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dell’Alto Vicentino

Elezioni: a Santorso la scelta è fra Baù e Facci - p.6 ◆ Tempo di “co-housing” - p.14

Il terzo è Alex Cioni Schio fa scuola nel biliardo

Proprio nel momento in cui il centrodestra locale è il più frammentato di sempre, l’esponente di Fratelli d’Italia si mette in gioco come terzo candidato sindaco. Con un obiettivo: rivendicare il primato dei partiti e “dare peso politico a Schio”.

Schio si sta imponendo nel panorama biliardistico nazionale diffondendo un modello unico che vede lavorare in sinergia il mondo della scuola, il Comune che ha messo a disposizione una sala del Faber box e l’associazione sportiva “Primo acchito”.

Periodico di informazione
anno XIII n. 121 - aprile 2024

Marigo, Eberle, Cioni

on c’è due senza tre. Lo dice il proverbio, e lo conferma la campagna elettorale scledense. Come previsto, negli ultimi giorni si è definito il quadro completo delle forze in campo in vista delle Comunali dell’8 e 9 giugno. Alex Cioni, consigliere comunale uscente ed esponente di punta di Fratelli d’Italia, ha annunciato la sua candidatura a sindaco. Non si può dire, però, che sia il candidato del centrodestra, perché nel frattempo, davanti allo scenario di queste elezioni del dopo Orsi, il centrodestra scledense inteso come classica “triade” Fdi-Lega-Forza Italia, si è sfarinato. Già da febbraio Forza Italia aveva deciso di andare per conto suo, dichiarando il suo appoggio a Cristina Marigo. A seguire, è entrata in fibrillazione la Lega, che ancora mentre scriviamo non ha sciolto le riserve sulla sua posizione, rimanendo in un limbo amletico a rimuginare se “esserci o non esserci”, se fare una lista unica con Fdi o rinunciare e adottare una sorta di desistenza pro Marigo.

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Gli ultimi mesi in casa leghista sono stati, in effetti, quanto mai problematici. La prima a sfilarsi è stata addirittura la segretaria della sezione, Ilenia Tisato, uscita dal partito e confluita nella nuova lista civica “Uniti si vince” a sostegno di Marigo, portando al conseguente commissariamento della sezione. Ha proseguito il consigliere comunale Enrico Bandolin, che dal partito si è allontanato a piccoli passi e piccole dichiarazioni, fino ad aderire a sua volta a “Uniti si vince” e a portare acqua al mulino dell’attuale vicesindaca. Risultato: il “cerino” è rimasto in mano a Fratelli d’Italia, partito a cui va riconosciuta la coerenza politica di non essersi tirato indietro e di aver deciso di presentare comunque un proprio candidato, sapendo di fare una corsa di testimonianza, pur con la prospettiva di poter diventare l’ago della bilancia nel definire il risultato del primo turno.

Una situazione davvero curiosa, quella del centrodestra scledense, se si considera il vento in poppa con cui veleggia a livello nazionale. Sulla carta, questo avrebbe dovuto essere il momento più propizio per presentare un proprio candidato unitario con cui puntare se non altro al ballottaggio. Si è avuto conferma, invece, che le realtà locali presentano spesso quadri politici e scenari interni a sé stanti rispetto a quelli più generali. In particolare la Lega, reduce a Schio da cinque anni impalpabili e con un ultimo periodo a dir poco tribolato, alla prova della campagna elettorale ha confermato la sua attuale fragilità.

Del resto in questi dieci anni la personalità di Valter Orsi e la pervasività con la quale la principale lista di maggioranza, “Noi Cittadini”, ha lavorato e ha saputo diramarsi all’interno del tessuto cittadino sono stati due fattori che hanno finito col prosciugare il bacino elettorale di un centrodestra nel quale nell’ultimo mandato, di fatto, si è sentita quasi soltanto la voce di Fdi e in particolare proprio di Cioni. Adesso, i nodi di questa situazione sono semplicemente arrivati al pettine. Dunque la corsa è a tre. Marigo, Eberle e Cioni. Le previsioni sull’esito del primo

turno sono ovviamente quelle di un ballottaggio tra i primi due, ma molto dipenderà dalla misura del consenso che catalizzerà Cioni. Provando ad accreditare Eberle di un risultato intorno al 40%, si vede che se Cioni sarà in grado di portare a casa una percentuale alta (tra il 10 e il 15%) il secondo turno diventerà molto probabile, e si sa che al ballottaggio inizia sempre una partita tutta nuova, che andrà interpretata a tempo debito. Se invece Cioni si dovesse fermare a un più modesto 7-8% Marigo avrebbe qualche chance di passare al primo turno, scavallando magari anche di pochissimo il 50%.

Passando a questioni più prettamente di campagna elettorale, sembra che in questa fase entrambi gli schieramenti abbiano scelto lo stesso numero, il dieci, per bersagliare il campo avversario dal punto di vista della comunicazione. Dieci come gli anni del doppio mandato di Valter Orsi. Dalla parte della maggioranza uscente uno slogan sentito in più di un’occasione, in queste settimane, è stato “Facciamo un altro passo avanti, non dieci passi indietro”. Il senso del messaggio è chiaro, è come se si dicesse: votate Marigo per darci modo di proseguire nel cammino fatto con Valter Orsi e di non riconsegnare la città al centrosinistra, riportandola indietro a dieci anni fa, quando noi l’abbiamo strappata a un gruppo di potere consolidato da decenni.

Per contro, dalla parte del centrosinistra è stato usato lo slogan “Dieci anni buttati”. Dapprima in riferimento al tema della ferrovia Schio-Vicenza, poi allargando il campo a 360 gradi, come a dire di ritenere i due mandati di Orsi anni sprecati per le opportunità di crescita della città.

A dirla tutta, non ci piace nessuno dei due slogan. In realtà locali come Schio, dove la gente è mediamente in grado di capire cosa succede in città e come cambiano le cose, non serve “spararla grossa” e far passare messaggi poco rispettosi del lavoro svolto da chi si è impegnato per la propria città. Che sia o no della parte politica

Di mese in mese

nella quale ci identifichiamo, che lo faccia con autentico spirito di servizio o invece con ambizioni personali o per voglia di sentirsi importante, chi svolge un ruolo amministrativo si sta comunque dando da fare per la sua città e il suo territorio. Perciò dire che senza di noi la città tornerebbe a una sorta di “anno zero” o che il lavoro fatto da altri è tutto da buttare, ci sembra suonare stonato, e soprattutto poco credibile.

Intendiamoci, in campagna elettorale succedono cose ben peggiori, ma l’esagerazione non fa bene a nessuno. Magari farà soddisfatti gli elettori già convinti e acquisiti, ma è da dubitare che ne porti a casa di nuovi. Forse meglio spendere energie per far conoscere i propri programmi e convincere gli elettori che sono validi, piuttosto che mettersi a svilire il lavoro altrui. Ritorna in mente un piccolo episodio accaduto durante la prima seduta del consiglio comunale dopo le elezioni del 2014, quelle che videro Valter Orsi succedere a Luigi Dalla Via. Una persona in mezzo al folto pubblico presente osservò la grande lastra di marmo affissa alla parete di fondo dell’aula consiliare - quella dove sono incisi i nomi di tutti i sindaci di Schio e nel-

Lo Schiocco Di mese in

Il tunnel del divertimento

Nella piccola area giochi adiacente al “parco dei marinai” è stata montata questa attrazione, per la gioia dei bambini: una sorta di scivolo-tunnel a forma di bruco, di quelli che si trovano di solito nei parchi acquatici e dai quali si scende fino al tuffo in acqua (piccola avvertenza: qui l’acqua che guida la scivolata non c’è, perciò si consiglia ai genitori di vestire i bimbi evitando calzoni che facciano attrito sulla plastica, onde evitare che qualche pargolo si blocchi a metà del tunnel).

Chissà, forse questo inatteso potenziamento del parchetto giochi “ai Marinai” è da prendere come un segnale indiretto che i tempi della Destra Leogra, che da quelle parti dovrebbe correre, non sa-

la quale era appena stata aggiunta la riga “Dalla Via Luigi 2004-2014” - e fece un commento memorabile: “Xe la pexo roba che capita a fare el sindaco: pena che te ghe finìo i te mete in tea lapide”.

ranno particolarmente brevi. Altrimenti perché lavorare per arricchire l’area con qualcosa di precario? Ma sì, dai: meglio il tunnel a forma di bruco che quello sotto la Prealpina. [S.T.]

