LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

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M. Gorga - D. Buonocore

Prezzo di copertina

€ 18,00 (i.i.)

ISBN 978-88-97039-30-3

9 788897 039303

LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

Con le novità introdotte dal D.M. n.145 del 6 Luglio 2011

Con le novità introdotte dal D.M. n.145 del 6 Luglio 2011


LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE



Michele Gorga - Diego Buonocore

Michele Gorga - Diego Buonocore

LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

LA DIFFAMAZIONE E IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE


La diffamazione e il procedimento di mediazione Michele Gorga - Diego Buonocore Copyright © 2011 ISBN 978-88-97039-30-3

La diffamazione e il procedimento di mediazione Michele Gorga - Diego Buonocore Copyright © 2011 ISBN 978-88-97039-30-3

I edizione

I edizione

tgbook editore by tecnograficarossi via 1° maggio, 6 36066 Sandrigo (Vicenza) www.tecnograficarossi.it www.tgbook.it

tgbook editore by tecnograficarossi via 1° maggio, 6 36066 Sandrigo (Vicenza) www.tecnograficarossi.it www.tgbook.it

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. Sono vietate e sanzionate (se non espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica e la comunicazione).

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. Sono vietate e sanzionate (se non espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica e la comunicazione).




INDICE

INDICE

Michele Gorga

Michele Gorga

Parte I LO STATO DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA E LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE

Parte I LO STATO DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA E LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO PRIMO

Lo stato della giustizia in Italia e le scelte strategiche necessarie

Lo stato della giustizia in Italia e le scelte strategiche necessarie

1.1. Le modifiche introdotte con il D.M. del 6 Luglio 2011 al D.M. n.180 del 4 Novembre 2010. 1.2. Lo stato della giustizia civile. 1.3. Le politiche dell’innovazione in campo giudiziario. 1.4. Informatica e processo. 1.5. Il riconoscimento dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR). 1.6. Cenni sulla direttiva 2008/52/CE

3 6 10 15 23 29

1.1. Le modifiche introdotte con il D.M. del 6 Luglio 2011 al D.M. n.180 del 4 Novembre 2010. 1.2. Lo stato della giustizia civile. 1.3. Le politiche dell’innovazione in campo giudiziario. 1.4. Informatica e processo. 1.5. Il riconoscimento dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR). 1.6. Cenni sulla direttiva 2008/52/CE

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

Il procedimento di mediazione

Il procedimento di mediazione

2.1. La mediazione in Italia come prevista nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28. 2.2. Il procedimento di mediazione. 2.3. La meta - conciliazione amministrata. 2.4. L’obbligatorietà del tentativo di mediazione. 2.5. I criteri di determinazione delle indennità spettanti agli organismi. 2.6. Il regime tributario della mediazione, il credito d’imposta ed il regime fiscale dei corsi di formazione per mediatore.

33 38 41 48 52 56

2.1. La mediazione in Italia come prevista nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28. 2.2. Il procedimento di mediazione. 2.3. La meta - conciliazione amministrata. 2.4. L’obbligatorietà del tentativo di mediazione. 2.5. I criteri di determinazione delle indennità spettanti agli organismi. 2.6. Il regime tributario della mediazione, il credito d’imposta ed il regime fiscale dei corsi di formazione per mediatore.

3 6 10 15 23 29

33 38 41 48 52 56


Diego Buonocore

Diego Buonocore

Parte II IL DIRITTO DI INFORMAZIONE

Parte II IL DIRITTO DI INFORMAZIONE

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO PRIMO

La libertà di informazione e i suoi limiti

La libertà di informazione e i suoi limiti

1.1. La libertà di informazione. 1.2. Il “decalogo” del giornalista. 1.3 La “verità dei fatti”. 1.4. La “continenza” della esposizione dei fatti. 1.5. L’interesse pubblico: la c.d. “pertinenza” della notizia . 1.6. Il diritto “all’oblio”. 1.7. Il diritto di critica. 1.8. a) la critica in ambito giudiziario. 1.9. b) la critica politica e sindacale. 1.10. Le critiche “di genere” sessuale. 1.11. Le interviste diffamatorie. 1.12. Il diritto di satira.

65 66 67 70 73 75 76 79 81 84 84 88

1.1. La libertà di informazione. 1.2. Il “decalogo” del giornalista. 1.3 La “verità dei fatti”. 1.4. La “continenza” della esposizione dei fatti. 1.5. L’interesse pubblico: la c.d. “pertinenza” della notizia . 1.6. Il diritto “all’oblio”. 1.7. Il diritto di critica. 1.8. a) la critica in ambito giudiziario. 1.9. b) la critica politica e sindacale. 1.10. Le critiche “di genere” sessuale. 1.11. Le interviste diffamatorie. 1.12. Il diritto di satira.

