e Amerigo Verardi, una delle voci storiche del rock italiano sin dagli anni ’80, già protagonista dei progetti Allison Run, Lula, Lotus, considerato come l’antesignano di un certo modo di fare musica in Italia. Il diavolo sta nei dettagli è un cd molto intenso. Il titolo dell’album, a metà strada tra il profondo e l’ironi-

co, ben rispecchia le infinite sfaccettature della poetica generale espressa nei testi e nelle musiche di ogni singolo brano. Musicalmente spiazzante perché riesce a comunicare - con dei suoni per metà acustici e per metà sintetici - un clima di estremo calore e al contempo di estrema freddezza. Le due voci (quasi sempre all’unisono) e i testi danno già da soli il senso della personalità dell’intero lavoro. Il disco ospita, oltre a Gianluca De Rubertis, Paolo Provenzano (batteria elettronica), Nicoletta Nardi (cori) e Vincenzo Assante (voce narrante in “Contatto”). Pierpaolo Lala

“La macchina fotografica fissa un’immagine nel tempo permettendoci di conservare il ricordo di un’esperienza visiva che non vogliamo dimenticare”

La foto vincitrice di questo numero

Il tema dell’anno sarà gli elementi della natura. Il prossimo concorso avrà come soggetto

LA TERRA Mandate le foto all’indirizzo redazione@alambicco.com entro il prossimo 30 aprile e seguiteci sul sito www.alambicco.com

“Le ali della libertà” di Carlo De Pascali

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10 ANNI DI QUESTI GIORNI Pubblichiamo alcuni messaggi di auguri giunti in redazione

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l panorama locale dell’associazionismo, seppure non nella sua più larga parte, è costituito da un buon numero di realtà associative assai sfuggevoli, a volte quasi evanescenti. Meteore che sfilano veloci, spesso luminosissime, ma che nel breve volgere di pochi anni o addirittura mesi, lasciano poca traccia di sé. Altre vivono una realtà sommessa, una condizione quasi di ‘dormienza’, salvo rare e, a volte, anche pregevoli, uscite. A quest’ultima categoria si può ricondurre anche la nostra di associazione. I motivi sono vari e non sempre ascrivibili a disinteresse o superficialità. Le associazioni culturali sono solitamente costituite da giovani e quale condizione, se non quella giovanile, è più mutevole e soggetta a sconvolgimenti? Basta molto meno di 10 anni per sovvertire le proprie priorità. In molto meno di 10 anni si può dover andar via per inseguire un lavoro che qui non si trova, ci si può sposare o correre appresso alla propria arte, ci si può trasferire per seguire un amore, si può scegliere di crescere un bambino... Scelte legittime ed, alcune di esse, anche invidiabili, ma che nella maggior parte dei casi confliggono con l’assiduità che richiede la conduzione di un’associazione minimamente presente sul territorio. L’alambicco rappresenta senz’altro un’apprezzabile eccezione. Una realtà estremamente vitale, costituita da un gruppo di amici, giovani, certamente non esenti dai suddetti ‘fattori devianti’, che hanno saputo caratterizzarsi nel tempo non solo per una pregevole coesione e per la continuità della propria azione, ma anche per la qualità della propria proposta culturale, mai scontata e sempre pronta a rinnovarsi. Cari amici, in questa eccezionale ricorrenza vogliamo unirci alla vostra festa, felici di aver percorso un pezzo di strada insieme e di poter far parte del racconto dei vostri primi 10 anni. Buon Compleanno. Angelo Leo presidente ‘Gruppo Magma’ Lizzanello

n filo, sottile eppure inscindibile, che mi lega al mio luogo di origine. Questo è stato in questi anni per me la lettura del vostro periodico. Lo leggo su internet e mi capita di immergermi nella lettura fino a dimenticare il tempo e lo spazio che mi separa da San Cesario. Ho conosciuto personaggi e iniziative della vita pubblica di San Cesario, spesso ne ho apprezzato la vivacità, altre volte mi è capitato di costatare scoraggiata come alcuni vizi sopravvivano a dispetto del tempo. Nei contenuti ho apprezzato la ricerca di equilibrio, il desiderio di sfuggire ad adesioni supine ad un punto di vista. Non ho trovato “neutralità”, nè la cercavo, ho trovato onestà, e tanto mi basta. C’è bisogno di voci come le vostre, per questo vi auguro di continuare a trovare l’energia e il coraggio di continuare. Buon anniversario! Adriana Capone

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ono un punto d’orgoglio per l’intera comunità di San Cesario i dieci anni de “l’alambicco”, avventura editoriale a cui ho avuto il piacere di collaborare prestando il mio nome e dispensando qualche dritta nella fase d’avvio. Sono un punto d’orgoglio perché essere riusciti ad alimentare la vita sociale della comunità con una costante informazione ha certamente contribuito da una parte a facilitare la partecipazione e dall’altra a elevare la stessa qualità della vita, ponendo le premesse per risolvere i problemi sollevati. Credo molto in esperienze come questa di “microeditoria” perché nell’era della globalizzazione, spesso più di grandi e anonimi giornali, i piccoli periodici riescono a definire e rafforzare il senso dell’identità attorno a valori profondi. Solo così si possono riscoprire le fondamenta di quei “beni comuni” che sono il vero cemento sociale della vita di comunità. È proprio quello che è riuscito a fare “l’alambicco”, grazie anche ad un team di giovani che sa cosa significa lavorare in gruppo e a un direttore come Giancarlo Greco che, con la sua impronta editoriale, legge il presente per guardare al futuro. Roberto Guido

alambicco per tutti noi cittadini è l’opportunità di ripercorrere la stesa strada con meno errori... In 10 anni le critiche e i commenti penso che siano stati costruttivi per San Cesario. Buon compleanno alla redazione. Gianni Letizia

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iao Giancarlo, ho appreso da Matteo che mi stavi cercando, naturalmente non vi ho dimenticati, è solo che la vita continua a seguire il suo corso mio malgrado, per fortuna, almeno riesco a fronteggiare gli impegni che avevo preso per quello che una volta era il mio lavoro. Quel lavoro che oltre a far nascere e crescere “l'alambicco”, ha fatto crescere anche la mia piccola tipografia grazie alla fiducia che avete riposto in me. Mi sembra di rivivere quei momenti, la prima volta che sei venuto per il preventivo, la voglia che avevo di prendere il lavoro, era sia per me che per voi un trampolino di lancio. Per voi la voglia di un'informazione vera e per noi (dico noi perché non voglio togliere niente a nessuno grazie a Matteo e Luca che sono stati importanti per la crescita della tipografia) dimostrare a tutti che si poteva lavorare anche con macchinari, diciamo, “passati”. Certo, ne abbiamo fatta di strada insieme, a partire

dal primo numero, con i normali problemi che si incontrano quando si crea qualcosa per la prima volta. Ti ricordi? Il formato non era quello che avevamo previsto, la carta non piacque, era in bicromia e via dicendo... Tutta una serie di problemi che, grazie all’affiatamento che tra noi si era creato, siamo riusciti a risolvere e migliorare. Posso dire con orgoglio che abbiamo fatto delle belle cose insieme, con tanti sacrifici da parte di noi tutti. Ti ricordi quando stampavamo ancora sulla monocolore 50x70? E quella volta che si ruppe la macchina? Cristian, per quello che era il suo carattere ansioso, stava impazzendo tempestandomi di telefonate; ovviamente poi abbiamo risolto tutto, per fortuna. È con questo piccolo aneddoto, che comunque sta a dimostrare quanta passione c’era, che ti lascio augurandomi che “l'alambicco” continui a uscire e a crescere come fino adesso, anche se non ci sono più io a supportarvi con quello che potevo e come potevo, con la mia arte di tipografo. Un abbraccio a voi tutti che siete stati parte della mia vita. Grazie. Valerio Manganaro

