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Vi sia lieve la terra

Antonio Rossi H o incontrato Antonio per la prima volta dentro la Grotta M. Gortani, nell’ormai lontano 1967. Ero speleologo da poco meno di due anni, ma avevo già perfettamente assimilato l’ambiente cameratesco che caratterizzava la speleologia di quegli anni e quindi restai profondamente colpito di fronte a questo giovane speleologo, dotato di due imponenti baffoni, che, pur essendo in grotta, si rivolgeva all’allampanato e più anziano collega con estrema deferenza, apostrofandolo con il “Lei”. Il sodalizio speleologico, scientifico e, ancor di più, umano fra Mario Bertolani ed Antonio Rossi si sarebbe poi sviluppato per 40 anni, senza che mai Antonio riuscisse ad approdare ad un “tu”, ritenuto troppo confidenziale e quindi inadatto al deferente rispetto che provava per il “Prof.”. Qualche anno più tardi, abbiamo cominciato a frequentarci più assiduamente, nel corso delle riunioni della Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna e, da subito, ho potuto apprezzare le doti di serietà, affidabilità e grande capacità lavorativa di Antonio, scoprendone la carica di umanità e generosità, il tutto abilmente nascosto sotto la corazza di un fare burbero e intransigente, che talvolta giungeva a renderlo inviso a quanti si fermavano alle apparenze. Negli anni ’80 per vie diverse Antonio ed io abbiamo scalato le cariche speleologiche nazionali, raggiungendo entrambi la “vetta”: Antonio come Presidente della Commissione per la Speleologia del CAI ed io come Presidente della SSI. Erano anni difficili, caratterizzati da forti contrasti tra questi due organismi, che evolvevano spesso anche sul piano personale… Per quanto ci riguarda non è andata così: non solo siamo restati amici, ma addirittura, in ogni occasione abbiamo cercato punti di convergenza e obiettivi comuni fra SSI e CAI. Entrambi ritenevamo infatti profondamente stupido, con gli scarsi mezzi materiali ed umani a disposizione, disperdere energie in attività contrapposte, invece che coalizzarci per far progredire la speleologia nel suo complesso. L’azione comune ebbe inizio con l’appoggio costante e bipartisan al Centro di Speleologia di Costacciaro, individuato come un’eccezionale opportunità per la speleologia tutta. All’inizio degli anni ’90, poi, forti del credito che ambedue avevamo riscosso nei nostri rispettivi schieramenti, si era elaborato un progetto ambizioso, per dare finalmente unità d’intenti e di guida a tutta la speleologia italiana … Purtroppo i tempi non erano maturi per il disegno unitario che avevamo sognato … e fummo sonoramente sconfitti. Antonio, per il suo carattere, pagò un prezzo altissimo, anche sul piano personale; comunque non si occupò più di organizzazione speleologica a livello nazionale. Fu chiamato a far parte del mio Gruppo: il GSB-USB

Nel 2008 alla Grotta Tassoni di Pompeiano. (Foto E. Coltellacci)

e – da allora in poi – se possibile, i nostri rapporti migliorarono ancora: infatti, invece di discutere di politica speleologica, potemmo concentrarci sulla cosa che più ci accomunava ed appassionava: la ricerca scientifica. Se infatti anche prima avevamo collaborato sporadicamente, dal ’90 in poi diventammo un sodalizio indissolubile: da cui sono nate ben 40 pubblicazioni. Un insieme fatto da opposti: io, vulcanico, impreciso, dominato dalla fantasia e Antonio meditativo, metodico, esatto fino alla pignoleria. Sono stati anni bellissimi e di grande soddisfazione: mentre giravo il mondo a campionare in grotta o a presentare i risultati a Convegni e Congressi, Antonio se ne stava in laboratorio, con il fido Ermanno Galli, a produrre analisi e spettri, e in studio ad analizzare tabelle e decifrare grafici… Poi tutti e tre a stendere i lavori che inevitabilmente Antonio, da perfezionista, correggeva sintatticamente almeno 4-5 volte… Difficilmente potrò dimenticare la telefonata che mi raggiunse nel dicembre scorso, quando, con voce rotta, mi comunicò “..Paolo, non so perché ma non controllo più il mio cervello, non sono più in grado di portare avanti i programmi che abbiamo fatto… non posso scrivere il capitolo per Le Grotte Bolognesi…”. Non una parola di preoccupazione per la malattia, ma solo timore di non poter tener fede agli impegni assunti. Nei mesi successivi ci siamo sentiti spesso e varie volte sono andato a trovarlo: sempre mi chiedeva della Federazione e del Gruppo, ma i sui occhi si illuminavano solo quando parlavamo dei lavori sui minerali di grotta che progettavamo per un futuro, che, come sapevamo bene tutti e due, non poteva esserci. Con la sua morte il GSB-USB ha perduto uno dei suoi Soci più prestigiosi ed affezionati, la Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna un pilastro fondamentale, la Speleologia Nazionale un appassionato ed integerrimo dirigente, la Ricerca Scientifica un vero e proprio rullo compressore. Ma quelli che, come me, lo hanno davvero conosciuto e frequentato, hanno perduto molto di più: un grande amico.

