Terre di mezzo n.156

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NUMERO 156 OTTOBRE/NOVEMBRE 2008 Poste Italiane Spa. Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1 comma1, DCB Piacenza

N ncar ma

Vi presentiamo un’Italia in trasformazione.

Adolescenti affascinati dall’Islam, separati che tornano a fare i bamboccioni, borghi abbandonati che si ripopolano. E poi ci siamo noi.


FAVORISCA I DOCUMENTI! (N. 17) IL PERCHÉ DEL NOME Il nome del giornale l’abbiamo scelto avendo in mente quei luoghi desolati, eppure talvolta splendidi, che dividono due nazioni, due modi di essere, due culture. Terre di mezzo. Terre di nessuno. Le attraversi veloce, dopo aver varcato un confine. Ti senti un poco straniero. Nessuno si ferma.

amadou

Mouh Nome:

Ka Cognome: 1961 Data di nascita:

Ndande (Senegal)

Luogo di nascita: Stato civile:

libero (2 figli)

In Italia dal:

Ce ne sono tante di queste “terre di mezzo” nella vita, frontiere invalicate, luoghi ed esperienze attraversati in fretta, senza quasi alzare lo sguardo; spazi dove l’altro non solo è uno straniero ma forse anche un nemico. Incominciare ad abitare le terre di mezzo, e farle ridiventare terre di tutti. È il nostro augurio.

N. 156 OTTOBRE/NOVEMBRE 2008 IN COPERTINA Foto Corbis

ALTRECONOMIA 98 HASTA LA PASTA

LA RUBRICA PER CONOSCERE I VENDITORI CHE VI FERMANO PER STRADA

1990 nditore di Terre

ve Professione:

mese) (circa 30 giornali al , centro città : Lecco Luogo di lavoro Cibo preferito:

sta riso con pesce, pa

Squadra preferita:

Inter

I LIBRI DI TERRE PER LE VOSTRE BOMBONIERE Auguri a Luana Canedoli, nostra collaboratrice, che il 3 ottobre si sposa. Siamo felici per lei e per Stefano, ma anche per noi visto che ha avuto la bella idea di omaggiare amici e parenti con i libri di Terre. E non ha preso un libro uguale per tutti, ma ha scelto per ogni invitato il titolo più adatto. Chi volesse copiare l’idea di Luana può scrivere a segreteria@terre.it.

mezzo "Vendere Terre di sso po mi piace perché a os alc qu guadagnare le n co o att nt co stando a c'è lte vo A e. on pers tta qualcuno che mi tra gli n no male, ma io vado". rispondo e me ne

Sabato 15 novembre, dalle ore 17, alla Casa della Pace di Milano (via Ulisse Dini, 7) verranno proiettati i documentari del premio Ilaria Alpi (ingresso libero). L’iniziativa è dell’associazione Polifemo, in collaborazione con Terre di mezzo. Info: www.polifemo.org

Il Senatore Cappelli è alto un metro e sessanta e ha due baffi biondi. Era il grano più diffuso in Italia fino agli anni ‘50 ed è stato abbandonato per far posto a varietà che garantivano una maggior resa per ettaro, quando la pasta è diventato un prodotto industriale. Altreconomia è andata alla riscoperta della pasta italiana, quella prodotta da grano di qualità, biologico, essiccato a bassa temperatura. Pasta che difficilmente trova posto sugli scaffali del supermercato. Al mondo dell’amianto, invece, è dedicata l’inchiesta, firmata da Mario Portanova: un viaggio dalle miniera dal Canada agli slum indiani, passando per l’Italia. Solo sulla carta, nel nostro Paese, l’amianto è fuorilegge dal 1992. Infine, un servizio dedicato alla filantropia delle fondazioni.

PREMIATE LE FATICHE DI SISIFO Sisifo Italia, agenzia di comunicazione di pubblicità responsabile (raccoglie le inserzioni anche per Terre di mezzo), è stata premiata con lo standard di Valore sociale, certificazione che misura l’impatto etico delle imprese. La consegna della certificazione è avvenuta nell’ambito di Sana, Salone del naturale che si è svolto a Bologna dal'11 al 14 settembre.

REDAZIONE Andrea Rottini e Dario Paladini e-mail: redazione@terre.it

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DIRETTORE RESPONSABILE Elena Parasiliti e-mail: direttore@terre.it

ECCO LE OFFERTE DA NON PERDERE! Un’occasione per accaparrarsi il primo giornale di strada italiano, con formule e possibilità diverse. Un trattamento speciale per i nostri “sostenitori”. E solamente per soci Arci un’offerta unica: l’abbonamento a 20 euro e uno sconto su altri prodotti editoriali

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Antonella Carnicelli, Francesco Abiuso, Laura Silvia Battaglia, Laura Bellomi, Eleonora De Bernardi, Michela Gelati, Piero Magri, Ida Palisi, Annamaria Scaramuzzino, Ilaria Sesana, Ornella Sinigaglia, Ilaria Tavasci, l’associazione Insieme nelle Terre di mezzo onlus, l’Agenzia Redattore Sociale.

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Terre di mezzo è tra i promotori di

International Network of Street Papers www.street-papers.org

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CONVERSIONI I N AT T E SA D I F U T U R O

Quello che sarà I sognatori, per natura, non sono gelosi. Né delle proprie idee né delle persone che incontrano. Sanno che i progetti audaci possono crescere e riuscire solo se condivisi. Anche noi apparteniamo a questa categoria: irriducibili sognatori. E questa volta ci permettiamo di condividere con voi il futuro nostro e di questo giornale. Quello che siamo già lo sapete. Terre è un giornale di strada, scritto da giornalisti professionisti e distribuito nelle piazze e lungo le strade da venditori di origine senegalese. Nelle sue pagine si leggono inchieste sociali e articoli di servizio. Quello che diventeremo, per ora potete solo immaginarlo. Terre diventa “grande”: un magazine, anzi uno street magazine. Sì, perché alla strada non rinunciamo, ma proviamo a osservarla e raccontarla ancora di più nella sua complessità. Come luogo di incontro e relazione, scambio e partecipazione. Come sempre senza pietismi. Cresceremo, nel numero delle pagine, ma anche nelle rubriche e nelle firme che ci accompagneranno. Il nostro personale conto alla rovescia questo mese segna -45. Quarantacinque giorni al nostro prossimo appuntamento: il 15 novembre quando vi invitiamo a cliccare su www.terre.it e a condividere con noi il futuro di questo giornale. Questa volta, non vi chiediamo solo di leggerci, ma di far parte della nostra storia. Di fondare con noi il nuovo Terre di mezzo. Perché la libera informazione possa ancora segnare la strada. Elena Parasiliti

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Giovani, impegnati, palestinesi

RAMALLAH RAP Cantano la frustrazione dei Territori occupati e sognano la pace per il loro popolo. Ma non credono nel dialogo con l’attuale società israeliana. ELEONORA DE BERNARDI

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alla Palestina con orgoglio. Sono in arrivo in Italia, con sette date confermate, i Ramallah Underground, gruppo hip hop palestinese che combatte con le parole in rima il senso di disperazione e la tentazione di cedere alla violenza che dilagano nei Territori occupati. Sono stati invitati dall’associazione “Jalla - Sport sotto l’assedio”. Il loro è un messaggio di speranza: “È dalle persone oppresse che arriverà la spinta al vero cambiamento”. Nell’attesa, li abbiamo intervistati. Cosa significa per voi fare musica a Ramallah? È un modo per resistere alle disumane condizioni in cui viviamo -racconta Aswatt (in arabo “suono”), una delle tre voci della band, 25 anni-. I giovani palestinesi oggi sono disperati: non possiamo uscire dalle nostre città, siamo continuamente braccati e controllati. Non possiamo fare progetti sul nostro futuro. La musica è un modo per contrastare i sentimenti di violenza e frustrazione dentro di noi. È un modo per sfogarci e parlare delle vite quotidiane, delle questioni politiche, sociali e culturali che ci riguardano. Ma alla fine è anche, sem-

plicemente, un’occasione per coinvolgere e divertire chi ci ascolta. Cavalcate rap, intermezzi arabeggianti, basi elettroniche, bassi potenti alternati a liriche acute. Il vostro lavoro è eclettico e originale. Prendiamo ispirazione da ciò che vediamo e viviamo quotidianamente in Palestina -afferma Boikutt, 22 anni (nome tratto da “boycott”, boicottare e “cut”, tagliare, relativo alle tracce musicali)-. La nostra musica è un misto di Hip hop, Downtempo, Trip Hop, Glitch, accompagnati da un profondo senso di appartenenza alla cultura locale. E da Internet. Sì -continua Stormtrap, terzo cantante A OTTOBRE IN ITALIA Le date del tour dei Ramallah Underground: 10 ottobre: all’Aq16 di Reggio Emilia; l’11 al Tpo di Bologna; il 14 al Pedro di Padova; il 15 al Baraonda di Segrate (Mi); il 16 al Paci Paciana di Bergamo; il 17 al Newrotz Pisa e il 18 allo Strike di Roma. www.myspace.com/rucollective www.ramallahunderground.com

della band, nato a Nablus 21 anni fa (il suo nome d’arte in inglese significa “bocca di tempesta”, ma per lui non ha un senso, è nato per caso)-: Ramallah Underground era il nome di un sito web che abbiamo fondato nel 2003, per dare spazio a tutti gli artisti palestinesi seri e innovativi, dai fumettisti ai giovani registi, dai fotografi ai musicisti. Da quel collettivo è poi nata anche la band. Cosa pensate se vi dico “pace”? “Sì grazie!” risponde Boikutt. “Giustizia” pensa Aswatt. “Non arriva gratis” dice Stormtrap. E se vi dico “perdono”? Boikutt: “Perchè no?”. Aswatt: “Sì, ma senza dimenticare”. Stormtrap: “Quando sarà il suo tempo”. E “religione”? Boikutt: “No, grazie”. Aswatt: “È un fatto privato e separato dallo Stato”. Stormtrap: “Sì, è qualcosa di personale”. Da chi vi aspettate possa arrivare una soluzione al conflitto che segna le vostre vite, quello israelo-palestinese? Crediamo che la scossa, per essere efficace, debba partire da noi palestinesi, di ogni parte del mondo -spiega Boikutt-. Non pensiamo invece che ci possa essere un dialogo con l’attuale società israeliana. È tra gli oppressi che nascono i semi del cambiamento.


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CONVERSIONI

RELIGIOSE

Paolo Poce / Emblema

In questa foto e nella pagina a fianco, fedeli italiani nella moschea Al-Wahid di via Meda a Milano, dove è nato anche un gruppo giovanile.

Viaggio tra le baby conversioni

I NUOVI FIGLI DI ALLAH Adolescenti italiani in cerca di fede. La trovano nel Corano. A Milano, nella moschea di via Meda, sono già una trentina. DARIO PALADINI

J

eans, polo o camicia, ben rasati, al massimo un pizzetto. Non ricalcano certo l’icona del musulmano integralista i giovani italiani, circa una trentina, che frequentano la moschea di via Meda a Milano, gestita dalla Comunità religiosa islamica italiana (Coreis). Alcuni di loro si sono convertiti che erano ancora minorenni, poco più che adolescenti. Li segue un imam di 25 anni, Andrea Cocilovo, milanese, di professione musicista, che per questa nuova vita ha scelto anche un nome musulmano: Adam Abd as-Samad. Adam è il primo profeta islamico, mentre il resto significa “Servo dell’Assoluto”. Pur essendo così giovane, Adam Andrea ha già guidato la preghiera del venerdì (incluso il sermone). La sua conversione è nata in famiglia. “Eravamo tutti alla ricerca di una pratica religiosa che desse senso alla nostra vita -rac-

conta-. Studiando le varie religioni, abbiamo incontrato l’Islam e la Coreis, e dopo un po’ di tempo ci siamo convertiti”. Valeria Aisha (“Piena di vita”) Lazzerini, un dottorato di ricerca in Diritto canonico all’Università cattolica, è diventata musulmana nell’anno sbagliato, il 2001. Aveva 20 anni. “Dopo solo due mesi e mezzo c’è stato l’attentato alle Torri gemelle di New York -ricorda-. I miei genitori, cattolici praticanti, temevano che fossi stata plagiata. Credevano di avere in casa un’integralista”. Col tempo hanno capito che la figlia aveva fatto solo una scelta di fede. “Oggi prima di pranzare prego con mia madre, lei recita una preghiera cattolica e io una musulmana”, dice. Indossa il velo solo in moschea. “L’Islam è sottomissione a Dio, non c’entra nulla la segregazione che subiscono le donne in alcuni Paesi”.

La parola d’ordine fra i giovani della Coreis è discrezione, anche in famiglia. Mustafa Martino, 20 anni, convertito a 17, per ora non ha confessato la sua scelta neppure ai nonni. “Voglio fare la volontà di Dio e vivere secondo i suoi insegnamenti -spiega-. Da convertiti vediamo le cose da un punto di vista diverso e siamo più attenti alla sensibilità degli altri”. Con i coetanei non incontrano quasi mai grossi problemi. “Ci troviamo però più in sintonia con chi è credente, cattolico o ebreo che sia -aggiunge Adam-, piuttosto che con chi non professa nessuna fede”. I giovani convertiti, almeno in via Meda, non rinnegano il loro passato di cattolici. “La nostra non è una scelta presa contro il Cristianesimo -aggiunge Martino-. Solo abbiamo capito che Dio ha riservato per noi la via dell’Islam”. Nei centri islamici non esistono statistiche o registri dei convertiti. Chi decide di diventare musulmano non deve sottoporsi a procedure o formalità, né ricevere il consenso degli altri fedeli. Per l’Islam, infatti, è sufficiente aver

pronunciato, anche da soli e con profonda intenzione, la shahâdah, la formula di professione di fede, per essere considerati musulmani: “Non c’è Dio all’infuori di Dio e Muhammad è l’inviato di Dio”. Solo quando la shahâdah avviene in moschea il convertito è accompagnato da due testimoni della comunità. Secondo una ricerca condotta da Stefano Allievi, sociologo dell’Università di Padova, le conversioni di italiani all’Islam sono in media 400 ogni anno. I musulmani italiani sono in tutto, ad oggi, circa 10-15mila e in costante aumento. Ma una domanda resta: perché un italiano, per di più giovane, si sente attratto dall’Islam? “Da noi vengono in molti, in particolare universitari: vogliono studiare il Corano -spiega Ali Abu Shwaima, responsabile del centro islamico di Segrate-. Il messaggio dell’Islam poi è molto semplice: non avrai altro padrone che il tuo Creatore. Il musulmano è quindi un uomo libero dalle schiavitù del mondo. Per questo molti italiani decidono di convertirsi”. I giovani italiani musulmani non

si ritrovano solo in moschea, ma si danno appuntamento anche su forum, chat e blog. Come quello gestito da Umar Andrea Lazzaro, genovese, 21 anni, convertito da due. All’indirizzo http://islam.forumup.it ha pubblicato una sua foto con la barba lunga, che lo fa assomigliare a un arabo (ha creato anche un sito antiamericano e filopalestinese, ndr). Decine di ragazzi inviano al suo blog messaggi in cui raccontano come e perché sono diventati musulmani oppure chiedono chiarimenti sul Corano. “Ho cercato rifugio nella Chiesa, ma non vi ho trovato un messaggio soddisfacente -scrive nel suo post Fatima, 20 anni-. Ma perché mai un fedele deve accettare che altre persone (i preti) si frappongano fra lui e Dio? L’Islam invece ha inondato di luce la mia mente ed il mio cuore”. Alima si è convertita a 14 anni, affascinata dallo stile di vita di due sue amiche, musulmane. I genitori l’hanno cacciata di casa. “Oggi, dopo cinque anni, con i miei ho di nuovo un buon rapporto. Le mie sorelle, di 17 e 13 anni, sono anche loro ‘tornate’ all’Islam”.