Era la voce della saggezza popolare, alla quale sembra sia il caso di aggiungere ora una postilla: “E dopo che te si finìo in tea lapide, i taca subito a dire che te sì sta un bon da niente”. ◆

mese

Anche Cioni ci mette la faccia

“Saremo

l’ago della bilancia”

l terzo candidato sindaco è arrivato, ed è quello che un po’ tutti si aspettavano. Alex Cioni. Consigliere comunale di Schio città capoluogo Prima Schio ed esponente di punta di Fratelli d’Italia, il volto più noto della cosiddetta “destra storica” scledense. 49 anni, impiegato in un’ azienda, ha cominciato a fare attività politica che di anni ne aveva 17, nell’ultima fase del Msi, sponda Fronte della gioventù; a seguire, poi, l’evoluzione del centrodestra nazionale, da An a Alternativa sociale (con Alessandra Mussolini) fino al Pdl, dove è stato anche responsabile organizzativo provinciale, e infine in Fdi.

Che gli spettasse il ruolo di candidato del centrodestra, dopo lo sganciamento dell’ala centrista di Forza Italia, era abbastanza scontato: in fondo, anche chi la pensa in modo del tutto diverso da lui gli riconosce di essere stato il consigliere di minoranza più attivo degli ultimi cinque anni. Uno da un comunicato stampa alla settimana chi l’aveva mai visto prima? Meno scontato era il fatto che entrasse in campagna elettorale così tardi e come sola espressione di Fratelli d’Italia, visto che, all’alba del 21 aprile, non è dato ancora sapere cosa farà la Lega, stretta in una crisi interna che fatica a ricomporsi. Tant’è, Cioni la sua corsa ha deciso di farla e di “metterci la faccia”, come direbbe la sua leader di partito e presidente del consiglio.

L’aveva detto: “Fratelli d’Italia alle elezioni ci sarà”. Anche a costo di correre da solo, con una candidatura di testimonianza. Alla fine, proprio quando il centrodestra locale è il più frammentato di sempre, Alex Cioni si mette in gioco come terzo candidato sindaco. Con un obiettivo: rivendicare il primato dei partiti e “dare peso politico a Schio”.

Allora, Cioni, la sua candidatura era nell’aria da qualche settimana e alla fine è arrivata… “Come figura di partito è stato chiesto a me, e la considero anche una vittoria della politica e dei partiti, perché quando si va alla ricerca di figure della società civile solitamente vuol dire che la politica e i partiti sono deboli. Il fatto che sia stato individuato il sottoscritto è una rivincita del primato della politica”. A livello provinciale, però, i tentativi di accordo con lo schieramento di Cristina Marigo sono andati avanti discretamente a lungo.

“I vertici provinciali ci hanno provato, secondo me fin troppo a lungo, in fondo sapevamo che non si sarebbe trovato un punto di caduta, perché loro hanno sempre detto che con i partiti non volevano avere nessun accordo ufficiale. Hanno fatto delle proposte indecenti”.

Cosa intende per indecenti?

“Diciamo che sarebbe stato una sorta di patto di non belligeranza, per poi valutare, in caso di vittoria di Cristina Marigo, una forma di collaborazione post elettorale, ottenendo ad esempio qualche rappresentanze in questo o quell’altro ente. Ma se noi ci candidiamo è perché vogliamo contribuire a dare un indirizzo politico all’amministrazione della città, e se non sei rappre-

sentato all’interno del consiglio comunale e in giunta è evidente che non puoi incidere su nulla. Dopodiché c’è un altro aspetto importante che rendeva difficile un’intesa con la coalizione di Orsi e Marigo: all’interno c’è di tutto, tra cui il Movimento 5 Stelle che è uno degli elementi più importanti a sostegno della Marigo… capirà che è difficile coniugare le nostre posizioni con quelle dei 5 Stelle. Sul tema dell’impianto di Ca’ Capretta, ad esempio, la pensiamo in maniera completamente opposta: loro hanno una visione, quella di considerare l’impianto una sorta di male assoluto, mentre noi lo consideriamo un investimento, che non va potenziato ma nemmeno demolito”. Nemmeno lei, comunque, sembra aver fatto molto per cercare un’intesa con Marigo, considerato che negli ultimi mesi le ha “sparato” contro una serie di critiche e di attacchi non male.

“Ma perché sapevamo che sarebbe andata a finire così. In cinque anni di consiglio comunale abbiamo visto quali erano le posizioni e gli equilibri in campo. Comunque non è che abbiamo sparato, abbiamo evidenziato alcuni punti sui quali siamo su posizioni diverse. Dopodiché, come ho detto, i nostri vertici provinciali hanno voluto proseguire questo tentativo di dialogo,

[4] ◆ SchioMese Elezioni Comunali 2024

ma devo dire con assoluta franchezza che se fosse dipeso da noi, qui, avremmo già chiuso i discorsi tre mesi fa, partendo prima con la campagna elettorale e con tutto quello che segue. Stiamo arrivando oltre la zona Cesarini, me ne rendo conto”. In ogni caso, al di là di quel che si può pensare sulle sue posizioni politiche, le va dato atto che in questi cinque anni il suo impegno in consiglio comunale è stato costante, a 360 gradi e non pregiudiziale. Insomma, la sua parte di consigliere l’ha fatta.

“Questo me lo riconoscono tutti. Penso di essere stato il consigliere più produttivo, ho presentato poco meno di 200 tra mozioni, interrogazioni, interpellanze, richieste di accesso agli atti… un lavoro impegnativo, che mi ha permesso di conoscere meglio il funzionamento della macchina amministrativa. Certo, la mia è una figura fortemente identitaria, marcata a destra, però in questi cinque anni credo di aver dimostrato che non ho mai lavorato per partito preso. Ho sempre studiato e votato le delibere con coscienza, guardando nel merito delle proposte che venivano portate avanti dalla maggioranza. Ho votato anche proposte del centrosinistra, quando le ho ritenute giuste, e il centrosinistra ha fatto lo stesso con me”.

Lei ha un passato politico così marcatamente di destra che si fa fatica a vederla in una veste così istituzionale e per certi versi moderata. Passando gli anni, forse sta diventato un po’ meno di lotta e un po’ più di governo? Sa, si dice che si nasce piromani e si muore pompieri… “Bè, di certo non voglio morire pompiere. Poi certo, quando sei dentro ai meccanismi vedi le cose anche sotto un’altra angolazione, il che è anche molto utile. È chiaro che chi scende in politica a vent’anni lo fa spesso su posizioni radicali piuttosto che moderate, è quasi fisiologico. Io da giovane ho rappresentato il mondo della destra radicale, poi dal 2009 ho fatto un percorso all’interno del Pdl entrando anche per cinque anni nell’esecutivo provinciale, a rappresentare il lato della destra sociale. Non ho mai rifiutato il confronto e la contaminazione con altre “parrocchie” politiche. Per quanto riguarda Schio, ho sempre spinto per la compattezza del centrodestra: anche quando rappresentavo forze più radicali ho sempre lavorato per l’unità”. Il paradosso è che la candidatura a sindaco arriva proprio nel momento in cui questa unità è saltata.

“Dobbiamo prendere atto che questi dieci anni del civismo di Orsi hanno cannibalizzato i partiti del centrodestra. Del resto, Orsi è stato per anni un esponente della Lega Nord ed è stato riconosciuto dagli scledensi come un sindaco di area di centrodestra. È stato senza dubbio molto abile politica-

mente, adesso è evidente che paghiamo questi dieci anni. Però ora il suo decennio finisce, e noi dobbiamo pensare ai prossimi dieci anni, anche per una ricostruzione del campo del centrodestra. Da parte nostra lo possiamo fare se riusciamo a entrare in consiglio comunale con una rappresentanza dignitosa”.

