Terre di mezzo n.157

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0 , 9 5 E U R O D E L P R E Z Z O D I Q U E S T O G I O R N A L E R E S TA N O A L V E N D I T O R E E U R O 2 , 1 0

NUMERO 157 DICEMBRE 2008 Poste Italiane Spa. Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1 comma1, DCB Piacenza

o m i ult ero! num

DA NON PERDERE

Quello che avete tra le mani è l’ultimo numero di questo giornale. Terre di mezzo muore, per rinascere. E in attesa delle novità vi regaliamo 14 anni della nostra storia.


Concorso: ecco i vincitori!

IL PERCHÉ DEL NOME Il nome del giornale l’abbiamo scelto avendo in mente quei luoghi desolati, eppure talvolta splendidi, che dividono due nazioni, due modi di essere, due culture.

ALTRECONOMIA RISPARMIATORI ETICI

1° classificato: Shu di Marta Pastorino 2° classificato: Lidrolitina di Cristiana Pivari

Terre di mezzo. Terre di nessuno. Le attraversi veloce, dopo aver varcato un confine. Ti senti un poco straniero. Nessuno si ferma.

3° classificato: Labbra rosse scarlatte di Silvia Aizza

Ce ne sono tante di queste “terre di mezzo” nella vita, frontiere invalicate, luoghi ed esperienze attraversati in fretta, senza quasi alzare lo sguardo; spazi dove l’altro non solo è uno straniero ma forse anche un nemico.

5° classificato: Il cuore piccolo di Lorenzo di Massimo Franco Maso

4° classificato: Giganti di Andrea Paolo Massara

Incominciare ad abitare le terre di mezzo, e farle ridiventare terre di tutti. È il nostro augurio.

N. 157 DICEMBRE 2008

COPERTINA: Andrea Rosciano

REDAZIONE Andrea Rottini e Dario Paladini e-mail: redazione@terre.it

E tutti gli altri finalisti in ordine sparso: Serena Gobbo Migotto, Viola Ardone, Enrico Miceli, Giovanni Pacini, Diletta Sereni, Michi Cena, Angela Ferrari, Alice Rohrwacher, Claudio Gatti, Luigi Tuveri, Andrea Salvatori, Marco Caudullo, Michele Ortore, Luigi Salerno, Gianluca Marini.

Racconti di periferia: ce ne sono arrivati ben 52! Grazie agli autori che hanno partecipato al primo appuntamento dei “Racconti di Terre”, in collaborazione con la Scuola Holden. Il prescelto è Dark0, con il suo “Via Arquata”, che verrà pubblicato sul primo numero del nuovo Terre. Il prossimo tema è Nomadi, stanziali: mandateci i vostri lavori a raccontiditerre@gmail.com (5.400 battute da inviare entro il 20 dicembre).

I cittadini chiedono che i loro soldi siano non solo tutelati, ma anche investiti e utilizzati nel rispetto degli altri e dell’ambiente, e fuori dai meccanismi della speculazione. Questo manuale risponde ad alcuni semplici domande: come scegliere la banca nella quale aprire un conto? A chi chiedere denaro in prestito per realizzare i propri progetti (la casa, l’impresa)? A chi rivolgersi per investire i propri risparmi senza rischiare di essere complici di sfruttamento, commercio di armi e devastazione ambientale? Con 11 schede di analisi di istituti bancari, 14 schede su progetti di microcredito e 12 di realtà di finanza etica. Marco Gallicani Manuale del risparmiatore etico e solidale. Un’altra finanza per investire e risparmiare i propri soldi nel rispetto delle persone e dell’ambiente Costo 3 euro.

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DIRETTORE RESPONSABILE Elena Parasiliti e-mail: direttore@terre.it HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Antonella Carnicelli, Ilaria Sesana, Francesco Abiuso, Carola Fumagalli, Rosy Iaione, Davide De Luca, Ilaria Tavasci e i volontari di Insieme nelle Terre di mezzo onlus, il gruppo Terre di mezzo eventi e i colleghi della redazione libri, l’amministrazione, il magazzino, la redazione di Altreconomia e l’Agenzia Redattore sociale UN GRAZIE AI COLLEGHI CHE CI HANNO REGALATO I SERVIZI DI QUESTO NUMERO Massimo Acanfora, Umberto Di Maria, Leonardo Giammarioli, Carlo Giorgi, Miriam Giovanzana, Carlo Gubitosa, Francesca Sala, Valerio M.Visintin

