Terre di mezzo street magazine 015

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luglio/agosto 2010 € 3,00

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dov’è finito il buio? ricercato numero uno Scopritelo con la buiometria: troverete anche le stelle.

senza trucco lontano dai cliché una giornalista transessuale racconta il suo percorso per diventare donna.


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la galassia delle relazioni

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| editoriale | elena parasiliti

e George Clooney l’avesse notato, ora la strada che porta al Rifugio Venini sarebbe impraticabile, con file chilometriche di fan in devota processione fino alla cima del Monte Calbiga. A piedi, in bicicletta, le meno ferventi in automobile, comodamente sedute al posto del passeggero. Dalla sua villa di Laglio, sulle sponde del lago di Como, gli sarebbe bastato alzare gli occhi al cielo. Con un gesto avrebbe ringraziato il Signore della bella Canalis e ammirato il fascino di un gioiellino cresciuto tra i monti, con la sua cupola di rame. Qui nella Grande guerra suonavano alti i cannoni della linea Cadorna, oggi al posto dei nemici si attendono stelle e oggetti celesti. Sì, perché in una vecchia torretta militare, a 1600 metri sul livello del mare, otto anni fa ha trovato casa un piccolo osservatorio astronomico. Un regalo del comune di Lenno, ma soprattutto degli astrofili lariani che hanno scelto queste cime per il loro “tesoro”: un Newton, un Cassegrain di 30 centimetri di diametro e un rifrattore di 12. Strumenti quasi magici, raccolti con cura e pazienza. Si dice che gli astrofili vadano a caccia di oculari, come le pulci dei cani. Li cercano, come si cercano dei buoni amici per condividere non solo una serata ma il senso dell’universo, o più semplicemente della vita. Anche noi, come le stelle e i pianeti, siamo immersi in una galassia di relazioni. Mirko Nikolic, giovane artista serbo che ora vive a Milano, lo racconta bene nel suo video Milky way are us, “La via lattea siamo noi”, che trovate su youtube.com. In una strada pedonale del centro di Belgrado, tra un via vai indistinto e indifferente, delle persone iniziano a comporre il loro sistema solare. C’è chi cammina veloce, Saturno, chi è vicino al centro, Venere, e chi sta fermo al centro, il Sole. Ogni oggetto celeste è una persona, un nome e la sua storia dialoga con il resto dell’universo. Tamara, Marko, Miha, Marija, lo stesso Mirko. In queste notte d’estate, vi auguro di riscoprire il vostro sistema solare e puntare gli occhi al cielo. Per ringraziare.

| notizie in circolo

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l’intervista Incantesimo brasiliano di Elena Parasiliti Una coppia a Bahia: una sfida che diventa vacanza solidale.

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l’inchiesta Senza trucco di Sandra Tognarini e Dario Paladini Una giornalista transessuale racconta i drammi e le speranze del suo percorso per diventare donna. Lontano dai cliché.

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LE STORIE DI TERRE Nuovo cinema condiviso di Barbara Ciolli Le strade più innovative per arrivare sul grande schermo.

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fotoreportage urbano Pianeta India di Silvia Boschiero Nel regno delle contraddizioni, dove tutto è ancora possibile.  | ALTERNATIVE POSSIBILI

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viaggiatori viaggianti Passo dopo passo di Osvaldo Spadaro Tra Svizzera e Italia, viaggio d’altri tempi su dodici vette oltre i 2mila metri.

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LE STORIE DI TERRE Cacciatori di stelle di Giulia Bondi Le luci della città oscurano il firmamento? Datevi alla buiometria.  | RISERVE mentali

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Scrittori nel cassetto In pochi attimi di Allegra Agliardi L’isola di Capraia, le colonie, i gabbiani: il posto ideale per smarrirsi.

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invenzioni a due voci Due cuori e tanta ironia di L.S. Battaglia Amore fa (quasi) sempre rima con dolore. Meglio riderci su.

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AVVISTA(MENTI) Ora et (eco)labora di Ilaria Sesana Preghiera e bioedilizia nel monastero di Siloe, in Maremma.

Diventa anche tu autore di Pappamondo! Vai su blog.terre.it/pappamondo e invia la recensione del tuo ristorante etnico preferito. Se ci mandi una scheda completa la pubblicheremo (firmata!) sulla nostra guida, facendoti diventare autore a tutti gli effetti. Non solo: riceverai anche un libro di narrativa in omaggio e avrai lo sconto del 50 per cento sulla nuova edizione di Pappamondo. Direttore responsabile Elena Parasiliti direttore@terre.it

Direttore editoriale Miriam Giovanzana miriamgiovanzana@terre.it

n. 015 luglio/agosto 2010

Redazione Andrea Rottini Dario Paladini Ilaria Sesana redazione@terre.it

In copertina La giornalista Sandra Tognarini. (Polifemo Fotografia)

Art director Antonella Carnicelli grafico@terre.it

Ringraziamo per questo numero Carola Fumagalli, Davide De Luca, Ginevra Marino, Marta Gatti, Daniele Ferro, la redazione di Terre di mezzo editore, il magazzino e lo staff di Fa’ la cosa giusta!

www.terre.it

1,50 euro del prezzo di questo giornale restano al venditore

Progetto grafico Elyron.it

Segreteria segreteria@terre.it Magazzino magazzino@terre.it Pubblicità segreteria@terre.it

Direzione e redazione Cart’armata Edizioni srl via Calatafimi 10, 20122 Milano tel. 02 - 87.36.56.01 fax 02 - 87.36.56.03 Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 566 del 22 ottobre 1994.

Stampa Arti Grafiche Stefano Pinelli srl via Farneti 8, 20129 Milano

Terre di mezzo è tra i promotori di International Network of Street Papers www.street-papers.org

Poste Italiane spa Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1 comma 1, DCB Milano Roserio.

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opinioni | giro d’italia | a cura di | ULDERICO PESCE

divieto di critica D

a 15 anni giro l’Italia con i miei lavori: ho recitato in piccoli teatri, grandi spazi all’aperto, centri sociali, sagre di paese. Un po’ di tutto, dunque. Qualche tempo fa, l’Ente teatrale italiano (Eti) mi comunica che sono stato inserito nella stagione teatrale del Duse di Bologna: dalla felicità ho rischiato l’infarto. Un teatro prestigioso con circa mille posti a sedere, un pubblico abituato a grandi attori, scene imponenti, disegni luce da brivido. Io mi presentavo da solo, con un contrabbassista, un tecnico, una pentola di mia nonna e sette proiettori: sarei stato all’altezza del luogo, per giunta con uno spettacolo in cui si parlava di scorie atomiche? Il teatro ci mette a disposizione un appartamento e al nostro arrivo in camerino ci accolgono i dolci di una pasticceria bolognese. L’ufficio stampa mi porta i giornali locali che con grandi articoli annunciano il mio spettacolo. Sono felice perché vedo che la fatica e i sacrifici di una vita vengono ripagati con attenzione, dignità, rispetto. Esco a prendere un po’ d’aria e all’ingresso vedo un tipo alto e magro che arriva su un due ruote che non fa rumore e non puzza. È un motorino elettrico e in sella c’è Marco, il direttore del Teatro Duse. Mi dice che con 40 euro di corrente riesce a percorrere 10mila chilometri, senza inquinare. Ha solo un rammarico, che il Governo

Roma, Teatro Valle: una protesta contro i tagli alla cultura decisi dal Governo. (Vincenzo Tersigni/Eidon)

non abbia compreso anche i mezzi elettrici negli incentivi alla rottamazione. “Attento a come parli, direttore, che ti chiudono il teatro e ti ritrovi a vendere motorini elettrici!”, scherzo. Il direttore non ha cambiato mestiere, almeno non mi risulta, ma il Teatro Duse, come altri importanti teatri italiani, rischia di chiudere. Una sera ho portato sul palco il motorino elettrico di Marco per farlo vedere al pubblico. Di fronte a una platea stupita, ho raccontato che la ditta di Padova che lo produce vende i motorini in Svizzera, Belgio, Danimarca ma che in Italia non ha mercato perché chi governa vuole che si usi la benzina. Al termine dello spettacolo, mi si avvicina Maria Grazia, responsabile dei rapporti con il pubblico. Con i suoi occhioni azzurri mi dice che non bisogna parlare male di chi governa: potrebbero esserci conseguenze. Cari amici di Bologna, vi scrivo per farvi le mie scuse: il Governo ha soppresso l’Eti e forse il Teatro Valle a Roma, il Pergola a Firenze e il vostro Duse verranno chiusi. La colpa è solo mia che ho portato in scena il motorino elettrico del direttore. ≈ Ulderico Pesce, autore di teatro civile, dirige il Centro mediterraneo delle arti. Il suo sito: uldericopesce.com.

| il rovescio del diritto | a cura di | AVVOCATI PER NIENTE

bonus senza frontiere S

i litiga da tempo sui “bonus bebè nazionalisti”. In molti Comuni del Nord la parola d’ordine “prima i nostri” diventa spesso “solo i nostri” e così, con la scusa della scarsa natalità delle coppie nostrane, le amministrazioni aiutano solo quanti, magari benestanti, possono esibire il certificato di fedeltà alla nazione. Eppure la legge vieta simili comportamenti. I giudici infatti hanno sempre ordinato alle Giunte comunali di estendere il bonus anche ai residenti con cittadinanza straniera. Ma non mancano i casi paradossali, come quello di Tradate (Va), dove il requisito richiesto per la concessione del bonus bebè è la cittadinanza italiana di entrambi i genitori.

Dal momento che la legge prevede che per essere “cittadini” basta avere un solo genitore italiano, sarebbero esclusi persino bambini “italianissimi”. E non solo: la limitazione diventa una specie di sanzione per quei cittadini che hanno sposato uno straniero. In altre parole, si incentiverebbero così i matrimoni nazionali a discapito di quelli misti, in palese contrasto con un diritto sancito dalla Costituzione: quello di sposare chi si vuole, senza per questo essere discriminati. E non è finita: secondo quanto si legge sul sito

≈ Avvocati per niente, associazione di legali impegnati nella difesa dei soggetti deboli. È promossa tra gli altri da Acli e Caritas. Per informazioni, avvocatiperniente.it.

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del Comune, il bonus viene consegnato durante la “Festa del bambino”. Dunque oltre il danno, la (tragica) beffa: si consegnano 500 euro in base al colore della pelle. Una scena da apartheid. Anche questa volta, su richiesta di alcuni abitanti di Tradate, ci siamo rivolti insieme ad altre associazioni al giudice. Tra le sanzioni accessorie, gli abbiamo chiesto che il Comune si impegni a organizzare ogni anno una “Festa dei bambini di tutto il mondo”. Bimbi di ogni colore preparatevi: tra poche settimane, andiamo a Tradate. Alberto Guariso


| cassandra che ride | a cura di | PAT CARRA

| micro&macro | a cura di | LORETTA NAPOLEONI

l’unione in bilico La crisi greca e la caduta dell’euro. 14 Gennaio La Grecia annuncia un pesante piano di risanamento dei conti pubblici dopo che a dicembre l’agenzia di rating Fitch ha declassato i titoli dello stato ellenico.. 24 Febbraio Lo sciopero generale blocca trasporti e servizi pubblici.

5 Maggio Ad Atene, la marcia di protesta contro l’austerity degenera in scontri: tre impiegati di banca perdono la vita in un incendio.

5 Marzo Il governo aumenta le tasse e decide altri tagli al bilancio.

2 Maggio Il premier Papandreou annuncia il patto con Ue e Fmi per salvare la Grecia e arginare la caduta dell’euro.

$ 1,45

per euro

1,40 1,35 1,30 1,25

gennaio 2010

febbraio

marzo

fonte: nostra elaborazione su dati reuters

≈ Loretta Napoleoni, economista

esperta di terrorismo, collabora con Bbc, Cnn, El Pais, Le Monde e The Guardian. Il suo sito: lorettanapoleoni.com.

aprile

maggio

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a Grecia rischia di scivolare nell’anarchia a causa di una probabile bancarotta, sui mercati sono tornati a bruciare i falò della ricchezza (quelli, naturalmente, delle quotazioni in borsa) e nel Regno Unito, nonostante la grande affluenza alle urne, le elezioni politiche hanno partorito un’anomala coalizione di governo tra conservatori e liberaldemocratici. Un inizio d’anno turbolento per l’Europa, che ha dato la stura a una nuova era di scioperi generali e contestazioni. I primi a farne le spese sono stati il governo di Papandreu ed il parlamento greco: mentre approvavano il piano d’austerità imposto dalla coppia infelice, Fondo monetario-Unione europea, la polizia antisommossa sparava lacrimogeni contro sindacati e dimostranti. Anche il nuovo premier britannico, David Cameron, si avvia verso un periodo di grande impopolarità. Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra, ha addirittura predetto che a fine legislatura il partito al governo verrà cacciato e non tornerà al potere per un’intera generazione, come già successo ai laburisti nel 1974. Con il deficit di bilancio più alto d’Europa (12,7 percento), un sistema bancario che negli ultimi due anni ha assorbito l’equivalente del 400 per cento del Pil ed un debito pubblico pari al 72,9 per cento del prodotto interno lordo, il Regno Unito è la nazione con

il più alto tasso d’indebitamento pubblico rispetto alla ricchezza nazionale: tanto che Londra, insieme a Madrid e Roma, è candidata al titolo di “primo malato d’Europa”. Dopo i mutui spazzatura americani, il problema ora è il debito sovrano e soprattutto chi se lo accollerà. La Banca centrale europea (Bce)? Improbabile. Secondo la Royal bank of Scotland, quello accumulato da Grecia, Spagna e Portogallo ammonta a circa 2mila miliardi di euro, di cui almeno un miliardo si trova nei forzieri di Eurolandia. Gli esperti sono concordi: neppure la partecipazione attiva della Germania potrebbe sanarlo, perché non ci sono abbastanza soldi. Per evitare il crollo del sistema bancario, qualcuno dovrà fallire e la prima in lizza è la Grecia, alla quale non rimane che la bancarotta, come già accaduto per Argentina e Islanda. Nell’attesa che si arrivi a questa decisione, e per attutire il colpo, la Bce rastrella sul mercato le obbligazioni greche, utilizzando i soldi di noi europei. Intanto il Libor, il tasso al quale le banche si prestano denaro a vicenda, è risalito ai massimi del 2009, quando si temeva un congelamento totale dei prestiti interbancari. Allora intervenì la Federal reserve americana, ma oggi la Bce non sembra avere i muscoli monetari per fare altrettanto. Il destino dell’Europa unita è appeso a un filo. | 015 | luglio/agosto 10

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made in Italy

i nuovi italiani si raccontano

vacanze autarchiche | a cura di | paola vivanco

Diritto d’informazione Anche i giornalisti e le giornaliste di origine straniera hanno finalmente il loro sindacato: si chiama Ansi, Associazione nazionale stampa interculturale, ed è stato fondato nel febbraio scorso a Torino. Ad ospitarlo, l’Associazione stampa subalpina. “Lavoreremo per migliorare l’accesso alla professione degli immigrati -dice la neopresidente Viorica Nechifor-, ma avremo un occhio di riguardo soprattutto per le seconde generazioni, anche perché tra i 24 fondatori ci sono figli di immigrati che già lavorano in radio, giornali e trasmissioni tivù a carattere multiculturale e non solo”.

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uest’estate Dona Rose Della Cruz sogna una vacanza romantica, in compagnia del fidanzato. Sogna, perché anche se vive a Roma da quando aveva 11 anni, e ora ne ha 27, non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana, ma resta in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno (richiesto ad agosto 2009) o magari della sua trasformazione in carta di soggiorno: documenti utili per poter rientrare in Italia una volta usciti dai confini nazionali. Meno diffusa del “permesso”, la carta di soggiorno può essere richiesta dopo 5 anni di permanenza regolare in Italia, dove la possiedono ormai 716mila immigrati non comunitari (Idos 2009). È a tempo indeterminato e quindi permette maggiore libertà di circolazione all’interno dell’area Schengen. La carta consente di rientrare in Italia “senza dannarsi”, visto che alcuni Stati Schengen non riconoscono come valida “la richiesta di rinnovo” del permesso di soggiorno. In attesa del prezioso documento, Dona ha deciso quindi di mettere da parte “i progetti da sogno”: non ha alcuna intenzione di rivivere la bruciante frustrazione di una vacanza naufragata a causa del permesso scaduto. Come le era capitato alcuni mesi fa, quando è stata costretta a rinunciare a un viaggio premio a Lisbona, vinto come impiegata modello della banca in cui lavora: i biglietti trasformati in carta straccia e stanza d’albergo inutilmente pagata. “Sembra assurdo ma, in attesa di rinnovo, sarebbe più facile programmare un viaggio nelle Filippine, il mio Paese d’origine, e rientrare in Italia senza fare scalo in altri Stati euro≈ Paula Baudet Vivanco, giornalista, collabora al portale della Cooperazione allo sviluppo del ministero Affari esteri e con la Repubblica.

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pei, che organizzare un romantico week-end low cost in una capitale europea”, spiega Dona. “Le difficoltà di viaggiare nel vecchio continente, quando si è in attesa di rinnovo, condizionano profondamente le nostre vite -commenta Ismail Ademi della rete G2, organizzazione nazionale di figli di immigrati-. Soprattutto per i giovani, il viaggio rappresenta un modo per fare gruppo e allargare gli orizzonti”. Non resta che sperare nelle rassicurazioni degli esperti: “Uno spiraglio c’è -dice Paolo Bonetti dell’Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione-. Dall’aprile di quest’anno è entrato in vigore il Codice comunitario dei visti, un regolamento europeo che stabilisce regole più semplici”. Bisognerà solo capire in che modo verrà applicato.


in breve | Acquisti responsabili

solidarietà sotto banco

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Artigiano filippino confeziona uno degli zaini equo.

al prossimo anno scolastico potremo vedere bambini e ragazzi andare a scuola con i prodotti del commercio equo e solidale. Per imparare sin da piccoli il rispetto per l’ambiente e il lavoro. È l’iniziativa “Sottobanco”, ideata dall’associazione Vicini di banco in collaborazione con la Bottega solidale di Genova. Zaini, cartelle, quadernoni, grembiuli e astucci (già riempiti di matite e pennarelli) sono realizzati con materiali ecologici, soprattutto pvc, usato in particolare per gli striscioni pubblicitari. Alcuni di questi prodotti sono poi lavorati da un’associazione di piccoli artigiani delle Filippine. Da agosto il kit scolastico sarà disponibile direttamente nei sei punti vendita della Bottega solidale di Genova, ma può essere già ordinato on line dai Gruppi di acquisto solidale (per informazioni, tel. 010 - 265.828, bottegasolidale.it). “Tutto è partito da un gruppo di amici -racconta Francesca Bottaro, presidente di

Vicini di banco-: abbiamo pensato che già a scuola i bambini possono cominciare a fare piccole scelte di responsabilità. Adesso i genitori hanno la possibilità di educare i figli, anche se ancora piccoli, a una scelta consapevole”. (D.F.)

Deserto a Mezzogiorno “C’era una volta la Puglia, granaio d’Italia”. Potrebbe essere l’incipit di una favola da raccontare, tra qualche decennio, a figli e nipoti. Già perché il 60 per cento della superficie della regione rischia di trasformarsi in terra arida e sterile. Lo stesso vale per Basilicata (54% di superficie a rischio), Sicilia (47%) e Sardegna (31%) dove la desertificazione rappresenta un serio problema da oltre un decennio. Colpa del riscaldamento globale, denuncia Legambiente, con il dossier “Profughi ambientali”. A rischio, le zone umide e la biodiversità marina e costiera.

| c’è chi dice no | attivisti antimafia

la mafia, dalla a alla zeta i segreti di cosa nostra nell’ultimo libro del giornalista attilio bolzoni: “faq mafia”.