Quanto dignitosa? Che percentuale punta a portare a casa? Il cinque per cento? Il dieci? “È una battaglia dura, lo sappiamo, ma potrebbero anche esserci delle sorprese. Nel senso che noi siamo l’ago della bilancia. Il punto è: chi sta mettendo in gioco il futuro della città di Schio, consegnandola magari al centrosinistra? Non siamo noi, perché è evidente che non ci si può chiedere di rinunciare a una nostra rappresentanza nel nome di accordi che non darebbero dignità a quello che noi rappresentiamo. Se Orsi avesse aperto in modo trasparente al centrodestra, si sarebbe potuto sedersi al tavolo a discutere, anche della visione della città dei prossimi 10-15 anni.

Comunque, credo che al primo turno noi possiamo essere il voto utile per quell’elettorato di centrodestra che ritiene che Fdi debba avere un ruolo nell’amministrazione. Se riusciamo ad acquisire consenso si può aprire una partita interessante al ballottaggio, che può mettere in gioco anche noi. Perché la Marigo dovrà fare una scelta di campo, se andrà al ballottaggio”.

Quindi in un eventuale secondo turno si aspetta che si apra il dialogo che non c’è stato finora? “Dipende dal consenso che riusciremo a portare a casa al primo turno. Più consenso avremo, più dall’altra parte saranno condizionati a prendere in considerazione anche noi. Però non è scontato che al ballottaggio da parte nostra possa esserci una convergenza: quello di cui, nel caso, si dovrà discutere non sarà la spartizione di poltroncine, ma saranno i temi importanti che riguardano l’amministrazione della città. Se dovesse esserci un’apertura nei nostri confronti, ci dovrà essere anche una condivisione della responsabilità nell’amministrazione della città. Sennò tanto vale. Noi vogliamo metterci in gioco per poter incidere nella guida politica della città”. Ma questa sua candidatura – definiamola di testimonianza - prepara il campo a una candidatura di maggior prospettiva per le Regionali dell’anno prossimo o della primavera ‘26?

“No. Non c’è nessuno scambio di questo genere. Poi ovviamente non escludo nessuna opzione che possa eventualmente arrivare nel prossimo futuro, se il partito riterrà opportuno che io sia individuato come figura che vada a rappresentare questo territorio, che sia alle Provinciali o alle Regionali. Sarà una valutazione che verrà fatta in futuro dal partito”.

Elezioni Comunali 2024

Questa, intanto, per motivi di tempo diventa per voi un concentrato di campagna elettorale. Avete poche settimane per farvi sentire. Su quali temi intende battere?

“Innanzitutto sulla necessità di dare peso politico alla città di Schio. Il voto deve pesare. Perché il rischio del civismo tout court, senza una guida politica adeguata, rischia di trascinare Schio in un isolamento politico ancora più marcato di quello che è stato negli ultimi anni. Parliamo da trent’anni di temi come la Fabbrica Alta, la Destra Leogra… questioni che hanno bisogno di risorse economiche, ma per recuperarle bisogna attivare tutta una rete di agganci con la politica a livello sovracomunale che i civici non hanno”.

Sta dicendo che un’amministrazione locale per ricevere ascolto e ottenere risorse e finanziamenti deve avere dietro l’appoggio di un qualche partito? Non basta la qualità di una proposta e la serietà di un progetto?

“No, non sto dicendo questo, però la politica è importante. Pensiamo alla Destra Leogra: l’abbiamo portata a casa finora? Di fatto siamo ancora fermi alla progettazione delle infrastrutture. Di fronte a un progetto valido non è necessario avere casacche di partito, ma Orsi su questo tema ha dovuto pur relazionarsi con i referenti dei partiti che governano la Provincia”.

Quali altri temi metterete nell’agenda della campagna?

“Penso a un programma che punti sulla sintesi. Dobbiamo dettare delle linee guida generali sui vari temi, senza fare i classici libri dei sogni visti tante volte in passato. Perché per una questione di serietà, se si fa una proposta si deve anche dimostrare come si pensa di poterla portare a casa, altrimenti è un modo per prendere in giro gli elettori.

C’è comunque un tema molto importante su cui occorre parlare chiaro ai cittadini, ed è quello dell’impianto di Ca’ Capretta. Dobbiamo prendere atto dell’importanza di quell’impianto. Siamo contrari a ogni ampliamento, che peraltro non è all’ordine del giorno, ma prima di fare valutazioni dobbiamo capire tecnicamente quanto una riduzione del tonnellaggio dei rifiuti vada a incidere positivamente sulle emissioni atmosferiche e quanto questo garantisca nel contempo il mantenimento della rete del teleriscaldamento, che consente di ridurre le emissioni di C02 in atmosfera”.

Ha parlato di sintesi. La porti alle estreme conseguenze: quale sarà lo slogan della sua campagna?

“Uno su tutti: diamo peso a Schio”.

◆ SchioMese ◆ [5]

SANTORSO La scelta è fra Baù e Facci

nche a Santorso ci si prepara alle elezioni amministrative. Mancano una manciata di settimane al confronto nelle urne tra il vicesindaco uscente, Giorgio Baù, e Gabriele Facci, che negli ultimi 5 anni è stato capogruppo della minoranza in consiglio comunale. Due profili con esperienza amministrativa, dunque, che si candidano a guidare il paese ai piedi del Summano.

Baù, impegno e continuità politica

La candidatura di Giorgio Baù, attuale vicesindaco e assessore al bilancio, è frutto di un lavoro di gruppo che ha portato a convergere sul suo nome. “L’obiettivo è quello di difendere e mantenere il patrimonio costruito negli ultimi anni, fatto di forte senso civico, condivisione, solidarietà e di un metodo trasparente e il più partecipato possibile nella gestione della cosa pubblica. La politica è per me un amore giovanile – sono laureato in relazioni internazionali – una passione che si è riaccesa nell’ultimo quinquennio grazie al contatto con la comunità di Santorso, storicamente attenta al bene comune”, spiega Baù.

Il programma della lista che lo appoggia (“Il paese che vogliamo) è il risultato di un percorso partecipato che ha avuto ini-

All’ombra del Summano la sfida è tra due persone già impegnate a livello locale: il vicesindaco e assessore al bilancio uscente Giorgio Baù e il capogruppo della minoranza Gabriele Facci che già ci aveva provato 5 anni fa.

zio a settembre. “Abbiamo avviato una serie di tavoli di lavoro aperti a chiunque fosse interessato a portare idee, critiche e spunti migliorativi – spiega il vicesindaco -. I tavoli si sono riuniti fino a tutto gennaio e il 4 febbraio abbiamo presentato una prima bozza di programma, che è stata poi arricchita con una serie di suggerimenti raccolti durante quattro incontri di quartiere con la cittadinanza. Grazie a questi appuntamenti abbiamo raccolto ulteriori istanze, riuscendo a mettere a punto una proposta politica il più completa possibile”.

Assieme al suo gruppo, Baù punta a completare tutta una serie di progetti già avviati dalla passata amministrazione e a metterne in cantiere di nuovi.

“Negli ultimi anni, grazie anche alle competenze della struttura tecnica comunale a cui va un grande ringraziamento, siamo riusciti a raccogliere 11 milioni di euro da fondi PNRR e 1,6 milioni di euro da altre fonti, capitale che ci ha permesso di dare avvio a progetti tangibili a beneficio della comunità. Grazie a questi finanziamenti è stata restaurata la chiesetta di Santo Spi-

rito annessa a villa Rossi e sono in fase di avvio, prosecuzione o completamento molti altri interventi, come la creazione di un unico polo dell’infanzia per i piccoli da 0 a 6 anni, che razionalizza le strutture, amplia l’offerta di posti disponibili e ci allinea alle disposizioni europee; la sostituzione dell’illuminazione pubblica con lampade a led; la creazione di una “piazzetta della Cultura” e beneficio dei giovani e delle associazioni; la manutenzione del territorio per il contenimento del dissesto idrogeologico; la realizzazione della ciclabile che dalle Garziere va verso Thiene e la partecipazione alla Green Community, solo per citarne alcuni”, elenca Baù.