CONVERSIONI

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RELIGIOSE

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Sempre più connazionali dirigono moschee e centri islamici Dove gli italiani fanno carriera mico è giuridicamente un’associazione -spiega-. Il Presidente, eletto ogni due anni da un consiglio generale a sua volta eletto da chi frequente la moschea, ne è il rappresentante legale, è il responsabile dell’amministrazione, tiene i rapporti con le istituzioni e colla-

bora alle scelta degli imam che vengono a predicare”. Sebbene siano ancora pochi (tra i 10 e i 15mila, ndr), gli italiani musulmani stanno pian piano assumendo un ruolo sempre più importante all’interno delle moschee sparse nella penisola.

Lucio Cavicchioni

Paolo Pellizzari, cinquantenne impiegato in un’industria chimica, da tre anni è il presidente del Centro islamico di Brescia, frequentato ogni settimana da 7-10mila musulmani stranieri. Si è convertito 10 anni fa e da allora si fa chiamare anche Ismail. “Il Centro isla-

Sono italiani, per esempio, il vicepresidente del Centro islamico di Segrate, il presidente della grande moschea di Roma (l’ex ambasciatore in Arabia Saudita, Mario Scialoja), il portavoce della moschea di Ferrara, il vicepresidente dei musulmani a Bologna. “Come italiani conoscono meglio di chiunque altro musulmano il funzionamento delle istituzioni e le leggi -spiega Paolo Branca, docente di Islamistica all’Università cattolica di Milano-. Svolgono insomma un ruolo di intermediari, fra la società italiana e quella musulmana composta ancora in prevalenza da immigrati”. “Nelle comunità musulmane si viene giudicati per come ci si comporta -aggiunge Ismail Paolo Pellizzari-. Se una persona dimostra che è un buon musulmano ottiene la fiducia degli altri fedeli ed è per questo che io, italiano e quindi minoranza, sono stato eletto da musulmani stranieri”. Uno dei fondatori dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii) è Hamza Roberto Piccardo, che ne è stato segretario per oltre 10 anni. Nato ad Imperia nel 1952, si è convertito poco più che ventenne. Ha fondato una casa editrice, Al Hikma, che traduce il Corano e altri libri della tradizione islamica. “Ai musulmani spieghiamo l’Italia e agli italiani cer-

chiamo di spiegare cos’è l’Islam”, sottolinea Piccardo. L’Ucoii viene spesso accusata di essere fondamentalista, soprattutto dopo che nell’agosto del 1996 ha acquistato spazi pubblicitari su alcuni quotidiani per pubblicare un appello in difesa del Libano, in cui Israele veniva paragonato alla Germania nazista. “È stato un errore -precisa Piccardo-. Ma da sempre paghiamo il fatto di essere filopalestinesi”. Paolo Gonzaga, invece, è il direttore dell’Islamic Relief Italia, ong nata nel 1984 a Londra e che possiamo equiparare alla Caritas della Chiesa cattolica. Oggi è presente in 30 stati con progetti di sviluppo “che mirano ad aiutare tutti, senza distinzione di religione e non solo in Paesi arabi”, precisa Paolo. La sezione italiana di Islamic Relief raccoglie ogni anno circa 500mila euro. “Troviamo sostenitori soprattutto al di fuori delle moschee, anche fra chi non è musulmano”, aggiunge. La Comunità religiosa islamica italiana (Coreis), frequentata da italiani (circa 5mila sparsi in 11 sedi, in sette regioni), dal 2004 organizza corsi di formazione per imam. “Partecipano anche figli di immigrati -spiega Yahya Sergio Pallavicini, vicepresidente del Coreis-. Per ora hanno concluso il corso 20 giovani”.

Predicatori nei campi rom

MISSIONI GITANE Bibbia alla mano, 45 pastori evangelici parlano di Dio in mezzo a roulotte e baracche. Con un occhio al Governo. LAURA SILVIA BATTAGLIA che porta in giro la parola di Dio. “Al di là dello steccato ci sono gli altri, quelli che non credono”, avverte Yuri, 39 anni, cinque figli, un passato di droga e divertimenti, “folgorato sulla via di Damasco” da una predicazione di Valentino. “La verità vi farà liberi” è la frase evangelica che Yuri preferisce ripetere durante il giorno per ricordarsi che, oggi, è un uomo sereno. Convertiti come lui, ce ne sono molti altri, qui: per lo più giovani adolescenti, in prevalenza ragazze. E poi donne di tutte le età. Sono loro che riempiono la sala di preghiera nella riunione del giovedì sera. Come Sarah “Samoa” Adamo, trentenne, separata, battezzata da tre anni. Samoa viene sempre qui con i suoi due bambini e dice: “Questi tre anni sono stati i più felici della mia vita”. Nella sala ci sono posti per un’ottantina di persone e stasera sono

Giorgio Garbi

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n via Bramante, a Pavia, basta un passo e sei in due mondi diversi. Il fatto è che la differenza non è tanto quella tra la città dei sinti, che sta nel sottopassaggio, e quella di tutti gli altri, che si allunga sopra, ad appena cinque minuti dalla stazione. La differenza è proprio nel campo, lì, tra i sinti, dove non la vedresti mai se non guardassi bene, se non vedessi che il villaggio è proprio diviso in due da uno steccato. In un paesaggio che è quello tipico, con le roulotte, le automobili, i panni stesi, i bambini vocianti, in una delle due parti c’è un prefabbricato più lungo degli altri. Sulla porta la scritta: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo”. Intorno un via vai di gente. E un uomo biondo che parla con un libro sottobraccio. Lui è Valentino “Pone” Vinotti, pastore della Missione evangelica zigana dal 1998: è un sinto

tutti pieni. Predica Christian, che ricorda a tutti, nella serata dedicata ai giovani, che “Gesù è il liberatore”. I canti e le testimonianze si susseguono per due ore. Sefora, David, Debby, Terry non hanno vergogna a raccontare in pubblico come hanno incontrato Cristo e quanto abbia trasformato le loro vite. “Il nostro desiderio -dice Erasmo Formica, tesoriere della missione evangelica dal 1994, di origine non zigana ma diventato giostraio dopo il matrimonio con una sintaè quello di fare conoscere quanto

Il campo rom di via Bramante, a Pavia

bene può fare una missione evangelica in un campo nomade”. La Missione evangelica zigana è una chiesa pentecostale con missioni stabili e itineranti. Al Nord fa proseliti nei campi di Biella, Dorno, Pavia, Limbiate, Brugherio, Ivrea. In tutta Italia conta 2mila persone e ha anche una pubblicazione, “Vita & Luce”. Il rappresentante nazionale è Davide “Denus” Casadio e con lui la missione è riuscita a dialogare col governo Prodi e a proporsi come un soggetto con cui interloquire, per tutte le questioni che riguarda-

no la comunità zigana in Italia, sia sinti che rom. “Le prime conversioni dei sinti all’Evangelo risalgono al 1981, proprio a Milano -racconta Casadio-. Quando una comunità zigana aderisce alla fede evangelica testimonia la ricerca di un nuovo stile di vita”. Non è facile per tutti, però, percorrere una strada “di vera conversione” perché, secondo Casadio, “non tutti riescono a rompere con le vecchie abitudini”. Rinnegare le proprie radici e la propria cultura non si può e non si deve. Per questo i 45 predicatori, tutti sinti, provenienti dai campi o dal mondo dei giostrai, chiedono di essere riconosciuti dalle prefetture per il loro lavoro sociale con i rom. Chiedono ai governi di fidarsi, insomma, e di non fare di tutta l’erba un fascio. “Noi predicatori evangelici ci siamo per questo -dice Casadio- per prevenire scelte sbagliate”. Perché dove si sente parlare di Vangelo ci si può sentire più sicuri. “E noi non vogliamo predicare bene e razzolare male -chiosa Casadio-. Quello che predichiamo vogliamo viverlo”.


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CONVERSIONI S U L L A S O G L I A D I C A SA

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Un separato su quattro va a vivere con i genitori

A VOLTE RITORNANO

L

a casa è la stessa di un tempo, ma la cameretta ti appare infinitamente più piccola. Sarà anche per quello sguardo che un giorno ti ha aperto la porta di casa interrogativo: “Come mai qui?”. C’è stata la separazione, ecco tutto. E tra le tante, ha avuto anche questa conseguenza. Conti alla mano, l’“ex” figlio appena separato si è visto costretto a ritornare sui propri passi, fino alla casa lasciata per convolare ad infelici nozze. Ospitalità richiesta agli “ex” genitori in cambio di una parte del proprio stipendio già decimato. “Che altro avrei potuto fare -dice Adalberto, allargando tanto di braccia-. A chi non ci è mai passato può sembrare che la separazione accada un po’ per volta. Invece arriva anche così. Il nido che ti eri costruito resta, ma tu non ci puoi più entrare”. Quando un matrimonio si spezza, far quadrare i conti è l’ultimo dei problemi. Ma poi il quesito si presenta, e in fretta. “Se a un impiegato che guadagna 1.400 euro al mese ne togli un terzo per la rata del mutuo, altrettanto per pagare l’affitto, e ci aggiungi anche la quota da versare all’ex moglie per il mantenimento, alla fine, che cosa gli resta?”, dice Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani. Meno male che c’è la famiglia, verrebbe da dire. “Nei Paesi scandinavi -sostiene Stefano Mazzuco, demografo dell’Università di Padova- accade di rado che i separati si riducano in povertà; in Inghilterra o in Olanda è diverso, ma nessuno accetterebbe mai l’idea di tornare da mamma e papà”. In Italia, invece, la famiglia mette una pezza dove il sistema pubblico fallisce. Non abbiamo lo stato sociale della Svezia, ma per fortuna farsi aiutare dai genitori da noi non è mai stato un tabù. E poi non è sem-

pre detto che la nuova convivenza non contenga un vantaggio per entrambi. “Mia madre è meno autosufficiente di un tempo -dice Adalberto-, mi occupo io di lei. Con la sua pensione e il mio stipendio riusciamo a permetterci anche una collaboratrice domestica”. Tornare in famiglia, anche a 40-50 anni, capita a tanti: “Più o meno a 500mila persone -censisce Mazzuco-. Nel nostro Paese i separati sono circa due milioni: un quarto di questi, almeno per i primi mesi, torna a vivere con i genitori, anche se per il 61 per cento dei casi le donne restano a vivere con i figli nell’ex casa coniugale”. La statistica ha i suoi limiti: una media piena di stereotipi sembra scordarsi di un arcipelago di situazioni molto distanti fra loro. Tra tante donne che restano single coi figli, c’è anche qualcuna che torna a vivere con i genitori, e non soltanto per economia. “Mi sono separata ed ero a pezzi, con mia figlia di appena tre mesi -racconta Angela, 36enne milanese-. È stata mia madre a dirmi: rialzati, la vedi quella bambina? Ha bisogno di te. Lei abitava in affitto, io avevo una casa senza ascensore in cui ogni giorno era un calvario salire con il passeggino e i sacchetti della spesa. Così ci siamo dette: ‘Chi ce lo fa fare?’. Ho venduto e assieme ci siamo trasferite in un bel bilocale, pieno di luce”. Due mamme e una figlia. Un uomo, una donna anziana, e una badante. La vita prosegue e parlare di ritorno al passato, in fondo, sarebbe sbagliato. A patto di saperla accettare anche quanto ti porta incontro a inaspettate giravolte: “Sai -aggiunge Angela-, ci siamo messe anche a cercare un’altra casa. Se trovassi un nuovo compagno, mia madre che farebbe?”. Guarda un po’. Potrebbe toccare a lei, presto, sentirsi terribilmente “bambocciona”.

Tocca spesso ai padri lasciare il tetto coniugale dopo la separazione.

Dopo l’esperienza di Bolzano Anche Milano sogna un residence per padri soli L’ultima a ricordarsene è stata l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Mariolina Moioli. A un pranzo per i senza dimora, organizzato dai City Angels all’inizio di settembre, ha buttato lì la proposta: “Vorrei realizzare una casa di accoglienza per i padri separati, che magari lasciano la casa alle mogli con i bambini e rimangono sulla strada

perché hanno difficoltà economiche e nessun aiuto”. Anche Milano, metropoli tra le più ostili a chi si trova in ristrettezze economiche, sembra insomma essersi accorta di una vera questione sociale pronta ad esplodere: il disagio economico vissuto da chi è reduce da una separazione. La capitale morale è in ritardo: in

Eidon/Donatella Giagnori

La casa natale si rivela un rifugio prezioso per sopportare il peso (economico) di un’unione spezzata. E così in 500mila bussano alla porta di mamma e papà. FRANCESCO ABIUSO

altre parti d’Italia sono in dirittura d’arrivo leggi articolate che prevedono diverse forme di sostegno, mentre iniziative private sono avviate già da anni. A Bolzano, un’abitazione per separati esiste dal 2004. L’ha fondata l’Associazione separati e divorziati. L’Ipes, istituto che gestisce le case popolari in provincia di Bolzano, ha messo a di-

sposizione due alloggi, e i volontari ne hanno ricavato cinque stanze. “Cucina e soggiorno sono in comune -spiega Elio Cirimbelli, presidente dell’associazione-, ma qui i separati possono portare anche i propri figli. Il canone mensile è di 200 euro. Servirebbero molte più strutture, perché il numero di separati è in aumento”. Cirimbelli potrebbe essere presto accontentato. Un emendamento alla legge sulla casa della provincia autonoma, presentato dal consigliere Mauro Minniti (An), ag-

giunge i separati assieme a stranieri e disabili fra le categorie di potenziali beneficiari dei posti nelle case-albergo, strutture abitative comuni a canone sociale. Segue a ruota la Liguria, prima in Italia per numero di separazioni: 7,5 coppie separate ogni mille. Una proposta di legge presentata in primavera dal consigliere regionale Alessio Saso (An) prevede la creazione di Centri di assistenza e mediazione familiare, sostegno psicologico e legale a chi si lascia e alloggi per padri separati.