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* Vi raccontiamo il progetto nelle pagine centrali

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ue foto, una firma e un pezzo di plastica. Anche i barboni hanno la carta di credito. Gli serve per mangiare, una volta al giorno, alle mense dei poveri. Se non siete mai entrati in una mensa dei poveri -e magari non immaginate neppure che esistano più- questo giornale è fatto per voi. Se non sapete i volti che qui si incontrano -volti di barboni, certo, di un’umanità dispersa e fuori di cotenna, ma anche volti di uomini e donne con storie comuni, soltanto, con le tasche vuote- ecco, se non sapete cosa voglia dire inventarsi tutti i giorni una vita senza un approdo sicuro (che sia casa, lavoro o famiglia), questo può essere un punto di partenza.

tutti, e però invisibile ai più. Come si mangia alla mensa dei poveri? Come funziona un dormitorio pubblico? Perché accanto ai barboni ci sono tanti con la giacca e la cravatta? E le donne? Da dove vengono. Chi sono. E ancora: come si vive in un carcere, con quali ritmi, sognando che cosa. Tutte domande alle quali cercare di dare una risposta. Perché siamo convinti che conoscere certe situazioni abbassa la soglia della diffidenza e della paura. E aiuta a capire. È un modo di fare informazione che ci piace.

Questo che state leggendo è un giornale di strada. Chi ve l’ha venduto spera di trarre da qui le risorse per vivere. Se gli date una mano forse ce la farà. Noi invece giochiamo una scommessa: rimettere in circolo le notizie che riguardano chi sulla strada vive, sotto gli occhi di

A proposito: per chi volesse sapere “chi c’è dietro”. Un gruppo di giovani con la voglia di scrivere quello che accade tutti i giorni nella vita della gente comune. Convinti che, a lavorarci un po’, qui ci siano cose più interessanti, da scoprire e da raccontare, che non nel tormentone di CarloDiana e la “cavalla rossa”. Se siete d’accordo, fatecelo sapere: cercate il prossimo numero. Perché da domani, alla domanda “chi c’è dietro”, vorremmo si potesse rispondere: “tutti noi”.

Miriam Giovanzana

P

er amore, si rischia. Anche di perdere. Le delusioni di cuore questa volta non c’entrano. A farci trepidare, ve lo confesso, è il nostro lavoro. Il nuovo Terre di mezzo street magazine è una scommessa. Prima di tutto per noi. Abbiamo puntato: almeno 2mila nuovi lettori (8mila entro l’estate!), pronti a credere in un nuovo progetto editoriale. Altrimenti, il giornale non esce e noi ce ne andiamo tutti a casa. Sul tavolo mettiamo una testata “piccola, ma storica”, una decina di venditori (anche loro storici), che si ostinano per affetto ad avere il nostro giornale tra le mani, e cinque scrivanie. I conti non tornano. “Ma chi ve lo fa fare?”. Bella domanda: in fondo, potremmo continuare così. “Vivacchiare” è uno sport diffuso nel nostro Paese. E invece no, rischiamo. Per amore: del nostro mestiere, dell’informazione e dei lettori. Quelli che già ci conoscono, e quelli che raggiungeremo. Ma anche per amore della nostra storia che proviamo a ricordarvi in quest’ultimo numero, da collezione. Queste pagine raccontano una scommessa, vinta. In 14 anni tante storie invisibili

Come eravamo... la redazione di piazza Napoli

2008 sono state rimesse in circolo e tante persone hanno scoperto un modo di lavorare diverso, dal primo dei venditori al più giovane dei giornalisti. Per questo vale ancora la pena rischiare. Ereditiamo quella scommessa, e la facciamo nostra. In un Paese “addormentato”, arriviamo con una voce giovane e squillante. Dove si parla di città e insicurezza, puntiamo lo sguardo sulle convivenze. Di fronte all’indifferenza chiamiamo alla partecipazione. E a chi ci dice “impossibile, non cambierà nulla”, rispondiamo con le parole del nuovo Presidente degli Stati Uniti: “Yes, we can”. Anche rischiare. Elena Parasiliti A proposito: per chi volesse sapere “chi c’è dietro”. Il gruppo di giovani giornalisti è rimasto (sono cambiate le persone!), così la passione per il sociale che attraversa la vita di tutti i giorni. A questo punto, mancate solo voi: vi aspettiamo su www.specialeterre.it.


