Appunti Matematici 55 - 56 - 57

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Patrizio Gravano

APPUNTI MATEMATICI

UNA PRIMA SINTESI numeri 55 / 56 / 57 - luglio / agosto / settembre 2019



Introduzione

Anche dal titolo ho deciso di inviare un segnale preciso al potenziale lettore.

Questa sintesi non e’ un trattato dedicato alla relativita’ ristretta di Einstein, quanto piuttosto una modesta, ma spero non inutile, sintesi della complessa teoria avviata da alcuni fisici della fine dell’Ottocento e culminata con il celeberrimo

testo

del

grande

fisico

tedesco

del

1905,

dal

titolo

“L’elettrodinamica dei corpi in movimento” , sintesi e punto di approdo di riflessioni precedenti.

Il testo di Einstein e’ tra quelli consultati per l’elaborazione delle presenti note.

Certo, si e’, per certi aspetti, trattato di una sfida individuale, ma divulgo il presente breve elaborato con la speranza che possa essere comunque utile, ribadendo che non si tratta di un testo esaustivo ma di una prima bozza, spero non disorganica o banale.

Roma, giugno 2019

Patrizio Gravano


La teoria della relativita’ ristretta Una prima sintesi


La relativita’ galileiana Il principio di relativita’ classica Un utile punto di partenza per lo studio della teoria della relativita’ e’ sicuramente rappresentato dalle leggi della fisica classica e dal principio di relativita’ classica dovuto a Galilei. E’ cioe’ essenziale partire dalla invarianza galileiana, da nozioni basiche ma fondamentali, quali quelle rappresentate dai cosiddetti sistemi di riferimento inerziali e dalle cosiddette trasformazioni galileiane delle velocita’. E’ bene ricordare in prima battuta le leggi del moto dovute a Galilei e a Newton. La prima legge della meccanica classica e’ la legge di inerzia per la quale un corpo in quiete o in moto rettilineo e uniforme mantiene nel tempo la sua condizione (di quiete o di moto rettilineo e uniforme) se esso non e’ soggetto a forze esterne oppure nel caso che le forze su di esso agenti sono in equilibrio, cioe’ se la risultante di esse e’ ∑ đ?‘­đ?’Š = 0. Lo scopritore di questa legge e’ stato Galilei. L’enunciato di essa e’ solo apparentemente immediato e scontato. Tale enunciato presuppone, infatti, alcune precisazioni. La nozione di quiete e quella di moto rettilineo e uniforme presuppongono infatti che si possa parlare di condizione di quiete e


di moto rettilineo e uniforme di un corpo rispetto ad un dato osservatore. L’osservatore e’ idealizzato da un sistema di riferimento cartesiano ortogonale destro di origine O e solitamente indicato con Oxyz. Le lettere x, y, e z indicano, rispettivamente, l’asse delle x, l’asse delle y e l’asse delle z. Lo spazio considerato e’ quello euclideo e isotropo. Nell’astrazione che un oggetto fisico sia equiparabile ad un punto dello spazio e’ possibile affermare che ad ogni corpo e’ possibile associare univocamente un punto dello spazio. Cio’ quando ci si riferisce ad un sistema di riferimento. Rispetto ad un osservatore Oxyz un corpo e’ in quiete se la sua posizione non varia nel tempo. Se il punto P si trova nel punto di coordinate (a,b,c) la condizione di đ?‘Ž(đ?‘Ą) = đ?‘˜1 quiete e’ che {đ?‘?(đ?‘Ą) = đ?‘˜2 dove đ?‘˜đ?‘– đ?‘– = 1,2,3 sono tre costanti. đ?‘?(đ?‘Ą) = đ?‘˜3 Secondo l’usuale modo di intendere la questione la condizione di quiete di P rispetto ad O si scrive con la notazione vettoriale, cioe’ usando il vettore di posizione, nel modo seguente OP(t)= đ?’„đ?’?đ?’”đ?’•. E’ intuitivo comprendere che la nozione di quiete e’ comunque una condizione relativa nel senso che il medesimo corpo in quiete rispetto


al riferimento Oxyz potrebbe non esserlo rispetto ad un distinto riferimento O’x’y’z’. Cio’ accade quando il riferimento O’x’y’z’ e’ in moto relativo rispetto ad Oxyz. Anche la misura di una velocita’, intesa ordinariamente come il rapporto

đ?‘ đ?‘?đ?‘Žđ?‘§đ?‘–đ?‘œ đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘ đ?‘œ đ?‘Ąđ?‘’đ?‘šđ?‘?đ?‘œ đ?‘–đ?‘šđ?‘?đ?‘–đ?‘’đ?‘”đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œ

, e’ suscettibile di essere intesa in senso

relativo, non in termini assoluti. Rispetto al sistema Oxyz un corpo, come P considerato piu’ sopra, in quiete si afferma che la sua velocita’ vale 0. Nel considerare le formule di Galilei della composizione delle velocita’ si avra’ modo di evidenziare il carattere sostanzialmente relativo della nozione di velocita’, nel senso piu’ sopra specificato. Si puo’ affermare che un corpo P in moto nello spazio si muove, rispetto al riferimento Oxyz, di moto rettilineo e uniforme se l’osservatore solidale con il sistema di riferimento Oxyz

puo’

affermare che • il corpo P descrive una traiettoria rettilinea • la velocita’ scalare istantanea e’ costante nel tempo. In altri termini • i punti P e đ?‘ƒđ?‘Ą con t> 0 devono garantire la condizione vettoriale Pđ?‘ˇđ?’• = đ?‘Ąđ?’— •

lim

∆đ?‘ˇ

∆đ?‘Ąâ†’0 ∆đ?‘Ą

= đ?’„đ?’?đ?’”đ?’•


La relazione vettoriale đ?‘ˇđ?‘ˇđ?’• = đ?‘Ąđ?’— esprime la condizione di appartenenza dei punti đ?‘ˇđ?’• alla retta passante per P ed avente la direzione del vettore đ?’— detto vettore direttore, le cui componenti sono detti parametri direttori della retta, dati a meno di un fattore di proporzionalita’. Il parametro t assume ogni possibile valore nell’aperto (−∞ , +∞) . Essa e’ detta equazione vettoriale della retta. Si pone P≥ (đ?‘Ľ0 , đ?‘Ś0 , đ?‘§0 ) e đ?‘ƒđ?‘Ą ≥ (đ?‘Ľđ?‘Ą , đ?‘Śđ?‘Ą , đ?‘§đ?‘Ą ) e si considera il vettore đ?’— ≥ (đ?‘Ž, đ?‘?, đ?‘?). Il primo membro puo’ essere reso con la notazione di Grassmann scrivendo che Pđ?‘ˇđ?’• = đ?‘ˇđ?’• − đ?‘ˇ che, con riferimento al secondo membro, puo’ đ?‘Ľđ?‘Ą − đ?‘Ľ essere scomposta nelle tre componenti scalari {đ?‘Śđ?‘Ą − đ?‘Ś . đ?‘§đ?‘Ą − đ?‘§ Il secondo membro dell’equazione vettoriale della retta viene posto nella đ?‘Ž forma đ?‘Ąđ?’— = (đ?‘? ) . đ?‘? đ?‘Ľđ?‘Ą − đ?‘Ľ = đ?‘Ąđ?‘Ž Pertanto, si puo’ scrivere che {đ?‘Śđ?‘Ą − đ?‘Ś = đ?‘Ąđ?‘? che definiscono le cosiddette đ?‘§đ?‘Ą − đ?‘§ = đ?‘Ąđ?‘? equazioni parametriche della retta. Dalle tre equazioni parametriche della retta si puo’ esplicitare il valore variabile t ottenendo la seguente relazione đ?‘Ľđ?‘Ą −đ?‘Ľ đ?‘Ž

=

đ?‘Śđ?‘Ą −đ?‘Ś đ?‘?

=

đ?‘§đ?‘Ą −đ?‘§ đ?‘?


Nel moto rettilineo e uniforme nello spazio il vettore �, detto velocita’ vettoriale, sono verificate due condizioni • la velocita’ vettoriale e’ costante nel tempo nel senso che la velocita’ non muta direzione (quella della retta data) ne’ muta il verso • il modulo della velocita’ vettoriale, detto velocita’ scalare, e’ costante nel tempo (che conduce alla eguaglianza tra la velocita’ media e la velocita’ istantanea). Sia � la velocita’ vettoriale. Tale velocita’ e’ scomponibile nelle tre velocita’ scalari misurate rispetto alle tre direzioni, essendo � = (�� , �� , �� ) . Il modulo della velocita’ vettoriale, detto velocita’ scalare, misurato in

đ?‘š đ?‘ đ?‘’đ?‘?

e’ |đ?’—| = √(đ?‘Łđ?‘Ľ )2 + (đ?‘Łđ?‘Ś )2 + (đ?‘Łđ?‘§ )2 . Si ritornera’ piu’ oltre a fare considerazioni sui sistemi di riferimento inerziali. E’ ora utile considerare la seconda legge della meccanica classica di Newton, compendiata dalla relazione vettoriale đ?‘­ = đ?‘šđ?’‚ . Tale relazione e’ nota come seconda legge della dinamica. Essa afferma che se viene impressa una forza F ad un corpo di massa m viene misurata una accelerazione đ?’‚. Le due grandezze vettoriali hanno lo stesso verso e la stessa direzione.


La forza đ?‘­ deve essere intesa come la risultante delle forze applicate al corpo di massa m. Tale legge decade nella prima legge della meccanica di Newton quando sia F= đ?&#x;Ž cui corrisponde a = đ?&#x;Ž . Nella fisica classica si ammette che la massa inerziale di un corpo sia una caratteristica tipica del corpo non dipendente dalle condizioni di moto relativo del corpo medesimo. In termini vettoriali l’accelerazione puo’ utilmente essere intesa come la variazione del vettore velocita’ nel tempo

∆đ?’— ∆đ?‘Ą

. Si osservi che puo’ essere

∆đ?’— ≠đ?&#x;Ž anche quando |∆đ?’—| = 0 come ben evidenzia la figura seguente đ?’—đ?&#x;? − đ?’—đ?&#x;? đ?’—đ?&#x;? đ?’—đ?&#x;? quando anche si supponga |đ?’—đ?&#x;? | = |đ?’—đ?&#x;? | si evidenzia che đ?’—đ?&#x;? − đ?’—đ?&#x;? ≠đ?&#x;Ž e quindi đ?’‚ =

đ?’—đ?&#x;? −đ?’—đ?&#x;? ∆t

. In questo caso l’accelerazione vettoriale non vale 0 e il

moto non puo’ essere uniforme. L’accelerazione vettoriale istantanea e’ � =

đ?’…đ?’— đ?‘‘đ?‘Ą

.

E’ ben evidente che e’ utile riferirsi all’accelerazione scalare. Essa e’ usualmente intesa come la derivata prima della funzione velocita’ nel dominio del tempo. Una formula conveniente potrebbe essere la seguente �

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?‘Ą

|đ?’‚| = √( đ?‘Łđ?‘Ľ )2 + ( đ?‘Łđ?‘Ś )2 + ( đ?‘Łđ?‘§ )2


Da tale formula si evince chiaramente che |đ?’‚| = 0 quando risulta che le tre

componenti

della

velocita’

sono

costanti

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘‘đ?‘Ą

nel

tempo

e

conseguentemente si ha ( �� )2 = ( �� )2 = ( �� )2 = 0 . In altri termini, affiche’ si abbia un moto rettilineo e uniforme dello spazio e’ sufficiente che le velocita’ delle proiezioni del corpo in moto sulle tre direzioni a due a due ortogonali siano costanti ma non necessariamente eguali tra loro. Nel S.I. di misure l’accelerazione, espressione della variazione della velocita’ nell’unita’ di tempo, e’ misurata in

đ?‘š đ?‘ đ?‘’đ?‘? 2

.