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n giornale locale è sempre sinonimo di libertà e, quindi, risorsa per far riflettere, ragionare, provocare pensiero e coscienze nelle persone. Poi, si crea quasi una relazione di affetto. Per l’attesa del nuovo numero; per la curiosità per leggere i contributi significativi; per le simpatiche vignette ed i messaggi perspicaci; per lo spazio opportuno per le inchieste sociali; per il piacere di leggere i quadretti stupendi di Luigi Pascali (il passato ravvivato con nostalgia, la vivacità espressiva del dialetto, la descrizione dei personaggi mai con ironia offensiva). Ecco, per me questo è “l’alambicco”. Vi ringrazio per 10 anni di continuità e coerenza. Vi auguro di continuare a coinvolgere i giovani, perché un anziano apprezza sempre i loro contributi e prova una soddisfazione particolare. Lucio Totaro


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a dieci anni leggo del mio Paese e da dieci anni sono partecipe, seppur remotamente, di gioie e dolori, analisi, critiche e complimenti. Dagli editoriali liberi e schierati dalla parte del buon senso alle sferzanti finestre di Ari. Dalle foto denuncia ai trionfi sportivi. Chi altri se non voi? Auguri compaesani! Marco Lettere

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e qualcuno scriverà la storia di San Cesario di questi anni, non potrà non dedicare un capitolo a questo patrimonio immateriale che è costituito dall’esperienza sociale e culturale di “l’alambicco”: un gruppo di giovani omogeneo e diversificato, un periodico regolare diffuso gratuitamente, un calendario, varie pubblicazioni, molte iniziative di livello alto, una sede, presenza costante nella vita pubblica. Qui si è realizzato il progetto (sogno) di ogni associazione giovanile di ogni nostro Comune. Una risorsa grande per “lu paise ranne”, che ciascuno di noi ha il dovere di sostenere come cosa propria. Piero Manni

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ieci anni non sono pochi. Non lo sono nella vita di ciascuno di noi, né in quelli di una comunità come San Cesario o di un intero Paese come

l’Italia. Se poi pensiamo ad un giornale indipendente, libero ed autofinanziato come l’alambicco, allora dieci anni sono davvero tanti, e dimostrano la bontà dell’idea iniziale, la qualità della redazione e del progetto editoriale, la tenacia di chi ha tenuto duro anche nei momenti più difficili, e, soprattutto, il grande affetto che i cittadini di San Cesario (e non solo) hanno manifestato in questi anni nei confronti di questo piccolo prezioso giornale, che ha accompagnato momenti belli e momenti difficili, ma è sempre stato atteso in ogni casa con l’impazienza con cui si aspetta un amico che non si vede da qualche tempo e che viene a prendere un caffé con noi ed ha sempre da raccontarci qualche storia interessante. E allora, da affezionato – impaziente - lettore, mi piace fare a l’alambicco ed a tutti i suoi lettori e collaboratori i migliori auguri per tanti anni ancora da trascorrere insieme, con il coraggio e l’entusiasmo di sempre. Enrico Tortelli

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ome un fratello piccolo, di 10 anni. Verso cui si prova una sconfinata tenerezza, e non meno anzi di più quando ti vengono a dire che non di rado fa la birba e sbeffeggia i signorotti del paese. Più tenerezza ancora poi si prova quando va in giro a raccontare a tutti i fatti che riguardano tutti ma che pochi conoscono davvero, quando vuole cambiare le cose, l’amministrazione, i servizi, quando presta attenzione e si prodiga per i vecchi, o comunque per quelli che hanno più bisogno degli altri, anche se quel bisogno resta muto, ghiacciato dalla rassegnazione. Un fratello più piccolo che s’impone di dire sempre la verità, che pretende di far pensare e qualche volta anche di divertire. Ecco. Ho sempre pensato a “ l’alambicco” come si pensa a un fratello più piccolo. Antonio Errico

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utto ciò che contribuisce a creare occasioni di dibattito e confronto per favorire azioni di crescita e di sviluppo del territorio, come ha fatto il periodico “l’alambicco” in questi primi 10 anni di attività, va salutato con sentimenti di gratitudine e riconoscenza. Per questo risultato formulo i miei auguri e le mie congratulazioni, anche per lo spazio riservato alle attività dell’Amministrazione Comunale di Lequile ed alle opinioni dei miei concittadini. Mi auguro che “l’alambicco” trovi le risorse umane ed economiche per essere voce autorevole dei nostri territori. Antonio Caiaffa - Sindaco di Lequile

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niziai a scrivere per i tipi de “l’alambicco” per via dell’antipatia che provavo nel leggerli. A dire il vero, lo feci anche perché certo che un attempato politico nostrano non me l’avrebbe perdonato. Oddio, a dirla tutta, l’idea che il mio nome apparisse in calce a delle righe mi inorgogliva, aspirante snob quale ero, quanto la frequentazione di una bionda uno e settantasei possa inorgoglire un attaccante della primavera del Barletta. Ad ogni buon conto, quale ne fosse il motivo o, meglio ancora, in quale percentuale avessero concorso i suddetti, decisi di scrivere il mio primo pezzo per la paesana testata rossa. All’epoca, credo otto anni or sono, non avevo ancora fatto mio quel capolavoro della dissacrazione incarnato da Barney Panofsky e firmato Mordecai Richler, sorpresa letteraria del dimenticato Canada, né tanto meno mi ero addentrato in quel divertente e labirintico percorso creato da un portento di nome Philip Roth, dal ritmo americano e dallo spirito ebraico. Eppure, all’oscuro del perché e del come, volevo scrivere per toccare delle corde che le dita alambicche non si sognavano di sfiorare, mettendo giù una bagattella dopo l’altra, offendendo qualcuno, talvolta, facendo il ruffiano, talaltra. Mi divertiva scrivere e mi divertivo nell’origliare le reazioni. Frequentemente invitato dagli alambicchi, dei quali frattanto divenni amico, all’improvviso la mia verve sparì e assieme a lei le mie frottole. Immagino a pochi interessi tutto ciò, e a buon diritto. Ma avendo un debito con questi strani personaggi che non sono riuscito a far diventare più maleducati, e non trovando occasione per sdebitarmi con la loro ospitalità e la loro amicizia, non sono riuscito a non scrivere queste quattro affettuose scemenze! Chiedo venia. Roberto Cavallo

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uguri a “l'alambicco” che compie dieci anni! Non si può non augurare lunga vita ad un giornale! Non si può non farlo perché la stampa è una libertà costata lunghe lotte per i popoli che ne godono. Anche se riadattato alle nuove tecnologie, un foglio scritto, di carta o elettronico, rimane comunque scambio di idee, comunicazione tra gli umani... civiltà! Ho sempre creduto che un giornale locale possa contribuire a far crescere la comunità, da ragazzo ho contribuito a qualcosa del genere… i tempi erano diversi. Un appunto a “l'alambicco”: farei parlare più il paese e meno gli amministratori! Un ottimo giornale parte dalla sua comunità per aiutarla a crescere e non dal “potere” che la rappresenta… in ogni caso, tutto è perfettibile! Un voto? Sette meno (con simpatia :). Luciano Foresta