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ronunciato, suona come un insulto (in inglese) a Cosa nostra. Letto, è l’acronimo di “frequently asked questions”: le domande più richieste. “Faq mafia”, l’ultimo libro del giornalista de la Repubblica Attilio Bolzoni, è un titolo dal doppio significato. “Ma sono due anche i possibili lettori a cui ho pensato -spiega l’autore-: chi non sa niente di mafia e chi, invece, dice di saperne molto e non sa nulla”. Il risultato? “Qualcosa di molto semplice: la risposta alle domande che mi sento rivolgere più spesso”. “Faq mafia” (edito da Bompiani) è una sorta di dizionario su Cosa nostra: racconta la sua storia, spiega che cos’è, come funziona, quali sono i suoi protagonisti. Senza dimenticare le tante persone che la mafia l’hanno combattuta. “C’e ancora una profonda ignoranza su Cosa nostra –prosegue Bolzoni-: i non siciliani, quelli che non la vivono ogni giorno sulla propria pelle, non hanno ancora interiorizzato il fenomeno e rischiano di voltarsi dall’altra parte”. Dopo le stragi del ‘92-’93 e l’arresto di Totò Rii-

na, Cosa nostra si è indebolita, lasciando spazio alla ‘ndrangheta. Ma il problema si è solo spostato oltre lo Stretto di Messina, mentre gli inquirenti cercano ancora di far luce sul legame tra criminalità organizzata e Stato. “Finché non si scioglie questo nodo non andremo avanti di un millimetro nella lotta alla mafia -precisa il giornalista-. Dobbiamo sapere chi ha ucciso i giudici Falcone e Borsellino. Sì, perché a compiere le stragi sono stati i Corleonesi, ma oltre a loro chi le ha volute?”. Un problema che ha radici profonde, come la parola mafia: il primo a usarla, in un rapporto inviato all’allora ministro degli Interni, Giovanni Lanza, fu il prefetto di Palermo, Filippo Antonio Gualterio. Era il 25 aprile 1865. E oggi, che cosa servirebbe per sconfiggere Cosa nostra? “I poliziotti e i magistrati che abbiamo sono sufficienti -conclude Attilio Bolzoni-: dovremmo investire nella scuola. Se fosse per me, farei un piano cinquantennale di istruzione per educare le giovani generazioni. Solo con la cultura si può sconfiggere questa piaga”. (Daniele Ferro) | 015 | luglio/agosto 10

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| testo | elena parasiliti | foto | raffaela lepanto

due cuori a bahia: la sfida di una coppia si trasforma in vacanza solidale.

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er convincere suo padre, imprenditore del Nord-Est, che non erano “pazzi”, l’ha fatto travestire da Babbo Natale: casacca rossa, barba finta, cappello a punta. In spalla, l’immancabile sacco di regali. Solo i piedi erano nudi, ma non si poteva pretendere di più: a dicembre a Salvador de Bahia si superano i 40 gradi. “Circondato dai bambini che gli facevano festa, si è sciolto -ride Loris-: in tutti i sensi”. Benvenuti alla Casa encantada. Per me che intervisto Loris e Maria seduti su un divano in via Padova a Milano, ospite di una coppia di loro amici “encantadi”, il Brasile ha il contorno dei loro volti belli e un poco segnati e un accento vicentino. Così devono apparire anche ai turisti che si presentano alla loro porta per una settimana di vacanza e impegno. “La prima reazione è di sorpresa –ammette Maria-: come, dicono, non sei abbronzata? Hai il mare a 300 metri! Ma so che la preoccupazione vera non è per la mia abbronzatura, ma per la loro”.

entrare in punta di piedi nei progetti sociali in cui li accompagniamo, come la Casa do sol che si occupa dei ragazzi delle periferie o negli accampamenti del movimento Sem Terra, dove i contadini lottano senza armi ma con il loro lavoro per una riforma agraria che elimini il latifondismo. Quando sono entrata in casa mi ha colpito una frase scritta in rosso, sul muro. “Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”. Il vostro dov’è partito? M: Nel 1995, durante il nostro primo viaggio-studio di interscambio culturale, sempre in Brasile. Ne sono seguiti altri e la rotta della nostra vita è cambiata: abbiamo lavorato come educatori, finché l’associazione Amal nel 2002 non ci ha chiesto di prenderci cura della Casa encantada. Il volontariato puro e l’amore per i viaggi si sono incontrati lì. L: Abbiamo accettato per condividere con altri questa esperienza, con chi magari durante l’anno lavora in banca o in fabbrica. E voi, che cosa ne avete in cambio? M: In termini economici niente: per una

incantesimo

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Già, perché anche i turisti responsabili arrivano con una valigia di preconcetti. Maria: Si immaginano un campo di lavoro, si ritrovano a fare una vacanza rilassante: immersi in un giardino tropicale di mille metri quadri, accanto a una città piena di musica e colori. E con una cultura davvero eclettica, merito degli influssi africani.

settimana (7 notti e 4 uscite socioculturali) chiediamo 335 euro, soldi con cui manteniamo la struttura e la nostra famiglia e sosteniamo i progetti. Non riceviamo altri fondi: per arrivare a fine mese, come tutti, facciamo i conti. La vera ricchezza sono le relazioni che abbiamo intessuto in questi anni con i viaggiatori e i locali.

Non ci si spezza la schiena, insomma. Né si dorme in una favela. Loris: Esatto, l’unico sforzo richiesto è di

Un’eredità difficile da quantificare. L: Senza la relazione non si fa nulla. Puoi avere una struttura grande, che accolga

| L’intervista


più dei nostri 15 ospiti, ma senza persone “compromesse”, capaci di mettere a servizio la propria professionalità e le proprie passioni, serve a poco. Devi esserci con l’anima, questo ci hanno insegnato i brasiliani come Zinho, maestro di capoeira, o Nomio, educatore-percussionista, che trasformano le periferie con il loro ritmo. Neanche a Salvador l’estate dura tutto l’anno. Che cosa fate quando la casa si svuota? M: Seguiamo i progetti, l’adozione a distanza e il microcredito. Oltre a occuparci della formazione delle persone coinvolte nei servizi turistici. L’obiettivo è che il turismo si integri con il loro lavoro di sempre e lo valorizzi. Pensa a che cosa possa significare per una marisqueras, che passa una vita con braccia e gambe tra le mangrovie per portare a casa 8 reais (circa 3,50 euro) di pesce, incontrare avvocati e ragionieri stranieri interessati a quello che fa. Con il rischio però che lei si senta un animale allo zoo, e che voi vendiate le vostre amicizie. L: L’equilibrio è delicato: abbiamo il dovere di difendere le persone. Per questo valutiamo con attenzione chi portare e dove.

Sarete considerati degli eroi. M: I bravi sono quelli che rimangono e riescono a trovare giorno per giorno le strategie per rendere il mondo più vivibile. L: Sono altri a fare i salti mortali: chi deve pagare un mutuo o mantenere i figli. Non siamo eroi né martiri, il vero pericolo che corriamo è quello di sentirci un pozzo dei desideri in grado di esaudire tutte le richieste. Anche per questo chiediamo sempre piccoli finanziamenti per i progetti, 3mila euro al massimo: microgocce costanti (dice, cadenzando le parole con la mano). E la loro destinazione? L: La decidiamo con i locali. La cooperazione non è assistenzialismo, né sostituisce lo Stato. Il Brasile è un Paese ricco, noi aiutiamo le persone a costruire presidi positivi, dove trovino casa i diritti di ognuno. Mai pensato di tornare in Italia? M: Un’altra domanda, non c’è? Riprende fiato. Mi fa un po’ paura, ma credo che potremmo tornare. Grazie alla Casa encantada sono cresciute anche le nostre relazioni qui -uno sguardo va ai padroni di casa-. L: Altro che il mare e le palme, stare con chi ami è il paradiso.

brasiliano M: Dalla nostra, c’è sempre la libertà di dire al turista: “Non sei ancora pronto”. Altro che “chiedo, pago e pretendo”. L: È la sfida che abbiamo scelto: essere un ponte tra due mondi. Proviamo ad aiutarli entrambi: il Brasile, occupandoci delle fasce a rischio, e l’Italia, mandando a casa dopo le ferie un cittadino migliore. Voi invece avete rivoluzionato la vostra vita, avete lasciato il lavoro e siete partiti.

Maria Benedetta Revelin e Loris Campana Quarant’anni lei, 44 lui. Entrambi vicentini, come rivela il loro accento (un esotico mix di italo-brasiliano), dal 2002 vivono a Salvador de Bahia, nella Casa encantada, una posada ristrutturata dal progetto Mlal, il Movimento di liberazione dell’America Latina, tra i fondatori dell’Associazione italiana turismo responsabile. Con loro, le figlie: Noemi e Betania. Il cambio di rotta? Un viaggio. Quello che vi propongono di fare, aprendo le porte della loro casa (www.casaencantada.it).

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Alcuni frammenti della vita di Sandra: il trucco nel bagno di casa, le chiacchiere in attesa di incontrare l’endocrinologa, le prime scatole di ormoni.

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| L’inchiesta


senza trucco | testo | sandra tognarini | foto | polifemo fotografia

una giornalista racconta i drammi e le speranze del suo percorso per diventare donna. lontano dai cliché.

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er la mia carta di credito sono ancora Alessandro Tognarini, ma quando la cassiera del supermercato mi guarda in faccia vede una donna. Potrò cambiare il mio nome solo dopo l’operazione chirurgica. Sarà un giudice a stabilirlo. Da allora, anche per lo Stato, sarò finalmente Sandra. Per evitare di trovarmi in situazioni imbarazzanti, ora preferisco utilizzare la carta di credito solo per gli acquisti online. L’ho deciso tre anni fa, quando ho iniziato il percorso di “transizione”: era la sera del 16 aprile 2007. Sulla confezione di Androcur, le pastiglie che inibiscono la produzione di testosterone (l’ormone maschile), ho scritto: “Buona fortuna!”. Tre mesi dopo ho cominciato a prendere anche gli estrogeni, che sviluppano le caratteristiche femminili. I risultati sono arrivati e oggi posso dire di essere soddisfatta di quel che sono. In questo percorso mi ha accompagnata l’endocrinologa che lavora nel consultorio del Movimento identità

transessuale, il Mit. Dal 1994 questo centro nel cuore di Bologna, finanziato dalla Regione Emilia Romagna e convenzionato con l’Asl, è diventato un punto di riferimento per le persone transessuali di tutta Italia, tanto che c’è chi si trasferisce sotto le due torri solo per cambiare sesso, perché altrove non esiste un servizio simile. Qui a pagare è il Servizio sanitario nazionale. Al momento il Mit assiste 670 persone: due su tre sono uomini che desiderano diventare donne, o lo sono già diventate. A seguirle, un team qualificato, formato da tre psicoterapeute e un’endocrinologa. Anche l’operazione chirurgica di cambiamento del sesso può essere a carico della mutua: l’unico problema, come sempre, è che bisogna avere pazienza, perché la lista d’attesa è lunga. All’ospedale Sant’Orsola di Bologna, infatti, programmano solo una decina di interventi l’anno. Per chi ha fretta, l’alternativa sono le cliniche private o le trasferte all’estero, dove solo il chirurgo può costare fino a 20mila euro. In Italia esistono altri ospedali pubblici che eseguono questo tipo di operazione: il San Camillo di Roma, il Cattinara di Trieste e i policlinici di Napoli e Bari, ma la meta preferita rimane Bologna, l’unica città ad avere un consultorio dedicato ai trans.

Un percorso sicuro

“È dal 1979 che il Mit difende i diritti delle persone transessuali -spiega la vicepresidente, Porpora Marcasciano-. La nostra prima vittoria è stata l’approvazione della legge”. Fino al 1982 in Italia chi voleva cambiare sesso doveva far da sé, con gravi rischi per la salute. Con la legge 164 le cose sono cambiate: non solo è lecito “transitare”, ma si può farlo rivolgendosi a strutture pubbliche o convenzionate. Come fosse una qualsiasi prestazione sanitaria. “Cambiare sesso” non è un capriccio o una perversione, ma una necessità per superare quel “disturbo dell’identità di genere” diagnosticato dagli psicoterapeuti, premessa per ottenere il via libera dal giudice. Per l’operazione è infatti necessaria l’autorizzazione del Tribunale. In alcuni casi il magistrato può stabilire che persino l’impianto della protesi di silicone al seno sia a carico dello Stato. Il protocollo del Mit prevede circa sei mesi di colloqui con le psicologhe. Sono loro che stabiliscono se e quando iniziare le cure ormonali, che possono durare otto o nove | 015 | luglio/agosto 10

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Tra le tappe della “transizione”, ci sono il cambio di guardaroba e le sedute dall’estetista. Accanto, Sandra al lavoro sul computer di casa.

mesi. Le loro prescrizioni vanno seguite diligentemente e con altrettanta costanza occorre sottoporsi ai controlli. I più delicati riguardano i livelli di estrogeno e progesterone. E proprio per questo, il primo giorno della settimana al Mit non è mai come gli altri. Il lunedì gli utenti incontrano l’endocrinologa. Mentre si aspetta il proprio turno si chiacchiera, ci si scambia consigli e nascono amicizie. Le prime volte si respira un po’ di nervosismo: prima del colloquio con il medico, fuori del portone si accumulano le sigarette, mentre ci si fa timidamente avanti con chi, a occhio, pare avere più “anzianità”. Nelle rubriche dei cellulari si aggiungono nomi e numeri, salvagente emotivo di qualche triste serata che arriverà inevitabile, ma anche punto di partenza per allegre giornate di shopping insieme.

Tra stereotipo e realtà

Se entrate nel salottino d’attesa del Mit non aspettatevi di vedere strani esseri, tutti seni e forme. Il trans a cui tivù e giornali ci hanno abituato corrisponde poco alla realtà: niente macchine del sesso pronte a vendersi in strada. Le persone che si prostituiscono, nella maggior parte dei casi, non stanno facendo una vera transizione: costruiscono la loro femminilità con il silicone, evitando le cure ormonali che tendono a ridurre la capacità di erezione. 10

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| L’inchiesta

Chi si rivolge al Mit, in genere, è giovane (età media tra 25 e 35 anni) e di buona cultura: la metà sono diplomati, uno su quattro è laureato, solo il 30 per cento si prostituisce o lo ha fatto in passato. Il motivo? La perdita del lavoro. “Vendevo abbigliamento nei mercati -racconta Giovanna, in attesa del proprio turno con l’endocrinologa-. I clienti abituali non hanno accettato i miei cambiamenti. All’inizio si limitavano a sorrisetti e battutine, dette sottovoce, poi non si sono più fermati alla mia bancarella. Ho dovuto chiudere. Per fortuna ora mi sostiene la mia compagna”. E così Giovanna ha evitato la strada. Nel mio caso è stato diverso, sono riuscita a mantenere le collaborazioni giornalistiche e anche a trovarne di nuove. Solo in due colloqui ho avuto l’impressione che mi stessero penalizzando perché sono una transessuale. Pregiudizi che non si cancelleranno nemmeno con la nuova carta d’identità. Il casellario giudiziale, infatti, è un fedele testimone di ogni storia personale. E molte aziende, prima di assumere, ne fanno richiesta: in questo modo diventa facile scoprire, anche a distanza di anni, le tue origini.

Alla ricerca di serenità e bellezza

La transizione non è una scelta, ma una scommessa obbligata. La speranza è quella di trovare, per il tempo che


resta, la serenità a lungo cercata. “Non riesco a immaginare come sarebbe adesso la mia esistenza se avessi preso altre strade -racconta Virginia Longo, originaria di Lecce-. Sono solo convinta che sarei stata una persona triste e depressa: avrei vissuto una vita a metà”. Il suo calvario è iniziato alle elementari. “All’uscita da scuola dovevo difendermi dai dispetti e dagli insulti dei compagni, che mi urlavano in coro: ‘Femminuccia, ricchione, fai schifo’ -ricorda-. Speravo sempre che ad attendermi fuori dal portone non ci fosse mia madre, o peggio mio padre, per non dover subire rimproveri anche da loro. Avevo appena sei anni e già non vedevo l’ora di scappare”. Uno dei dilemmi che accompagna le persone transessuali ai primi passi del loro percorso è quando e come dare la notizia a genitori, parenti e amici. A me avevano consigliato di non dire la verità fino a quando i cambiamenti nel mio aspetto (dovuti innanzitutto alla cura ormonale) fossero diventati evidenti. Ma ognuno sa quando è il momento giusto: io ho iniziato a parlare delle mie intenzioni, anche nell’ambiente lavorativo, quando ancora mancava più di un anno all’avvio della terapia ormonale. È normale che qualcuno si allontani e si è fortunati se il setaccio della transizione trattiene la maggior parte dei parenti e degli amici. Dal marzo scorso il consultorio del Mit ha avviato un percorso di sostegno per i familiari delle persone transessuali: otto incontri di gruppo, per provare almeno ad accettare la situazione. “Per ora partecipano i parenti di tre utenti -spiega Anna Paola Sanfelici, una delle psicoterapeute-, c’è anche una nonna. È fondamentale per loro confrontarsi e uscire dall’isolamento”. Ma famiglia e lavoro non sono i soli banchi di prova. Esiste poi la quotidianità, e il desiderio di essere “belle”. Almeno per gli uomini, il primo problema estetico da affrontare è la rimozione della barba. L’estetista è l’angelo custode di questa lunga “rinascita”. Tra i metodi consigliati, il laser, la luce pulsata e l’elettrocoagulazione. Le sedute sono spesso dolorose e ne occorrono molte per rimuovere definitivamente la peluria maschile. Per avere una pelle “liscia e vellutata”, come dicono gli spot, si arrivano a spendere fino a 7mila euro. Nel frattempo, si rinnova il guardaroba. Qualcuno comincia con molto anticipo e fa sparire tutti gli abiti della vita precedente. Il mio cambio di stagione è cominciato dopo circa sei mesi dall’inizio della cura ormonale. Quando, per intenderci, anche se vestivo al maschile, gli sconosciuti si rivolgevano a me al femminile. Con il senno di poi, rimpiango di non aver conservato più capi maschili di quei pochi rimasti nell’armadio. In questi anni ho imparato l’importanza delle gocce di memoria. Che non sono mai tutte lacrime.

Il dilemma dell’operazione

Sullo sfondo del cambiamento c’è sempre una domanda, grande, che emerge piano piano: mi opero o non mi opero? La risposta non è scontata. Circa il 30 per cento degli utenti del Mit decide di non sottoporsi all’intervento con le motivazioni più varie. Tra queste, la paura di un’operazione che, pur di routine, rimane rischiosa e complicata o l’accettazione di una | 015 | luglio/agosto 10

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Sandra a Bologna: sotto i portici, a colloquio con la psicologa del Mit e in preghiera nella chiesa di San Pietro.

situazione “di mezzo” che molti trovano già soddisfacente. Ho conosciuto una transessuale che ha rinunciato ad andare fino in fondo perché ciò avrebbe comportato lo scioglimento del suo matrimonio: la moglie ha accettato la situazione e loro si amano ancora. Celeste, 51 anni, rifiuta persino le cure ormonali. Viene al Mit in cerca di un sostegno psicologico. “Ho una paura terribile della reazione che potrebbe avere chi mi conosce -spiega-. Fino all’età di 30 anni non è passato un giorno senza che qualcuno mi deridesse, mia madre compresa. Non ho mai avuto un amico. Oggi ha raggiunto un equilibrio e la sola idea di perderlo mi angoscia”.

Il traguardo: l’inizio di un’altra vita

Come è facile immaginare, non tutti gli italiani che desiderano cambiare sesso passano dal Mit. Gli altri si muovono in modo autonomo tra psicologi, endocrinologi e cliniche. “Alcune amiche mi hanno suggerito di andare a Londra, dicevano che lì i risultati erano migliori -racconta Francesca-. Così ho aspettato di avere i soldi necessari per il viaggio, la degenza e l’intervento e sono partita”. Una volta conclusa l’operazione e ottenuta la rettifica del nome, la nuova identità fa scattare in automatico il rinnovo di tutti i documenti: contratto di affitto, bancomat, carta di credito, contributi pensionistici, certificati di diploma e laurea. “Dopo l’operazione è iniziata la mia seconda vita: ora sono felice, mi sono sposata e faccio l’infermiera” spiega con un sorriso incoraggiante. Francesca ha raggiunto il proprio traguardo. Tra qualche mese, toccherà a me: l’ospedale Sant’Orsola mi ha appena chiamata per le visite preliminari e in autunno, se tutto va bene, verrò operata. Attendo quel momento da una vita. E non vi nascondo la mia trepidazione. 12

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| L’inchiesta


anime in ricerca | testo | dario paladini

dal buddismo alla chiesa vetero-cattolica, storie di trans che vogliono vivere la fede.