65 66 67 70 73 75 76 79 81 84 84 88

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

Il giornalista, la deontologia e il diritto all’onore e alla reputazione

Il giornalista, la deontologia e il diritto all’onore e alla reputazione

2.1. Il “dover essere” della professione giornalistica. 2.2. La storia dell’albo professionale dei giornalisti. 2.3. l’art. 2 della legge n.69 del 1963. 2.4. Le sanzioni disciplinari e i rapporti con il procedimento penale e con la procedura di mediazione. 2.5. Le “carte” deontologiche. 2.6. La tutela della personalità nelle carte deontologiche. 2.7. Il procedimento disciplinare dinanzi all’Ordine dei giornalisti. 2.8. Tutela dei diritti della personalità e giurisprudenza dell’Ordine dei giornalisti. II

91 92 93 94 96 97 99 101

2.1. Il “dover essere” della professione giornalistica. 2.2. La storia dell’albo professionale dei giornalisti. 2.3. l’art. 2 della legge n.69 del 1963. 2.4. Le sanzioni disciplinari e i rapporti con il procedimento penale e con la procedura di mediazione. 2.5. Le “carte” deontologiche. 2.6. La tutela della personalità nelle carte deontologiche. 2.7. Il procedimento disciplinare dinanzi all’Ordine dei giornalisti. 2.8. Tutela dei diritti della personalità e giurisprudenza dell’Ordine dei giornalisti. II

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Parte III LA TUTELA DEL DIRITTO ALL’ONORE E ALLA REPUTAZIONE

Parte III LA TUTELA DEL DIRITTO ALL’ONORE E ALLA REPUTAZIONE

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO PRIMO

La tutela in sede civile dell’onore e della reputazione

La tutela in sede civile dell’onore e della reputazione

1.1. La tutela civilistica dell’onore e della reputazione. 1.2. Il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione all’onore e alla reputazione. 1.3. Cenni: azione per illecito extracontrattuale, querela, procedimento di mediazione: problemi di determinazione della competenza territoriale. 1.4. Altri mezzi di riparazione alla lesione dell’onore e della reputazione: la rettifica. 1.5. a) La rettifica di una notizia diffusa a mezzo stampa oppure attraverso il mezzo radiotelevisivo. 1.6. b) Modalità della rettifica.

111 112

114 119 120 121

1.1. La tutela civilistica dell’onore e della reputazione. 1.2. Il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione all’onore e alla reputazione. 1.3. Cenni: azione per illecito extracontrattuale, querela, procedimento di mediazione: problemi di determinazione della competenza territoriale. 1.4. Altri mezzi di riparazione alla lesione dell’onore e della reputazione: la rettifica. 1.5. a) La rettifica di una notizia diffusa a mezzo stampa oppure attraverso il mezzo radiotelevisivo. 1.6. b) Modalità della rettifica.

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

La “responsabilità aggravata” per le azioni pretestuose.

La “responsabilità aggravata” per le azioni pretestuose.

2.1. La “responsabilità aggravata” per le azioni pretestuose. 2.2. Il carattere sanzionatorio della “responsabilità aggravata”. 2.3. Le pronunce della giurisprudenza. 2.4. Criteri sui quali commisurare il risarcimento. 2.5. Il riconoscimento della “temerarietà” è più difficile nel giudizio penale.

III

125 126 128 129 130

2.1. La “responsabilità aggravata” per le azioni pretestuose. 2.2. Il carattere sanzionatorio della “responsabilità aggravata”. 2.3. Le pronunce della giurisprudenza. 2.4. Criteri sui quali commisurare il risarcimento. 2.5. Il riconoscimento della “temerarietà” è più difficile nel giudizio penale.

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Parte IV LA DIFFAMAZIONE IN INTERNET

Parte IV LA DIFFAMAZIONE IN INTERNET

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO PRIMO

La diffamazione e i mezzi di comunicazione elettronica

La diffamazione e i mezzi di comunicazione elettronica

1.1. La tutela dell’onore e della reputazione e i mezzi di comunicazione elettronica. 1.2. La disciplina applicabile alla diffamazione “on line”. 1.3. La rivista telematica e l’obbligo di registrazione della testata.

135 136 137

1.1. La tutela dell’onore e della reputazione e i mezzi di comunicazione elettronica. 1.2. La disciplina applicabile alla diffamazione “on line”. 1.3. La rivista telematica e l’obbligo di registrazione della testata.

