Papà

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Hélène Delforge Quentin Gréban

Papà

Traduzione di Gioia Sartori

Quando mi dicono: “Con lei ti sei preso un impegno per vent’anni”, avrei voglia di rispondere…

“Soltanto?”

“Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% traspirazione”, si dice. Oggi l’ispirazione è vicina allo zero e il sudore non riesce a compensarla. Questa Hit the Road Jack ha l’andamento di un elefante ubriaco. Non sarò mai pronto per il concerto… La, sol, fa, mi, la, deng, fa… No, era un sol! Perché continuo a inciampare sul sol? Basta. Sono stufo.

E poi arrivi tu.

“Continua, papà!”

Ancora “Donciucambèc Gnomògnomògnomògnomò!”. “Adesso no. Il papà è arrabbiato.”

“Ti plego, papà!”

Riapri il coperchio del piano, dai un bacino allo spartito, ti siedi…

E canti.

Io ricomincio a battere sui tasti solo per sentire la tua vocina… E ritrovo il gusto di suonare.

Non so se ho azzeccato il sol, siamo già tre note più avanti, io e te. Voliamo sulle ali della musica.

“Gnomògnomògnomògnomò!”

La mia musica è per il 99% ispirazione, per il 99% te.

Hai perso un calzino, di nuovo!

La mamma ti dà da mangiare, la mamma ti consola, la mamma ti fa addormentare.

Io porto le borse, faccio lo scimmione per distrarti, ti cullo quando hai mal di pancia…

Ma la vera eroina è lei: la mamma.

Arriva la mamma e, op, ti senti subito al sicuro.

Io, il tuo papà, sono il buffone che resta sullo sfondo e non sono nemmeno capace di tenerti i piedini al caldo.

Ah, vittoria: ho trovato il calzino!

Guarda: vola, è una farfalla!

Almeno ti ho fatto sorridere.

Che cosa?

Il mio piccolo mi sorride?

Eh sì.

Fissi proprio me, dritto negli occhi.

Mi riconosci!

Tutt’a un tratto, lo so.

In questo momento preciso, indimenticabile, scolpito nel tempo, capisco di esistere per te.

Sai chi sono.

Non sono un personaggio secondario.

Sono il papà!

L’altro supereroe della tua vita.

Un supereroe che, adesso, piange senza sapere perché e si soffia il naso nel tuo calzino.

“Vorrei quell’uccellino.”

“Figlio mio, sei l’erede dell’ultima dinastia dei Grand Veneur, i signori della caccia.

Non preferisci un’aquila come Regina delle Nubi, quella di tuo nonno?”

“Preferisco questo.”

“O un gufo reale, come Terrore dell’Ombra, che accompagnava il tuo bisnonno?”

“No, voglio che il mio uccellino dorma di notte. Nel mio letto.”

“Allora un falco, come il mio caro Tuono d’Estate?”

“Il mio amico si chiama Cip.”

“Cip?”

“Sì. Cip.”

“Cip? Ma cosa dirà tuo nonno?”

“Quello che gli pare. Che gli piaccia o no, si chiamerà Cip.”

“Ah.”

“Non sei arrabbiato, vero?”

“Be’… no. Hai ragione.

Lo chiamerei addirittura Cip il coraggioso.”

“Bello! Ti sembra coraggioso Cip?”

“Gli uccellini azzurri devono avere un grande coraggio per cinguettare tra i rapaci, tesoro mio.”

“Grazie del drink.”

“Figurati. Allora, sei innamorato? Di nuovo?”

“Sì! Innamorato pazzo!”

“Come tutte le altre volte.”

“Sì, ma vedi…

meglio non tirare la corda con me.

Le donne che pretendono troppe attenzioni, le principesse che seminano il caos e non riordinano mai niente, le dive che passano ore e ore davanti allo specchio, che non alzano mai un dito in casa, che ti fanno aspettare un’eternità, che decidono quando ti alzi e quando vai a dormire, che sbattono le porte

non fanno per me.

Non è ancora nata quella a cui perdonerò tutto.

La donna a cui dedicherò la vita!”

“Un altro drink?”

“No, mia figlia mi aspetta.”

Non ho risposto al tuo messaggio, avevo una cosa urgente da finire.

Non ti ho scritto per sapere come stai.

Non ho nascosto l’irritazione quando hai raccontato di nuovo la stessa storia. Non ho letto il libro che mi hai consigliato.

Ti ho trascurato.

Perché così è la vita.

Perché lo farò domani.

Non c’è fretta, non sparirai di certo.

Il mio papà è il mio faro nella notte, il mio punto di riferimento, la mia guida. Io sono la sua figlia adorata.

Poi un giorno il mio papà non c’è più. Non ho risposto.

Non l’ho accompagnato a bere un caffè, non gli ho raccontato l’ultimo libro che ho letto. Non l’ho fatto.

E non potrò più. Mi hai detto: “A presto, tesoro”, un sabato sera. L’ultimo.

Tu non lo sapevi. E io nemmeno.

Oggi, nonostante tutto quello che non ho fatto, so che in ogni istante sono stata la tua figlia adorata, oggi, nonostante quello che non faremo più, resti il mio adorato papà.

Il mio faro nella notte, il mio punto di riferimento, la mia guida.

Ieri, hai detto alla mamma: “Quando sarò grande, sarò forte come il papà!”.

Lei ha riso e ti ha ricordato che per diventare forti bisogna mangiare tanti spinaci (mai perdere l’occasione di reclamizzare la verdura). Davanti allo specchio del bagno, ricordo. Anch’io dicevo così quando ero piccolo. Le stesse identiche parole.

E come te, senz’altro, pensavo: “Quando sarò grande, sarò PIÙ forte del papà”. Più forte del papà. In tutto.

A scuola, al lavoro, nella vita.

Anche il mio papà lo voleva.

Voleva che mi trovassi un buon lavoro, che mi godessi più di lui la gioventù…

Un padre è un segno da superare per fare meglio (anche quando lui non se la cava poi male).

Io, da papà, la penso come lui.

Vorrei essere più attento, più presente, più complice. Vorrei anch’io che tu mi superassi. Ho delle ambizioni per mio figlio. Sono un padre, un segno…

E se tu non fossi “più” di me?

Se non volessi essere “più” di me?

E se essere “più” di me ti impedisse di essere te stesso?

E se non fossi “più forte” del papà?

La sola cosa in cui voglio che mi superi, l’unico “più”, è la felicità.

Quando sarai grande, sii felice, come il papà.

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