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Biospeleologia

Puliamo il buio, ma facciamo chiarezza

Alcuni articoli apparsi su quotidiani locali (L’Arena di Verona, 27 sett. 2007; Gazzetta di Mantova, 15 ott. 2007), in relazione all’operazione “Puliamo il Buio” svolta in alcune grotte del Veronese, ci portano ad intervenire con qualche precisazione. Finché le illazioni contenute in quegli articoli restavano relegate all’ambito locale, a parere nostro si poteva soprassedere sulla questione; il fatto però che gli stessi argomenti siano stati ripresi e trattati in modo non professionale, sia pure in buona fede, su questa rivista (Speleologia, 57, 2007, pag. 8), oltre che in numerosi siti Internet, ci stimola a proporre, quali speleologi e biospeleologi, un chiarimento. Pier Mauro Giachino, Dante Vailati

Collezionisti, commercianti e ricercatori: tutti bracconieri? “Bracconieri” è la definizione utilizzata negli articoli sopra citati per bollare gli ignoti che hanno lasciato delle trappole per l’entomofauna alla Grotta Tanella (Torri del Benaco - Monte Baldo - VR) e “squallida” l’espressione utilizzata per etichettare tale pratica. Premesso che non conosciamo chi, come e per quali scopi, avesse deposto quelle trappole e che personalmente non conosciamo la Grotta Tanella (se non bibliograficamente per essere sede di un endemismo quale il Coleottero Orotrechus martinellii), non possiamo e non vogliamo negare l’esistenza di un mondo parallelo a quello della ricerca scientifica, composto da collezionisti che utilizzano gli stessi metodi della ricerca per scopi da essa diversi. Purtroppo, l’esistenza di questo mondo parallelo porta talvolta a fare di tutta l’erba un fascio da parte di chi, animato dalle migliori intenzioni di protezione delle grotte, si dedica meritoriamente alla loro conservazione. Quello che vorremmo chiarire al mondo speleologico sono alcuni concetti relativi alla protezione degli abitatori del mondo sotterraneo, del loro reale ambiente di vita e delle tecniche che ne consentono lo studio.

Proteggere, conoscere… o fraintendere? La protezione dell’ambiente passa attraverso la sua cono

scenza e la conoscenza passa attraverso ineludibili forme d’indagine. La stessa esplorazione speleologica comporta un’inevitavile alterazione dell’ambiente. Ma sarebbe assurdo pretendere di conoscere le grotte senza che gli speleologi vi entrassero dentro. Nel tempo si è passati progressivamente dal concetto semplicistico, quanto inutile, di proteggere una singola specie, a quello di proteggere l’ambiente in cui la stessa vive. Senza il suo ambiente nessuna specie può sopravvivere. Questo è vero anche per le specie di grotta, ma anche il concetto di “specie di grotta” si è evoluto negli ultimi decenni, passando dalla concezione di animale “cavernicolo” dei vecchi Autori a quello di “sotterraneo” in un senso più largo, intendendo con ciò di non legarlo strettamente alla “grotta” a misura d’uomo. L’ambiente sotterraneo, modernamente concepito, è costituito dall’intero e complesso reticolo di fessure e micro

EPIGEO

ENDOGEO (EDAFICO)

Rappresentazione schematica dei diversi compartimenti dell’ambiente ipogeo in relazione tra loro e con l’ambiente endogeo (S = suolo). Lo schema evidenzia in particolare le connessioni fra il reticolo di fessure della massa rocciosa (R), vero ambiente di vita, a noi inaccessibile, degli animali sotterranei specializzati, e gli ambienti esplorabili biologicamente da questo intercettati, tra i quali le grotte a misura d’uomo (G), le cavità artificiali (CA) e l’ambiente sotterraneo superficiale (MSS), dato quest’ultimo dai detriti clastici sciolti accumulati a contatto della roccia madre, quando non colmato da sedimenti fini e isolato dall’esterno dal suolo (da Giachino e Vailati 2005, ridisegnato)

IPOGEO (SOTTERRANEO)

fessure della roccia madre (non solo da quelle a dimensione umana che chiamiamo “grotte” e presente non solo in rocce di origine carbonatica) e da tutto ciò che esso intercetta e che diventa una sua estensione (ipogei artificiali, ambiente sotterraneo superficiale, ecc.). Come ampiamente discusso in altre sedi, il reticolo di fessure, per essere il più protetto e climaticamente il più stabile, costituisce il “vero” ambiente di vita, a noi inaccessibile, degli animali sotterranei i quali, per il solo fatto di essere reperiti solo occasionalmente nelle grotte, non possono essere ritenuti a priori delle rarità.