“Desideriamo portare a compimento i progetti ancora aperti, ma anche impegnarci su nuovi fronti. Lavoreremo sulla mobilità dolce, perché il nostro è un paese con una struttura a borgo e va ripensata la viabilità, creando una gerarchia tra le strade e separando quelle di accesso alle aree residenziali da quelle destinate alla mobilità collettiva, cercando così di favorire gli spo-

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[6] ◆ SchioMese Elezioni Comunali 2024
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Elezioni Comunali 2024

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stamenti a piedi o in bici soprattutto per gli alunni delle scuole. Dovremo considerare attentamente l’invecchiamento della popolazione – un abitante di Santorso su 4 è già over 65 – e mettere in campo misure che ci aiutino a gestire l’inverno demografico, come ad esempio il potenziamento del centro diurno, che sta per essere accreditato all’Ulss e dovrà essere trasferito in Villa Miari, o un nuovo progetto per il co-housing, tema su cui abbiamo già lavorato ma che dobbiamo riprendere in mano per creare nuove progettualità. Non ci dimenticheremo poi dei giovani, che siamo riusciti a coinvolgere anche in queste fasi di avvio del nostro progetto politico: la nostra è una squadra con un buon bilanciamento d’età e ci impegneremo perché i ragazzi possano avere spazi per proporre, innovare e costruire”.

“Personalmente negli ultimi 5 anni sono cresciuto molto – conclude Baù -. Lavorando sul bilancio ho acquisito competenze trasversali e operato affinché le reti sovracomunali, che ritengo strategiche anche nel prossimo futuro, siano sempre più solide. Il nostro gruppo può garantire impegno, volontà di amministrare al servizio del cittadino, ascolto attento e un municipio a porte aperte che sia un luogo di condivisione e confronto”.

Facci

Gabriele Facci è lo sfidante di Baù. Forte del 47% incassato alle passate elezioni amministrative e con il quale aveva insidiato il sindaco uscente Franco Balzi, ora si ricandida, alla guida della “Lista civica per Santorso”, dopo 5 anni di consiglio comunale in veste di capogruppo della minoranza. “Contrariamente a quanto spesso succede, nell’ultimo quinquennio la minoranza si è compattata e credo che possiamo dire di aver fatto una buona opposizione - esordisce Facci -. Sentiamo che è giunto il momento per Santorso di chiudere un ciclo e di iniziarne un altro. La sinistra che guida il paese da molti anni secondo noi ha perso il contatto con i cittadini, portando avanti una serie di progettualità che non vengono davvero incontro alle esigenze concrete della popolazione locale”.

È da circa 2 anni che la squadra di Facci lavora insieme per preparare un programma politico di rottura rispetto a quanto proposto dall’amministrazione uscente.

“Durante il mese di maggio presenteremo alla cittadinanza la nostra proposta – dice il candidato -. Abbiamo messo a punto una serie di progetti che illustreremo dettagliando con quali risorse intendiamo realizzarli, tanto economiche quanto umane, così che i residenti di Santorso possano avere il quadro completo di una programmazione specifica e tangibile. Sicuramente ci occuperemo della protezione e della valorizzazione del Monte Summano, fulcro identitario per la nostra comunità. Poi intendiamo impegnarci sul tema della mobilità, aggiornando l’approccio della mobilità lenta e integrando i vari mezzi di spostamento per offrire soluzioni pratiche e attuabili per gli orsiani. Intendiamo anche proporre delle modifiche migliorative al polo dell’infanzia e vogliamo rilanciare Villa Miari come polo d’eccellenza per la riabilitazione neuro-cognitiva”.

In tema di sanità, Facci inrende battersi perché a Santorso rimanga la presidenza della Conferenza dei sindaci. “Va riaperto il tavolo con la direzione regionale dell’Ulss Pedemontana e con l’assessorato regionale alla sanità, così da attirare medici e primari sempre più competenti verso il nostro ospedale – sostiene -. Negli ultimi anni ci sono state delle indubbie difficoltà legate alle liste d’attesa, ma l’ospedale Alto Vicentino va considerato una risorsa importante per il territorio: siamo convinti che nel medio periodo la situazione non potrà che migliorare e che cambiando l’approccio finora avuto, adottandone uno più propositivo e costruttivo, riusciremo a superare le complessità odierne e ad attrarre talenti”.

Facci punta su una squadra con una conoscenza profonda del paese. “Sono circondato da persone che si impegnano civicamente da anni e che amano il paese in cui sono nate e cresciute. La nostra è una lista civica con una matrice di centro destra, ma personalmente non ho nessuna tessera di partito e devo il mio impegno a un senso

civico che viene da un legame forte con il mio territorio, così come le persone che fanno parte del gruppo di lavoro. Negli ultimi anni abbiamo assistito da parte della sinistra a candidature esterne, con figure magari volenterose ma poco addentro alle dinamiche del paese: noi crediamo che la memoria storica abbia un valore e che la conoscenza di Santorso sia un plus di cui tenere conto nel momento in cui si amministra”.

“Per quanto sia complesso, perché c’è una indubbia disaffezione all’impegno politico, siamo anche riusciti a coinvolgere giovani e ragazzi nel nostro progetto – prosegue Facci -. La giunta sarà composta da persone di esperienza, ma i più giovani avranno spazio per avanzare proposte e curare iniziative. Inoltre da minoranza conosciamo già la struttura comunale, di cui abbiamo imparato ad apprezzare preparazione e professionalità. L’intento è quello di poter trarre il meglio dalla componente tecnica affiancandole, se necessario viste le carenze di organico che toccano tutti i Comuni, anche amministratori che si sono resi disponibili a mettere in gioco la loro professionalità – penso in particolare a esperti del PNRR che sono nella nostra squadra – a titolo gratuito”. ◆

[8] ◆ SchioMese

Attualità

Quello che nel 2015 era iniziato come un esperimento che aveva fatto sorridere qualcuno, ossia l’introduzione della “stecca” tra le materie scolastiche del liceo scientificosportivo Nicolò Tron, ha portato in questi anni un filotto di riconoscimenti, sia in campo agonistico che organizzativo

chio si fa bella al tavolo da biliardo. Quello che nel 2015 era iniziato come un esperimento che aveva fatto sorridere qualcuno, ossia l’introduzione della “stecca” tra le materie scolastiche del liceo scientifico-sportivo Nicolò Tron, ha portato in questi anni un filotto di riconoscimenti, sia in campo agonistico che organizzativo, catapultando la nostra città al centro del panorama biliardistico tricolore. Infatti non solo i ragazzi si stanno facendo valere nelle massime competizioni, ma oggi Schio è diventata anche sede di una scuola federale sempre più importante, imperniata sull’associazione sportiva “Primo Acchito”, che ha in carico tra l’altro la formazione degli istruttori a livello italiano. Coordina inoltre, sempre con ruolo di vertice, il progetto approvato dal Ministero dell’Istruzione “Biliardo e Scuola”, che coinvolge ogni anno migliaia di giovani e rappresenta una delle principali iniziative orientate allo sviluppo del movimento legato a questo sport, che sta vivendo negli ultimi anni un vero e proprio revival. La recente visita in città del presidente della Fisbb (Federazione italiana sport biliardo e bowling), Andrea Mancino, è stata un coronamento di questo percorso di crescita con

al circolo ufficiali negli anni della naja ed è diventato oggi il suo nume tutelare a Schio. È stato lui infatti il primo a essersi speso per dare avvio al progetto, iniziato con un tavolo autocostruito posizionato in un’aula

Schio fa scuola nel biliardo

La città si sta imponendo nel panorama biliardistico nazionale, diffondendo ormai da anni un “modello” unico che unisce tre componenti: quella scolastica, con il laboratorio “Biliardo, geometria e fisica” che coinvolge ogni anno 500 studenti degli istituti “Tron-Zanella” e “Pasini” e delle scuole medie “Il Tessitore”; quella del Comune che ha messo a disposizione del progetto una sala del Faber Box; infine la componente rappresentata dall’associazione sportiva “Primo Acchito”, che gestisce la sala fuori dall’orario scolastico.

ti “Tron-Zanella” e “Pasini” e delle scuole medie “Il Tessitore”. La seconda sponda è il Comune che ha messo a disposizione del progetto l’ampia sala del Faber Box. La terza è rappresentata dall’associazione sportiva “Primo Acchito”, costituita in origine da docenti e genitori degli alunni coinvolti (oggi conta circa 60 iscritti) che gestisce la sala in convenzione fuori dall’orario scolastico con la clausola di metterla a disposizione di tutta la cittadinanza e anche dei portatori di disabilità.