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l cuore del suo monolocale è protetto da un mobiletto alto una cinquantina di centimetri, con due piccole ante. “Le apro se preghi con me”, dice Nicole. Dentro c’è il Dai Gohonzon: una pergamena color avorio con ideogrammi cinesi e parole in sanscrito. Sono i nomi dei personaggi dell’universo buddista, simbolo delle potenzialità della vita. Mi mette in mano un libriccino: “Ripeti con me Nam myoho renge kyo. È la Legge della vita. Non ti preoccupare, non è difficile”. La seguo nella cantilena, mi rendo conto che bisogna sintonizzare la lettura del mantra con la respirazione. “Ogni giorno prego due volte, al mattino e alla sera, in tutto almeno un’ora”, spiega. Nicole De Leo, 51 anni, attrice, vive a Bologna ed è una delle fondatrici dei gruppi “Arcobalena”, a cui aderiscono circa 200 trans buddisti. Sono nati all’interno della Sokka Gakkai, una corrente del buddismo giapponese rielaborata nel 1200 dal monaco Nichiren Daishonin. È una delle più diffuse in Italia, ne fa parte anche l’ex-calciatore Roberto Baggio. “Nei gruppi Arcobalena ci confrontiamo sui problemi che viviamo, ci incoraggiamo, ci aiutiamo a vivere la fede. Alle riunioni partecipano anche gay e lesbiche”. Diverse le città coinvolte, tra cui Bologna, Firenze, Grosseto e Roma. “Potrà sembrare strano, ma anche noi persone transessuali preghiamo e siamo alla ricerca del senso della vita”, dice sorridendo. Nicole si è operata nel 1999. Ha incontrato il buddismo dieci anni prima, quasi per caso: “Un’amica mi ha invitata a un incontro -ricorda-. La mia vita da allora è cambiata. La preghiera con la ripetizione del mantra serve a risvegliare la buddità che ciascuno ha dentro di sé, in altri termini le proprie capacità e ricchezze interiori”. Nicole, come tutte le persone transessuali, nella vita ha subìto critiche e derisioni. “Ho passato anni a dimostrare a tutti la mia innocenza, a spiegare che la mia diversità non è una perversione”. La scoperta della “buddità” l’ha aiutata a ribaltare la prospettiva: “Ho capito che per cambiare chi mi circonda dovevo cambiare me stessa, trovare questa energia”. Il desiderio di vivere la fede per lei non è una novità: le prime esperienze risalgono all’ado-

lescenza, quando frequentava il movimento dei focolarini, fondato da Chiara Lubich: “Lì ho scoperto che Gesù predicava l’amore per le persone in quanto tali, senza pregiudizi. Il buddismo mi permette di vivere anche questo, l’essenza del cristianesimo”. Prega quasi tutti i giorni anche Sheina Pecchini: lodi e vespri. Ha iniziato la “transizione” da poco più di un anno e, quasi contemporaneamente, ha cominciato a frequentare la Chiesa vetero-cattolica di Milano. “I riti sono simili a quelli cattolici, la novità è il clima di accoglienza, il fatto di poter pregare e cantare con gioia insieme agli altri senza sentirmi giudicata”, racconta. La Chiesa vetero-cattolica è stata fondata nel 1873 in Germania da quei fedeli che non hanno accettato i dogmi sanciti allora dal Concilio vaticano I: l’infallibilità del Papa e il suo primato giurisdizionale universale. Ma a Sheina questi aspetti interessano poco. “Gesù è venuto per chi lo cerca -spiega-. È stato lui il primo a portare avanti la propria diversità. E ha dimostrato che ciò che conta è l’amore, al di là del ruolo che si ricopre, del modo di vestirsi o delle tendenze sessuali”. Uno dei passi del Vangelo che Sheina preferisce è quello delle Beatitudini. “Beati i poveri, gli afflitti, i perseguitati: sono parole che rompono i canoni con cui di solito si guarda la vita”. E per sostenere quanti come lei sono in un momento di passaggio, Sheina ha scelto di gestire un forum online “Trans ma non solo” e di entrare nel direttivo dell’associazione Crisalide pangender. “Sono sposato e ho due figli adolescenti, ma la mia famiglia ha capito la situazione -racconta-. Alla soglia dei quarant’anni mi sono resa conto che non potevo più negare la mia vera natura. Ora sono più serena e vivo meglio anche la fede”. All’interno della Chiesa cattolica non abbiamo trovato gruppi di preghiera che coinvolgano persone transessuali. “Dal punto di vista canonico godono degli stessi diritti degli altri fedeli, anche quello di ricevere i sacramenti della penitenza e dell’eucarestia -spiega Maurizio Faggioni, docente di teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia centrale-. Ognuno può convertirsi a Dio e vivere secondo i valori evangelici”. Almeno in teoria. | 015 | luglio/agosto 10

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nuovo cinema condiviso | testo | barbara ciolli

Per arrivare sul grande schermo, c’È una nuova strada: la distribuzione dal basso.

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ffetti speciali, suoni avvolgenti, tre dimensioni: senza dubbio, anche il cinema non è più quello di una volta. Al di là dei “miracoli” dell’elettronica sfruttati dalle majors per sbancare i botteghini, nel sottobosco dei cinefili c’è da registrare un’altra piccola, grande rivoluzione. Si chiama “distribuzione civile” ed è un esempio di cultura cinematografica dal basso, che sta prendendo sempre più piede nel nostro Paese. “Grazie a noi, con soli dieci euro a testa un gruppo di liceali di Verona ha messo in piedi un cineforum”, conferma il regista Andrea Segre, che con la sua compagnia di filmmaker ha fondato ZaLab, associazione culturale che distribuisce film indipendenti proiettati in scuole, università, sale comunali e centri sociali. Non vecchie pellicole sottratte alla polvere delle mediateche, quindi, ma nuovissimi dvd di opere autoprodotte tra cui la pluripremiata “Come un uomo sulla terra”, che ha calamitato 40mila spettatori in tutta Italia, e il nuovo documentario sulle periferie romane “Magari le cose cambiano”, entrambi firmati 14

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da Andrea Segre. “Una rete orizzontale a cui non rinunceremo mai -promette il regista- e solo per ora più debole di quella tradizionale, pilotata dagli oligopoli del cinema, ma reale a tutti gli effetti per capillarità sul territorio”. Per organizzare una serata, infatti, bastano un maxischermo, un videoproiettore e un impianto audio. I noleggiatori pagano a ZaLab poche centinaia di euro, recuperati vendendo biglietti o trovando finanziamenti in proprio. E le richieste non mancano, grazie al tam tam di mail e social network. Un modello che ha portato al successo anche Documè (docume.org), il circuito creato a Torino da alcuni cultori della materia per diffondere i documentari indipendenti: dal 2003 a oggi 3mila proiezioni e 310 dvd di autori italiani e stranieri in catalogo, noleggiabili dal sito in pacchetti risparmio (dieci film, 80 euro, metà del ricavato va ai videomaker). Altro ottimo rincalzo per la diffusione di film autoprodotti è la web-tv: ZaLab riserva una pagina del suo sito al “libero scambio” di video girati con una “progettazione sociale, democratica, pacifica e interculturale”(zalab. tv), mentre dagli studi romani di Cinecittà la società Caro Film trasmette i film indipendenti che realizza sul canale alternativo a pagamento streamit.it. Da segnalare anche il concorso Net independent film festival

(www.niff.it), che a novembre di ogni anno consente al pubblico di vedere gratuitamente e votare i video in lizza. Altro tassello da non dimenticare sono le tecnologie digitali, ormai affermate anche in questo genere di produzione tanto che risale al 2007 il decollo di Microcinema, digital network nazionale che trasmette via satellite concerti e film in cento sale parrocchiali (microcinema.eu). E in formato digitale è anche “L’uomo fiammifero”, film-caso del momento firmato dal gruppo Cineforum di Teramo, che dal 2005 organizza il digital festival indi-


poliziesco alla pratese dieci giovani, zero soldi e tanta fantasia: la ricetta della banda del brasiliano. In testa i polizieschi degli anni Settanta, il pallino del vintage e molta rabbia generazionale. Senza cui, forse, il collettivo di filmmaker toscani dall’esotico nome a effetto, “John Snellinberg”, non avrebbe fatto strike: girare “La banda del brasiliano” (quasi) a costo zero e, dal giugno scorso, vedere la sua opera prima distribuita in dvd su scala nazionale dal gruppo Cecchi Gori. Altrimenti chi riuscirebbe a ricavare un lungometraggio, per di più un poliziesco con inseguimenti nello stile della “Milano violenta” di Mario Cariano (1976), con 2mila risicatissimi euro di budget? Sentendosi poi bussare alla porta da una grande società, decisa a lanciare sul mercato il film che quest’inverno spopolava nei circoli e nelle sale d’essai della zona. Per arrivare al movie che i critici già

pendente “Cineramnia 3D” (cineramnia.it). Una storia visionaria diretta dall’esordiente Marco Chiarini (già definito il “Tim Burton italiano”) e distribuita dal sito socialdistribution.org, che incita gli internauti a proporre alle sale proiezioni in 3D, trattenendo il 10 per cento degli incassi ad affare fatto. “La chiave del nostro progetto -precisa Fabio Fidanza, ingegnere prestato alla comunicazione- sta proprio nel rivenderlo in file digitali, a cui lavorano alcuni informatici su un normale computer. Un know how raro in Italia”, che abbatte anche l’ultimo tabù: por-

definiscono cult, dieci giovani pratesi appassionati di cinema di genere si sono ritrovati per otto anni di sera e nei weekend in un capannone della Val di Bisenzio (Po), giocando con la cinepresa e seguendo le suggestioni della poetica essenziale di Aki Kaurismaki, cineasta finlandese su cui Patrizio Gioffredi, il regista 31enne del gruppetto, nel 2006 ha anche pubblicato una monografia. Nell’anonimato dei boschi dell’Appennino, location di molte scene, il collettivo ha studiato geniali escamotage per abbattere i costi, come filmare sparatorie nei viali deserti del depuratore piuttosto che su un set di Cinecittà o farsi prestare cappelli e abiti d’ordinanza da ferrovieri e poliziotti in pensione, dosando con accortezza gli ingredienti giusti per fare il botto. Un attore professionista -l’unico al fianco

tare video “indie” nei cinema commerciali, che in tempi di crisi aprono le porte negli orari meno concorrenziali. A maggio “L’uomo fiammifero” è sbarcato all’Arcadia di Melzo (Mi), la più grande multisala digitale del Paese. Non a caso, ricordano con ironia all’Ucca (Unione circoli cinematografici Arci), la rete che dal 1967 distribuisce film su pellicola e dvd in centinaia di circuiti alternativi, “ormai la definizione internazionale di film è quella di immagini in movimento. Su qualsiasi supporto, esistente o da inventare”.

di volti di strada o semiprofessionisti- nel ruolo dell’ispettore capo: Carlo Monni, con alle spalle pellicole di Giuseppe Bertolucci, Sergio Citti e Mario Monicelli, convinto dalle “facce belle, non piccolo borghesi di questi ragazzi”. Una trama attuale: i trentenni frustrati e precari che, travolti dalla crisi economica, sequestrano un cinquantenne appagato dal posto fisso, target del loro odio sociale. Una colonna sonora originale, con pezzi di Sam Paglia e dei Calibro 35, che ricalcano le atmosfere dei vecchi polizieschi omaggiati ne “La banda del brasiliano” (per averne un assaggio, www. labandadelbrasiliano.com), giallo odierno infarcito di citazioni dotte. Non ultimo, un bel finale amaro che assolve la gang del Biondo, del Mutolo (il componente rimasto senza voce dopo essere stato fatto fuori in politica), del Randagio e del Brasiliano, e incrimina insospettabili cittadini comuni, in tempi in cui “i vecchi che hanno fatto la Resistenza, i migliori, se ne stanno andando. Restano cinquantenni narcisisti e trentenni inconcludenti e il mondo -confessano i sequestratori- ci fa sempre più paura”.

In apertura, un’immagine tratta da “L’uomo fiammifero”. Sotto, in sequenza: “La banda del brasiliano”, il backstage de “L’uomo fiammifero” e la proiezione romana di “Come un uomo sulla terra”.

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fotoreportage urbano | a cura di | polifemo | www.polifemo.org

La Back bay, la baia di Mumbai: smog e inquinamento coprono ogni cosa.

≈ Polifemo è un’associazione di fotografi professionisti con base a Milano, che si propone di diffondere la cultura dell’immagine e della comunicazione visiva.

pianeta india

Eroi di ieri e di oggi.

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| fotografie e testo | silvia boschiero

Sublime miscuglio di odori e Colori, tradizione e tecnologia. Benvenuti nella Terra del Gange.

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l mio primo ricordo dell’India è un odore: una mistura di piscio, rancido e spezie. Sono arrivata a Mumbai alle cinque del mattino e già a quell’ora le strade brulicano di vita. Le ceste dei venditori di frutta e di stoffe appoggiate per terra, una in fila all’altra, senza una regola, se non quella di “chi tardi arriva male alloggia”; le automobili che sfiorano i passanti, mucche e altri animali che si confondono tra la folla, gente che dorme sui marciapiedi: tutto contribuisce a disegnare l’identità di

una megalopoli disordinata e vitale, che per molti aspetti ancora sfugge ai lacci della burocrazia. Arrivando qui, molti rimangono impressionati dalla povertà che stride con una ricchezza ostentata e volgare, dalle condizioni igieniche scarse o inesistenti, dallo smog talmente denso che quasi non permette di vedere. Un caos sublimato da sorprese inattese, come quando qualche sconosciuto mi si avvicina per condividere un pezzo di cammino insieme, osservando me, straniera, con sincera curiosità e intavolando una conversazione scandita da movimenti della testa fluidi e ripetuti, quasi “a dire no”. Un modo per sintonizzarsi sulle stesse mie frequenze, un gesto che parla di questo mondo a parte, sconfinato e pieno di limiti, ma dove si ha la sensazione che tutto sia ancora possibile.

Hampy, holy place, il regno delle contraddizioni, dove la ricchezza è un ricordo e la decadenza il presente.

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Mumbai, architettura urbana.

La lista dei “desideri� dei bambini di strada di Goa (a sinistra) ci ricorda che cosa sia davvero importante.

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| fotoreportage urbano


Igiene quotidiana.

Credere.

Silvia Boschiero Ăˆ nata a Treviso nel 1983. Dopo il liceo si iscrive all’Istituto superiore di fotografia e arti visive di Padova, dove si diploma nel 2008. Da quel momento ha cominciato a lavorare come free lance, dedicandosi a reportage e fotografia d’architettura. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive. | 015 | luglio/agosto 10

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chilometri di pagine | testo | anselmo roveda

A sinistra, Daniele Tabanella, uno dei librai di Ottimomassimo, durante una lettura in una scuola di Roma. Accanto, la libreria ambulante.

quattromila libri per bambini girano l’italia. con un bassotto nero.

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ttimomassimo” è una libreria itinerante che porta albi illustrati e romanzi direttamente dove ci sono i bambini. Parte da Roma ma poi va a spasso per i quartieri, le periferie e i piccoli centri. Per le strade della capitale, meglio se di buon mattino, vi potrebbe capitare di vedere un furgone bianco con un grande bassotto nero disegnato sulla fiancata. Sembra uno di quei mezzi che una volta raggiunti i mercati rionali si aprono per trasformarsi in banchi di vendita. In effetti, lo è. È proprio un autonegozio (parola imparata scrivendo questo articolo), ma un autonegozio davvero speciale. Quando si apre a mo’ di scrigno e dispiega le sue parti -come certi giocattoli robottosi dei bambini-, non si dispone a vendere panini con la porchetta, formaggi tipici, dolciumi e croccanti, utensili multifunzionali per la cucina o scarpe a buon prezzo. No, questo autonegozio vende libri. Per bambini. È “Ottimomassimo”, la prima libreria specializzata per ragazzi itinerante d’Italia. Deborah Soria, Tiziana Mortellaro e Daniele Tabanella l’hanno aperta -o meglio: messa in moto- nel 2006. Tutti e tre si sono formati come librai nella storica cooperativa

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culturale “Giannino Stoppani” di Bologna quando questa aveva collaborato all’apertura di un punto vendita nella capitale. Poi Deborah e gli altri hanno preso la loro strada e hanno deciso di dare forma a un sogno, di inseguire caparbiamente un’idea, anzi un paio: essere indipendenti, privilegiare la qualità, portare i libri a tutti, soprattutto dove di solito non ce ne sono. “Con una libreria tradizionale la gente ti raggiunge, ti trova se ti sta cercando, se già ha un interesse o conosce i libri per bambini. Così invece porti i libri direttamente dove ci sono i bambini, dove stanno le persone, e si promuove per davvero la lettura”, spiega Deborah. Una scelta faticosa e vincente. Ogni anno sono quasi 20mila i bambini e i ragazzi incontrati dai librai girovaghi, soprattutto nei cortili delle scuole che li chiamano a presentare la loro selezione di 4mila volumi. Libri intramontabili e belle novità, ma senza l’affanno dell’ultima uscita a tutti i costi o del bestseller: quelli si trovano anche all’ipermercato o in edicola. Tra gli scaffali viaggianti trovano allora posto libri preziosi di piccole case editrici e grandi classici dell’illustrazione e della letteratura per l’in-


libri a zonzo in tutto il mondo | testo | Mara Pace

Ogni mezzo È lecito: dal camion al mulo, dalla moto al dromedario.

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fanzia come Maurice Sendak e Dr. Seuss, giusto per fare due nomi. Ragione sociale della libreria e relativo logo, disegnato dall’illustratrice Cristiana Cerretti, non sono casuali. Ottimomassimo è il bassotto del Barone Rampante, creatura uscita dall’immaginazione di Italo Calvino. Ventre rasente terra e sguardo in alto, Ottimomassimo raggiunge ogni mattina le scuole, con un’attenzione particolare alle periferie. La libreria, infatti, oltre a vendere fa anche progetti di promozione. L’arrivo è accompagnato da incontri, laboratori e letture per le classi; poi, al pomeriggio si vende alle mamme e ai papà. Senza sconto però. O meglio con uno sconto “collettivamente utile”. Ogni libro è venduto a prezzo intero, ma a fine giornata una quota-sconto del 10 per cento sarà utilizzata per dotare di volumi la biblioteca. Così le storie e le figure restano nella disponibilità di tutti. La libreria su ruote non raggiunge solo le scuole, la si può incontrare a fiere, manifestazioni culturali e mercati del biologico e delle alternative (hanno una pagina su Facebook): “A chi sta a cuore il futuro del mondo, sta a cuore anche il futuro dei libri e delle nuove generazioni”, dicono i librai che non mancano mai gli appuntamenti dei produttori a km zero. Il lavoro di libraio itinerante porta con sé i rischi di tutti i mestieri girovaghi, basta un acquazzone per far saltare i piani. Eppure Deborah e gli altri si divertono a fare chilometri e a portare figure e parole in giro. A qualcuno in questi quattro anni è capitato di incontrarli nel Salento, in Brianza o a zonzo per la Lucania. Del resto sono convinti, come i protagonisti de “Il Parnaso ambulante” di Christopher Morley, che: “Bisogna andar fuori a visitare la gente, portar loro i libri e parlare agli insegnanti... Raccontare le fiabe ai bambini, e poi a poco a poco si arriva a far circolare i buoni libri nelle vene della nazione”.

li asini non leggono. Ma a dorso di mulo viaggiano i libri. Dalla motocicletta al cammello, ogni mezzo (di trasporto) è lecito per portare storie e illustrazioni in giro per il mondo, dai villaggi montani della Colombia alle grandi praterie australiane. Quasi avessero vita propria, i libri scavalcano confini e barriere, per compiere la loro missione: essere letti. Per riuscirci hanno però bisogno dell’aiuto di persone che amano leggere e che vogliono trasmettere la propria passione. È il caso di Yohannes Gebregeorgis, cresciuto in Etiopia e poi esiliato politico negli Stati Uniti dal 1982. Tornato in patria, otto anni fa, ha deciso di non abbandonare il mestiere scelto in America, quello di bibliotecario. Ma una volta in Etiopia ha scoperto che stare dietro a una scrivania ad aspettare i lettori non gli bastava: ha perciò deciso di andare a cercarli, avviando un progetto di biblioteche ambulanti. Grazie all’ong “Ethiopia reads”, a partire dal gennaio del 2005 sei carri di legno, dipinti di giallo e trainati da una coppia di muli addobbati a festa, viaggiano nelle zone rurali attorno ad Addis Abeba carichi di volumi. “Se i bambini entrano in contatto con i libri, molte cose possono cambiare -racconta Yohannes-. Le mobile libraries non sono altro che un mezzo per portare racconti in zone remote, dove altrimenti non arriverebbero. E da luglio avremo un settimo carro, perché il nostro obiettivo è andare sempre più lontano”. Così, se in Australia le biblioteche viaggiano a bordo di lunghissimi camion (mobilelibraries.au) con aree gioco e postazioni internet, in Africa i libri si spostano a dorso di mulo. Oppure dentro grosse casse bianche, sulla gobba dei dromedari. La “Camel mobile library”, nata in Kenya per iniziativa del servizio pubblico e attiva da quasi 15 anni, è stata raccontata dalla scrittrice Masha Hamilton nel romanzo “La biblioteca sul cammello” (Garzanti editore). In Sud America, per i libri viaggianti, hanno perfino coniato due parole: biblioburro e bibliomoto. Il “burro” (asino) è l’animale scelto dal maestro Luis Soriano per raggiungere i bimbi colombiani che abitano lontano da scuole e biblioteche. E infine la motocicletta, mezzo adottato dalla “Biblioteca comunal obraje” peruviana per promuovere campagne a basso costo a sostegno della lettura. | 015 | Luglio/agosto 10

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come godersi le vacanze con i figli Carlotta jesi

Sono andata in vacanza con i figli e sono tornata viva La sola idea di passare le ferie con i vostri figli vi fa drizzare i capelli? Niente paura, c’è chi l’ha fatto ed è qui per raccontarlo. Carlotta Jesi, giornalista, fondatrice del portale radiomamma.it e mamma “in carriera”, in questo diario/guida svela tutti i trucchi per non farsi travolgere: come pianificare il viaggio, cosa non dimenticare di mettere in valigia, quali mezzi di trasporto utilizzare, dove dormire e dove mangiare, quali sono gli itinerari consigliati. Una guida ironica e utile per godersi comunque le meritate vacanze. 128 pagine - 10,00 euro

Grandi storie per piccoli lettori Hoda Haddadi Il bosco delle meraviglie 22 pagine a colori 7,50 euro Ali Naseri e Neda Azimi I misteriosi tatuaggi di mio papà 34 pagine a colori 7,50 euro Emanuela Bussolati

MARTA e l’acqua scomparsa Quando Marta, un giorno, va a trovare la nonna l’aspetta una brutta sorpresa: in giardino la fontana di cui ama tanto gli spruzzi è secca. Chi ha rubato l’acqua? 48 pagine a colori - 7,50 euro

Una cultura considerata “lontana” e - purtroppo - spesso demonizzata come quella iraniana, nasconde tesori inestimabili. Per esempio Shabaviz, editore di libri illustrati più volte premiati a livello internazionale. Questi primi due titoli tradotti da Terre di mezzo si distinguono per la particolarità delle storie e per la tecnica impiegata: il collage di foglie e fiori o di tessuti colorati.

