Il tao della fisica - Marco Valerio Del Buono

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Il Tao della fisica di Fritriof Capra* (Marco Valerio Del Buono) Lo scopo dichiarato del bellissimo libro di Capra è di dimostrare che esiste una sostanziale armonia tra lo spirito della saggezza orientale e le concezioni più recenti della scienza occidentale. La fisica moderna va ben al di là della tecnica, «la via – il Tao – della fisica può essere una via con un cuore, una via rivolta alla conoscenza spirituale e alla realizzazione di sé». Con uno stile piano ma appassionato, l’autore spiega al lettore da una parte i concetti, i paradossi e gli enigmi della teoria della relatività, della meccanica quantistica e del mondo submicroscopico; e, dall’altra, gli fa assaporare il fascino profondo e sconcertante delle filosofie mistiche orientali (Giuseppe Longo, «Le Scienze»). Lo scopo dell’opera di Capra è dimostrare come le moderne teorie fisiche, Relatività e fisica quantistica, coincidano per molti aspetti con la concezione tradizionale della realtà del misticismo orientale. Per farlo, l’autore ha diviso il testo in tre parti, precedute da un’introduzione: nella prime due indica rispettivamente i tratti essenziali della nuova fisica e delle religioni orientali, predisponendo così il lettore a comprendere fino in fondo la terza parte, dedicata alle analogie tra fisica e misticismo. Introduzione Secondo Capra la fisica e la religione hanno lo stesso scopo: scoprire la vera natura delle cose. Entrambe cioè cercano una via (Tao, secondo il linguaggio orientale) che conduca alla scoperta *

Relazione sul famoso best seller degli anni ’70 (F.CAPRA, Il Tao della fisica, Adelphi, Milano 1982 - prima edizione USA 1975) compiuta dallo studente Marco Valerio Del Buono, classe 4I° Scientifico Tecnologico, sotto la supervisione del prof. Pierluigi Gallo, docente di Filosofia e Storia c/o Liceo Vittoria Colonna di Roma, a.s. 2007 08


della realtà, delle parti che la costituiscono, delle leggi che la governano: la differenza sostanziale non risiede quindi nel loro fine ultimo, quanto piuttosto nel modo in cui esse lo inseguono. Infatti, mentre le religioni orientali si basano sull’intuizione, cioè la deduzione di una concezione del mondo derivata da ragionamenti mentali o esperienze mistiche (per esempio l’illuminazione del Buddha), la fisica si basa sull’osservazione, cioè la deduzione di una concezione del mondo derivata da leggi matematiche, dimostrate da esperimenti osservabili. La fisica, così come le religioni orientali, costruisce dei modelli che rappresentano la realtà, ma sia i fisici che i mistici sono consapevoli che questi modelli non sono altro che creazioni della mente umana, che, incapace di comprendere la complessità della realtà, costringe l’uomo a crearne delle approssimazioni. Con queste approssimazioni non si può fare a meno di cadere in paradossi, tipici della fisica quantistica come del misticismo (koan): l’esempio più significativo è la natura della luce, che può assumere caratteristiche sia di particella sia di onda. Questi paradossi non sono dovuti all’inesattezza delle teorie fisiche, quanto alla natura stessa della realtà, impossibile da comprendere, e in particolare all’inadeguatezza del linguaggio a spiegare certi fenomeni. Infatti, come sostenuto da diversi fisici, usando il linguaggio comune per spiegare gli aspetti della nuova fisica ci si trova in difficoltà, tanto che si dovrebbe disporre di un nuovo linguaggio. Per comprendere fino in fondo le nuove teorie fisiche e i loro effetti, ed il loro rapporto con le religioni orientali, è quindi necessario abbandonare le tradizionali concezioni della fisica, il normale modo di descrivere, capire e osservare la realtà: analizzare tutti gli argomenti trattati nel testo senza liberarsi da questi fardelli, così saldamente radicati nella nostra cultura, porterebbe infatti il lettore incontro a inspiegabili paradossi e ad una descrizione della realtà quasi schizofrenica.