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APRILE 1997

Editori a gettone, poeti presi per le rime

LE SIRENE DELLA POESIA Scrittori e poeti fate attenzione. Le case editrici “a pagamento” chiedono agli autori migliaia di euro per pubblicare le loro opere. Ma poi si disinteressano di distribuzione e promozione. “Terre” ha provato a spedire le poesie di “Capitan Nemo”. MASSIMO ACANFORA

All’inizio fu un’inchiesta giornalistica per scoprire come lavorano le case editrici a pagamento. Dieci anni dopo, da questo pezzo è nato un libro di consigli per aspiranti “premi Strega”.

I

lario Occhiuti, il Rimbaud di Cernusco sul Naviglio, possiede un’insuperabile collezione di manoscritti respinti. Le case editrici più note non riconoscono il suo talento. Ma un giorno sulla prima pagina di un quotidiano ecco l’occasione: cercano “100 opere di poesia” da pubblicare nella prestigiosa collana “Poeti italiani contemporanei”. Affidata l’Opera alle Poste, la risposta è puntuale. “Gentilissimo Poeta, ci congratuliamo nel comunicarLe il nostro parere favorevole e Le alleghiamo un contratto di edizione già firmato”. All’articolo 3, Ilario sussulta. “La Casa editrice pubblicherà 1.000 copie, delle quali l’autore dovrà acquistare un numero minimo di 200 al prezzo di copertina di L. 15mila”. Occhiuti estrae la calcolatrice. Tre milioni di investimento, certo, sono una rogna, ma più avanti si parla di invii a critici e riviste specializzate, diritti d’autore... e poi la gloria. Ilario non resiste ed estrae il libretto degli assegni. Nove mesi dopo il postino gli recapita il pacco con “Magie vespertine”: un libretto verde bandiera, stile “Contratto nazionale dei ferrotramvieri”. Baldanzoso, il nostro si reca in libreria per comprare il suo libro. Ovunque gli rispondono che non hanno mai sentito parlare di quella casa editrice. Recensioni zero. Il responsabile della casa editrice risponde al telefono solo per magnificare la distribuzione che il libro ha avuto nel basso Molise ed esortare l’autore a segnalare librerie della sua città disposte ad ospitare il libro. Dopo un paio d’anni di silenzio una breve missiva annuncia che le copie invendute, in sostanza tutte, stanno per andare al macero e invita l’Auto-

re ad acquistarle con lo sconto dell’80 per cento. Ilario Occhiuti è un personaggio di fantasia, ma le case editrici che pubblicano poesie, romanzi e saggi con il contributo economico dell’autore sono una realtà. Si trovano sulle Pagine gialle, sulle prime dei quotidiani, su riviste letterarie. La trama si dipana in modo sempre diverso ma il finale è scontato: l’autore ci rimetterà i soldi. Il “contributo economico” funziona così: l’autore, alla firma del contratto, eroga un contributo a fondo perso per le spese di realizzazione del libro o acquista un certo numero di copie a prezzo intero o scontato. Abbindolato l’autore facendo leva sul suo amor proprio e stampato il libro con i suoi soldi, l’editore è tranquillo e si disinteressa della distribuzione. I librai, sempre alle prese con magazzini stipati, non vedono di buon occhio prodotti con scarse prospettive commerciali come le antologie poetiche e scartano le proposte che non vengano dai “grossisti” ufficiali. Risultato finale: distribuzione scarsa o inesistente. Al danno segue la beffa di microscopici trafiletti pubblicitari sui giornali, recensioni su riviste di dubbio prestigio. L’Autore, per non rimetterci, diventa promotore di se stesso presso amici e librai. Fino al fatale macero. Provare per credere? Noi di “Terre” abbiamo provato. Ecco cos’è successo.

