Speleologia n. 65 - dicembre 2011

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Vi sia lieve la terra

Antonio Rossi H

o incontrato Antonio per la prima volta dentro la Grotta M. Gortani, nell’ormai lontano 1967. Ero speleologo da poco meno di due anni, ma avevo già perfettamente assimilato l’ambiente cameratesco che caratterizzava la speleologia di quegli anni e quindi restai profondamente colpito di fronte a questo giovane speleologo, dotato di due imponenti baffoni, che, pur essendo in grotta, si rivolgeva all’allampanato e più anziano collega con estrema deferenza, apostrofandolo con il “Lei”. Il sodalizio speleologico, scientifico e, ancor di più, umano fra Mario Bertolani ed Antonio Rossi si sarebbe poi sviluppato per 40 anni, senza che mai Antonio riuscisse ad approdare ad un “tu”, ritenuto troppo confidenziale e quindi inadatto al deferente rispetto che provava per il “Prof.”. Qualche anno più tardi, abbiamo cominciato a frequentarci più assiduamente, nel corso delle riunioni della Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna e, da subito, ho potuto apprezzare le doti di serietà, affidabilità e grande capacità lavorativa di Antonio, scoprendone la carica di umanità e generosità, il tutto abilmente nascosto sotto la corazza di un fare burbero e intransigente, che talvolta giungeva a renderlo inviso a quanti si fermavano alle apparenze. Negli anni ’80 per vie diverse Antonio ed io abbiamo scalato le cariche speleologiche nazionali, raggiungendo entrambi la “vetta”: Antonio come Presidente della Commissione per la Speleologia del CAI ed io come Presidente della SSI. Erano anni difficili, caratterizzati da forti contrasti tra questi due organismi, che evolvevano spesso anche sul piano personale… Per quanto ci riguarda non è andata così: non solo siamo restati amici, ma addirittura, in ogni occasione abbiamo cercato punti di convergenza e obiettivi comuni fra SSI e CAI. Entrambi ritenevamo infatti profondamente stupido, con gli scarsi mezzi materiali ed umani a disposizione, disperdere energie in attività contrapposte, invece che coalizzarci per far progredire la speleologia nel suo complesso. L’azione comune ebbe inizio con l’appoggio costante e bipartisan al Centro di Speleologia di Costacciaro, individuato come un’eccezionale opportunità per la speleologia tutta. All’inizio degli anni ’90, poi, forti del credito che ambedue avevamo riscosso nei nostri rispettivi schieramenti, si era elaborato un progetto ambizioso, per dare finalmente unità d’intenti e di guida a tutta la speleologia italiana … Purtroppo i tempi non erano maturi per il disegno unitario che avevamo sognato … e fummo sonoramente sconfitti. Antonio, per il suo carattere, pagò un prezzo altissimo, anche sul piano personale; comunque non si occupò più di organizzazione speleologica a livello nazionale. Fu chiamato a far parte del mio Gruppo: il GSB-USB

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Nel 2008 alla Grotta Tassoni di Pompeiano. (Foto E. Coltellacci)

e – da allora in poi – se possibile, i nostri rapporti migliorarono ancora: infatti, invece di discutere di politica speleologica, potemmo concentrarci sulla cosa che più ci accomunava ed appassionava: la ricerca scientifica. Se infatti anche prima avevamo collaborato sporadicamente, dal ’90 in poi diventammo un sodalizio indissolubile: da cui sono nate ben 40 pubblicazioni. Un insieme fatto da opposti: io, vulcanico, impreciso, dominato dalla fantasia e Antonio meditativo, metodico, esatto fino alla pignoleria. Sono stati anni bellissimi e di grande soddisfazione: mentre giravo il mondo a campionare in grotta o a presentare i risultati a Convegni e Congressi, Antonio se ne stava in laboratorio, con il fido Ermanno Galli, a produrre analisi e spettri, e in studio ad analizzare tabelle e decifrare grafici… Poi tutti e tre a stendere i lavori che inevitabilmente Antonio, da perfezionista, correggeva sintatticamente almeno 4-5 volte… Difficilmente potrò dimenticare la telefonata che mi raggiunse nel dicembre scorso, quando, con voce rotta, mi comunicò “..Paolo, non so perché ma non controllo più il mio cervello, non sono più in grado di portare avanti i programmi che abbiamo fatto… non posso scrivere il capitolo per Le Grotte Bolognesi…”. Non una parola di preoccupazione per la malattia, ma solo timore di non poter tener fede agli impegni assunti. Nei mesi successivi ci siamo sentiti spesso e varie volte sono andato a trovarlo: sempre mi chiedeva della Federazione e del Gruppo, ma i sui occhi si illuminavano solo quando parlavamo dei lavori sui minerali di grotta che progettavamo per un futuro, che, come sapevamo bene tutti e due, non poteva esserci. Con la sua morte il GSB-USB ha perduto uno dei suoi Soci più prestigiosi ed affezionati, la Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna un pilastro fondamentale, la Speleologia Nazionale un appassionato ed integerrimo dirigente, la Ricerca Scientifica un vero e proprio rullo compressore. Ma quelli che, come me, lo hanno davvero conosciuto e frequentato, hanno perduto molto di più: un grande amico. Paolo Forti


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