Il destino sulle spalle. L'ultima strega.

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ISBN 978-88-97039-06-8

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9 788897 039068

Il Destino sulle Spalle

€ 19,00

Isabella Pittari

Isabella Pittari è nata nel 1992 a Valdagno (VI), dove tutt’ora risiede con la sua famiglia. Frequenta il Liceo Classico ed ha come hobby il teatro e lo sport. Da sempre amante di lettura e scrittura, ha iniziato a scrivere “Il Destino sulle Spalle” a sedici anni e con un lavoro da autodidatta è riuscita a coronare un suo sogno.

Sistema di Deneb, prima colonia terrestre al di là del Sistema Solare. La pace era stata per lunghi anni mantenuta dalle Due Accademie, Oregon e Defender, unite in una salda alleanza. A coordinare le loro mosse era stato l’Ordine delle Streghe, composto da abilissime guerriere con il potere di controllare gli Elementi. Tuttavia l’Equilibrio era venuto a mancare a seguito dell’assassinio di Egrit e Tevon, i due comandanti. L’alleanza era stata spezzata, le Streghe, ritenute le responsabili, sterminate, e la guerra era imperversata. Diciassette anni dopo, Megan, orfana Oregon dalle origini sconosciute, vive tormentata dal timore che i Defender sconfiggeranno presto i nemici. Suo unico sostegno è l’amica Akyma. Mentre i sospetti crescono, la sua vita viene sconvolta dall’arrivo in Accademia di due nuove reclute, che di reclute hanno ben poco. Sarà l’incontro con loro, e in particolare con Josh, misterioso e malinconico giovane dagli occhi di ghiaccio, a farle scoprire di essere collegata alle Streghe, al passato e all’avvenire del Sistema. Le azioni sue e di Josh si intrecceranno all’improvviso, unendoli in un legame bruciante che va oltre una semplice amicizia, che va oltre il caso, e che segnerà il futuro…

Isabella Pittari

Il Destino sulle Spalle L’Ultima Strega



Isabella Pittari

IL DESTINO SULLE SPALLE


Il destino sulle spalle © 2010 Isabella Pittari isbn 978-88-97039-06-8 tgbook editore by tecnograficarossi via 1° maggio, 6 36066 Sandrigo (Vicenza) www.tecnograficarossi.it www.stampaunlibro.it Questo romanzo è frutto di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone è del tutto casuale e conseguente alla narrazione.


Erano passati centodiciassette anni da quando il Sistema di Deneb, prima colonia terrestre fondata nello spazio al di là del Sistema Solare, grazie alle ricerche all’avanguardia e ai cospicui finanziamenti ad opera dello stato dell’Oregon, era stato abitato. Esso era composto da quattro pianeti: Siegfrid il primo, il più vicino alla luminosa stella, Astrid il secondo, conosciuto come il pianeta delle grandi città, Ariel il terzo, il più ricco di vegetazione e di acqua, ma dal clima piuttosto freddo, e infine Nike, il meno popolato sia a causa del clima troppo freddo, sia perché era stato l’ultimo a venire esplorato. Tra questi, il più abitato era sicuramente Astrid, dove sorgeva la gigantesca città capitale: Talair, un tempo unita in un unico, enorme blocco urbano delle dimensioni di quello che per la Terra era definito uno Stato, ora divisa in due regioni a loro stanti, il Centro Nord e il Centro Sud. La separazione era avvenuta diciassette anni addietro, a seguito della Prima Guerra Civile, che aveva portato morte e distruzione e che aveva scatenato le ostilità tra Oregon e Defender, rovinando la popolazione e la città stessa, tanto che gli abitanti erano diminuiti notevolmente. Molti, per evitare di vivere in mezzo agli accesi e insostenibili conflitti, si erano trasferiti nelle altre zone del pianeta e del Sistema addirittura. Con la grande emigrazione si erano sviluppate ancora di più altre città, tra le quali Gave e Nesaart, due tra le prime fondate dopo la capitale, e nuovi complessi urbani si erano espansi, fino a portare la vita anche su Nike. Le città, le più antiche in particolare, vantavano di un innovativo processo che le aveva rese assai moderne e sofisticate, fino a diventare definitivamente indipendenti dalla tramontata e deso-

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lata madrepatria, il pianeta Terra, che con l’andar del tempo non era rimasta altro che un offuscato ricordo. Per anni il Sistema aveva prosperato e le città avevano ospitato in breve come minimo cinquanta o sessanta milioni di abitanti, tutti liberi e indipendenti. A proteggere i pianeti e la popolazione intera erano state, fin dal quarantesimo anno di vita della colonia, le Due Accademie, definite i Grandi Alleati prima della divisione. Dopo la guerra, la tensione si era fatta strada nei cuori dei giovani allievi, sia Oregon che Defender, portandoli ad odiarsi sempre di più e ad istigare rivolte ovunque. Talair, che più di ogni altra città aveva subito colpi violenti, era caduta in disgrazia e, per sopravvivere, i cittadini si erano affidati alla protezione dei rettori delle due organizzazioni, che però, soprattutto al Centro Nord, avevano iniziato ad adoperare un atteggiamento per certi aspetti dispotico. Era in questo tesissimo clima che una ragazza diciassettenne dai lunghissimi capelli lisci e biondi con riflessi ramati, simili a seta, e dagli occhi di pece, fissava un punto lontano, sulla sua destra, di Talair, oltre il fiume Star e la Via delle Rovine, in direzione del Centro Nord, maledendo con tutta se stessa i Defender. A causa loro l’Equilibrio per anni mantenuto era venuto a mancare e i beniamini del Sistema, Egrit e Tevon, i migliori comandanti che le Accademie avessero mai avuto in tutta la loro storia, erano morti, si pensava assassinati dalle Streghe, terribili donne dai poteri sovrannaturali, che di certo si erano lasciate convincere da qualcuno di veramente crudele, magari con false promesse, o che semplicemente avevano iniziato a pretendere più potere. Un tempo, tutte loro erano state sinonimo di affidabilità, bellezza, forza, saldi valori ed erano state loro a guidare lo sviluppo delle città e le Accademie. Avevano la capacità di controllare i quattro elementi ed una potentissima Energia Nera e di sfruttare le proprietà di fiori e veleni, in più la loro abilità guerriera era insuperabile. Secondo tutti erano

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talmente belle da riuscire ad incantare perfino il cuore più duro. La loro magia era talmente forte, che una leggenda diceva che il clima nella Capitale e la situazione della natura che le circondava dipendessero dal loro stato d’animo. Infine, tre fra quelle quindici donne non avevano la capacità di controllare l’Energia Nera, ma di vedere il futuro e, rinunciando ai poteri, di stabilirlo. Ma ormai nessuna di loro calpestava più il suolo del Sistema: erano state sterminate, erano estinte. O almeno, così si credeva, a parte sporadiche voci che dicevano che una vivesse ancora, da qualche parte. Siete dei bastardi, Defender! Che motivo avevate di convincere le Streghe ad ucciderli? Si chiese la ragazza, Megan Rouge, dotatissima Oregon rimasta orfana a seguito della guerra, scatenatasi quando era ancora in fasce, e allevata come una figlia dal rettore dell’Accademia, l’Illustre Devenport. Megan guardò fuori dalla finestra, gli occhi assenti, fantasticando su un futuro in cui avrebbe potuto spostarsi per le strade di Talair, dal Centro Sud al Centro Nord, senza doversi guardare costantemente le spalle. Lo sperava vivamente, però temeva che non sarebbe mai accaduto e che presto i Defender avrebbero attaccato, saccheggiato e raso al suolo l’Accademia nemica. La loro forza, a sentire i pochi informatori che tornavano indietro per raccontarlo, aumentava di giorno in giorno. Certo, anche gli Oregon vantavano grande forza e grande abilità, ma da tre anni le loro schiere venivano decimate senza pietà dagli avversari, in particolare dal terribile, e sconosciuto, giovane che li guidava, secondo le voci crudele oltre ogni limite, capace di sterminare famiglie intere senza scrupolo e senza provare rimpianto. Le perdite erano state talmente tante, che per reclutare nuovi allievi, Devenport aveva reso più accessibili e meno rigide le condizioni necessarie per entrare a far parte dell’Accademia. Nella maggior parte dei casi erano gli insegnanti e i generali a viaggiare di città in città, alla ricerca di talenti, ma anche un altro era il modo di incrementare le schiere: la prestigiosissima gara 20