Poeti presi per le rime: storie vere Un bel giorno, Capitan Nemo, collaboratore-poeta di Terre di

Storia di un’inchiesta Umberto Eco, nel suo “Pendolo di Foucault” dedica alcune pagine gustose all’argomento della nostra inchiesta, descrivendo l’attività della casa editrice “Manuzio” che pubblica Aps (autori a proprie spese), guidata dall’ineffabile signor Garamond. Noi, fingendoci poeti, abbiamo seguito proprio la pista dei contratti d’edizione, a nostre spese naturalmente. Nel nostro peregrinare tra case editrici ci ha seguito, per “Mi manda RaiTre”, Davide Parenti, autore televisivo, con tanto di telecamera nascosta. Divertimento ed emozioni forti che non sono mai andate in onda, ufficialmente perché la trasmissione di Piero Marrazzo non se l’è sentita di fare nomi e cognomi.

mezzo, riceve una telefonata. La casa editrice Menconi&Peyrano vuole pubblicare la sua raccolta. Piccolo particolare: Capitan Nemo non gli ha mai mandato le sue poesie. Così s’informa, andando alla ricerca di un autore che abbia già pubblicato con loro. Incontra Gianluigi Sacco. Nel 1995 con Menconi&Peyrano pubblica la sua piccola raccolta di versi “Canta i paesi tuoi”. La casa editrice subito dopo la firma di un “favorevolissimo” contratto, chiede 4 milioni e 800mila lire per 1.500 copie di 70 pagine. E cominciano le sorprese: la prefazione non la fa un “importante critico” ma la signora Virgilio, segretaria della M&P; sulla rivista della casa editrice, Misia, l’unica citazione è comicamente errata: “la piega amara” diventa “la piaga umana”: nessuna rettifica. Entro il 31 dicembre non arriva nessun resoconto, come da contratto. Nelle librerie, se c’è, il libro è collocato in anfratti dimenticati. Non si ha notizia alcuna degli sbandierati incontri in libreria con il pubblico. Recensioni zero. Il titolare si fa sistematicamente negare. La casa editrice risponde solo quando l’autore vuole acquistare qualche copia per la sua promozione personale. Il signor Sacco vorrebbe revocare l’impegno che lo lega a M&P, ma le classiche righe in piccolo lo condannano: la disposizione dei pagamenti è irrevocabile. Fin qui il signor Sacco. Ma sarà tutto vero? Capitan Nemo prende appuntamento. La sede è fredda ed elegante, il signor Menconi gli illustra minuziosamente l’attività della M&P, spiega che hanno idee nuove per promuovere gli esordienti, spazi speciali ed espositori nelle librerie, vesti editoriali accurate, incontri con il pubblico. Garantisce che il libro sarà in “tutte le migliori librerie”. Gli mostra Misia, rivista che pare un catalogo di ceramiche, e che dovrebbe pubblicizzare le opere presso artisti, pittori, poeti. Il signor Menconi non parla mai di soldi, non dice chi gli ha fornito il nominativo e i testi, insiste che il libro è un “progetto” e, logicamente, la partnership comprende la parte economica. “E quanto costa il ‘nostro’ progetto”, chiede Capitan Nemo deglutendo? “Un libro di poesia -spiega mellifluo l’editore- può costare 10, 12, 14 milioni e i nostri autori, collaborano di solito con il 50 per cento. “Ma ne vale

la pena, le assicuro”. E Capitan Nemo, stuzzicato nella vanità, per poco non ci casca anche lui.

La vendetta del poeta Una rondine non fa primavera. Per un ulteriore verifica “Terre” si è calata nei panni di un autore esordiente. Abbiamo spedito una silloge di 40 poesie del nostro collaboratore Capitan Nemo, ad alcune case editrici. Per rendere la cosa più interessante abbiamo inserito otto liriche scelte dall’opera di Montale, Ungaretti, Quasimodo. Ci aspettavamo accuse di plagio, invece da tutti sono arrivate profferte di pubblicazione. La più economica e trasparente viene da Montedit di Melegnano:


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Giorgio Siligardi

APRILE 1997

1 milione 250mila lire per 300 copie, che l’autore acquista in blocco già scontate del 30 per cento. Nessuna distribuzione in libreria, qualche copia promozionale. La risposta di Anaphora di Torino si sdilinquisce in complimenti e la successiva telefonata rincara la dose; modesto il contributo richiesto: 2 milioni e 240mila (“ma possiamo ancora scendere, per questo libro”). Greco&Greco di Milano, che tra le sue pubblicazioni vanta nomi prestigiosi, assicura che “questa è un’operazione in perdita”, ma che li spinge “l’amore per i nuovi autori”. Il signor Greco ci incontra personalmente, prodiga consigli e in conclusione chiede 2 milioni 800mila lire per una tiratura di 500 copie. Joppolo, sempre di Milano, ci fa avere direttamente il suo contratto di edizione: la nostra quota,