Una carambola non semplice dietro alla quale c’è la mente calcolatrice di un biliardista di lungo corso: il professor Giorgio Pizzolato, che si appassionò a questo gioco

li dedicati alle diverse discipline, a partire dalla “stecca” il classico biliardo all’italiana con i birilli, passando per il “pool”, all’americana con le buche, per arrivare ai grandi tavoli da snooker, il biliardo di origine inglese, che oggi attira sempre più l’attenzione degli appassionati.

“La nostra è una realtà unica in Italia per la collaborazione tra la scuola, il comune, le famiglie, gli appassionati e la Federazione nazionale - spiega Pizzolato -. Grazie a un grande lavoro di squadra riusciamo a tenere insieme gli obiettivi didattici, la crescita del movimento nel suo complesso e la possibilità di fornire sempre nuovi stimoli a chi pratica questo sport”.

La proposta rivolta agli studenti inizia dall’orario scolastico, con moduli di 5-6 lezioni nell’ambito del programma di scienze motorie, ma per chi dimostra interesse prosegue con appositi corsi pomeridiani gestiti dall’associazione sportiva. I più talentuosi, infine, entrano nelle squadre d’istituto con cui partecipano ai campionati organizzati dalla federazione e che ormai rappresentano un altro fiore all’occhiello per la città di Schio: quella del liceo “Tron

[10] ◆ SchioMese
Ragazzi del liceo Tron Zanella premiati a una manifestazione di biliardo, il primo a sinistra è il prof. Giorgio Pizzolato, anima del progetto. La sala dedicata al biliardo all’interno del Faber box.

Zanella” lo scorso anno si è classificata infatti prima in Italia per la “stecca” e terza per il “pool” su 60 scuole partecipanti, e il mese prossimo si prepara a difendere il titolo ai campionati di Cervia.

Ma dato che i talenti si iniziano a coltivare da giovani c’è anche una squadra del “Tessitore” che a settembre parteciperà al trofeo Coni di Catania dedicato agli under 14. Proprio a Schio invece a giugno si disputeranno per la terza volta consecutiva i campionati nazionali juniores.

La sala da biliardo al Faber Box è aperta inoltre per due pomeriggi a settimana, il martedì e il venerdì, con la prima metà dell’anno dedicata in particolare ai corsi articolati su vari livelli per le diverse discipline, mentre nella seconda metà dell’anno è dedicata agli allenamenti e ai tornei. Anche qui il centro punta all’eccellenza sia nelle dotazioni che nell’offerta.

“Per esempio abbiamo acquisito un dispositivo tecnologico che permette di registrare con la massima precisione la situazione delle biglie al termine di ogni mossa ed eventualmente di riposizionarle grazie a un puntatore laser – spiega Pizzolato -. Questo sistema, oltre che rivestire un interesse squisitamente didattico, ci permette di proiettarci per la prima volta anche su un piano internazionale. Stiamo sperimentando infatti un torneo a distanza tra postazioni dotate dello stesso apparecchio in diverse parti d’Europa: dopo ogni mossa il sistema comunica all’avversario la posizione in cui dobbiamo devono essere disposte le biglie per poter  procedere con il colpo successivo”.

Anche l’organizzazione dei corsi segue le nuove tendenze: infatti è in programma l’attivazione di un corso di snooker che permetterà di apprendere le basi di questa variante difficile ma appassionate per l’elevata componente strategica.

Aspetto molto attuale per tutti gli sport

è oggi il tema dell’inclusività e anche su questo fronte Schio è capofila: sono stati organizzati degli “open day” dedicati a persone con disabilità motoria per provare gli ausili che consentono loro di giocare, e anche un corso per introdurre al gioco ragazzi con disturbi dello spettro autistico: il primo del suo genere attuato in Italia in collaborazione con il Comune e l’Ulls 7 e che ha dato vita a una sperimentazione nazionale coordinata sempre dal professor Pizzolato. Con tutta questa carne al fuoco si capisce che la visita del presidente nazionale della Federazione non poteva limitarsi a un solo giorno, ma ne ha richiesti due, durante i quali egli ha visitato la sala e presenziato alle attività con gli studenti e le studentesse, incontrato docenti e presidi, il sindaco Valter Orsi e l’assessore allo sport Aldo Munarini, il direttivo dell’associazione, gli istruttori e i soci, in particolare gli juniores

Quel povero albero tempestato di chiodi

L’albero che si vede nella foto si trova lungo un marciapiede di via Maraschin e dunque è di proprietà pubblica, cioè di tutti. Eppure è stato usato da qualche privato per posizionare non una, ma tre fasce catarifrangenti a circondare il fusto, si presume con lo scopo di rendere evidente, quando fa buio, il punto di accesso a un passo carraio. Per essere sicuro che le fasce aderissero bene alla corteccia, l’installatore non si è fatto scrupolo di fissarle con una ventina di chiodi ben piantati nell’albero. Il quale, chissà come mai, è l’unico visibilmente malato di tutto il viale, con un’ampia parte della chioma rinsecchita. Che dire: complimenti a chi ha avuto la bella pensata, vince il premio “Se va bene a me, va bene a tutti”. A chi di dovere, in Comune, l’invito a rimuovere l’obbrobrio, anche se temiamo che per l’albero sia ormai troppo tardi. [S.T.]

Attualità

e i loro genitori. A tutti ha espresso le sue congratulazioni per l’ottimo lavoro svolto. Un lavoro che, in ogni caso, è lungi dall’essere concluso: nei programmi della Fisbb infatti ci sono tante scuole federali da aprire, possibilmente sul “modello Schio”, e sempre più istruttori da formare (anche grazie al nuovo manuale illustrato “Biliardo e scuola” curato ancora da Pizzolato, che è stato adottato come libro di testo a livello nazionale).

A fronte di tutto questo impegno qual è l’auspicio del movimento scledense? Magari che la nostra città vedesse riconosciuta la sua posizione nella scena biliardistica nazionale venendo scelta come sede per una competizione “pesante”. Visti i traguardi finora raggiunti, comunque, nemmeno questo sembra irraggiungibile... D’altra parte, sembra di poter riconoscere un altro segno dei tempi che cambiano. Negli anni che furono il biliardo veniva considerato solo uno svago ed era un classico che gli studenti ci andassero a giocare invece di studiare o quando marinavano la scuola. In quest’epoca di dispersione scolastica, però, la stecca diventa strumento didattico e occasione per appassionarsi in particolare a quelle materie scientifiche, o “Stem”, oggi sempre più richieste anche dal tessuto industriale. E a chi dice che i giovani d’oggi non abbiano più giudizio si potrebbe rispondere: dove, se non sul tavolo verde, si può insegnare loro che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria? ◆

SchioMese ◆ [11]
Un momento della recente visita a Schio e al Faber box da parte del presidente nazionale della Federazione biliardo e bowling, Andrea Mancino

LAttualità

e scuole che vedono diminuire gli alunni perché nascono sempre meno bambini, le case di riposo che vedono aumentare i bisogni di assistenza perché ci sono sempre più anziani, la sanità che si occupa sempre più di prestazioni legate a patologie dell’invecchiamento, l’età pensionabile che si allontana sempre più perché altrimenti il sistema salta, le palestre che si arricchiscono di corsi di mantenimento per la terza età… si potrebbe continuare, nell’elencare i segnali che indicano il ripiegamento della società italiana verso tendenze demografiche a dir poco desolanti. Non è un fenomeno che nasce oggi, però ora si stia incancrenendo in modo definitivo. Dopo la generazione dei baby boomer, quella di chi è nato tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta, è stato tutto un lento e progressivo rallentamento della curva demografica. Se nel 1964 in Italia era stato raggiunto il record di 1 milione e 35 mila nuovi nati, vent’anni dopo si era già scesi della metà, a 587 mila. E negli ultimi 15 anni, dal 2008 al 2023, il calo delle nascite in Italia è stato nientemeno che del 34%.

Insomma, butta male. Non c’è più la possibilità di garantire il ricambio demografico, e questo è un problema che riguarda tutti. Anche Schio, ovviamente. Dove le statistiche sulla popolazione per ora non sono drammatiche (dai 39.472 abitanti del 2013 si è scesi 38.647 del 2022, ma viste le tendenze sociali in atto poteva andare peggio), ma dove comunque la curva dell’età media sta salendo e entro i prossimi 15-20 anni farà arrivare i nodi al pettine.