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aro “alambicco”, dieci anni di politica, società e cultura sono un traguardo straordinario che merita un plauso e una riflessione. In un tempo in cui la libertà di conoscere e affermare la cultura è messa a dura prova c’è un piccolo giardino del sapere in un sud d'Italia lontano che ha saputo coltivare la conoscenza, raccontare la società, approfondire la politica. Ci vuole passione, dedizione e coraggio per seminare in profondità, la strada è quella giusta con l'augurio di non perdere mai lo spirito vivace e indipendente che da dieci anni vi caratterizza. Valentina Morello Associazione fotografica “Obiettivi”

ncontrarvi è stato per me avere nuovamente un orizzonte. E sì, dopo aver lavorato, e creato anche nuove associazioni, con le quali non sempre le cose sono andate nella maniera voluta o dovuta, sentire la vostra voglia di lottare, di creare e di inserirsi in modo costruttivo e creativo nel tessuto sociale, sempre molto chiuso al nuovo e al cambiamento, ha dato anche a me, tramite le collaborazioni che ho intrapreso con voi, questo desiderio, questa voglia di impegno e di partecipazione. Forse a volte la paura o le difficoltà nei momenti più difficili, come questo, possono prendere il sopravvento e condizionarci in maniera negativa ma è proprio in questi momenti che si deve guardare avanti con un po’ di follia e di volare, cosa che vi appartiene, e aprirsi anche alle provocazioni. Credo che una storia per andare avanti debba cercare nuova linfa, evolversi in nuove articolazioni, anche rischiose, che riescano a penetrare l’ambiente circostante e nel contempo allargare il cerchio d’azione territoriale, a dare un respiro ancora più ampio che coinvolga nuove energie e interlocutori, anche istituzionali. Grazie! Michele Marangio

www.ALAMBICCO.com SI RINNOVA Da oggi è on-line il nuovo sito, ricco di novità e con tante sorprese che si aggiungeranno prossimamente. Tutti gli articoli potranno essere commentati dai visitatori registrandosi sul sito o attraverso l’account facebook. Altra novità: “l’alambicco” è su Twitter. seguiteci anche sul social network del 2012! Non solo: il sito sarà uno spazio aperto anche ai vostri contributi che siano articoli, commenti, foto, filmati... Seguiteci e partecipate!

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DEL VICINO... A meno di due anni dalla fine del mandato, abbiamo incontrato il Sindaco di Lequile, Antonio Caiaffa, per tracciare un bilancio della sua Amministrazione

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Sindaco Caiaffa, cominciamo dai giovani. Quali sono a Lequile le politiche del lavoro e le prospettive di occupazione? Com’è noto, anche a Lequile, in Comune come altrove, gli spazi di manovra sono molto stretti, in quanto le politiche di bilancio dettate dal governo ed i vincoli di spesa europei impediscono qualsiasi programmazione degna di questo nome. Ci vorrebbero meno parole e più fatti! Quali fatti? Per es. una nuova legge 285: quella, per intenderci, che intorno agli anni ’80 dette buoni risultati nella Pubblica Amministrazione in tema di occupazione giovanile e che è stata un buon volano per le economie locali. Basti pensare all’impatto positivo che quella legge ebbe proprio in Puglia durante il periodo della Presidenza Quarta. Purtroppo, fino ad oggi l’eurozona dei bilanci parla solo tedesco, dove questo problema non viene vissuto con la stessa preoccupazione esistente da noi. Le politiche sociali, a Lequile, danno risposte immediate ai bisogni delle persone e delle categorie bisognose? Anche in questo caso bisogna prendere atto delle disponibilità economiche. L’Ambito dei Servizi Sociali ha iniziato un buon percorso di programmi e progetti finalizzati a migliorare le condizioni di vita delle categorie svantaggiate, ma il sistema dei bisogni è molto più ampio di quello che si riesce ad affrontare e risolvere. Gli interventi integrativi posti a carico del bilancio comunale ci sono anche a Lequile e consentono di contenere disagi diffusi, come nei casi di malattia, disabilità ed altro ancora. Lo sviluppo del territorio passa anche attraverso la pianificazione urbanistica. San Cesario ha quasi definito il piano Urbanistico e anche San Pietro in Lama. Lequile a che punto è? Anche da noi l’iter è stato avviato con l’approvazione dell’atto di indirizzo e l’insediamento dell’ufficio di piano. Per Lequile occorre definire un nuovo modello di sviluppo. C’è un blog sul sito del Comune con cui al momento opportuno si potrà interagire con la popolazione. Le scelte urbanistiche degli anni ‘60 e del

‘72 hanno sviluppato il paese verso Sud, e, oggi, cosa strana, l’antico Centro Storico è diventato quasi una periferia se consideriamo l’insediamento dei residenti. Oggi si impone un riequilibrio dell’insediamento abitativo, ma non solo. A questo scopo abbiamo già incoraggiato l’iniziativa di alcuni privati che desiderano lottizzare una vasta area posta a ridosso del Centro Storico e che consentirà, ad esempio, non solo di insediare circa 1500 abitanti, ma di avere, anche, a disposizione circa 18.000 mq. di verde attrezzato a cessione gratuita. Il discorso è appena all’inizio e naturalmente va integrato con altre decisioni partecipate di più lungo respiro. L’occasione è anche utile per ricordare che abbiamo chiesto al Comune di San Cesario una rettifica dei confini, in modo da offrire servizi migliori alle periferie. Ma occorrerebbe pensare anche ad una pianificazione intercomunale, per la quale i tempi sono maturi. Dopo le polemiche con gli ambientalisti, la Zona P.I.P. sarà ampliata o state cambiando strategia? Siamo in attesa che gli Organi regionali si pronunzino sugli atti che abbiamo presentato. Non è facile ripianificare la zona artigianale, in quanto i tempi sono lunghi, mentre le necessità delle ditte sono impellenti. Abbiamo il dovere di dare risposte, e non di impedire gli investimenti sul nostro territorio. Sarebbe deleterio per tutti se ciò dovesse accadere e mi auguro che anche gli ambientalisti condividano le nostre proposte di ripiantare gli alberi di ulivo in posti idonei. Sindaco, e le discariche abusive? Purtroppo c’è il vezzo di qualche cittadino ad abbandonare i rifiuti dove capita, procurando un danno sia economico sia d’immagine a tutta la collettività. Non c’è nessuna giustificazione a questo andazzo ed alcuni trasgressori sono stati anche sanzionati. Per il resto, abbiamo provveduto ad avviare la pulizia di alcune discariche per una spesa di ? 15.000,00, che avremmo potuto utilizzare per altre necessità. Una buona noti-

zia per i miei concittadini potrebbe comunque essere quella che nel 2012 la Tassa Raccolta Rifiuti non dovrebbe subire aumenti. Speriamo bene! È vero, Sindaco, che dopo il basolato di Piazza San Vito, avete altri programmi di riqualificazione urbana in cantiere? È vero. Abbiamo iniziato un’operazione importante, che dovrà essere accompagnata da altri programmi. Avvieremo il cantiere per riqualificazione di Largo Castello, e poi di Piazza Stella a Dragoni. Il tempo ci darà ragione e dirà che la nostra programmazione va nella giusta direzione per migliorare la vivibilità complessiva del territorio. A proposito della frazione di Dragoni, spero che entro il 2012 possa essere avviato a soluzione il problema della carenza d’acqua, che specie nei periodi estivi, costituisce un problema per quei cittadini residenti. Come vede, l’Amministrazione Comunale è impegnata in più direzioni. Una domanda conclusiva: Il 2014 si avvicina e ci saranno le nuove elezioni amministrative a Lequile. che fa, Sindaco, si ricandida? Prevedere il futuro non è il mio forte. Per ora è importante essere leale con i cittadini realizzando il programma elettorale. Per il resto, ogni cosa a suo tempo! Marco Spedicato


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GORGONI A

IMPATTO ZERO

Cavallino subisce le scelte della politica senza reagire pagando un prezzo salato alla salute, all’ambiente e al lavoro