scritta a chiare lettere, ammonta a 4 milioni e mezzo per l’acquisto di 300 copie sulle 700 totali. Chiediamo appuntamento; prima si assicurano: “Ma lei ha la disponibilità finanziaria?”. Il signor Joppolo non ha dubbi: la distribuzione sarà su tutto il territorio nazionale. Ma non sa dirci in quali librerie il titolo sarà reperibile. Libroitaliano, Editrice Letteraria Internazionale di Ragusa, ci manda direttamente a casa un contratto che contiene l’obbligo di acquisto di 200 copie per una spesa che allora era di 2 milioni 400mila lire. Proprio pochi giorni fa, a distanza di oltre un lustro, hanno ricontattato il nostro collaboratore per proporgli il volume antologico “Serie oro”; per parteciparvi dovrebbe solo sborsare 600 euro per una quindicina di pagine.

Libri fai-da-te: istruzioni per l’uso Pagare per pubblicare. È una prassi consolidata, praticamente uno slogan per i cosiddetti "autori a pagamento", disposti a stampare i libri di tutti gli aspiranti Ungaretti del XXI secolo. A patto però che il poeta metta mano al portafogli. Volumi pagati a caro prezzo e destinati a restare nei magazzini: malgrado le promesse infatti l’editore non farà nulla per farli arrivare sugli scaffali delle librerie. A svelare i trucchi e i retroscena del sottobosco dell’editoria parallela è "Esordienti da spennare. Come pubblicare il primo libro e difendersi dagli editori a pagamento" (Terre di Mezzo) di Silvia Ognibene. Un’idea che ha preso spunto dall’inchiesta che potete leggere in queste pagine. Vietato rassegnarsi però! Oltre che di consigli per evitare le trappole, il libro offre indicazioni pratiche per gli aspiranti scrittori. Come siti internet, riviste cartacee e libri da consultare, indispensabili per gli autori in cerca d’editore.


GIUGNO 2003

Secondo l’Istat, nel 2008 un italiano su cinque ha più di 65 anni. Terre vi racconta i “trucchi” che gli anziani escogitano per combattere solitudine e pensioni sempre più magre.

Una signora mostra, durante il viaggio in pullmann, il volantino che pubblicizzava la gita

Vuoi andare a Mantova? Compra un aspirapolvere

Gin Angri

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LA GITA IN PENTOLA Partenza da Milano alle 6.30 del mattino. Arrivo a Mantova alle 15.30. Nove ore per 300 km? Sono i “viaggi delle pentole”, gite in torpedone a prezzi stracciati. Quando la promozione ti porta in autogrill. MASSIMO ACANFORA

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e 6.30: due passi dal Cimitero Maggiore di Milano. Il pullman ferma lì. Sull’angolo tre “sciure” aspettano febbrili insieme a me l’arrivo della corriera della gita a Mantova. Eccola puntuale. Saliamo e si va. A chi non è capitato di trovare nella casella delle lettere un pieghevole che invita per un prezzo risibile, 29.900 o 32.900 delle vecchie lire, a un’imperdibile gita a Sanremo o a Verona? Quello nella mia posta, rutilante di immagini, prometteva un’indimenticabile giornata a Mantova, città dei Gonzaga: colazione, viaggio, pranzo, visita con guida e regalo per la modicissima cifra di 14,50 euro. Una sola velata minaccia, in un’unica riga: la gita comprenderà una “simpatica dimostrazione di prodotti per la casa e il benessere distribuiti da Promozioni Nice”. Salito sulla corriera decine di occhi mi squadrano: l’età media della combriccola viaggia oltre i 65 anni. L’80 per cento dei 39 gitanti è costituito da signore di veneranda età, qualche coppia, due signori da soli e me. Io assonnato, loro arzilli come non mai. Bruno, l’autista, si conquista il loro rispetto con battute salaci d’altri tempi. Alcune “fermate” per raccogliere gli ultimi iscritti. Alle 7.30 s’imbocca l’autostrada. Tendo l’orecchio e cominciano le sorprese. Almeno una trentina di “nonni” sono habitué dei viaggi promozionali e si conoscono già. Si sprecano i racconti delle gite precedenti, da San Giovanni Rotondo alla Costa Brava. Il “popolo delle gite”, per la maggior parte inquilini di casa popolare nei grandi quartieri residenziali, ha trovato un modo di stare in compagnia e di viaggiare low-price. Ma come fanno Promozioni Nice e la sua agenzia viaggi Favola blu a sbarcare il lunario? Dunque. La quota viaggio è di 14,50 euro; per 39, circa 570 euro. Non basta certo a co-