Sulle tecniche di indagine Posto che il primo livello di conoscenza scientifica, in campo faunistico, prevede inderogabilmente l’identificazione delle specie e che conseguentemente non si può prescindere dalla loro raccolta, ne consegue che anche in ambiente sotterraneo il progresso delle conoscenze si può sviluppare solo con il campionamento di esemplari. Considerata l’inaccessibilità umana al reticolo di fessure, sono state sviluppate tecniche diverse di campionamento, riconducibili a due categorie fondamentali: ricerca diretta e indiretta. La prima consiste nella cosiddetta ricerca “a vista”, in grotta o all’esterno, mediante scavo profondo, teso a raggiungere, al di sotto dello strato di suolo, il reticolo di fessure della roccia in posto. La seconda viene attuata attraverso il posizionamento di esche (in grotta) o di trappole (in grotta e all’esterno). Nonostante sia stata addirittura proposta da alcuni una classificazione su base “etica” delle metodiche di campionamento, quasi esistesse un diretto rapporto cacciatore/preda – sintomo di un atteggiamento più ludico-venatorio che scientifico – l’utilizzo di mezzi attrattivi rimane l’unico che, nella maggior parte dei casi, consente risultati non altrimenti ottenibili. Senza queste tecniche sarebbero ancora molto scarse le conoscenze sulla fauna sotterranea, non solo del Monte Baldo, ma dell’intero pianeta e sarebbero limitate a quanto noto ai pionieri della biospeleologia del secolo scorso, fermi al concetto che i “cavernicoli” stanno solo nelle grotte. Relativamente all’utilizzo di tecniche di campionamento mediante trappole, la nostra esperienza più che ventennale in varie parti del Bacino del Mediterraneo, ci ha dimostrato che l’uso di trappole correttamente condotto non provoca danni evidenti né alle popolazioni animali, né all’ambiente, contrariamente a quanto si pensa, si dice e, purtroppo, si scrive più sulla base di luoghi comuni che di dati di fatto. Viceversa sono ormai troppi gli esempi di ambienti, sia in grotta sia all’esterno, profondamente e irreversibilmente alterati da un’invasiva ricerca “a vista”, condotta in modo “etico”, letteralmente sconvolti dall’utilizzo di attrezzi da scavo spesso pesanti, nel difficile tentativo di catturare qualche improbabile esemplare. La conclusione di questo intervento vuole essere un semplice appello alla moderazione, rivolto a quanti tendono aprioristicamente a bollare in modo spesso errato attività che non conoscono nei dettagli. Forse è meglio una chiacchierata in più con chi può fornire informazioni corrette e una in meno con chi è a caccia di scoops giornalistici. N

Bibliografia Anonimo, 2007 – Speleologi nella grotta. Gazzettino di Mantova, 15 ottobre 2007 Anonimo, 2007 – Puliamo il Buio fa luce sulla Tanella. L’Arena di Verona, 27 settembre 2007 Anonimo, 2007 – Lo sporco invisibile. Speleologia, 57: 8 Casale A., 1972 – Sul significato preciso sui concetti di rarità e di rarefazione nello studio delle entomofaune cavernicole. Atti IX Congr. Naz. Ital. Entomol., Siena: 273-277 Giachino P.M. e Vailati D., 2005 – Problemi di protezione dell’ambiente ipogeo e note sull’impatto delle attività di ricerca in ambiente sotterraneo. In: L’ambiente Carsico e l’Uomo. Atti Conv. Naz., Bossea (2003): 303-314 Giachino P.M. e Vailati D., 2008 – Ulteriori considerazioni su alcuni aspetti biologici ed ecologici dell’ambiente sotterraneo. In: Ambiente Carsico, i progressi degli studi in Italia sulla soglia del XXI secolo. Atti Semin. Naz., Bossea (2005): 133-140 Zanon D., 1990 – Un invito alla caccia… Prima parte. Speleologia, 23: 55-57 Zanon D., 1991 – Un invito alla caccia… Seconda parte. Speleologia, 25: 41-43