In termini cinematici la posizione di un corpo nello spazio, definita nel dominio del tempo, e’ data dalla seguente relazione vettoriale đ?‘ˇ(đ?’•) = đ?‘Ľ(đ?‘Ą)đ?’Š + đ?‘Ś(đ?‘Ą)đ?’‹ + đ?‘§(đ?‘Ą)đ?’Œ La velocita’ puo’ essere intesa come la derivata della posizione, avendo đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

�(�) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘Ľ(đ?‘Ą)đ?’Š +

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘Ś(đ?‘Ą)đ?’‹ +

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘§(đ?‘Ą)đ?’Œ

Usando una notazione dovuta a Sir Isaac Newton si scrive ̇ = đ?‘Ľ(đ?‘Ą)đ?’Š ̇ + đ?‘Ś(đ?‘Ą) ̇ đ?’‹ + đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą)đ?’Œ đ?‘ˇ(đ?‘Ą) Derivando ulteriormente rispetto al tempo si ottiene l’accelerazione vettoriale đ?’—=

�̇ ��

�(�) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

̇ + �̇ (�)�

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

̇ �(�)� +

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą)đ?’Œ


che, sempre con una notazione (doppi puntini) dovuta a Sir Isaac Newton diviene a = đ?‘ƒĚˆ(t) = đ?‘ĽĚˆ (đ?‘Ą)đ?’Š + đ?‘ŚĚˆ (đ?‘Ą)đ?’‹ + đ?‘§Ěˆ (đ?‘Ą)đ?’Œ Il modulo di v esprime la velocita’ scalare che vale |v(t)| = √(đ?‘ĽĚ‡ (đ?‘Ą))2 + (đ?‘ŚĚ‡ (đ?‘Ą))2 + (đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą))2 che risulta costante se risultano costanti le tre componenti lungo le direzioni degli assi x, y, e z. Un corpo e’ in quiete rispetto ad un dato riferimento Oxyz se un osservatore solidale con esso puo’ affermare che (đ?‘ĽĚ‡ (đ?‘Ą))2 = (đ?‘ŚĚ‡ (đ?‘Ą))2 = (đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą))2 = 0 cioe’ se đ?‘ĽĚ‡ (đ?‘Ą) = đ?‘ŚĚ‡ (đ?‘Ą) = đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą) = 0 . Solitamente ci si riferisce ad un sistema inerziale detto “delle stelle fisseâ€?, talmente lontane dalla Terra da apparire appunto “fisseâ€?. Si puo’ quindi considerare un sistema di riferimento cartesiano ortogonale destro che sia parimenti fisso rispetto alle stelle fisse, quindi dotato di una velocita’ vettoriale nulla rispetto al sistema “delle stelle fisseâ€?. Sia tale sistema di riferimento denotato con Oxyz. Un osservatore solidale con il sistema Oxyz individua un corpo puntiforme nello spazio euclideo in modo univoco associando ad esso una terna ordinata di numeri reali (đ?‘Ľ0 , đ?‘Ś0 , đ?‘§0 ) . Il punto (0, 0, 0) e’ l’origine del riferimento che si considera.


đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľ0 Se il corpo M e’ in quiete allora risulta che {đ?‘Ś(đ?‘Ą) = đ?‘Ś0 ∀đ?‘Ą ∈ đ?‘‡ ⊆ đ?‘…+ đ?‘§(đ?‘Ą) = đ?‘§0 Come si vedra’ la nozione di quiete e’ un concetto relativo. In ogni caso possiamo dire che un corpo M e’ in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse se e’ in quiete rispetto ad un sistema (ove sia plausibile si trovi un osservatore ad esso solidale) in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse. Un corpo M e’ in moto (e’ in movimento) rispetto al sistema Oxyz, in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse, se almeno una delle condizioni đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľ0 {đ?‘Ś(đ?‘Ą) = đ?‘Ś0 ∀đ?‘Ą ∈ đ?‘‡ ⊆ đ?‘…+ non risulta verificata. đ?‘§(đ?‘Ą) = đ?‘§0 La condizione di quiete relativa e’ immediatamente scrivibile con la seguente terna di relazioni đ?‘ĽĚ‡ (đ?‘Ą) = 0 {đ?‘ŚĚ‡ (đ?‘Ą) = 0 che implica banalmente đ?’— = đ?&#x;Ž . đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą) = 0 In questo caso si ha P(t)= đ?’„đ?’?đ?’”đ?’•. P(t) e’ il vettore posizione, costante nel tempo. đ?‘ĽĚ‡ (đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘Ľ Nel moto rettilineo e uniforme risulta {đ?‘ŚĚ‡ (đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘Ś essendo i secondi đ?‘§Ě‡ (đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘§ membri tre costanti nel dominio del tempo.


In questo caso, in notazione vettoriale, si scrive đ?’— = (đ?‘Łđ?‘Ľ , đ?‘Łđ?‘Ś , đ?‘Łđ?‘§ ) . Una notazione vettoriale equivalente e’ đ?’— = đ?‘Łđ?‘Ľ đ?’Š + đ?‘Łđ?‘Ś đ?’‹ + đ?‘Łđ?‘§ đ?’Œ . E’ possibile rimuovere la condizione del moto rettilineo e uniforme e considerare il caso in cui sia, rispetto al gia’ introdotto riferimento Oxyz, un moto qualunque. In questo caso si puo’ scrivere đ?’— = (đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą), đ?‘Łđ?‘Ś (đ?‘Ą), đ?‘Łđ?‘§ (đ?‘Ą)) ed anche đ?’—(đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą)đ?’Š + đ?‘Łđ?‘Ś (đ?‘Ą)đ?’‹ + đ?‘Łđ?‘§ (đ?‘Ą)đ?’Œ onde enfatizzare la dipendenza delle componenti della velocita’ rispetto al tempo, in condizioni, quindi, di non costanza. Relativamente ad un corpo in moto rispetto ad un dato osservatore Oxyz diviene di fondamentale importanza la nozione di condizione iniziale. Da đ?‘ˇ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľ(đ?‘Ą)đ?’Š + đ?‘Ś(đ?‘Ą)đ?’‹ + đ?‘§(đ?‘Ą)đ?’Œ si considera l’istante đ?‘Ą = 0 considerando quindi đ?‘ˇ(0) = đ?‘Ľ(0)đ?’Š + đ?‘Ś(0)đ?’‹ + đ?‘§(0)đ?’Œ che esprime la posizione del corpo M nello spazio nell’istante đ?‘Ą = 0. Tale relazione esprime la cosiddetta condizione iniziale. Si osservi che non necessariamente la condizione iniziale coincide con la terna (0, 0, 0) cioe’ non necessariamente il corpo M al tempo đ?‘Ą = 0 si trova nell’origine del riferimento cartesiano ortogonale destro prescelto.


�(0) = �0 La condizione iniziale puo’ essere formalizzata come segue {�(0) = �0 . �(0) = �0 Il punto (�0 , �0 , �0 ) indica la posizione del corpo puntiforme al tempo � = 0. Da un punto di vista relativistico e’ utile partire dal caso che un corpo si muova con una velocita’ � rispetto ad un sistema di riferimento inerziale in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse. Al corpo in moto con velocita’ vettoriale � rispetto ad un sistema di riferimento inerziale in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse e’ associabile un sistema denotato con O’x’y’z’.

Le leggi fondamentali della fisica classica – una breve sintesi Il secondo principio della dinamica La seconda legge della dinamica di Newton viene scritta in forma vettoriale con � = �� . I vettori F e a hanno la stessa direzione e lo stesso verso sono, quindi, linearmente dipendenti. La grandezza m e’ detta massa inerziale del corpo. L’applicazione di una forza F ad un corpo di massa m induce una accelerazione del corpo stesso data dalla equazione della dinamica � = � �

=

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?’—.

L’equazione � = �� puo’ essere riscritta nella modalita’ seguente


đ??šđ?‘Ľ đ?‘Žđ?‘Ľ (đ??šđ?‘Ś ) = đ?‘š (đ?‘Žđ?‘Ś ) đ?‘Žđ?‘§ đ??šđ?‘§ Il secondo principio della dinamica e’ immediatamente riconducibile al principio di inerzia quando si ponga đ?‘­ = đ?&#x;Ž . In questo caso si ha đ?’‚ = đ?&#x;Ž. Conseguentemente il corpo resta in quiete se era in quiete o si continuera’ a muovere di moto rettilineo e uniforme se gia’ animato da tale moto. Alla relazione vettoriale đ?‘­ = đ?‘šđ?’‚ corrisponde la relazione scalare |đ?‘­| = đ?‘š|đ?’‚| . Se la massa inerziale viene misurata in đ?‘˜đ?‘”đ?‘š (chilogrammo massa) e l’accelerazione e’ misurata in m∙ đ?‘ đ?‘’đ?‘? −2 la forza e’ misurata con una unita’ misura dedicata a Sir Isaac Newton detta, appunto, newton, solitamente indicato con la lettera N. Come gia’ detto i vettori F e a sono linearmente dipendenti e dalla đ??šđ?‘Ľ đ?‘Žđ?‘Ľ đ??šđ?‘Ľ = đ?‘šđ?‘Žđ?‘Ľ (đ??šđ?‘Ś ) = đ?‘š (đ?‘Žđ?‘Ś ) si puo’ affermare che đ?‘­ = đ?‘šđ?’‚ ⇔ {đ??šđ?‘Ś = đ?‘šđ?‘Žđ?‘Ś . đ?‘Žđ?‘§ đ??šđ?‘§ đ??šđ?‘§ = đ?‘šđ?‘Žđ?‘§ In ogni caso F = (đ??šđ?‘Ľ , đ??šđ?‘Ś , đ??šđ?‘§ ) = đ??šđ?‘Ľ đ?’Š + đ??šđ?‘Ś đ?’‹ + đ??šđ?‘§ đ?’Œ . đ?‘­đ?’™ = đ??šđ?‘Ľ đ?’Š E’ poi di tutta evidenza che { đ?‘­đ?’š = đ??šđ?‘Ś đ?’‹ . đ?‘­đ?’› = đ??šđ?‘§ đ?’Œ


Il principio di azione e reazione Tale principio costituisce il terzo fondamentale principio della dinamica. L’enunciato del principio presuppone l’esistenza di due corpi massivi (di due distinte masse inerziali) che interagiscono e che possono essere considerato un unico sistema fisico. I due corpi sono indicati con i numeri 1 e 2 . Il principio di azione e reazione viene scritto in forma vettoriale con đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? = −đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? o, equivalentemente, đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? + đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? = đ?&#x;Ž . In tali relazioni i deponenti 1 e 2 sono riferiti ai due corpi distinti. Tale fondamentale principio viene enunciato affermando che se un corpo 1 esercita sul corpo 2 una certa forza allora il corpo 2 esercita sul corpo 1 una forza eguale e contraria (eguale in modulo e avente verso opposto alla forza esercitata dal corpo 1 sul corpo 2). In altri termini risulta che |đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? | = |đ?‘­đ?&#x;?,đ?&#x;? | . Le due forze hanno la medesima direzione.