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CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO SECONDO

La diffamazione “on line”: recenti orientamenti giurisprudenziali

La diffamazione “on line”: recenti orientamenti giurisprudenziali

2.1. Tutela del diritto all’onore e alla reputazione e mezzi di comunicazione informatici: recenti orientamenti giurisprudenziali. a). Il direttore di un giornale “on line” non risponde di diffamazione. 2.2. b) Il sito registrato all’estero non “dribbla” la diffamazione 2.3. c) E’ possibile il sequestro preventivo dell’articolo pubblicato sul blog. 2.4. d) Anche “google suggest” può fornire risposte diffamatorie e può quindi essere condannato. 2.5. e) I giornalisti che usano informazioni tratte dai social network non sono esclusi dall’obbligo di verifica (pronuncia del Garante della privacy).

IV

141 142 143 144

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2.1. Tutela del diritto all’onore e alla reputazione e mezzi di comunicazione informatici: recenti orientamenti giurisprudenziali. a). Il direttore di un giornale “on line” non risponde di diffamazione. 2.2. b) Il sito registrato all’estero non “dribbla” la diffamazione 2.3. c) E’ possibile il sequestro preventivo dell’articolo pubblicato sul blog. 2.4. d) Anche “google suggest” può fornire risposte diffamatorie e può quindi essere condannato. 2.5. e) I giornalisti che usano informazioni tratte dai social network non sono esclusi dall’obbligo di verifica (pronuncia del Garante della privacy).

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Michele Gorga

Michele Gorga

Parte I

Parte I

LO STATO DELLA GIUSTIZIA E LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE

LO STATO DELLA GIUSTIZIA E LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE


1

1 Lo stato della giustizia in Italia e le scelte strategiche necessarie

SO 1.1. Le modiďŹ che introdotte con il D.M. n. 145 del 6 luglio

M2011 al D.M. n. 180 del 4 novembre 2010. - 1.2. Lo MA RIO giustizia civile. - 1.3. Le politiche dell’innovazione

stato della in campo giudiziario. - 1.4. Informatica e processo. - 1.5. Il riconoscimento dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie. - 1.6. Cenni sulla direttiva 2008/52/CE.

Lo stato della giustizia in Italia e le scelte strategiche necessarie SO 1.1. Le modiďŹ che introdotte con il D.M. n. 145 del 6 luglio

M2011 al D.M. n. 180 del 4 novembre 2010. - 1.2. Lo MA RIO giustizia civile. - 1.3. Le politiche dell’innovazione

stato della in campo giudiziario. - 1.4. Informatica e processo. - 1.5. Il riconoscimento dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie. - 1.6. Cenni sulla direttiva 2008/52/CE.


1.1. Le modifiche introdotte con il D.M. n. 145 del 6 luglio 2011 al D.M. n. 180 del 4 noembre 2010.

1.1. Le modifiche introdotte con il D.M. n. 145 del 6 luglio 2011 al D.M. n. 180 del 4 noembre 2010.

Con il D.M. n. 145 del 06/07/2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26/08/201, in vigore dal 27/08/20111 , il Ministero della Giustizia ha varato un nuovo regolamento che modifica, significativamente, alcune parti del decreto Ministeriale n. 180 del 4 novembre 2010, che sulla base della previsione fatta dall’art.16 del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, disciplina i criteri e le modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonchè sull'approvazione delle indennità spettanti agli organismi per il servizio di media-conciliazione. Con la novella regolamentare è stato modificato l’art. 4 del regolamento n.180 del 2010, norma, si ricorda, che disciplina l’iscrizione a domanda degli organismi di mediazione e che prevede al comma 2, una serie di parametri amministrativi ed economici e, al comma 3, una verifica di tipo “aggiuntivo” sui requisiti di qualificazione dei mediatori. Tale norma demanda al responsabile del procedimento il controllo per l’iscrizione dei mediatori ma non gli dà, però, parametri per la verifica delle competenze giuridiche oggettivamente richieste dall’attività di mediazione, quest’ultime non rintracciabili nella specifica professionalità individuata, in decreto, nel possesso di “un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale” ovvero, in alternativa, nell’iscrizione “ad un ordine o collegio professionale”. Previsioni alle quali nulla ha aggiunto il decreto in sede dell’ulteriore precisazione della necessità, per i mediatori, della“specifica formazione e … uno specifico aggiornamento almeno biennale”.