conosciuta come Air Battle Competition, alla quale chiunque avesse un’età compresa tra i quattordici e i ventidue anni poteva partecipare, se si riteneva in grado. Lo scopo dei concorrenti iscritti era riuscire a piazzarsi in prima o in seconda posizione, superando e battendo il team dell’anno, composto da sei Oregon scelti tra i più abili piloti in assoluto dell’Accademia. Essendo i difensori del cielo, come li definiva la popolazione, combattevano sempre a bordo degli air battle, moto sofisticate e modificate, che grazie a potentissimi propulsori si libravano alte nel cielo, seguendo la scia dell’aria fino a raggiungere addirittura i tetti di un palazzo a dieci piani. Per questo gli Oregon erano estremamente bravi nel pilotarli e superarli in una gara, condotta per di più in un’impervia gola, era impresa assai complicata. A causa della mancanza di studenti, a partire da quell’anno, un concorrente sarebbe entrato in Accademia anche se si fosse piazzato semplicemente al quarto o al terzo posto. Alla competizione mancavano appena due giorni e benché tutti gli allievi fossero in subbuglio e pensassero solo ad essa, Megan rifletteva su tutt’altra faccenda: da troppo tempo i Defender non attaccavano direttamente e si limitavano ad uccidere quei nemici che per un motivo o per l’altro vivevano fuori dal protetto Centro Sud, magari addirittura al Centro Nord sotto anonimato, o che si avventuravano oltre il confine, o che si spostavano in altre città e negli altri pianeti. La ragazza era convinta che sarebbe accaduto qualcosa di grave molto presto, anche perché nel Sistema, da tempo, circolava una profezia per la quale allo scadere dell’undicesimo anno dalla morte di Celin, la migliore amica di Egrit, la guerra si sarebbe scatenata e l’avvento degli Eredi di Egrit e Tevon, la sola salvezza del Sistema, sarebbe stato aperto e sarebbe arrivato per vie proibite. Quello era l’undicesimo anno e nessuno era ancora riuscito a comprendere cosa quelle parole significassero. Lei non ci credeva un granché, ma moltissimi fatti l’avevano portata a pensare che l’ultima goccia avrebbe fatto traboccare il vaso da un 21


momento all’altro; del resto era una persona assai attenta e acuta. Sapeva far valere la sua opinione, se lo voleva, ma era perseguitata da una strana insicurezza che la faceva imbestialire e che la portava a credere le mancasse qualcosa di importante, anche se tutti la coccolavano, la stimavano ,la apprezzavano. Forse si trattava della famiglia che non aveva mai conosciuto, o forse di altro? Non ne aveva la minima idea. Aveva da tempo cominciato a chiudersi in se stessa, a nascondere la propria titubanza, la propria timidezza, dietro una Megan decisa e orgogliosa, che non voleva assolutamente far capire a chi la circondava come si sentisse in realtà e che si era guadagnata la stima dell’intera Accademia sia per il suo carattere particolare, che pareva tanto in contrasto, sia per la sua incredibile e affascinante bellezza. Tuttavia non se ne era mai vantata, non si era mai sentita una dea, non aveva mai dato via libera a nessuno, per paura che chiunque avesse scelto non le avrebbe voluto bene davvero, ma che ne avrebbe solo approfittato per glorificarsi e vantarsi di aver fatto breccia nel cuore dell’irraggiungibile Oregon 1. Per la sua bravura e la sua lealtà all’Accademia, infatti, ne era diventata il comandante più rispettato tra gli allievi e combatteva a fianco di rettore e generali. La ragazza si ritrovò a pensare, proprio in quell’attimo, che forse era proprio questo a mancarle: qualcuno da amare, qualcuno a cui cedere il cuore per sempre, ma poi scrollò il capo e si rimproverò per i suoi assurdi pensieri da ragazzina. Che idee ridicole! Sono solo un po’ insicura, tutto qui! si disse, malinconica. Rimirò il verde paesaggio che si stagliava oltre una delle finestre della camera, davanti a lei. Fuori dall’Accademia si stendeva un prato rigoglioso, talmente immenso da parere vicinissimo anche se in realtà era ad un centinaio di metri, spostato sulla sinistra rispetto alla posizione della giovane Oregon, con alberi le cui foglie si coloravano delle più svariate tonalità di

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verde, accompagnate da sgargianti fiori rossi e azzurri. In lontananza, invece, immerse in una leggerissima foschia, si levavano alte e acuminate delle montagne, da cui nasceva il lunghissimo fiume Star che tagliava a metà la Capitale e che sfociava nel limpido e profondo mare al di là della città di Gave, a chissà quanti chilometri di distanza da Talair. La ragazza amava osservare la vegetazione del Centro Sud e non solo quel prato, ma anche il centro città. Ai lati delle strade, infatti, correvano interi viali alberati, lunghissimi, intervallati da aiuole ben curate, che si estendevano fino a costringere lo sguardo a perdersi nei meandri della città. Ad essi si affiancavano case a schiera di quattro piani come minimo, talmente grandi e spaziose da ospitare almeno una cinquantina di persone per piano. Sopra le abitazioni sorgevano bellissimi giardini pensili, che però ,a suo parere, avevano un grande difetto: erano virtuali e i loro proprietari, semplicemente digitando codici o regolando in modo diverso le impostazioni dei computer, li cambiavano a piacimento, senza annaffiare i fiori o potare le aiuole. Per questo la Oregon, esclusi il prato e i viali, non aveva mai visto un vero giardino, curato da qualcuno che come lei amasse incredibilmente la botanica. Buttò gli occhi sulle ampie e lunghe strade più vicine. Anche se le vide di sbieco, alla sua destra, riuscì ugualmente ad accorgersi che già intorno alle otto del mattino sfrecciavano nuvole di air battle, alcuni sollevati appena a mezz’aria, altri altissimi, che parevano sfiorare il cielo grazie ai propulsori al massimo della loro potenza. Sulle strade, aderenti al terreno, correvano i land-sky, automobili decappottabili e non, che sia potevano spostarsi a velocità supersoniche sul terreno, coprendo migliaia di chilometri in poche ore, sia potevano sollevarsi a mezz’aria, a seconda dei comandi che il guidatore impostava. Se statali e autostrade erano intasate, la ragazza pensò che di sicuro anche le vie fluviali dello Star brulicassero di water, auto impermeabili che si spostavano

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sott’acqua, poggiando sul fondale del fiume e procedendo per mezzo della corrente. Il cielo doveva essere attraversato da una tiepida e leggera brezza mattutina, poiché le foglie, come cullate da braccia invisibili, si agitavano lievi. Megan si staccò dalla finestra e si avvicinò ad uno dei due letti all’interno della stanza, il suo; l’altro apparteneva ad Akyma, la sua migliore amica. Si sedette sul comodo e morbido materasso e aprì una gabbietta davanti ad esso, nella quale viveva Mapiù, il suo amico pennuto: un colibrì dalle gracili fattezze e dai colori sgargianti, le piume gialle e verdi con riflessi azzurri, che gonfiavano il suo corpicino sottile. L’uccellino era stato il suo regalo di compleanno da parte dell’amica, un anno addietro. Era molto affezionata a lui, sia perché quando cinguettava le trasmetteva grandissima allegria, sia perché con lui poteva sfogarsi, dirgli quello che pensava, confessargli dubbi e paure, sicura che non sarebbero mai usciti dalla stanza. Lo accarezzò piano; l’uccellino aprì gli occhietti neri e cinguettò dopo aver scrollato le alucce. - Ciao Mapiù! Ben svegliato…Posso dirti una cosa? – Il colibrì scrollò anche la testina – Ecco, io…Non prendermi per paranoica, ma…Ma credo che la tranquillità stia per finire, che i Defender ci attaccheranno presto, senza scrupoli, o che noi attaccheremo loro per difenderci prima che sia troppo tardi…Da qui a poco cambieranno moltissime cose, me lo sento…- rivelò, sentendosi più leggera, facendosi malinconica e pensierosa. Sentì la porta della camera spalancarsi di colpo. Mapiù agitò le ali frenetico e impaurito. Megan chiuse la porticina della gabbietta e scattò in piedi, afferrando la sua pistola azzurra dai proiettili in diamante, arma di cui un Oregon non poteva assolutamente fare a meno, e si mise in allerta: era una persona assai attenta, che sapeva bene che qualunque rumore, perfino dove si sapeva di essere al sicuro, poteva rivelarsi pericoloso e letale se non ci si preparava alla difesa o se lo si ignorava.