I LIBRI DI TERRE DI MEZZO: IN LIBRERIA, IN STRADA E SU LIBRI.terre.it


voci dentro: l’italia, vista dai suoi detenuti | a cura di | Ristretti Orizzonti

miglioratori del peggio

≈ Una finestra d’informazione che nasce in collaborazione con le redazioni di tre carceri: Sosta Forzata (Piacenza), Il nuovo Carte Bollate (Bollate-Milano) e Ristretti Orizzonti (Padova-Venezia).

Per leggere le riviste: www.carcerebollate.it/ cartebollate.htm, www.ristretti.it.

| Usciti per voi

chiamare i cellulari, aumentare le visite, non essere trasferiti lontano. i Desideri dei detenuti. e dei loro familiari.

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ovraffollate, caotiche, “illegali”: le nostre carceri sono così come le ha definite lo stesso Guardasigilli, Angelino Alfano. Eppure potrebbero bastare alcuni piccoli accorgimenti per rendere più umane le condizioni di vita di chi si trova dietro le sbarre, per prevenire i suicidi e, soprattutto, per rendere la pena più sopportabile per i familiari dei detenuti. “Non chiediamo trattamenti di favore per noi, ma diminuire i disagi e le sofferenze che i nostri cari devono affrontare per venirci a trovare”, ha detto Antonio parlando di fronte alle oltre 500 persone che, lo scorso 21 maggio, hanno partecipato al convegno “Spezzare la catena del male” organizzato da Ristretti Orizzonti, nel carcere Due Palazzi di Padova. Antonio è un detenuto di origine sarda che ha scontato quasi vent’anni in vari istituti della penisola. Uno dei primi ostacoli da rimuovere è lo “sballamento”. Ovvero i trasferimenti di detenuti da un carcere all’altro (spesso per svuotare un penitenziario sovraffollato, ndr), in strutture ben più lontane dei 300 km previsti dalla legge. Spostamenti che talvolta avvengono senza tenere conto dei percorsi di istruzione, formazione o lavoro in cui sono coinvolti i detenuti, all’insaputa delle famiglie e senza rispettare il principio della territorialità della pena. “I nostri familiari sono vittime di cui non si parla quasi mai -aggiunge Antonio-. La mia famiglia deve affrontare un viaggio di 150 km solo per raggiungere l’aeroporto da casa –racconta- e in alcune galere bisogna arrivare alle cinque del mattino perché iniziano a distribuire i bigliettini”. Mantenere gli affetti e i legami con i propri cari, per chi già soffre la privazione della libertà, è ancora più importante. Per questo, durante il convegno, i detenuti hanno chiesto che siano aumentate le ore di colloquio (da sei a otto al mese), migliorando i locali adibiti agli incontri. “Non ti puoi scambiare un bacio, un gesto d’affetto -dice Katia, compagna di un detenuto-. Io e mia figlia avremmo bisogno di una parola di conforto, invece per noi ci sono solo perquisizioni e umiliazioni”. Altro tasto dolente: le telefonate. Per sentire la voce dei familiari, spesso, occorre un lungo iter burocratico fatto di “domandine” e attese inutili. Senza considerare che, fino a poco tempo fa, era vietato chiamare i cellulari. Finalmente Sergej, dopo anni, ha così sentito sua madre: nessuno in famiglia aveva un telefono fisso. “L’introduzione di un sistema di schede prepagate consentirebbe di ridurre queste lungaggini -spiega Ornella Favero, direttore di Ristretti Orizzonti-. Inoltre si potrebbe concedere più tempo: mantenere i contatti con i familiari, quando si sta male, potrebbe costituire una forma di prevenzione dei suicidi”.

le dolcezze della Banda Biscotti “Liberi di fare cose buone” è il motto della Banda Biscotti: un gruppo di detenuti del carcere di Verbania. Pericolosissimi sì, per la vostra linea. Tra lingue di gatto, frolle e baci di dama, il lavoro dei detenuti pasticcieri non conosce sosta. Nato quasi per gioco, il laboratorio ha iniziato le sue attività nel novembre 2009. Per farvi venire l’acquolina, visitate il sito bandabiscotti.it.

| parole oltre il muro | a cura di | sosta forzata L’inizio: una parola scritta alla lavagna. Poi 15 minuti. Il tempo per raccogliere i pensieri e provare a raccontarli.

colloquio (col-lò-quio), s.m. “Fuori” è una semplice conversazione tra due persone. Per i detenuti è il momento in cui incontrano i parenti: massimo due ore a settimana, sotto sorveglianza della polizia. 1 È un misto tra gioia e dolore: vedere le persone care mi rende felice, ma sapere che (nel mio caso) posso farlo solo tre ore al mese mi angoscia. A volte preferirei quasi non fare colloqui. Daniele, 25 anni, Italia 2 Purtroppo io non faccio colloqui: i miei familiari sono rimasti in Ungheria. Il colloquio ti ricarica e vorrei poterlo fare anch’io. Lazar, 35 anni, Ungheria 3 È il giorno più bello che il carcere ti permette di vivere. Così cerchi di prepararti al meglio: barba, capelli ben fatti, vestito in ordine come piace alla tua donna e quel profumo che lei aspetta per portarlo fuori con sé. Umberto, 42 anni, Italia | 015 | luglio/agosto 10

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viaggiatori viaggianti: valichi alpini Bandiere sul passo dello Spluga. Accanto, la strada del Maloja, dal versante della val Bregaglia.

passo dopo passo Tra Svizzera e Italia, itinerario d’altri tempi oltre i Duemila metri. Sulle strade dove osano gli eroi del pedale. | testo e foto | osvaldo spadaro

come arrivare Per viaggiare con i mezzi pubblici attraverso alcuni di questi passi, la soluzione migliore è Autoposta (www. postbus.ch), il servizio di pullman svizzero che permette anche il trasporto biciclette. In Italia si può partire da Chiavenna, o da Menaggio, sul lago di Como.

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A

ll’ultimo tornante spunta un ciclista. Piove. Poco, ma piove. Di quella pioggia fine che segna appena il vetro, per cui un colpo di tergicristalli basta. La stessa pioggia che non serve a lavar via la fatica di chi sullo Spluga sale in bicicletta. E infatti mentre lo si sorpassa in macchina lo sguardo del ciclista è un misto di fatica e odio. Ha ragione. La montagna è più sua che nostra. Più sua, che la scala a bordo di un sellino, che di chi scala solo le marce. Del resto, da quando esiste il giro d’Italia i nomi di queste montagne sono entrati nella testa di chiunque come le salite del Giro. Ogni nome una tappa, ogni tappa un eroe. Spluga, Maloja, Bernina, Julier, Stelvio, Albula, Gavia, Forcola, Mortirolo: tra la provincia di Sondrio e il canton Grigioni svizzero si concentrano una dozzina di passi, tutti intorno ai 2mila metri. Da soli sono un buon motivo per organizzare un itinerario di qualche giorno in cerca di una vertigine passata. Un saliscendi che sarebbe da fare a pe-

dali, perché la macchina toglie quell’eroica poesia che c’è nell’affrontare queste chilometriche ascese in bicicletta, o a piedi. Ma assodato che tutti abbiamo dei limiti fisici e scalare un passo alpino non è certo uno scherzo, farlo in macchina dà lo stesso un briciolo di soddisfazione. Perché su queste salite, il viaggio è la strada stessa. A nominarli senza averli risaliti, questi passi valgono il nome di migliaia di città pronunciate, con distacco e professionalità, dall’altoparlante all’aeroporto. Senza pensare che quei nomi per qualcuno possono avere un significato e una storia. Perché, per chi li ha scalati, sono tappe nella memoria, stellette da appuntare sul petto come battaglie passate indenni. Oramai le Alpi non si valicano, si attraversano. Da anni i passi hanno perso la sfida con i tunnel: nell’epoca in cui ciò che conta è arrivare, non andare, il percorso filante dei tornanti diventa un anacronismo, faticoso ed economicamente non conveniente. E il tempo è denaro. Per lavoro li percorre giusto qualche autotrasportatore dell’Est che vuole risparmiare sull’autostrada e i frontalieri che vanno a lavorare in Engadina, negli alberghi a cinque e più stelle di Saint Moritz. Per secoli non è stato così. La via Spluga era tra le più battute da chi dalle terre italiane si dirigeva verso il lago di Costanza. Si scollina a 2.114 metri e si scende nella valle del Reno superiore, porta per l’Europa tedesca. Sulla strada lastricata le carovane di muli trasportavano sale e merci varie. Mentre lo Stelvio, prodigio dell’ingegneria austro-ungarica progettato nel 1822 da Carlo Donegani, doveva servire per mettere in comunicazione Glorenza e la val Venosta con Milano. Donegani disegnò 48 tornanti che dal lato altoatesino servono a superare un dislivello di 1.848 metri in una ventina di chilometri: musica per gli scalatori su due ruote, tormento per i radiatori. Sono strade estive, queste. Da maggio a fine settembre i passi ritrovano la vita che avevano perso. Nel fondovalle i cartelli che segnalano l’apertura passano dal rosso “chiuso/geschlossen”, al verde “aperto/offen”. E dire che a inizio Novecento erano aperti tutto l’anno: anche lo Stelvio con i suoi 2.758 metri. Ora sono aggrediti da orde di tedeschi in gita di piacere, in motocicletta. Vien da pensare che abbiano qualche legame particolare con queste strade, o forse solo invidia: da loro strade così alte e filanti non se ne trovano. Sono talmente tanti che in Alto Adige da anni propongono di istituire dei pedaggi per chi sale sui passi. In Austria già l’hanno fatto: sul Rombo e lungo la Grossglockner-Hochalpenstrasse. Anche se poi, in molti dicono che i passi non sono più quelli di una volta. Ma lo si dice di ogni cosa, del resto. Di certo l’apertura delle frontiere ha tolto un po’ di fascino all’attraversamento. “Buongiorno. Documenti, prego. Dove siete diretti? Qualcosa da dichiarare? Bene, potete andare. Buon viaggio”.


Da bambini era un rituale elettrizzante e piacevole, soprattutto dopo che l’avevi superato. Dava al viaggio quel senso di esotico: sembrava di incedere in terre straniere. Una sensazione che adesso è venuta meno. Rimane intatta invece l’abitudine di fermarsi al primo negozio utile per comprare il Toblerone, quasi che qui fosse comunque più buono. Sia come sia, la scelta migliore è arrivare in cima quando annotta. Guardare in basso dove è già buio e poi guardare in alto. Rimanere a contemplare l’azzurro caldo del cielo, mentre il sole cade appena oltre le vette dal profilo scuro e seghettato. Ascoltare quei sovrumani silenzi portati dal vento. Provare a distinguere il fischio di una marmotta. Sperare, senza successo, di avvistare qualche animale, magari un camoscio. E poi prendere una stanza in un rifugio a bordo strada. Fermarsi a mangiare qualcosa di sostanzioso quando gli altri sono già scesi a valle. Allora nelle sale dei ristoranti sembra di stare in un ritrovo intimo dalla convivialità accentuata

compagni di viaggio Il libro

La band

Settemila chilometri di montagna, su e giù per l’Italia, da Trieste a Capo Passero. Un viaggio tra le Alpi e gli Appennini non facendosi sfuggire neanche una storia e neanche una strada. Racconti di un’Italia in quota, poco visitata e ancor meno letta.

Beirut, Gulag Orkestar. Se il guidatore prende il ritmo e la strada lo permette, si riesce anche ad andare a tempo. Tra ukulele, violini, trombe e nenie da funerale balcanico viene voglia di mettersi in movimento per cercare il panorama adatto a far da sfondo a ogni canzone. Sul Bernina “Postcards from Italy” ha trovato il suo.

Paolo Rumiz

La leggenda dei monti naviganti Feltrinelli 340 pagine ± 18,00 euro.

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un weekend in quota dormire Sullo Spluga. Consiglio l’albergo Vittoria, un due stelle di montagna con atmosfera ultracasalinga, ottima cucina e un bel parco riviste per leggere qualcosa mentre si mangia un buon dolce. Doppia da 70 euro, via Dogana 12, Montespluga (So). Per informazioni, tel. 0343 - 54.250, passospluga.it. Sul Maloja. Si può provare al Salecina (salecina.ch), un albergo autogestito dove si paga in base al reddito e alla disponibilità. Si dorme in doppie, ma anche in camerate che possono ospitare fino a 12 persone.

In alto, una stampa d’epoca mostra gli effetti della frana su Piuro, nei Grigioni. A sinistra, il lago di Silvaplana, in Engadina; accanto: l’albergo Posta a Montespluga.

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Sul Bernina. Ospizio Bernina, il nome dice già tutto. A 2.309 metri, sulla cima di uno dei pochi passi aperti tutto l’anno, l’albergo è uno spartano tuffo nella storia dove sostare dopo la salita e rinfrancarsi guardando il pizzo Bernina. Doppia da 39 euro, posto letto in camerata 29 euro. Info: bernina-hospiz.ch. Sullo Stelvio. Di certo non affascinanti, ma di sicuro ospitali gli alberghi sullo Stelvio sono casermoni pensati per chi in estate va a fare sci sul ghiacciaio, più che per i turisti di passaggio. Il più carino è l’hotel Genziana (tel. 0342 904.523; hotelgenziana.com) Doppia in mezza pensione da 70 euro.

La Pompei delle Alpi Secondo il calendario gregoriano era il 4 settembre 1618. Secondo il calendario riformato che allora si seguiva in val Bregaglia, territorio dei Grigioni, era il 25 agosto. Quel giorno una frana enorme si staccò dal monte Conto. Seppellì Piuro e uccise 1.200 abitanti, ponendo fine alla ricchezza del paese. Raccontano le testimonianze dei viaggiatori, che Piuro vantasse alcuni dei palazzi più belli di tutte le Alpi. Del resto all’epoca era un borgo ricco come pochi nella zona. I suoi abitanti commerciavano seta, ma soprattutto si arricchivano con la pietra ollare. Producevano vasi, piani per la cottura e pentole che erano ricercate in tutta Europa. Poi la frana cancellò Piuro dalle cartine e dalla storia. Ora è una Pompei tutta da scoprire. Dell’antico centro rimane intatto solo Palazzo Vertemate-Franchi, che merita una sosta quando, passata Chiavenna, si sale verso il passo del Maloja.

e viene da pensare che un tempo tutte le locande di posta dovessero essere luoghi così: con la gente che scambia pareri sulla salita, sul percorso fatto e su quello che deve ancora fare. Mentre in qualche angolo vicino al bancone, guardando un barometro che tende al brutto, si parla del tempo: “Quassù cambia sempre e ci vuole niente che nevichi”. In Svizzera capita spesso che questi posti si chiamino hotel Posta, e che fuori ci sia una fermata di pullman gialli che ogni giorno attraversano le Alpi. Sono un servizio pubblico duplice e antico: portano in giro lettere e persone e mettono in comunicazione tutte le comunità che vivono nei diversi versanti della Alpi. Alcune -come la val Bregaglia o la val Poschiavo- geograficamente sarebbero Italia, se solo la geografia contasse qualcosa nel disegnare i con| viaggiatori viaggianti

fini. E invece finisce sempre che la storia metta le barriere laddove la geografia le aveva dimenticate. Così quando si sale sullo Spluga c’è sempre qualcuno che fa notare come qui si sia a un passo dal cuore orografico d’Europa. Le acque che scendono sul versante settentrionale finiscono nel Reno e risalgono fino al mare del Nord. Quelle dal versante Sud finisco dritte nel Mediterraneo. Mentre basta spostarsi di pochi chilometri, qualche valla più a oriente, in Engadina, e le acque di sorgente confluiscono nell’Inn, di qui nel Danubio per sfociare nel mar Nero. E sarà forse per questo che salire in cima ai passi mette voglia di viaggiare, di andare oltre. Di continuare la strada fino alla prossima pianura, dietro l’ennesimo, ultimo tornante.


viaggiare leggeri | calendario di partenze solidali

| a cura di | marco menichetti | legambiente

± Cipro

una centrale di idee, per lasciare l’auto a casa

a piedi

8 - 17 ottobre Si cammina lungo la catena montuosa del Pendodaktylos, nella parte settentrionale dell’isola, di lingua e cultura turca, tra antichi castelli arroccati sulla roccia. Costo del trekking: 760 euro (volo escluso). info La Boscaglia tel 051 - 626.41.69 » boscaglia.it

± etiopia

20 settembre - 2 ottobre La rotta scelta per viaggio è davvero “storica” e attraversa il Nord del Paese, per raggiungere le leggendarie città di Lalibela, Axum, Gondar e le bellezze naturali del lago Tana e dei Monti Semiem. Costo: da 2.180 (volo incluso). info Planet viaggi tel 045 - 800.51.67 » planetviaggi.it

± India occidentale

10 - 28 ottobre Un viaggio per conoscere la terra di Gandhi e la cultura della nonviolenza. Da Delhi ci si dirige a ovest: tra le tappe, Junagadh e Diu con le sue dimore coloniali affacciate sul mare. Costo: 1.850 (voli inclusi) + 600 per la cassa comune. info Ram viaggi tel 338 - 160.69.10 » ramviaggi.it

± Perù bus & breakfast

partenze personalizzate La formula è semplice: l’agenzia vi prenota trasporto, letto e colazione. E voi, per 20 giorni, potete visitare il Perù in libertà, scegliendo l’itinerario e il mezzo di trasporto preferito (pubblico e non). Costo: 900 euro (voli esclusi). info Perù responsabile tel 339 - 250.30.74 » peruresponsabile.it Perù, il sito archeologico di Choquequirao.

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rima di girare la chiave nel blocchetto dell’accensione, chiedetevi: è necessario? Dovremmo porci questa domanda ogni volta che saliamo in auto. Se ricevessimo più informazioni ed avessimo la possibilità di acquistare abbonamenti e biglietti combinati per i nostri viaggi, forse cambieremmo le nostre abitudini e ridurremmo il numero di chilometri percorsi, quasi sempre da soli, in macchina. È ciò che sta accadendo a Francoforte dove, dal 1997, è attiva una moderna Centrale di mobilità che ogni giorno offre assistenza a più di 400 persone. La speranza è che il successo dell’iniziativa si replichi anche a Milano, dove lo scorso gennaio Legambiente, grazie al cofinanziamento di Fondazione Cariplo, ne ha aperta una. Lo sportello milanese si trova in via Vida 7, vicino a viale Monza, ma le informazioni sono consultabili anche online, sul sito centralemobilita.it. Con pochi colpi di mouse è possibile conoscere i servizi di trasporto pubblico più vicini a casa, ufficio o a qualsiasi altro luogo di Milano e hinterland, con una sezione dedicata a Monza e Brianza. Ogni utente può creare una mappa personalizzata con tutte le opportunità per muoversi in modo comodo e sostenibile e abbonarsi con il 50 per cento di sconto a “Guidami”, il servizio di car sharing attivo a Milano, Monza e Sesto San Giovanni. Tra le informazioni utili, anche le convenzione in tema di mobilità riservate ai soci di Legambiente, con sconti su autonoleggio, biglietto bici + treno oppure bici + autobus, pony express a pedali e sull’acquisto di biciclette. La Centrale di mobilità diventerà sempre più importante per Milano, soprattutto in vista dell’Expo 2015. Per questo è necessario l’impegno delle istituzioni: un solo sportello non è sufficiente e, oltre a nuovi centri, è necessario attivare anche le applicazioni per i cellulari che permettano agli utenti di restare in contatto con la Centrale. E, perché no, si potrebbe pensare a una smart card, aggiornabile e ricaricabile, per consentire a tutti il pagamento dei servizi di mobilità e per accedere a musei, mostre, ristoranti, alberghi e altri luoghi di intrattenimento. | 015 | luglio/agosto 10

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alternative possibili

cacciatori di stelle | testo | giulia bondi

Se non avete Paura del buio, fatevi avanti: la Buiometria partecipativa vi aspetta.