Prima parte Dopo aver spiegato le regole del gioco, l’autore descrive brevemente la storia della fisica, partendo dalla cultura greca e in particolare dalla dottrina del divenire di Eraclito, definita dalla nota frase “tutto scorre”, opposta alla successiva dottrina dell’essere di Parmenide, concepito come immobile ed immutabile; dal tentativo di conciliare queste due dottrine è nato l’atomo di Democrito. In seguito Aristotele articolerà le leggi della natura, della logica, dell’astronomia che saranno alla base della cultura occidentale fino alla rivoluzione scientifica del ‘600, quando Galileo Galilei troverà coraggio, dimostrazioni e leggi matematiche per confutare lo Stagirita, provando in particolare il moto della Terra. Successivamente Cartesio ipotizzerà il dualismo fra mente e corpo, ponendo le basi della differenziazione tra la cultura “meccanicistica” occidentale (ferma su questo dualismo) e quella “organicistica” orientale (nella quale tutto è unito). Infine Isaac Newton fonderà la fisica basata sulla gravità, chiamata fisica classica: Newton definisce lo spazio come tridimensionale, immutabile e immobile, e il tempo come una grandezza a sé stante, indipendente dai corpi e dallo spazio stesso. Nel suo sistema la materia è costituita da particelle materiali, oltre le quali non esiste niente di più piccolo, e tutto l’universo è regolato dalla forza di gravità, che si esercita tra tutti i corpi e che dipende dalla massa e dalla distanza che li divide. Nonostante questa sia stata la fisica “ufficiale” per oltre due secoli, le nuove scoperte avvenute nel Novecento hanno messo in luce i numerosi limiti di questo modello fisico, limiti che si presentano se si trattano grandezze macroscopiche (come stelle, pianeti, galassie) o microscopiche (come atomi e particelle


subatomiche): per i primi la fisica classica viene sostituita dalla Relatività, per i secondi dalla fisica quantistica. La teoria della Relatività è stata completamente formulata da Albert Einstein nel primo ‘900: egli ipotizza un universo fondato su un “continuo quadridimensionale”, nel quale il tempo non è isolato dallo spazio, ma anzi si configura con questo formando un unico piano di quattro dimensioni, teatro di tutti i fenomeni fisici. La seconda relazione fondamentale della Relatività è l’analogia tra energia e massa, secondo la celebre formula E=mc2: nei fenomeni fisici, infatti, una parte di massa può trasformarsi in energia, scomparendo, e viceversa una parte di massa può essere creata dall’energia. Queste due analogie hanno completamente stravolto la fisica. Cambia inoltre il ruolo dell’osservatore: secondo la fisica classica i fenomeni sono indipendenti dall’osservatore, mentre invece la Relatività afferma che gli effetti e i risultati riscontrati dipendono inevitabilmente da esso. La seconda teoria della fisica moderna, la fisica quantistica, è il prodotto del lavoro di un gruppo di scienziati riuniti a Copenaghen, trai quali ricordiamo Niels Bohr e Werner Heisenberg: è proprio il “principio di indeterminazione” definito da quest’ultimo ad essere alla base del moderno modello di fisica atomica. Questo principio asserisce che è impossibile conoscere allo stesso momento la posizione e l’energia di una particella, come un elettrone: quando si tratta di mondo microscopico si deve quindi parlare di “probabilità”. Altro importante principio della fisica quantistica è che le unità subatomiche assumono sia caratteristiche di onda che di particella materiale: questo perché non sono particelle intese come mattoni costituenti la materia, ma pacchetti di energia (quanti) che si muovono e interagiscono tra loro. Inoltre anche nella fisica