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Con sollievo, vide entrare Akyma, una ragazza dagli occhi nocciola e con corti capelli corvini dal taglio assai insolito e particolare: i suoi capelli sì, erano corti e scurissimi, ma due lunghissime ciocche tinte di biondo platino, le due ciocche del ciuffo lasciate crescere, le arrivavano quasi ai fianchi. Indossava la stessa divisa dell’amica: una camicia azzurra, dei pantaloni elastici grigi tenuti dentro un alto paio di stivali, una cintura con una “O” come fibbia e infine una leggera, ma assai resistente, giacca grigia, capace di isolare la maggior parte dei colpi di un’arma da scontro corpo a corpo e sul cui angolo in basso a destra era ricamata l’azzurra ala che si intrecciava sinuosamente ad una “O”, stemma dell’Accademia. Le loro divise, però, erano uguali solo per il modello di base, perché Akyma aveva modificato la propria in maniera molto strana: al posto della cintura grigia e azzurra ne aveva messa una fuxia e gialla, la giacca era sfrangiata e tagliuzzata infondo, ai pantaloni aveva aggiunto, come decorazione, delle toppe fuxia sulla gamba destra, gialle sulla gamba sinistra. I suoi stivali non erano azzurri come sarebbe dovuto essere, ma degli stessi colori delle toppe, come del resto erano fuxia le armi che usava: dei taglienti cerchi metallici che si conficcavano nei corpi dei nemici e che poi, come un boomerang, tornavano tra le mani di chi li aveva lanciati. Soltanto la sua pistola era rimasta uguale a tutte le altre. Il modo di vestire, la diceva lunga sulla ragazza, che da tutti, per il suo carattere piuttosto estroverso e trasgressivo, era soprannominata Ribellina. Era una persona aperta, in grado di portare ilarità in chiunque con il suo modo di fare e con il suo onnipresente sorriso. Proprio per questo, Megan, che a differenza di lei era molto più ligia, composta e introversa, per nulla interessata ad attirare le attenzioni su di sé, l’aveva ritenuta da subito speciale, un’ottima amica, che l’aveva aiutata, fin dal primo istante in cui si erano parlate, ad andare avanti, a non pensare alla famiglia che purtroppo non aveva mai conosciuto, 25


a non pensare alle preoccupazioni che la attanagliavano, a non pensare al suo passato e alla profezia che tanto la spaventava e che tanto la spingeva a sperare in qualcosa di grande. Akyma si precipitò dentro la stanza e sbarrò la porta dietro di sé, quindi si buttò sul suo letto e appoggiò la schiena al muro, fissando l’amica. - Ehilà, Colibrì! Ben svegliata! Come va oggi? – la salutò. Megan rise nel sentire il tenero soprannome che tutti in Accademia le avevano dato, perché appunto teneva come animale domestico un piccolo colibrì, perché lei, di corporatura, era una ragazza minuta dal fisico molto fragile, proprio come quello di Mapiù, perché il suo carattere e i suoi occhi erano infinitamente dolci e perché i suoi movimenti leggiadri e aggraziati ricordavano quelli di un uccellino che vola libero nel cielo. - Buongiorno Akyma! Sto bene, grazie, e tu?! – - Beh, mi attendono due noiosissime ore di scienze, due di lingua e una di fisica, il che la dice tutta, su come mi sento! – rispose Ribellina, sbuffando annoiata. Non sopportava in alcun modo studiare, cosa che invece a Megan piaceva incredibilmente, anche se entrambe preferivano allenarsi da Oregon e passare all’azione, piuttosto che rimanere sedute tra i banchi con insegnanti che le intrattenevano illustrando loro formule su formule. - Già, immagino…Comunque pensa che poi ci sarà l’allenamento – la consolò l’amica. - Eh sì, per fortuna! E poi, cosa migliore, tra due giorni ci sarà l’Air Battle Competition! Non vedo l’ora di incontrare visi nuovi! – - Lo sai…Mi aspettavo che l’avresti detto. Sei incorreggibile, cara la mia Ribellina! - Magari arrivasse qualche bel giovanotto interessante…Sarebbe anche ora! – - Non ti bastano tutti i ragazzi che ci sono in Accademia? –

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- No, nessuno di loro è il mio tipo, a quanto sembra…E neanche il tuo, per cui dovresti proprio conoscere qualcuno…- Al momento non è la mia preoccupazione maggiore, credimi! – contestò Megan, portando preoccupata lo sguardo fuori dalla finestra, verso l’estremo nord della città e l’Accademia Defender. Akyma capì al volo. - Non starai ancora pensando che…-…Che i Defender stiano solo aspettando il momento buono per attaccarci? – - Esatto! Vedo che ci capiamo al volo, tu ed io! – - Sì, invece, e sono preoccupata. Per troppo tempo non ci hanno più messo i bastoni fra le ruote…Credo che l’Illustre Erina abbia in mente qualcosa…- rivelò Colibrì, scurendosi. - Non fare la paranoica! E comunque non è vero che non ci hanno “più messo i bastoni fra le ruote”…Da quando è stato nominato il nuovo comandante, le nostre fila sono state dimezzate, a causa di quel vigliacco che non ha il coraggio di mostrarsi! Uccide in incognito, maledetto! – - Non ricordarmelo, non penso lo sopporterei! Quanti compagni abbiamo perso? Non voglio nemmeno pensarci…- si rattristò Megan. Una lacrima le solcò il bel viso dai lineamenti fini, eleganti e sottili. - E allora non pensarci! Sai che ti dico? – - Sentiamo…- Non ci attaccheranno perché hanno paura di affrontarci direttamente! E perché sanno che noi li sconfiggeremmo una volta per tutte… Anche se c’è chi di loro potrebbe darci parecchio filo da torcere…- continuò Akyma. Fu Colibrì a terminare la frase per lei. - Il più pericoloso di tutti, il più spietato e crudele di loro: il Capitano Alfa… Non è così?- Sì, lui, lui e il suo secondo...A proposito, chi è secondo te? Il caporale Alfa o il Defender Beta? Sai, ho questo dubbio che mi

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rode da un po’…- Le due amiche scoppiarono a ridere, ma tornarono serie subito dopo. - Non ne ho idea…Se solo ne sapessi di più…- sussurrò Oregon 1 – Forse, almeno, riuscirei ad impedire che altri dei nostri muoiano…- Se io conoscessi i loro nomi li cercherei e li farei fuori senza neanche pensarci! – urlò Ribellina. - Ma non sappiamo nulla! Chi siamo noi per giudicarli, se nemmeno sappiamo chi siano in realtà e cosa siano? Magari il loro modo di fare è solo una copertura o addirittura una costrizione…- Copertura un fico secco! Quei tre esseri indefiniti e pazzoidi, il Capitano Alfa per primo, sono dei maniaci omicidi! – - Calmati! Su questo sono d’accordo con te: di sicuro la loro spietatezza e il loro sangue freddo, la crudeltà con cui uccidono le vittime sono comportamenti indescrivibili, terribili, e loro sono pazzi a seguire la rettrice dell’Accademia fino a questo…Li odio! Li odio con tutto il cuore! – concluse Megan, pensando alla Prima Guerra Civile, durante la quale, secondo i racconti di Devenport, a causa dei Defender, i genitori che non ricordava in nessun modo, come se non li avesse mai avuti, avevano perso la vita - Però dico solo che io non posso condannarli da principio, se nemmeno li conosco veramente! Tutto ciò che so di loro sono voci assai vaghe… E’ questo che intendo! – - Tu sei fuori di testa! Vuoi forse farmi credere che tu, per conoscerlo prima di giudicarlo definitivamente, avresti il coraggio di avvicinarti al Capitano Alfa?! Figurati! – - No! E’ ovvio che non lo farei! Ma non è da escludere, se mai capitasse! E poi lo so che è impossibile! – La ragazza arrossì di colpo e si attorcigliò le mani. L’amica la canzonò, stuzzicandola. - Eh, eh! Dì la verità: tu vorresti conoscerlo, chiunque sia! E’ fin troppo evidente che quel tizio ha qualcosa che ti attrae! – - Non dire stupidaggini! – 28