“A

leph con zero” è un parallelepipedo nero, lungo 10 centimetri, con un pulsante rosso al centro, un display a cristalli liquidi e il disegno di un cielo stellato. Lo vedo per la prima volta in una piadineria di San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna: è protetto da una piccola custodia in tessuto mimetico. “Aleph è uno sky quality meter, un buiometro -mi spiega Francesco Giubbilini, ingegnere ambientale-: misura la luminosità del cielo in magnitudine su arcosecondo quadrato, in una scala da 17 a 23”. L’idea di questo ingegnere ambientale con la passione per le stelle e del collega Andrea Giacomelli, un attivista impegnato su molteplici fronti, è avvincente: far misurare dal “basso” il buio che ci circonda. Un esperimento di “buiometria partecipativa” a cui anch’io decido di prendere parte. “Mappe delle luci artificiali e del buio esistono già, sono elaborate con i dati del satellite -prosegue Francesco-. Ma in questo modo ci si rende conto del problema, da protagonisti e in modo più divertente”. Il mio unico compagno d’avventura sarà Aleph con zero. Dovrò puntarlo allo zenit nelle notti senza luna, schiacciare il pulsante rosso e attendere alcuni secondi finché sul display non sarà comparso un numero, compreso tra il 17 dei cieli “fortemente luminosi” e il 23 dell’“estremamente buio”. Al termine della nottata, dovrò poi registrarmi sul sito pibinko.org/bmp e aggiornare la mappa dell’inquinamento luminoso: una cartina d’Italia già costellata di puntini colorati, rossi (per le aree dove più forte è la presenza di luci artificiali), neri (i paradisi delle stelle) ma anche gialli, verdi e blu per indicare le situazioni intermedie. Mi lascio le perplessità alle spalle, in fondo non sono la prima: dalla primavera del 2009 a oggi una 28

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maestra marchigiana, la pioniera delle rilevazioni, ha fatto passare così agli alunni la paura del buio e altri cinque buiometri, oltre al mio, sono passati tra le mani di dieci gruppi di volontari sparsi per l’Italia, isole comprese. Gli apparecchi costano un centinaio di euro l’uno: Andrea e Francesco li hanno acquistati grazie al premio “La seconda luna”, vinto nel 2008 per la loro passione “per l’innovazione tecnologica”, e li hanno battezzati con i nomi più strani: El Segundo, Campari, Fungoagnello, Maira, Dorce e Aleph con zero. “Eppursimuove”, il buiometro dotato di calami-

Via lattea metropolitana. (Masahiro Hayata) A destra, Francesco Giubbilini, uno degli ideatori del buiometro.


≈ Tiziana Tronci è consulente marketing

e comunicazione nel settore del tessile ecosostenibile. Collabora per progetti italiani e internazionali legati al mondo del lifestyle e della sostenibilità.

| critical fashion | A cura di | tiziana tronci

il bottone che fa la differenza I

ta per montarlo sul tettuccio dell’auto, è rimasto a loro, che lo usano “per fare misure su zone ampie”, come hanno spiegato ai Carabinieri esterefatti che li hanno fermati nel cuore della notte. Inizio dunque dal mio quartiere, a due passi dal centro di Modena. Punto Aleph al cielo: 18.60, “fortemente luminoso”. Trovo conferma della rilevazione dalla mappa online: la mia città è da allarme rosso. “Se tot i cajon agh’avesser un lampioun, diomama che iluminasioun” (se tutti gli sciocchi avessero un lampione, sai che illuminazione): mi ricorda il parroco quando gli chiedo il permesso di utilizzare il sagrato della chiesa come osservatorio. Non demordo e proseguo la ricerca di buio e di stelle. Delusa dalla città, salgo a quota 800 metri, alla volta di Serramazzoni. Aleph tocca i 19.35: sempre “molto luminoso”, troppo. Decido di fermarmi lungo la provinciale. Nessun lampione all’orizzonte, spengo i fari e punto dritto allo zenit. Guadagno un altro punto: 20.35, comunque “luminoso”. Mi rassegno, altro che stelle, a “brillare” è la pianura Padana. “Non avrebbe senso spegnere tutte le luci -commenta Francesco, quando gli restituisco Aleph con zero-: si dovrebbe piuttosto rivolgere i lampioni verso terra. La maggior parte delle Regioni (fanno eccezione Calabria, Sicilia e la provincia autonoma di Bolzano, ndr) hanno leggi avanzate in proposito, ma inapplicate e spesso le amministrazioni comunali investono in impianti a led di dubbia efficacia”. Per tutta risposta, c’è chi ha proposto i “parchi delle stelle”: aree protette in cui l’ambiente da preservare è l’oscurità. “In città non servirebbero a nulla -sorride-: la luce si propaga fino a 200 km, non si cura certo dei confini”. Per ora, sulla mappa buiometrica, il record spetta a Galeria, nel Nord della Corsica, 21.74 punti, seguita dalla Maremma, con il 21.7 del monte Amiata. Ma per chi desidera cimentarsi in questa caccia al buio, il posto c’è. L’importante è partecipare.

l riscaldamento globale non vi fa dormire la notte? Al supermercato setacciate con gli occhi le etichette dei prodotti alla ricerca di sostanze chimiche sospette? Ora, anche per scegliere i vestiti che indossate, c’è qualcosa che può placare la vostra voglia di “fare la cosa giusta”. Un semplice bottone, di colore azzurro, è il “sigillo” ideato dall’organizzazione olandese Made-by per garantire la provenienza “etica” di tessuti e capi d’abbigliamento. L’ennesimo ente certificatore? Non proprio: a ogni capo corredato dal celeste bottoncino è associato un codice che, inserito nel sito made-by.org, consente di verificare la tracciabilità del capo che si indossa, ricostruendo tutti i passaggi della filiera produttiva, dal negoziante al coltivatore di cotone, ciascuno chiamato a garantire l’adozione di pratiche sociali e ambientali corrette. Nonostante sia quasi sempre impossibile garantire un processo produttivo ecosostenibile al 100 per cento, con questo metodo si può, se non altro, mostrare al mondo i progressi che un marchio, uno stilista, un’azienda stanno facendo in tal senso, renden-

do consapevole il consumatore del contenuto etico e sociale del suo acquisto. Strumento utile per soddisfare la curiosità dei patiti dell’“ambientalmente corretto” ed efficace leva di “marketing verde” per i produttori di abbigliamento, il bottone azzurro è un espediente di cui, per ora, solo poche case di moda sembrano aver capito la potenzialità. A oggi Made-by lavora con una trentina di brand a livello internazionale, attivi nei settori del prêt-à-porter, dello street wear e dell’abbigliamento per l’infanzia tra cui Alchemist, Circle of Trust, Kuyichi e Jackpot. Quest’ultima marca si può trovare anche in Italia: a Torino (Boutique Acquaviva, via Po 32, tel. 011 - 817.73.56) e a Silandro, un comune in provincia di Bolzano (Mode Former, via Principale 101, tel. 0473 - 730.098). In attesa che i negozi italiani si riempiano di “bottoni azzurri”, anche l’Unione europea si sta dimostrando attenta alle esigenze di maggiore trasparenza del mercato: su proposta di un deputato olandese, il 18 maggio Bruxelles ha emanato un regolamento che obbliga a indicare il Paese di provenienza, su tutti i capi d’abbigliamento e gli altri prodotti tessili commercializzati nel Vecchio continente.

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plastiche ossessioni | testo | antonella lombardi

Un materiale dalla doppia vita: Piccola storia del “pIvici” che un giorno si scoprì oggetto di culto.

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i scrive pvc, si pronuncia “pivici”, si chiama “cloruro di polivinile”. Se alzate gli occhi al cielo, nelle grandi città, attaccati ai pali della luce o in mezzo alla strada, lo vedrete ben esposto: sì, perché con questo materiale si fanno i gonfaloni pubblicitari. Ma “Pivviccì” è anche il nome di una piccola e promettente impresa fondata lo scorso dicembre a Palermo da due giovani architetti, Francesco Lucia e Giuseppe Rogato, che hanno deciso di dare lunga vita a questo tipo di plastica. Borse, cinture, scarpe, coppole e persino poltrone: ogni oggetto diventa, nelle mani dei due designer, un pezzo unico. Una bella rivincita nella società dei consumi “usa e getta”, dove il pvc dei gonfaloni, dopo i 15 canonici giorni di esposizione, viene ritirato e diventa “rifiuto speciale”, altamente inquinante se non viene smaltito in modo opportuno: nella sua molecola, infatti, è presente il cloro che, una volta bruciato, libera diossina. “Non possiamo cambiare il sistema, ma possiamo offrire una valida alternativa

allo smaltimento in discarica, soprattutto in una città come la nostra dove la raccolta differenziata è inchiodata al 4 per cento e alcune aziende arrivano a produrre più di 800 gonfaloni al mese -spiegano Francesco e Giuseppe-. L’utilità del pvc è circoscritta al tempo di una campagna promozionale. Il nostro progetto, invece, intende rivalutare il lavoro artigianale e mostrare applicazioni pratiche e concrete dei materiali riciclabili”. Amici da anni, dopo alcuni lavori insieme su progetti di grafica pubblicitaria, i due decidono di lanciarsi in questa impresa, andando a bussare alle porte di decine di maestranze locali. “Non si può fare, continuavano a ripeterci. E noi a insistere, forti degli esempi visti durante i nostri viaggi

I designer del pvc, Giuseppe Rogato e Francesco Lucia, con le loro creazioni: borse, scarpe, poltrone e cinture.

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| alternative possibili

in Nord Europa dove l’ecologia non è un sogno”, dice Francesco, mentre Giuseppe, laureato con una tesi sul declino urbano e con all’attivo numerose ricerche fotografiche sulle fabbriche dismesse, ricorda lo scetticismo iniziale di alcuni clienti, “come se riciclato volesse dire sporco”. “Invece il pvc è un ottimo materiale -ribatte Francesco-, è termoplastico, cioè resistente al calore: inizialmente si deforma per poi tornare alle sue dimensioni e caratteristiche originarie. È l’ideale per realizzare accessori o sedute, come i pouf, interamente imbottiti con materiale di scarto, comodissimi e in grado di dare carattere all’arredamento di una casa”. Adesso sono tutti pazzi per il pvc, per quella grafica colorata e lucida, “ideale da riciclare nel suo formato 1,40x2 e ottima per ridare vita alla vecchia poltrona della nonna, da realizzare secondo i gusti del cliente”, dicono in coro. Ad assisterli, bravissimi artigiani, borsettifici e tappezzieri che hanno creduto nel loro sogno “e che hanno deciso di rischiare, come pochi in quest’isola fanno”, aggiunge Giuseppe. I prezzi vanno dai 15 euro in su, ma per le poltrone, ad esempio, si può richiedere un preventivo su misura. Per trovarli è sufficiente andare sul loro sito pivvicci.it dove è possibile vedere e acquistare i prodotti o contattare i due designer. I successi non sono mancati, dalle esposizioni temporanee nelle fiere in giro per l’Italia, alla vendita nella bottega di Libera a Palermo. A luglio i due designer inaugureranno il primo negozio Pivviccì in provincia di Messina, a Capo d’Orlando, ma il sogno nel cassetto è di “avviare un franchising”, confessa Francesco. E chissà che questa volta qualcuno non risponda: “Si può fare”.


| buone pratiche per vivere meglio | a cura di | ilaria sesana

tintarella solidale C

he cos’hanno in comune gli amanti della montagna e gli habitué del bagnasciuga? Creme solari e doposole di buona qualità, fondamentali per prevenire scottature ed eritemi e proteggere la pelle dagli insidiosi raggi Uva e Uvb. Individuare il fattore di protezione più adatto al proprio tipo di pelle, non esporsi mai nelle ore più calde e spalmarsi più volte la pelle sono le regole fondamentali per un’abbronzatura bella e protetta. Se invece volete che la tintarella sia anche “giusta”, allora non vi resta che mettervi alla ricerca di creme e lozioni realizzate con materie prime di origine biologica, provenienti da progetti del commercio equo e solidale. Come quelle della linea “Eco bio soleil”, distribuite da Commercio alternativo (commercioalternativo.it) e Chico Mendes Altromercato (chicomendes.it), a base di ingredienti certificati Fairtrade: burro di karité del Burkina Faso, olio di noce dell’Amazzonia del Perù, miele del Nicaragua, olio di oliva della Palestina e olio di cocco dello Sri Lanka. Il tutto per garantire morbidezza, elasticità, idrata-

zione e altre “coccole” alla pelle, mentre la protezione viene assicurata dal biossido di titanio: un filtro fisico di origine minerale che, diversamente dai filtri chimici di solito presenti nei prodotti solari, non assorbe i raggi Uva e Uvb, ma li riflette. Anche Liberomondo (liberomondo. org) ha messo olio di argan e jojoba, burro di karité, aloe e carota nelle “ricette” delle sue creme solari per proteggere la pelle. Accompagnandole con estratti di elicriso, caffé e carota che favoriscono invece l’abbronzatura e il suo prolungamento nel tempo. Calendula, aloe e camomilla, invece, sono alla base dei prodotti dopo-sole. “Rispetto ai prodotti che si trovano nei supermercati, questi solari sono molto più controllati perché i produttori li sottopongono a un severo disciplinare di certificazione”, spiega Alessandro Spadoni di Icea, l’Istituto per la certificazione etica e ambientale. Una qualità che spiega i costi leggermente superiori di questi prodotti, che oscillano dai 15 ai 21 euro (per un flacone di crema da 150 ml), rispetto alle creme tradizionali.

3 domande a Leonardo Celleno Centro ricerche cosmetologiche dell’università Cattolica di Roma.

Quali sono i vantaggi dei solari bio? Un prodotto tutto biologico, in teoria privo di sostanze chimiche, contiene estratti naturali con effetti positivi per la pelle, senza gli additivi chimici che qualche volta possono causare piccoli problemi. Detto questo, bisogna prestare attenzione. Perché? Perché Naturale non è sempre sinonimo di sicuro e innocuo. Se decide di orientarsi verso il “bio”, il consumatore deve scegliere un prodotto semplice accontentandosi dei suoi benefici, ma senza pretendere miracoli. Un consiglio prima di esporsi al sole? Andare dal dermatologo per un controllo di nei e delle altre imperfezioni dell’epidermide e per farsi consigliare il prodotto più adatto alla propria pelle. (A.R.)

| mondopen | a cura di | tommaso ravaglioli | openlabs

il formato passepartout F

inora abbiamo parlato di software Open sotto forma di sistemi operativi, applicazioni per ufficio, storie di personaggi leggendari. A questo punto, però, è bene includere nel nostro panorama un altro concetto importante, quello del “formato dati” aperto. Va detto, anzitutto, che il “formato dati” di un file è per convenzione indicato dalla sua “estensione”, la sigla che compare di seguito al nome di un file ogni volta che effettuiamo un salvataggio e che identifica il tipo di file a cui abbiamo lavorato (ad esempio .doc per un file di testo, .xls per un foglio di calcolo, .jpg per un’immagine, .mpeg per un audio o video). Un’operazione che, se usiamo il computer ogni giorno, facciamo quasi

in automatico a coronamento del nostro lavoro al pc, spesso senza aver valutato pregi e difetti del formato che abbiamo scelto per il salvataggio. Il file, infatti, dev’essere presentato in un formato leggibile anche da un altro computer (magari di qualcuno a cui spedirlo per motivi di lavoro), operazione dall’esito non sempre scontato. Per esempio, se salviamo il nostro documento in OpenOffice, il formato “di default” che ci viene proposto in automatico è l’odt (estensione: .odt), un formato aperto e leggibile da qualsiasi altro programma “open”. Tutt’altra faccenda è quando la comunità degli sviluppatori si attrezza per aggirare i vincoli imposti da alcuni software proprietari. Il formato di Microsoft Word è un valido

≈ Openlabs è un’associazione culturale fondata nel 2000. Organizza corsi, seminari e convegni per la diffusione del software libero. Info: openlabs.it.

esempio di file leggibile da tutti soltanto perché nel tempo è diventato universalmente diffuso e perché altri software, tra cui OpenOffice, hanno messo a disposizione filtri per aprire file salvati in formato .doc. Al contrario, il formato di salvataggio di OpenOffice è nato per essere già accessibile a tutti, spiegato in tutte le sue funzionalità, in modo tale da rendere veloce la sua adozione anche da parte di altri software che volessero rendersi compatibili con il word processor di OpenOffice. In questo sta il punto di forza dei formati aperti: svincolare noi utenti da ogni legame con i produttori di software e permetterci di scegliere in libertà quale strumento utilizzare. | 015 | luglio/agosto 10

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scrittori nel cassetto A Capraia in pochi attimi il mare sembra cambiare umore. Me ne accorgo ogni volta che mi affaccio alla finestra, e ne rimango stupita. Non sono solo le onde, qui tutto scorre e muta rapidamente.

in

POCHI ATTIMI di Allegra Agliardi

A Milano non puoi distrarti un istante, rischi che ti investano le auto o le persone. 32

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A Capraia invece ogni passo è fatto di mille dettagli. Per guardarli, ti devi fermare.


Un giorno ho sbagliato strada Avevo perso il bivio per la Cala del Ceppo ed era troppo tardi per tornare indietro. Ho deciso allora di proseguire sul mio sentiero. FinchĂŠ...

i

o di u n a c o z z l on e m el ad b l i ga e n a bbian ... mi son trovat i.

Inutile dire che li ho spaventati a morte.

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Mi è venuta paura: volevo sparire di lì.

Così mi sono arrampicata in fretta e furia sulle rocce. Dopo inutili tentativi di ritrovare la via del ritorno, mi sono arresa all’evidenza: mi ero smarrita.

In quello scompiglio, mi sono accorta che c’erano delle uova.

In pochi attimi.

Non potevo crederci, ma ho avuto cinque ore per rendermene conto. Giusto il tempo che i soccorsi ci hanno messo a recuperarmi. Nell’attesa, lo ammetto, ho provato un po’ di disagio

Tra tanta bellezza che avevo intorno, mi sentivo di troppo. Spersa di fronte all’armonia. Che cosa ci facevo lì?

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Ma poi sono bastati pochi attimi per sentirmi di nuovo a casa.

| scrittori nel cassetto


i ferri del mestiere

piccole storie per grandi romanzi | testo | Marco Purita

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Allegra Agliardi Vive e lavora a Milano. Illustratrice e grafica, pubblica e collabora con diverse case editrici, riviste e quotidiani italiani e stranieri. Ha esposto le sue opere anche alla Fiera del libro di Bologna. Nel 2009 ha vinto il premio come giovane illustratrice dell’anno al Festival dell’Illustrazione di Pavia. l a parol a ai maestri

la terza via di Hermann Hesse Hesse scrive il “Demian” durante la Grande Guerra. Un periodo della sua vita in cui si separa dalla moglie, perde il padre ed è costretto a fuggire a causa del conflitto. Ma proprio in questo romanzo fa trasparire in modo chiaro meccanismi del subplot (o sottotrame). In quel momento sentii una specie di contatto, o di richiamo, e alzando lo sguardo vidi dalle prime file di banchi il volto di Demian rivolto verso di me, con un limpido, eloquente sguardo, la cui espressione poteva altrettanto bene essere ironica o seria. Mi guardò per un attimo ma, all’improvviso, ascoltai teso le parole del parroco, lo sentii parlare di Caino e del suo segno e mi convinsi con profonda certezza che le cose non erano come lui le insegnava, che poteva essere visti in modo differente, che c’era la possibilità di una critica. Bur, 1998 La storia principale narra la giovinezza di Emil Sinclair, divisa tra bene e male. La sua famiglia rappresenta il primo subplot e il mondo del bene. Fran Kromer, protagonista del secondo subplot, simboleggia il male. Max Demian è la figura guida del terzo subplot, l’amico che l’accompagna al di là del bene e del male, verso la luce. ≈ “Scrittori nel cassetto” è anche una sezione del nostro sito, dove potete pubblicare i vostri commenti e trovare i temi dei prossimi racconti. Vi aspettiamo su terre.it!

on è affatto vero che aggiungendo cento pagine a un racconto riuscirete a ottenere un romanzo. Ciò che differenza questi due generi semmai sono i “subplot”, le storie secondarie. La vita di Walter, il protagonista di “Tutti giù per terra” (Garzanti, 1996), non sarebbe la stessa, ad esempio, se lo scrittore Giuseppe Culicchia non ci avesse fatto conoscere anche Alessandro Castracan: studente modello di Filosofia, che tormenta il protagonista con le sue domande “marzulliane”. O le moine di Beatrice che cerca di sedurre in tutti i modi il nostro Walter. Molto meno “ingombranti” rispetto alla vicenda principale, i subplot si mettono a servizio della storia e aiutano a drammatizzarla, fornendole un retroscena e mettendo un pizzico di sale in più alla narrazione. Nell’unico romanzo scritto da Margareth Mitchell nel 1936, “Via col vento” (Mondadori, 2008), la Guerra di secessione americana, che contrappose gli Stati del Sud schiavista a quelli del Nord, fa da background e accompagna la storia d’amore tra Rossella O’Hara e Rhett Butler. La descrizione del conflitto, infatti, è una sottotrama vera e propria, che aiuta il lettore a mettere a fuoco il contesto sociale e storico in cui si svolgono le vicende dei vari personaggi. Lo scoppio della Guerra così causa l’affrettato matrimonio di Rossella con Charles Hamilton, mentre l’ingresso ad Atlanta delle truppe del generale Sherman costringe Rossella e Melania a fuggire , proprio nel giorno in cui quest’ultima deve partorire. Attenzione però: sia quando scrivete la trama principale, sia quando vi dedicate a un “subplot” ricordate sempre che tutti gli eventi devono essere legati da un rapporto causa-effetto. Nulla deve essere scritto solo per dare “peso” al vostro libro. Ogni elemento, virgole comprese, deve essere inserito nel romanzo con il solo obiettivo di lasciar scorrere la lettura sino alla conclusione. Infine, alcuni suggerimenti agli aspiranti scrittori: mantenete le debite proporzioni fra trama e sottotrame, non utilizzate lo stesso numero di scene per l’una e per l’altra, non oscurate la vicenda principale con indistinti “subplot”. E divertitivi a costruire le vostre storie in miniatura. ≈ Raccontare storie è un’arte che si può imparare. Lo dimostra la Scuola Holden di Torino, fondata da Alessandro Baricco nel 1994. Tra gli allievi anche Paolo Giordano, vincitore del Premio Strega 2008.