Tale legge presuppone che la reazione sia “istantanea� cioe’ che la forza del corpo 1 sul corpo 2 venga “sentita� dal corpo 2 immediatamente. Al riguardo sono state formulate interessanti osservazioni e sono stati precisati i limiti di validita’ di tale teoria specie in campo atomico (Kittel, Knight, Ruderman) . Nelle sperimentazioni fisiche ordinarie si ammette la condizione di istantaneita’.


La quantita’ di moto e la sua conservazione (fisica classica) Negli sviluppi elementari della fisica classica la terza legge della dinamica viene resa utilizzando una importante grandezza fisica, la quantita’ di moto, detta anche momento lineare. Se un corpo ha massa inerziale m e si muove rispetto ad un osservatore solidale con il sistema di riferimento Oxyz, fisso rispetto alle stelle fisse, con una velocita’ vettoriale đ?’— , si puo’ dire che ad esso e’ associata una quantita’ di moto đ?‘šđ?’— . Il momento lineare e’ solitamente indicato con la lettera đ?’‘ e si scrive đ?’‘ = đ?‘šđ?’— . Anche la quantita’ di moto lineare puo’ essere riferita alle tre componenti scrivendo đ?‘?đ?‘Ľ = đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ľ đ?’‘ = đ?‘šđ?’— ⇔ {đ?‘?đ?‘Ś = đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ś đ?‘?đ?‘§ = đ?‘šđ?‘Łđ?‘§ đ?’‘ = (đ?‘?đ?‘Ľ , đ?‘?đ?‘Ś , đ?‘?đ?‘§ ) e đ?’— = (đ?‘?đ?‘Ľ , đ?‘?đ?‘Ś , đ?‘?đ?‘§ ) . Sono immediate le seguenti osservazioni sul modulo della quantita’ di moto | đ?’‘ | = √(đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ľ )2 + (đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ś )2 + (đ?‘šđ?‘Łđ?‘§ )2 = đ?‘šâˆš(đ?‘Łđ?‘Ľ )2 + (đ?‘Łđ?‘Ś )2 + (đ?‘Łđ?‘§ )2 = đ?‘š|đ?’—| . Si osservi che đ?’‘ = đ?‘šđ?’— ⇒ |đ?’‘| = đ?‘š|đ?’— | ma che |đ?’‘| = đ?‘š|đ?’— | non conduce univocamente a đ?’‘ = đ?‘šđ?’— . La seconda legge della dinamica puo’ essere riscritta come segue đ?‘­ = đ?‘šđ?’‚ = đ?‘š

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?’— da cui si ricava đ?‘­đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘šđ?‘‘đ?’—


Rispetto alle componenti scalari si puo’ scrivere đ??šđ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘šđ?‘‘đ?‘Łđ?‘Ľ đ??šđ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘šđ?‘‘đ?‘Łđ?‘Ś đ??šđ?‘§ đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘šđ?‘‘đ?‘Łđ?‘§ Si ammetta che sia đ??š costante nel tempo (valendo cio’ per le componenti).

Con riferimento alla componente rispetto all’asse delle x si ha �

đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą) đ?‘šđ?‘‘đ?‘Łđ?‘Ľ đ?‘Ľ (0)

âˆŤ0 đ??šđ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ą = âˆŤđ?‘Ł ed anche đ?‘Ą

đ?‘Ł (đ?‘Ą)

đ??šđ?‘Ľ âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘š âˆŤđ?‘Ł đ?‘Ľ(0) đ?‘‘đ?‘Łđ?‘Ľ đ?‘Ľ

da cui si ricava đ??šđ?‘Ľ đ?‘Ą = đ?‘š(đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ľ (0)) In tale relazione đ?‘Łđ?‘Ľ (0) e’ la condizione iniziale – cioe’ la velocita’ scalare istantanea al tempo t = 0 – riferita all’asse delle x. Relativamente agli assi y e z si ottengono le seguenti relazioni đ??šđ?‘Ś đ?‘Ą = đ?‘š(đ?‘Łđ?‘Ś (đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ś (0)) đ??šđ?‘§ đ?‘Ą = đ?‘š(đ?‘Łđ?‘§ (đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘§ (0))

Da tali relazioni si ricava la seguente in forma vettoriale


đ?‘­đ?‘Ą = đ?‘š(đ?’—(đ?‘Ą) − đ?’—(0)) La grandezza vettoriale indicata a primo membro viene comunemente chiamata impulso.

Dalla relazione đ??šđ?‘Ľ đ?‘Ą = đ?‘š(đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ľ (0)) e’ possibile ricavare la componente scalare istantanea della velocita’, cioe’ đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą), risultando đ?‘Łđ?‘Ľ (đ?‘Ą) =

đ??šđ?‘Ľ đ?‘Ą+đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ľ (0) đ?‘š

=

đ??šđ?‘Ľ đ?‘Ą

+ đ?‘Łđ?‘Ľ (0) .

đ?‘š

Analoghe relazioni di eguaglianza si ottengono con riferimento alle direzioni y e z potendo scrivere che �� (�) = �� (�) =

đ??šđ?‘Ś đ?‘Ą+đ?‘šđ?‘Łđ?‘Ś (0) đ?‘š đ??šđ?‘§ đ?‘Ą+đ?‘šđ?‘Łđ?‘§ (0) đ?‘š

= =

đ??šđ?‘Ś đ?‘Ą đ?‘š đ??šđ?‘§ đ?‘Ą đ?‘š

+ đ?‘Łđ?‘Ś (0)

+ �� (0)

Sono cioe’ state ricavate le tre componenti del vettore velocita’ istantanea al tempo t > 0 . Tale vettore viene cosi’ formalizzato �(�) = (

đ??šđ?‘Ľ đ?‘Ą đ?‘š

+ đ?‘Łđ?‘Ľ (0),

đ??šđ?‘Ś đ?‘Ą đ?‘š

+ đ?‘Łđ?‘Ś (0),

đ??šđ?‘§ đ?‘Ą đ?‘š

+ �� (0) )

Non e’ neppure intuitivamente difficile immaginare il vettore considerato, definito come velocita’ vettoriale istantanea, come la somma di due vettori, come la rappresentazione in termini di terna ordinata sugggerisce icto oculi. E’ ammesso il passaggio inverso a quanto solitamente si fa abbastanza meccanicamente con la somma vettoriale.

Si puo’ in definitiva ammettere che


đ?’—(đ?‘Ą) = đ?’—đ?’†đ?’™đ?’• (đ?‘Ą) + đ?’—(0) E’ data quindi una condizione lineare atteso che la velocita’ vettoriale istantanea đ?’—(đ?‘Ą) e’ la somma vettoriale della velocita’ iniziale (la cosiddetta “condizione inizialeâ€? del problema di Cauchy) e della velocita’ istantanea al tempo t dovuta all’effetto della forza esterna che nella relazione vettoriale e’ indicata con đ?’—đ?’†đ?’™đ?’• (đ?‘Ą). Si ammette che la forza sia constante nelle tre direzioni date in (0, tâŚŒ . L’applicazione

di

detta

forza

importa

una

violazione

della

conservazione della quantita’ di moto lineare. In questo contesto e’ immediato ricavare la relazione tra le quantita’ di moto lineari scrivendo ��(�) = ����� (�) + ��(0) In tale eguaglianza vettoriale la sola grandezza costante nel tempo e’ la quantita’ di moto lineare ��(0) che indica la quantita’ di moto iniziale.

Ove si intendesse derivare rispetto al tempo sarebbe

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘šđ?’—(0) = đ?&#x;Ž .

La relazione ��(�) = ����� (�) + ��(0) puo’ essere derivata rispetto al tempo avendo � ��

đ?‘šđ?’—(đ?‘Ą) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

(����� (�) + ��(0))

da cui si ha đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘šđ?’—(đ?‘Ą) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

����� (�)

derivata e del dato

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

(ottenuta tenuto conto della linearita’ della

đ?‘šđ?’—(0) = đ?&#x;Ž) .


In altri termini si puo’ scrivere � ��

đ?‘šđ?’—(đ?‘Ą) =

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

����� (�) = ����

Tale forza e’ anche detta forza vera agente sul corpo di massa m. Sono ben note dalla cinematica elementare del corpo puntiforme le seguenti relazioni � = �� = �

đ?‘‘đ?’— đ?‘‘đ?‘Ą

=

đ?‘š(đ?’—đ?&#x;? −đ?’—đ?&#x;? ) đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘Ľ(đ?‘Ą + đ?‘‘đ?‘Ą) − đ?‘Ľ(đ?‘Ą) → 0 quando đ?’—đ?&#x;? → đ?’—đ?&#x;? dovendo essere {đ?‘Ś(đ?‘Ą + đ?‘‘đ?‘Ą) − đ?‘Ś(đ?‘Ą) → 0 đ?‘§(đ?‘Ą + đ?‘‘đ?‘Ą) − đ?‘§(đ?‘Ą) → 0 lim đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľ(đ?‘Ą0 )

�→�0

in altri termini avendo

lim đ?‘Ś(đ?‘Ą) = đ?‘Ś(đ?‘Ą0 )

�→�0

lim �(�) = �(�0 ) { �→�0

Esistono evidentemente anche sistemi di riferimento che non possono essere considerati inerziali. Si tratta ad esempio dei sistemi di riferimento animati da un moto accelerato rispetto ad un sistema di riferimento in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse o da un sistema animato da un moto di rotazione rispetto ad un asse. Nel proseguo saranno considerati comunque solo sistemi di riferimento inerziali.


Descrizione di moti riferiti a sistemi inerziali La descrizione del moto relativo di corpi puntiformi (astrazione per la quale un corpo di massa m e’ concentrato in un punto dello spazio tridimensionale) e’ meno semplice di quanto in prima battuta si possa ipotizzare. E’ bene procedere con estrema gradualita’. In astratto un osservatore solidale (Kittel, Knight, Rumerman) con un sistema inerziale non puo’ affermare che egli si stia muovendo con velocita’ vettoriale đ?’— costante nel dominio del tempo rispetto ad un sistema in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse oppure se le stelle fisse (!!!) si stanno muovendo con velocita’ vettoriale costante −đ?’— rispetto ad esso. Ad essere problematici (?) ci potrebbe poi chiedere ma tali astri, che noi chiamiamo “stelle fisseâ€? sono davvero tali. Evidentemente no ! Cio’ che cmunque sembra contare e’ che esse siano percepite come fisse, potendole chiamare pure “stazionarieâ€?‌‌ Le esperienze galileiane sono sempre caratterizzate per un innegabile buon senso ed hanno certo ispirato Newton negli sviluppi successivi. Un osservatore che si trova alla fermata dell’autobus puo’ considerarsi in quiete (almeno fino a quando egli resta in attesa del mezzo pubblico‌.) rispetto ad ogni riferimento in quiete rispetto alle stelle fisse.