- Ah, sei arrossita ancora di più! Non è che per caso l’hai miracolosamente incontrato…Nei tuoi sogni, sia notturni che ad occhi aperti?! – - Piantala! Adesso stai esagerando! – Colibrì le tappò la bocca lanciandole addosso un cuscino. Nello stesso momento, le parole le morirono in gola, le forze improvvisamente le mancarono, la testa le girò e fu costretta a stendersi sul letto. Sentì un atroce male alla spalla destra e se la coprì con la mano, stringendo i denti. Akyma si preoccupò per la sua incolumità, le corse accanto e la vide sbattere le palpebre sofferente. Colibrì percepì una qualche forte energia che da dentro il suo corpo parve volersi liberare, dilaniandola. Si impaurì: cosa le stava succedendo? Già da alcune settimane, quando le due ragazze si ritrovavano a parlare dei nemici, lei si sentiva mancare all’improvviso e percepiva un gran dolore alla spalla, sempre nel solito punto, ma non capiva perché: la sofferenza era troppo insopportabile, terribile, per trovarne una spiegazione logica e sensata. Strinse ancora di più il palmo sull’origine del dolore e l’amica tentò in tutti i modi di tranquillizzarla e aiutarla a resistere. In meno di dieci minuti, fu tutto finito. Megan si rimise a sedere, respirando affannata, portando lo sguardo sulla spalla, interrogativa, dopo aver spostato la mano. Si avvicinò al suo specchio in legno di ciliegio per osservare meglio. La spalla si era scurita. Si era resa conto da giorni che ogni volta che quel malore la infastidiva, la sua spalla si ricopriva lentamente di una macchia marroncina, che ora la percorreva completamente. Si trattava di una “voglia” dalla forma stranissima, che assomigliava alla “O” di Oregon e alla “D” di Defender incatenate assieme. Il disegno che in quel periodo aveva cominciato a prendere forma, sembrò essersi completato. La ragazza sbiancò istantaneamente. Come poteva, un’innocente “voglia”, seppure comparsa pian piano e all’improvviso, darle un tale disturbo? Lo strano fatto la spaventò a morte, poiché, avendo sempre tro29


vato interessante la triste storia delle Streghe, sapeva che venivano riconosciute attraverso una “voglia” delle più diverse forme, che secondo le leggende riassumeva in un simbolo l’intera vita della Strega cui apparteneva e il suo destino. Quella macchia era la testimonianza visibile che nei loro corpi potesse scorrere più energia piuttosto che in quelli di una persona comune. La prima cosa che pensò fu di esserlo anche lei, e rabbrividì, ma presto ritornò in sé: non era possibile, sia perché l’Ordine era stato sterminato e cancellato, sia perché una Strega aveva una “voglia” scura fin dalla nascita, anche se non necessariamente tutte le neonate che la possedevano erano destinate a diventarlo. Megan aveva letto in un libro che le tre donne con il potere di vedere e decidere il futuro, sceglievano a chi trasmettere la magia, esaminando un potenziale avvenire della bambina. No, impossibile! Anche se fosse, non vedo come potrei imparare ad usare dei simili poteri e inoltre la “voglia” non comparirebbe dal nulla, dopo diciassette anni che si è al mondo…pensò, sollevandosi un po’. Ma allora perché mi infastidisce così tanto da provocarmi dolore e farmi perdere le forze un istante? Lo sentivo, che qualcosa non andava! Cosa posso fare? Ho paura…E’ troppo strano, fuori dal normale…E perché proprio adesso? rifletté poi. Sospirò rattristata. L’amica si sedette accanto a lei ed esaminò a sua volta la spalla e la macchia, che già Colibrì le aveva mostrato la prima volta in cui aveva cominciato ad apparire e che aveva continuato a farle vedere intimorita man mano che si era ingrandita. - Megan…Ma è normale? – chiese spaventata Akyma, indicandola. - No, non lo è! – rispose Oregon 1, sudando freddo. - Perché si ingrandisce di giorno in giorno e ogni volta che dico ”Capitano Alfa” si scatena così? Ti era successa una cosa simile anche le altre volte e sempre nelle stesse circostanze, più o meno, o sbaglio? Va oltre l’umano! – - Se lo sapessi non sarei così preoccupata, non credi?! Te30


mo…Temo che abbia a che fare con le Streghe, in qualche modo, ma non so come! – - Figurati! E’ una “voglia”, scura e su una spalla, d’accordo, ma è soltanto una stupida macchia scura! Non è niente di preoccupante! – - E allora perché ha iniziato a spuntare tre settimane fa, da quando abbiamo cominciato a discutere dei nemici e da quando, secondo quell’enigmatica profezia, sono scaduti gli undici anni? – - Non crederai a quella leggendaria superstizione, mi auguro! – - No, non completamente…Però, in più, come può essere che una “stupida macchia scura” sia così ostinata, mi riduca allo stremo e mi faccia male ogni volta, come se una strana energia volesse uscirne? E’ così che mi sento sempre…- Ah, non ne ho idea! Mi dispiace…Pura coincidenza? – concluse Akyma, facendo spallucce. - Io non credo nelle coincidenze! – protestò Megan. La discussione venne interrotta dallo squillo della ricetrasmittente azzurra ad ampio raggio di Colibrì, posata sopra il comodino vicino al letto. Anche quello era un elemento che ad un Oregon non poteva assolutamente mancare, altrimenti le comunicazioni sarebbero state impossibili. La ragazza la afferrò in un batter d’occhio e rispose: era Devenport, il rettore. La voce dell’uomo le giunse metallica, ma capì che ciò che il suo padre adottivo stava per comunicarle era importante. - Qui parla Rouge, Oregon 1, la ascolto – - Vieni alla Sala Grande al Palazzo Sud, all’istante. Tutti gli studenti sono già stati avvisati, o da me, o da altri. Ho bisogno di comunicarvi qualcosa di importante. Dillo anche ad Oregon 2, visto che di sicuro sarà lì con te! – spiegò Devenport, poi chiuse la chiamata. Colibrì si rivolse all’amica; il rettore aveva indovinato: Oregon 2 era lì con lei. - Akyma, dobbiamo andare alla Sala Grande, per una riunione a quanto ho capito…- disse 31


- Sul serio?! Evviva, miracolo, salvezza, grazia! Addio scienze! Andiamo, forza, che stiamo aspettando? – rispose Ribellina. - Niente! – Megan si infilò la giacca grigia sopra la camicia smanicata, per nascondere la “voglia”, poi aprì un cassetto e ne estrasse le altre sue armi da Oregon. Si trattava di una serie di dieci lamine assai sottili e circolari, del diametro di una quindicina di centimetri, estremamente taglienti, con cinque punte affilatissime. Erano velocissime una volta lanciate, così che molto spesso un avversario le vedeva all’ultimo momento, quando era ormai troppo tardi per schivarle, o non le vedeva affatto. Trapassato l’obbiettivo, anch’esse ritornavano tra le mani di chi le aveva scagliate attraverso un’abile, precisa e decisa torsione del polso. Le mise nella cintura, modificata, come del resto quella di chiunque sceglieva quelle armi, di modo da poterle infilare ed estrarre con rapidità. Colibrì e Ribellina si precipitarono fuori dalla loro stanza e dal Palazzo Nord, uno degli edifici che costituivano l’Accademia, nel quale erano stati collocati gli alloggi degli allievi e degli insegnanti; quelli del rettore si trovavano al Palazzo Sud. Uscirono nel tiepido e arieggiato mattino di Talair, rimirando l’eleganza dell’Accademia, composta da quattro palazzoni sviluppati in larghezza più che in altezza, il cui senso di leggerezza era magnifico. Due di essi possedevano pareti in diamante azzurro, luccicanti e luminose dove Deneb le colpiva, talmente limpide da permettere quasi di vederne l’interno, che si riunivano su tetti con splendide e alte cupole ogivali in candidissimo cristallo bianco attraversato da riflessi turchesi e rosati, che ricordavano le nuvole del cielo all’alba e al tramonto. Gli altri due edifici erano in marmo grigio- argenteo, in richiamo ai colori degli Oregon e i tetti a spioventi erano invece in granito azzurro e bianco. Attorno al complesso non erano state costruite alte e pesanti mura, ma, per mantenere lo stile dei palazzi, soltanto resistentissimi cancelli, alti e slanciati, con terrazzi e 32