prire i costi. La risposta arriva verso le 9.15 poco lontano da Verona. Il ristorante Melapappo è un piccolo incubo da “Paese reale”: vista viadotto, e in menù la pizza Kaori (sì, avete indovinato, al Philadelphia). Una frugale colazione nel salone e poi si calano gli assi. Entrano in scena Loretta e Mirko, dimostratori di mestiere, marito e moglie nella vita. Lei pantaloni mimetici con lustrini e giacchina chiara, lui regolarissima giacca. Alle 9.30 inizia quella che Loretta chiama la “Santa Messa”. A volo d’uccello si passa sulle pentole d’acciaio 18/10, il forno ad aria, le stufe con il fuoco finto all’interno per arrivare ai prodotti di punta. I servizi matrimoniali in lana merinos, le cui agghiaccianti fantasie strappano commenti ammirati. E poi la poltrona massaggiante e la stirella/vaporella contro i grandi nemici dell’igiene e della salute: gli acari. Sì, perché Loretta dichiara di non vendere prodotti, ma soprattutto “salute”. La lingua (di Loretta) batte dove la schiena duole, tanto per abusare dei luoghi comuni. Infatti, se ammette con onestà che il completo matrimoniale di lana non cura i dolori, è pronta a chiamare “terapia” l’uso delle coperte Nice. Loretta si sbatte, stira e cucina, strapazza scherzosamente il marito conquistando il pubblico femminile. Demonizza con garbo le muffe, dal suo microfono “alla Ambra” elargisce consigli medici. Promuove il marchio, annunciando con orgoglio (e un po’ di perfidia) che altre tre aziende concorrenti hanno chiuso. Lo spettacolo ha la sua importanza. Con consumato mestiere Loretta tiene i “botti” per il pirotecnico finale, in cui annuncia sconti e incredibili occasioni d’acquisto in blocco di tre prodotti al prezzo di uno solo, accumula regali su regali, ci aggiunge come cadeaux altre gi-

te in Spagna, Ungheria, Lourdes e altre mete. Cifre importanti, dai 300 a oltre 1.000 euro (ma i prezzi vengono dati in lire, per semplificare le cose alle signore). La “Santa Messa” finisce dopo più di 3 ore. Si mangia un pranzo un po’ ospedaliero ma quasi innocuo: pasta al sugo, arrosto, piselli, un vino al limite dell’adulterazione. Per Loretta e Mirko è tempo di passare all’incasso, di tavola in tavola, non senza aver prima illustrato i pregi straordinari di alcuni prodotti minori, come il celebre “olio tuttofare” di Nice e altre creme, dai 13 ai 15 euro, uno specchietto per quelle allodole che non hanno ancora fatto acquisti. Al mio tavolo si sussurra: “Speriamo che qualcuno compri, sennò questa si incavola”. Qualche signora si sente in colpa per non aver comprato nulla. Chi compra è gratificato con un regalino. La pressione psicologica di Loretta e il suo benevolo “terrorismo” sull’importanza di prevenire ogni “dolore” con il materasso in lattice funziona: qualcuno compra e firma il suo bravo contratto. Alle 14.30 ci si muove per Mantova. Due ore scarse per un giro in città con una guida sbrigativa. A un certo punto Delfina, nome antico, prende un topicco e cade. Il bernoccolo non commuove la guida che prosegue imperterrita il giro, anche perché in fondo c’è l’acquisto della sbrisolona, la tipica torta mantovana. Al ritorno i commenti indugiano sulla lunghezza della dimostrazione ma concordano che “la giornata è stata bella”. La vendita a quanto pare fa parte del gioco, anche se i più vulnerabili ne escono con un po’ di soldi in meno e un oggetto di dubbia utilità in più. A Delfina, con il fazzoletto sulla fronte, le sciure danno un consiglio da congiurate: “Non lo dica a suo figlio, sennò non la fa più venire”. Si arriva a casa. Tutti sono felici come bimbi del regalo finale. Un pacco viveri o “Comby7”, uno sbattitore a 7 velocità. Un’umanità sola e a volte dolente, per un giorno con il sorriso sulle labbra. Ma sulla faccia di Armida, che scende armata di un contratto a rate per una Vaporella si legge un pensiero combattivo: “Acari, tremate”.