Si puo’ ragionare, evidentemente, in modo molto simile a quanto fece Einstein in relazione alla simultaneita’ degli eventi (vedi infra). Se ℾ indica il riferimento delle stelle fisse e se si ammette che Oxyz e’ in quiete rispetto a ℾ e che O’x’y’z’ e’ in quiete rispetto a ℾ allora i riferimenti Oxyz e O’x’y’z’ sono in quiete l’uno rispetto all’altro. Tornando all’esempio stradale la fermata dell’autobus (o l’osservatore in attesa) possono essere indicati con Oxyz. Due distinte fermate definiscono due distinti riferimenti in quiete l’uno rispetto all’altro. Ma un veicolo in moto su una strada rettilinea con una velocita’ vettoriale � costante nel dominio del tempo puo’ essere formalizzato con un riferimento O’x’y’z’ inerziale ma non in quiete rispetto a Oxyz e non in quiete rispetto ad ogni riferimento in quiete rispetto a Oxyz. Qualora la velocita’ del veicolo non fosse costante in senso vettoriale allora il riferimento O’x’y’z’ non potrebbe considerarsi, alla stregua della definizione data, quale sistema inerziale. Questa esemplificazione e’ alquanto calzante ed in linea con le semplificazioni usualmente utilizzate per descrivere il principio di relativita’ di Galilei. Un riferimento Oxyz puo’ ovviamente essere ben rappresentato con la solita terna destra con la solita convenzione che l’osservatore solidale vede la rotazione dell’asse x sull’asse delle y avvenire in senso antiorario.


z

y

x

Ragionando in una unica dimensione e’ possibile riferirsi al solo asse delle x. La strada viene idealizzata con l’asse delle x e la fermata dell’autobus con il punto O, al quale si puo’ far corrispondere l’ascissa 0. Il veicolo in moto corrisponde al punto “variabile” O’ animato da una velocita’ costante rispetto al riferimento O in quiete rispetto alle stelle fisse. In definitiva il punto O idealizza Tizio in attesa del bus finche’ egli non sale sul bus, e ogni altro soggetto in attesa del bus alla fermata. O’ per contro idealizza Caio alla guida dell’auto che si muove sulla retta orientata delle x.


Convenzionalmente si considera positiva ogni velocita’ posseduta da un corpo puntiforme quando questi si muove nella direzione positiva delle x , cioe’ nel senso delle x crescenti. E’ il caso di precisare che tutti gli osservatori, in quiete o in moto relativo, sono muniti di orologi perfettamente identici. L’osservatore O’ solidale con il veicolo in moto vedra’ il punto O avvicinarsi, quindi lo raggiungera’ e successivamente lo vedra’ allontanarsi. Sia �� = �� � la velocita’ di moto di O’ rispetto ad O (quella che in termini scalari , quindi in metri al secondo, indicata con

đ?‘Łđ?‘Ľ misurerebbe

l’osservatore O definita positiva se il moto avviene nella direzione positiva delle x e negativa in caso opposto). Attesa la condizione di moto di O’ rispetto ad O deve essere �� ≠0 . Ricapitolando si ammette sia • �� > 0 se il moto relativo avviene nella direzione delle x positive: • �� < 0 se il moto avviene nella direzione delle x negative. Questa semplificazione grafica dovrebbe chiarire ulteriormente la convenzione.

đ?’—đ?’™


O

x

In questo caso si impone �� = |�� | cioe’ �� > 0 . Nel caso opposto, quindi quando il corpo O’ si muove rispetto ad O con una velocita’ tale che il moto avviene nella direzione negativa delle x si rappresenta il tutto graficamente come segue.

đ?’—đ?’™

O

x

In questo caso si puo’ scrivere che đ?‘Łđ?‘Ľ = −|đ?’—đ?’™ | cioe’ đ?‘Łđ?‘Ľ < 0 . E’ forse utile ribadire che tali scalari sono quelli che misurebbe O in quiete rispetto O’ in moto, appunto, rispetto ad esso con velocita’ đ?‘Łđ?‘Ľ = Âą|đ?’—đ?’™ | a seconda dei casi. L’ipotesi usualmente considerata e’ quella classica solitamente presente nella manualistica per la quale si ammette che al tempo t= 0 (il cosiddetto “inizio dei tempiâ€?, ovviamente riferito al singolo “esperimentoâ€? cinematico) i due osservatori si trovino nello stesso punto, condizione solitamente formalizzata scrivendo đ?‘‚ ≥ đ?‘‚′ . Al tempo đ?‘Ą0 > 0 non sara’ piu’ vera la condizione iniziale đ?‘‚ ≥ đ?‘‚′ ma poiche’ si considera un moto relativo unidimensionale (relativo nel caso


ipotizzato al solo asse delle x‌) si puo’ schematizzare la “situazioneâ€? con la seguente rappresentazione grafica. z

z’ y

O

O’

y’

x≥ �′

E’ ben evidente che questa rappresentazione “fotografaâ€? la situazione in un determinato istante di tempo. In particolare si puo’ scrivere che |OO’| = |đ?‘Łđ?‘Ľ |đ?‘Ą0 ove per |đ?‘Łđ?‘Ľ | indica il modulo della velocita’ scalare come definita convenzionalmente . Si osservi la coincidenza degli assi x, espressa formalmente con x≥ đ?‘Ľâ€˛ e il parallelismo degli assi y, y’ e z, z’. Una ultima – scontata – osservazione. I tre assi cartesiani dei due distinti riferimenti sono monometrici. Le misure delle varie grandezze coinvolte sono le medesime sui tre assi. I due osservatori sono muniti di orologi identici. Se l’osservatore O dichiara che un certo evento e’ durato k secondi ogni altro osservatore inerziale misurera’ tale evento per k secondi. Con riferimento all’esempio proposto le osservazioni di Tizio (in quiete) e di Caio (in moto) sono cosi’ compendiabili :


Tizio in O dira’ che O e’ in quiete e che Caio, in O’, si muove con velocita’ đ?’— = đ?‘Łđ?‘Ľ đ?’Š affermando che al tempo đ?‘Ąđ?‘œ > 0 Caio si e’ spostato da lui di un segmento di lunghezza |đ?‘Łđ?‘Ľ |đ?‘Ąđ?‘œ . Caio in moto in O’ rispetto a Tizio fermo in O dira’ che Tizio si allontana rispetto al riferimento O’x’y’z’ con una velocita’ −đ?’— = −|đ?‘Łđ?‘Ľ |đ?’Š essendo đ?’— la velocita’ del moto di O’ come misurata da Tizio in quiete in O.

Entrambi gli osservatori, muniti di orologi identici, diranno che il tempo scorre uniformemente, condizione che ordinariamente viene espressa scrivendo che đ?‘Ą = đ?‘Ąâ€˛ o, in termini di durata che ∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ che per istanti di tempo infinitamente vicini viene resa scrivendo đ?‘‘đ?‘Ą = đ?‘‘đ?‘Ąâ€˛ . Scrivere che

∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ equivale ad ammettere che se un osservatore O in

quiete rispetto al sistema delle stelle fisse misura relativamente alla durata di un evento un tempo ∆đ?‘Ą , misurato in secondi, allora ogni osservatore inerziale O’ distinto da O (sia che O’ sia in quiete rispetto ad O sia nel caso che O’ sia in moto relativo uniforme rispetto ad O) misurera’, qualora possa osservare il medesimo evento, che esso ha una durata di ∆đ?‘Ąâ€˛ secondi, risultando che ∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ . In altri termini, per la fisica classica di Galilei e di Newton le condizioni di moto relativo tra sistemi di riferimento inerziali non hanno effetto sulla


misurazione del tempo, nel senso che la durata di eventi non e’ influenzata in alcun modo dalle condizioni di moto relativo. In definitiva lo stesso scorrere del tempo e’ invariante rispetto alla condizione di moto relativo.

Le trasformazioni di Galilei - una variante ancora provvisoria Questo capitolo si chiude con l’indicazione delle cosiddette formule di trasformazione di Galilei e con la nozione di invarianza delle leggi della fisica nei vari sistemi di riferimento inerziali. Daremo in prima battuta conto delle formule di trasformazione di Galilei delle velocita’. Esistono due casi alquanto banali e frutto di una intuizione per cosi’ dire scontata. In questa visione relativistica si ammette sempre che esiste un riferimento in quiete rispetto alle stelle fisse e siano dati due distinti riferimenti inerziali entrambi in moto rispetto al sistema in quiete rispetto alle stelle fisse. Siano Oxyz e O’x’y’z’ i due riferimenti inerziali in moto relativo rispetto ad un sistema in quiete rispetto alle stelle fisse . Si ammetta che i due considerati riferimenti abbiano gli assi x coincidenti cioe’ sia � ≥ �′ . Si ammetta per semplicita’ che il moto sia unidimensionale, avvenga quindi con riferimento solo rispetto a detta direzione.


Rispetto a questa condizione particolare sono possibili due casi. Tali casi sono i segmenti: • le due velocita’ descrisono moti rettilinei che avvengono entrambi nello stesso verso, per esempio quello delle x positive (o negative); • le due velocita’ descrivono moti rettilinei che avvengono secondo versi opposti. I due casi sono banalmente schematizzabili come segue. Partiamo dal caso che � sia in quiete rispetto alle stelle fisse e a tale riferimento corrisponda il punto � = 0. O e O’ sono animati da un moto con velocita’ � e � come da schema che segue.

đ?’—

� �

Quando studente medio superiore avevo per la prima volta approcciato la teoria della relativita’ anche con la lettura del libro di Vincent Durrell, La relativita’ con le quattro operazioni, avevo scorto l’esigenza di fissarmi per punti chi misura che cosa rispetto ad altri‌.. . Dopo qualche decennio “con il senno del poi‌.â€? ho pensato di sintetizzare anche con riferimento a questo caso cosi’ semplice all’uopo utilizzando una forma tabellare.


Osservatore Velocita’ di misurata da �

� O O’

O Velocita’ di misurata da �

|đ?‘Ł| -

O’

Velocita’ di O’ misurata da O

|đ?‘˘| − |đ?‘Ł| -

|�| -

Velocita’ di O misurata da O’

−(|đ?‘˘| − |đ?‘Ł|)

In modo del tutto analogo si puo’ procedere per il caso opposto, quando entrambi i moti, di O e di O’ avvengono nella direzione delle x decrescenti. In questo caso la figura rilevante diviene la seguente.

u

� � La corrispondente tabella diviene la seguente. Osservatore Velocita’ di rispetto a �

� O O’

−|đ?‘Ł| -

O Velocita’ di rispetto a �

O’

−|đ?‘˘| -

Velocita’ di O’ rispetto a O

Velocita’ di O rispetto a O’

−|đ?‘˘| − (−|đ?‘Ł|) −

−|đ?‘Ł| − (−|đ?‘˘|)

Velocita’ di O’ misurata da O

Velocita’ di O misurata da O’

-

che in definitiva diviene Osservatore Velocita’ di misurata da �

� O O’

−|đ?‘Ł| -

O Velocita’ di misurata da �

−|đ?‘˘| -

O’

|đ?‘Ł| − |đ?‘˘| -

|đ?‘˘| − |đ?‘Ł|


(occorre rivedere le parti in giallo) Occorre quindi considerare una tabella che descriva il caso seguente, nel quale le due velocita’ sono opposte, una relativa ad un moto che avviene nella direzione positiva delle x ed una che descrive un moto rettilineo e uniforme che avviene nella direzione negativa delle x.

đ?’—

� �

A questo punto occorre dare la rappresentazione delle misure di velocita’ fatte dai vari osservatori inerziali in questo caso particolare. E’ data la seguente tabella. Osservatore Velocita’ di misurata da �

� O O’

|đ?‘Ł| -

O Velocita’ di misurata da �

-|�| -

O’

Velocita’ di O’ misurata da O

|đ?‘Ł| − |đ?‘˘| -

Velocita’ di O misurata da O’

-

−|đ?‘Ł| + |đ?‘˘|

Ho impostato questi casi particolari che mi sono parsi coerenti in quanto trattando moti rettilinei e uniformi non si pone un problema che inficerebbe gli sviluppi qualora si dovessero gestire le accelerazioni come facilmente si puo’ intuire quando si debbano trattare accelerazioni positive e decelerazioni che possono interessare sia moti che avvengono nel verso delle x positive e nel verso delle x negative .