quantistica l’osservatore ha un ruolo attivo: dopo che un evento viene osservato, infatti, l’universo non sarà mai più lo stesso. Seconda parte Dopo aver tracciato le linee fondamentali della nuova fisica, Capra descrive le principali religioni orientali: Induismo, Buddhismo, Confucianesimo, Taoismo e Zen. L’Induismo nasce e si sviluppa in India, ed è talmente differenziato per riti, sette, culti, cerimonie che è difficile delinearne le caratteristiche. L’insegnamento dell’Induismo si fonda sui Veda, una raccolta di scritture antiche atte a indicare la “giusta via”: l’ultima parte dei Veda è chiamata Upanishad e fornisce insegnamenti filosofico pratici. Il dio induista è chiamato Brahman, creatore del mondo che si identifica con la realtà stessa: tutti gli eventi sono quindi manifestazioni del Brahman, le cui principali manifestazioni sono Shiva, il dio danzatore, Vishnu, il conservatore dell’universo e Shakti, l’energia femminile. Dall’Induismo deriva il Buddhismo, così chiamato dall’appellativo dato al primo uomo a raggiungere l’illuminazione (nirvana), Siddharta Gotama detto il Buddha (l’Illuminato). La via per raggiungere il nirvana è dettata dalle quattro nobili verità: la prima afferma l’inevitabilità della sofferenza nella vita dell’uomo (dukkha); la seconda afferma che tale sofferenza è dovuta all’attaccamento a cose futili e passeggere (trsna); la terza afferma che liberarsi dalla sofferenza è possibile solo esercitando il distacco dalla trsna; la quarta afferma che l’effetto di tale liberazione è il nirvana. Alcuni monaci che hanno raggiunto l’illuminazione, infine, preferiscono restare sulla terra per insegnare ad altri la “via”: tali monaci sono detti Bodhisattva.


Il pensiero cinese, differenziato in Confucianesimo e Taoismo, si basa su sei testi classici di Confucio e due dei taoisti Lao tzu e Chuang tzu. La filosofia cinese è fondata sul dualismo tra yin e yang, che rappresentano i poli opposti della stessa medaglia: se le caratteristiche maschili sono proprie dello yang, quelle femminili sono proprie dello yin. Così avviene per tutti i fenomeni e i loro opposti: se un qualcosa è yang, il suo opposto è yin. Come infatti yang è yin formano lo stesso disegno, così gli opposti sono aspetti della stessa realtà. Lo zen, infine, si fonda sui dialoghi apparentemente assurdi di maestri, interrogati da allievi desiderosi di raggiungere l’illuminazione (satori): questa non si raggiunge con la meditazione o l’isolamento, bensì con la partecipazione attiva alla vita quotidiana. L’apparente assurdità dei dialoghi zen è dovuta al fatto che il linguaggio non riesce a esprimere i veri messaggi della dottrina, quindi si usano storie banali per costringere l’allievo a non lasciarsi ingannare dalle parole. Terza parte L’ultima parte dell’opera analizza le vere e proprie coincidenze tra fisica moderna e misticismo orientale. La prima e più importante coincidenza è l’unità di tutte le cose: questa idea, già radicata nella concezione mistica, diventa ora anche un tratto saliente della fisica. La realtà, infatti, non è formata da mattoni che la costituiscono e da energie che vengono liberate o assorbite, ma è costituita da un unico “continuo quadridimensionale” (comprendente dunque anche lo spazio tempo), nel quale avvengono interazioni tra pacchetti di energia: ovvero l’universo è un’unica entità, le cui le cui varie parti perturbano l’intero sistema e interagiscono tra loro.


