Inconsueti Giorni

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Vita quotidiana ed eroica sul Cammino di Santiago Fotografie di  Maurizio Totaro Testi di  Miriam Giovanzana



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S’incomincia.


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S’incomincia. Non è più tempo di raccogliere informazioni, di domandarsi quel che potrà succedere. Uguale a tanti prima di te, fai l’unica cosa necessaria: cammini, un passo dopo l’altro. Chi parte dai Pirenei, da Saint Jean o da Roncisvalle, ha davanti a sé poco meno di 800 chilometri; ma sono molti quelli che si mettono in cammino da più lontano, qualcuno addirittura dalla soglia di casa, come Anne e Denis, marito e moglie, che vengono da un paesino francese al confine con il Belgio. Per loro i chilometri saranno più di 1.600. E c’è anche chi, una volta arrivato a Santiago, torna a casa come gli antichi pellegrini medievali, a piedi. Il sentiero è segnato da grandi frecce gialle, impossibile perdersi. Così puoi smettere di preoccuparti della strada, perché sei come in un fiume che scorre dentro un letto di secoli.





Ampollas. Ogni giorno che passa ti regala un dolore nuovo: per andare avanti impari ad ascoltare il tuo corpo. Basta un modo diverso di allacciare lo scarpone, un poco più stretto o un poco più largo, per provocarti una vescica, un movimento inconsueto per farti scoprire un muscolo o un tendine a cui non avevi mai prestato attenzione e che, infiammato, può impedirti di continuare. Le vesciche ai piedi sono compagne di viaggio fedeli: la sera devi drenarle con ago e filo e medicarle. Poi, una volta preso atto della tua debolezza, vai avanti. Il desiderio può essere più grande del dolore. Scopri degli eroi, quelli che hanno già fatto centinaia di chilometri, quelli che li faranno. Chissà se fra di noi ci sono anche dei santi.




Nella vita di ogni pellegrino ci sono dei riti. Quello del bucato è vitale: nello zaino hai giusto un ricambio, quindi al rifugio, dopo la doccia, ti aspetta il lavaggio dei panni. Poi cerchi un filo per stendere e speri nel sole. L’indomani dovrai ricordarti di ritirare la biancheria prima di preparare lo zaino e ripartire. Già, lo zaino da rifare, il sacco a pelo da arrotolare, la colazione, il cammino da ricominciare. D’un tratto ti è ben chiara la monotonia della vita, anche se intorno tutto cambia.



Capitano giorni così. Come nella vita, se il cammino è complicato e faticoso, e si prende tutte le tue energie, la fatica è tutto, non c’è altro. Ma quando il sentiero si apre e diventa più facile pensare, allora la tristezza ti riprende. Non la desolazione, solo la tristezza. Di tutti i giorni. Dei giorni che non conoscono gli “occhi aperti”.









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Basta la ribellione di un tendine, o il rinvenire di un ricordo, per dover rinunciare a Santiago. Sarebbe una sconfitta? O soltanto un’altra tappa? Quando parti sogni alti pensieri. La quotidianità insinua altri obiettivi: stare al passo con chi ti cammina davanti dimostra di essere all’altezza del percorso. Ma cosÏ rischi di mancare la meta: e, anche se arrivi, perdi solo tempo.







Ed ecco, finalmente, Santiago. Nella grande Praza do Obradoiro gli zaini scivolano dalle spalle e i passi improvvisamente finiscono; il faccia a faccia con la cattedrale toglie il fiato, costringe a fermarsi: è come se la chiesa che ti è davanti ti guardasse non meno di quanto la stia contemplando tu - e ti riconoscesse, con secolare stupore, parte di sÊ, della propria storia.





Il luogo delle dita è già scavato, l’invito è per tutti: si può esistere ed essere raccolti in un semplice stendere la mano. Da sempre la fede ha desiderato anche di toccare, di vedere, e ha avuto bisogno di uomini e donne che fossero capaci di stendere le loro mani, di domandare. È la fede del Cammino, del già e non ancora, del cuore inquieto; è la fede dei semplici che non possono fare a meno, grazie a Dio, di allungare la mano e appoggiare il capo.


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Il luogo delle dita è già scavato, l’invito è per tutti: si può esistere ed essere raccolti in un semplice stendere la mano. Da sempre la fede ha desiderato anche di toccare, di vedere, e ha avuto bisogno di uomini e donne che fossero capaci di stendere le loro mani, di domandare. È la fede del Cammino, del già e non ancora, del cuore inquieto; è la fede dei semplici che non possono fare a meno, grazie a Dio, di allungare la mano e appoggiare il capo.








Quelli che vengono da lontano, a piedi. Quelli che arrivano in pullman. I pellegrinaggi tradizionali, quelli degli zigĂ ni. E i bambini che abitano lĂŹ accanto. Santiago accoglie tutti, fedeli e infedeli, popoli e re. E prova a tenerli insieme.



A Santiago nell’Oficina del peregrino si riceve la Compostela, il documento che attesta che il pellegrinaggio è stato compiuto pietatis causa. È l’ultimo sello, l’ultimo timbro che ti viene messo sulla Credencial, vero e proprio passaporto del Cammino, l’unico documento che dai Pirenei a qui ti è stato chiesto. Ogni rifugio ha il proprio sello, ma poi anche le chiese, e qualche volta i privati. Così, coperta di timbri di tutte le fogge, dove tra inchiostri neri e blu fa capolino l’onnipresente conchiglia, la Credencial diventa lo scrigno dei ricordi, dei rifugi e dell’ospitalità di ogni singolo giorno. Ti mancherà la sera questo rito del bussare e dell’essere accolto, in forza soltanto di uno stato di viandante. Che cosa serve ancora alla vita di ognuno perché questo accada sempre?




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C’è un Cammino, nel Nord della Spagna, che continua a essere percorso a piedi da migliaia di persone, soprattutto d’estate ma non solo. 800 chilometri dai Pirenei fino alla Galizia e poi oltre, a Finis terrae. È il Cammino di Santiago de Compostela tracciato nel corso dei secoli da quanti si recavano alla tomba dell’apostolo Giacomo, il primo annunciatore del Cristo in Spagna, ritrovata miracolosamente all’inizio del IX secolo. Oggi tutto il percorso è perfettamente segnato con le famose frecce gialle e l’antica via è costellata di rifugi dove torna ad avere significato il diritto d’ospitalità. Ci si può mettere in cammino per fede o per sport: ma, qualunque sia la ragione che ti spinge a partire, il Cammino finisce col coinvolgere tutto il tuo essere - i desideri, i sensi, la fame e la sete - nello sforzo quotidiano dell’avanzare, negli incontri, nella bellezza dell’arte e dei paesaggi, negli infiniti chilometri percorsi in solitudine. È il fascino di Santiago: per un istante, o per i lunghi giorni che dura l’andare, torni a essere solo un pellegrino. Dio disse ad Abram: “Vattene dalla tua terra”.

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