Ho molto pensato a come gestire un caso del genere, quindi coinvolgente le accelerazioni e mi sono convinto che si debba partire da una situazione studiata nel dominio del tempo sotto la condizione di avere una funzione đ?‘Ł = đ?‘Ł(đ?‘Ą) continua in (0, t), ove assume valori positivi o negativi per intervalli come da figura seguente.

đ?œ?1

đ?œ?2

đ?œ?3

đ?œ?4

Secondo la convenzione impostata la funzione definisce la velocita’ positiva quando il moto avviene nella direzione positiva delle x e la velocita’ negativa quando il moto avviene nella direzione delle x decrescenti. I punti đ?œ?1 , đ?œ?2 , đ?œ?3 , đ?œ?4 sono i t per i quali đ?‘Ł(đ?‘Ą) = 0 che definiscono gli istanti nei quali il moto viene invertito di verso‌. Nel caso concreto il corpo al tempo 0 e’ in quiete e la condizione iniziale e’ đ?‘Ł(0) = 0 . Quindi il corpo si muove nella direzione positiva delle x nell’intervallo (0, đ?œ?1 ) con velocita’ non costante .


Qualora si volesse calcolare l’accelerazione sarebbe sufficiente derivare đ?‘Ł(đ?‘Ą) e calcolare il relativo valore in t ∈ (0, đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

Ď„1 )

determinare

quindi

đ?‘Ł(đ?‘Ą)|đ?‘Ąâˆˆ(0,Ď„1 )

Al tempo Ď„1 si ha đ?‘Ł( Ď„1 ) = 0 . Esso indica il primo istante di inversione del moto. Nel tempo (Ď„1 , Ď„2 ) il corpo si muove da destra verso sinistra nella direzione delle x decrescenti. In questo caso si deve ragionare al contrario. In altri termini đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ą

đ?‘Ł(đ?‘Ą) < 0|đ?‘Ąâˆˆđ??ź |đ?‘Ł(đ?‘Ą)<0

deve essere inteso in termini di accelerazione

positiva. Questi aspetti meritano un approfondimento.

Le trasformazioni di Galilei – sintesi consolidata Salvi gli sviluppi della parte contenuta nel paragrafo precedente si puo’ passare allo studio delle trasformazioni di Galilei nella loro formulazione standard. Nell’ipotesi che all’origine del tempi i due riferimenti coincidano, sia cioe’ O≥ O’ , e ipotizzando che il moto interessi O’ e sia esso rettilineo e uniforme nella sola direzione delle x si puo’ scrivere OO’ = �� � I due distinti sistemi di riferimento Oxyx e O’x’y’z’ sono inerziali. Il primo e’ in quiete mentre il secondo e’ animato da una velocita’ costante in


modulo nel dominio del tempo. Si ammette che il moto sia unidimensionale nella direzione dell’asse delle x. Si tratta di individuare la relazione che collega le coordinate (x,y,z) associate al primo riferimento (alla terna destra Oxyz) alle coordinate (x’, y’, z’) associate univocamente al secondo riferimento in moto relativo rispetto al primo. Questa sottostante figura ben compendia la relazione. Essa “fotografa� la situazione in un dato istante t > 0 .

x(t)= đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.

O

O’ vt

P x’(t)

Poiche’ il riferimento O e’ in quiete allora la coordinata del punto P rispetto ad O (in altri termini la misura del segmento OP) si mantiene costante nel tempo e si scrive x(t)= đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. . All’istante t (con t > 0) la distanza OO’ e’ OO’ = đ?‘Łđ?‘Ą, essendo v lo scalare della velocita’ di O’ misurata da O. E’ ben evidente che OO’ ≠đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.. In particolare si puo’ scrivere che OO’ = OO’(t).


Attesa la condizione di moto di O’ rispetto a O e quindi anche rispetto a P che deve considerarsi fisso x’(t) non puo’ essere considerato costante . Dalla figura, che esprime una situazione riferita ad un determinato istante t, si desume immediatamente che đ?‘Ľ = đ?‘Ľâ€˛ + đ?‘Łđ?‘Ą o anche piu’ formalmente che đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľâ€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ą Questa formula e’ detta di Galilei. Se il moto interessa la sola direzione delle x e se il tempo scorre uniformemente per tutti gli osservatori inerziali le formule sono le seguenti. đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľâ€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ą đ?‘Ś = đ?‘Śâ€˛ { đ?‘§ = đ?‘§â€˛ đ?‘Ą = đ?‘Ąâ€˛ E’ immediato constatare che da esse sono ricavabili le trasformazioni inverse avendo che đ?‘Ľ ′ (đ?‘Ą) = đ?‘Ľ(đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ą đ?‘Śâ€˛ = đ?‘Ś { đ?‘§â€˛ = đ?‘§ đ?‘Ąâ€˛ = đ?‘Ą Ritornando brevemente alla relazione đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľâ€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ą si puo’ definire la condizione iniziale come


�(�) = �′(�) { �=0 � ≥ �′ E’ possibile per gli sviluppi partire da �(�) = �′(�) + �� e dividere ambo i membri per t≠0 tendo conto che � = �′ avendo quindi che �(�) �

=

�′(�) �

+

đ?‘Łđ?‘Ą đ?‘Ą

e quindi đ?‘Ľ(đ?‘Ą) đ?‘Ą

=

�′(�) �

+đ?‘Ł

Si osservi che i termini contenuti in questa

relazione sono

dimensionalmente delle velocita’ . In particolare, il primo membro indica la velocita’ misurata da O mentre

�′(�) �

indica la velocita’ misurata da O’.

Tali relazioni possono essere trattate nel caso piu’ generale in cui il sistema O’ si muove con velocita’ vettoriale costante � rispetto a O’. Infatti la condizione iniziale O≥O’ consente sempre di idealizzare (nella peggiore delle ipotesi previa trasformazione delle coordinate1) un � ≥ �′ contesto nel quale da O≥O’ discende che {� ≥ �′ . � ≥ �′

1

In altri termini se sono dati due riferimenti Oxyz e O’đ?œ‡đ?œŽđ?œ? in cui O≥ đ?‘‚′ ma con assi omologhi

formanti tra essi angoli qualunque e’ sempre possibile utilizzare una formula di trasformazione di coordinate che date le coordinate rispetto alla terna di assi ’đ?œ‡đ?œŽđ?œ? ad ottenere le coordinate rispetto a Oxyx. In altri termini dato O (punto qualunque dello spazio) esistono infinite terne di assi rispetto alle quali introdurre un sistema di coordinate. Pertanto idealmente al riferimento Oxyz e’


Qualora il sistema O’ sia animato, rispetto a O, da un moto con velocita’ vettoriale �

le formule di trasformazione enunciate si complicano

alquanto, almeno dal punto di vista formale. Se si pone đ?’— = (đ?‘Łđ?‘Ľ , đ?‘Łđ?‘Ś , đ?‘Łđ?‘§ ) = đ?‘Łđ?‘Ľ đ?’Š + đ?‘Łđ?‘Ś đ?’‹ + đ?‘Łđ?‘§ đ?’Œ le formule di Galilei đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľâ€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ľ đ?‘Ą đ?‘Ś(đ?‘Ą) = đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ś đ?‘Ą divengono . đ?‘§(đ?‘Ą) = đ?‘§â€˛(đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘§ đ?‘Ą { đ?‘Ą = đ?‘Ąâ€˛ Tale sistema di relazioni e’ immediatamente condensabile in una relazione di eguaglianza vettoriale quale la seguente đ?‘˝ = đ?’—′ + đ?’— Dalla relazione đ?‘˝ = đ?’—′ + đ?’— si ottiene ∆đ?‘˝ = ∆đ?’—′ + ∆đ?’—

dovendo pero’

essere ∆đ?’— = đ?&#x;Ž . In altri termini i due osservatori misurano lo stesso differenziale di velocita’. Sotto la condizione classica che sia ∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ si ha ∆đ?‘˝ ∆đ?‘Ą

=

∆đ?’—′ ∆đ?‘Ąâ€˛

cioe’ a = �′

Pertanto due distinti osservatori O e O’ misureranno la medesima accelerazione e dichiareranno entrambi che il corpo e’ soggetto alla

sempre possibile immaginarne un ulteriore equivalente Ox’y’z’ in moto nello spazio con velocita’ �.


medesima forza F senza che siano rilevanti le condizioni di moto, quando rettilineo e uniforme con velocita’ đ?’— = (đ?‘Łđ?‘Ľ , đ?‘Łđ?‘Ś , đ?‘Łđ?‘§ ) = đ?‘Łđ?‘Ľ đ?’Š + đ?‘Łđ?‘Ś đ?’‹ + đ?‘Łđ?‘§ đ?’Œ ‘

E’ bene precisare che anche negli sviluppi della fisica trovano applicazione i principi di conservazione dell’energia e della quantita’ di moto, come opportunamente, questa ultima grandezza ridefinita.

Verso la teoria della relativita’ ristretta di Einstein. Le misure della velocita’ della luce e l’esperimento di Michelson e Morley.

Prima di sviluppare la teoria della relativita’ ristretta, il capolavoro di Einstein del 1905, e’ sicuramente utile, ancorche’ in estrema sintesi, riferire dei vari


esperimenti astronomici e ottici che hanno consentito di ottenere accurate misure della velocita’ della luce nel vuoto, indicata solitamente con la lettera c.

Le misurazioni della velocita’ della luce Oggi e’ ben noto che la velocita’ della luce nel vuoto, ordinariamente indicata con la lettera c, risulta essere di circa 3∙ 108

đ?‘š đ?‘ đ?‘’đ?‘?

.

Si ammette nota la natura elettromagnetica della luce, intesa come un’onda elettromagnetica, o meglio come un mix di onde elettromagnetiche di frequenze comprese entro un preciso range. E’ parimenti nota la relazione fondamentale che collega le tre grandezze della fisica ondulatoria e cioe’ đ?‘? = đ?œ†đ?‘“ , cioe’ la velocita’ di propagazione dell’onda, la lunghezza d’onda e la frequenza di oscillazione della radiazione. E’ sicuramente utile un breve cenno storico alla misurazione della velocita’ della luce, la cui natura non fu appieno definita, fino agli studi di Maxwell che ne evidenzio’ la natura elettromagnetica. La prima misurazione della velocita’ della luce, che gia’ Galilei, e’ dovuta al danese Roemenr (1676), che utilizzo’ un metodo essenzialmente astronomico. Il metodo utilizzato dall’astronomo danese e’ basato sul ritardo, riscontrato dalla Terra durante il moto di rivoluzione , con riferimento alle eclissi di uno dei satelliti medicei di Giove, cioe’ Io. In sei mesi di osservazione venne misurata una variazione di circa 20 minuti primi.


Al di la’ dei tecnicismi vari e delle ingegnose attivita’ di misura la velocita’ della luce puo’ essere, con riferimento all’esperimento astronomico considerato, compendiata dalla seguente formula đ?‘?=

∆đ??ż ∆đ?‘Ą

.