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avallino ha bisogno di politica, ha bisogno che i partiti, i gruppi organizzati, i cittadini tornino a fare politica. Molti professionisti, intellettuali, persone capaci di dare un contributo di crescita, in questi anni, poco alla volta, si sono ritirati dall’agone politico, forse un errore oppure ognuno deve stare bene con se stesso e non voler accettare tutto e il contrario di tutto. La sensazione è, però, di essere caduti nelle mani di una classe politica che non è mai riuscita a leggere i tempi e a trovare soluzioni di crescita strutturale della comunità. Siamo circondati dall’ordinario, un pochetto banale. Viviamo in un paese in cui il più suffragato della lista di maggioranza si dimette per ricevere un incarico dall’amministrazione nella quale era assessore. Viviamo in un paese nel quale la politica aveva promesso che Cavallino non avrebbe pagato le tasse per la spazzatura e il costo della spazzatura è alle stelle, gli oneri di urbanizzazione aumentati considerevolmente. La cultura? Mai più fraintendimento tra cerimonie folcloristiche e programmi culturali ha destato tanto imbarazzo, senza escludere i costi di realizzazione del teatro “Il Ducale” che sembra essere un grosso problema di gestione. Perché non si inizia dalla fine, costruendo una cattedrale

nel deserto, pensando che la comunità diventi cultrice di teatro semplicemente perché c’è un teatro; è come pensare che basta costruire un’astronave per far diventare tutti astronauti. Tornando ai tanti rientrati nelle proprie case, è giusto dire che forse per molto tempo è stato dato il giusto peso alle cose, in fondo viviamo in un piccolo paesino del sud Italia e magari la vita di molti ruota attorno a dimensioni più globali della nicchia antropologica cavallinese. Ma in questa fase di basso impero, molte scelte risultano come degli insulti alla coscienza dei cittadini, ceffoni morali. Forse è momento di ripensare un coinvolgimento ampio dei partiti e dei singoli perché l’ordinario, comincia a diventare pericoloso. Possiamo dire che molte delle attività della lista Gorgoni sono ad impatto zero e cioè la comunità non ha usufruito in alcun modo di buona parte delle scelte di questi ultimi venti anni. Però non tutto è ad impatto zero. L’ambiente sembra essere intaccato su varie postazioni. Da giorni, increduli, leggiamo un volantino firmato dal vicepresidente TG energie rinnovabili, Giuseppe Calò. La questione è la centrale a biomasse. (Lo scontro politico con il consigliere regionale non è affare che riguarda questa riflessione perché pensiamo che ognuno sappia affrontare

le proprie cose). È interessante soffermarsi, però, su alcune considerazioni presenti nel volantino, quali la possibilità che un territorio si possa sviluppare attraverso abnormi progetti che impattano in un luogo già ferito da impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Piace ricordare al dott. Calò, che esistono svariate modalità, relative allo sviluppo del settore socio-economico, attraverso le quali produrre sviluppo ed occupazione che non sia la centrale a biomasse. Forse il dott. Calò dovrebbe riflettere sul fatto che non tutti sono disponibili a sacrificare il proprio territorio per qualche posto di lavoro. Per non fare i criticoni aggiungo che Cavallino non è un paese di “peones”, ci sono figure professionali che dal mondo della ricerca a quello delle professioni sarebbero disponibili ad esporre le loro idee circa le svariate modalità di sviluppo socioeconomico e quindi occupazionale che esulano iniziative colossali come le biomasse ed altamente impattanti per il territorio. Un‘altro passaggio impensierisce. Il dott. Calò dichiara che i pareri negativi di ARPA e ASL sono stati resi senza reali motivazioni di natura tecnica o giuridico-procedurale, ma solo in conseguenza di decisioni politiche. Da cittadino ritengo che se così fosse sarebbe gravissimo. Se enti come ARPA e ASL

sono a questo livello, che dire! Dio ci aiuti! Spero che gli Enti menzionati abbiano qualcosa da dire in merito. Però il dott. Calò su un questione ha ragione, allorquando afferma che il contesto territoriale è stremato da una profonda crisi economica e occupazionale. Gli amministratori locali su questo hanno operato scelte di scarso rilievo e con risultati altrettanto scarsi. Dalla crisi non si esce con le biomasse ma con una grande capacità progettuale su tutti settori socio-economici. Questo mondo è di tutti, l’aria che respiriamo entra nei polmoni di tutti i bimbi senza tessera di partito, senza guardare il ceto sociale… non è qualunquismo ma paura per nostri figli. Si può invertire la logica di questo mondo che corre verso il baratro? La saluto dott. Calò, io ho fiducia nell’uomo e spero che lei possa ripensarci, la lascio dalle mie piccole considerazioni con una grande riflessione “nell’uomo creatura e creatore sono congiunti: nell’uomo c’è materia, frammento, sovrabbondanza, creta, melma, assurdo, caos; ma nell’uomo c’è anche il creatore, il plasmatore, la durezza del martello, la divinità di chi guarda e c’è anche un settimo giorno”. (F. Nietzsche, Al di là del Bene e del Male). Giancarlo Nicolaci

LE AVVENTURE DI NON NA PAPERA

DI PAOLO IN FRASCA Me lo ero promessa: non si prendono in giro le primarie del centrodestra, anche se loro fanno di tutto per provocarmi… Hanno appena cominciato, è la prima volta che le fanno, che affidano ai loro elettori anziché alle solite segrete stanze la scelta del candidato sindaco. Ed allora vanno rispettati, è pur sempre un passo avanti per loro, anche se quello che si vede sinora è quanto meno curioso: Le primarie le ha chieste a gran voce Paolo Pagliaro, l’editore di TeleRama (ci mancava in effetti un proprietario di televisioni in politica…) nonché fautore della secessione del Salento dalla Puglia, che ha nel frattempo covato una dozzina di liste (!!!) e non vede l’ora di offrirle in omaggio alla coalizione che gli darà di più in cambio, magari anche una candidatura al Parlamento l’anno venturo... Ha corteggiato invano il centrosinistra, poi il terzo polo, infine ha scoperto di avere il cuore a destra (come il portafoglio) ed ha sfidato il sindaco uscente: “battiti con

me, se hai coraggio, e poi saremo alleati per sempre!” Nonostante il terrore per questo confronto impari gli si leggesse in volto, il prode Paolo (Sindaco) ha accettato la sfida, naturalmente a casa sua. Ed il 26 febbraio incrocerà le schede con il temibile sfidante Pagliaro. Il quale per sottolineare le profonde differenze che lo separano dal sindaco uscente, ha tappezzato la città (c’è chi può…) con un sobrio manifesto sei per tre con il suo faccione sorridente e la scritta “Piacere, Paolo”. Tanto per chiarire bene quello che più lo distingue da Perrone… Che a sua volta, immaginando il grande divario di voti con cui si prepara a vincere queste insidiosissime primarie, sta pensando ad un manifesto di risposta con la scritta “Tanto piacere, Paolo”. Nel frattempo un consigliere di maggioranza che sostiene il sindaco, tal Gigi Rizzo, avendo capito che ci si preparava alle primarie, ha convocato una

conferenza stampa per annunciare che anche lui sarà candidato. Apriti cielo! Il coordinatore del Pdl lo ha subito richiamato all’ordine: a queste primarie mica può candidarsi chi vuole, perbacco! Lo decidiamo come sempre noi chi sarà il candidato del Pdl che gli elettori potranno liberamente scegliere, e non potrà che essere Paolo! Mica può presentarsi un Gigi qualsiasi! Se poi altre forze politiche vogliono presentare propri candidati alle primarie del centrodestra, ben vengano! Fli potrebbe candidare Paolo Pellegrino (il famoso “Terzo Paolo”), mentre il PD sta cercando di convincere Paolo Foresio a non perdere questa occasione unica, e Di Pietro lancia pesanti accuse di discriminazione nei suoi confronti, sostenendo che a Roma si parla da tempo “di Pietro e Paolo”…

Gli unici davvero soddisfatti stavolta sono i sondaggisti del gruppo Mixer Media, noti per clamorosi errori in numerosi exit poll del passato. Stavolta invece non hanno dubbi, ed hanno già espresso con certezza le loro previsioni per queste simpatiche primarie: “Vincerà Paolo”! Nonna Papera

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SOCIETÀ E FAMIGLIA NELL’ERA MODERNA Unioni civili, coppi gay, unioni di fatto... La famiglia cambia a dispetto di una Chiesa conservatrice.