Con il D.M. n. 145 del 06/07/2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26/08/201, in vigore dal 27/08/20111 , il Ministero della Giustizia ha varato un nuovo regolamento che modifica, significativamente, alcune parti del decreto Ministeriale n. 180 del 4 novembre 2010, che sulla base della previsione fatta dall’art.16 del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, disciplina i criteri e le modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonchè sull'approvazione delle indennità spettanti agli organismi per il servizio di media-conciliazione. Con la novella regolamentare è stato modificato l’art. 4 del regolamento n.180 del 2010, norma, si ricorda, che disciplina l’iscrizione a domanda degli organismi di mediazione e che prevede al comma 2, una serie di parametri amministrativi ed economici e, al comma 3, una verifica di tipo “aggiuntivo” sui requisiti di qualificazione dei mediatori. Tale norma demanda al responsabile del procedimento il controllo per l’iscrizione dei mediatori ma non gli dà, però, parametri per la verifica delle competenze giuridiche oggettivamente richieste dall’attività di mediazione, quest’ultime non rintracciabili nella specifica professionalità individuata, in decreto, nel possesso di “un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale” ovvero, in alternativa, nell’iscrizione “ad un ordine o collegio professionale”. Previsioni alle quali nulla ha aggiunto il decreto in sede dell’ulteriore precisazione della necessità, per i mediatori, della“specifica formazione e … uno specifico aggiornamento almeno biennale”.

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Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 197 del 25 agosto 2011, in vigore dal 26 Agosto 2011, il decreto ministeriale 6 luglio 2011 numero 145 “Regolamento recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonchè sull’approazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislatio n. 28 del 2010″. 3

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 197 del 25 agosto 2011, in vigore dal 26 Agosto 2011, il decreto ministeriale 6 luglio 2011 numero 145 “Regolamento recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonchè sull’approazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislatio n. 28 del 2010″. 3


uest’ultima previsione pare riferirsi ad una “generica” formazione culturale priva di agganci alla necessaria presupposta qualificazione di tipo giuridico e processuale. uesti aspetti critici del decreto hanno trovato riscontro nell’ordinanza sull’incidente di costituzionalità, sollevata dinanzi al giudice delle leggi da parte del TAR del Lazio, costringendo così di fatto il Ministero della Giustizia all’intervento in sede di modifica regolamentari innanzi tutto specializzando in modo significativo la figura del mediatore in ordine ai requisiti di qualificazione che lo stesso deve possedere. E’ stato previsto, infatti, con il decreto di modifica non solo l’obbligo del possesso di una specifica formazione nelle “materie” per le quali è chiamato a svolgere la sua opera, ma anche dello specifico aggiornamento, almeno biennale, da acquisirsi comunque presso gli enti di formazione, da intendersi solo quelli accreditati in sede Ministeriale per la stessa formazione dei mediatori, nonchè la sua partecipazione, nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito gratuito, e quindi di formazione pratica, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso gli organismi iscritti per il servizio di mediazione, in capo ai quali è stato posto l’obbligo di consentirli, gratuitamente e disciplinarli nel proprio regolamento. In questa prospettiva deve anche essere letto, quindi, il radicale ribaltamento dei criteri di nomina, da prevedere sempre nel regolamento, da parte del responsabile dell’organismo di mediazione, secondo criteri, questa volta, inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione, criteri che non solo devono essere predeterminati ma anche rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta. E proprio sulla formazione di base del mediatore sono state così recepite, in sede regolamentare, molte delle censure sollevate in ordine alla professionalità del mediatore. Ancora in contrapposizione “all’eversiva” proposta da parte di alcuni Consigli degli Ordini forensi e soprattutto da parte dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA),volte a vanificare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, con il decreto 145/2011 si è stabilito che il mediatore svolge l'incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione, e la segreteria dell'organismo può rilasciare attestato di conclusione del procedimento solo all'esito del verbale di man-