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forchette e bacchette La lanterna di Diogene. (Ivana Setti)

Osteria La lanterna di Diogene Il menu è fisso e abbondante: antipasti, due primi, un intermezzo a base di formaggio o verdure, un arrosto o stracotto con contorno, dolci e liquori. Il tutto per 28 euro. via Argine Panaro 20, Solara di Bomporto (Mo), tel. 059 – 801.101, www.lalucciola.org.

la filosofia in tavola | testo | giulia bondi

C’

è chi tira la sfoglia, chi ci mette il ripieno, chi la piega a triangolo e infine la richiude. Prima, però, bisogna avere raccolto le ortiche sull’argine, “e pungono un sacco -confessa Caterina-, anche coi guanti”. Quando arrivano nel piatto, i tortelloni de “La lanterna di Diogene” hanno già sentito un sacco di storie: risate e piccole liti, cura e passione per la terra, indipendenza conquistata. La “Lanterna” è una cooperativa sociale che a Solara di Bomporto, vicino Modena, gestisce una piccola osteria in un casolare lungo l’argine del fiume Panaro. La specialità sono le zuppe, ma non mancano, in terra d’Emilia, primi di sfoglia e insaccati di maiale. Il salamino ha i lardelli di grasso come quello di una volta, “e per un panino gustoso -precisa l’oste, Giovanni Cuoccine basta una sola fetta”. Fatto in casa anche il salame di cioccolato: sul buffet dei dolci si alterna a crostata, tenerina, zuppa inglese e, d’inverno, torta bomportese con le pere. I se-

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| la ricetta

Crema di fagioli offerta dall’Osteria La lanterna di Diogene Ingredienti 1/2 kg di fagioli borlotti di lamon secchi, 1 patata a pasta gialla, 1 cipolla bianca, 2 spicchi d’aglio, 1 ciuffetto di prezzemolo, 1 foglia di alloro, 400 gr di passata di pomodoro, olio extravergine d’oliva, sale.

Lasciare i fagioli in ammollo per una notte. Lavarli e metterli in una pentola con la cipolla, l’alloro e la patata. Coprire con abbondante acqua fredda poco salata e cuocere per due ore. A parte preparare un battuto di aglio e prezzemolo e soffriggere lentamente in due cucchiai d’olio. Aggiungere al soffritto la passata e un bicchiere di acqua di cottura, mescolare e fare restringere a fuoco basso. Scolare i fagioli e la patata e passarli nel passaverdure. Unire la purea così ottenuta al soffritto e rimettere sul fuoco, portando a ebollizione per qualche minuto. Aggiustare di sale e mescolare. Servire calda con un filo d’olio extravergine.

condi: stracotto d’inverno e arrosto d’estate. “La nostra è una cucina tradizionale -racconta lo chef, Fabio Sarti-, pensata per esaltare il gusto naturale dei prodotti della terra”. A servire e aiutare nelle preparazioni dei piatti sono i soci della cooperativa, quasi tutti ventenni. La maggior parte viene dal centro di terapia “La lucciola”, che dall’altro lato del fiume segue bambini e ragazzi con handicap fino ai 18 anni. Per Simona Franceschini, Caterina Ermini, Gregorio Ricci e gli altri lavoratori, “La lanterna” è la risposta a una domanda: “Cosa vogliamo fare da grandi?”. Oltre all’osteria ci sono orto, frutteto, vigna, pollaio, e recinto di maiali. E quando in tavola arrivano i maccheroni al ragù di salsiccia, il pensiero va per un istante alla scrofa Regina, ignara all’ombra dei faggi. “Abbiamo creato

La lanterna per dare ai ragazzi un lavoro vero, nel quale non fossero trattati ‘come bambocci’ -spiega l’oste-. Chi viene a trovarci deve essere disposto a incontrare la differenza, a farla entrare dentro di sè, lasciandosi nutrire”. In una società che nega il dolore e rifiuta le virtù “improduttive” come la sensibilità dei ragazzi Down, i soci della Lanterna imparano che al pollo allevato con amore prima o poi va tirato il collo, ma che nulla -o quasi- è impossibile se si è circondati da affetto e fiducia. Simona, cameriera impeccabile, offre la crostata con orgoglio da “rezdora”. “Diogene -racconta- andava in giro con una lanterna accesa, e nell’altra mano aveva un mezzo pollo”. In omaggio al filosofo, maestro di semplicità, niente alla lanterna è mascherato per sembrare qualcos’altro.


| food and the city | a cura di | davide de luca

un gelato come dio comanda Non c’è dubbio: in estate, il gelato è un vero must. A Milano ci sono diverse gelaterie di qualità e spesso si sente parlare di gelati biologici e artigianali. La difficoltà consiste nel riconoscere la qualità del prodotto, ma in una piccola gelateria in via Fornari 50, “I gelati di Mary” è nientemeno che un rabbino a decretare la freschezza dei prodotti. “Una volta la settimana passa a controllare gli ingredienti e a spaccare le uova secondo la tradizione kosher”, spiega la titolare. Fare il gelato secondo i dettami ebraici, rinunciando a polveri, aromi, stabilizzatori e ispezionando la frutta fresca per evitare vermi e insetti, è ormai una moda affermata da New York a Gerusalemme dove, per l’apertura di una gelateria riservata ad una clientela ultra ortodossa, è dovuta intervenire la polizia per sedare la golosità di 6mila persone. Mary, che nel 2009 ha ricevuto il premio Cono d’oro, è in procinto di partire per Parigi dove proporrà il suo gelato, adatto anche ai celiaci e dove si troveranno almeno quattro qualità di cioccolato, oltre a gusti insoliti come anice stellato e sale rosa dell’Himalaya.

≈ Hai scoperto un buon ristorante, un’osteria o un punto di ritrovo mangereccio? Passaparola su tempolibero@terre.it, perchè le cose buone... si condividono!

| passaparola | Sanremo (IM)

Firenze

Siracusa

consigliato da Giovanni

consigliato da Barbara

consigliato da Massimiliano

Chi emigra porta con sé il meglio della cucina della propria terra. E così hanno fatto gli abruzzesi che si sono stabiliti nella provincia di Imperia, contagiando i sapori locali. Per questo “I tre Poli”, sulle colline di Sanremo, con il mare all’orizzonte, sono una tappa obbligata.

Mentre prepara zuppe e rape in padella, Silvio, gran mattatore, declama versi arguti in ottava rima. Appena superato il ponte alle Riffe, nel quartiere delle Cure, a pranzo nell’osteria si cucina per tutti. A cena solo gruppi su prenotazione.

Bisogna uscire dal centro e rinunciare alla passeggiata serale per le stradine dell’isola di Ortigia, la parte antica della città. Ma la splendida vista che si gode dall’altra parte del golfo di Siracusa, dove si trova questo ristorante, è impagabile.

Chi ci porteresti: gli amici innanzitutto, e poi chi non ha mai ammirato di notte le luci di Sanremo dall’alto. Perché: c’è un clima rustico che invoglia a far baldoria. Da non perdere: nella zona le chiamano “rostelle”, ovvero gli spiedini di carne di pecora o castrato tagliata a dadini. Per gli altri sono i famosi arrosticini abruzzesi. C’è chi arriva a mangiarne 50, accompagnati da una buona birra. Costo: 20/25 euro bevande incluse. Dove: Sanremo (Im), strada consorziale Massei 41, tel. 0184 - 660.711.

Chi ci porteresti: ci andrei per il mio addio al nubilato. O a pranzo, dopo aver fatto da Cicerone a qualche amico amante del Boccaccio in tour a Firenze. Perché: a ogni pietanza è abbinato un luogo toscano. La cipolla di Certaldo, i ceci del Pratomagno, i fagioli del Casentino... Da non perdere: gli stracci di cinta senese con salvia e rosmarino. Ma solo dopo aver assaggiato le penne con carciofi, zoccoli di carne secca e mandorle: una delizia. Costo: dai 18 ai 20 euro, vini esclusi Dove: Firenze, via del Ponte alle Riffe 4R, tel. 055 - 50.88.070.

I tre Poli

I riffaioli

Ostrica park

Chi ci porteresti: chi non ha mai assaggiato la pasta con i ricci ed è curioso di assaggiare questa prelibatezza dal sapore indescrivibile. Perché: il pesce (freschissimo) regna sovrano: cotto o crudo, in guazzetto o grigliato, per soddisfare tutte le voglie. Malgrado il locale sia spesso affollato, il servizio è rapido e professionale. Da non perdere: la zuppa di cozze e i frutti di mare. Per gli amanti dei primi, la pasta con vongole e gamberetti. Costo: 20/25 euro, bevande escluse Dove: Siracusa, via la Maddalena 35, tel. 0931 - 721.495. | 015 | luglio/agosto 10

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invenzioni a due voci

due cuori e tanta ironia | testo | laura silvia battaglia

La parola Amore fa (quasi) sempre rima con dolore. Per non uscirne pazzi, meglio riderci su.

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erte volte è questione di sfiga. E l’unico modo per superarla è riderci su. Fatevelo dire da una donna che ne ha passate alcune, ne ha viste tante, le ha anche disegnate e, adesso, con buona pace dei profeti di sventure, riesce a fare giocare tutta l’Italia ad “Amori sfigati”. Chiara Rapaccini, in arte Rap, non poteva immaginarsi cosa avrebbe scatenato, quando la casa editrice Salani ha diffuso i soggetti di una sua mostra, “Lovstori”, che ha fatto il giro del mondo, trasformandola in un mazzo di carte. In tutta Italia, dai circoli Arci alle osterie, dai supermercati alle case private, fioccano serate a tema, in cui ognuno pesca dal mazzo una carta e comincia a raccontare la sua personale declinazione della sfiga d’amore: lei mi ha abbandonato, lui era innamorato di un’altra, lei mi considerava solo un amico, mio marito ha l’amante, mia moglie ha un’altra (sì, proprio un’altrA), e via sfigando… Le carte, belle, colorate, con il tratto inconfondibile di Rap, fanno sorridere appena le prendi in mano. Niente a che vedere con i tarocchi. “Mi sono sempre ispirata ai santini, agli ex voto”, confessa l’illustratrice. Un modo diverso per pregare la sorte affinché ci faccia trovare l’amore della nostra vita? “Molto di

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più, funziona anche come terapia di gruppo -sorride Chiara-. Del resto, questo era solo un escamotage, il mio modo tutto personale per guarire da un amore finito (con il regista Mario Monicelli, ndr). Sono abituata a iro-

Illustrazione di Chiara Rapaccini.

nizzare. Poi, se a una sana risata aggiungi il mal comune mezzo gaudio, ci si sente più sollevati”. Ma non è difficile far dell’ironia, quando finisce un amore? La Rapaccini fa l’avvocato del diavolo: “Si dice che le donne non abbiamo il senso dello humour. Ma non è così vero. Dobbiamo smetterla di sentirci depositarie delle sfortune del mondo”. Cambiare rotta emotiva, allora, si può. “Ho sempre avuto un idolo -racconta Rap-: Claire Bretecher, una grande disegnatrice francese, nata negli anni Quaranta. Bella e donna, metteva a disagio gli uomini con la sua ironia. Con un graffio di penna e un sorriso fustigava mezza società francese”. “Lovstori” è nato così, dall’idea di non scrivere il solito libro: “Per raccontare come è andato a pezzi un amore -spiega Chiara Rapaccini-, meglio fare un libro in pezzi che scrivere un volume intero”. Chi invece è riuscito a ricomporre i suoi, di pezzi, quando ormai non ci sperava più, è Giuseppe Carlotti, 36enne romano, autore di “Klito”, libro contestatissimo. Il suo personaggio, un bamboccione incattivito dalla società della competizione e spaventato da certe donne-mantidi religiose, progetta un piano per eliminare l’altra metà del cielo dal pianeta e risolvere il problema della procreazione alla radice. Carlotti è stato accusato di essere “misogino, violento, fallocratico, maniaco, paranoico, psicopatico”. “A me piace ragionare per provocazioni e paradossi, soprattutto se si parla di amore”, ammette. Non solo. Carlotti ha anche raccontato quali mostri albergano in noi se non ci abbandoniamo all’amore. E, a forza di ripeterlo, ha pure trovato la sua dolce metà: “L’amore di mia moglie mi ha salvato. E adesso abbiamo anche un figlio”. Perché, fare un figlio, in tempi di amori sfigati, per Carlotti è la provocazione più grande. “La generazione

Chiara Rapaccini (detta Rap)

Giuseppe Carlotti

Nata a Firenze, vive a Roma. Scrive e illustra libri per ragazzi per le maggiori testate e case editrici italiane, disegna cartoni animati per la televisione e per il cinema. Per Magazzini Salani ha appena pubblicato “Lovstori”, una scatola di 50 santini sugli “amori sfigati”, nata da una mostra alla galleria Tricromia di Roma, che è approdata anche a Parigi e New York.

È nato a Roma nel 1974. Dopo la laurea in Giurisprudenza, dal 1999 al 2004 lavora in alcune multinazionali, fino a ricoprire la carica di responsabile marketing operativo per una holding informatica. Scrive dall’età di 6 anni. Il suo primo romanzo “Klito” (Fazi editore, 2005) ha venduto più di 10mila copie. Nel 2008 è uscito “Non sono un bamboccione” (Fazi, 2008).

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dei trentenni è spacciata. Ha ricevuto dai peterpan cinquantenni delle consegne precise e le ha rispettate: consumate, divertitevi e non fate figli, sarete felici” precisa lo scrittore. Nulla di più sbagliato: “Se c’è un modello di infelicità è proprio quello delle single di ‘Sex and the city’: streghe ululanti che si farebbero bruciare per una borsetta”. Donne senza gonne ma con troppi accessori, insomma. Carlotti fa un’analisi impietosa: “In questa società, le donne, a forza di prendere calci, hanno detto: sai che c’è? Adesso facciamo gli uomini”. Risultato: dal sistema latineggiante del vitellone, siamo passati all’impotenza del guardone. “Ormai sei così spaventato da bellezze eclatanti e sicure, e sei così circondato da riferimenti sessuali in tutto quello che consumi, che non hai più il coraggio di aprire bocca e comportarti serenamente” scherza Giuseppe Carlotti, che subito torna serio: “Il maschio è represso sessualmente, e la repressione sessuale scatena la violenza. Perché, se non riesci ad avere qualcosa che non puoi permetterti di avere, puoi possederla solo distruggendola”. Banalmente, ecco spiegata l’incomunicabilità tra i sessi e il paradosso delle aggressioni che sfociano in delitto, come ci insegna la cronaca di (quasi) tutti i giorni. Giuseppe Carlotti punta il dito sulle menzogne della storia, della società, della tivù, dell’economia e del quotidiano. “Ma l’amore è l’unica cosa che si salva, l’unica verità”, capitola. Anche se è un amore sfigato? Chiara Rapaccini non ha dubbi: “Bello ma infelice per costituzione: l’amore è così. Ma sai che pizza senza un minimo di sfiga”.

| i libri di terre | parola d’autore | di andrea semplici

È

tutto scritto dentro queste pagine. Che in realtà, per me, sono un talismano. Sono pagine di casualidades di cui, forse, un giorno capirò il significato. È andata così: capita che scopra, nel giorno in cui muore, che Ryszard Kapuscinski è nato un quattro di marzo. Che è anche il giorno del mio compleanno. Capita che abbia scritto un libro (per Terre di mezzo) che si chiama “Viaggiatori viaggianti” (titolo rubato a Ivano Fossati). Fra quei racconti ce ne è uno che parla di un fantastico incontro proprio con Kapu (a questo punto non so più se sia avvenuto o meno). Succede, e questo è un mistero, che il libro finisca in una cartolibreria di Lampedusa (e io che non lo trovo da Feltrinelli!). Là viene visto, coincidenza, da una ragazza spagnola. Che fa la traduttrice e, ogni anno, organizza un seminario di letteratura di viaggio a Valencia. Lei, Dora, è testarda. Mi cerca, mi trova. E mi dice: “Vieni qui. A raccontare di Kapu”. E io le do retta. Racconto a caso. Del viaggiare. Della partenza. Del coraggio e della paura del partire. Sono poche pagine. Arruffate e confuse. Come un viaggio. Con mille deviazioni e infiniti bivi. Ancora da percorrere. Devo essere grato a Kapu: ha rimesso in moto l’istinto del viaggio. Dimenticavo: mi piace molto il colore carta da zucchero della copertina e la cartolibreria di Lampedusa si chiama “A Sud” (questo me lo ha detto Dora). andrea semplici

In viaggio con Kapuscinski Terre di mezzo Editore, 2010 32 pagine ± 3,00 euro

| piccoli grandi lettori | a cura di | anselmo roveda di anDersen

La carta canta

≈ Andersen, il mondo dell’infanzia è un mensile che dall’82 si occupa di letteratura per i piccoli. Ogni anno assegna un premio alla migliore produzione editoriale (info: andersen.it).