Inserto al numero 156 di “Terre di mezzo”, ottobre novembre 2008

INSERTO DI TURISMO E TEMPO LIBERO, CULTURA DELLA TERRA E NUOVI CONSUMI

Redazione redazione@terre.it Hanno collaborato Francescco Abiuso Laura Bellomi Eleonora De Bernardi Michela Gelati Pubblicità Sisifo Italia info@sisifoitalia.it

Console tossiche Occhio alla console per videogiochi che avete in casa. Se è Sony, Microsoft o Nintendo contiene sostanze chimiche tossiche. Non c’è pericolo per la vostra salute mentre giocate, ma sarà inquinante per la terra e l’acqua il giorno in cui deciderete di disfarvene e finirà in qualche discarica. Greenpeace ha acquistato un campione di ciascuna delle tre console, le ha analizzate trovandoci diverse sostanze nocive (in particolare bromo e ftalati). Le tre multinazionali dell’elettronica potrebbero facilmente sostituirle con alternative più verdi, per questo Greenpeace ha deciso di lanciare la campagna “La battaglia dei videogiochi” e invita i possessori di console a scrivere alle tre grande aziende una lettera (scaricabile da www.greenpeace.it/console), in cui si chiede l’eliminazione delle sostanze tossiche e una migliore organizzazione dello smaltimento dei rifiuti elettronici.

DEL TANGO CI

IN QUATTRO

CHI L’HA

S’INNAMORA

UNIVERSITÀ

DETTO CHE

SUBITO

ITALIANE

ESISTE SOLO

E FA BENE ALLA COPPIA.

PRENDONO IL VIA I MASTER

IL FAST FOOD? OGGI

A ROMA E MILANO I CORSI

PER MANAGER DEL CONSUMO

IN STRADA SI POSSONO

PER NOVELLI “TANGUEROS”

CRITICO. UN LAVORO CHE

TROVARE ANCHE I SAPORI DI

SONO SEMPRE ESAURITI.

UNISCE ECONOMIA E IDEALI.

UNA VOLTA: MADE IN ITALY.


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TERRITORI

QUALCUNO LO SCOPRE AL PRIMO APPUNTAMENTO, ALTRI CI ARRIVANO

17 - 19 OTTOBRE

24 OTTOBRE - 7 NOVEMBRE

1 - 6 NOVEMBRE

LIGURIA. Tre giorni in compagnia dei pescatori, alla ricerca di saraghi, mormore e orate. Il viaggio prevede un’uscita in barca a partire del borgo di Framura, nelle Cinque Terre. Per conoscere i segreti più antichi della pesca. Costo: 170 euro. Info: www.viaggisolidali.it.

CAMERUN. Foreste, deserto e tribù. Dai mercati di Mokolo e Makénéné al palazzo del Sultano di Foumban, dalla traversata in piroga del fiume Tiko al trekking sul Monte Camerun, in realtà un vulcano. Costo: 1.200 euro. Info: www.viaggiemiraggi.org.

KOSOVO. Da Pristina verso Sud, per poi risalire a Pejë e tornare nel capoluogo. Viaggio nel Paese circondato dai Balcani, dimenticando i conflitti per scoprire le bellezze naturalistiche e la ricchezza di storia e culture. Costo: 950 euro. Info:www.planetviaggi.it.

Amore al primo passo

ALL’ETÀ DELLA PENSIONE. UNITI DALLA STRUGGENTE SENSUALITÀ DEL SIMBOLO DELL’ARGENTINA, I “TANGUEROS” DI CASA NOSTRA RIEMPIONO LE SCUOLE DI BALLO.

Il tempo LIBERATO

MICHELA GELATI

Roma, Notte Bianca 2007: tango argentino in piazza Santa Maria di Loreto. Sotto, una lezione di Danceability

“Il tango fa innamorare. Quasi più degli uomini”, sorride Tania costeggiando la pista da ballo dove uomini in camicia e donne con i tacchi alti ballano questa danza sensuale e malinconica, nata nei quartieri degli immigrati a Buenos Aires a fine Ottocento. A Roma, in un centro sportivo lungo il Tevere, si tengono le serate di RossoTango, scuola di ballo fondata dalla ballerina Antonella Mazzetti. Tania ci è arrivata dopo anni passati a ballare salsa. “Mi ha portata il mio ragazzo al primo appuntamento. Ma mi sono innamorata del tango prima che di lui”. Gli allievi hanno dai 25 ai 60 anni. I corsi di RossoTango, dove si registra sempre il tutto esaurito, sono strutturati in tre livelli di difficoltà e prevedono, oltre alla lezione di ballo di un’ora e mezza una volta a settimana, anche una domenica pomeriggio al mese di pratica di due ore e mezza e corsi di approfondimento su folklore e danze tipiche argentine. Antonella sta insegnando la chacarera, che si balla in gruppo, uomini da una parte in fila e donne dall’altra. “È una danza di corteggiamento in cui la donna deve avvicinarsi all’uomo ma anche voltargli le spalle” spiega. Anche il tango rappresenta una sensualità perduta. “Dentro il tango c’è tutta la vita -continua Antonella-. Le origini della relazione di coppia, la femminilità della donna e la mascolinità dell’uomo”. Lo spiega Aldo, 60 anni, accompagnato dalla moglie: “È l’unico ballo che

PER INFORMAZIONI RossoTango (Rm) tel. 3476251495, www.rossotango.com. Comuna Baires (Mi) tel. 0289121317, www.comunabaires.it. Argentino Tango (Rm) tel. 3339449790, www.argentinotango.com.

a una coppia fa provare questo”. Congiunge le mani: “Ti fa sentire una cosa sola”. Ma ai corsi ci si può iscrivere anche singolarmente e si balla con altri del gruppo o con gli assistenti dell’insegnante. Le lezioni iniziano a metà settembre e durano nove mesi, ma ci si può iscrivere anche a corso iniziato. Il costo è di 40 euro al mese, a cui si aggiungono 3 o 5 euro per le domeniche di ballo. I seminari di folklore, che si tengono nel week-end, costano 10 euro. E sempre tango, e con un nome

che sa di unione tra culture, è il progetto Tango Tano (“tango italiano”), organizzato a Milano dalla Comuna Baires, compagnia teatrale fondata da un gruppo di argentini fuggiti da Buenos Aires negli anni della dittatura militare. I corsi sono un viaggio a tutto tondo nella cultura argentina. Le lezioni si tengono ogni lunedì sera, dalle 19 alle 22.15, mentre il venerdì ci sono seminari sulla storia e le tecniche del tango o concerti. Sempre il venerdì, la sera tardi, lo spazio della Comuna Bai-

res si trasforma in una milonga, un locale tipico di Buenos Aires dove si balla tutta la notte anche se non si è iscritti ai corsi. E senza farsi scappare una cena argentina al ristorante dell’associazione: dalla carne alla griglia alle empanadas. Il pacchetto da dieci lezioni di Tango Tano costa 120 euro, la singola lezione 15 euro, mentre per la serata di ballo del venerdì si pagano 6 euro. Possono iscriversi al massimo 50 persone, e non è indispensabile venire in coppia. E per chi il tango non lo dimentica nemmeno in ferie, l’associazione Argentino Tango di Roma organizza vacanze-studio in Italia e all’estero. Per l’autunno/inverno 2008/2009 sono in programma una tre giorni a Volterra (360 euro), lezioni di Capodanno a 400 euro (dal 30 dicembre al 2 gennaio, luogo da definire) e a maggio una crociera danzante da Venezia a Istanbul. Unico requisito, essere perdutamente innamorati. Del tango.


TERRITORI 31 OTTOBRE - 9 NOVEMBRE

20 OTTOBRE - 6 NOVEMBRE

MALI. Alla scoperta di Bandiagara, falesia abitata dai Dogon, il “popolo delle stelle”. Visita a Djenne, con la moschea in argilla e paglia più grande al mondo, e ai villaggi Dogon, sospesi nel vuoto fra baobab e case a palafitta. Costo: 270 euro (volo escluso). Info: www.boscaglia.it.

RAJASTHAN (INDIA). Lo Stato più grande dell’India è pieno di arte, palazzi principeschi, ma anche di natura e varia umanità. Prevista una visita al progetto “Mesh” di artigianato per disabili che si contribuisce a finanziare con il viaggio. Costo: 1950 euro. Info: www.ramviaggi.it.

Calendario

Quando il tango fa bene alla coppia però questo tipo di ballo può aiutare a prendere coscienza della qualità del rapporto esistente fra un uomo e una donna. A volte permette di riscoprire antichi ruoli. “La donna ora ha più potere e parità e questo è giusto -continua Manusardi-. Ma è bello qualche volta farsi guidare, liberarsi delle responsabilità e perdere il dovere di controllare tutto e tutti”. Attenzione però: se è vero che il tango riesce a far superare la

Se pensate che il tango sia fatto di uomini all’antica e donne-burattino, è ora di cambiare idea. Perché la danza argentina è una perfetta terapia per la coppia. “Il tango non è per uomini-macho”, dice Tiziana Manusardi, ballerina e danzaterapeuta. “L’uomo deve guidare lasciando però alla donna alcuni spazi di creatività. È una metafora della relazione”. Non esistono ancora corsi di tangoterapia per coppie in crisi,

gelosia ballando anche con altri partner, spesso la coppia “scoppia” perché si evidenziano tensioni e problemi, “ma cambiare partner nel ballo rafforza il rapporto”. Non ci sono età giuste per il tango. “In Argentina lo ballano anche i bambini”, racconta Manusardi. “Però il tango è malinconia, distanza, struggimento dei migranti che ricordano la patria lontana: forse per questo le coppie più mature riescono a capirlo più a fondo”. Perché è come una storia d’amore, “dura tre minuti, ma è intensissima”. Per questo fa emergere emozioni inconsce nella coppia. “E a volte è più facile ballare con uno sconosciuto che con il partner”.

Negli Stati Uniti, dove è stata fondata dal danzatore e coreografo Alito Alessi, la chiamano contact improvisation: si balla in gruppo, su una base comune, poi tutto è lasciato all’immaginazione. E ci si muove a ritmo di musica anche se si è sempre pensato di non poterlo

Stefano Vallin

Simona Caleo / Eidon

Ballare senza barriere fare. Perché è proprio questa la particolarità della danceability, non terapia ma tecnica di ballo importata in Italia dall’associazione “Ottavo giorno” di Padova: far ballare chi non potrebbe perché non vede, si muove solo su sedia a rotelle o è affetto da autismo o sindrome di Down. “Si balla in coppia, meglio se formata da un disabile e un normodotato -spiega Marina Giacometti, danzatrice professionista che si occupa del progetto per la cooperativa-. Si parte da una base comune di passi e figure, ma poi la danza si sviluppa con l’improvvisazione e quello che ognuno riesce a fare”. Per esempio, chi sta su una sedia a rotelle userà le braccia e anche il movimento della sedia, i non vedenti usano molto il tatto per sentire il compagno. E chi soffre

di autismo riesce a trovare un altro modo di esprimersi attraverso il linguaggio del corpo. Il gruppo ideale è misto. Per i disabili, “è un modo di aprirsi, di uscire dai soliti ambienti, di scoprire di poter fare cose e esprimere potenzialità che non si pensava nemmeno di avere”. Alle lezioni partecipano anche attori e ballerini professionisti, perché la danceability permette di ritrovare il valore dei singoli movimenti. I corsi della cooperativa Ottavo giorno, a cui può partecipare un massimo di 40 persone, si svolgono da novembre a maggio, un sabato al mese per cinque ore, dalle 14.30 alle 19.30. Costo: 50 euro a incontro o 200 euro per l’intero corso annuale. Per info e prenotazioni, www.ottavogiorno.net/laboratori.

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Oceani NOTIZIE DAL MONDO DELLA NONVIOLENZA

PACIFICI

COMMERCIO NUCLEARE: ALLARME PER L’INDIA Comunità internazionale preoccupata dopo la revoca dell’embargo sul commercio nucleare con l’India decisa l’8 settembre dal “Nuclear suppliers group”, i 45 Paesi fornitori di materiale nucleare. Il provvedimento è stato promosso dagli Stati Uniti: nel 2006 George Bush e il primo ministro indiano, Manmohan Singh, hanno firmato un accordo di cooperazione nucleare. Un solo voto sarebbe bastato a bloccare la decisione, ma i 45 componenti dell’organismo, nato nel 1974 proprio dopo i test nucleari indiani di Pokharan, hanno detto tutti sì. Per Jayantha Dhanapala, ex Sottosegretario Generale dell’Onu, ci sono state “pressioni brutali ed inaccettabili” esercitate sui pochi Stati che si opponevano. A differenza di altri 178 Stati, l’India non ha mai firmato il ‘Trattato di non proliferazione nucleare’ (Tnp) del 1968 e il ‘Trattato per la messa al bando delle sperimentazioni’ (Ctbt) del 1996.

L'accordo è stato firmato a Brasilia dai ministri degli Esteri di entrambi i Paesi: Brasile e Mozambico collaboreranno nella produzione di farmaci contro l’Aids. L’intesa prevede un’ampia collaborazione tra africani e sudamericani in campo medico, ma soprattutto prevede l’impegno congiunto a portare a Maputo, capitale del Mozambico, un centro per lo studio e la produzione di medicinali anti-retrovirali e di farmaci generici. Il Mozambico è tra le nazioni più colpite dall’Aids. Sieropositivo, secondo l’Unicef, è il 16,2per cento della popolazione nella fascia tra i 15 e i 49 anni (per il 70% sono donne), mentre i bambini colpiti dal virus dell’Hiv sono 92mila. CARACAS, UNA PISTOLA PER UN PALLONE Un pallone o una bicicletta a ogni bambino in cambio della sua pistola giocattolo. Un gesto educativo a ogni latitudine, ma ancora più importante se accade in uno dei quartieri più pericolosi al mondo: il barrìo Petare, periferia di Caracas. L'iniziativa è della squadra anticrimine della Polizia. “Vogliamo istruire i bambini sulla pericolosità delle armi e richiamare le coscienze dei loro genitori -ha dichiarato Edwin Rojas, direttore del Centro de prevencion de Crimines-. Troppo spesso la violenza si genera all'interno dei nuclei familiari, e i figli di gente violenta abituata a possedere armi rischiano di crescere allo stesso modo”. Il progetto sta avendo successo, a giudicare dalle file di bambini in attesa dello scambio. È stato così deciso di estenderlo anche ad altri quartieri e città del Paese.


TERRITORI

SEMPRE GETTONATI. GLI IDEALI AIUTANO NELLO STUDIO, MA PER AFFERMARSI BISOGNA CONOSCERE BENE LE LINGUE E SAPER GESTIRE I RAPPORTI UMANI.

Dietro I CONSUMI

LAURA BELLOMI

19 OTTOBRE

18 - 26 OTTOBRE

PARMA. “Kuminda”: festival del cibo equo e sostenibile. Espongono botteghe, centrali di importazione, associazioni di cooperazione allo sviluppo impegnate nel consumo critico, nella finanza etica e nel turismo responsabile. Info: www.kuminda.it.