balaustre che fungevano da vedette e sorretti da leggere colonnine grigie sulle cui cime si impostavano guglie in cristallo ad intarsi azzurri. E oltre l’Accademia, situata appena fuori città, infondo alla strada principale del Centro Sud, distese di verde e campi di fiori, fino ad arrivare alle irte montagne lontane. Sembrava a molti il regno di una fiaba, per la leggerezza e il vivace splendore. Megan e Akyma, superato l’immenso cortile interno dalla pavimentazione a mosaico marmoreo, abbastanza grande e aperto da permettere alle squadre di studenti di esercitarsi liberamente con armi ed air battle senza intralciarsi, raggiunsero il Palazzo Sud, il più grande e più raffinato, la sede centrale dello stabilimento. Arrivate alla meta, incontrarono i numerosi gruppi di compagni che si recavano nella loro stessa direzione, come da ordine del rettore. Presto si ritrovarono immerse in un confuso frastuono di voci ed entrarono nella gigantesca Sala Grande. Al suo interno, alcuni Oregon avevano già preso posto, mentre molti altri ancora si apprestavano ad invaderla. Individuate due sedie libere in prima fila, le amiche si sedettero, esattamente di fronte alla cattedra dell’Illustre Devenport e alla parete di fondo, nella quale erano state dipinte quelle scene di battaglia più spettacolari e degne di essere ricordate negli anni. Ai lati di esse erano invece stati incisi i nomi di coloro che per decenni avevano fatto la storia dell’Accademia, fino a Tevon Silver, reputato il miglior comandante di cui gli Oregon vantarono e al quale, secondo tanti, Megan assomigliava, sia per lealtà che per abilità e carattere. Lei non ci credeva: riteneva quasi un affronto essere paragonata all’uomo, dato che lei, almeno fino a quel momento, non aveva mai compiuto gloriose imprese degne di entrare a far parte della storia del Sistema. La sala, nel giro di una ventina di minuti, si riempì e dopo che il rettore ebbe fatto tacere tutti con un solo cenno del capo e con aria grave, questi parlò, trasmettendo grande rispetto nei cuori degli studenti.

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- Oregon, ben trovati – iniziò. Il silenzio fu totale nel giro di pochissimi istanti.

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L’accecante luce di Deneb invase la stanza di Sarge Evret, la figlia minore dell’Illustre Erina Montgomery rettrice della potentissima Accademia Defender da ben diciassette anni. La ragazza aprì gli occhi indaco, colore delle iridi di cui potevano vantare pochissimi. Come fosse nato quel particolare carattere ereditario non si era mai saputo di preciso. Quando il Sistema era stato colonizzato, infatti, fra tutti i Terrestri partiti per la missione, nessuno aveva quella particolarità e nessuno l’aveva mai avuta fino al trentesimo anno di vita della colonia, quando in tre famiglie erano nati dei bambini con gli occhi indaco. Immediatamente, era stato ritenuto un segno malevolo, ma poi, quando si verificarono anche altri casi simili, venne messa da parte la superstizione e furono condotte delle ricerche che rivelarono che quel particolare fosse probabilmente dovuto alle nuove e più che favorevoli condizioni di vita. Tuttavia non si seppe mai se fosse la verità. L’unica certezza fu che il colore fosse un carattere dominante. Una volta sveglia, Sarge protestò di non volersi alzare borbottando fra sé e si rimproverò per essersi dimenticata di abbassare la tapparella della finestra. Avrebbe voluto restare stesa a poltrire, ma sapeva che se avesse fatto attendere sua madre, questa non l’avrebbe istruita sulle conoscenze di cui disponeva l’antico Ordine delle Streghe, fatto sterminare diciassette anni prima, come le aveva promesso alcuni mesi addietro. Sua madre, infatti, benché ormai non se ne ricordasse più nessuno e benché quasi nessuno l’avesse mai saputo, era stata una potentissima Strega, che dopo alcuni anni di servigi presso l’Ordine si era ritirata. Sarge non aveva la più pallida idea del perché la madre avesse preso una simile decisione, quando invece lei a35


vrebbe dato oro pur di possedere dei poteri. Non posso assolutamente tardare! pensò, poi scattò in piedi con balzo felino. Veloce più della luce, indossò il suo abituale completo, diversissimo in tutto dalla divisa delle studentesse Defender. Si trattava di una maglia leggerissima, quasi trasparente, con ampia scollatura a “V” dalle maniche larghissime a tre quarti e con ricamata in basso a destra la D che la contraddistingueva come un’allieva dell’Accademia. Al posto dei classici pantaloni, aderenti ed elastici volti a favorire i movimenti, indossò una minigonna indaco, decorata dallo stemma dei Defender: un uomo stilizzato immortalato nella classica posa di attacco dei guerrieri dell’Accademia: un braccio inclinato, in posizione di difesa, e l’altro alzato come per compiere un affondo, con in mano le classiche armi che la maggior parte dei Defender aveva per anni e anni scelto. A completare quella figura era una D posta a fianco dell’omino stilizzato. Alla gonna, la figlia di Erina abbinò una cintura nera con una fibbia ocra a forma di D in cui infilò la sua frusta, l’arma che più l’attraeva e che più le piaceva usare, dei neri collant a rete e un paio di stivali neri dai riflessi ocra con tacco a spillo, in uno dei quali nascose un pugnale. Adornò il collo con una collana e le braccia con uno spropositato numero di braccialetti, che tintinnarono appena mosse i polsi. Per questa sua sfrenata passione per i gioielli, era stata soprannominata Bijoux da qualsiasi compagno, ragazzo o ragazza che fosse. Molti giovani la trovavano davvero attraente e graziosa, con quei lunghi capelli fulvi e mossi che le arrivavano a metà schiena, con quegli occhi indaco così rari, quegli abiti tanto appariscenti e quelle belle curve, che la mettevano in grandissimo risalto, nonostante lei fosse piuttosto bassa di statura. Sarge era proprio fiera di sé, malgrado sua madre e suo fratello Matt continuassero a rimproverarle di essere troppo immatura, inaffidabile ed appariscente, e da tempo non le importava più ciò che sostenessero gli altri, poiché lei aveva deciso di essere diversa, per lui. Da 36


quasi tre anni, infatti, era invaghita di Josh, uno dei migliori allievi dell’Accademia, ma lui non era mai sembrato apprezzarla, per quanto lei si fosse sforzata di conquistare il suo cuore e accendere i suoi desideri, addirittura civettando contro le varie studentesse Defender, le quali, o almeno la maggior parte, ritenevano Josh il più bello e misterioso dei ragazzi dell’Accademia e dell’intero Centro Nord. Vedendo che ancora non era stato sufficiente, aveva scelto di vestirsi contro tutte le regole, fino a scatenare l’ira di Erina, pur di farsi notare in qualche modo. Mentre si pettinava, Sarge osservò il panorama in direzione del fiume Star e piantò lo sguardo all’estremo sud della città, anche se sapeva che non avrebbe visto niente così lontano. Ma oltre il suo sguardo, in quella stessa direzione, si trovava l’Accademia Oregon che tanto detestava. Ogni volta che poteva, coglieva l’occasione per maledire i nemici. Perché non volete ammettere, a distanza di diciassette anni, di aver distrutto l’Equilibrio di Talair e del Sistema per potervi proclamare sopra i Defender per forza e potere?! Il suo controller, il cui modello precedente, quello importato dalla Terra, aveva il nome di orologio ed era molto meno sofisticato, scoccò le otto del mattino. La ragazza si precipitò fuori dalla stanza e cominciò a scendere rapida le scale del Palazzo degli Alloggi, collegate tra loro, in tutti e quattro i piani, da lunghi corridoi, decisa a raggiungere il cortile interno per assistere un momento ai primi allenamenti mattutini dei Defender, cui la madre le aveva permesso di non partecipare fintanto che non avesse recuperato tutte le lacune accumulate nelle varie materie scolastiche. Sperò con tutto il cuore di incrociare i propri occhi indaco con quelli di Josh, ma non riuscì a vederlo. Desolata, voltò in direzione del Palazzo Principale, al cui terzo piano si trovavano lo studio suo e del fratello, l’unico appartenente a degli allievi, lo studio della madre e la Sala Comando.