Per fare dei buoni libri per bambini ci vogliono almeno tre cose: parole, immagini e carta. E la carta è importante. Recenti indagini, compiute negli Usa e in Germania da Rainforest action e Wwf, evidenziano come una parte considerevole dei libri per l’infanzia contenga fibre di legni tropicali. Gli editori rischiano, forse inconsapevoli, di contribuire alla distruzione delle foreste pluviali. Difficile restituire il quadro della situazione in Italia, basti però pensare che siamo uno dei primi importatori europei di carta dall’Indonesia. Eppure molti editori per bambini hanno già fatto una scelta: coniugare la qualità della proposta narrativa con l’eticità della filiera produttiva. Vi racconto due esempi. Interlinea è una casa editrice

che pubblica una bella collana di narrativa illustrata, si chiama Le rane e ospita libri di Guido Quarzo, Anna Vivarelli e altri bravi scrittori. Per questa collana è stata scelta una speciale “alga carta” realizzata riciclando le alghe della laguna veneta ed evitando di abbattere anche un solo albero. Tra le novità: Raccontami qualcosa di bello prima di fare la nanna (32 pagine, 12 euro) di Joyce Dunbar. Le edizioni Il gioco di leggere hanno invece varato una nuova collana di albi, firmati da autori italiani, chiamata Libricuoriefiori. Sono realizzati in modo ecologico: con carte certificate, inchiostri a base-vegetale, cartoni di fibre riciclate e con procedimenti di stampa a basso impatto ambientale. Ultimo titolo: Mumi senza memoria (32 pagine, 14,90 euro) di Gabriele Clima e Chiara Carrer.

| letti per voi

La simmetria dei desideri Non si spaventino i digiuni di calcio: qui le finali dei Mondiali sono solo uno spartiacque nelle vite dei protagonisti, quattro israeliani quasi trentenni, che guardando la finale del ’98 in tivù decidono di scrivere su un foglietto tre desideri per il futuro, per poi farli custodire al più affidabile di loro e riaprirli dopo quattro anni. In mezzo, una bella storia d’amicizia al maschile, tra amori, sofferenza e litigi. Donne poche ma indimenticabili, e determinanti nello sconvolgere la vita dei protagonisti. Sullo sfondo, le vicende politiche d’Israele, la seconda Intifada e il servizio militare, ma al centro resta il valore dell’amicizia, e i grandi e piccoli cambiamenti della vita. (Michela Gelati) ESHKOL NEVO

La simmetria dei desideri Neri Pozza 376 pagine ± 18,00 euro

Se niente importa Avete già acceso la carbonella e aspettate solo il momento buono per buttarci sopra costine e salsicce? Nell’attesa potreste dare un’occhiata all’ultimo libro di Foer, che dopo due romanzi di successo si è dato al memoir/reportage indagando sulla filiera della carne, dagli allevamenti industriali (insostenibili per gli animali, ma anche per chi vi lavora) al piatto. L’autore americano ha iniziato a occuparsi dell’argomento dopo la nascita del suo primo figlio, e dei conseguenti interrogativi sul modo più salutare per sfamarlo. “Una dieta vegetariana -dice Foerè meno costosa e più sana. Non tutti hanno intenzione di arrivarci. Questo lo capisco. Ma tutti noi dobbiamo riflettere sulla necessità di consumare meno carne”. Leggete l’intervista integrale su: leparole. terre.it. (Davide Musso) Jonathan Safran Foer

Se niente importa Guanda 364 pagine ± 18,00 euro | 015 | luglio/agosto 10

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divertimenti indipendenti ≈ Festival e appuntamenti: manda le tue segnalazioni a tempolibero@terre.it, le pubblicheremo anche sul sito!

lontano dalle discoteche, c’è un’italia che aspetta il caldo solo per danzare al ritmo dei tamburelli del sud. | testo | Andrea rottini

l’estate della taranta M

ietitrici di grano morse da un ragno velenoso o donne represse in cerca di sfogo dalle loro frustrazioni, un tempo nelle regioni del Sud Italia le “tarantolate” si lanciavano in balli estenuanti al ritmo della pizzica, della tammurriata, della tarantella. Musiche sfrenate dai poteri quasi sciamanici che servivano a “liberare” le malcapitate dal male che le affliggeva, fisico o spirituale che fosse. Dopo la Seconda guerra mondiale il progresso farmaceutico ha superato questa terapia ancestrale basata sulla danza. È rimasta la musica: ipnotica, coinvolgente, a tratti irresistibile, riscoperta negli ultimi anni da alcuni movimenti musicali di grande successo. Primo fra tutti, il “Taranta Power” di Eugenio Bennato, un progetto nato nel 1998 che “sta veicolando nel mondo una immagine nuova e vitale della cultura musicale italiana”, dice il cantautore, animatore di un fenomeno in grado di aggregare un folto pubblico di appassionati in concerti (il calendario degli eventi, aggiornato di continuo, è consulta-

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bile sul sito tarantapower.it), ma anche stage, scuole e festival di grande successo. Come il Kaulonia tarantella festival di Caulonia (Rc), centro di poco più di 7mila abitanti che di recente ha dimostrato vivacità politica, oltre che musicale, concedendo il diritto di voto ai residenti extracomunitari. La rassegna di Caulonia, nelle ultime due edizioni diretta proprio da Bennato, ha ospitato personaggi quali Noa, Tony Esposito, Roy Paci e tornerà anche quest’anno dal 24 al 28 agosto (kauloniatarantellafestival.it), dopo che nel 2007 ha cambiato nome abbandonando il precedente “Tarantella power”, oggi emblema dell’analogo appuntamento di Badolato (Cz). Un piccolo borgo di circa 3mila abitanti 42 chilometri a nord di Caulonia, che ogni estate, nelle serate dell’evento, la musica moltiplica a 8-10mila, con punte di oltre 25mila persone come nella serata finale dell’edizione 2009, con l’esibizione di Piero Pelù con l’Orchestra popolare calabrese. Un successo che gli organizzatori sperano di bissare con l’undicesima edizione, in pro-

La Notte della Taranta: gli Arakne mediterranea, i Ghetonia e la piazza di Melpignano (Le).

gramma dal 23 al 27 agosto (tarantellapower. it). Altra rassegna ormai affermata è la Notte della taranta (13-28 agosto), il festival dedicato alla valorizzazione della pizzica salentina che chiuderà la tredicesima edizione con un grande concerto diretto da Ludovico Einaudi. Al di là di queste piccole Woodstock, nella vita quotidiana dei piccoli paesi “le occasioni di ballo sono ancora oggi svariate -svela Antonio Critelli, uno degli organizzatori della rassegna di Badolato-. Dalle festività familiari (nascita, fidanzamento, matrimonio) a quelle agresti in coincidenza con determinate evenienze (vendemmie, trebbiature, etc.)”. La musica, poi, diventa un vero rituale in occasioni di ricorrenze religiose “quando una folla danzante accompagna in processione la statua di San Rocco a Gioiosa Ionica (Rc)”. Tradizioni preziose, da tramandare con cura: come fa il Conservatorio di musica popolare della Calabria (conservatoriopopolare. it), inaugurato a Isca sullo Ionio (Cz) nel maggio del 2008, con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della musica popolare, formare nuovi musicisti e rilanciare laboratori di strumenti musicali tradizionali, dalla ciaramella alla chitarra battente, dal fischietto alla lira calabrese. Per chi vuole unire l’apprendimento della tradizione al piacere di una vacanza, da non perdere le iniziative di Estadanza (taranta.it) che ormai da 27 anni propone corsi estivi di musica e balli popolari: per il 2010, gli appuntamenti sono a Tricarico, provincia di Matera (8-15 agosto); Galatina, provincia di Lecce (16-21 agosto) e Ficarra, provincia di Messina (23-29 agosto).


| agenda italia

| scelti per voi

arles, il paradiso della fotografia

Piccoli contadini crescono Se anche voi pensate che “il futuro potrebbe essere un luogo molto bello da abitare” e che ai vostri figli piacerebbe “lavorare nell’orto, curare gli asini e le galline, fare il pane e le marmellate, inventare giochi e storie, costruire giocattoli e casette”, la Cascina Santa Brera di Milano organizza campi estivi per bimbi dai 6 ai 12 anni. Obiettivo: aiutare i bambini a “inventare un altro mondo”. info tel »

Agriturismo Cascina Santa Brera 02 - 983.87.52 cascinasantabrera.it

Sud: sostantivo femminile Non solo spiagge pulite e golette verdi. Se a luglio vi trovate in Puglia, non potete perdere il doppio appuntamento con Legambiente sul Gargano. Sotto i torrioni del castello di Monte Sant’Angelo (Fg), dal 22 al 25 luglio, va in scena il festival del Teatro civile. A seguire, fino al primo agosto, la cittadina diventa la cornice di FestAmbiente Sud, l’eco festival delle questioni meridionali. Un evento declinato quest’anno al femminile: sotto i riflettori le donne e la loro capacità di cambiare il mondo. info Tel »

| testo | osvaldo Spadaro

I

l meglio del meglio per tre e quattordici. Ovvero tutta l’area coperta dalla fotografia contemporanea racchiusa nel cerchio, ampio, di un solo festival. Ad Arles, in Provenza, sono 41 anni che l’estate è consacrata alla fotografia. Quarantun’anni in cui, da luglio a settembre, la cittadina è invasa di fotografi e mostre, workshop e incontri, concerti e atelier. Il clou è durante la settimana di apertura, quando fotografi e fotografanti confluiscono nel Sud della Francia quasi fosse una scampagnata tra amici: sarà forse per questo che il festival si chiama “Rencontres”. In quei giorni (quest’anno dal 3 al 13 luglio) è difficile non finire dentro un’inquadratura ed è altrettando difficile non farsi conquistare dall’effervescenza che regna nella cittadina. Poi, fino al 19 settembre, c’è l’occasione di vedere le 40 mostre che costituiscono il nocciolo del festival. Per quest’edizione, particolare riguardo ai fotografi argentini in occasione del bicentenario del Paese, ma anche al rock e alla fotografia legata al cinema. E poi, chi più ne ha più ne metta.

»

Amarcort film festival amarcort.it

Dove Quando »

Recontres Arles, Francia dal 3 luglio al 19 settembre rencontres-arles.com

Topi di città, scaldatevi!

Amarcort, sulla sabbia di Fellini

info

info

| ticket d’oltralpe

Teatro civile e FestAmbiente Sud 349 - 403.89.29 festambientesud.it

“La crisi non può uccidere la creatività”. Lo dicono gli organizzatori dell’Amarcort film festival (30 - 31 luglio, sulla spiaggia di Rimini), che torna per la terza edizione con due novità. Oltre alle sezioni internazionali “Amarcort” (durata del filmato 4 minuti) e “Gradisca” (max. 17 minuti), ci sarà un premio speciale per gli autori romagnoli e saranno esposte le fotografie del concorso “Paparazzo”, indetto in ricordo del regista Federico Fellini.

Sid Vicious. (Dennis Morris)

Buon appetito, Scandinavia D’accordo, in Italia abbiamo probabilmente il cibo migliore del mondo. Ma mangiare bene piace ovunque, così vale la pena conoscere la tradizione scandinava, ricca di sorprese, ben al di là dello scontato salmone con patate. Dal 20 al 29 agosto la potrete scoprire a Copenhagen, con menù low cost. info tel »

Copenhagen cooking festival 0045 - 335.574.81 www.copenhagencooking.com

Vi piace arrampicarvi sulle pareti di roccia, lanciarvi dalle rapide e camminare su un ponte tibetano? Bene: provate a farlo in città e avrete la Rat Race. Due le opzioni di gioco: Mean Streets e Nine2Five, giornata dedicata di ciclismo, al kayak, all’arrampicata e altre specialità outdoor, tutte da praticare in scenari urbani. Magari vestiti da topastro di città o da manager della City, come usano fare i protagonisti di questo rutilante tour de force in programma a Edimburgo (17 e 18 luglio), Stockton on Tees (29 agosto) e Londra (25-26 settembre). info tel »

The Rat race urban adventure 0044 - 203.195.01.85 www.ratraceadventure.com | 015 | luglio/agosto 10

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in prima fila

≈ esterni nasce nel 1995. Sviluppa progetti per lo spazio pubblico a Milano e in altre città in Italia e nel mondo. Organizza il Milano film festival. Il loro sito: esterni.org.

| premiere | a cura di | esterni

Marsiglia, la città del doc

Filmmaker a Lampedusa

Animazione in studio

Per gli appassionati di documentari, l’estate inizia a Marsiglia, dove tra il 7 e il 12 luglio, si tiene il Fidmarseille, un festival imperdibile (fidmarseille. org). Una delle sezioni più interessanti è “FidLab”: uno spazio di incontro tra produttori, distributori, finanziatori e 10 progetti di film. Tra i selezionati, “Viaggi in Russia” di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, che da anni si dedicano al cinema sperimentale.

Lampedusa, porta d’Europa, ospita la seconda edizione di Lampedusainfestival, rassegnaconcorso per filmmaker con opere di massimo 30 minuti sul tema delle migrazioni e dell’incontro con l’altro e su quello del recupero della cultura orale. Un appuntamento organizzato, tra gli altri, da Arci, Asgi, Legambiente e Rete dei comuni solidali. Dal 19 al 25 luglio 2010 (lampedusainfestival.com).

Che cosa offre Bristol? Aardman, uno dei più importanti e premiati studi di animazione al mondo, che ha saputo mantenere la propria “indipendeza” pur lavorando con un gigante come la Pixar. Sul loro sito, aardman.com, si può fare un tour virtuale degli studio, ma per conoscerli di persona approfittate del Milano film festival: saranno loro i giurati del concorso cortometraggi, dal 10 al 19 settembre.

nuovi italiani in cerca di identità | testo | Gabriella Kuruvilla

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i chiamano “seconda generazione”, ovvero G2, li chiamano cross generation, ovvero generazione ponte. Una generazione che viene dopo o che sta in mezzo, dunque. Ma anche una generazione che, fin dalla sua definizione, ha un’identità incerta. Stiamo parlando dei figli dei migranti, i “nuovi italiani”. “Una ricchezza che va accolta nella sua complessità e nelle sue inesauribili contraddizioni”, spiega Claudio Giovannesi, classe ’78, regista del documentario “Fratelli d’Italia”, che racconta le storie di tre adolescenti: il romeno Alin Delbaci, la bielorussa Masha Carbonetti, adottata da una famiglia italiana, e Nader Sarhan, romano figlio di genitori egiziani. Coprotagonista del lungometraggio, l’Itc “Paolo Toscanelli” di Ostia, la scuola frequentata dai tre. “Ho girato questa pellicola perché l’Italia non riesce ad avere ancora un’identità multietnica -precisa il filmmaker-, si nasconde dietro un’illusione di orgoglio nazionale e non vuole riconoscere il valore positivo della multicultura”.

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I protagonisti del film, come molti G2, frequentano scuole italiane, hanno amici italiani e parlano in italiano: in pubblico. Perché nel privato usano la lingua del Paese d’origine, loro o dei genitori. Un codice segreto, per esprimere i pensieri e le emozioni più profonde, oppure i conflitti con gli altri, ma anche tra le diverse culture a cui appartengono. Mentre vivono una crisi, che è allo stesso tempo individuale e sociale, questi tre adolescenti si mettono a nudo, con ironia-rabbia-disincantopoesia, offrendosi alla telecamera, che non giudica ma registra. E, soprattutto, approfondisce un tema “caldo” come quello dell’incontroscontro tra mondi differenti: “Mi sono accorto -conclude il regista- che l’integrazione, anche quando è desiderata, non è sempre realizzabile: è un percorso di esperienza e di formazione che non ha termine e che rende necessaria una difficile e responsabile ridefinizione dell’identità, in uguale misura, in entrambe le parti, quella autoctona e quella straniera”.

Nader e Masha, protagonisti insieme ad Alin del film.

Fratelli d’Italia Distribuito da Cinecittà Luce, il documentario è disponibile per proiezioni scolastiche (800.144.961) e non, www.fratelliditaliailfilm.it.


una piccola tribù corsara | testo | Rosy Battaglia

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on aspettatevi bestie feroci e domatori, né donne cannone un po’ attempate. No, il circo contemporaneo è tutt’altra cosa: una fusione di acrobazie, teatro e musica in grado di raccontare storie con fantasia. Ben lontana da una semplice sequenza di “numeri”. Il suo cuore pulsante si trova al Parco culturale “Le serre” di Grugliasco, alle porte di Torino. Qui ogni anno si svolge “Sul filo del circo”, il più importante festival circense d’Italia, e dal 2003 è stata aperta una scuola in cui si sono finora diplomati 150 giovani. All’edizione 2010, in calendario dal 2 al 28 luglio, partecipano circa 100 artisti provenienti da Europa, Sud America e Australia. “Sono una trentina le rappresentazioni in cartellone, ma una menzione speciale va a Circus behind the wall (il Circo oltre il muro, ndr), un’opera circense eseguita dagli allievi della scuola di Ramallah in Palestina”, racconta Paolo Stratta, direttore artistico della manifestazione, nonché fondatore di Cirko Vertigo, la prima scuola italiana dedicata al nouveau cirque che ha la sua sede proprio nel parco “Le serre”. Una scuola a cui possono iscriversi tutti, anche chi non è un figlio d’arte. “Siamo una bella eccezione -spiega Dario Duranti, uno degli insegnanti-. Fino a qualche anno fa era impensabile: solo a chi apparteneva a una famiglia circense poteva sperare di lavorare sotto il tendone”. Ora, grazie al contributo della Regione Piemonte e al finanziamento del Fondo sociale europeo, non è più così: la scuola, biennale, è totalmente gratuita. Per essere ammessi bisogna solo aver compiuto 18 anni e superare una severa selezione: gli aspiranti circensi devono sottoporsi a un test fisico e presentare uno spettacolo di due minuti. I posti disponibili sono contati: trenta, non uno di più. Gli allievi si allenano fra trapezi e scale, imparano i segreti di giocoleria e clowneria e studiano drammaturgia, storia ed economia dello spettacolo. A fine corso saranno in grado di creare uno show in totale autonomia. “In questo modo diamo dignità al teatro di strada e alla sua dimensione sociale, con un percorso lavorativo accessibile a tutti”, prosegue il direttore artistico. Molti dei giovani “maturati” nella scuola ora sono “in pista” per enti teatrali, compagnie, cinema e tivù. Una piccola tribù corsara, che prova a rinnovare il più antico dei divertimenti popolari.

Sul filo del circo Il programma del Festival internazionale di circo contemporaneo è consultabile su sulfilodelcirco.com. Per informazioni sulla scuola di arte circense potete visitare invece il sito scuoladicirko.it. Il trio svizzero Starbugs che si esibirà durante il festival. (T. Roullin)

| si alzi il sipario

Arti comiche in festa

Animar, mare e marionette

Le risate, gratis e per tutti, sono assicurate. Il che, di questi tempi, non è poco. Per questo è importante non perdere l’appuntamento con il “Festival delle arti comiche”, che si tiene a San Terenzo, provincia di La Spezia, dal 23 a 25 luglio. Tra gli ospiti Nando&Maila, virtuosi del circo teatro musicale che portano in scena gag e strumenti, e i Comici su palco, clown involontari in cerca di vita e poesia. A chiudere la rassegna gli Slapsus con la loro visual comedy.

Al rientro dalla spiaggia, mentre sorseggiate un aperitivo potete fare un tuffo tra burattini e marionette. Per animare l’estate sarda arriva “Animar”, il festival internazionale del teatro d’animazione sul Mediterraneo, in programma a Teulada (Ca), dal 31 luglio al 7 agosto. Guest star le marionette a filo dei greci Antamapantahou, le figure di carta del catalano Pep Goméz e le “teste di legno” dei romagnoli Arrivano dal mare.

DOVE tel »

San Terenzo (Sp), 23 - 25 luglio 328 - 164.55.11 lo trovate su myspace.com

DOVE tel »

Teulada (Ca), 31 luglio - 7 agosto 070 - 583.97.42 ismascareddas.it | 015 | luglio/agosto 10

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tu vuoi fare l’italiano? ≈ Rockit nasce nel 1997. È il database di gruppi italiani più ricco al mondo. Organizza anche eventi, tra cui il Mi ami a Milano.

I The record’s, il gruppo novità dell’estate 2010.

| segnali sonori

Alessandro fiori

Quattro canzoni D’autore per sopravvivere all’estate E al ronzio del ventilatore. | a cura di | sandro giorello | rockit

non solo tormentoni F

ine giugno. Le pale del ventilatore girano, lei si è trasferita a New York e io ho ancora un mese da scontare in città. Poi le ferie. Per resistere ho creato una playlist con le canzoni più estive che conosco e l’ascolto a ripetizione. Tra i tanti, Brunori Sas, gli Ioris eyes, i 64 Slices of american cheese che rifanno l’intramontabile “Sapore di sale”. Ma ne esistono quattro che in un certo senso hanno ridefinito il concetto di “canzone da spiaggia”. “Tutti al mare” dei Virginiana Miller, era il 1997. Novelli Gino Paoli, cantano la villeggiatura: i panini all’olio, la zia con le mestruazioni che non fa il bagno, la mamma che bagna la testa al figlio per non farlo scottare. E come tutti i grandi, danno dignità al quotidiano. “Agosto” dei Perturbazione, 2002: la più bella storia di (non) amore di sempre. Ascoltandola ogni volta ti viene da tremare, come se fuori ci fosse mezzo metro di neve. Invece, gli anziani muoiono per il caldo. Ti ripeti che non ti senti

solo (che non è vero niente) e tremi: è un dato di fatto. “Love boat” di Bugo, estate 2008: il pensiero vola agli anni ’70, alla serie tivù con il capitano Stubbing e al Battisti più solare. Lo sguardo si spinge oltre lo Stivale e, nel contempo, abbraccia una malinconia tutta italica. Bugo passa in un solo colpo dal rock sghembo e surreale al pop elettronico tondo tondo. Sì, viaggiare. “Rodolfo” e i The record’s, la novità: sono riusciti a riesumare atmosfere alla Beach boys. È bastata una lucidatina e hanno confezionato un album, “Flora et fauna”, che più divertente proprio non si poteva. “Rodolfo” è da buonumore immediato. Piccola bomba pop. Quattro canzoni che non toglieranno l’afa, ma sono ottime per mitigare il ronzio del ventilatore e utili a dipingere palme immaginarie. Ultimo desiderio di un condannato sotto il solleone: sentirle cantare in spiaggia, al posto della solita “Canzone del sole”.

Attento a me stesso Artigiano della parole e agitatore musicale con i suoi Mariposa, Alessandro Fiori si mette in proprio e confeziona un esordio cantautorale di pop distorto eppure capace di leggiadria. Chansonnier istrionico, dà vita a canzoni visionarie che omaggiano Sergio Endrigo e Ivan Graziani. Piccolo affresco sonoro, ironico e intelligente. (Ester Apa)

Dilaila Ellepì Una seconda occasione, meritata, per questo gruppo che ci regala “aria buona” con uno scrigno di canzoni intense ed eleganti. In gioco c’è tutta la tradizione del Belpaese, centrifugata da una scrittura contemporanea e trainata da una voce dalla femminilità piena, interprete incantevole di un’Italia che si fatica oggi a ritrovare. (E.A.)

| prove d’orchestra | a cura di | marta gatti

L’arpa venuta dal Nord In Svezia la suonavano i mendicanti perché faceva ballare la gente e loro potevano guadagnare di più. “La Nyckelharpa mi ha conquistato grazie alla sua versalità: coniuga melodia, ritmo e accompagnamento e funziona anche nella musica rock”, spiega Sergio Verna, 47 anni, di Candelo (Biella). Parente della ghironda, “l’arpa a chiavi” è uno strumento a corde, dotato di una tastiera in legno. 44

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Movie star junikes Si suona appoggiata alle ginocchia, con una archetto. Ma il segreto di questa arpa del Nord è nella sua cassa, ricavata da un unico pezzo d’acero. “Per costruirne una ci vogliano tre mesi di lavoro, per questo arriva a costare anche 1.600 euro”, precisa Sergio che fino a 15 anni fa faceva il falegname. Oggi è un maestro liutaio, apprezzato Oltralpe (per conoscere i suoi lavori, visitate il sito anciamanovella.com).