GUBBIO. “Altrocioccolato”: ottava edizione della festa del cacao equo e solidale. Informazione sul consumo critico, momenti di festa e musica, spettacoli teatrali, confronti con l'associazionismo, tutto con lo slogan “Equalizziamoci”. Info: www.altrocioccolato.org.

SCHIO (VI). “La montagna in città”: fiera dei prodotti agricoli tipici e biologici della montagna vicentina organizzata dalla Comunità Montana Leogra Timonchio. Info: www.cmleogratimonchio.it.

LEGNANO (MI). “Tuttonatura”: mercato di prodotti alimentari biologici, esposizioni di artigiani, associazioni, prodotti del sud del mondo. Organizzato dal Circolo Fratellanza e pace. Info: www.circolone.it.

ITALIA. “Io faccio la spesa giusta”: oltre 3mila ristoranti e punti vendita aderiscono alla settimana promossa da Fairtrade Italia. Incontri, concerti, cene, degustazioni, promozioni e reading per scoprire il commercio equo e solidale. Info: www.equo.it.

Calendario

Una passione che diventa lavoro

Manager equi e solidali Una laurea triennale e il desiderio di conciliare i valori etici e sociali con la scienza economica. Sono questi i presupposti richiesti a chi vuole iscriversi ad uno dei master attivati per gli aspiranti manager del consumo critico. Corsi semestrali o annuali, preparazione teorica e pratica. Perché se in Italia più di 12 milioni di consumatori conoscono i prodotti del commercio equo, è necessario che a gestire filiere, scambi e vendita che generano movimenti economici per 50 milioni di euro l’anno, siano veri e propri professionisti. Ed è così che laureati, ma anche operatori del settore, tornano sui banchi con un obiettivo preciso: acquisire i fondamenti di finanza etica, certificazione sociale, bilanci sociali e commercio internazionale. Di solito i posti disponibili sono sempre esauriti. A cinque anni dall’avvio dei corsi, il primo venne attivato dalla Università di Urbino nel 2003, i docenti assicurano che a fine master i partecipanti sono in grado di operare in autonomia all’interno di istituzioni, organizzazioni no profit e del commercio equo. Il tutto grazie alle lezioni di economia, sociologia, comunicazione e diritto. E ancora, management e finanza, progettazione e marketing. “Uno degli obiettivi è affinare le capacità di analisi, organizzazione, gestione e promozione delle attività -spiega Cesare Zanasi che nel 2005 ha guidato il master in ‘Commercio equo e so-

lidale, gestione e certificazione etica e biologica dei sistemi agro alimentari’ di Bologna-. Una buona formazione non solo è utile ma è anche necessaria per gestire l’attività, il 90 per cento dei nostri studenti trova occupazione in ambiti congruenti: lo scopo ultimo dei corsi è formare i quadri”. Una formazione interdisciplinare fatta di lezioni frontali ma anche stage in cooperative, fondazioni e imprese sociali, in Italia come all’estero, utili per mettere alla prova le nozioni apprese sui libri: “Il nostro corso prevede tre settimane fra Sri Lanka, Argentina e Mali per toccare con mano le situazioni locali e imparare a gestire rapporti con persone e realtà molto diverse -spiega Ilaria Urbinati, docente del master ‘Finanza per lo sviluppo’ dell’Università di Parma-. Oltre alla preparazione teorica, quella pratica è altrettanto importante, bisogna conoscere bene le lingue e saper tenere i rapporti: due cose che si imparano solo sul campo”. Come dire che la sinergia fra il mondo accademico e le aziende permette ai ragazzi di uscire dalla nicchia della preparazione teorica. Prima di buttarsi nel mondo del lavoro gli studenti devono presentare una tesi di laurea. “Si tratta di un elaborato da 6 crediti per cui sono previste 150 ore di lavoro -spiegano dalla segreteria master di Urbino-. Il tema in genere si concorda, ma sono molto graditi gli approfondimenti sociolo-

Da cliente a corresponsabile della bottega. Fabiana Pozzolini, 27 anni e un incarico al negozio Chico Mendes di via Cesare Correnti a Milano, l’interesse per il terzo settore l’aveva sempre avuto. Così, dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, Fabiana spedisce il curriculum a Ctm Altromercato, uno dei consorzi di commercio equo. Come andò il colloquio? Non come desideravo: mi dissero chiaramente che cercavano qualcuno con un’esperienza pregressa, una persona già formata. In pratica un professionista? Esatto. Non ottenni il lavoro e mi buttai in un’esperienza lavorativa all’estero.

Giovani in visita ai partner del Sud del mondo e al lavoro in bottega (Archivio Chico Mendes)

gici o gestionali delle politiche per il no profit. Oppure, un’analisi a partire dall’esperienza di stage”. Gli atenei che quest’anno si sono attrezzati per attivare i master sono quattro: “Non sono tantissimi ma bisogna considerare che il mercato non è ancora così vasto, i posti per manager del consumo critico non sono illimitati -conclude Cesare Zanasi- per questo motivo a Bologna ci siamo presi una pausa e il master, in versione internazionale con lezioni in inglese, verrà riproposto nel 2010. Una cosa però è certa: fra gli studenti entusiasmo e afflato etico non mancano certo”.

Archivio Coop. Chico Mendes

CONSUMO CRITICO SONO

18 - 19 OTTOBRE

Milano, Parma, Roma e Urbino. Sono quattro gli atenei italiani che per il prossimo anno accademico propongono master sul commercio critico. Numero chiuso in tutte le università -per ogni corso i posti disponibili oscillano fra i venti e venticinque-, rette che raggiungono anche 3mila euro e borse di studio per i più meritevoli. Alcuni bandi sono già online: condizione necessaria, in tutti gli atenei, il diploma di laurea. ROMA E URBINO Il master “Lavorare nel non profit” viene organizzato congiuntamente dalla facoltà di Economia e sociologia dell'Università Carlo Bo di Urbino e dalla facoltà di Economia dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata. Le lezioni iniziano a novembre. Per info: www.uniurb.it e www.fad.economia.uniroma2.it. MILANO Nel capoluogo lombardo inizieranno, sempre a novembre, e si concluderanno dopo 12 mesi i moduli di “Economia civile e non profit”, il

master nato in Bicocca come corso di perfezionamento e da quest’anno trasformato in master di II livello. Per info: www.masterecocivile.altervista.org. PARMA Grazie a una collaborazione fra la facoltà di Economia dell’Università degli studi ed Etimos, il consorzio che raccoglie risparmio in Italia a sostegno di esperienze microimprenditoriali nei Paesi in via di sviluppo, da gennaio si potrà studiare per diventare professionisti del microcredito. Per info: http://finanzaperlosviluppo.it.

Sempre con un pensiero al commercio critico? Tenevo d’occhio tutte le opportunità e quando nel 2005 uscì il bando per il master “Commercio equo e solidale, gestione e certificazione etica e biologica dei sistemi agro alimentari” all’Università di Bologna, partecipai alla selezione. Fui ammessa e cominciarono sei mesi di lezioni in aula due giorni la settimana e poi tre mesi di stage. Dove hai fatto il tirocinio? Nelle botteghe della cooperativa

Fabiana Pozzolini

Chico Mendes, a Milano. È stata un’esperienza positiva e fortunata, tant’è che finiti i mesi di pratica sono rimasta a lavorare nel settore comunicazione. Quanto ha inciso il master nel percorso lavorativo? Dal punto di vista della formazione moltissimo. I docenti erano professionisti del settore: ci hanno illustrato gli scenari internazionali della Banca Mondiale come del Wto (World trade organization). Poi la pratica ha completato la formazione. Quanto guadagni? Circa mille euro al mese, non proprio uno sproposito. Ma c’è da considerare anche la politica della cooperativa, che per scelta non prevede stipendi da capogiro. Comunque l’obiettivo l’ho raggiunto: ho trovato lavoro dove volevo.

Ricordi dal Senegal nelle foto di famiglia Ogni migrante parte con un tesoro: sono le foto dei propri familiari. Alla “Fabbrica del vapore” di Milano, per tutto il mese di ottobre, è possibile visitare la mostra, "Ritratti dal Senegal”, con 120 foto cedute da alcuni senegalesi all’associazione Fototracce. Ne parliamo con Melissa Nicolini, una delle curatrici della mostra. Come è nato questo progetto? Siamo un’associazione che si occupa di fotografia e ci interessava approfondire uno degli aspetti meno noti della cultura senegalese: il fotoritratto. Fin dagli anni ’50, infatti, il ritratto fotografico di studio ha conosciuto un grandissimo successo. Oggi lascia il posto alle più moderne istantanee a colori, ma la tradizione del ritratto riveste tuttora in quel Paese africano una grande importanza.

Come siete riusciti a raccogliere tante immagini? Grazie alla collaborazione delle associazioni senegalesi Sunugal, Asmp e Fasni abbiamo incontrato uomini e donne immigrate in Italia e abbiamo chiesto loro di mostrarci e raccontarci le fotografie che hanno portato con sé dal Senegal. Dalla selezione di questo materiale è nata la mostra. Quali sono i soggetti più ricorrenti? Sono immagini scattate soprattutto

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Laboratori INNOVAZIONI RETI, MOVIMENTI

SOCIALI

UN CONDOMINIO “SOLIDALE” A PISTOIA A Pistoia sta per nascere il primo condominio solidale della città. Sarà composto da 53 appartamenti e in questi andranno a vivere anziani rimasti soli o piccoli nuclei familiari. A realizzarlo sarà l’Arciconfraternita della Misericordia di Pistoia. I lavori di costruzione partiranno entro la fine dell’anno o all’inizio del 2009. Gli appartamenti saranno dotati di ogni confort. Il complesso abitativo sarà all'interno del Parco della Vergine, sulla via Bonellina. Gli ospiti della struttura potranno continuare a svolgere la propria vita in piena autonomia, potendo contare in caso di necessità sull'assistenza medica e quella infermieristica. Previsto anche il servizio di spesa a casa, e l’accompagnamento in città per commissioni.

Dopo la confisca ai clan mafiosi, due immobili di Palermo sono stati donati dal Comune ad altrettante associazioni attive nell’assistenza ai più deboli: la onlus “Nuova era a viso aperto onlus”, che si occupa di volontariato ospedaliero, e l’associazione “Futuro semplice”, che assiste persone con gravi disabilità. “Stiamo lavorando per offrire un alloggio alle famiglie che arrivano a Palermo per curarsi” ha spiegato l’assessore alle Risorse immobiliari, Pippo Enea. FAVOLE E RACCONTI SUL FAIRTRADE S’intitola “Lontano ma vicino. Il commercio equo e solidale” il nuovo libro pubblicato da Giunti, per spiegare ai bambini come arrivano sulle nostre tavole cioccolata, banane, caffè e tanti altri cibi. Il libro racconta il lungo viaggio di questi prodotti, dai Paesi d’origine al nostro frigorifero. Scopo del volumetto, curato da Michele Mingrone assieme alla ong “Gvc” e a Fairtrade Italia, è far comprendere ai ragazzini dagli 8 ai 14 anni quanto le scelte di consumo quotidiano possano incidere sulla vita di milioni di persone. Le spiegazioni sono accompagnate da alcuni divertenti quiz per mettere alla prova il proprio grado di “equità solidale”.

BUONE PRATICHE PER VIVERE MEGLIO

Tutti i master del commercio critico 20O8

I CORSI POST LAUREA IN

16 - 19 OTTOBRE

FA’ LA COSA GIUSTA!

SEMESTRALI O ANNUALI,

TERRITORI 12 - 13 - 14 OTTOBRE

Agenzia Fotogramma

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durante battesimi, matrimoni e feste religiose. Inoltre, molti senegalesi ci hanno portato le foto dei genitori, per i quali in genere hanno un profondo rispetto. Ci sono poi scatti realizzati in Italia. Quale messaggio volete lanciare con questa mostra? È l’occasione per conoscere la cultura e la vita di una delle comunità di immigrati presenti a Milano, la nostra città. Ogni foto è accompagnata da una breve didascalia, in cui la stessa persona che ce l’ha donata descrive le circostanze in cui è stata scattata l’immagine ed eventuali aneddoti. È quindi una mostra che si basa sulla memoria dei migranti. Le foto realizzate in Italia invece ci permettono di capire qualcosa di più su come vivono qui e quale rapporto hanno con la nostra società.

“Portalé yuu Senegal/Ritratti dal Senegal”, dal 5 al 26 ottobre, alla Fabbrica del vapore, via Procaccini 4 a Milano. Ingresso libero. www.fototracce.it/ritrattidalsenegal


TERRITORI

SEMPRE GETTONATI. GLI IDEALI AIUTANO NELLO STUDIO, MA PER AFFERMARSI BISOGNA CONOSCERE BENE LE LINGUE E SAPER GESTIRE I RAPPORTI UMANI.

Dietro I CONSUMI

LAURA BELLOMI

19 OTTOBRE

18 - 26 OTTOBRE

PARMA. “Kuminda”: festival del cibo equo e sostenibile. Espongono botteghe, centrali di importazione, associazioni di cooperazione allo sviluppo impegnate nel consumo critico, nella finanza etica e nel turismo responsabile. Info: www.kuminda.it.

GUBBIO. “Altrocioccolato”: ottava edizione della festa del cacao equo e solidale. Informazione sul consumo critico, momenti di festa e musica, spettacoli teatrali, confronti con l'associazionismo, tutto con lo slogan “Equalizziamoci”. Info: www.altrocioccolato.org.

SCHIO (VI). “La montagna in città”: fiera dei prodotti agricoli tipici e biologici della montagna vicentina organizzata dalla Comunità Montana Leogra Timonchio. Info: www.cmleogratimonchio.it.

LEGNANO (MI). “Tuttonatura”: mercato di prodotti alimentari biologici, esposizioni di artigiani, associazioni, prodotti del sud del mondo. Organizzato dal Circolo Fratellanza e pace. Info: www.circolone.it.

ITALIA. “Io faccio la spesa giusta”: oltre 3mila ristoranti e punti vendita aderiscono alla settimana promossa da Fairtrade Italia. Incontri, concerti, cene, degustazioni, promozioni e reading per scoprire il commercio equo e solidale. Info: www.equo.it.