Mentre nella fisica classica, quindi, l’universo era concepito come diviso in parti diverse, le quali esercitavano forze individualmente, ora la visione dell’universo è più vicina a quella del mondo orientale, in cui vi è un unica realtà, le cui parti sono strettamente collegate tra loro e tutte in relazione: inoltre questo universo è straordinariamente dinamico, in quanto processi e interazioni, che ne mutano in un certo modo la natura, avvengo senza sosta. La stessa teoria del big bang, ovvero dell’esplosione primordiale che ha causato la formazione dell’universo, mostra come esso abbia continuato a espandersi fino a oggi e sia destinato a continuare in questa espansione, fino ad arrivare a un punto limite, dal quale partirà la sua contrazione: anche il concetto di “universo dinamico” è presente nel misticismo orientale. Conseguenza di questa unità di tutte le cose è la coincidenza degli opposti, anch’essa presente nel misticismo orientale. Secondo la teoria della Relatività, energia e massa, due concetti che sembrano opposti, coincidono secondo la formula E=mc2; inoltre anche tempo e spazio sono uniti a formare un unico “continuo quadridimensionale”. Nella fisica quantistica, invece, i concetti di onda e particella sono fusi, a formare l’unico concetto di quanto: inoltre, a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, non è possibile stabilire se in un determinato momento in un determinato punto sia presente o no un elettrone, ma visto che c’è una probabilità che sia così, dobbiamo dire che in quel punto l’elettrone esiste e non esiste allo stesso tempo! Un’ulteriore dimostrazione di come molte idee del misticismo orientale coincidano con quelle della fisica è data dal fatto che lo stesso Niels Bohr, uno dei padri della fisica quantistica, ha inserito nel proprio stemma il disegno di yin e yang, la rappresentazione per eccellenza della coincidenza degli opposti, accanto alla frase emblematica: “contraria sunt complementa”.


Una delle scoperte più straordinarie della nuova fisica è il rinnovato concetto di spazio tempo, con tutte le conseguenze che ne derivano. Il tempo infatti non è una grandezza indipendente che scorre continua al di fuori dello spazio, ma è una misura come le altre all’interno della realtà: è anch’essa quindi relativa all’osservatore. Il famoso “paradosso dei gemelli” dimostra come il tempo possa scorrere più o meno velocemente relativamente a osservatori diversi: se infatti, prendendo due gemelli, se ne mandasse uno in viaggio nello spazio a velocità prossime alla luce e si lasciasse l’altro sulla terra, dopo qualche anno il primo gemello apparirebbe più giovane del secondo, cioè il “suo” tempo sarebbe trascorso più lentamente. Un altro effetto dello spazio tempo è riferito alla fisica delle particelle. I cosiddetti diagrammi di Feynman rappresentano il moto delle particelle nello spazio (asse Y) e nel tempo (asse X), indicandolo con una freccia: una particella può dunque viaggiare in qualsiasi direzione dello spazio, ma solo in avanti nel tempo. Ogni particella ha però un’antiparticella, di carica opposta e uguale massa: nei diagrammi di Feynman, l’antiparticella di una particella si indica cambiando il verso della freccia. Si immagini dunque un diagramma, che descriva il moto di un elettrone nello spazio tempo: la freccia sarà inclinata per esempio verso l’alto e verso destra. Il moto dell’antiparticella (positrone) può dunque essere indicato come il moto dell’elettrone col verso opposto, ma così risulta chiaro che l’elettrone ha viaggiato indietro nel tempo! Quindi nelle interazioni tra particelle nello spazio tempo, il concetto di causalità perde significato: un evento determinato dal moto di una particella può essere infatti causa di un evento avvenuto prima nel tempo, se la particella in questione ha viaggiato indietro nel tempo (per esempio, una particella può assorbire un fotone particella della luce emesso da un’altra particella in un momento successivo nel tempo).