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Salite le numerose scalinate e raggiunto il terzo piano, si infilò in un corridoio lungo e deserto e arrivò davanti alla porta della Sala Comando. La ragazza bussò e attese che la madre le permettesse di entrare. Passarono quasi tre minuti, poi Erina la invitò ad aprire la porta e lei si fece avanti. La stanza che le si presentò davanti era piuttosto grande e scaffali occupati da libri e da schede riguardanti ogni singolo Defender la percorrevano in tutto il suo perimetro; al centro era stato installato un enorme computer a quattro schermi piattissimi, con tanto di telecamere, che fungeva da controllo principale dell’intera Accademia; a nord, infine, si trovava una scrivania in indistruttibile e lucido acciaio, sopra la quale erano posati due quadernetti, diari a giudicare dalla loro forma e dalla loro dimensione, ed un arco in granito viola affiancato da una faretra piena di frecce. Sarge posò lo sguardo su quell’arma, interessatissima. - Ero sicura che avresti trovato interessante l’arco! – disse una voce alle sue spalle, strappandole un gridolino di spavento. - Sì, madre…Avete ragione! E’ davvero un’arma interessante…Così levigata, così resistente, così bella da vedere, così perfetta in poche parole…- rispose Bijoux, voltandosi. Una donna alta dal portamento solenne si avvicinò alla giovane Defender, guardandola attraverso gli occhi indaco. Un severo chignon teneva raccolti i rossi e mossi capelli dell’Illustre Erina. A rendere quella figura ancora più grave era un lunghissimo vestito nero con ricamati sulle maniche alcuni ghirigori ocra, con una D stampata in basso a destra, reso grintoso e ancora più speciale da una cintura con fibbia a forma di D alla quale era legata una spada tenuta in un fodero ocra. La donna aveva da poco compiuto quarantadue anni, ma la sua bellezza era quella di una ventenne, il suo fisico allenatissimo, l’agilità, la grazia magnetica e la sicurezza dei suoi movimenti di un indescrivibile fascino, la pelle pallida e il viso libero da

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qualsiasi accenno di rughe. Sembrava una ragazza, eppure era una donna assai matura. Le linee del suo volto, molto simili a quelle del volto di Sarge, erano affilatissime e allungate, ma allo stesso tempo dolci, proprio come quelle di un gatto. - L’ho fatto costruire per tuo fratello, poi l’ho arricchito di ottime e speciali proprietà magiche usando l’arte che le Streghe non avevano voluto concederti, malgrado anche tu possedessi una “voglia” sulla spalla destra e di una forma particolare, adatta a farti sopportare il flusso di Energia che avrebbe iniziato a scorrere nel tuo corpo… - continuò poi Erina, una volta salutata la figlia con un rapido e quasi impercettibile cenno della mano. - E’ stata davvero un’ingiustizia! Sono sicura che sarei diventata una Strega abilissima e perfetta, talmente perfetta da poter essere la Massima, una volta imparato bene a controllare l’Energia e gli Elementi! Ma ormai l’Ordine non esiste più…E per come la vedo io è meglio così…Sicuramente, per essersi lasciate convincere dagli Oregon dovevano essere corrotte…Era stato per questo che vi eravate staccata da loro? – disse Sarge, con il tono di una ragazzina che pretende tutto, persino ciò che non può avere, e parecchio ficcanaso. La madre si scurì e tremò impercettibilmente. Non rispose in alcun modo alla domanda della figlia e si affrettò a cambiare discorso. La verità che si celava dietro le sue scelte del passato e di tutta una vita sarebbe dovuta restare ignota a tutti gli abitanti della Capitale e del Sistema, nessuno escluso, persino a Sarge e Matt, per quanto fossero i suoi figli. - Sono lieta che tu approvi almeno uno dei miei ideali, dal momento che non hai ancora smesso di comportarti come una bambina troppo cresciuta e viziata e irrimediabilmente immatura! – - Madre, smettetela di trattarmi così! Avete sempre preferito rivolgere le vostre attenzioni a Matt per la sua spietatezza e la sua abilità, piuttosto che a me, e vi stupite del fatto che io sia, 39


come dite voi, immatura e inaffidabile? Se solo mi attribuiste maggiore importanza e mi aiutaste di più a cambiare e migliorare, potrei diventare come mio fratello, o addirittura brava cento volte lui! Voglio che mi insegniate l’arte delle Streghe, così vi darò una mano a rovesciare gli Oregon! – reagì Bijoux, irata. - Smettila! Lo vedi? Nemmeno mi ringrazi, anche se da settimane cerco di istruirti alla magia! – le rispose Erina, fredda e arrabbiata il doppio di lei. - Istruirmi alla magia?! Ma se fino ad ora mi avete insegnato solo ad usare le proprietà dei Veleni e dei Fiori! – si schermì la ragazza – E non tutte, tra l’altro! – - Non ci posso credere! Ritieni che ti tratti ingiustamente e che non ti istruisca al meglio?! Ingrata! La verità è che non ho la possibilità di insegnarti altro! Te lo ripeto: non ti è stato concesso il potere di controllare gli Elementi e l’Energia! Solo la figlia di Egrit avrei potuto istruire al controllo di essi, ma quella bambina è scomparsa, magari è morta! Le Streghe, a parte me, non esistono più! E dal momento che da anni non uso più la magia, e che probabilmente non la userò mai più di nuovo, è come se fossero scomparse tutte loro! – si adirò Erina. Sarge indietreggiò e tacque piena di rabbia e vergogna. Una volta pronunciate quelle ultime parole, la donna si bloccò all’improvviso e la sua voce sicura, austera e tonante si spense in un flebile sussurro. Non era sicura che tutte le Streghe, a parte lei, fossero state sterminate, perché sotto le macerie della villa bruciata di Egrit e Tevon non era stata trovata la salma della loro figlia appena nata che, una volta cresciuta, sarebbe dovuta essere iniziata alla magia. Erina era certa che quella bimba non fosse morta, ma non sapeva dove cercarla e il terrore che si accese nei suoi occhi in quel momento fu dovuto proprio a questo: la profezia che da anni circolava parlava degli Eredi di Egrit e Tevon e con ogni probabilità uno di loro sarebbe dovuta

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essere la loro figlia. L’altro, secondo l’acuto sesto senso della donna e considerando che era stata Celin a lasciare quelle parole, sarebbe dovuto essere qualcuno di veramente caro a quest’ultima e l’unico adatto sarebbe potuto essere suo figlio, perché Celin aveva sempre voluto un bene dell’anima, infinito, al suo “caro Josh”. La rettrice ritornò alla realtà appena la figlia, ripresasi dall’improvviso spavento, la fissò perplessa e interrogativa. - Perdonatemi, solo che… - disse Sarge, pentendosi di ciò che aveva detto poco prima. -…Solo che non sei mai soddisfatta e pretendi esageratamente troppo! Accontentati se ti insegno ad utilizzare a tuo vantaggio le Proprietà dei Veleni e dei Fiori! Va bene?! – - Sì, madre, va bene! Insegnatemi quello che volete…Posso chiedervi un’informazione? – - Sentiamo di che si tratta! – - Tra le Proprietà dei Fiori…E’ possibile elaborarne qualcuna per creare un filtro d‘amore? Di quelli di cui si legge nei romanzi? – chiese la ragazza, pensando a Josh che non la ricambiava e che non l’avrebbe mai fatto. Questa consapevolezza, per lei, era stata da subito più che evidente, ma non intendeva mollare. - Smettila con i tuoi discorsi da mocciosa! Sei davvero…- Un sonoro bussare ricacciò in gola le crude parole che Erina stava per pronunciare, che vennero sostituite, con fortuna di Sarge, da un gelido: - Avanti – Un bel giovane di vent’anni, dai capelli rosso fuoco, lunghi fino a poco più sotto le sue spalle robuste, e dagli occhi indaco come quelli di Sarge ed Erina fece il suo ingresso nella stanza con sguardo serio e indagatore. Quel ragazzo aveva un viso affilato e allungato, proprio come quello della rettrice ed aveva un fisico tonico, molto muscoloso, forgiato dai duri anni di allenamento in Accademia cui era stato sottoposto. Il suo viso