Calendario

Una passione che diventa lavoro

Manager equi e solidali Una laurea triennale e il desiderio di conciliare i valori etici e sociali con la scienza economica. Sono questi i presupposti richiesti a chi vuole iscriversi ad uno dei master attivati per gli aspiranti manager del consumo critico. Corsi semestrali o annuali, preparazione teorica e pratica. Perché se in Italia più di 12 milioni di consumatori conoscono i prodotti del commercio equo, è necessario che a gestire filiere, scambi e vendita che generano movimenti economici per 50 milioni di euro l’anno, siano veri e propri professionisti. Ed è così che laureati, ma anche operatori del settore, tornano sui banchi con un obiettivo preciso: acquisire i fondamenti di finanza etica, certificazione sociale, bilanci sociali e commercio internazionale. Di solito i posti disponibili sono sempre esauriti. A cinque anni dall’avvio dei corsi, il primo venne attivato dalla Università di Urbino nel 2003, i docenti assicurano che a fine master i partecipanti sono in grado di operare in autonomia all’interno di istituzioni, organizzazioni no profit e del commercio equo. Il tutto grazie alle lezioni di economia, sociologia, comunicazione e diritto. E ancora, management e finanza, progettazione e marketing. “Uno degli obiettivi è affinare le capacità di analisi, organizzazione, gestione e promozione delle attività -spiega Cesare Zanasi che nel 2005 ha guidato il master in ‘Commercio equo e so-

lidale, gestione e certificazione etica e biologica dei sistemi agro alimentari’ di Bologna-. Una buona formazione non solo è utile ma è anche necessaria per gestire l’attività, il 90 per cento dei nostri studenti trova occupazione in ambiti congruenti: lo scopo ultimo dei corsi è formare i quadri”. Una formazione interdisciplinare fatta di lezioni frontali ma anche stage in cooperative, fondazioni e imprese sociali, in Italia come all’estero, utili per mettere alla prova le nozioni apprese sui libri: “Il nostro corso prevede tre settimane fra Sri Lanka, Argentina e Mali per toccare con mano le situazioni locali e imparare a gestire rapporti con persone e realtà molto diverse -spiega Ilaria Urbinati, docente del master ‘Finanza per lo sviluppo’ dell’Università di Parma-. Oltre alla preparazione teorica, quella pratica è altrettanto importante, bisogna conoscere bene le lingue e saper tenere i rapporti: due cose che si imparano solo sul campo”. Come dire che la sinergia fra il mondo accademico e le aziende permette ai ragazzi di uscire dalla nicchia della preparazione teorica. Prima di buttarsi nel mondo del lavoro gli studenti devono presentare una tesi di laurea. “Si tratta di un elaborato da 6 crediti per cui sono previste 150 ore di lavoro -spiegano dalla segreteria master di Urbino-. Il tema in genere si concorda, ma sono molto graditi gli approfondimenti sociolo-

Da cliente a corresponsabile della bottega. Fabiana Pozzolini, 27 anni e un incarico al negozio Chico Mendes di via Cesare Correnti a Milano, l’interesse per il terzo settore l’aveva sempre avuto. Così, dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, Fabiana spedisce il curriculum a Ctm Altromercato, uno dei consorzi di commercio equo. Come andò il colloquio? Non come desideravo: mi dissero chiaramente che cercavano qualcuno con un’esperienza pregressa, una persona già formata. In pratica un professionista? Esatto. Non ottenni il lavoro e mi buttai in un’esperienza lavorativa all’estero.

Giovani in visita ai partner del Sud del mondo e al lavoro in bottega (Archivio Chico Mendes)

gici o gestionali delle politiche per il no profit. Oppure, un’analisi a partire dall’esperienza di stage”. Gli atenei che quest’anno si sono attrezzati per attivare i master sono quattro: “Non sono tantissimi ma bisogna considerare che il mercato non è ancora così vasto, i posti per manager del consumo critico non sono illimitati -conclude Cesare Zanasi- per questo motivo a Bologna ci siamo presi una pausa e il master, in versione internazionale con lezioni in inglese, verrà riproposto nel 2010. Una cosa però è certa: fra gli studenti entusiasmo e afflato etico non mancano certo”.

Archivio Coop. Chico Mendes

CONSUMO CRITICO SONO

18 - 19 OTTOBRE

Milano, Parma, Roma e Urbino. Sono quattro gli atenei italiani che per il prossimo anno accademico propongono master sul commercio critico. Numero chiuso in tutte le università -per ogni corso i posti disponibili oscillano fra i venti e venticinque-, rette che raggiungono anche 3mila euro e borse di studio per i più meritevoli. Alcuni bandi sono già online: condizione necessaria, in tutti gli atenei, il diploma di laurea. ROMA E URBINO Il master “Lavorare nel non profit” viene organizzato congiuntamente dalla facoltà di Economia e sociologia dell'Università Carlo Bo di Urbino e dalla facoltà di Economia dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata. Le lezioni iniziano a novembre. Per info: www.uniurb.it e www.fad.economia.uniroma2.it. MILANO Nel capoluogo lombardo inizieranno, sempre a novembre, e si concluderanno dopo 12 mesi i moduli di “Economia civile e non profit”, il

master nato in Bicocca come corso di perfezionamento e da quest’anno trasformato in master di II livello. Per info: www.masterecocivile.altervista.org. PARMA Grazie a una collaborazione fra la facoltà di Economia dell’Università degli studi ed Etimos, il consorzio che raccoglie risparmio in Italia a sostegno di esperienze microimprenditoriali nei Paesi in via di sviluppo, da gennaio si potrà studiare per diventare professionisti del microcredito. Per info: http://finanzaperlosviluppo.it.

Sempre con un pensiero al commercio critico? Tenevo d’occhio tutte le opportunità e quando nel 2005 uscì il bando per il master “Commercio equo e solidale, gestione e certificazione etica e biologica dei sistemi agro alimentari” all’Università di Bologna, partecipai alla selezione. Fui ammessa e cominciarono sei mesi di lezioni in aula due giorni la settimana e poi tre mesi di stage. Dove hai fatto il tirocinio? Nelle botteghe della cooperativa

Fabiana Pozzolini

Chico Mendes, a Milano. È stata un’esperienza positiva e fortunata, tant’è che finiti i mesi di pratica sono rimasta a lavorare nel settore comunicazione. Quanto ha inciso il master nel percorso lavorativo? Dal punto di vista della formazione moltissimo. I docenti erano professionisti del settore: ci hanno illustrato gli scenari internazionali della Banca Mondiale come del Wto (World trade organization). Poi la pratica ha completato la formazione. Quanto guadagni? Circa mille euro al mese, non proprio uno sproposito. Ma c’è da considerare anche la politica della cooperativa, che per scelta non prevede stipendi da capogiro. Comunque l’obiettivo l’ho raggiunto: ho trovato lavoro dove volevo.

Ricordi dal Senegal nelle foto di famiglia Ogni migrante parte con un tesoro: sono le foto dei propri familiari. Alla “Fabbrica del vapore” di Milano, per tutto il mese di ottobre, è possibile visitare la mostra, "Ritratti dal Senegal”, con 120 foto cedute da alcuni senegalesi all’associazione Fototracce. Ne parliamo con Melissa Nicolini, una delle curatrici della mostra. Come è nato questo progetto? Siamo un’associazione che si occupa di fotografia e ci interessava approfondire uno degli aspetti meno noti della cultura senegalese: il fotoritratto. Fin dagli anni ’50, infatti, il ritratto fotografico di studio ha conosciuto un grandissimo successo. Oggi lascia il posto alle più moderne istantanee a colori, ma la tradizione del ritratto riveste tuttora in quel Paese africano una grande importanza.

Come siete riusciti a raccogliere tante immagini? Grazie alla collaborazione delle associazioni senegalesi Sunugal, Asmp e Fasni abbiamo incontrato uomini e donne immigrate in Italia e abbiamo chiesto loro di mostrarci e raccontarci le fotografie che hanno portato con sé dal Senegal. Dalla selezione di questo materiale è nata la mostra. Quali sono i soggetti più ricorrenti? Sono immagini scattate soprattutto

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Laboratori INNOVAZIONI RETI, MOVIMENTI

SOCIALI

UN CONDOMINIO “SOLIDALE” A PISTOIA A Pistoia sta per nascere il primo condominio solidale della città. Sarà composto da 53 appartamenti e in questi andranno a vivere anziani rimasti soli o piccoli nuclei familiari. A realizzarlo sarà l’Arciconfraternita della Misericordia di Pistoia. I lavori di costruzione partiranno entro la fine dell’anno o all’inizio del 2009. Gli appartamenti saranno dotati di ogni confort. Il complesso abitativo sarà all'interno del Parco della Vergine, sulla via Bonellina. Gli ospiti della struttura potranno continuare a svolgere la propria vita in piena autonomia, potendo contare in caso di necessità sull'assistenza medica e quella infermieristica. Previsto anche il servizio di spesa a casa, e l’accompagnamento in città per commissioni.

Dopo la confisca ai clan mafiosi, due immobili di Palermo sono stati donati dal Comune ad altrettante associazioni attive nell’assistenza ai più deboli: la onlus “Nuova era a viso aperto onlus”, che si occupa di volontariato ospedaliero, e l’associazione “Futuro semplice”, che assiste persone con gravi disabilità. “Stiamo lavorando per offrire un alloggio alle famiglie che arrivano a Palermo per curarsi” ha spiegato l’assessore alle Risorse immobiliari, Pippo Enea. FAVOLE E RACCONTI SUL FAIRTRADE S’intitola “Lontano ma vicino. Il commercio equo e solidale” il nuovo libro pubblicato da Giunti, per spiegare ai bambini come arrivano sulle nostre tavole cioccolata, banane, caffè e tanti altri cibi. Il libro racconta il lungo viaggio di questi prodotti, dai Paesi d’origine al nostro frigorifero. Scopo del volumetto, curato da Michele Mingrone assieme alla ong “Gvc” e a Fairtrade Italia, è far comprendere ai ragazzini dagli 8 ai 14 anni quanto le scelte di consumo quotidiano possano incidere sulla vita di milioni di persone. Le spiegazioni sono accompagnate da alcuni divertenti quiz per mettere alla prova il proprio grado di “equità solidale”.

BUONE PRATICHE PER VIVERE MEGLIO

Tutti i master del commercio critico 20O8

I CORSI POST LAUREA IN

16 - 19 OTTOBRE

FA’ LA COSA GIUSTA!

SEMESTRALI O ANNUALI,

TERRITORI 12 - 13 - 14 OTTOBRE

Agenzia Fotogramma

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durante battesimi, matrimoni e feste religiose. Inoltre, molti senegalesi ci hanno portato le foto dei genitori, per i quali in genere hanno un profondo rispetto. Ci sono poi scatti realizzati in Italia. Quale messaggio volete lanciare con questa mostra? È l’occasione per conoscere la cultura e la vita di una delle comunità di immigrati presenti a Milano, la nostra città. Ogni foto è accompagnata da una breve didascalia, in cui la stessa persona che ce l’ha donata descrive le circostanze in cui è stata scattata l’immagine ed eventuali aneddoti. È quindi una mostra che si basa sulla memoria dei migranti. Le foto realizzate in Italia invece ci permettono di capire qualcosa di più su come vivono qui e quale rapporto hanno con la nostra società.

“Portalé yuu Senegal/Ritratti dal Senegal”, dal 5 al 26 ottobre, alla Fabbrica del vapore, via Procaccini 4 a Milano. Ingresso libero. www.fototracce.it/ritrattidalsenegal


TERRITORI

MANGIARE VELOCEMENTE TRA PIADINE, ARANCINI E PANINI ALLA TRIPPA, LO STREET FOOD MADE IN ITALY RISCUOTE UN GRAN SUCCESSO. E LE OCCASIONI PER PROVARLO SI MOLTIPLICANO.

23 - 24 OTTOBRE

MILANO. Corso per la progettazione di impianti solari fotovoltaici in Conto energia. Lezioni di tecnologia solare, sulle procedure amministrative per la realizzazione di impianti; con visita a un impianto. Costo: 500 euro. Info: www.casasoleil.it.

ROMA. “Klimahouse Roma 08”: prima fiera-congresso nella Capitale dedicata all’efficienza energetica e all’edilizia sostenibile. Al Palazzo dei Congressi dell’Eur intervengono esperti di risparmio energetico. Info: www.klimahouse-roma.it.

Non solo panini. Se si vuole mangiare velocemente e a prezzi contenuti non è necessario scegliere piatti poco elaborati: anche il cibo di strada può essere ricco e curato. Parola di Slowfood, l’associazione che da vent’anni si batte contro l’omologazione dei sapori e che quest’anno, per la prima volta, dedica ai pasti on the road un’intera sezione del Salone del gusto (www.salonedelgusto.it), una delle più autorevoli fiere del cibo di qualità (a Torino dal 23-27 ottobre 2008). Dai più noti come la focaccia genovese e la piadina romagnola, a quelli più circoscritti a livello locale come il lampredotto (trippa fiorentina), il pesce fritto veneto, le bombette pugliesi, le panelle e gli arancini siciliani, fino alle specialità di Kurdistan e Cina. Ma come mai l’associazione nata in risposta all’invasione dei fast food difende un modo di mangiare rapido ed economico? “Bisogna fare dei distinguo -spiega Walter Bordo di Slowfood-: non tutto il fast è sinonimo di scadente. Molte specialità di strada hanno una storia millenaria e di veloce hanno solo il consumo”. La preparazione, infatti, spesso è molto lunga. “Per il lampredotto fiorentino ci vuole almeno un’ora di cottura” spiega Leonardo Torrini, trippaio con orgoglio da oltre 15 anni. Si prepara prima un brodo di verdure. Quando bolle si aggiunge il lampredotto, un tipo di trippa, e si fa andare a fuoco bassissimo per almeno tre quarti d’ora. Infine si serve la carne a piccoli pezzi su un panino imbevuto di brodo, con salsa verde o piccante (vietato chiedere maionese o ketchup!). “Fino a quarant’anni fa c’erano ancora i carretti che lo vendevano in giro per la città racconta-. Al mio chiosco, alla periferia di Firenze (in viale Giannotti, ndr), servo ogni giorno fino a 200 lampredotti. E il bello è che piacciono anche agli immigrati, arabi e cinesi compresi”. Altrettanto elaborata è la preparazione degli arancini siciliani che prevede ben tre fasi: si cuoce il riso con zafferano, sugo (di solito a base di pomodoro), carne e piselli. Poi si fanno le polpettine con un dadino di formaggio caciocavallo al centro e, infine, si impanano e friggono ad una ad una. Un bel lavoro insomma, che l’Antica focacceria San Francesco di Palermo porta avanti dal 1834, testimoniando così la tradizione secolare di questo cibo di strada. “Solo in questo locale si friggono ogni giorno migliaia di arancini e altrettante panelle (frittatine di

Cultura DELLA TERRA

ELEONORA DE BERNARDI

23 - 25 OTTOBRE

PARMA. Corso per la costruzione di un edificio autoportante: lezioni dedicate all’intonaco. Il ciclo di incontri prevede la costruzione di una struttura di un piano con balle di paglia e intonacatura in calce e terra cruda. Costo: 135 euro. Info: bat_21@libero.it.

Sulle strade del gusto

CHI L’HA DETTO CHE PREGIUDICA I SAPORI?