Un altro concetto destinato a cambiare è quello del vuoto. Nella fisica classica tutti i movimenti sono definiti come se avvenissero nel vuoto, cioè in uno spazio senza materia: la fisica moderna invece, come il misticismo orientale, dimostra che il vuoto non esiste, ovvero che ovunque c’è materia. Nella Relatività i corpi non si muovono nel vuoto, bensì nello spazio tempo, creando dei campi che deformano lo spazio tempo stesso; nella fisica quantistica, inoltre, ogni particella durante il suo moto crea delle particelle “virtuali”, chiamate così perché vivono talmente poco da non poter essere osservate e da non poter allontanarsi dalla particella d’origine. Queste particelle virtuali creano quindi una sorta di “nube” attorno alla particella, causando così pacchetti di energia sempre maggiori e interazioni più frequenti (o meglio interazioni continue). Analogamente alla nuova fisica, anche il misticismo orientale ripudia l’idea del vuoto, e di conseguenza anche l’idea del non essere. Man mano che sono state scoperte tutte le particelle e le loro caratteristiche (oggi se ne conoscono 240), si è cominciato a dividerle in famiglie, e dividerle per tipo di interazioni. Esistono quindi quattro tipi di interazioni: forti (come quelle del nucleo dell’atomo), deboli (responsabili del decadimento beta), elettromagnetiche (che interessano particelle cariche elettricamente) e gravitazionali (derivate dalla forza di gravità). Tutte le particelle sono soggette a continui mutamenti e trasformazioni, per cui dall’interazione tra due o più particelle se ne possono formare nuove, scambiando energia e massa: si parla perciò di “danza cosmica”, ovvero della continua trasformazione delle particelle dell’universo. Quello della danza cosmica è d’altra parte un concetto fondamentale della religione orientale, in particolare induista, dove il dio Shiva viene raffigurato come impegnato in una danza senza fine, in modo da conciliare l’eterno alternarsi tra distruzione e creazione dell’universo.


Il mutamento dell’universo è rappresentato in modo diverso, ma non troppo, da fisici e mistici: i primi usano un moderno modello, la matrice S, che descrive gli eventi e le interazioni tra la particelle, in particolare gli adroni (particelle che subiscono e provocano interazioni forti), mentre i secondi utilizzano l’I King, o Libro dei Mutamenti. Questi ultimi sono rappresentazioni delle combinazioni tra lo yin, una linea orizzontale spezzata, e lo yang, una linea intera: ponendo una sull’altra sei linee yin o yang, si hanno sessantaquattro combinazioni diverse che indicano diversi aspetti della realtà, come il corso delle stagioni, le caratteristiche di una persona, ecc., utilizzate a scopo divinatorio. La fisica moderna presenta infine, attualmente, due grandi sfide: la prima è dimostrare l’esistenza dei quark, la seconda trovare una teoria che concili Relatività e fisica quantistica. I quark sono stati teorizzati quando si è reso inevitabile ipotizzare che nemmeno gli adroni sono i costituenti più piccoli del tutto, ma sono anch’essi formati da qualcosa: da un punto di vista matematico, infatti, le caratteristiche del quark sono idonee al caso, ma i quark non sono mai stati osservati, e inevitabilmente la loro esistenza è stata messa in dubbio. La necessità di dimostrare l’esistenza dei quark è stata superata dalla “teoria del bootstrap”, la più valida teoria quantistico relativa finora esistente: secondo questa teoria la realtà si struttura secondo leggi insite in se stessa, dal macrocosmo al microcosmo. Un adrone infatti è formato da tutte le possibili interazioni che possono produrre quell’adrone, e siccome ogni particella può costituire tutte le altre con interazione diverse, ogni adrone è formato da tutti gli adroni e ogni adrone forma tutti gli altri adroni: questo concetto è chiamato “compenetrazione”, ovvero “il tutto in ogni cosa e ogni cosa nel tutto”. Il bootstrap riprende completamente la visione del mondo orientale, tanto che il concetto di compenetrazione è chiaramente descritto in una storia indiana, dove si parla della “rete di Indra”,


una rete di perle all’interno della quale, guardando una singola perla, si vedono riflesse tutte le altre (un concetto, peraltro, molto affine all’idea di monade di Leibniz). Il testo si conclude con l’auspicio dell’autore affinché il perfezionamento della teoria del bootstrap e dei mezzi tecnici porti in futuro l’uomo ad una consapevolezza sempre maggiore della realtà, fino a un punto oltre il quale, un po’ per i limiti della mente umana, un po’ per la natura stessa dell’universo, non si potrà probabilmente mai giungere. Marco Valerio Del Buono, Classe 4I Liceo Scientifico Tecnologico, Liceo Vittoria Colonna, Roma, a.s. 2007 08


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