uest’ultima previsione pare riferirsi ad una “generica” formazione culturale priva di agganci alla necessaria presupposta qualificazione di tipo giuridico e processuale. uesti aspetti critici del decreto hanno trovato riscontro nell’ordinanza sull’incidente di costituzionalità, sollevata dinanzi al giudice delle leggi da parte del TAR del Lazio, costringendo così di fatto il Ministero della Giustizia all’intervento in sede di modifica regolamentari innanzi tutto specializzando in modo significativo la figura del mediatore in ordine ai requisiti di qualificazione che lo stesso deve possedere. E’ stato previsto, infatti, con il decreto di modifica non solo l’obbligo del possesso di una specifica formazione nelle “materie” per le quali è chiamato a svolgere la sua opera, ma anche dello specifico aggiornamento, almeno biennale, da acquisirsi comunque presso gli enti di formazione, da intendersi solo quelli accreditati in sede Ministeriale per la stessa formazione dei mediatori, nonchè la sua partecipazione, nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito gratuito, e quindi di formazione pratica, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso gli organismi iscritti per il servizio di mediazione, in capo ai quali è stato posto l’obbligo di consentirli, gratuitamente e disciplinarli nel proprio regolamento. In questa prospettiva deve anche essere letto, quindi, il radicale ribaltamento dei criteri di nomina, da prevedere sempre nel regolamento, da parte del responsabile dell’organismo di mediazione, secondo criteri, questa volta, inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione, criteri che non solo devono essere predeterminati ma anche rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta. E proprio sulla formazione di base del mediatore sono state così recepite, in sede regolamentare, molte delle censure sollevate in ordine alla professionalità del mediatore. Ancora in contrapposizione “all’eversiva” proposta da parte di alcuni Consigli degli Ordini forensi e soprattutto da parte dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA),volte a vanificare l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, con il decreto 145/2011 si è stabilito che il mediatore svolge l'incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione, e la segreteria dell'organismo può rilasciare attestato di conclusione del procedimento solo all'esito del verbale di man-

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cata partecipazione della medesima parte chiamata e mancato accordo sempre e solo formato dal mediatore designato per la mediazione. Il nuovo decreto risolve poi alcune criticità della disciplina delle indennità contenendo i costi nelle ipotesi di mediazione obbligatoria e contumaciale. E’ previsto ora, dopo le modifiche introdotte all’ art.16 del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180,– che disciplina in materia di criteri di determinazione dell'indennità che comprendono sia le spese di avvio del procedimento che le spese di mediazione – che nelle materie di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo - controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e fi nanziari -, l'importo massimo delle spese di mediazione per ciascun scaglione di riferimento, come determinato dalla tabella a) deve essere aumentato in misura non superiore a un quarto in caso di successo della mediazione deve essere ridotto di un terzo per i primi sei scaglioni, e della metà per i restanti, salva la riduzione prevista dalla lettera e), ridotto a 40 e 50 euro quando il chiamato è contumace fatta salva l’ipotesi in cui il mediatore formuli la proposta che l’aumenta di 1/5-, e non si applica alcun altro aumento tra quelli previsti salvo l’aumento di ¼ in caso di successo della mediazione.

cata partecipazione della medesima parte chiamata e mancato accordo sempre e solo formato dal mediatore designato per la mediazione. Il nuovo decreto risolve poi alcune criticità della disciplina delle indennità contenendo i costi nelle ipotesi di mediazione obbligatoria e contumaciale. E’ previsto ora, dopo le modifiche introdotte all’ art.16 del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180,– che disciplina in materia di criteri di determinazione dell'indennità che comprendono sia le spese di avvio del procedimento che le spese di mediazione – che nelle materie di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo - controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e fi nanziari -, l'importo massimo delle spese di mediazione per ciascun scaglione di riferimento, come determinato dalla tabella a) deve essere aumentato in misura non superiore a un quarto in caso di successo della mediazione deve essere ridotto di un terzo per i primi sei scaglioni, e della metà per i restanti, salva la riduzione prevista dalla lettera e), ridotto a 40 e 50 euro quando il chiamato è contumace fatta salva l’ipotesi in cui il mediatore formuli la proposta che l’aumenta di 1/5-, e non si applica alcun altro aumento tra quelli previsti salvo l’aumento di ¼ in caso di successo della mediazione.

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1.2. Lo stato della giustizia civile.

1.2. Lo stato della giustizia civile.

La sistematica avversione dell’avvocatura alla mediazione, sembra prescindere dalla consapevolezza di quel’è l’attuale crisi in cui versa la giustizia civile in Italia che da almeno due decenni è oggetto di continue analisi giornalistiche e sociologiche, volte alla valutazione delle conseguenze negative che tale paralisi ha sul sistema economico del paese.2 A questo stato di cose il legislatore ha tentato di porre rimedio, da un lato, con l’introduzione dei riti alternativi quali l’arbitrato, la mediazione finalizzata alla conciliazione, o alle poche garantistiche forme di riscossione coattiva - e, dall’altro, lo stesso legislatore è intervenuto a piene mani, con la modifica del rito tanto che allo stato attuale unanime è la richiesta per l’unificazione, a poche fattispecie dei modi per affrontare una causa. Il solo processo ordinario di cognizione oggi conta ben quattro riti ai quali sono da aggiungersi quelli speciali per un totale di circa trenta modi diversi per affrontare una causa civile. Tutto ciò sottacendo delle altre ri-

