Tutto_Misure n.2 - 2022

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STORIA E CURIOSITÀ

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Mario Savino

Storia del Gruppo Misure Elettriche ed Elettroniche (GMEE) Sesta parte – Gli anni del consolidamento

SIXTH PART: THE STRENGHTENING YEARS The paper follows the fifth parts of the history of GMEE (Group of Electrical and Electronic Measurements) published on Tutto_Misure. It refers to the years from 1992 to 1993, related to the first part of Andrea Taroni Presidence with Mario Savino as secretary. Those years required many meetings to strengthen the didactic organization following the “Ruberti Reform” of the Italian University. This is the reason why the sixth part of this story is covering only the first years of Andrea Taroni Presidence. RIASSUNTO L’articolo è il seguito delle prime cinque parti della storia del GMEE (Gruppo di Misure Elettriche ed Elettroniche) pubblicata su Tutto_Misure. Fa riferimento agli anni che vanno dal 1992 al 1993, i primi della presidenza del gruppo da parte di Andrea Taroni con Mario Savino come segretario. Quegli anni richiesero molte riunioni per il consolidamento dell’organizzazione didattica seguita alla “Riforma Ruberti” dell’Università italiana. Questo è il motivo per cui la sesta parte di questa storia riguarderà solo i primi anni della presidenza di Andrea Taroni. INTRODUZIONE

Come riportato nelle parti precedenti di questa storia, Andrea Taroni, che aveva ricoperto la carica di segretario durante la presidenza di Luigino Benetazzo, fu eletto quarto presidente del GMEE, con Mario Savino segretario. Gli anni della presidenza Taroni furono di completamento della transizione dall’area industriale a quella dell’informazione e di consolidamento della struttura organizzativa del gruppo. Il lettore che ha avuto la bontà e la pazienza di leggere le puntate precedenti di questa storia saprà che alla sua costituzione i docenti del GMEE, nelle diverse sedi universitarie, insegnavano prevalentemente Misure Elettriche. Erano professori di estrazione elettrotecnica e le misure rappresentavano un’applicazione sperimentale di fenomeni elettrici, come ad esempio avveniva nella disciplina, molto diffusa, “Misure sulle macchine e sugli impianti elettrici”. Con l’ingresso nel GMEE dei misuristi elettronici e, soprattutto, con la presidenza di Luigino Benetazzo, insieme con il contributo

rispetto al passato consisteva nel fatto che dall’uso di un semplice strumento analogico, deputato alla misura di una sola grandezza (o, con il multimetro, a diverse grandezze della stessa natura), si era passati alla possibilità di realizzare uno strumento universale, in grado di misurare qualsiasi grandezza. Era sufficiente servirsi del sensore più idoneo e adattare la catena di misura al valore del segnale a esso in uscita. Quando, poi, dal 1987 fu disponibile la prima versione del programma LabVIEW (Laboratory Virtual Instrument Engineering Workbench) della National Instruments, si ebbe un comune standard di riferimento per la gestione e l’elaborazione dei dati acquisiti. A sottolineare l’importanza che il gruppo riponeva in questo nuovo programma, si fa presente che l’Unità GMEE del Politecnico di Milano fu la seconda in Europa a dotarsi di un sistema di acquisizione ed elaborazione dati multicanale basato su LabView, preceduta solo di pochi giorni da una delle Grandes Écoles parigine. Vi fu un ritardo causato dalla necessità di attendere l’autorizzazione alla riduzione dell’IVA (sempre per risparmiare fino all’ultimo centesimo!). Senza quel “piccolo” intoppo l’Unità milanese del GMEE sarebbe stato il primo gruppo di ricerca sulle misure a poter utilizzare LabView in Europa. Importante fu, quindi, la scelta fatta dai padri fondatori del GMEE, in particolare da Camillo Bussolati e Italo Gorini, di considerare i sensori fondamentali per lo sviluppo delle misure. Bussolati, in particolare, chiese a Taroni, esperto di sensori, di aderire al GMEE fin dalla sua nascita, consentendo in tal modo l’acquisizione di competenze esterne con una stretta connotazione di

di Carlo Offelli suo collega della sede di Padova, si ebbe quella transizione culturale, esaminata nelle precedenti ultime due parti di questa storia. Si era realizzata quella che si può definire una rivoluzione copernicana di tipo teorico; ciò che interessava non era più soltanto il valore dell’oggetto della misura (prevalentemente di natura elettrica: la tensione, la corrente, la potenza, l’impedenza, ecc.), ma erano le nuove modalità con cui si misuravano grandezze di svariata specie. Il passaggio cruciale fu dallo strumento analogico a quello digitale o, come alcuni colleghi allora preferivano dire, al numerico. Si prendeva in esame il segnale proveniente dall’oggetto in prova e si cercava, con la maggiore precisione e accuratezza possibili, di estrarne tutte le informazioni necessarie in relazione allo scopo che ci si era prefissato. Elemento portante della catena di misura era il sensore. Il segnale da esso prelevato, in genere di natura analogica, era convertito in digitale e successivamente elaborato e presentato in diverse forme o trasmes- Politecnico di Bari so a stazioni remote. La differenza mario.savino@poliba.it T_M

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