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perennemente serio si era guadagnato una grande fama tra tutti i Defender e per questo molti avevano iniziato ad essere intimoriti da lui, invece lui, dal canto suo, era riuscito a farsi rispettare da chiunque, meno che da uno: Josh. Per riuscire a sopraffare il suo rivale, Matt aveva iniziato a comportarsi in maniera arrogante, quasi fuor di misura, e, a causa della forte gelosia che lo bruciava, il suo carattere già competitivo di natura lo era diventato ancora di più, anche perché la madre sembrava preferire di gran lunga Josh a lui, benché lui non facesse altro che allenarsi e allenarsi per diventare imbattibile e perfetto. - Madre, perdonatemi…So che non avreste voluto essere interrotta e disturbata, ma ho delle importantissime notizie da darvi! – dichiarò Matt. - Non fa niente, Matt, se le informazioni su cui mi vuoi aggiornare sono di così rilevante importanza! - gli rispose questa. La donna gli fece un rapidissimo cenno con il capo e la mano destra, poi gli indicò l’arco sulla scrivania. Inevitabilmente, lo sguardo di Matt si posò sulla levigatissima arma. Fin da quando era entrato in Accademia, il giovane aveva scelto come arma principale l’arco ed era diventato uno dei migliori, se non addirittura il migliore in assoluto, ad usarlo; come seconda arma, invece, aveva optato per la sciabola. Poiché già da tempo possedeva lo stesso arco, dal momento che negli ultimi anni aveva cambiato soltanto la prima sciabola con una più pesante e completamente nera, la madre, per ricompensarlo dei suoi preziosi servigi, aveva deciso di fargli costruire il più preciso e potente degli archi mai creati sul Sistema. Tuttavia non volle dire al giovane il motivo di quel dono e Matt, che conosceva assai bene la rettrice, preferì non indagare, perciò si limitò a ringraziare riverente, senza però liberare nemmeno un minimo accenno di sorriso. - Sono riuscita a far costruire un’arma degna di mio figlio e a perfezionarla al meglio! – iniziò – E’ un arco in granito viola, molto resistente, praticamente indistruttibile, e le frecce…42


continuò a spiegare Erina, prendendone tra le mani una …Una volta scagliate hanno la capacità di convertire l’Energia che si trova nell’aria in una due volte più potente e distruttiva, grazie ad una formula che solo una Strega aveva il diritto di conoscere, e si riversa sul bersaglio colpito sotto forma di una potente scarica energetica, capace di oltrepassare anche i giubbotti antiproiettile dei Defender e di fermare il proiettile in diamante delle pistole degli Oregon. Infine, possiede anche la capacità di annullare o invertire i congegni di protezione elettronici di un’abitazione…Sappi che potrebbe anche causare una morte lenta e densa di atroci torture in un colpito, se il dardo tagliasse l’aria passando attraverso una nuvola di Energia Nera scagliata da una Strega…Ma purtroppo le Streghe non esistono più…- concluse la donna, quasi con senso di strana nostalgia degli anni passati - …Fanne buon uso – - Vi ringrazio infinitamente, è un dono stupendo! Tornando a noi…Sarge, esci! Desidero parlare da solo con nostra madre! – - Lasciala restare…Dimmi sottovoce e brevemente cosa hai saputo. Se riterrò opportuno metterne al corrente anche tua sorella, lei rimarrà ad ascoltare, altrimenti la congederò e tu potrai espormi queste tue informazioni in modo più dettagliato - decise Erina. Sarge ringraziò mentalmente la madre e squadrò il fratello come se lei avesse ottenuto una grande vittoria. - D’accordo…- accettò il ragazzo, poi si avvicinò alla madre e le parlò ad un orecchio – E’ giunta voce che gli Oregon intendano attaccarci a breve – disse. Udita la notizia, Erina si sedette alla scrivania in acciaio posta a nord della stanza, l’unico luogo che l’aiutasse veramente a riflettere. A quella scrivania si sedeva ogni volta in cui le si presentava davanti un problema difficile da risolvere e che necessitava di un esame accurato e approfondito entro il minor tempo possibile. Sarge lo sapeva benissimo, perciò raccolse il coraggio che ave-

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va per affrontare la gelida madre, poiché parlare con lei dopo aver litigato l’aveva sempre messa in profonda soggezione, e parlò. - Madre…Cosa vi ha detto Matt? Cosa vi preoccupa così tanto? Si tratta degli Oregon per caso? – domandò. - Sarge…Se escludiamo il tuo comportamento, devo ammettere che mi assomigli…Sei piuttosto arguta e attenta… Tuttavia, prima che ti parli di certe faccende, dovresti risolvere quel problema di cui discutevamo poco fa…- le rispose la donna, riferendosi indirettamente all’inaffidabilità e immaturità della figlia. - Certo che dovrei risolvere quel problema! Sono una buona guerriera e sono bellissima, ma Josh non mi degna di uno sguardo… - continuò la ragazza, stizzosa e arrabbiata. Era stanca di sentirsi dire sempre cosa fare e non fare, cosa fosse giusto o sbagliato. Quando Matt udì il nome del rivale, pronunciato con amore e malizia indescrivibile dalla sorella, si irrigidì. - Sei ancora una bambinetta, Sarge! A nostra madre non importa niente delle tue stupide faccende amorose! Lei vuole che tu maturi al più presto, che tu diventi brava ad elaborare le Proprietà dei Veleni e dei Fiori, visto che le Streghe non ti avevano concesso il potere di usare l’Energia e gli Elementi…Sai…Secondo me non avevano fatto altro che bene, considerato quella che sei! In breve, bamboccia, vuole che tu cresca anche psicologicamente, allora forse, e dico forse, potrebbe parlarti di ciò che ha appreso da me e su molte altre informazioni che nemmeno immagini! Giusto, madre? – disse Matt, freddo e deciso a cambiare discorso. - Pare proprio che tuo fratello abbia colto nel segno il tuo difetto! Sei troppo immatura, te lo ripeto! – rispose l’Illustre Erina, impassibile. - Ma madre, non è affatto vero! Sono maturata moltissimo e so

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usare la frusta meglio di chiunque altro in Accademia! E poi, Matt, tu parli in questo modo solo perché sei geloso! – disse Bijoux, scocciata. Ascoltandola, il fratello cercò di domare l’istinto di saltarle addosso e picchiarla, pur sapendo fin troppo bene che quella smorfiosa di sua sorella aveva ragione: era geloso di Josh, poiché solo Josh lo aveva superato in abilità, spietatezza, sangue freddo, stima e rispetto all’interno dell’Accademia. Solo Josh era riuscito a soffiargli il posto di miglior Defender, il titolo di Capitano Alfa, il più prestigioso cui un allievo potesse mirare. Quel ruolo era di fondamentale importanza, poiché nell’esercito Defender, a differenza degli ormai dimenticati e considerati antichi eserciti Terrestri, pochi erano i gradi dei combattenti comandanti: solamente rettore, generale, capitano e caporale. A guidare gli studenti, a parte il rettore, il quale era a capo di tutti, era proprio il Capitano Alfa; i generali, invece, coordinavano esclusivamente le mosse degli innumerevoli alleati esterni all’Accademia e dei veterani. Nei primi tempi, Matt non era stato l’unico a detestare il nuovo Capitano Alfa, poiché questi era stato scelto per coprire l’importante carica a soli quindici anni e, per quanto fosse abile, a tutti era sembrata una presa in giro; tuttavia, con il passare dei mesi, le considerazioni negative erano cambiate in incredibili e numerose lodi e chiunque aveva ammesso che la rettrice avesse davvero scelto il migliore dei Defender. Non appena si fu calmato, il giovane parlò nuovamente. - Chiedo scusa per avervi interrotta, madre, ma se desiderate che discutiamo della faccenda, sarebbe necessario che voi rimandiate le lezioni di Sarge a più tardi e che la congediate immediatamente…- Sarge si infiammò vedendo che Matt continuò a cercare di convincere Erina a congedarla. La ragazza non riuscì a trattenere la rabbia. - Se voi non mi ritenete ancora pronta a conoscere i segreti

