5 minute read

Aperta al pubblico la Sala della Verna alla Pierre Saint Martin

Un progetto razionale ha reso accessibile un luogo mitico Aperta al pubblico la Sala della Verna alla Pierre Saint Martin

Appunti di viaggi di Mina & Renato Banti, Fabio Tonali Speleo Club “I Protei” Milano

Come tutte le storie che si rispettino una premessa è più che necessaria: alla Pierre Saint Martin eravamo già arrivati nel 1986 con la complicità di un libro (“Trent’anni sotto terra”), dell’insigne autore dello stesso (Norbert Casteret) e di un amico di Pau (Didier Moumiet): il libro l’avevamo nella nostra miserrima biblioteca di gruppo, l’autore l’avevamo conosciuto nel 1970 a Milano e l’amico praticando canoakayak sulla Gave Laison a Tardet, Pirenei baschi francesi … mescolate il tutto ed aggiungete un poco di sufficienza da parte nostra (dal 1978 andavamo su “sola corda” dopo aver ridotto del 50% i soci di un gruppo che andava su “sola scala” …) ed avrete un’idea di quello che volevamo affrontare. Del resto correvano gli anni ’80 e molti di noi guardavano agli abissi francesi (Gouffre Berger e Pierre Saint Martin in particolare) come al mitico Klondike. Ci sentivamo insomma pronti per la “grande impresa” o, meglio, la sognavamo. La realtà era più dura del previsto: permesso negato da parte delle autorità spagnole di accedere dal pozzo Lepineux (312 m) per motivi di sicurezza e tiepido appoggio alla nostra iniziativa da parte di Norbert Casteret, che incontrammo a

La vecchia scuola di Saint Engrace adibita a Centro d’accoglienza. (cortesia CDS 64)

Saint Gaudens in occasione del suo 89° compleanno! Infine... l’amico Didier Moumiet del Groupe Spéléologique des Gaves fu in grado di ottenere l’autorizzazione dal Sindaco di Saint Engrace per accedere alla grotta direttamente dal tunnel artificiale di 660 m, scavato per fini idroelettrici dall’EDF tra il

Schema semplificato della Pierre Saint Martin con evidenziata la posizione della Sala della Verna (cortesia ARSIP 2007)

1956 ed il 1960. Si trattava di percorrere la grotta in risalita, ridimensionando i nostri sogni di gloria. Nonostante questo gli scenari che le luci ad acetilene andavano ad illuminare, sarebbero rimasti impressi nella nostra mente per sempre. Nella Sala della Verna (larga 252 m, lunga 248 m ed alta 194 m), frastornati dal rombo delle acque di una cascata alta più di 50 m, fu praticamente impossibile sentirci per sincronizzare i flash, nonostante fossimo dotati di ricetrasmittenti! Vagavamo per la Sala come “lucciole in un cielo senza stelle”, come dissero nel 1953 gli scopritori Jacques Théodor, George Lepineux e Daniel Epelly. Dopo due ore ci ritrovammo al culmine della cascata, imboccando finalmente la Sala Chevalier (380 m di lunghezza per 60 m di larghezza); proseguimmo per la Sala Adelia (150 m di lunghezza per 50 m di larghezza), la Sala Queffelec, Le Metrò (600 m di lunghezza per 30-40 m di larghezza), la Sala Loubens ed infine sbucammo nella Sala Elisabeth Casteret. Le quattro ore previste per la visita si era

Sopra: la cascata della Sala della Verna in periodo di piena: 50 m di salto! (Foto J.F. Godart) - Sotto: sala della Verna. Per avere un’idea delle sue dimensioni confrontare la cascata posta sulla sx della foto con quella di J.F. Godart. (Foto S. Laburu)

no più che raddoppiate. Mancava poco alla Sala Lepineux, ma eravamo spossati e fradici. Tornammo alla Sala della Verna nel 1988, grazie a Didier Moumiet e Ruben Gomez di Laguinge-Restoue, il mitico Gomez dello speleo-soccorso francese, fabbricante delle famose “pontonnière”. Utilizzando due potenti fari alimentati dai relativi generatori, riuscimmo a vedere la Sala in piena luce: incredibile e stupefacente! Ci rendemmo conto solo allora della sua reale dimensione. Il 1° luglio dell’anno scorso siamo tornati all’ingresso del tunnel artificiale in occasione dell’inaugurazione ufficiale dell’apertura al pubblico della Sala della Verna. L’inaugurazione era in forma privata, ma noi abbiamo avuto l’onore di ricevere l’invito; si era tenuta il 24 Giugno alla presenza di leggendarie figure quali Michel Letrone e Jacques Théodor. C’era anche Patrick Loubens, figlio di Marcel, perito nella discesa esplorativa del primo pozzo.

Tutto è cambiato, dalla porta della galleria, ora in acciaio, alla baracca di legno adesso affiancata da un cottage. Ci sono un sentiero ben segnalato ed una strada percorribile senza difficoltà. Gli anni passano, ma la fortissima e gelida corrente d’aria in uscita dal tunnel è sempre la stessa, pronta a ricordarci che il cuore del massiccio, con 2000 cavità esplorate e topografate per 380 km, è sempre vivo ed appartiene ad un complesso sinora esplorato per oltre 80 km con un dislivello di più di 1400 metri. Ci sono possibilità di accesso per i comuni visitatori, per i disabili, per ciechi e ipovedenti ed anche più impegnative visite guidate. La Sala? Come avrebbe sicuramente scritto D’Annunzio, immaginifica! Tutto ben fatto e funzionale, compresa la prenotazione, telefonica o digitale. Una precisa logica di programmare e investire, adottata dai tre piccoli comuni di Sante Engràce, Arette e Aramits capaci di gestire risorse pubbliche, trasformandole in valore per il territorio. Nel vicino paese di Arette è da non perdere il Musée du Barétus, con annesso centro sismologico, dove si organizzano proiezioni di diapositive, foto e film incentrati sulla speleologia e sulla Pierre Saint Martin in particolare. Tornando a casa, abbiamo avuto tempo di riparlarne. Il discorso è caduto sulla nostra seconda patria, la Sardegna ed in particolare sulle grotte turistiche del Sulcis-Iglesiente, soprattutto la Grotta di Su Mannau a Fluminimaggiore, di grandissimo pregio. Si hanno non più di 7000-8000 presenze l’anno, la segnaletica è quasi assente, di impieghi fissi non se ne parla. Per consentire il passaggio dei bus, Pusceddu e i suoi amici hanno dovuto allargare di persona la strada ed attendere 10 anni prima di veder realizzato un semplice sottopassaggio. E non abbiamo ancora digerito le lumache di Buggerru e i tentativi di rendere turistica la relativa grotta.