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l Santo Padre torna spesso a porre l’attenzione sull’irreversibile carattere “universale” e “razionale” della legge naturale. Ma essa può essere davvero ascritta al comportamento umano come fondamento immutabile? Le alte gerarchie cattoliche sono contrarie alle unioni gay e ritengono che i matrimoni omosessuali siano “immorali”. Ma si può esprimere un giudizio oggettivo, capace di interpretare, sempre e comunque, ogni accadimento? Viviamo in un’era che muta progressivamente. Forse, legittimare pienamente una legge morale universale, che legga con irrefutabile certezza fra le pieghe del grande libro umano, è un po’ una forzatura. La vita corre e, umanamente, una concezione relativistica appare più consona a interpretare le cose del mondo. La ragione può sempre fare le sue scelte, in piena autonomia e consapevolezza. La Natura sa anche essere generosa, accogliente, una grande madre che sa vedere tutti. Cosa c’è di più entusiasmante che amarsi alla luce del sole, indipendentemente dall’appartenenza di genere? Cosa c’è di più umano che stringersi in calorosi abbracci, senza il rischio greve di incorrere nella volgarità della discrimi-

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nazione, nella superficialità di chi è incline a proferire parziali giudizi? Cosa c’è di più antropologicamente dinamico che concedere ad ognuno lo spazio, il tempo e il passo d’un rapporto di mutuo riconoscimento? Il Parlamento avrebbe dovuto già da anni, senz’altro, prevedere una giusta legge contro l’omofobia e un’altra a favore delle coppie di fatto, per cominciare a prendersi cura con i fatti del disagio di chi ancora non viene adeguatamente protetto. La politica parlamentare avrebbe dovuto pronunciarsi con risolutezza, senza tergiversare: tante coppie di cittadini gay, lesbiche e trans non vengono minimamete tutelate, non godono di sistemi di garanzia. Questo è un vulnus inammissibile, che da tempo si sarebbe dovuto sanare con interventi mirati. La politica, negli ultimi anni, si è mossa con poca convinzione, nonostante le valide proposte di legge avanzate, arenatesi sistematicamente nelle secche del Parlamento. In Italia, purtroppo, nel connettivo sociale, si respira una brutta aria di ghettizzazione: uomini e donne omosessuali, trans vengono quotidianamente vilipesi, offesi, umiliati, picchiati. Per disinnescare le mine dell’ignoranza e dell’arretratezza serve, ovviamente, un

RAGAZZI DEL

discorso culturale di ampio respiro. L’intervento securitario, con una opportuna legge contro l’omofobia, è preliminare ma non sufficiente: occorre spargere nella società semi fecondi di comprensione, di rispetto, di amore per l’altro da sé. La famiglia, la scuola, le varie agenzie educative hanno un ruolo fondamentale da assolvere. Eppoi, vorremmo da certa politica, ligia ai cosiddetti valori non negoziabili, un maggior coraggio, la capacità di leggere i diversi aspetti della realtà con occhi più chiari, meno dogmatici. I Gasparri, le Roccella, i Quagliarello ancora oggi ripetono stancamente che “la famiglia non può che essere che una società naturale composta da un uomo e da una donna fondata sul matrimonio”. Ma perché avere una visione chiusa e univoca, quando è evidente che in questa società si muovono diverse forme di famiglie? Perché perseverare nell’inganno di nascondersi dietro la cosiddetta “legge naturale”, che consentirebbe alle alte gerarchie ecclesiastiche di esprimersi in nome di Dio su tutte le questioni eticamente sensibili e sull’organizzazione di famiglia? La politica nazionale segua

piuttosto l’esempio di Torino, moderna città d’Europa. Il Consiglio comunale del capoluogo piemontese, già nel giugno 2010, approvò a maggioranza una delibera di iniziativa popolare, che riconosceva le unioni civili. L’obiettivo non è quello di omologare le unioni civili al matrimonio canonico, né quello di depotenziare quest’ultimo della sua connotazione di sacralità. L’obiettivo manifesto è quello di assicurare pari diritti, stesse possibilità, ai conviventi (omosessuali ed eterosessuali). Garantire comunque alle coppie l’accesso ai servizi sociali, sanitari, educativi, pensionistici, ai benefici relativi alla casa. L’intervento di certe amministrazioni virtuose non è solo simbolico, è anche marcatamente politico, perché può aprire di fatto la strada a più specifici intendimenti, sollecitando la politica dominante parlamentare e il produttivo ed efficientistico governo dei tecnici a legiferare doverosamente. Marcello Buttazzo

’77

Viaggio nel movimento giovanile del ’77 a Bologna, attraverso le foto e i commenti postati fu facebook, da cui è nato un volume a cura di Enrico Scuro.

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iù di 500 pagine, 1277 fotografie, 671 le persone che hanno contribuito a dare vita a I ragazzi del ’77. Una storia condivisa su facebook. Non è un semplicemente un libro fotografico, sembra quasi di sfogliare un album personale avvicendato con le pagine di un diario. La particolarità di questo libro è nella sua origine. Alla fine del 2010 il fotografo bolognese Enrico Scuro pubblica su Facebook un album di fotografie intitolato I ragazzi del ’77 che viene reso accessibile e taggabile da tutti gli utenti del social network. Nel giro di poco tempo cominciano ad aggiungersi le immagini inviate da tanti, scatti conservati nei cassetti e nei libri dell’università, e tantissimi sono i commenti alle foto. Un tale numero da dar vita allo spaccato di un periodo storico e di una generazione e all’idea di racchiudere il tutto in un libro. L’album di una generazione particolare. Il 1977 è l’anno delle grandi contestazioni dopo i fermenti sessantottini, e segna l’inizio della fase più difficile degli anni di piombo. Tanti gli scontri tra i gruppi più estremisti degli opposti schieramenti politici. Un

anno culminato con la drammatica uccisione di un carabiniere dello studente, militante di Lotta Continua, Francesco Lorusso a Bologna e con l’invio dei mezzi blindati dell’allora ministro degli Interni Kossiga. Eppure a Bologna, il movimento studentesco cerca di ricorre alla fantasia e alla creatività, all’ironia piuttosto che alla violenza, propone nuove forme di dibattito culturale, di sperimentazione artistica, tante le pubblicazioni. Ed è questo che emerge sfogliando il libro. Si ripercorre la rivoluzione delle radio libere, che a Bologna ebbe la sua massima espressione in Radio Alice. Scorrono momenti pubblici e piccole storie private di chi si incontrava tutti i giorni all’università, nelle case, nei cortei. Ci sono capitoli dedicati ai grandi raduni musicali (Umbria Jazz, Parco Lambro a Milano, Ravenna), ai viaggi, ai figli. E, tra i tanti, anche i ricordi del nostro concittadino Luciano Foresta, dei giorni difficili dopo l’uccisione di Lorusso e del suo incontro col disegnatore Andrea Pazienza.