10 - 12 OTTOBRE

farina di ceci)”, raccontano al negozio, gestito dai fratelli Fabio e Vincenzo Conticello. Altrettanto diffuso e storico è il cartoccio di pesce di laguna fritto (calamari, ma anche sarde, alici, canestrelli) che si mangia sul li-

torale veneto. Ma non tutti gli street food di qualità hanno una storia secolare. Tra le scoperte del XX secolo c’è, ad esempio, la bombetta pugliese, una specie di fagottino di capocollo di maiale, con all’in-

terno prezzemolo, sale, pepe e formaggio. “La bombetta -racconta Francesco Biasi, responsabile pugliese di Slowfood- è nata a Martina Franca meno di 40 anni fa dalla sperimentazione di un macellaio, Franco Vito detto U’ salvasod, e si è diffusa presto in tutta la Murgia per la sua bontà. Il formaggio, fondendosi, sigilla questo gomitolo di carne, che in bocca scoppia letteralmente, liberando un’esplosione di sapori”. Insomma, per godere della buona cucina a volte basta davvero un attimo.

Il Festival di Cesena La città romagnola propone ogni anno, a fine settembre, il Festival del cibo di strada: tre giorni per tuffarsi nelle più gustose tradizioni gastronomiche italiane e straniere (le immagini si riferiscono all’edizione 2007, ndr).

LA RICETTA

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Quando il passaparola dell’invito a cena è girato un po’ troppo, quando realizzi che per moltiplicare la ricetta della nonna per tutti i tuoi ospiti dovresti disporre di un calcolatore della Nasa, non ti preoccupare: Terre di mezzo ha qualcosa per te. Si tratta di “Cen’è per tutti, libro di ricette per 60 persone o più”. Il risultato è garantito dall’associazione di volontariato “Cena dell’Amicizia” che da 40 anni li sperimenta nella sua cucina e li offre ai suoi amici, persone senza dimora, anziani ed emarginati.

La zuppa di Mario Ingredienti per 60 persone: 10 gambi di sedano, 7 cipolle, 10/15 carote, 3 kg di fagioli con l’occhio, 120 salamini freschi, 2 kg di cotenne pulite, alloro, sale, pepe, un bicchiere di olio di oliva. Pentolame: un pentolone del diametro di 55 cm, altezza 60 cm, un frullatore a immersione.

Tagliate grossolanamente le verdure. Scaldate un po’ d’olio nel pentolone, dopo qualche minuto aggiungete le verdure, fate cuocere per 5/10 minuti, se necessario aggiungete un po’ di acqua. Versate i fagioli (in ammollo dalla sera prima) nel pentolone, aggiungete le cotenne e riempite con abbondante acqua calda. Aggiungete l’alloro, sale e pepe e lasciate cuocere un’oretta. Quindi tuffate anche i salamini, lasciateli cuocere ancora un’ora. Prelevate metà dei fagioli e frullateli, riversate il composto cremoso nel pentolone, mescolate bene e dopo un quarto d’ora spegnete, lasciando riposare 10 minuti e servite, magari con del pane tostato. Pelletta, Lecchini, Acanfora Cen’è per tutti Terre di mezzo Editore, 7 euro www.terre.it, www.cenadellamicizia.it


TERRITORI 24 - 25 OTTOBRE

25 - 26 OTTOBRE E 1 - 2 NOVEMBRE

ROMA. “Festival internazionale audiovisivo della biodiversità”. Quinta edizione con documentari inediti su ambiente, biodiversità e sovranità alimentare, dibattiti e performance. Info: www.croceviaterra.it.

SAN GIULIANO MILANESE (MI). “Le coltivazioni arboree: frutteto, bosco, siepi, giardino”: seminario su come realizzare un frutteto con ecosistemi naturali, e sul bosco “produttivo”. Costo: 240 euro (più 10 euro di iscrizione). Info: www.scuoladipratichesostenibili.it.

Calendario

Esotiche alternative

LE BREVI

Involtini primavera, kebab, burritos e piadine di ogni genere. Passando in rassegna le culture culinarie del mondo sembra che ognuna abbia la sua versione “da strada”. “Le differenze sono molte -mette in guardia il giornalista ‘gastronomade’ Vittorio Castellani, alias chef Kumalé, curatore della sezione internazionale di “Territori in Festival” (3-5 ottobre, Montecatini Terme)-. Alcune religioni, come l’ebraismo e l’induismo, considerano la strada un luogo non adatto per mangiare: anche se si possono comprare cibi cotti in giro, non si consumano in piedi. Altre società, come quella tailandese dove si mangia cinque volte al giorno, hanno sviluppato al massimo la cucina ambulante. Così tutti i paesi caldi, dall’America Latina passando per l’Africa, hanno una diffusa

tradizione di pasti on the road: le case piccole di gran parte della popolazione e il clima mite spingono le persone a stare all’aperto”. (www.gastronomade.com) A Pechino c’è una ampia area pedonale, intorno alla via Wang Fu Jin, interamente dedicata alle bancarelle di cibo. “Ci si può pranzare trovando dall’antipasto al dolce”, racconta Kuang Sung, titolare da 25 anni del ristorante Zheng Yang a Torino. Al Salone del Gusto (Torino, 23-27 ottobre), Sung porterà tre specialità di strada del suo paese: gli spiedini di pollo o di agnello alla griglia, speziati con semi di cumino e peperoncino, della cucina Uyguri (i cinesi mussulmani), e gli spiedini di gamberetti con la salsa saté, ai semi di arachide. Ma non mancherà neanche il più noto involtino primavera, sfoglia fritta ripiena di verdure.

IL FEDERALISMO: A TAVOLA CONVIENE Se sugli scaffali dei supermercati, nei ristoranti e nelle mense ci fossero più prodotti locali, si potrebbe risparmiare fino a cinque miliardi di euro. È quanto sostiene la Coldiretti, secondo la quale il “federalismo a tavola” permetterebbe alle famiglie di spendere molto meno quando fanno la spesa, visto che sul prezzo finale dei prodotti il trasporto arriva a incidere per circa un quarto, con punte fino al 35 per cento. Per l’ortofrutta fresca in alcuni casi si spende più per il trasporto che per il prodotto. In Italia l’86 per cento delle merci viaggia su strada ed è stato stimato che un pasto medio percorre più di 1.900 chilometri su camion, nave o aeroplano prima di arrivare sulla tavola. Spesso ci vogliono più calorie in termini energetici per portare gli alimenti al consumatore di quanto il pasto stesso provveda in termini nutrizionali. Per importare un chilo di frutta dal Cile con mezzi aerei si emettono 22 chili di gas a effetto serra e si consumano 7,1 chili di petrolio.

“Pochi sanno che in Cina nasce come street food”, spiega Sung. Il Salone del Gusto celebrerà anche il kebab e il falafel, cibi diffusi in tutto il Medio Oriente e ormai noti anche in Italia. “Hanno entrambi una storia millenaria di cui si sono perse le tracce”, spiega Rahman Fouad che a Torino gestisce il Kirkuk café, ristorante di cucina curda. Kebab è una parola iraniana e sembra che lì sia nata l’idea di mangiare carne di agnello o montone arrosto in una sorta di piadina o pane, accompagnato da insalata e salse piccanti. “Ma sono stati poi i turchi a inventare il doner kebab, cioè il girarrosto verticale ora utilizzato in tutti i take away -continua Fouad-. I falafel (polpettine a base di ceci e aglio, ndr) sono invece nati in Egitto, ma lì si facevano con le fave. Pare siano stati gli Ebrei a utilizzare per primi i ceci”.

IN 15 REGIONI CACCIA SENZA REGOLE La Legge italiana prevede che la stagione della caccia sia aperta a partire dalla terza settimana di settembre. Ma ben 15 Regioni su 20 quest’anno hanno pensato bene di anticipare il via alle doppiette, in deroga alla legge nazionale, ai primi di settembre. “Le Regioni stanno sfidando i principi fissati dalle norme italiane e dalle direttive comunitarie, le cui decisioni sull’abbattimento della fauna sono regolate da precise ragioni scientifiche, soprattutto in un periodo come la tarda estate in cui la fauna selvatica è particolarmente vulnerabile”, sostiene Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia. La caccia in questa stagione è particolarmente dannosa: molte specie infatti sono ancora in fase di nidificazione e in alcuni casi i piccoli devono essere svezzati.

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Culture CONTAMINAZIONI CULTURALI

JAMMIN’

UN FREE PRESS ARABO ALL’OMBRA DELLA MADONNINA È nato il primo giornale free press in lingua araba di Milano. Si chiama Al Jarida, si occupa di attualità e cultura e ha una redazione multietnica composta da italiani, libanesi, egiziani, libici, marocchini, palestinesi. Il mensile è stato inventato da alcuni mediatori culturali arabi e italiani, sostenuti dell’associazione “Medinaterranea”. Scritto per metà in arabo e per metà in italiano, Al Jarida ha l’obiettivo di favorire l’inserimento della comunità araba nel contesto milanese. Il giornale è rivolto sia agli operatori che alle migliaia di stranieri che pur non conoscendo l’italiano chiedono sempre più informazione. Un modo di integrarsi nella comunità locale e fare valere i propri diritti. Il sito web del giornale è www.aljarida.it. Dai computer italiani non è più possibile accedere a “The pirate bay”, il motore di ricerca che permette di scaricare musica, giochi, film. Procedendo per violazione del diritto d’autore, il gip di Bergamo, Raffaella Mascarino, ha ordinato a tutti i provider italiani di impedire l’accesso al sito. Si tratta di un sequestro preventivo che tra gli esperti di diritto ha suscitato molto allarme: secondo Andrea Monti, presidente dell’Associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva, “è una pistola alla tempia di qualsiasi fornitore di contenuti su Internet, anche di Google o di siti di notizie che potrebbero trovarsi oscurati solo in base a un semplice sospetto, prima del processo”. Applaude, invece, la Federazione dell’industria musicale italiana: “Pirate Bay viola le norme penali italiane sulla proprietà intellettuale, per questo era necessario bloccarlo ed indagare i titolari”. ACCUSA IL RE: IN CARCERE BLOGGER MAROCCHINO Due anni di carcere e una multa di 5mila dirham. Tanto è costato a un blogger marocchino¸ Mohamed Erraji, avere accusato il proprio sovrano di “incoraggiare il popolo alla pigrizia” dalle pagine telematiche del quotidiano on line Hespress.com. Erraji è stato condannato dal tribunale di prima istanza d’Agadir per “mancanza di rispetto dovuto al re”. Nell’articolo incriminato, Mohamed Erraji critica il re del Marocco Mohammed VI per la tradizionale pratica della concessione delle licenze (in Marocco dette “grima”), autorizzazioni che permettono di saltare molti obblighi burocratici. Dopo la condanna, il marocchino è stato portato al carcere di Inzeggane. La famiglia ha annunciato il ricorso in appello, e ha chiesto l’intervento delle organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo.

IN VIAGGIO CON I CONSIGLI DEI NOSTRI AMICI STRANIERI Viaggiare in Paesi esotici, con le preziose indicazioni fornite da chi è immigrato in Italia. Notizie su usi e costumi, mete e itinerari insoliti dei Paesi d’origine degli stranieri presenti in Italia, sono a disposizione online su www.immigrazioneoggi.it. Il servizio è gratuito e realizzato da un gruppo di immigrati e dai circa 300 interpreti del Consorzio Itc di Roma (Interpreti e traduttori consorziati), provenienti da ogni angolo del pianeta, con un’ampia conoscenza della nostra lingua e del patrimonio storico, culturale e naturalistico dell’area geografica di provenienza. “È una sorta di ‘biglietto di ringraziamento’ -spiega Raffaele Miele, direttore di Immigrazioneoggi.it-, firmato idealmente dai volontari del servizio che, anche a nome di tutti gli immigrati che vivono in Italia, vogliono ricambiare l’accoglienza mettendo a disposizione un poco del loro tempo per far conoscere le meraviglie dei loro Paesi”. Per ora sono disponibili indicazioni turistiche di 22 Paesi, ma l’obiettivo, entro fine anno, è di arrivare a 80 nazioni.



CONVERSIONI DA L L ’ E ST E R O A L L ’ I TA L I A

Ottobre/Novembre 2008

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Il comune di Riace (Rc) si ripopola con gli immigrati

LUNGA VITA AL BORGO I 1.700 abitanti del piccolo centro sulla costa calabrese hanno deciso di ristrutturare le case disabitate del paese e di renderle disponibili per migranti e turisti. MARIA SCARAMUZZINO

L

a Calabria non è solo ‘ndrangheta e peperoncino, ma è prima di tutto terra d’accoglienza”. Un’affermazione che è una vera e propria scuola di pensiero per Domenico Lucano, sindaco di Riace, 1.700 anime tra il centro storico sulla collina e la contrada marinara che si affaccia sullo Ionio. Da qualche anno le sue coste sono un approdo sicuro per i profughi che sulle carrette del mare solcano il Mediterraneo in cerca di fortuna. Riace vecchia si è infatti ripopolata di afgani, eritrei, curdi e romeni: le case diroccate e ormai abbandonate da anni dai riacesi scesi alla marina o emigrati per sempre, sono state ristrutturate e assegnate a 60 fra rifugiati politici e richiedenti asilo. Il Comune paga l’affitto ai proprietari delle abitazioni, mentre gli stranieri usufruiscono di borse lavoro della Regione Calabria. I loro figli frequentano la scuola e d’estate sono attivi corsi di italiano e professionali sia per i ragazzi che per gli adulti. Negli ultimi tempi sono stati avviati alcuni laboratori artigianali (vedi box sotto, ndr) che hanno consentito agli immigrati di lavorare e a Riace di mantenere vive alcune tradizioni, come la tessitura della ginestra. La storia della rinascita del vecchio borgo in collina inizia nel 1998. Sulla spiaggia di Riace marina sbarcano circa 200 curdi, che vengono accolti nella Casa del pellegrino. Alcuni giovani del paese si danno da fare per assisterli. Li ospitano per quasi un anno. Dai loro racconti emerge la nostalgia per la terra che sono stati costretti ad abbandonare. Per i giovani di Riace è una lezione di vita: anche loro, come i curdi, sono spesso tentati di emigrare, ma capiscono che non può essere la soluzione. E decidono che devono darsi da fare per salvare la loro amata Riace. “Ho sempre creduto che i valori dell’accoglienza potessero costituire fattori di sviluppo per l’intera Calabria -sottolinea Domenico Lucano, che

allora era uno di questi giovani volenterosi-. Il nostro è un territorio che ha vissuto lo spopolamento causato dall’emigrazione e ora vive il fenomeno dell’immigrazione clandestina. È da questo paradosso che abbiamo voluto ripartire per trovare una nuova identità”. Nel 1999 fondano l’associazione “Città futura G. Puglisi”, ottengono un prestito da Banca etica di circa 50mila euro e iniziano la ristrutturazione delle prime case. Dal 2002

Riace vecchia è entrata a far parte del “Sistema di protezione d’accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo” (Sprar), che in Italia coinvolge altri 93 comuni e 7 province. In questi anni i giovani di Città futura hanno fatto molta strada. Domenico Lucano è diventato sindaco e l’antico borgo si è trasformato in un “albergo diffuso”: d’estate le case ristrutturate accolgono anche i turisti (un centinaio i posti letto, divisi in una ventina di appartamenti). A villeggiare a Riace (www.cittafuturariace.it) sono soprattutto italiani, tedeschi e americani, affascinati dalla bellezza del paesaggio e dal borgo con le sue botteghe e le sue case caratteristiche, senza trascurare la buo-

na cucina tipica della taverna di “Donna Rosa”, gestita sempre dagli immigrati. Città futura ha coinvolto altre associazioni della zona, creando “una rete solidale” che continua a produrre sviluppo e aprire cantieri. Oggi almeno una decina sono in piena attività per il recupero urbanistico e architettonico del vecchio borgo in collina. Il sindaco di Riace, insieme ai suoi colleghi dei vicini comuni di Caulonia e Stignano, ai primi di settembre ha dato la sua disponibilità ad accogliere altri profughi provenienti dai centri di permanenza di Crotone e Lampedusa o dai continui sbarchi. Un fenomeno di grave emergenza che le coste ioniche del reggino registrano quasi con frequenza quotidiana.