APRILE 2005

Quando la convivenza fa vivere meglio

COPPIE DI FATTO C’è chi alla solitudine o alla povertà risponde con le unioni di fatto. Un modo per stare assieme e risparmiare sul costo della vita. Ma c’è chi non rinuncia al matrimonio. ELENA PARASILITI E LEO GIAMMARIOLI sposati solo in chiesa. Per il Comune il nostro matrimonio non esiste”. Il matrimonio religioso “con sospensione della trascirizone civile” è una cerimonia intima, quasi “segreta”. Sui registri dell’anagrafe non compare nulla: “Per lo Stato risultiamo ancora vedovi e a fine mese mi arrivano due pensioni: la mia e quella del mio primo marito” dice Giovannina. “Facevo la commessa in un negozio di confezioni sportive continua- Che pensione posso avere? Quando facevo otto ore, il padrone ne segnava tre. Per fortuna mio marito lavorava all’estero. In tutto ora arrivo a 600 euro: non posso perderli”. Fa i conti, e chiede conferma al suo compagno: “Sì, è lui che si occupa dei nostri risparmi, io non ho memoria. Dividiamo le spese a metà, un’intesa perfetta”. Il matrimonio “solo religioso” segue un iter complicato: “Prima di ricevere il nulla osta dalla diocesi ci hanno fatto molte domande -ricorda Piero-, volevano conoscere la nostra condizione economica, capire le motivazioni”. Finalmente, nel 1993, sono arrivati all’altare: “Ufficialmente rimaniamo due vedovi -prosegue Piero-. Abbiamo

mantenuto la residenza di prima, persino il medico di famiglia. Ma almeno davanti a Dio, e per la gente del nostro quartiere, siamo marito e moglie”. La nuova vita a due comporta qualche compromesso: “Dopo 40 anni con la stessa donna, fai fatica ad abituarti a un’altra persona -dice Piero-. Qualche volta ci si scontra, ma è una scelta che rifarei. Da solo ho resistito solo un inverno, terribile”. “Quando sono stata male, lui è stato giorno e notte al mio fianco -aggiunge Giovannina-. Ma se Piero dovesse ammalarsi, mi perderei fra ospedali, visite, ticket”. È una preoccupazione diffusa: secondo il Censis nel 2004 il 18 per cento degli anziani ha ricevuto aiuto da badanti e richiesto all’Asl l’assistenza domiciliare. Il matrimonio “solo religioso” non è l’unica soluzione per andare avanti. Ci sono coppie costrette a rimanere nell’ombra. “Sposarci? I suoi figli direbbero no. Parlano di affetto, ma gli interessano solo i soldi”. Per la signora Ruta, 65 anni, le nozze con Antonio sono rimaste un sogno nel cassetto: “Conviviamo e basta -ammette con rassegnazione-, almeno non devo rinunciare alla casa popola-

Una coppia di anziani balla al Polo Ferrara, centro aggregativo del quartiere Corvetto, Milano