“Nessuno di noi pensa che la sua vita sia finita”. Il libro si chiude con queste parole sgombrando il campo da eccessive nostalgie, ma con la consapevolezza di aver suscitato emozioni in chi, dopo tanti anni, grazie alla piazza virtuale di facebook prima e alle pagine del libro poi, ha ritrovato un pezzo di sé e di altri. E per le nuove generazioni è un’opportunità in più di accostarsi ad alcune pagine delle nostra storia forse passate velocemente nel dimenticatoio. Giuliana Scardino giuliana@alambicco.com


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PICCOLI PROFUGHI Una storia vera, una grande avventura di amicizia raccontata nel primo volume edito da Oistros Edizioni

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a semplice complessità si affaccia già da titolo: Piccoli profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze (Alessandro Santoro, Edison Duraj, Oistros Edizioni, 2011). Perché il plurale domina e l’errare, come viaggiare senza meta o con l’unico obiettivo di allontanarsi dalla propria terra e come errore che segnala una non gradita presenza, è attaccato alla minorità dei piccoli profughi che, per essere utilizzata come forza lavoro o come organi di ricambio, pone almeno qualche problemino di etica. Il volume Piccoli profughi è firmato da due autori, Alessandro Santoro, insegnante precario e regista di teatro sociale e Edison Duraj, piccolo profugo albanese, sbarcato da un gommone sulle coste del Salento a nove anni. Due voci che dialogano per dodici capitoli i cui titoli sembrano ricalcati su quelli del Don Chisciotte di Carvantes. Come nel testo cervantiano, anche in Piccoli profughi le storie dei protagonisti si fermano per far parlare narrazioni di altri autori; persone coinvolte nelle vicende di Edison e Alessandro, protagonisti d’interventi culturali o sociali realizzati diversi anni prima dell’arrivo di Edison; nel corso dei quali era stato sperimentato il metodo dell’intervento nei meccanismi sociali

attraverso lo strumento teatrale. Vengono, allora, convocati i diari dei protagonisti, i testi degli spettacoli teatrali attraverso i quali Alessandro e Edison avevano raccontato le storie di tanti piccoli profughi, gli appunti del regista del film documentario “Sognavo le nuvole colorate”, le poesie scritte da Edison, i diari dei compagni di scuola, la sceneggiatura del film e i giudizi degli esperti de la Film Commission, le storie dei ragazzi disabili del Centro AIAS di Cutrofiano e del Centro Itaca di Lecce… una schiera di umanità spinta dalle Leggi, dai pregiudizi, dagli interessi verso le pattumiere della società che invece si aggrappa a tante piccole delicate storie balbettate sulle scene delle periferie del mondo per non sprofondare nel grande silenzio dell’esclusione. Ecco allora che la storia di un bambino albanese di nove anni che buttato in mare di notte sugli scogli della costa salentina, destinato a ingrossare la schiera dei clandestini, dopo essere passato attraverso i traumi dei Centri di accoglienza, subisce una sterzata quando nella scuola media “Galateo” incontra il laboratorio teatrale condotto dalla madre di Alessandro. Il laboratorio teatrale si prolunga nella famiglia di Alessandro, in quelle

dei suoi compagni di scuola, nelle attività del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti Figurative, della Musica dello Spettacolo e della Moda dell’Università del Salento, nelle attività del Gruppo Oistros. Attraverso queste, si allarga alle esperienze di altri Don Chisciotte che coi loro sogni tentano di rimagliare le lacerazioni di I due autori saranno una società che sembra aver perduospiti de “l’alambicco” to la bussola: a partire da Giovanna GIOVEDÌ 15 MARZO, ALLE ORE 19,30 Marini a Sandro D’Amico, da Dario Fo a Carmelo Bene, da Diego Presenterà la serata Carpitella a Eugenio Barba, da il prof. MARCELLO STRAZZERI Rina Durante a Luigi di Gianni, da Preside di Sociologia Francesco Libetta a Franco (Università del Salento) Battiato. È davvero inspiegabile perché sia più facile far dialogare il disabile, il piccolo straniero immigrato, il con- sto: una specie di prontuario delle potentadino analfabeta con il grande artista zialità dell’ateneo salentino; o un indice che con i rappresentati delle istituzioni o dei beni immateriali di questa terra che con gli uomini politici! Qualche volta hanno bisogno di manutenzione, rispetto accade che un’istituzione riesca a mette- e valorizzazione; oppure ancora un picre al centro dei suoi obiettivi il dialogo colo manuale per lo studio dei percorsi 13 fra gli ‘ultimi’ e i ‘primi’; in questo caso, interculturali; o, alla fine, una storia semcome scrive il Rettore dell’Università del plice che ha dato senso all’avventura di Salento, Domenico Laforgia, nella un piccolo profugo albanese.” Presentazione del volume: “Il libro di Paola Martino Edison e Sandro può essere anche que-

UN ANGELO SENSIBILE La poesia di Angelo Scolozzi tra emotività e memoria Odio la poesia tranne quando è poesia, quando cioè ogni verso è così ordinatamente composto e s’intreccia al ritmo delle parole plasmando un cordone ombelicale che ci ricollega alla terra. Allora tutti i meccanismi emotivi di concerto si rimettono in moto. Angelo Scolozzi sa come usare questa macchina emotiva e lo fa col tempo giusto attraverso la poesia scongelando emozioni e sentimenti che mai aveva espresso prima. Classe ’58, monello di strada come molti di noi ma dalla penna sensibile. La tua carriera di studente s’interruppe di colpo intorno ai 16 anni. Che cosa successe? Eravamo in nove in casa, ero il maggiore e sentivo il bisogno di dare una mano. Sei nato il 14 luglio, una data

importante, e apri la tua raccolta, ciclostilata come i vecchi tempi, con una poesia dedicata a questo giorno che conclude così: “Perché tra tanta gente bella e bianca, m’attrae soltanto quella brutta e scapigliata lì distesa?” Per nove mesi abbiamo vissuto da e con nostra madre senza, in realtà, averla mai vista. Eppure appena nati il rapporto, affascinante e misterioso, è istantaneo. Credo sia l’odore a guidarci a lei e il filo invisibile dell’amore che non si recide alla nascita come un qualsiasi cordone. Molti i temi sociali trattati in questo lavoro, dalla solitudine alla nevrosi, la famiglia, il bellissimo rapporto con le figlie, l’ipocrisia e , come ricordi tu in una poesia, una nuova consapevolezza: quella di donare. Donare è il vero potere, è civiltà, è

gratificazione, rafforza la certezza di non essere vissuto invano. Almeno in un paio di passaggi ricorri al tema della morte. Ti fa più paura la sua falce affilata o il suo passo felpato? Falce affilata o passo felpato la morte verrà, è una certezza, essa camminerà con noi sin dal primo giorno e credo sia questa consapevolezza a farci paura non la morte in se stessa. Certo qualche scossone ogni tanto spaventa. Ripenso a Valentina, Alfredino Rampi, al piccolo Tommaso Onofri. Non siamo forse morti un po’ tutti quei giorni pur restando vivi? Veniamo al tema che mi riguarda da vicino. Trovo forte analogia col il mio lavoro musicale del ’92 ’Na classe elementare: la nostra vecchia scuola elementare e la nostra cara maestra sig.ra

Giulia (che fu per tutti prima madre e poi insegnante, per lei sempre saremo “li piccini soi”). Ho l’obbligo di evidenziare l’ultimo passaggio di questa bellissima poesia: “Ed era bella, la più bella e il tempo non intacca il bello solo ne accentua maggiormente lo splendore”. Grazie Angelo! Tonio Panzera


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POSSO GIOCARE

A NASCONDINO SULLA LUNA? Si può scoprire il mondo attreverso lo schermo di un computer?