Il Sindaco di Riace tiene in braccio il piccolo Hanij, eritreo, davanti alla sede di Città futura

Sono ceramisti, vetrai, tessitori Volti nuovi per antichi mestieri

Abeba, immigrata eritrea, impegnata al ricamo

Janet ha 23 anni, è originaria dell’Eritrea e fila la ginestra con una manualità da vera esperta. Issah, afgano, ha messo su una bottega di ceramista, riuscendo in un lavoro che non aveva mai fatto e realizzando manufatti artistici molto apprezzati. Simona è romena e lavora il vetro, un’arte che le piace “perché è creativa”. E poi c’è Abeba, anch’essa eritrea, che ha imparato a ricamare e a confezionare preziosi capi di corredo. Issah è arrivato a Riace nel 2002, Janet invece solo da pochi mesi, ma entrambi non parlano volentieri del loro passato. “Sto bene qui, mi trovo bene con la gente del posto. Lavoro e non mi manca nulla”, questa la frase di rito

che ripetono tutti. Hanno voglia di guardare avanti e di chiudere col passato: ricordare è doloroso e parlarne fa ancora troppo male. Sono questi i nuovi riacesi che hanno ripopolato l’antico borgo, immigrati regolarizzati che nella città dei Bronzi vivono e lavorano da cittadini a tutti gli effetti. La riscoperta di antiche tradizioni artigiane ha anche dato nuovo vigore a due grandi feste: quella della ginestra e “Riac... cendi il borgo”. La festa della ginestra si tiene ai primi di luglio, quando finisce la fioritura: migliaia di persone e artigiani da tutta Italia accorrono per un appuntamento che unisce ora culture diverse. “Riac... cendi il borgo” riscopre

invece antichi balli e canti popolari e culmina nel “ballo du camiddu” (il ballo del ciuccio), durante il quale un uomo, nascosto sotto la sagoma di un asinello colma di fuochi di artificio, danza al ritmo dei tamburi e della tarantella. La sede dell’associazione Città futura, artefice della rinascita di Riace, è poi “invasa” ogni giorno dai bambini del borgo, che partecipano a laboratori ludicoricreativi. Sui loro disegni ci sono spesso grandi spiagge lambite da un mare azzurro intenso, solcato da tante imbarcazioni: sono i grandi “barconi” su cui tutti sono arrivati, un simbolo per la memoria collettiva delle tante etnie presenti a Riace.


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CONVERSIONID I PA C E

Ottobre/Novembre 2008

Prima le produceva, ora libera i terreni in Bosnia

UNA VITA SULLE MINE

A

lfieri Fontana è uno sminatore molto speciale, perché lui, prima, le mine le costruiva. Fino al 1996, infatti, era il titolare della Tecnovar di Bari, azienda di famiglia che dava lavoro a circa 250 persone, fra personale dipendente e indotto. Ora è in Bosnia Erzegovina, responsabile dei progetti di sminamento della ong Intersos. Ingegnere, sposato, due figli, quando inizia a raccontare la sua storia lo fa ricordando le ore al tavolo di disegno: “Il meccanismo che s’instaura nella testa quando progetti una mina è tremendo -dice-. Studi come renderla letale anche quando chi la calpesta, per esempio, sta correndo. Solo a pensarci adesso sto male”. Era comunque un lavoro che non gli piaceva. “Ma all’inizio ho cercato di conciliare il conflitto morale con il dovere di portare avanti l’azienda di famiglia”. I primi passi che lo portano a cambiare vita risalgono al 1991: gli affari non vanno molto bene e Fontana medita di cambiare produzione. Rimane nel campo degli armamenti e inizia a fabbricare razzi illuminanti. In quegli anni, nel frattempo, in Italia un nutrito gruppo di associazioni aveva lanciato la Campagna per la moratoria delle mine antiuomo. Nel 1993 i promotori della Campagna fanno il giro dei tre stabilimenti italiani (oltre alla Tecnovar, la Valsella e la Misar) che le producono. Fontana è l’unico a riceverli e dare ascolto alle loro ragioni. Il colloquio si trasforma in un rapporto di amicizia con Pax Christi, una delle associazioni che si batteva-

no per la moratoria. “Non sono riuscito a conoscere don Tonino Bello. Era malato da tempo, ma mi aveva molto impressionato sapere che aveva pregato i suoi di organizzare un incontro con me”, racconta. Sul fronte degli affari, però, le cose non vanno bene: la riconversione non dà i frutti sperati e nel 1996 la Tecnovar chiude i battenti. Le mine però continuano a condizionare la vita di Fontana. Nelle stesso anno alcune TS-50 riconducibili alla Tecnovar vengono ritrovate in uno stock di armi confiscato ai combattenti Hutu in Ruanda. Quelle mine, come dimostrato da un’inchiesta internazionale, erano arrivate nel Paese delle mille colline dall’Egitto, al cui ministero della Difesa la Tecnovar aveva fornito (“in assoluto rispetto delle regole”, precisa l’ingegnere) i componenti per produrle. Il fatto, però, lascia in lui una ferita profonda. La svolta arriva un anno dopo: la sezione italiana della Campagna contro le mine lo contatta per partecipare alla conferenza diplomatica di Oslo, dove diventa assistente di Jody Williams, coordinatrice della Campagna internazionale, e partecipa alla stesura del Trattato sulla moratoria delle mine. L’Italia, nel frattempo (il 29 ottobre, circa due mesi prima dell’approvazione del Trattato), emana una legge che ne vieta la produzione e il commercio. “Ci fu chi scelse di diventare un trafficante, trasferendo la produzione in Paesi come Singapore che non hanno sottoscritto il trattato, e chi di adattarsi alle nuove regole”. Fontana non ha dubbi sul suo futuro.

Paletti rossi e nastro giallo delimitano un pezzo di terreno minato. Sotto, Alfieri Fontana in Bosnia

Parte, nel 1999, per il Kossovo e inizia la sua vita da sminatore. Tre anni dopo è la volta della Bosnia Erzegovina e da allora ci passa buona parte dell’anno per dedicarsi a un’opera che richiederà decenni prima di essere portata a termine. Perché con oltre 200mila ordigni la Bosnia Erzegovina è il Paese più minato d’Europa. “La gente fa acrobazie pur di coltivare un pezzo di terra: sanno di rischiare la vita, ma continuano a farlo”, racconta Fontana. Già poco fuori Sarajevo i cartelli rossi con il teschio e la scritta “Pazi, mine” (Attenzione, mine) segnalano il pericolo lungo strade tortuose e dissestate. Ogni giorno, però, almeno un ettaro di quei terreni torna a essere libero.

Archivio Intersos

Zittiva la coscienza in nome dell’azienda di famiglia. Poi ha incontrato un gruppo di pacifisti e per Alfieri è stata la svolta. ORNELLA SINIGAGLIA

In un ex deposito militare di Roma Dalle munizioni al villaggio ecologico

Archivio E-co-abitare

Riunione di condominio e un’eco-casa in Canada

Trasformare una caserma in un condominio ecologico e “solidale”: è l’idea dell’associazione romana E-co-abitare, nata nel 2007 con l’intento di realizzare in uno dei tanti edifici militari ormai dismessi della capitale un’area residenziale a basso impatto ambientale e con spazi condivisi per i servizi (micronidi, palestre, officine, cucine comuni). L’area dove far sorgere il Villaggio ecosostenibile (Ves) non è ancora stata definita, ma i 24 ecohouser romani hanno già il loro modello di riferimento. A Vauban, alla periferia di Friburgo in Brisgovia, città al crocevia tra Francia e Svizzera, una caserma francese costruita durante la seconda guerra mondiale e sgomberata nel 1992 è diventata una solida realtà di ecohousing, grazie al forum di cittadini che facendo pressione sul municipio hanno ottenu-

to che venisse trasformata in un quartiere eco-sostenibile. Al gruppo di Eco-abitare l’idea di Vauban è piaciuta così tanto che il loro slogan è “Roma come Friburgo”. A marzo l’associazione ha presentato all’Agenzia del demanio la richiesta di assegnazione di una delle ex aree militari della capitale. “Non conosciamo l’elenco delle aree in disuso né possiamo visitarle -spiega Susy Pirinei, presidente di E-co-abitare e ‘mente’ dell’iniziativa insieme al suo compagno-, ma abbiamo messo gli occhi su un ex deposito di munizioni tra Trastevere e Testaccio, è interessante perché molto vicino al centro”. Per ora di certo c’è solo che la progettazione sarà fatta ascoltando le istanze dei futuri abitanti e con la consulenza dell’HousingLab dell’Università “La

Sapienza” di Roma, con il quale E-coabitare condivide l’obiettivo di diventare progetto pilota per il laboratorio di cohousing sostenibile urbano. “Il principio di partenza è la riqualificazione dice Susy Pirinei-. Vorremmo che un terzo dell’area sia al coperto e che tutti gli spazi, condivisi e abitativi, siano flessibili, multifunzionali e adattabili a seconda delle esigenze. Pensiamo a unità abitative componibili da 40, 80 o 120 metri quadri adatti a single, coppie e famiglie con bambini”. In attesa di avere risposta dall’Agenzia del demanio, E-co-abitare punta a ottenere il sostegno dei cittadini e dell’amministrazione locale: “Sarà fondamentale ottenere l’appoggio del Campidoglio -precisa la presidente-, perché il Comune ha la priorità nell’assegnazione delle aree demaniali”.


CONVERSIONI IMMOBILIARI

Ottobre/Novembre 2008

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MEMORIE DISMESSE

Il campo di Visco e, sotto, ebrei rinchiusi a Ferramonti (immagine tratta da: Carlo Spartaco Capogreco “I campi del duce”, Einaudi 2004)

C’è chi al posto delle baracche sogna un centro commerciale e chi nei luoghi di tortura organizza incontri per parlare di ‘ndrangheta. Viaggio nel Paese dei ricordi. ILARIA SESANA

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el campo di Ferramonti, in provincia di Cosenza, è rimasto solo l’edificio che ospitava gli uffici. A Visco (Udine), invece c’è ancora tutto. A Ferramonti la memoria è viva e viene attualizzata con incontri nelle scuole in cui si parla anche di ‘ndrangheta, a Visco ci vogliono costruire un centro commerciale. Destini diversi per due dei 48 “campi del Duce” per l’internamento dei civili che aprirono i battenti nei primi anni della Seconda guerra mondiale (giugno 1940 - settembre 1943). Oggi di tutte queste strutture è rimasto molto poco e nella maggior parte dei casi neppure il ricordo. Ferramonti è stato uno dei campi d’internamento più grandi: nell’agosto 1943 arrivò a ospitare oltre 2mila detenuti. Occupava una superficie di 16 ettari su cui sorgevano 92 baracche e alcuni piccoli edifici in muratura. “Una delle ultime baracche è stata abbattuta dieci anni fa da dei contadini -spiega Carlo Spartaco Capogreco, storico e presidente della Fondazione Ferramonti, prima istituzione del genere in Italia-. Sul poco che è rimasto, edifici in muratura dov’era alloggiata la direzione, il Comune ha avviato un progetto di ristrutturazione”. Malgrado la distruzione, il ricordo di quello che è successo non è stato cancellato, anzi viene valorizzato attraverso la ricerca storica e attualizzato. “Non vogliamo fossilizzarci sul passato -spiega Capogreco-. E non potevamo che guardare alla realtà attuale, compresa la piaga della ‘ndrangheta”. Per questo la Fondazione Ferramonti organizza attività nelle scuole e incontri con i giovani per “insegnare loro a riconoscere i germi del sopruso sul nascere”. “Il fascismo di Hitler e Mussolini è scomparso, ma non c’è garanzia che queste cose non tornino più”. L’obiettivo è spiegare ai giovani che

ci si deve ribellare ai soprusi, anche quando vengono commessi con l’avvallo delle autorità. Diversa la sorte del campo di Visco. Tutti (o quasi) ignorano il fatto che nella grande caserma Sbaiz che sorge alla periferia del paese vennero rinchiusi più di 3mila civili jugoslavi. “Nel 1996 il Comune ha acquisito dal Demanio la caserma (120mila metri quadri) e l’ex dogana austriaca -spiega lo storico Ferruccio Tassin-. L’obiettivo dell’amministrazione comunale sembra essere quello di far cassa e permettere la realizza-

zione di una nuova area con industrie e servizi”. Subito è partita la protesta di associazioni locali (fra le quali Acli, Istituto di storia sociale e religiosa di Gorizia e “Concordia et Pax”) che hanno presentato esposti alla Sovrintendenza ai beni culturali per dimostrare quali erano i reali confini del campo, bloccare il progetto e trasformare la caserma in un museo. Ma la questione è ancora in sospeso. L’associazione italo-slovena “Concordia et Pax” si batte per la realizzazione di luoghi “dove ricordare tutti i morti e chiedere una conversione -spiega uno dei fondatori, don Renzo Boscarol, parroco a Ronchi dei Legionari-. Perché salvaguardare i luoghi in cui si è scatenato l’odio vuol dire promuovere la riconciliazione tra le persone”.