La sistematica avversione dell’avvocatura alla mediazione, sembra prescindere dalla consapevolezza di quel’è l’attuale crisi in cui versa la giustizia civile in Italia che da almeno due decenni è oggetto di continue analisi giornalistiche e sociologiche, volte alla valutazione delle conseguenze negative che tale paralisi ha sul sistema economico del paese.2 A questo stato di cose il legislatore ha tentato di porre rimedio, da un lato, con l’introduzione dei riti alternativi quali l’arbitrato, la mediazione finalizzata alla conciliazione, o alle poche garantistiche forme di riscossione coattiva - e, dall’altro, lo stesso legislatore è intervenuto a piene mani, con la modifica del rito tanto che allo stato attuale unanime è la richiesta per l’unificazione, a poche fattispecie dei modi per affrontare una causa. Il solo processo ordinario di cognizione oggi conta ben quattro riti ai quali sono da aggiungersi quelli speciali per un totale di circa trenta modi diversi per affrontare una causa civile. Tutto ciò sottacendo delle altre ri-

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La relazione di apertura dell’anno giudiziario 2010 ha rappresentato una situazione allarmante per la giustizia civile italiana: 977 giorni per una causa civile di cognizione ordinaria di primo grado davanti ai tribunali; 837 giorni per le cause di previdenza; 628 giorni per le cause di lavoro non pubblico; 740 giorni per il lavoro pubblico; 270 giorni per i procedimenti esecutivi mobiliari; 1.213 giorni per i procedimenti esecutivi immobiliari. Esistono poi delle differenze quantitative e di composizione della domanda di giustizia tra Nord, Centro e Sud che disegnano un profilo di litigiosità del Sud non solo quantitativamente superiore ma anche sistematico per tutti i tipi di controversia analizzati. Siamo passati da 10 milioni di fascicoli, depositati nelle cancellerie di corti e tribunali italiani, a circa 11 milioni di fascicoli con una media di un cittadino su cinque in attesa di giudizio. Più della metà riguarda cause civili, che insieme a quelle di lavoro, superano quota 5 milioni e mezzo (incremento del 6% rispetto al 2009). Il confronto di questi dati in campo internazionale ci viene offerto dalla Banca Mondiale che ha elaborato una classifica attraverso il Rapporto Doing Business per il 2010. Per completare una procedura di recupero crediti sono necessari: 1.210 giorni in Italia; 515 giorni in Spagna; 406 giorni in Cina; 399 giorni in Inghilterra; 394 giorni in Germania; 331 giorni in Francia; 300 giorni in USA. I ritardi sono poi destinati ad aumentare perché nel confronto con paesi omogenei per dimensioni, livello di sviluppo economico e caratteristiche dei sistemi legali, l’Italia ha un tasso di litigiosità maggiore. Secondo i dati del Rapporto Cepej 2009, i conflitti sono tre volte e mezzo quelli della Germania e 2 volte e mezzo quelli di Francia e Spagna. 6

La relazione di apertura dell’anno giudiziario 2010 ha rappresentato una situazione allarmante per la giustizia civile italiana: 977 giorni per una causa civile di cognizione ordinaria di primo grado davanti ai tribunali; 837 giorni per le cause di previdenza; 628 giorni per le cause di lavoro non pubblico; 740 giorni per il lavoro pubblico; 270 giorni per i procedimenti esecutivi mobiliari; 1.213 giorni per i procedimenti esecutivi immobiliari. Esistono poi delle differenze quantitative e di composizione della domanda di giustizia tra Nord, Centro e Sud che disegnano un profilo di litigiosità del Sud non solo quantitativamente superiore ma anche sistematico per tutti i tipi di controversia analizzati. Siamo passati da 10 milioni di fascicoli, depositati nelle cancellerie di corti e tribunali italiani, a circa 11 milioni di fascicoli con una media di un cittadino su cinque in attesa di giudizio. Più della metà riguarda cause civili, che insieme a quelle di lavoro, superano quota 5 milioni e mezzo (incremento del 6% rispetto al 2009). Il confronto di questi dati in campo internazionale ci viene offerto dalla Banca Mondiale che ha elaborato una classifica attraverso il Rapporto Doing Business per il 2010. Per completare una procedura di recupero crediti sono necessari: 1.210 giorni in Italia; 515 giorni in Spagna; 406 giorni in Cina; 399 giorni in Inghilterra; 394 giorni in Germania; 331 giorni in Francia; 300 giorni in USA. I ritardi sono poi destinati ad aumentare perché nel confronto con paesi omogenei per dimensioni, livello di sviluppo economico e caratteristiche dei sistemi legali, l’Italia ha un tasso di litigiosità maggiore. Secondo i dati del Rapporto Cepej 2009, i conflitti sono tre volte e mezzo quelli della Germania e 2 volte e mezzo quelli di Francia e Spagna. 6