Paolo Forti

Alla ricerca dell’acqua perduta

Tutti noi capiamo l’importanza dell’acqua nella vita degli esseri viventi, l’uomo in primis. Noi speleologi sappiamo che l’acqua, quella buona, la troviamo solo lì, sotto terra. Noi speleologi la possiamo toccare con mano tutte le volte che scendiamo nelle viscere della terra, nelle grotte naturali delle nostre montagne o nelle cavità artificiali come pozzi, cisterne, acquedotti, scavati dall’uomo nei tempi passati. Noi speleologi sappiamo che basta poco per sporcare, inquinare, distruggere, deviare intere falde acquifere. Noi speleologi siamo coscienti che è un bene di tutti, è un bene da difendere: un valore assoluto cui anche Alfredo credeva. Alcuni anni fa il Gruppo Grotte Recanati aveva organizzato una mostra dedicata all’acqua come la si usava una volta e come la si usa ora. Gran parte della mostra, intitolata “Alla ricerca dell’acqua perduta”, era dedicata all’Acquedotto Pontificio di Recanati-Loreto, di cui una parte è ancora visibile in superficie in località Archi di Loreto. Nella mostra facevano bella figura il rilievo, le foto, i documenti trovati in vecchi archivi storici. Alfredo era lì nella sua duplice veste di speleologo e geometra comunale quando agli inizi degli anni ’80 riscopre l’esistenza del vecchio acquedotto. Alfredo era lì a esplorare le vecchie gallerie oramai dimenticate dalla memoria dei vecchi recanatesi. Alfredo era lì alla fine degli anni ’80 a prendere le misure centimetro dopo centimetro insieme agli altri speleologi del Gruppo Grotte Recanati e alle persone che riusciva a coinvolgere. Alfredo era lì insieme ad Andrea e a Marco per consegnare alla Sovrintendenza ai beni Ambientali e Architettonici delle Marche il rilievo completo di tutto il complesso idraulico dell’Acquedotto

Sergio Macciò 1926-2011 S ergio Macciò, nato a Pola nel 1926, dopo le vicende belliche si era poi trasferito a Jesi. Qui si è spento la notte del 28 luglio, dopo un lungo periodo di malattia. A Jesi si dedicò con grande passione alla speleologia ed all’alpinismo aprendo nel 1948 la locale sezione del Club Alpino Italiano insieme ad altri amici appassionati. Fu a lungo presidente regionale dell’Associazione Nazionale Alpini, contribuendo ad attivare negli anni ‘60 la scuola di alpinismo Negli anni ’60 e ’70 organizzò importanti spedizioni alpinistiche in Groenlandia e nelle Ande. Ha avuto un ruolo molto rilevante nello sviluppo del Soccorso Alpino e Speleologico collaborandone alla fondazione e ricoprendo nel 1971 la carica di Responsabile Nazionale. Come speleologo svolse una notevole attività sia nelle Marche che in Abruzzo ed altre aree carsiche italiane. Nel 1972 venne eletto Segretario dalla Società Speleologica Italiana, carica che mantenne fino al 1987, contribuendo ad un periodo importante di sviluppo della Società stessa. In particolare ricordo il recupero dell’archivio effettuato da lui personalmente presso l’abitazione del precedente

Pontificio. Alfredo era lì a tutelare l’acquedotto durante la costruzione del nuovo Liceo Scientifico, riuscendo insieme all’Amministrazione comunale a far apporre il vincolo di tutela storico-architettonica. Alfredo era lì a fare centinaia di foto per far conoscere a tutti i recanatesi, e non solo, l’esistenza di questo bene architettonico nascosto. Alfredo era lì ad accompagnare gratuitamente decine di persone a visitare il tratto più affascinante dell’acquedotto, quello delle sorgenti vicino al “Giardino delle parole interrotte”. Alfredo era lì nella sua ultima discesa in quei cunicoli a difendere qualcosa che è patrimonio di tutti.

Alfredo Campagnoli è stato tra i fondatori nel 1973 del Gruppo Grotte Recanati, all’interno del quale ha sempre svolto attività di ricerca, documentazione e divulgazione. Nel 1987 promuove la costituzione del Centro di Speleologia Montelago (poi Scuola di Speleologia della Società Speleologica Italiana). Con la qualifica di Istruttore di Speleologia del Club Alpino Italiano, ha diretto per molti anni i corsi di introduzione alla Speleologia del GGR. Ha collaborato in modo determinante all’organizzazione e alla conduzione del “Progetto grotte”, esperienza formativa attuata continuativamente da 10 anni con l’Università di Macerata e rivolta agli iscritti del Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria. Numerosi suoi contributi sono apparsi in diverse riviste di speleologia e di didattica. Insieme a Ettore Sbaffi, ha pubblicato “Buio pesto”, libretto rivolto ai bambini della scuola primaria che ha avuto in diverse edizioni diffusione internazionale, vera pietra miliare nella divulgazione della speleologia fra i più piccoli.

Gruppo Grotte Recanati Gruppo Autonomo Speleologico Civitanova Marche Scuola di Speleologia Montelago

Foto M. Cotichelli segretario Walter Maucci ed il successivo riordino. Intanto nel 1975 era stata costituita Commissione Scientifica della Grotta Grande del Vento a Frasassi. Macciò venne chiamato a farne parte come segretario ricoprendo questo incarico fino al 1993 quando la Commissione stessa, dopo un periodo di stasi, venne riorganizzata. Non si può dimenticare che a quei tempi l’appartenenza alla Commissione Scientifica era essenzialmente basata sulla competenza e non sul colore politico che ha portato ai livelli di inefficienza del giorno d’oggi. Accanto ad eccellenti doti sportive, come si è visto, Sergio Macciò è stato in grado di svolgere eccellenti attività organizzative tra le quali ricordiamo la gestione del Catasto Speleologico della Regione Marche (fino agli anni ’90) in aggiunta all’organizzazione del Soccorso sopra citata. In breve, Sergio Macciò è stato un indimenticabile e caro amico e compagno di lavoro nel corso di tanti anni. Tutti quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo si uniscono al dolore dei famigliari con sincere condoglianze.

Arrigo A. Cigna