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arebbe una bella richiesta, che ne dite? Oppure sentite questa: Mamma posso scendere giù a giocare a campana con i miei amici? E se vogliamo un po’ salire con l’età si potrebbe voler conoscere il mondo, si potrebbe entrare in una libreria e leggere un libro, magari sorseggiando un buon thè, conversando e intrecciando idee e pensieri con un altro individuo, viso a viso, voce a voce. Ma ora abbiamo internet, un click ci separa da tutto: da un gioco, da un paese sperduto nel mondo, da una conversazione... tutto virtuale, tutto drammaticamente senza confini, senza spazi temporali e senza emozioni, senza il tocco di una mano o il soffio di un respiro. Anche l’amicizia ormai è virtuale. Se ti và bene conosci una persona in un locale e dopo tre secondi senti “sei su fb? chiedimi l’amicizia”. E così finisce la conversazione. Bisognerebbe chiedersi perché ormai

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R EUME DI

tutto ruota intorno ad uno schermo. Oggi è semplice immaginare cosa si aspettano i bambini, conosciamo le loro voglie: la consolle superaccessoriata, l’Mp4, il gioco in 3D, ore ed ore di playstation che ormai hanno un unico scopo, quello di occupare il tempo coltivando eroi non veri, irreali, frutto solo delle loro insoddisfazioni. Gandhi? Chi è? In quale gioco lo trovo? Quanti record devo battere per comprarlo? Eppure ho scaricato tutti i giochi di ultima uscita ma sto Gandhi non c’era … In un’introduzione di Gigi Riva per descrivere il pensiero di Gandhi si legge: “esiste una responsabilità individuale, una legge morale che sta dentro di noi e ci dovrebbe guidare oltre e contro i “regolamenti” e le gerarchie. Gli aguzzini sostengono, a posteriori, di avere solo obbedito agli ordini. Il Mahatma ci indica che siamo noi i protagonisti”. Com’è che ora non riuscia-

mo più ad avere una vita vera, fatta di aria, acqua, terra e fuoco? Com’è che ora non siamo in più in grado di coltivare una terra se non quella virtuale di farmville, com’è che non riusciamo più a comunicare se non attraverso un social network, com’è che non riusciamo più a dire “ti voglio bene” se non attraverso una trasmissione televisiva. Perché non giochiamo più a nascondino, per davvero, fisicamente? Nessuno pensa di tornare a coltivare davvero la terra, nessuno pensa a prendersi cura degli animali, nessuno pensa a costruirsi un sogno e realizzarlo con le proprie scelte di vita, i propri schemi mentali e le proprie volontà, nessuno pensa ad amare veramente l’altro. Gandhi ha detto che bisogna prendere un sorriso e regalarlo, prendere una mano e stringerla; non ha mai pensato ad un’icona ed un click, non ha mai obbedito agli ordini e non ha mai fatto parte di un gruppo, non ha mai dovuto pagare per

poter parlare e farsi conoscere dal mondo. “La bellezza è ovunque” dice Celentano nel suo ultimo album, e se anche questa bellezza del mondo è stata massacrata, se vogliamo possiamo ancora ricominciare a viverla, perché la vita vera, non virtuale, è lì che ci aspetta, basta diventare più veri. Bisogna anche non giustificarsi più di dover essere al passo dice il signor Lorenzo Cherubini: “Non c’è montagna più alta di quella che non scalerò, non c’è scommessa più persa di quella che non giocherò”. L’eccezione che può abbattere la regola, viviamo realmente , non virtualmente! Torniamo a far giocare a nascondino i nostri bambini. Se non ci decidiamo a cambiare, la domanda del titolo ora trova una risposta: “Sì, puoi andare, tanto qui sulla terra nulla ha più emozione”. Giuswa Mazzotta Federica Vetrugno

E DINTORNI

LUCA LAUDISA

Eccoci al terzo appuntamento con la rubrica dedicata alla salute. Alcuni consigli e un pizzico di ironia per affrontare al meglio gli infortuni da calcetto, dedicato a tutti gli uomini che fanno sport ma soprattutto alle donne che aspettano a casa. Questo appuntamento vorrei dedicarlo alle donne, il motivo è semplice: parlerò del calcetto e degli infortuni più frequenti. Sembrerà un paradosso accostare le donne al calcetto ma in realtà vorrei spiegare tutto ciò che bisognerebbe fare quando un marito, figlio, fidanzato (amante… non si sa mai) rientra a casa “provato” dopo una semplice ora di calcetto. La prassi ci vede accolti in casa con la tipica frase “te l’avevo detto IO di non giocare”, invece noi in quel momento vorremmo tanto essere capiti e curati. L’età avanza per tutti ma la voglia di riunirsi con gli amici e rincorrere un pallone non finisce mai. L’errore principale che si commette è quello di arrivare al campetto all’ultimo momento e di non effettuare un adeguato riscaldamento di preparazione all’attività fisica. Passiamo in rassegna gli infortuni più frequenti. Distorsioni di ginocchia e caviglie: l’articolazione potrebbe presentarsi, a seconda della gravità, più o meno dolente, tumefatta e gonfia. Prima operazione da fare nell’immediato è ghiaccio ad intervalli di circa 20 minuti, successivamente potrebbe essere utile un bendaggio compressivo contro il gonfiore (molto utilizzata è la colla di zinco per almeno 4-5 giorni), mettere l’arto in scarico (non poggiare l’arto a terra e per la notte posizionare un cuscino sotto al materasso per tenerlo sollevato) e antidolorifici al bisogno. Se l’infortunio sembra importante, è opportuno rivolgersi ad un medico per accertamenti appropriati e scongiurare il peggio. Le lesioni più gravi che possono capitare sono la rottura del

legamento crociato anteriore (LCA) o del crociato posteriore (LCP), dei legamenti collaterali o una lesione meniscale per quanto riguarda il ginocchio, mentre per la caviglia distorsione I, II, III e frattura del malleolo interno o esterno. È molto importante ricordare che nessuna distorsione va lasciata senza trattamento. Traumi da contatto (contusioni): anche qui la terapia nell’immediato è la stessa: ghiaccio, bendaggio e arto in scarico. Lesioni muscolari che si dividono in: Lesione di grado 0 (contrattura muscolare), L. di grado 1 (stiramento muscolare, si ha una distensione delle fibre ma non c’è rottura), L. di grado 2 (distrazione muscolare (I, II, III) – cioè una lesione delle fibre), L. di grado 3 (la più grave: consiste in una rottura totale delle fibre del muscolo - strappo). In tutti questi casi bisogna interrompere l’attività fisica e porre del ghiaccio nell’immediato, nei casi più gravi è preferibile non caricare sull’arto interessato. L’ecografia consentirà di stabilire lo stato preciso della situazione patologica e di seguirne l’evoluzione e la guarigione. Crampo muscolare: è uno spasmo della muscolatura, involontario, improvviso e doloroso. Le cause sono multiple: la principale è la mancanza di preparazione. Una condizione fisica insufficiente legata a un allenamento irregolare, infatti, genererà una stanchezza muscolare precoce che è all’origine dei crampi. È il caso di quando si ricomincia a giocare a calcetto dopo mesi di inattività. Tra le altre cause più comuni può esserci un’idratazione insufficiente con la perdita progressiva dei sali minerali, e l’aumento dell’acidità muscolare in occasione di un lavoro muscolare intenso o della ripresa dell’allenamento. L’acido lattico limita il funzionamento regolare della contrazione muscolare e, soprattutto, impedisce alla fase di rilassamento di svolgersi normalmente. Non esiste una terapia specifica di preven-

zione per i crampi, una soluzione è quella di curare l’alimentazione/idratazione e di svolgere attività fisica aumentando i carichi di lavoro gradualmente, possibilmente seguiti da istruttori qualificati. Se invece il crampo è già in atto, evitate di contrarre la parte interessata, allungate gradualmente il muscolo con uno stretching di circa 20 secondi alternando un rilassamento; ripetete questa manovra più volte. Evitate i bruschi movimenti, che non serviranno ad altro che a far contrarre ancor più il muscolo. Il mio consiglio finale per gli uomini è quello di continuare a giocare a calcetto cercando di limitare i danni, facendo più attenzione ai dettagli (riscaldamento, scarpette adatte e allenamenti regolari); per le donne, che dire, il calcetto è una passione e come tale deve essere rispettata, un po’ più di elasticità e sicuramente sapremo ripagare questo vostro sacrificio.