In altri termini, se la velocita’ della luce e’ una costante e’ ben evidente che una distanza doppia viene percorsa in un tempo doppio. Pare una cosa evidente ma tale osservazione giustifica anche la formula con i ∆ proposta qualche rigo piu’ sopra. Ovviamente i minuti vanno preventivamente convertiti in secondi‌. Con riferimento alla impostazione del problema il numeratore ∆đ??ż, atteso che vengono fatte due misure a distanza di sei mesi, indica il diametro dell’orbita terrestre, o come piu’ propriamente, dovremmo oggi dire, la misura dell’asse maggiore dell’ellisse dell’orbita terrestre. In definitiva, se ad una prima misurazione deve essere applicata la formula đ?‘? = sei mesi dovra’ utilizzarsi la relazione đ?‘? =

đ??żâ€˛ đ?‘Ąâ€˛

=

đ??ż+đ??ˇ đ?‘Ąâ€˛

đ??ż đ?‘Ą

, ove D indica la distanza

addizionale percorsa dalla luce per effetto del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Si tratta di relazioni approssimate che non tengono conto che il satellite descrive una rivoluzione attorno al pianeta Giove, ma tale conseguente eventuale differenziale di distanza puo’ essere trascurato. Ho sviluppato, a partire dall’ottima manualistica (Kittel, Knight, Ruderman), due distinti approcci ma, alla fine, ho preferito concludere per i seguenti passaggi, mettendo a sistema le due relazioni precedenti


đ?‘?=

đ??ż

đ?‘Ą { đ??ż+đ??ˇ đ?‘?= đ?‘Ąâ€˛

Sottraendo membro a membro si ha đ??ż

đ??ż+đ??ˇ

đ?‘Ą

�′

0= −

đ??ż

đ??ż+đ??ˇ

đ?‘Ą

đ?‘Ą+∆đ?‘Ą

o in altri termini 0 = −

ove ∆đ?‘Ą e’ il ritardo, chiamiamolo di

Roemer‌. . Da essa si puo’ immediatamente avere

đ??ż đ?‘Ą

=

đ??ż+đ??ˇ đ?‘Ą+∆đ?‘Ą

e quindi L (đ?‘Ą + ∆đ?‘Ą) = đ?‘Ą(đ??ż + đ??ˇ)

da cui Lt +đ??żâˆ†đ?‘Ą = đ??żđ?‘Ą + đ?‘Ąđ??ˇ ed anche đ??żâˆ†đ?‘Ą = đ?‘Ąđ??ˇ da cui ∆đ?‘Ą =

đ?‘Ąđ??ˇ đ??ż

Questa formula non credo fosse quella ricavata dal Roemer, ma essa ha un certo pregio in quanto t, ∆đ?‘Ą, e D erano per Roemer grandezze note, le prime due proprio da sue verifiche sperimentali. In altri termini da essa e’ possibile giungere al valore di un’altra grandezza, con una certa approssimazione, cioe’ L distanza tra la Terra e il sistema di Giove, risultando L =

đ?‘Ąđ??ˇ ∆đ?‘Ą

.

Ricordo (Kittel, Knight, Ruderman) che t e t’ , quindi il calcolo di ∆đ?‘Ą, sono dovuti a Roemer, mentre D gli era nota, con approssimazione, da sperimentatori precedenti. Con i dati che aveva a disposizione Roemer ottenne il valore c ≅ 214300 chilometri al secondo, inferiore a quello attualmente determinato. â&#x;Ąâ&#x;Ąâ&#x;Ą Una successiva storica determinazione della misura della velocita’ della luce ha, anche essa, matrice “astronomicaâ€?, legata al fenomeno della abberrazione della luce stellare.


Tale fenomeno e’, come noto, dovuto alla circostanza che la luce proveniente da un corpo celeste, adeguatamente lontano dalla Terra, fisso rispetto alla Terra, che, per contro, e’ interessata al moto di rivoluzione attorno al Sole viene percepita come un raggio inclinato, di un certo arco. Lo studi del fenomeno e’ dovuto a James Bradley (1725) che riusci’ a dare la spiegazione dopo una discussione su un battello in navigazione sul Tamigi, dove egli si trovava per un ricevimento. Una analogia rappresentata da alcuni bravi marinai gli diede lo spunto di spiegare il fenomeno. Egli ben conscio che la Terra descrive un moto di rivoluzione attorno al Sole conosceva il valore della velocita’ tangenziale scalare di rivoluzione, indicata con �. Egli nei suoi elaborati utilizzo’ il valore di 30 Km al secondo. Egli supponeva che il corpo celeste fosse fisso e pertanto l’emissione che avveniva in tutte le direzioni non si realizzava secondo la modalita’ che i due corpi (sorgente e Terra ) siano entrambi in quiete relativa, bensi’ si doveva tenere conto che la Terra descriveva un moto, rispetto alla sorgente. La prima modalita’ (sorgente e Terra sono in quiete relativa) e’ banalmente indicata dalla figura seguente, evidente espressione della staticita’.

c

Dall’astro proviene un raggio che si muove a velocita’ c . Il caso dinamico, che tiene, quindi conto che la Terra e’ in moto, deve tenere, appunto, conto della velocita’ � che e’ in ogni punto della traiettoria ellittica, ortogonale al luogo e costante in modulo.


In altri termini, occorre tenere conto di |�| per cui il raggio (d’altronde la sorgente irraggia isotropicamente in tutte le direzioni) risulta inclinato di un particolare angolo, come evidenzia la figura seguente. Nella sostanza se la Terra viaggia a |�| metri al secondo, in un secondo avra’ percorso un numero di kilometri pari al valore di |�| .

Stella

�

Il vettore in nero indica la velocita’ tangenziale di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Ovviamente, la figura non e’ in scala. Essa puo’ anche essere “interpretata’ nel senso che, supposta la Terra puntiforme, gli estremi del vettore rappresentano la posizione del pianeta dopo una unita’ di tempo, cioe’ dopo un secondo. Astronomicamente e’ possibile ricavare l’angolo đ?›ź e quindi ottenere tang(đ?›ź) .


Ma, noto anche il modulo della velocita’ tangenziale della Terra e per la definizione di tangente riferita agli elementi di un triangolo, si ha tang(�) =

|đ?‘Ł| đ?‘?

da cui si ottiene immediatamente l’incognita c = |đ?‘Ł|đ?‘Ąđ?‘”(đ?›ź) . Bradley nelle sue misure utilizzo’ il dato |v| = 3 ∙ 104

đ?‘š đ?‘ đ?‘’đ?‘?

.

Quelli ricordati sono due metodi che hanno portato a misurazioni storiche, ormai superate da misurazioni piu’ accurate che sono state ottenute dapprima con metodi ottici e quindi mediante onde elettromagnetiche. Essi sono adeguatamente descritti nella manualistica, quale la Fisica di Berkley cui si rimanda. Anche i metodi piu’ accurati sono, al di la’ dei tecnicismi accurati e ingegnosi utilizzati,

basati

su

đ?‘ đ?‘?đ?‘Žđ?‘§đ?‘–đ?‘œ đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘ đ?‘œ đ?‘Ąđ?‘’đ?‘šđ?‘?đ?‘œ đ?‘–đ?‘šđ?‘?đ?‘–đ?‘’đ?‘”đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘Ž đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘™đ?‘œ

una

formula

elementare

cioe’

velocita’

=

.

A questo punto e’ utile ricordare la teoria elementare dell’effetto Doppler.

L’effetto Doppler (estratto da Appunti matematici, n. 45, settembre 2018, Onde) L’effetto Doppler consiste nel fatto che la frequenza di un’onda percepita da un osservatore non coincide con la frequenza dell’onda emessa da una sorgente quando osservatore e


sorgente sono in moto relativo l’uno rispetto all’altra, dovendosi distinguere il caso che a muoversi sia la sorgente oppure l’osservatore. Per spiegare la relazione tra frequenza emessa e frequenza osservata occorre introdurre un insieme di variabili, quali sono le seguenti: v = velocita’ dell’onda, per esempio, velocita’ del suono; đ?‘Ł0 = đ?‘Łđ?‘’đ?‘™đ?‘œđ?‘?đ?‘–đ?‘Ąđ?‘Ž ′đ?‘‘đ?‘’đ?‘™đ?‘™ ′đ?‘œđ?‘ đ?‘ đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œđ?‘&#x;đ?‘’; đ?‘Łđ?‘ = đ?‘Łđ?‘’đ?‘™đ?‘œđ?‘?đ?‘–đ?‘Ąđ?‘Ž ′đ?‘‘đ?‘’đ?‘™đ?‘™đ?‘Ž đ?‘ đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘”đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’; đ?‘“đ?‘ = đ?‘“đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘žđ?‘˘đ?‘’đ?‘›đ?‘§đ?‘Ž đ?‘‘đ?‘’đ?‘™đ?‘™đ?‘Ž đ?‘ đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘”đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’; đ?‘“0 = đ?‘“đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘žđ?‘˘đ?‘’đ?‘›đ?‘§đ?‘Ž đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘’đ?‘?đ?‘–đ?‘Ąđ?‘Ž đ?‘‘đ?‘Žđ?‘™đ?‘™ ′đ?‘œđ?‘ đ?‘ đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œđ?‘&#x;đ?‘’đ?‘–đ?‘› đ?‘šđ?‘œđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘™đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘–đ?‘Łđ?‘œ; đ?‘‚đ?‘ đ?‘ đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œđ?‘&#x;đ?‘’ đ?‘–đ?‘› đ?‘šđ?‘œđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘&#x;đ?‘–đ?‘ đ?‘?đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘Žđ?‘™đ?‘™đ?‘Ž đ?‘ đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘”đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’ Osservatore in avvicinamento đ?‘“đ?‘œ = đ?‘“đ?‘ +

đ?‘Ł0 đ?œ†

đ?‘Ł

=đ?œ†+

đ?‘Ł0 đ?œ†

1

= đ?œ† (đ?‘Ł + đ?‘Ł0 ) đ?‘Ł

1

đ??´ questo punto da v= đ?œ†đ?‘“đ?‘ si ha đ?œ† = đ?‘“ da cui Îť = đ?‘

đ?‘“đ?‘

đ?‘Ł+đ?‘Ł0 đ?‘Ł

đ?‘“đ?‘ đ?‘Ł

đ?‘“

quindi si puo’ scrivere che: đ?‘“0 = đ?‘Łđ?‘ (đ?‘Ł + đ?‘Ł0) =

.

đ?‘ đ?‘’đ?‘™ caso dell’avvicinamento

đ?‘Ł+đ?‘Ł0 đ?‘Ł

> 1 quindi đ?‘“0 > đ?‘“đ?‘ .

Fermo restando quanto detto, si puo’ ritenere interpretabile nella formula data convenzionalmente come positiva la velocita’ di avvicinamento di un osservatore ad una sorgente in quiete. Si tenga pero’ conto che le velocita’ di propagazione dell’onda v e �0 pur avendo, per semplicita’ espositiva, la stessa direzione hanno versi opposti, quando intese in senso vettoriale.

Nel caso dell’allontanamento la relazione diviene đ?‘“0 = đ?‘“đ?‘

đ?‘Ł+đ?‘Ł0 đ?‘Ł

In questo caso si ha đ?‘“0 > đ?‘“đ?‘ meglio đ?‘“đ?‘ < đ?‘“0 .