forme processuali quali ad esempio in materia di esecuzioni mobiliari, o la riforma del giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Da qui nasce l’esigenza di una ricostruzione di tutto il modo di pensare alla giustizia civile, ricostruzione di cui, oggi, si sente l’assoluta necessità quando si deve purtroppo prendere atto - come si è costretti a fare - che la Giustizia, di cui il diritto costituisce il supporto, è in crisi profonda con tutta una serie di conseguenze negative di carattere sociale, economico e politico. Basti pensare all’intollerabile lungaggine dei processi, specie nelle aree meno infrastrutturate e di maggiore malessere economico del paese, con la conseguenza di fatto di un vero e proprio diniego di Giustizia, di ritardi e lentezze che non sono state affatto recuperate con la semplicistica soppressione delle garanzie per il cittadino, come è stato fatto con la sostituzione del giudice collegiale con quello monocratico che, invero, ha eliminato il contraddittorio tra i giudici decidenti in camera di consiglio che era l’elemento che distingueva l’attività giudiziaria da quella amministrativa come garanzia dell’imparzialità dei giudizi. uesto stato di cose è poi oggi sempre più aggravato dal fatto che la stessa legislazione concorre a porre in crisi il sistema nel suo complesso, anche attraverso la soppressione di elementari garanzie per la generalità dei consociati, come avviene per innumerevoli fondamentali compiti di benessere a cui è tenuta la P.A., o fondamentali servizi pubblici, o di mancanza di ogni tutela giurisdizionale dinanzi alle pretese tributaria e fi scale di un’amministrazione fi nanziaria sorda alle giuste istanze dei cittadini, basti pensare in merito all’attuale ibrida disciplina della formazione dei ruoli esattoriali. uesto stato di cose ha reso, nel tempo, sempre più determinate l’interpretazione della legge da parte dei giudici in funzione correttiva e integrativa, e quindi, sempre più decisiva la loro attività di ermeneutica inevitabilmente anche di scelta politica finendo, così, per modificarli geneticamente giacché gli stessi giudici non sono più soggetti alla legge, come il 2° comma dell’art 101 della nostra Costituzione prescrive, ma sono al di sopra della legge dovendola spesso completare, modificare o addirittura integrare per renderne più razionale l’applicazione.

forme processuali quali ad esempio in materia di esecuzioni mobiliari, o la riforma del giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Da qui nasce l’esigenza di una ricostruzione di tutto il modo di pensare alla giustizia civile, ricostruzione di cui, oggi, si sente l’assoluta necessità quando si deve purtroppo prendere atto - come si è costretti a fare - che la Giustizia, di cui il diritto costituisce il supporto, è in crisi profonda con tutta una serie di conseguenze negative di carattere sociale, economico e politico. Basti pensare all’intollerabile lungaggine dei processi, specie nelle aree meno infrastrutturate e di maggiore malessere economico del paese, con la conseguenza di fatto di un vero e proprio diniego di Giustizia, di ritardi e lentezze che non sono state affatto recuperate con la semplicistica soppressione delle garanzie per il cittadino, come è stato fatto con la sostituzione del giudice collegiale con quello monocratico che, invero, ha eliminato il contraddittorio tra i giudici decidenti in camera di consiglio che era l’elemento che distingueva l’attività giudiziaria da quella amministrativa come garanzia dell’imparzialità dei giudizi. uesto stato di cose è poi oggi sempre più aggravato dal fatto che la stessa legislazione concorre a porre in crisi il sistema nel suo complesso, anche attraverso la soppressione di elementari garanzie per la generalità dei consociati, come avviene per innumerevoli fondamentali compiti di benessere a cui è tenuta la P.A., o fondamentali servizi pubblici, o di mancanza di ogni tutela giurisdizionale dinanzi alle pretese tributaria e fi scale di un’amministrazione fi nanziaria sorda alle giuste istanze dei cittadini, basti pensare in merito all’attuale ibrida disciplina della formazione dei ruoli esattoriali. uesto stato di cose ha reso, nel tempo, sempre più determinate l’interpretazione della legge da parte dei giudici in funzione correttiva e integrativa, e quindi, sempre più decisiva la loro attività di ermeneutica inevitabilmente anche di scelta politica finendo, così, per modificarli geneticamente giacché gli stessi giudici non sono più soggetti alla legge, come il 2° comma dell’art 101 della nostra Costituzione prescrive, ma sono al di sopra della legge dovendola spesso completare, modificare o addirittura integrare per renderne più razionale l’applicazione.