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INFINITAMENTE GRAZIE Raccontare storie di “normale” straordinarietà questo il merito di un giornale come il nostro

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u Cristian, mi fai un pezzo sui tuoi anni di interviste e incontri con i personaggi del nostro paese? È il decennale, mi raccomando”. Richiesta del direttore Giancarlo Greco al sottoscritto di qualche giorno fa. La mia reazione? Smarrimento misto ad ansia. Che esagerato penserete. Non è così, ve lo assicuro. Ho provato la stessa sensazione di quando qualche anno fa un gruppo di ragazzi spinti da tanta voglia di esserci ma anche da tanta sana incoscienza si buttarono in un’esperienza che aveva un inizio temporale ma della quale non si sapeva null’altro. Ho provato a ricordare il momento nel quale Giancarlo mi disse che il giornale doveva avere appeal e feeling con il suo territorio e per questo aveva pensato di farmi raccontare i personaggi del paese. Mi ricordo benissimo che ci rimasi male, malissimo. Perché non potevo scrivere un articolo come fanno tutti seduti davanti a un Pc invece di “perdere tempo” tra appuntamenti, foto e registratori? E cosa avrei dovuto chiedere o cosa avrebbero voluto leggere i lettori? Ora, mentre scrivo, penso che sono stato fortunato a essere io il prescelto. Perché questi dieci anni hanno rappresentato per me molto più di un semplice passatempo ma un concentrato di ricordi e parole, immagini indelebili e pomeriggi interi a parlare di piccole cose. Quelle piccole cose che rendono l’uomo unico. Un personaggio, appunto. E tutte le persone che ho avuto il piacere di incontrare lo erano, a loro modo, tutte. Lo è stato Carmelo “Uccio” Perrone,

per tutti Chirurgo, da sempre “ignorato con amore” da tutti, amato alla follia dai suoi mostri e dalle sue scarpette minuscole. Prima di incontrarlo rimasi a fissarlo più di un’ora davanti alla finestra della sua bottega, a ’rretu alla chiesa, ma lui non si accorse di me e rimase chino e col coltello in mano immerso in una coltre di polvere bianca. Lo è stato Nunzio Mariano per tante generazioni. Per quelli del Papirus, della musica dei suoi Messia e degli affollati veglioni al Cinema Gigante e per i tanti ragazzi che hanno temuto la sua voce così squillante da essere rassicurante e ai quali ha insegnato il gioco del calcio, quello vero. Ho incontrato e raccontato l’enorme amore per la poesia e la pittura di Claudio Stifani, un poeta con la mancina. Ricordo che quel pomeriggio pioveva e che tutto era buio intorno, ma le sue parole di uomo solitario e pensieroso ma forte, di uomo al quale la poesia e i suoi quadri avevano ridato la gioia di vivere, mi fecero compagnia e mi fecero stare bene. E pensare che quell’intervista non avrei voluto proprio farla… Cosa si sarebbero potuti dire due persone che la pensano in maniera troppo differente? Non so cosa mi abbia aiutato a ragionare, ma meno male. Me ne sarei pentito amaramente. Da allora ogni Natale, la sua cartolina di auguri la trovo nella mia cassetta delle lettere. Mi sono nutrito di musica, la mia prima grande passione, ascoltando Mareterraeancoramare e chiacchierando con Tonio Panzera, eclettico artista a tutto tondo che si nutre di musica da tanti

Q UANDO RIDERE È

anni. Di una frase, in quell’intervista, ho fatto tesoro: “il segreto è continuare a credere in quello che fai, cercando di stupire gli altri ed emozionare te stesso!”. E come non ricordare la mia prima intervista, quando “l’alambicco” era un foglio lucido e in bianco e nero, ai Sound Massive. Schivi e antidivi, i loro cd reggae erano in tutti gli stereo dei ragazzi del paese. Mi accolsero in una soffitta a ’rretu all’Insaho, registrammo l’intervista su una musicassetta, dal vivo. L’evoluzione eh? Zakà, Sandrone e Jam P, che ricordo non parlava mai, un tutt’uno con il suo immancabile cappello verde militare. A un certo punto non lo vidi più, dileguato nel nulla. L’ho ritrovato tanti anni dopo, sempre timido e con la stessa passione per la musica far parlare Leandro nelle sue canzoni. Un’intervista racconta l’artista o il personaggio, ma mette a nudo l’uomo. Ho sempre pensato che raccontare volesse dire entrare delicatamente nella vita delle persone, sfiorarla. Raccontare ciò che c’è ma che nessuno immagina. Ho intervistato a molti chilometri di distanza, da dietro un Pc, Adriana Capone, “indimenticabile Adriana”. È stato un ritrovarsi, un piacevole dejavù di ricordi ed emozioni che la figura di questa donna determinata e travolgente hanno rappresentato per tanti cittadini del nostro paese. Ho incontrato don Marcello Serio

ASOCIAL

solo un giorno dopo avergli mandato un sms la sera (di quei messaggi ai quali non credi seguirà mai una risposta positiva…). Nulla di strano conoscendo l’uomo, se non fosse che eravamo a mille chilometri di distanza! E poi ho incontrato in un letto di ospedale, in un infuocato pomeriggio di luglio, don Oronzo Margiotta, stremato ma combattivo e mai domo verso una malattia che lo stava consumando. Ho un ricordo indelebile di quella giornata, di una chiacchierata a cuore aperto, di parole dette, gridate, roboanti di un uomo vecchio, che aveva fatto il suo tempo e che doveva mettersi da parte perché il nuovo era alle porte. Di un’intervista che non fu mai pubblicata. Quante volte il registratore ha fermato il tempo ma non ha potuto dire stop alle emozioni. A tutti quelli che ho incontrato durante questi anni e che non ho citato, il mio ricordo e il mio grazie sincero e appassionato. A chi mi ha detto no, ugualmente grazie. A voi lettori che mi avete consigliato, criticato e seguito, infinitamente grazie. Cristian Nobile cristian@alambicco.com

Il 9 marzo segna il ritorno degli Scemifreddi e del loro nuovo spettacolo “Asocial Network”

L

i avevamo lasciati alle prese con l’uomo e la sua difficoltà atavica e proverbiale ritrosia a relazionarsi con ciò che lo circonda. Dopo oltre sessanta repliche del loro fortunatissimo “Homologato”, gli Scemifreddi tornano con il loro nuovo attesissimo spettacolo, Asocial Network che verrà presentato in prima assoluta il 9 marzo 2012 nella cornice del Cineteatro Salesiani di Lecce. “Se alle tre del mattino ti ritrovi sul water, e per tirare lo sciacquone cerchi la scritta download – ci spiega Anthony Fracasso, l’autore dei testi - se nella tua vita, dopo ogni punto, riesci a scrivere solo “com”… se ti chiama la tim, ti piace uno spot, passi a wind, ma non trovi la sim, sbagli il pin, non ricordi il puk, aspetti il bip, non senti il micro-cip, hai sbagliato il badge, ti occorre un pass…. beh, se ti accade tutto questo, amico mio, vuol dire che fai parte anche tu di quel Grande

Fratello collettivo di endemoliana ispirazione, di quella centrifuga di pesci lessi caduti nella “rete”! Uno spettacolo che “smaschera” chi per socializzare, inevitabilmente, si isola nascondendosi dietro a un computer, a parole scopiazzate, frasi tritate e foto finte. “Asocial Network è uno spettacolo da “condividere”, “pubblicare”, “suggerire” e “taggare” – continua Fracasso - ma gomito a gomito, faccia a faccia. Perché se ancora ha un senso coltivare idee, sogni e pensieri, anche distorti, godere della bellezza di una battuta non scritta e di una risata imprevista, oggi sarebbe meno precario vivere e forse ancora più bello ridere”. Per prevendita, info e contatti: 347.0767878 (Anthony) – 347.6290218 (Cristian) www.scemifreddi.it mail: info@scemifreddi.it

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