Occorre ricordare che nel caso dell’allontanamento dell’osservatore O rispetto alla sorgente S se tale allontanamento avviene con una velocita’ maggiore della velocita’ dell’onda, per esempio del suono nell’aria, nel mezzo elastico considerato l’onda non raggiungera’ mai l’osservatore, per cui deve essere đ?‘Łđ?‘ < đ?‘Ł.


Nel caso che sorgente e osservatore siano in quiete relativa uno rispetto all’altra si pone đ?‘Ł0 = 0 e si ha đ?‘“0 = đ?‘“đ?‘ . đ?‘†đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘”đ?‘’đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’ đ?‘–đ?‘› đ?‘šđ?‘œđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘&#x;đ?‘–đ?‘ đ?‘?đ?‘’đ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘Žđ?‘‘ đ?‘˘đ?‘› đ?‘œđ?‘ đ?‘ đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œđ?‘&#x;đ?‘’ Sorgente in avvicinamento Se v e’ la velocita’ di propagazione dell’onda nel mezzo elastico in un secondo l’onda percorre un segmento di v metri. Sempre in un secondo la sorgente che si muove a velocita’ đ?‘Łs metri al secondo percorre ⌋in un secondoâŚŒ un segmento di lunghezza đ?‘Łs metri. Conseguentemente le fs onde emesse in un secondo sono concentrate in un segmento (v −đ?‘Łs ) cui corrisponde una lunghezza d’onda ridefinita đ?œ†â€˛ =

đ?‘Łâˆ’đ?‘Łđ?‘ đ?‘“đ?‘

. Tale relazione e’ valida per đ?‘Ł > đ?‘Łđ?‘ . đ?‘Ł

La frequenza percepita dall’osservatore risulta đ?‘“0 = đ?œ†â€˛ =

đ?‘Ł đ?‘Łâˆ’đ?‘Łđ?‘ đ?‘“đ?‘

.

đ?‘Ł

In definitiva si ha đ?‘“0 = đ?‘“đ?‘ đ?‘Łâˆ’đ?‘Ł

đ?‘

. Nel caso di sorgente in allontanamento rispetto all’osservatore la formula diviene �0 = �

đ?‘“đ?‘ đ?‘Ł+đ?‘Ł

đ?‘

Nel caso di movimento di osservatore e sorgente rispetto al mezzo la formula da utilizzare e’ đ?‘“0 = đ?‘“đ?‘

đ?‘ŁÂąđ?‘Ł0 đ?‘Łâˆ“đ?‘Łđ?‘

Negli sviluppi astronomici, anche se tale profilo non e’ direttamente attinente l’oggetto di questo elaborato, diviene rilevante una ulteriore grandezza, detta red shift, o slittamento verso il rosso, che riguarda la radiazione emessa dai corpi celesti e che viene interpretata come una prova della espansione dell’Universo e quindi come un allontanamento della sorgente che emette l’onda elettromagnetica rispetto all’osservatore terrestre. Essa viene usualmente indicata con la lettera z, scrivendo che � =

∆đ?œ† đ?œ†0

.


La grandezza đ?œ†0 indica la frequenza della radiazione emessa mentre ∆đ?œ† indica lo scostamento positivo tra la radiazione rilevata e quella emessa. Si ammette vigente una relazione di proporzionalita’ tra allontanamento V, risultando

∆đ?œ† đ?œ†0

∆đ?œ† đ?œ†0

e la velocita’ di

�

≅ . đ?‘?

Dovra’ ora essere preso in considerazione un famoso esperimento che per come interpretato ha consentito ad Einstein di impostare la sua teoria della relativita’ ristretta. Si tratta dell’esperimento di Michelson e Morley, preso in esame nel box seguente. Per esso si puo’ affermare la invarianza della velocita’ della luce per tutti gli osservaotri. In altri termini, ogni osservatore in moto o in quiete affermera’ comunque che la velocita’ della luce e’ c. Non valgono le formule di trasformazione di Galilei per cui osservatori in movimento dovrebbero affermare che la velocita’ della luce vale c ¹ � .

Infatti, per Galilei un osservatore che si muove con velocita v in senso opposto ad un raggio di luce dovrebbe dire che la luce viaggia alla velocita’ đ?‘? + đ?‘Ł, mentre nel caso opposto (le due velocita’, luce e osservatore) si muovono nello stesso senso sarebbe per l’osservatore galileiano dato riportare il valore c −đ?‘Ł .

L’interferenza


Date due sorgenti puntiformi di onde sinusoidali đ?‘­đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;? đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’•) đ?‘­đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;? đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’• − đ??‹) si puo’ considerare l’onda đ?‘­ = đ?‘­đ?&#x;? + đ?‘­đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;? đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’•) +đ?‘¨đ?&#x;? đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’• − đ??‹) che risulta parimenti un’onda sinusoidale avente la medesima pulsazione đ??Ž . La massima intensita’ si ha per {

đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’•) = đ?&#x;? . đ?’”đ?’Šđ?’?(đ??Žđ?’• − đ??‹) = đ?&#x;? đ??…

Tali condizioni sono verificate per { Da

đ?&#x;?

đ??Žđ?’• = đ?&#x;? + đ?’Œđ??… = đ??… (đ?&#x;? + đ?’Œ) ∀đ?’Œ ∈ đ?’ đ??…

đ??…

đ??Žđ?’• = đ?&#x;? + đ?’Œđ??… + đ??‹ = đ?&#x;? + đ?’Žđ??… ∀đ?’Ž ∈ đ?’

đ??…

đ??…

đ??…

đ??…

đ?&#x;?

đ?&#x;?

đ?&#x;?

đ?&#x;?

đ??Žđ?’• = + đ?’Œđ??… + đ??‹ = + đ?’Žđ??… si ottiene agevolmente đ??‹ = + đ?’Žđ??… − + đ?’Œđ??… =

(đ?’Ž − đ?’Œ)đ??… . In generale m ≠đ?’Œ. Quando sono verificate queste condizioni si ha đ?‘­đ?’Žđ?’‚đ?’™ = đ?‘¨đ?&#x;? + đ?‘¨đ?&#x;? Si hanno le seguenti due particolari condizioni per le quali {

đ?‘­đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;? ⇒ đ?‘­ = đ?‘¨đ?&#x;? − đ?‘¨đ?&#x;? đ?‘­đ?&#x;? = −đ?‘¨đ?&#x;?

{

đ?‘­đ?&#x;? = −đ?‘¨đ?&#x;? ⇒ đ?‘­ = đ?‘¨đ?&#x;? − đ?‘¨đ?&#x;? đ?‘­đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;?

In altri termini si ha F = |đ?‘¨đ?&#x;? − đ?‘¨đ?&#x;? | . Quindi il range di F e’ dato da đ?‘­đ?&#x;? + đ?‘­đ?&#x;? ≤ đ?‘­ ≤ |đ?‘¨đ?&#x;? − đ?‘¨đ?&#x;? | Come e’ noto l’intensita’ dell’onda e’ I =

đ?œą(đ?‘Ź) đ?‘ş

essendo đ?œą(đ?‘Ź) =

∆đ?‘Ź ∆đ?’•

, grandezza chiamata

flusso di energia. Si dimostra che I = đ?‘°đ?&#x;? + đ?‘°đ?&#x;? + đ?‘Ş , dove la variabile C e’ detta termine di interferenza. Nel caso C > đ?&#x;Ž si ha interferenza costruttiva, mentre nel caso C < đ?&#x;Ž si ha l’interferenza distruttiva. Solitamente nei casi di studio vengono considerate onde di eguale ampiezza, ponendo quindi, per evidenti ragioni di semplificazione dei calcoli, đ?‘¨đ?&#x;? = đ?‘¨đ?&#x;? .


Si da’ una rappresentazione schematica della figura solitamente utilizzata nello studio dell’interferenza.

S1 O S2

In altri termini (Gettys) si applica il principio di sovrapposizione degli effetti tenendo conto che l’ampiezza dipende dalla differenza di fase tra le due onde. Nel caso piu’ generale possiamo, sempre considerando due sorgenti sinusoidali si ha đ??š1 (đ?‘Ľ, đ?‘Ą) = đ??´1 sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą) đ??š2 (đ?‘Ľ, đ?‘Ą) = đ??´2 sin(đ?œ‘2 − đ?‘¤đ?‘Ą) Si pone ∆đ?œ‘ = |đ?œ‘2 − đ?œ‘1 | Tale grandezza e’ detta differenza di fase. Se ∆đ?œ‘ = 0 le due onde sono dette essere in fase, mentre se ∆đ?œ‘ = đ?œ‹ le due onde sono in opposizione di fase. Si pone, come gia’ detto, che đ??´1 = đ??´2 e l’onda “risultanteâ€? risulta essere y(x,t) = đ??´1 sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą) + đ??´2 sin(đ?œ‘2 − đ?‘¤đ?‘Ą) = đ??´ ⌋sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą) + sin(đ?œ‘2 − đ?‘¤đ?‘Ą)âŚŒ La manualistica (Gettys, p.e.) ricorda che si utilizza pero’ una formula da questa ricavata, all’uopo utilizzando le formule di prostaferesi.

La formula ordinariamente utilizzata e’ infatti la seguente ∆đ?œ‘

y( x,t) = 2đ??´ cos ( 2 ) sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą −

∆đ?œ‘ 2

)


Tale relazione puo’ essere discussa considerando casi particolari Il primo di tali casi si ha quando ∆đ?œ‘ = 0 (concordanza di fase tra le onde) per la quale si ha ∆đ?œ‘

y(x,t)= 2đ??´ cos ( 2 ) sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą −

∆đ?œ‘ 2

0

0

) = 2đ??´ cos (2) sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą − 2) =

∆đ?œ‘ = 0 2đ??´ ∙ 1 sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą ) = 2 đ??š1 (đ?‘Ľ, đ?‘Ą) quando { . đ??´1 = đ??´2

Nel caso sia {

∆đ?œ‘ = đ?œ‹ la formula d’uso diviene đ??´1 = đ??´2 ∆đ?œ‘

y(x,t)= 2đ??´ cos ( 2 ) sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą −

∆đ?œ‘

đ?œ‹

đ?œ‹

) = 2đ??´ cos (2 ) sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą − 2 ) = 2

đ?œ‹

2đ??´ ∙ 0 ∙ sin(đ?œ‘1 − đ?‘¤đ?‘Ą − 2 ) = 0 đ?œ‹

(Occorre ricordare che cos( 2 ) = 0 ).

L’esperimento di Michelson e Morley La sottostante figura rappresenta l’apparato strumentale del cosiddetto esperimento di Michelson e Morley che fu utilizzato per confutare la teoria dell’etere inteso come il mezzo elastico nel quale si sarebbero propagate le onde elettromagnetiche. La s indica una sorgente puntiforme a uno specchio semiargentato , b e c sono due specchi e in d si ha un telescopio di fuoco f. Si osserva sperimentalmente una figura di interferenza in d .