La fondazione Talenti “ricicla” palazzi Belle idee in cerca di affitto Un tempo era uno studentato, presto ospiterà un centro per i giovani, ma non solo. Nell’ex convitto di Palidano di Gonzaga (Mantova) troveranno spazio anche una comunità residenziale per ragazzi, un servizio di sostegno per le famiglie disponibili all’affido e l’housing sociale. È la storia di una casa che cercava un’idea per un suo nuovo uso e dell’idea di una cooperativa che cercava una casa dove ampliare le proprie attività. La casa e l’idea si sono incontrate grazie al sostegno della Fondazione Talenti, costituita nel 2005 da Cism e Usmi (rappresentanze nazionali delle congregazioni religiose maschili e femminili), dal consorzio di

cooperative sociali Cgm, da Banca Intesa, Fondazione Cariplo e dal professor Pellegrino Capaldo, attuale presidente. Si rivolgono alla Fondazione soprattutto le congregazioni religiose (in qualche caso anche le diocesi ed enti pubblici) grandi proprietarie di immobili in disuso e organizzazioni sociali in cerca di strutture per i loro progetti. L’obiettivo è promuovere l’uso sociale dei beni ma, soprattutto, favorire le riconversioni delle strutture e delle opere. I “Talenti” sono un richiamo alla parabola di Matteo e alla responsabilità di far fruttare per il bene comune ciò che si ha, ma anche un invito a mettere insieme

esperienze e “vocazioni” diverse per risultati nuovi, coerenti con i bisogni della società. “Molte richieste -spiega Giovanni Rodelli, direttore generale della Fondazione- ci arrivano da gruppi di famiglie, che chiedono luoghi dove possano realizzare attività di interesse comune. Noi li aiutiamo a trovare le strutture e a costituirsi in cooperativa per gestirle. E i progetti più interessanti sono quelli che intrecciano religiosi e laici”. Come nel caso della scuola di Salerno in crisi per il calo demografico e la carenza di vocazioni delle suore che l’hanno fondata: ora la scuola è gestita da una cooperativa formata dagli insegnanti, che hanno aperto

nuove attività per rilanciarla. “A Roma da una grande tenuta con immobili e terreni -aggiunge Rodelli- nascerà un centro di accoglienza per ragazze madri, un luogo di vita di famiglie, di inserimento lavorativo di disabili nell’azienda agricola e di organizzazione eventi”. A Torre del Greco (Napoli) c’è in cantiere una casa per ferie la cui gestione sarà affidata a una cooperativa sociale di persone svantaggiate. I servizi della Fondazione sono gratuiti, mentre l’unico limite pare sia il tempo: gli immobili sono grandi e ci vogliono almeno due anni perché un progetto diventi realtà. Ida Palisi

Isabella Balena

Destini diversi per i campi d’internamento italiani


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CONVERSIONI P E R SA P E R N E D I P I Ù

Ottobre/Novembre 2008

Don Gino Rigoldi, il cappellano del Beccaria

IL PRETE DALLE TRE VITE Ha visto tanti adolescenti, rinchiusi in carcere, cambiare. Ora tocca a lui. Per la quarta volta. LAURA SILVIA BATTAGLIA

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ino Rigoldi, 68 anni, è il prete che si è convertito tre volte. La prima, a 18 anni compiuti: lavorava, era fidanzato e non andava in chiesa. Poi si è fatto prete. La seconda, al suo primo incarico come cappellano al Beccaria (1972), il carcere minorile di Milano. “Volevo risolvere tutto da solo. Ho capito che dovevo imparare a delegare, a collaborare, a capire che non ero onnipotente come Dio”. La terza poco dopo la fondazione nel 1975 dell’associazione “Comunità Nuova”, che ha come scopo l’inserimento lavorativo dei ragazzi usciti dalla detenzione. “Quando fai tanto sociale, rischi di fare e di non pensare. Allora mi sono riconvertito alla lettura del Vangelo, alla preghiera. Deve essere questo, per un prete e per un cristiano, il momento topico della giornata”.

Se, invece, il desiderio di felicità si attacca alla vita, ecco, lì può entrare anche la parola di Dio. Ci sono ragazzi che non hanno mai voluto convertirsi a nuova vita, che hanno scelto volontariamente di “sbagliare”? Di solito non è una scelta piena-

mente volontaria. C’è la debolezza, la paura di non farcela che spesso ha il sopravvento. Tra i miei ragazzi è successo più volte, sia tra i ragazzi meridionali, che arrivavano a Milano 40, 30 anni fa, sia oggi tra gli immigrati. Ma ci sono anche storie lodevoli: come quella di un ragazzo marocchino, molto religioso, ma che viveva in un contesto di microcriminalità, di piccolo spaccio. Lui ce l’ha fatta: ha smesso, ha iniziato a lavorare onestamente e

ha regalato alla madre, con il frutto del suo lavoro, il sogno di una vita: 5mila euro per andare in pellegrinaggio a La Mecca. A chi o a cosa si dovrebbero convertire la famiglie e la società per favorire la formazione dei giovani delle periferie? A lavorare insieme confrontando le esperienze, come suggeriamo ai genitori che si rivolgono alla nostra comunità; a non delegare l’educazione alle baby sitter e alla tivù. A dedicare più tempo ai figli

ma anche a riscoprire il dialogo di coppia. Dopo viene lo Stato al quale chiediamo meno politiche di sicurezza e un’azione forte di fraternità. Ci sarà una quarta conversione, per lei, don Rigoldi? Invecchiando ci si inorgoglisce un po’. Ecco, a questa età bisogna imparare di nuovo a far domande agli altri e aspettare le risposte senza pretendere di saperle già. Ma mi sto già convertendo, anche se è lei a farmi domande.

ELISABETH BADINTER LA STRADA DEGLI ERRORI Il pensiero femminista al bivio Feltrinelli, 2004 Pagine 136. Euro 11,50 La donna è libertà, uguaglianza, fratellanza. Lo crede fermamente Elisabeth Badinter, fautrice del femminismo repubblicano. Per la Badinter, il sesso femminile, oggi, è una vera delusione e, da Paris Hilton a Sharon Stone, i modelli con cui una donna si identifica difettano non poco. Ecco la sua proposta: smettiamola di sentirci in competizione col maschio, mettiamo al bando il vittimismo delle associazioni femministe, non cediamo a rivendicazioni censorie e moralizzanti. Per chi non vuole più sentirsi dire femminista, ma non ama l’esercizio del potere.

Lillo Rizzo / Emblema

Don Gino, lei ha scritto un libro, Il male minore, (Mondadori, 2007, pagine 110, euro 15,00) in cui racconta il suo incontro con i giovani. Cos’è la conversione, lei che ne ha viste tante? La conversione è un cambiamento di vita. Accade quando una persona si rende conto di avere sbagliato, comincia a pensare al male fatto, rifiuta il suo passato e pensa a un futuro nuovo. È un percorso piuttosto lento, e si sviluppa come un desiderio di felicità. Ma non c’è conversione se non c’è azione.

AA.VV. DAL MILITARE AL CIVILE

RODOLFO DONI CONVERSIONE

LUCETTA SCARAFFIA RINNEGATI

La conversione preventiva della base Usaf di Aviano a cura di Andrea Licata KappaVu Edizioni, 2006 Pagine 368. Euro 13,00

Pagliai, 2008 Pagine 336. Euro 13,00

Per una storia dell’identità occidentale Laterza, 2002 Pagine 218. Euro 13,00

Libro collettivo, in senso proprio. Nato dall’esperienza del percorso di analisi e di lotta del “Comitato Unitario contro Aviano 2000”, raccoglie gli interventi del convegno “La conversione possibile”, svoltosi nel settembre 2005 a Pordenone. La tesi: dimostrare che la base di Aviano s’ha da cambiare. Senza fermarsi a un semplice no. Il libro, infatti, vuole essere propositivo e discute il progetto di riuso delle aree e degli immobili della base, prima che se ne decida la chiusura, ponendosi così come il primo testo sul tema della “conversione preventiva”. Per chi crede fermamente che no-global non sia la parolaccia del secolo.

Il male di vivere nella società industriale. Il rimorso e la colpa. La fede, la redenzione. Il romanzo di Rodolfo Doni mette in scena il dramma di un uomo senza qualità, ma che si fa prendere per i capelli dal desiderio di non cadere più in tentazione. Storia di Marco, industriale, con figlio illegittimo a carico e moglie infedele quanto lui. La degenza in ospedale è l’occasione per riflettere su una carriera inghiottita dalle abitudini, sul capitalismo che aliena gli operai, sulle assenze e i silenzi verso il figlio segreto. Marco è cattolico e avrebbe voluto essere senza colpe ma ha scelto l’inganno come scorciatoia per il mondo. Questa è l’ultima occasione. Per chi non sa scagliare la prima pietra.

Quale fu la sorte dei cristiani che si convertirono all’Islam, in un periodo che va dal Medioevo al 1600? L’autrice apre gli atti dei processi istituiti nei tribunali dell’Inquisizione in Spagna. Le storie dei cosiddetti “rinnegati”, mettono a confronto due mondi: Cristianesimo e Islam, Occidente e Impero turco. Un esempio: se a Costantinopoli i bagni servivano a purgare i fedeli dai peccati, per i cristiani, invece, l’acqua era un pericolo per la salute. Una differenza che diventava un problema ideologico e pratico per i rinnegati, che avrebbero dovuto adottare riti condannati dall’Inquisizione. Questo libro racconta come, nonostante usi diversi, nulla intaccò la loro vecchia identità. Per chi crede che ogni scelta imponga una rinuncia.


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INSIEME NELLE S PA ZTERRE IO ASSOCIAZIONE

Tutti in piazza sacco a pelo e solidarietà Fotografie di Luca Quagliato

CERCANSI VOLONTARI

Anche quest’anno Insieme nelle Terre di mezzo si sta preparando all’evento più importante e sentito: la Notte dei senza dimora, il 17 ottobre, in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà indetta dall’Onu. La Notte è nata da un’idea dei redattori del nostro giornale nel 2000, il suo scopo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione delle persone senza fissa dimora. L’invito rivolto ai cittadini è quello di dormire insieme una notte all’aperto, come forma di solidarietà e condivisione con chi vive questa condizione sempre. Quest’anno viene organizzata a

Milano, Roma, Como, Rovigo, Bergamo, Foggia, Pavia, Bologna, Pisa, Voghera e... Tante altre città, probabilmente anche nella vostra! Man mano che si avvicina la data del 17 sono sempre più numerose le sedi che aderiscono all’iniziativa. L’elenco aggiornato delle Piazze Solidali della “Notte dei Senza Dimora 2008”, con i contatti dei referenti e i programmi, lo trovate sul sito di Terre alla sezione “Eventi”. Manifestazione di denuncia pacifica, la Notte negli anni è cresciuta sempre più: nell’edizione del 2007 oltre 800 persone hanno dormito in 15

A MILANO LA NOTTE DURA TUTTO L’ANNO La Notte dei senza dimora a Milano si svolgerà anche quest’anno in piazza Santo Stefano: si cenerà insieme con un pasto caldo offerto dalle associazioni che in città e provincia si occupano di grave emarginazione, sarà possibile visitare gli stand e assistere alle esibizioni degli artisti che si alterneranno sul piccolo palco allestito davanti alla Chiesa. E dopo la mezzanotte, tutti nel sacco a pelo per una notte all’addiaccio! A Milano, dall’edizione 2007, l’evento è organizzato da una cordata di associazioni, “Quelli della Notte”, che si impegnano a dare continuità alla manifestazione con incontri culturali durante tutto l’anno. I capofila della rete sono: Insieme nelle Terre di mezzo, Cena dell’amicizia, Ronda della carità, Croce rossa italiana - comitato provinciale di Milano e Casa di Gastone.

Piazze d’Italia. Promotrici della Notte nelle varie Piazze Solidali sono associazioni laiche e religiose, cooperative, sindacati, botteghe del commercio equo; tutti uniti per dare un forte e unico messaggio: no alla povertà. Ognuno lo fa in maniera diversa organizzando incontri di approfondimento, mostre fotografiche, spettacoli o cineforum; ma soprattutto, tutti scelgono una cornice festosa e propositiva, per denunciare mancanze e proporre soluzioni. Una delle novità più interessanti di questa edizione della Notte, è il weekend di turismo solidale organizzato a Milano, dal 16 al 18 ottobre, da Insieme nelle Terre di mezzo con la collaborazione dell’agenzia “Viaggi e miraggi”: tre giorni alla scoperta del mondo sommerso della grave emarginazione, a diretto contatto con operatori e associazioni che quotidianamente si occupano di senza dimora. Per il programma completo e per maggiori informazioni potete consultare il sito www.terre.it oppure telefonare al numero 02.58118328. Ilaria Tavasci Pescatori senegalesi

Insieme nelle Terre di mezzo ha deciso di aderire alla rete “Agire politico”, fondata da una trentina di associazioni che si occupano di solidarietà, giustizia e pace. Promossa da Alex Zanotelli, “Agire politico” è stata presentata in occasione della Marcia della giustizia di Quarrata (Pistoia) e vuole “costruire nuove modalità di relazione -si legge nell’appello sottoscritto dalle associazioni-, che ci diano più forza nella pressione verso le istituzioni ed il sistema politico del Paese”. In questo modo si mira a garantire alla società civile il giusto peso nelle scelte politiche che le istituzioni compiono. Chi vuole aderire alla rete Agire politico può inviare una mail a agirepolitico@gmail.com

Città per città, ecco chi organizza la Notte e l’indirizzo e-mail per chiedere informazioni: BERGAMO Il Pugno aperto omare73@tiscali.it BOLOGNA Fraternal compagnia info@fraternalcompagnia.it COMO Ass. Incroci incroci@tin.it CREMONA Centro d'ascolto centroascoltocr@libero.it FOGGIA Fratelli della stazione info@fratellidellastazione.com MILANO Insieme nelle Terre di mezzo Onlus nottesenzadimora@terre.it PARMA Forum della solidarietà cds@forumsolidarieta.it PISA Progetto homeless maxceriale@libero.it ROMA Insieme nelle Terre di mezzo Onlus volontariroma@terre.it

Destinazione Senegal Insieme nelle Terre di mezzo e Viaggi e miraggi (agenzia di turismo responsabile) ripropongono il viaggio in Senegal! Partenza il 23 dicembre e rientro il 7 gennaio. L’itinerario di 16 giorni prevede tappe a Dakar, nella verde regione della Casamance, passando per il Gambia e qualche giorno di meritato relax al mare... Nella stagione migliore per visitare il Senegal! Scopriremo tradizioni, costumi e cultura di uno dei Paesi africani più belli e ricchi di storia e conosceremo più da vicino la realtà sociale da cui provengono i venditori di Terre, per capire cosa li spinge ad allontanarsi per migliaia di chilometri da casa, abbandonando affetti ed abitudini. Info: 338.2587100 (Dario) oppure insiemesenegal@libero.it

ROVIGO Arcisolidarietà - Asilo notturno Arcobale no asilo_arcobaleno@virgilio.it PAVIA E VOGHERA Cgil franco.vanzati@cgil.lombardia.it

L’associazione Insieme nelle Terre di mezzo onlus, nata per dare una mano ai venditori di Terre, che organizza anche la “Notte dei senza dimora” e altri eventi, cerca nuovi volontari. Ogni mercoledì ci si incontra in sede. L’indirizzo è via Calatafimi 10, Milano. Info: volontarimilano @terre.it Anche a Roma ci si vede la sera del mercoledì alla Bottega del mondo Kinkelibà, via Macerata 54. Info: volontariroma @terre.it



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