Gin Angri

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overi e soli: il 52,3 per cento degli anziani in Italia ha un reddito inferiore a 750 euro mensili e vive sotto la soglia di povertà relativa stabilita dall’Istat (2004), pari a 810,32 euro. Gran brutta musica. Così a volte, per sopravvivere, o convivi o ti sposi. Michele e Anna, rispettivamente 75 e 62 anni, si sono conosciuti nel 2004 al Polo Ferrara, un centro di aggregazione del comune nel quartiere milanese di Corvetto. Al primo piano ogni martedì dalle 15 in poi si balla. Luci basse, e sul palco un’orchestra di liscio. Sono 350 gli anziani che trascorrono il pomeriggio al ritmo di polka e “cha cha cha”. La passione, per Michele, è scattata sulla pista da ballo. “L’ho notata subito, era seduta a un tavolino con altre ‘ragazze’. Sembrava che aspettasse proprio me. Ci siamo frequentati qualche mese: passeggiate, partite a briscola, qualche pranzo insieme all’ipermercato di piazza Lodi. Poi abbiamo deciso di andare a vivere insieme”. A Milano, città più anziana d’Europa, gli over 65 sono il 28,8 per cento. Secondo l’indagine condotta dallo Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil, il 39,8 per cento vive da solo. Il bisogno d’affetto è motivo di preoccupazione per la metà di loro. E i soldi sono un incubo: tirare la fine del mese con 500 euro di “minima” toglie il sonno. Ma c’è anche chi sta peggio: in Lombardia sono registrate un milione e 800mila pensioni con un importo medio di 321 euro. Praticamente nulla. “Le spese sono tante -spiega Michele-: acqua, luce, gas, affitto. Ogni mese ce n’è una, ma con due pensioni si fa meglio”. Convivere è l’unico modo per far fronte alle difficoltà economiche. Solo in parte un antidoto alla solitudine. Entrambi vedovi, Michele e Anna. Entrambi con una famiglia che si preoccupa troppo. “Quando ho raccontato a mio figlio di questa nuova storia, mi ha consigliato lo psichiatra -spiega Michele-. È stato un dramma: come se volessi tradire la memoria di mia moglie. Ci ho riflettuto, e ho concluso che nemmeno i figli possono condizionarti. Loro non sanno ancora cosa vuol dire essere soli a quest’età”. Solo chi è rimasto vedovo può contare sulla pensione di reversibilità, il contributo statale che viene versato ai familiari del pensionato defunto. Per molti un’ancora di salvezza. “La legge parla chiaro -racconta Giovannina, classe ’23, mentre riprende fiato dopo le danze-: se ti risposi, perdi tutto. Per questo, io e Piero abbiamo trovato una soluzione alternativa: ci siamo

re. Me l’hanno assegnata perché sono sola. C’è gente che aspetta anni prima di metterci piede e io, in fondo, sono una privilegiata”. Un tetto sopra la testa assicurato e un trasloco continuo: “Vivo da Antonio, ma ogni due settimane mi faccio rivedere nel palazzo dell’Aler. Giusto il tempo per non perdere il diritto alla casa. Non posso correre il rischio di finire in strada”. A Milano, sempre secondo lo SpiCgil, il 46,6 per cento degli anziani ha un appartamento in affitto. Nella maggior parte dei casi si tratta di alloggi popolari di proprietà del Comune. “Non ho altra scelta -commenta Ruta-. Se Antonio morisse, la sua casa passerebbe ai figli. Io non avrei diritto a nulla”. Esclusa dall’eredità, vive giorno per giorno. Spese comprese. “Quando siamo insieme, io non apro il portafoglio: paga tutto lui -e precisa- non sto con Antonio per interesse, ma a quest’età è difficile legarsi a qualcuno”. Difficile rinunciare alla propria autonomia: “Tornare ogni tanto a casa mi fa bene -conclude-, mi fa sentire autosufficiente”. Cambia la musica, si scambiano le coppie. Qualcuno rimane a guardare. “Ci sono donne con una pensione misera -dice a bassa voce una settantenne-. Vengono a ballare per ‘rimorchiare’. La prima domanda che fanno è ‘Quanto hai di pensione?’”. E si passa al tango.

VIVERE DI REVERSIBILITÀ “Una vita passata a lavorare in nero”. Inizia così il racconto di Maria, vedova di 67 anni che vive a Milano, nel quartiere Corvetto. Tre figli ancora a carico, troppo vecchia per lavorare e troppo giovane per essere assistita. E così tira avanti con la pensione del marito defunto. Come Maria, quasi 3 milioni di anziani vivono con la cosiddetta pensione di reversibilità. Più della metà (il 62,2 per cento) è sotto la soglia dei 500 euro al mese. “Lavoravo in negozi, bar, case private. Ho fatto di tutto. I contributi? Chi li ha mai visti” continua Maria. La pensione è rimasta un miraggio. “Mio marito ha

lavorato 40 anni. Prendeva 607 euro al mese, una somma discreta per un fattorino di albergo”. A lei di quella cifra spetta il 60 per cento, “davvero poco per andare avanti”. La vita le cambia nel ’97, quando incontra Nino, 75 anni. Anche lui solo. “Oggi sono un’altra persona -racconta entusiasta-. Vivo a San Siro, a casa del mio uomo”. Mille euro di pensione e l’affitto equamente diviso. “Io pago i mesi dispari, lui quelli pari. Dei soldi mi occupo io, lui si fida di me. Non lavoro e posso girare per mercati e negozi. Finché non trovo il prezzo migliore, non compro nulla”.

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