Per cercare di prepararsi al momento in cui ci sarà da sbrogliare questi nodi, l’associazione SchioPolis ha acceso i riflettori, in questi giorni, su un tema che sta diventando sempre più interessante come risposta all’aumento della popolazione anziana: il co-housing. Parola inglese che, in sostanza, significa realizzare spazi abitativi per persone anziane che siano privati e personali, ma che abbiano in più degli spazi e dei servizi in comune. Non una “coabitazione” nel senso che si debba condividere la cucina o il bagno, per intendersi, ma piuttosto una soluzione abitativa indipendente all’interno di un contesto di comunità, ovvero con la possibilità di decidere insieme quali servizi comuni avere in più. Un modello basato sul supporto reciproco, in cui gli anziani soli possono aiutarsi gli uni con

L’esterno della casa albergo “La Filanda” di Magrè, avviata nel 1991 e primo esperimento scledense di quello che oggi è il fenomeno del “co-housing”

Tempo di “co-housing”

Sempre meno giovani e sempre più anziani. È lo scenario del paese, quindi anche di Schio e dell’Alto Vicentino. In questo quadro demografico, un tema che sta diventando sempre più attuale è quello del “co-housing”, che significa realizzare spazi abitativi per persone anziane: privati e indipendenti, ma con una serie di spazi e servizi in comune.

gli altri in molte attività quotidiane, collaborare nei lavori domestici, oltre a essere supportati da figure professionali specifiche dedicate al lavoro domestico. Insomma, un modo per vivere insieme al meglio, in una società in cui si invecchia avendo alle spalle meno figli su cui contare per un aiuto e una vicinanza, e in cui aumentano gli anni di vita ma di conseguenza anche i…malanni, e dunque crescono i bisogni di welfare e di assistenza socio-sanitaria.

In tema di co-housing Schio è stata per certi versi pioniera, se si considera che qualcosa di simile esiste da oltre 30 anni, con le strutture della Filanda di Magrè, che ha cominciato a ospitare i primi anziani autosufficienti nel 1991, e di Casa San Francesco al Baratto

C’è una buona notizia, però. Ed è che Schio, da questo punto di vista, ha già fatto un pezzo di strada e non parte da zero. Anzi, è stata per certi versi pioniera, se si considera che forme vicine al concetto di co-housing sono già presenti da almeno

trent’anni. Qualcosa di simile, infatti, sono le strutture della Filanda di Magrè, che ha cominciato a ospitare i primi anziani autosufficienti a gennaio del 1991, e di Casa San Francesco, nell’area del Baratto, aperta nel 2002. In questi trent’anni la Filanda in particolare, oltre a ospitare un certo numero di persone nei suoi appartamenti, è diventata un centro di attrazione anche verso l’esterno, attraverso i “Club della terza età” che portano in struttura un buon numero di anziani per attività ricreative, organizzazione di gite e altro. Anche San Francesco, comunque, sta facendo bene la sua parte.

Nel ragionare di quella che si potrebbe definire “Terza età 2.0”, dunque, Schio ha già una buona esperienza, iniziata con il primo “Progetto anziani” del 1982, che vedeva coinvolti in rete anche i comuni vicini e introduceva i concetti di “case albergo”, di servizi domiciliari, di trasporto, di pasti a domicilio. È fuori di dubbio che quarant’anni fa pensare ad alloggi autonomi per anziani, centri diurni e “case albergo” era cosa piuttosto rara.

E allora, se il quadro demografico e sociale descritto all’inizio è oggettivamente preoccupante e non lascia intravedere possibili cambi di marcia quantomeno per i prossimi venti-trent’anni, almeno chiudiamo con questa nota positiva. Se il co-housing è il futuro, in riva al Leogra è già cominciato. ◆

[14] ◆ SchioMese

Il Castello adesso c’è

“I

l castello che non c’è” è una mostra allestita all’ex Lanificio Conte fino alla fine di ottobre: grazie alla tecnologia è stata riportata in vita, virtualmente, la fortezza che dominava la città e si racconta in maniera coinvolgente e accattivante il medioevo scledense, per molti versi poco conosciuto.

Un team di studiosi e di appassionati di storia locale, coadiuvato dalla start-up scledense Setpoint Studio, con la collaborazione del Gruppo Archeologico Altovicentino e dell’Ufficio Cultura del Comune, ha ricostruito la sede dei nobili Maltraversi grazie soprattutto ad alcuni rilievi cartografici eseguiti a inizio ‘900: si tratta di una documentazione varia e di più epoche, custodita per la maggior parte nel fondo Guido Cibin, reso disponibile dalla famiglia Gori. Dopo attente consultazioni è emerso com’era la Schio del Medioevo, borgo di confine tra i domini tedeschi e veneziani. In quei secoli in zona accaddero fatti e avvenimenti importanti e la mostra si sviluppa fornendo un contesto storico, ambientale, demografico e industriale che permette di capire ciò che ha direzionato lo sviluppo moderno della nostra città.

I visitatori sono di fronte per la prima volta alla ricostruzione più realistica della rocca scledense, non più limitata al dipinto del Verla conservato nella chiesa di S. Francesco. Si può scegliere il “live show” (accesso all’area espositiva con percorso immersivo di trenta minuti), il VR (esperienza di un quarto d’ora con visore VR Oculus Quest) o la visita guidata tradizionale, tra il Castello, S. Maria in Valle, la Chiesa di S. Francesco e il Duomo di S. Pietro. È anche presente un’area di approfondimento con reperti

Nella mostra “Il Castello che non c’è”, allestita all’ex Lanificio Conte, grazie alle più moderne tecnologie si può vedere la ricostruzione più realistica della rocca scledense e conoscere il contesto storico, ambientale, demografico e industriale della Schio medioevale.

archeologici e varie informazioni storiche. Sono previsti percorsi per le scolaresche, con apposite visite, ovviamente su prenotazione.

A far da cornice al tutto è stata programmata una serie di conferenze tenute da archeologi, storici, scrittori, che illustreranno ai numerosi appassionati di storia locale le ultime scoperte.

Abbiamo parlato con Stefano Pento, artigiano scledense, in passato assessore ai giovani, una delle persone che hanno dato vita al progetto, partito all’incirca quattro anni fa. Con lui Andrea Alba (giornalista), Marco Massignani e Davide Covallero (3D artist); altri collaboratori sono stati Angela Spinato, Alessandro Giacobbi, Nicola De Rizzo, Davide Fabrello e Michela Ceron. “Tutte le ricostruzioni effettuate – spiega Pento - sono ipotetiche e i dialoghi fra i personaggi, realmente esistiti, sono inventati; tutti i fatti narrati però risultano storicamente attestati e anche per le rappresentazioni virtuali ci siamo confrontati a lungo con il Gruppo Archeologico Alto Vicentino, per riportare dei contenuti il più verosimili possibile”.

“Quando porti qualcuno da fuori a vedere il Castello a Schio - continua Pento – spesso rimane interdetto, perché il castello effettivamente non c’è. Coincidenza ha voluto che, alla fine del 2019, Andrea stesse aiutando l’avvocato Alessandro Gori a catalogare delle medaglie antiche, e dall’archivio Gori-Cibin è emersa una mappa del Castel-

lo che lo ha subito incuriosito molto; me l’ha mostrata e abbiamo verificato in zona se poteva corrispondere ai ruderi esistenti. Sapevamo che la Pala del Verla, secondo la tradizione, raffigura la rocca di Schio e quindi, fra mappa e pala, sapendo utilizzare il CAD per lavoro, ho tentato i primi incroci e le ipotesi tornavano. Già il fatto di aver ritrovato una pergamena storica attestante scavi realmente avvenuti agli inizi del ‘900 era una cosa da far conoscere, ma anche una ricostruzione approfondita per capire come poteva essere il castello un tempo poteva essere condivisa con la città. Abbiamo così deciso di coinvolgere Davide Covallero di Setpoint Studio, un amico che aveva già curato mostre multimediali. E siamo partiti. Il preventivo iniziale è risultato essere molto alto, con un progetto ampio e ambizioso che includeva un film d’animazione, un videogioco e un’interazione multimediale avanzata. Abbiamo dovuto tagliare o ridimensionare queste componenti, a causa delle difficoltà nel trovare finanziatori, ma l’amministrazione comunale, con il sindaco e l’assessore alla cultura in prima linea, ha dimostrato di credere nel progetto e ci ha fornito un prezioso sostegno. Ci teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno creduto nell’impresa e in particolar modo il Distretto della Scienza e della Tecnologia, main sponsor con il Comune. È stata una bella avventura, che adesso possiamo condividere con gli scledensi, e non solo”. ◆

Mirella
[16] ◆ SchioMese Attualità
Gli organizzatori e i promotori della mostra “Il Castello che non c’è”

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Attualità

L’Ipab La Casa amplia la sua offerta assistenziale per le persone con Alzheimer, grazie a un accordo stipulato con il Comune che prevede la realizzazione di una nuova struttura di accoglienza negli spazi dell’ex asilo “Bambi”, di proprietà comunale e adiacente a La Casa.  Lo studio di fattibilità portato a termine prevede una spesa di circa 5 milioni di euro per realizzazione del nuovo nucleo per Alzheimer capace di accogliere gli ospiti e al tempo stesso offrire servizi per la popolazione residente anziana.