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A questo stato di crisi del processo si è tentato di far fronte mediante il ricorso a una generalità di soluzioni, tra queste anche l’informatica. Ma l’uso dell’informatica da parte del giurista, sebbene oggi sia abbastanza diffuso nell’ambiente forense, raramente è accompagnato da nozioni tecnico-scientifiche che dovrebbero essere possedute da chiunque voglia farne un uso consapevole. uesta cultura sostanziale oggi ancora manca e non solo perché esistono pochissimi corsi universitari della disciplina, ma soprattutto perché è assente una seria programmazione didattica universitaria, sulla propedeuticità dell’insegnamento disciplinare specifico, non potendosi ritenere che vi possano sopperire gli scarni moduli didattici delle Scuole di Specializzazione delle Professioni Legali e gli asfittici moduli sul processo civile telematico. Così come inammissibile è l’assenza dell’obbligatorietà della formazione continua specialistica per l’avvocatura sulla disciplina.3 Il processo telematico nell’attuale esperienze storica, alla luce di queste considerazioni strategiche di fondo versa perciò in reali difficoltà, nonostante che con lo stesso oggi si miri al raggiungimento di obiettivi molto limitati, riassumibili nella duplice, ma diversa, possibilità di usare l’informatica nel diritto in una applicazione immediata che possiamo chiamare di “automazione formale”. uest’ultima più superficiale, consistente nel far svolgere talune operazioni di rilievo giuridico attraverso il computer al fi ne precipuo di guadagnare in termini di tempo e di comodità (come, ad esempio, nel caso in cui si ricorra alla telematica per eseguire le notifiche), o nel liberare le cancellerie dal lavoro sul fascicolo per abbattere i tempi del c.d. “attraversamento”. Altra cosa, invece, da divenire in tempi non immediati, è il suo utilizzo come “automazione sostanziale” ben più rivoluzionaria, per ripensare, in occasione dell’uso del computer e valorizzando tutte le sue caratteristiche e notevoli potenzialità, tutto il “modus operandi” prescritto dalle leggi per rico-

A questo stato di crisi del processo si è tentato di far fronte mediante il ricorso a una generalità di soluzioni, tra queste anche l’informatica. Ma l’uso dell’informatica da parte del giurista, sebbene oggi sia abbastanza diffuso nell’ambiente forense, raramente è accompagnato da nozioni tecnico-scientifiche che dovrebbero essere possedute da chiunque voglia farne un uso consapevole. uesta cultura sostanziale oggi ancora manca e non solo perché esistono pochissimi corsi universitari della disciplina, ma soprattutto perché è assente una seria programmazione didattica universitaria, sulla propedeuticità dell’insegnamento disciplinare specifico, non potendosi ritenere che vi possano sopperire gli scarni moduli didattici delle Scuole di Specializzazione delle Professioni Legali e gli asfittici moduli sul processo civile telematico. Così come inammissibile è l’assenza dell’obbligatorietà della formazione continua specialistica per l’avvocatura sulla disciplina.3 Il processo telematico nell’attuale esperienze storica, alla luce di queste considerazioni strategiche di fondo versa perciò in reali difficoltà, nonostante che con lo stesso oggi si miri al raggiungimento di obiettivi molto limitati, riassumibili nella duplice, ma diversa, possibilità di usare l’informatica nel diritto in una applicazione immediata che possiamo chiamare di “automazione formale”. uest’ultima più superficiale, consistente nel far svolgere talune operazioni di rilievo giuridico attraverso il computer al fi ne precipuo di guadagnare in termini di tempo e di comodità (come, ad esempio, nel caso in cui si ricorra alla telematica per eseguire le notifiche), o nel liberare le cancellerie dal lavoro sul fascicolo per abbattere i tempi del c.d. “attraversamento”. Altra cosa, invece, da divenire in tempi non immediati, è il suo utilizzo come “automazione sostanziale” ben più rivoluzionaria, per ripensare, in occasione dell’uso del computer e valorizzando tutte le sue caratteristiche e notevoli potenzialità, tutto il “modus operandi” prescritto dalle leggi per rico-

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GORGA M., la formazione professionale dell’avvocatura anche sulla luce delle discipline più recenti in Riv. amministrativa. Repertorio Italiano, 2009, 499 ss. 8

GORGA M., la formazione professionale dell’avvocatura anche sulla luce delle discipline più recenti in Riv. amministrativa. Repertorio Italiano, 2009, 499 ss. 8


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