A poison tree In due parole: alcool e sudore. Sono una delle più potenti live band italiane, di quelle che quando scendono dal palco non lo lasciano certo in buone condizioni. E che questo sia o meno il loro disco della consacrazione poco mi importa. Certo che del rock’n’roll di questo tipo, ubriaco, sciamanico, fulminante, non lo sentivo da molto, molto tempo. (Sandro Giorello)


bandi e concorsi ≈ Teatro e Shoah

| a cura di | ilaria sesana

caro amico, ti scrivo

Valorizzare la memoria e l’insegnamento dell’Olocausto attraverso il teatro. Una sfida ambiziosa, quella proposta dal Centro romano di studi sull’ebraismo (CeRSE) dell’università Tor Vergata e dall’associazione Ebraismo cultura e arti drammatiche (Ecad) con il premio “Teatro e Shoah”. Saranno accettati solo “atti unici” (massimo 30 cartelle). Al primo classificato, un premio di 1.500 euro.

“C

aro Amanuel”, così potrebbe cominciare una lettera a un amico rimasto nel Paese d’origine cui raccontare paure, sogni e speranze della nuova vita. “La lettera usa un linguaggio diretto, senza artifici narrativi, e lascia libero sfogo al racconto”, spiega Anna Alemanno dell’associazione “Oderzo inquieta” che nel 2007 ha promosso la prima edizione del concorso “Lettere (d)all’occidente” per dare voce ai migranti che vivono in provincia di Treviso. “Hanno partecipato 80 persone di 40 nazionalità diverse: un successo inaspettato”, ricorda Anna. Per l’edizione 2010 il concorso, in collaborazione con l’associazione “Color your life”, si allarga a tutto lo Stivale e apre le porte ai connazionali, che possono partecipare in un’apposita sezione dedicata agli italiani. Le possibilità non mancano: c’è spazio anche per chi desidera raccontare la propria vita in Italia con uno scatto fotografico. Sono ammessi al concorso anche i più giovani, dai 14 in su. Il primo classificato di ogni categoria riceverà un premio in denaro di 400 euro. “Lettere (d)all’occidente” non è solo un concorso, ma anche un libro, pubblicato dalla casa editrice Istreo e a cura di Anna Alemanno, che ha raccolto le migliori lettere della prima edizione. (Marta Gatti)

scade info tel »

≈ Design in piazza

Lettere (d)all’occidente scade info mail »

02.10.2010 Oderzo inquieta lettere.sguardi@gmail.com oderzoinquieta.it

| le opportunità del mese

≈ Giovani artisti

≈ Corti musicali

≈ Donne e sofferenza

Pensate che l’arte si faccia solo nelle accademie? Se la vostra risposta è no, mettetevi al lavoro. L’associazione culturale Satura organizza la prima edizione di “Satura prize”, un premio dedicato ai “giovani” artisti europei, dai 18 ai 40 anni. Pittura a olio, tempera o collage: ogni tecnica è lecita per rappresentare il “Mare nostrum”, il tema scelto per il 2010. Per iscriversi occorre versare una quota di partecipazione: 10 euro per gli under 25, 20 per gli altri. Le opere vincitrici saranno esposte a Genova dal 4 al 23 dicembre.

Immaginate le luci di Broadway, in cartellone “Mamma mia!”, “Cats”, “Jesus Christ superstar”. Musica e narrazione si fondono per creare indimenticabili capolavori. Perché non provare a fare altrettanto? L’associazione Glenn Gould è in cerca di corti “con la musica dentro” e lancia il concorso “Retrosys” dedicato a videoclip e cortometraggi musicali. Tempo a disposizione: 15 minuti. Il concorso è aperto a tutti. Il vincitore riceverà “un buono” da spendere in libri, cd e film in dvd.

La malattia spesso rende difficile esprimere emozioni e paure. Ma raccontarle può aiutare altre persone. Per questo l’associazione “Io sempre donna” lancia il concorso “Donna sopra le righe”, rivolto a chi ha affrontato un tumore al seno. Ma anche alle loro amiche, sorelle, figlie e madri. Sono ammessi racconti e poesie. La quota di partecipazione è di 10 euro e la premiazione si svolgerà il 9 ottobre al parco Acquasanta di Chianciano Terme (Si). Per i finalisti è prevista la pubblicazione in un’antologia.

Sono in piazza con il mio pc, pronto per connettermi ad internet. Ma dove mi siedo? Per risolvere il dilemma, il Comune di Jesi (An) e la Scuola internazionale di Comics promuovono il concorso “E-plaza. Metti una sedia in piazza”. Designer e studenti possono dunque sbizzarrirsi a disegnare una panchina da cui sfruttare la connessione wireless cittadina. Cinquemila euro al vincitore, che vedrà la sua opera “in carne e ossa”, messa in commercio . scade info tel

scade info tel »

04.09.2010 Associazione Satura 010 - 246.82.84 satura.it

scade info mail »

30.09.2010 Ecad 366 - 454.56.56 ecad.name

10.09.2010 Associazione Glenn Gould info@retrospettivasys.net retrospettivasys.blogspot.com

scade info tel »

05.09.2010 Io sempre donna 0578 - 301.14 iosempredonna.it

»

31.08.2010 Comune di Jesi 073 - 153.81 comune.jesi.an.it

≈ Giornalismo di guerra Conflitti armati, disagio, sopravvivenza, povertà: sono solo alcune sfaccettature della parola “guerra” cui fa riferimento il bando del premio “Claudio Accardi”, dedicato a giornalisti (o aspiranti tali) con meno di 35 anni. Si concorre con un solo servizio pubblicato dopo il 1° gennaio 2010. In palio, 4mila euro. scade info tel »

10.09.2010 Premio Claudio Accardi 366 - 342.57.57 premioclaudioaccardi.it | 015 | luglio/agosto 10

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| previsioni del tempo sociale | a cura di | dario paladini

Orfani bianchi

Digitale terrestre

Senza dimora

Cittadini antimafia

nuvoloso

non pervenuto

neve

sereno

Forse non ci abbiamo mai pensato, ma chi si prende cura dei figli e dei genitori delle nostre colf e delle nostre badanti? Secondo il dossier “Left behind “della Fondazione l’Albero della vita, solo in Romania gli “orfani bianchi” che hanno mamma o papà (o entrambi) all’estero sono circa 350mila. La faccia nascosta dell’immigrazione.

Con il passaggio alla tivù digitale, abbiamo un’abbondanza di radiofrequenze. Gran Bretagna, Francia e Germania hanno deciso di approfittare di questo “dividendo digitale” e di mettere all’asta gli “spazi liberi”. Tra gli acquirenti ci sono tivù, ma anche compagnie telefoniche. In questo modo il Governo tedesco ha guadagnato 4,4 miliardi di euro. E l’Italia? Le concede gratis o quasi alle emittenti nazionali e locali. Non so perché, ma la prima cosa che mi viene in mente è che l’anno prossimo per i tagli alla scuola mio figlio non avrà più l’insegnante di inglese.

In un anno i vigili urbani di Padova hanno multato una sessantina di senza dimora. Il reato? Dormivano sotto i portici del centro o sotto le pensiline degli autobus, oppure sulle panchine. “Occupazione di suolo pubblico”: questo è quanto si legge sul verbale. Fa seguito la richiesta d’affitto: 50 euro. In nome del decoro urbano ci si copre di ridicolo. A Padova, governata da una giunta di centrosinistra, nevica anche in estate.

Le ronde (per fortuna) non esistono solo al Nord. In Sicilia e Calabria stanno infatti nascendo le “scorte civiche”: semplici cittadini si organizzano per difendere i magistrati minacciati dalla mafia o dalla ’ndrangheta. Sono convinti che i giudici in prima linea vadano tutelati non solo dal punto di vista militare (a questo ci pensano già le forze dell’ordine), ma anche promuovendo sit in, manifestazioni e incontri per esprimere loro solidarietà e vicinanza. La mafia, del resto, prima di ucciderti, ti isola.

corrispondenze ≈ Uno spazio di incontro tra Terre e i lettori. Scriveteci a redazione@terre.it.

Grazie per l’inchiesta sui rom Tommaso vitale, milano

Volevo ringraziare la redazione di Terre di mezzo per il bel dossier sui rom a Milano pubblicato a giugno. È raro trovare dei lavori documentati e al tempo stesso ricchi di spunti per chi deve ripensare alle politiche sociali. La presenza di rom e sinti nelle città italiane ed europee spesso viene affrontata con ostilità, stereotipi, paura. Si raccontano solo le storie negative, e si dimenticano tutti i percorsi positivi. Le politiche in molti casi partono da categorie banali, “sprecano soldi” e alimentano sentimenti di odio e rifiuto. Il vostro dossier mostra un’altra strada: con la sua critica, curata e puntuale, ci stimola a lavorare per una città in cui diritti e convivenza vadano a vantaggio di tutti, senza nascondere le difficoltà ma affrontandole con serietà. Grazie! 46

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mete di viaggio e riflessione Spettabile redazione, premetto che sono un lettore abbonato da diversi anni al vostro giornale “di strada” che considero un’ottima rivista di informazione indipendente su nomi e fatti di cui non si occupano i “media” tradizionali. Mi ha non poco sorpreso l’articolo, sul numero di maggio, che invitava i lettori a visitare il Marocco. Indubbiamente è un Paese di grande cultura e fascino, ma ora è anche un paese da boicottare per la sua occupazione militare “illegale” del Sahara Occidentale. Il Marocco (nella persona del suo re) ha sempre assunto una posizione di

estrema intransigenza in merito, respingendo l’ipotesi di un referendum fra la popolazione dell’area per la scelta tra l’indipendenza e l’adesione al Marocco, considerando il Sahara Occidentale una sua inalienabile proprietà, e rifiutando ogni dialogo diplomatico con il fronte “Polisario” che difende i diritti del popolo sahrawi, nonostante gli sforzi ripetuti delle Nazioni Unite per cercare di risolvere la penosa situazione. Le violazioni dei diritti umani nell’area sono state ripetutamente denunciate da varie agenzie internazionali tra cui Amnesty international, Onu etc. Andrea D.

Caro Andrea, grazie di averci ricordato i soprusi compiuti dal Marocco nei confronti dei sahrawi. La nostra idea, condivisa con Amnesty international, è che isolare un Paese non serva: occorre andarci, in maniera responsabile. Sapere se in un Paese siano o meno rispettati i diritti umani è importante non solo per tutelare se stessi, ma anche le persone che si incontreranno. Per questo Amnesty ogni anno pubblica sul proprio sito (amnesty.it) schede dettagliate con i soprusi commessi e i diritti negati dai diversi stati. Ad oggi ne trovate 159. Prima di partire, cercate la meta del vostro viaggio: vedrete quel Paese con altri occhi.


due piccioni con una Fava

posta del cuore letteraria di linda fava (2piccioni@gmail.com)

Cara Fava, ho due nuovi vicini di pianerottolo. Una coppia giovane, simpatici, schietti occhi chiari tutt’e due, quasi nordici. Lei -dice-fa la giornalista, lui vende bici da corsa. Ogni mattina escono di casa tenendosi la mano, lui inforca la bici, lei monta sul portapacchi, e vanno a lavorare così, con lei che lo abbraccia da dietro. Davvero carini. Gentili, poi. Vicini modello. Finché non ho scoperto qualcosa di bizzarro. Una mattina li vedo uscire. Ma due ore dopo sento la porta aprirsi e i tacchi di lei che entrano insieme a degli altri passi. Dopo un po’, un gran ambaradan giusto contro la parete della mia cucina. Più tardi vedo scendere un biondo. Una sera vado per chiedere una noce di burro e mi apre lui in accappatoio, e sul divano, sotto una coperta improvvisata, spunta

inequivocabile la faccia del solito biondo, a terra un tappeto di boxer, camicie e calzini. E così via, li ho beccati almeno cinque volte, una volta lui, un’altra lei, sempre col biondo. Tutt’e tre insieme mai. Sarà mica che si tradiscono con la stessa persona senza saperlo? E il biondo, se per lui una vale l’altro, c’avrà solo una gran passione per la casa? Poi mi sono anche detto “fatti i cavoli tuoi”, ma son convinto che dovrei far qualcosa. Stefano Caro Stefano, ma un lavoro non ce l’hai, che tutto il dì non hai nient’altro da fare che stare appigiamato a origliare negli appartamenti altrui? Però hai ragione, i tuoi vicini sono dediti a una pratica bizzarra. A proposito di ficcare il

naso nei fattacci dei vicini, uno che lo fa spesso (e bene) è Paolo Nori. Il suo ultimo libro, I Malcontenti , è la storia di una coppia di vicini che si lascia a causa di un festival cialtrone che lei s’è messa a organizzare: il festival dei malcontenti, quelli che gli piace lamentarsi. Il narratore ascolta le confessioni e le richieste d’aiuto dell’uno e dell’altra: i due bravi personaggi gli suscitano riflessioni piccole e sconfinate sul senso della vita e della coppia, e sull’ingresso di una generazione di quieti trentenni nel mondo. Sono pagine di un crepuscolarismo raro, tenero e commovente. Leggilo e poi dimmi se ti viene ancora voglia di attraversare il pianerottolo e intervenire, oppure solo di conservare per te quel segreto indebitamente sottratto.

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| insieme nelle terre di mezzo onlus | Associazione.Terre.it

la notte va online I

l 2010 è l’anno europeo dedicato alla lotta alla povertà e il 17 ottobre, giornata indetta dall’Onu per denunciare questo problema, come ogni anno dal 2000 a oggi, un coordinamento di associazioni che si riunisce attorno a “Insieme nelle Terre di mezzo” dà vita allo sleep-out più importante d’Italia: si dorme in piazza, sotto le stelle! Ma quest’anno i volontari hanno osato di più e realizzato il sito ufficiale de “La notte dei senza dimora” con tanto di pagine Facebook e Youtube. Come già sappiamo “la notte” ha un triplice obiettivo: informa-

re, denunciare, condividere. Il sito lanottedeisenzadimora.it si propone di raggiungere i primi due e di sostenere il terzo. La piattaforma utilizzata è rigorosamente open source e lì si raccoglieranno tutti gli eventi che si svolgeranno il 17 ottobre nelle diverse città italiane. Nella sezione “sostienici” saranno indicati anche i modi per contribuire alla realizzazione dell’evento, ma c’è una novità: il banner scaricabile. Insomma non manca proprio nulla, adesso è davvero solo questione di buona volontà. Girolamo Grammatico

a Milano ci trovate qui:

a Roma

A CartaCanta, l’edicola solidale in viale Monza 106, a due passi dalla metrò rossa Turro (www.edicolacartacanta. com); all’Altraedicola, in piazza Cordusio (di fronte a Poste Italiane) e all’edicola di piazza XXIV Maggio 7, accanto a Porta Ticinese. Siamo anche nelle edicole di viale Caterina da Forlì 40 (Bande Nere), via Molino delle armi (Colonne di San Lorenzo) e via Lorenteggio 3.

Libreria Le storie, via Giulio Rocco 37/39 (Università Roma Tre), tel. 06 - 573.000.82. Libreria Vescovio, via Stimigliano 24/a, tel. 06 - 862.118.40. Giufà, via degli Aurunci 38, tel. 06 - 443.614.06. Cooperativa “Fuori posto” Via Oreste Mattirolo 16 (Centocelle), tel. 06 - 218.084.66.

a Corsico (Mi) Associazione “Buon mercato” via Roma 15/a, tel. 02 - 440.84.92.

a Morbegno (So) Punto Einaudi, piazza San Giovanni 1, tel. 0342 - 615.517.

Modo infoshop via Mascarella 24/b, tel. 051 - 58.71.012.

novità in Piemonte Negozio Leggero di Torino, Novara e Saluzzo (Cn). Indirizzi e informazioni sul sito negozioleggero.it.

a Genova

ad Arona (No)

Libreria Finisterre, piazza Truogoli di Santa Brigida 25, tel. 010 - 275.85.88.

Cooperativa “Il sogno diverso” via Bottelli 18.

a Bologna

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avvista(menti) Un rifugio modellato dal vento e scolpito nella collina. Tra momenti di preghiera e lavoro nei campi, l’antica regola benedettina “Ora et labora” si fa verde. Benvenuti nella comunità di Siloe, nata in Maremma nel 1996. In località Poggi del sasso (Grosseto), sei monaci hanno iniziato la “paziente” costruzione di un monastero dove i moderni dettami dell’edilizia sostenibile e della bioedilizia sposano le semplici regole che San Benedetto e i suoi seguaci utilizzavano già nel VI secolo. “La chiesa, l’edificio più alto, ad esempio, veniva posto a Nord, per riparare la casa dai venti più freddi”, spiega padre Stefano Piva, interrompendo la potatura degli ulivi. Muratura in pietra locale, legno per i solai, manto di copertura in lastra di zinco-titanio per limitare le

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ora et (eco)labora dispersioni di calore. Impiantistica ridotta al minimo per contrastare i campi elettromagnetici e impianto di fito-depurazione dell’acqua. Per completare l’opera, a lavori ultimati, verranno installati sui tetti pannelli solari per la produzione di acqua calda ed energia elettrica. “Da sempre l’esperienza monastica dà grande importanza all’armonia tra l’uomo e la natura”, conclude padre Stefano. Una ricchezza che i monaci di Siloe condividono con piccoli gruppi di visitatori (5-6 persone al massimo). Per maggiori informazioni, è possibile consultare il sito monasterodisiloe.it. Ilaria Sesana, foto: Aurelio Candido


È ora di mettersi in marcia

Un’estate a piedi, a Santiago o sui passi di Francesco

A Santiago lungo la Via della Plata e il Cammino Sanabrese 1.000 chilometri da Siviglia a Compostela L’unica guida completa e aggiornata della Via della Plata e del Cammino Sanabrese: per chi ha già percorso il “cammino francese”, per chi preferisce sentieri e rifugi meno battuti, per chi cerca la solitudine e il silenzio dell’antico pellegrinaggio. Come e quando partire, cosa portare, le cartine, dove alloggiare e tutte le varianti per la bicicletta 152 pagine - 17 euro

nella collana “percorsi”: Guida al Cammino di Santiago de Compostela in bicicletta 800 chilometri da Roncisvalle a Santiago. 176 pagine - 17 euro In cammino verso Santiago de Compostela. Fotografico. 112 pagine - 19 euro A Santiago lungo il Cammino del Nord. Oltre 800 chilometri a piedi da Irún a Compostela.

184 pagine - 18 euro Guida al Cammino di Santiago de Compostela. Oltre 800 chilometri a piedi da Roncisvalle a Finisterre, lungo un cammino ricco di storia e tradizione. 176 pagine - 17 euro A piedi a Gerusalemme 350 chilometri di cammino in Terra Santa. 176 pagine - 17 euro

dI quI PASSò FrANCESCo 350 chilometri a piedi o in bici tra La Verna, Gubbio, Assisi… fino a Rieti 16 giorni con lo zaino in spalla tra Toscana, Umbria e Lazio. La prima guida a piedi sulle “strade di Francesco”, dai luoghi più noti come La Verna e Assisi a quelli meno famosi, ma altrettanto affascinanti, come Montecasale o il Sacro Speco di Narni. Un itinerario da seguire tutto d’un fiato oppure a tappe, costruendosi un percorso ad hoc. Un intero capitolo è dedicato a chi vuole percorrere l’itinerario in bicicletta. 200 pagine - 18,00 euro

Gli eremi di Celestino V 29 giorni a piedi e in treno attraverso Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Lazio. 190 pagine - 18 euro Il Glorioso Rimpatrio 20 giorni a piedi sulle tracce dei valdesi tra Francia e Piemonte. 176 pagine - 17 euro Di qui passò Francesco 350 chilometri a piedi tra La Verna, Gubbio, Assisi... fino a Rieti.

168 pagine - 17 euro Guida alla Via Francigena 900 chilometri a piedi sulle strade del pellegrinaggio verso Roma. 208 pagine - 17 euro La Via Francigena Cartografia e Gps. 22 euro Cammini in Europa Pellegrinaggi antichi e moderni tra Santiago, Roma e la Terra Santa.

254 pagine - 18 euro In Sardegna tra mare e miniere. 22 giorni a piedi nel più spettacolare parco geominerario d’Italia. 336 pagine - 20 euro Sardegna a piedi. 10 itinerari spettacolari lungo la costa. 175 pagine - 17 euro Sentieri partigiani in Italia A piedi su alcuni dei più bei percorsi della Resistenza. 160 pagine - 16 euro

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