La struttura dovrà garantire una capacità ricettiva di 40 posti letto, articolati in due nuclei composti da 10 camere da 2 posti letto ciascuno e sarà destinata ad accogliere ospiti affetti da morbo di Alzheimer, ma dovrà venire organizzata con un principio di flessibilità e adattabilità a diverse esigenze future.

«Fin dal 2016, consapevoli dell’evoluzione delle previsioni demografiche, ci siamo guardati attorno per cercare nuovi spazi di residenzialità, di fronte a una domanda di ingressi crescente rispetto all’offerta attuale – dice Beppe Sola, presidente de La Casa -. Da lì uno sguardo interessato all’ex “asilo Bambi”, che, confinante con la nostra struttura, offriva molti spunti di interesse: la proprietà del Comune con il

All’ex asilo Bambi si farà la “Casa dell’Alzheimer”

quale vige un ottimo rapporto di collaborazione nella gestione del centro diurno El Tinelo, delle case albergo San Francesco e Filanda e nella fornitura dei pasti domiciliari alla cittadinanza; il parcheggio Gaminella, di nostra proprietà, adiacente all’ex asilo, la vicinanza del Baratto che facilita l’attività del personale e la vicinanza della nostra cucina interna che prepara ogni giorno 1.100 pasti e di tutti gli altri servizi comuni. Con questi presupposti ci siamo fatti avanti con il Comune per ottenere il diritto di superficie gratuito e ipotizzare la costruzione di una nuova palazzina  che chiameremo ‘La Casa dell’Alzheimer’. Un progetto di massi-

VISTO DAL CASTELLO /12

Schio città del bruscandolo Dop

“S

chio, la città del bruscàndolo Dop…”. Potrebbe essere questo uno slogan pubblicitario per incrementare il turismo gastronomico. D’altro canto se qualcuno ha fatto proprio il pissacan, rendendolo il marchio distintivo di un paese, perché noi no il bruscàndolo?

A ben guardare i pissacan, come diceva ormai qualche decennio fa il nostro Gerardo Perandini: “I cresse dapartuto\nei fossi e sule mure\...” (cito a memoria: l’incipit della poesia potrebbe anche essere leggermente diverso). Per dire insomma che, quando arriva la sua ora, il pissacan cresce sotto ogni cielo. E quindi è difficile dire “il pissacan è mio”. Anche i bròccoli fiolari, se uno li inpianta al momento giusto, vengono bene ovunque e allora il primo che dice “I bròcoli fiolari i xe mie” diventa il pa-

drone. E infatti Creazzo non è diventato il paese del broccolo fiolaro? “Potevi dirlo tu per primo, che allora saresti stato tu a comandare sui bròccoli”. Noi qua a Schio non abbiamo niente, se non i pandoli inventati a suo tempo da Dalla Cà Caoduro, fornitore per altro della Real Casa. Ma poi, tacà che abbiamo solo quelli, i Thienesi, che da secoli ce l’hanno su con noialtri, hanno cominciato a dire “I pandoli da Schio, i pandoli da Schio” come se fosse automatico che per il fatto che uno è da Schio, sia anche pandolo. Vero niente: i pandoli nascono dapartuto, come i pissacan, anche a Thiene, a Maran e in altri posti. Ma per i bruscàndoli il discorso è diverso e infatti non crescono proprio dapartuto. Belli grossi una volta venivano dalle parti di Ca’ Trenta, drio i fossi. Ma ci sono posti in cui non ne trovi neanche un. I bruscàndoli non sono come i pissacan che cre-

ma già stilato che prevede costi importanti di realizzazione e per cui, ottenuta una delibera di indirizzo da parte del Comune e l’inserimento nel piano di zona dell’Ulss dei 40 posti letto, ora dobbiamo metterci al lavoro per costruire un business plan sostenibile dal punto di vista economico e finanziario. I tempi di realizzazione non saranno brevi per cui, con molta probabilità, il nostro fine mandato non consentirà di vedere l’opera eseguita, ma ci piace pensare di aver gettato le basi per un progetto in linea con i fabbisogni futuri della popolazione e per un aiuto a tutte le famiglie interessate al loro interno dal problema dell’Alzheimer». ◆

scono dapartuto e quindi hanno anche più valore, quando hai la fortuna di trovarli. Ho sempre paura che qualcuno, magari, si svegli una mattina e dica per esempio: “Malo, la città del bruscàndolo dop” o “Venite a Malo a gustare i famosi bruscàndoli dop” e allora noi come sempre saremmo fregati da quelli che arrivano un attimo prima. Ed è inutile che tu dica: “Volevo dirlo mi”. Ormai avresti perso anche questa volta.

Bisogna attrezzarsi ed essere pronti. Prendiamo un’erba, potrebbe essere anche l’ortiga, ma meglio il bruscàndolo, perché l’ortiga, anche se è bona da magnare, dà sempre l’idea di una cosa che spuncia. E allora se decidiamo che sia il bruscàndolo la nostra bandiera, andiamo avanti senza paura e senza dir niente a nessuno, altrimenti qualcuno che so io, ci frega anche questa volta. ◆

Mariano Castello
[18] ◆ SchioMese

L’Spettacoli

adattamento in chiave rap del “Cyrano di Bergerac” di Rostand, messo in scena al Civico, ha suscitato nel pubblico presente sentimenti contrastanti: se da un lato si è visto qualche spettatore over 50 uscire, dall’altro si è notata la presenza di tanti giovani entusiasti, chiamati sul palco o in platea a rappare improvvisando rime. Se uno degli obiettivi della Fondazione è anche catturare il pubblico under 30, bene, questo lavoro, “Cirano deve morire”, ci sta tutto.

Perché? Perché la versione, sia pur azzardata, è innovativa; perché Rossana brilla di luce propria incazzandosi alquanto con i due maschi che l’hanno imbrogliata (li picchia all’inizio dopo un estenuante duello fra i due); perché le musiche dal vivo sono un valore aggiunto; perché la scena, trasformabile, è funzionale ed efficace; perché le luci sanno scuotere e avvolgere; perché il pubblico viene chiamato in causa; perché si utilizza un linguaggio nudo e crudo che i giovani ben conoscono e i meno giovani devono cercare di capire.

Però, però… le critiche che questo Cirano, interpretato da Alessandro Bay Rossi, vin-

Travaglio e Capossela all’Astra

Dopo aver portato a Schio, tra marzo e aprile, Vincenzo Schettini, Luca Ravenna, Roberta Bruzzone e Giuseppe Giacobazzi, Scoppiospettacoli organizza una serata con Marco Travaglio, il prossimo 5 maggio all’Astra. Il giornalista arriverà con “I migliori danni della nostra vita” (parodiando una canzone di Renato Zero) e, in un monologo di due ore, racconterà l’ultimo quinquennio di storia italiana, denso di poteri marci che hanno allontanato la gente dalla politica.

Sulla stessa linea tematica, ma di genere completamente diverso, il teatro-concerto di Vinicio Capossela, all’Astra il 9 maggio grazie a SchioLife. Il cantautore proporrà, accanto a celebri pezzi di repertorio, le sue ultime tredici canzoni “fastidiose e urgenti”, scritte come diretta conseguenza dell’attuale momento storico, con un invito ad andare avanti nonostante le difficoltà e le paure, cercando di migliorare la società, indignandosi e resistendo. [M.D.Z.]