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dell’Accademia, me ne vado…Ma tanto peggio! Magari avrei potuto aiutarvi! – disse Bijoux, con tono di sfida e amareggiata. - Sarge, hai vinto, mi hai stufata! Puoi ascoltare, ma solo se mi prometterai una cosa…- decise Erina. - Quello che volete… Un sorrisetto soddisfatto e strafottente apparve sul volto di Bijoux, quando incontrò lo sguardo del fratello sconfitto. Matt incrociò le braccia infuriato, voltò la testa da un’altra parte, profondamente scocciato, e si appoggiò al muro. Attese rabbioso che Erina esponesse la propria richiesta a Sarge, poi si augurò che la sorella la rifiutasse e infine sperò con tutto il cuore di assaporare una reazione esagerata e inopportuna della ragazza che avrebbe fatto infuriare la madre. - Benissimo! Allora promettimi che in Accademia e in servizio non indosserai mai più quella gonna ridicola e che, soprattutto, mi dimostrerai di essere affidabile! – annunciò la rettrice. - Va bene…- accettò Sarge, con dispiacere e rassegnazione, nascondendo a fatica la rabbia per quella richiesta, benché se la fosse aspettata da subito. - Era ora! Matt, illustraci la situazione – - Certo, madre…Non ho molte informazioni da presentarvi, ma sono sicuro che le reputerete degne di nota e che saprete sfruttarle a nostro vantaggio…Ho udito voci che parlavano di un possibile tentativo di attacco che gli Oregon avrebbero intenzione di sferrare entro l’inizio dell’estate e altri dicono entro il mese o addirittura due settimane…Ci temono perché sanno che sotto la vostra guida stiamo diventando imbattibili e perché stanno perdendo guerrieri, sia alleati che studenti, a vista d’occhio… Io, personalmente, sono sicuro che davvero Devenport sia intenzionato a fermare la minaccia crescente, perciò credo che non siano solo notizie campate per aria…- annunciò Matt, parlando con estrema chiarezza. La dote del fratello di essere tanto spigliato aveva sempre ingelosito Bijoux, la quale non era mai stata capace di tanta sicu46


rezza e chiarezza nell’esposizione di qualsiasi notizia, buona o cattiva che fosse. - Ah! – esclamò Sarge – Non potranno distruggerci fintanto che vanteremo elementi come te, Matt, o come Kody e Josh, soprattutto come Josh! E in campo medico? Il nostro ospedale è il migliore di tutto il Sistema, perciò anche se ci fossero feriti, Abygale e gli altri li rimetterebbero in sesto senza problemi! – - Zitta, Sarge! Nessuno ti ha interpellata! – la apostrofò Erina Continua Matt, prego… - Questo è tutto quello che so…Mi dispiace…Tuttavia ritengo che se organizzassimo un piano per mettere loro i bastoni fra le ruote…-…Magari anticipando le loro mosse! – suggerì Bijoux, fiera del proprio improvviso intervento. - Buona idea! – si limitò a dire la madre – Ho deciso…Non possiamo permettere che quei maledettissimi Oregon ci attacchino…Anche loro sono temibili e abili, perciò, come ha proposto Sarge, tenteremo di anticipare le loro mosse. Certo, sarà rischioso e assai pericoloso, conoscendo le conseguenze di un fallimento, ma credetemi: li sconfiggeremo! - concluse la rettrice, risoluta. - Che cosa avete intenzione di fare, madre? – chiese Matt. Erina rise, una risata gelida – Due di voi Defender si infiltreranno all’Accademia Oregon come reclute! Così facendo, avranno libero accesso a tutti i segreti del nemico, senza spargimenti di sangue inutili prima del tempo! – - E’ un buon piano, ma come entreranno all’Accademia Oregon senza destare sospetti? – la interrogò Matt. - Diciamo che gli Oregon ci daranno una mano…Tra pochi giorni avrà luogo l’Air Battle Competition…- E allora? Come potrebbe esserci utile una gara indetta dal nemico? – domandò Sarge, perplessa. - Zitta! Per l’ultima volta: non interrompermi o te ne andrai di qui, è chiaro?! – la ammonì Erina. 47


- Sì, madre, scusatemi! – - A questa competizione, oltre che ragazzi e ragazze provenienti dall’intero Sistema dell’età compresa tra i quattordici e i ventidue anni, parteciperanno sei tra gli Oregon migliori…Il loro scopo, a parte ovviamente vincere la prestigiosa medaglia d’oro della gara, sarà impedire ai loro sfidanti di piazzarsi in una delle prime quattro posizioni, perché se un concorrente non legato all’Accademia si aggiudicasse una di quelle posizioni…La donna si bloccò un attimo per assaporare l’immagine del suo piano realizzato - …Entrerebbe a far parte dell’Accademia! Basterà mandare là due giovani ben addestrati, coraggiosi e pazzi abbastanza da entrare in territorio ostile, che riusciranno facilmente a stare alla pari degli Oregon! – - Madre, il vostro ingegno mi stupisce ogni volta! Non mi sembra vero…Entreremo nella tana del nemico per vie legali! – si complimentò Matt – Desidero essere io uno dei due Defender che avranno l’onore di andare in missione…So di averne le capacità! – aggiunse poi. Erina aveva già immaginato ciò che il figlio avrebbe proposto, ma non accettò. - No, Matt! So che tu avresti le capacità di portare a termine l’incarico e so anche di poter sempre contare sulla tua infinita lealtà, ma io pensavo a qualcuno di più adatto per questo genere di missioni, che senz’altro svolgerà l’incarico affidatogli con successo! – Matt si sentì ferito nel profondo, come trafitto da una lama improvvisamente calata su di lui. Le sue ambiziose aspirazioni crollarono in un istante e immaginò subito su chi fosse ricaduta la scelta della madre: sull’unico capace di superarlo. - Matt, esci e vai a cercare Josh Taylor e Kody O’Brian! Non appena li avrai trovati, accompagnali qui! – decretò la donna. Sarge si illuminò. - Madre, posso accompagnare mio fratello? – chiese. - No! Tu aspetterai qui con me, così inizieremo la lezione di

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oggi…A proposito…Sei riuscita a trovare quella famosa assistente che mi avevi chiesto di pagare perché ti aiutasse a studiare? – - Ehm…Non ancora, ho chiesto in giro…Sono sicura che prima o poi qualcuno arriverà! Del resto, chi non coglierebbe un’occasione per vivere del tempo all’Accademia Defender? – - Me lo auguro…Non ho molto tempo per seguirti in ciò che riguarda lo studio delle materie scolastiche…- Madre, non preoccupatevi…A proposito…Possiamo anche rimandare la lezione di oggi! Dillo anche tu, Matt! – disse Sarge, continuando la conversazione di pochi istanti prima. - Dovresti averlo capito, ormai, che le decisioni di nostra madre non si discutono! – rispose il giovane, rabbuiandosi. Io l’ho imparato a mie spese…pensò amaramente Dannato Josh! - Ascolta tuo fratello e resta qui! – - Va bene, avete vinto…- accettò Sarge. Erina si rivolse nuovamente a Matt . - Hai capito quello che ti ho detto? Perché sei ancora qui? Sbrigati! – - Sì, certo…Vado! Appena li avrò trovati, li accompagnerò da voi! – concluse il ragazzo, sbrigativo. Erina lo congedò e Matt non ebbe la forza di contestarla, troppo irato e ormai abituato a tutti quei fastidiosi e frustranti rifiuti. Ancora una volta, sua madre aveva anteposto Josh a lui.

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