Ma Cirano deve proprio morire?

L’adattamento in chiave rap del “Cirano di Bergerac” di Rostand, messo in scena al Civico, ha suscitato nel pubblico sentimenti contrastanti: qualche spettatore over 50 se n’è andato prima della fine, altri più giovani sono rimasti entusiasti.

citore di un prestigioso premio UBU, perpetra al mondo teatrale attuale, ai critici e agli intellettuali, stanno in piedi fino a un certo punto. Il teatro, oggi, non è sicuramente più uno status symbol appannaggio di borghesi in ghingheri, è ben altro; a lampante dimostrazione, Leonardo Manzan e Rocco Placidi, che hanno scritto il testo a quattro mani (Manzan è anche il regista), cercando di demolire la struttura teatrale attuale, sono stati premiati proprio da un ente istituzionale, la Biennale Teatro. È tutto dire. Appartenendo alla categoria dei diversa-

mente giovani, ci siamo riposati nell’ultima parte del lavoro, dove gli autori hanno saputo salvare i versi originali, con tutta probabilità perché non sapevano far di meglio; la stessa Paola Giannini, ottima protagonista, ci è parsa al top nel monologo finale, più che nel rap. Certo, lo spettacolo ha avuto delle trovate interessanti, ma se l’intento era distogliere dal testo classico, gli autori non ci sono riusciti fino in fondo. Anzi, il “Cyrano” di Rostand, proprio nella parte conclusiva, li ha presi, e loro si sono lasciati prendere. Al fin della licenza, son stati toccati. ◆

Al Civico rivive la Belle époque

È

stata inaugurata la rassegna “Schio Musica” della Fondazione Teatro Civico: a dare il via è stato lo spettacolo “The Kid”, ovvero la proiezione integrale e restaurata del capolavoro di Charlie Chaplin del 1921, con le musiche dal vivo della pianista olandese Maud Nelissen. Un’ora e trenta minuti durante i quali il teatro storico scledense è stato proiettato in un’epoca passata, facendo rivivere quegli anni dove il Civico era per davvero cinematografo, e i film non avevano ancora i dialoghi, proprio come nella serata proposta, ricca di poesia ed eleganza. Tutte le musi-

Poleo’s got talent è un vero show

La sesta edizione di “Poleo’s got talent” ha conquistato il pubblico, dimostrando una notevole crescita qualitativa sia negli allestimenti che nei concorrenti in gara. Dopo le audizioni, che hanno visto sfidarsi 33 concorrenti di tutte le età, la finale è stato un vero e proprio spettacolo, andato in scena con sedici diverse proposte tra canto, ballo,

che originali sono state eseguite in assenza di spartito, dimostrando la bravura della Nelissen nel saper interpretare magistralmente, minuto per minuto, lo sviluppo della trama di Chaplin: lei è l’unica musicista al mondo autorizzata all’esecuzione dalla Fondazione Chaplin. La pianista è esperta nell’accompagnamento musicale di film muti, ambito nel quale si è specializzata nel corso degli anni.

È stata una grande apertura per la rassegna dedicata alla musica, che prevede altri quattro incontri, ogni martedì, fino alla metà del mese di maggio. ◆ [T.F.M.]

recitazione e slam poetry. A stupire i giudici sono stati soprattutto i giovani, che hanno saputo portare sul palco temi attuali e delicati, come la depressione, la violenza fisica e psicologica, l’emarginazione, sempre attraverso esibizioni ricche di emozione e talento. Un plauso anche agli organizzatori e ai presentatori della serata, che hanno regalato al folto pubblico della Sala Polivalente di Poleo un vero e proprio show. [T.F.M.]

[20] ◆ SchioMese

utto esaurito da tempo, all’Astra, per “Ci vuole orecchio”, con Elio a cantare e recitare il suo nume tutelare, quel Jannacci che, milanesissimo come lui, sapeva catturare con la sua comicità assurda e le sue canzoni, che erano fantasia pura ancorata alla realtà più vera. Eh sì, gli anni di Enzo erano storicamente di piombo, ma allora, dal punto di vista dello spettacolo, i veri rivoluzionari, quelli proprio liberi liberi, erano i cantautori, gli attori, i poeti, gli scrittori, gli artisti in genere, che sparavano grandi verità.

Si è tanto applaudito, perché Elio ha sfoderato tutto il suo stile. Diretto da Giorgio Gallione, grande regista dell’Archivolto di Genova, Elio ha alternato una quindicina di canzoni a brevi monologhi, attingendo da Eco, Gadda, Serra, Zavattini e altri; non ha cantato i brani cult (“Vengo anch’io”, “Messico e nuvole”, “La vita l’è bela”…), che molti avrebbero ascoltato volentieri, ma la triste allegria e la gioiosa malinconica del cantautore meneghino sono usciti tutti anche con “L’Armando”, “El purtava i scarp del tennis”, “T’ho compraa i calzett de seda”.

Elio e Jannacci, una cosa sola

Tutto esaurito da tempo, all’Astra, per “Ci vuole orecchio”, con Elio a cantare e recitare il suo nume tutelare, il grande Enzo Jannacci.

“Ci vuole orecchio” gira l’Italia ormai da tre anni, con grande successo; accanto a Elio ci sono cinque bravi musicisti stravaganti, convinti e coinvolti, che si divertono con lui e fanno interagire il pubblico. La scena di Lorenza Gioberti, anni settanta, è coloratissima e valorizzata dalle luci di Aldo Mantovani. È però Elio il miglior performer, che a sessant’anni suonati sa mettersi in gioco e far rivivere sulla scena colui che forse è proprio il suo maestro, più an-

cora di quel Gaber che ha interpretato anni fa. Del resto, i dischi dell’Enzo li ha sentiti fin da ragazzo: in casa sua c’erano tutti, perché suo padre era compagno di classe di Jannacci al liceo Berchet di Milano. Quel Jannacci autore, cantante, musicista, cabarettista e, certo non da ultimo, medico e cardiologo di successo: curava corpi e anime con identica passione e professionalità. Un grande, che il poliedrico Elio sa far sentire vicino. ◆

Nuovo segretario generale alla Fondazione

Da sinistra il segretario uscente Frigo, il presidente della Fondazione Genito e il nuovo segretario Fanton

La Fondazione Teatro Civico ha nominato il manager Filippo Fanton come nuovo segretario generale. Il commercialista Pier Paolo Frigo, in carica da otto anni, cede così il passo al professionista di San Vito, che si occupa da anni di controllo gestionale e finanza aziendale. “L’esperienza come segretario generale si è rivelata interessante e impegnativa – dichiara Frigo -. Abbiamo attraversato le difficoltà della pandemia e il terzo lotto di lavori per il restauro; ricordo ancora con emozione l’apertura del Civico dopo il Covid19 e il grande entusiasmo dei cittadini. Ho anche avuto l’occasione di danzare sul palcoscenico grazie al progetto Dance Well, ed è stata un’esperienza arricchente; il nostro teatro è una realtà vivace, sempre in fermento, con tantissime attività. Per me però l’incarico è adesso veramente impegnativo e sento che è il momento di passare il ruolo ad altri”. «Ho conosciuto il Teatro Civico per la prima volta nel 1993, mentre prestavo servizio

civile alla casa di riposo La Casa – dice Filippo Fanton -. L’ascolto di opere e operette in gran parte portate in scena al Civico era fra le attività più apprezzate dagli ospiti. Mi ritengo un appassionato che vuole provare emozioni diverse, semplici ma autentiche, a contatto con gli artisti e con il pubblico. Quando il presidente Genito mi ha proposto di partecipare alla Fondazione ho risposto con grande entusiasmo per la sincera stima che nutro nei suoi confronti e perché ho conosciuto un gruppo di lavoro giovane, competente, motivato, entusiasta del proprio lavoro, a cui vorrei portare un po’ della mia esperienza nell’ambito della comunicazione e dei metodi di condivisione del lavoro. L’obiettivo primario per me resta sempre la mission della Fondazione, ossia la promozione nel territorio di attività culturali. Di certo ora so che vivrò il teatro in una maniera diversa, ma comunque affascinante: non sempre da spettatore seduto in poltrona, ma da ‘attore’ che si adopera per chi è sul palcoscenico”. ◆ [M.D.Z.]

[22] ◆ SchioMese Spettacoli
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