Fuoco

s c a

d

Se la Terra si muove rispetto all’etere i cammini aba e aca sono differenti. La sorgente s emette onde luminose in un contesto nel quale il sistema fisico, solidale con la Terra, si muove con velocita’ � rispetto ad un riferimento inerziale in quiete rispetto all’etere, inteso come mezzo elastico di propagazione delle onde elettromagnetiche. Rispetto ad un punto non solidale con la Terra, in moto relativo quindi rispetto ad esso, un osservatore in tale punto collocato puo’ ipotizzare di applicare le formule di trasformazione di Galilei per le quali detto osservatore,


esterno alla Terra, che in approssimazione costituisce un sistema di riferimento inerziale animato da data velocita’ data. L’ipotesi della Terra quale sistema inerziale puo’ essere resa ammissibile sperimentalmente osservando che nel ∆đ?‘Ą considerato il moto terrestre di rivoluzione puo’ essere comunque inteso come traslatorio, nel senso della costanza vettoriale della velocita’ di rivoluzione attorno al Sole che, qualora si consideri un ∆đ?‘Ą sufficientemente ampio non e’ vera, dato che la Terra non descrive un moto traslatorio bensi’ una traiettoria ellittica di cui il Sole occupa uno dei due fuochi (I legge di Keplero). Pertanto, sotto queste considerazioni, il sistema sperimentale O’x’y’z’ e’ animato da un moto traslatorio rispetto ad un sistema di riferimento inerziale Oxyz esterno al sistema terrestre in un punto dato. Tale impostazione sarebbe coerente con l’esistenza dell’ipotetico etere, quale mezzo elastico di propagazione delle onde, e quindi Oxyz sarebbe tale che O e’ un punto d’etere. Ma tale posizione di riferimento e’ valevole per ogni punto rispetto al quale un ipotetico osservatore possa affermare entro tempi ragionevoli che la Terra descrive un moto traslatorio. Ragionando in questi termini diviene non essenziale, sotto questo particolare profilo, la esistenza o meno dell’etere. Con riferimento alle misure effettuate da uno sperimentatore che puo’ descrivere il sistema muoversi con velocita’ vettoriale costante đ?‘Ł = (đ?‘Łđ?‘Ľ , 0, 0) riferita quindi a Oxyz (rispetto ad un punto d’etere) avuto


riguardo allo schema sperimentale delineato nella precedente figura puo’ essere fatto il seguente schema che rappresenta lo specchio semiargentato e uno specchio nel quale il raggio viene riflesso. Sia d la distanza tra i due specchi e si ammetta che �� sia la velocita’ costante misurata da un osservatore esterno al sistema in moto, rispetto alle stelle fisse. Tale

costanza

deve

essere

intesa

nel

senso

vettoriale,

come

precedentemente precisato. Tale figura indica i due raggi ed indica anche il senso del moto del sistema sperimentale. Essi percorrono la stessa lunghezza d ma applicando le formule di Galilei lo farebbero in tempi diversi. La figura utile potrebbe essere la seguente. v

d

raggio incidente raggio riflesso

Per comodita’ sono stati disegnati il raggio incidente e il raggio riflesso che percorrono lo stesso spazio d ma occorre determinare i tempi di percorrenza che sarebbero validi con le formule di Galilei.


Il raggio indicente, poche’ il suo verso di percorrenza e’ lo stesso del moto terrestre come idealizzato, sarebbe definito come avere una velocita’ (đ?‘? − đ?‘Ł) ove si e’ omesso il pedice x. Ad esso e’ applicabile la formula (đ?‘? − đ?‘Ł) =

� �′

da cui si ricava �′ =

đ?‘‘ đ?‘?−đ?‘Ł

Sempre considerando le formule di trasformazione di Galilei per il raggio riflesso si ottiene il distinto tempo di percorrenza �′′ =

đ?‘‘ đ?‘?+đ?‘Ł

Tali riflessioni portano alla conseguenza che il dispositivo sperimentale ove fossero applicabili al caso di specie le formule di Galilei di composizione classica dovrebbe rilevare lo spostamento delle frange di interferenza, giusto appunto tenuto conto della velocita’ v indicata. Tale evenienza non e’ stata riscontrata.


La relativita’ speciale . La sintesi einsteiniana del 1905.

La nozione di simultaneita’ Il testo introduttivo all’analisi vettoriale ha ben messo in luce che la descrizione dello stato di moto di un corpo e’ ben posta qualora ci si rapporti ad un sistema di riferimento (una terna destra ortogonale i cui assi sono assunti monometrici. In questo contesto, data quindi una terna di vettori unitari ortonormali, solitamente (i, j, k) il moto di un corpo e’ dato da � = �(�) nella quale compare la variabile indipendente temporale t. Altrettanto evidentemente si deve ricordare che data � = �(�) si ottiene � = �(�)

e đ?’‚ = đ?’‚(đ?‘Ą) intendibili alla stregua di derivate prima e seconda

rispettivamente. Nelle pagine precedenti si e’ dato un senso alquanto operativo a queste riflessioni di sintesi. Occorre introdurre la nozione di eventi simultanei o in termini equivalenti di simultaneita’ tra eventi. Ad un osservatore solidale con Oxyz (con i piedi nel piano xy e il corpo (piedi-testa) nella direzione delle z positive ) e’ necessario assegnare un


orologio idoneo ad associare ad un evento esterno una data posizione della lancetta, quasi parafrasando Einstein. Gli step ulteriori sono i seguenti ∶ • si considerano un punto A con un osservatore in esso e un punto B dello spazio con un osservatore muniti entrambi di orologi identici, cioe’ si considerano due distinti osservatori che possono effettuare misure di tempo • la luce si propaga da A a B con velocita’ finita ma elevatissima impiegando un tempo t eguale al tempo impiegato per muoversi in verso opposto da B ad A. I due osservatori (A e B) possono osservare eventi nelle immediate vicinanze e associare l’istante del verificarsi di un evento ad una data posizione delle lancette dei rispettivi orologi. Limitiamoci a considerare lo spazio euclideo e a riflettere avendo presente questa figura. B A


Al tempo đ?‘Ąđ??´ un raggio di luce si muove da A in direzione di B e viene riflesso al tempo (all’istante) đ?‘Ąđ??ľ . Si puo’ evidentemente scrivere che đ?‘? = ottiene (đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ )đ?‘? = đ?‘‘(đ??´, đ??ľ) cioe’ (đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ ) =

đ?‘‘(đ??´,đ??ľ) đ?‘?

đ?‘‘(đ??´,đ??ľ) đ?‘Ąđ??ľ −đ?‘Ąđ??´

e infine đ?‘Ąđ??ľ =

da cui si

đ?‘‘(đ??´,đ??ľ) đ?‘?

+ đ?‘Ąđ??´ .

Il raggio di luce giunge nuovamente in A al tempo đ?‘Ąâ€˛đ??´ risultando, atteso che il tempo che la luce impiega a raggiungere B partendo da A e eguale al tempo impiegato nel tragitto da B ad A, risulta essere đ?‘Ąâ€˛đ??´ = Poiche’, ovviamente,

e’

đ?‘?

e da đ?‘Ąâ€˛đ??´ =

đ?‘‘(đ??ľ,đ??´) đ?‘?

đ?‘?

+ đ?‘Ąđ??ľ .

d(A,B)= đ?‘‘(đ??ľ, đ??´)si ottiene

sincronizzazione degli orologi atteso che da đ?‘Ąđ??ľ = đ?‘‘(đ??´,đ??ľ)

đ?‘‘(đ??ľ,đ??´)

+ đ?‘Ąđ??ľ si ottiene đ?‘Ąâ€˛đ??´ − đ?‘Ąđ??ľ =

đ?‘‘(đ??´,đ??ľ) đ?‘?

đ?‘‘(đ??ľ,đ??´) đ?‘?

la condizione di + đ?‘Ąđ??´ si ha đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ =

.

Ma, come noto, risultando d(A,B)= đ?‘‘(đ??ľ, đ??´) per la proprieta’ transitiva dell’eguaglianza si ottiene la celebre relazione di sincronizzazione degli orologi, contenuta nel saggio di Einstein del 1905, dedicato alla fondazione della relativita’ ristretta, scritta come đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ = đ?‘Ąâ€˛đ??´ − đ?‘Ąđ??ľ . La quantita’ temporale (đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ ) indica l’intervallo di tempo che la luce impiega a percorrere il tragitto AB mentre la grandezza ( đ?‘Ąâ€˛đ??´ − đ?‘Ąđ??ľ ) esprime l’intervallo di tempo per lo spostamento opposto (dal punto B al punto A) . Tale relazione esprime la definzione di sincronizzazione.


Successivamente, sempre nel testo del 1905, Albert Einstein definisce la condizione di sincronizzazione come applicabile ad un numero qualunque di orologi identici. La relazione “e’ sincronizzato con” esprime una relazione di equivalenza e in particolare due orologi X e Y sincronizzati con un terzo orologio Z sono sincronizzati tra di loro. Tali orologi definiscono un “sistema di orologi stazionari”, sincronizzati come da definizione. Si ha quindi un tempo del riferimento dato. Fu merito, riconosciuto dallo stesso Einstein, del matematico Minkosky di introdurre la nozione di spaziotempo atteso che un dato evento si verifica sicuramente in un punto (x,y,z) dello spazio tridimensionale euclideo ma tale evento si verifica in un dato istante t circostanza questa che consente di affermare che rispetto ad un osservatore solidale, nel senso predetto, con Oxyz l’evento e’ descritto da una quaterna ordinata (x,y,z,t), quando sia data una base quale quella ordinaria ortonormale (i, j, k).


I postulati della relativita’ einsteniana Nel suo celebre elaborato del 1905 “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimentoâ€? Einstein enuncia i due postulati della sua teoria della relativita’ ristretta. Il primo postulato viene enunciato (nel testo del saggio del 1905) come segue: le leggi secondo cui evolvono gli stati di un sistema fisico sono indipendenti dal fatto che tali cambiamenti vengono riferiti l’uno rispetto all’altro, piuttosto che all’altro, di due sistemi di coordinate in moto relativo traslatorio uniforme. Il secondo postulato, viene dallo stesso fisico tedesco, enunciato come segue: nel sistema di coordinate stazionario ogni raggio di luce, non importa se emesso da un corpo in quiete oppure da un corpo in movimento, si muove con la determinata velocita c . La figura sottostante ben schematizza la situazione che si viene a creare e quali “affermazioniâ€? potranno fare i vari osservatori coinvolti. Oxyz e’ un sistema in quiete rispetto ad ogni sistema in quiete rispetto al sistema di riferimento delle stelle fisse. O’x’y’z’ per contro e’ un sistema di riferimento animato da un moto traslatorio uniforme con velocita’ đ?’— rispetto a Oxyz. Per semplicita’ si ammetta che il moto riguardi la sola direzione delle x, sia cioe’ đ?‘Ł = (đ?‘Łđ?‘Ľ , 0, 0). In altri termini si


ammette sia đ?‘Ľ ≥ đ?‘Ľ ′ , O(t)= cost. e O’(t)≠đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. In altri termini d(O, O’)= |đ?‘Łđ?‘Ľ |đ?‘Ą quando si ipotizzi di considerare il modulo dello scalare đ?‘Łđ?‘Ľ . La figura utile e’ la seguente. z z’

O O’

y y’

� ≥ �′

Da O all’istante đ?‘Ą0 > 0 parte un impulso luminoso . Secondo la relativita’ classica l’osservatore in O’, in moto rispetto ad O, misura una velocita’ đ?‘? Âą đ?‘Łđ?‘Ľ dove đ?‘Łđ?‘Ľ e’ la velocita’ do O’ rispetto ad O assunta in modulo, cioe’ đ?‘Łđ?‘Ľ = |đ?’—| . In particolare se O’ si allontana da O cioe’ se OO’(t) > OO’(0) l’osservatore O’ misurerebbe la velocita’ đ?‘? − đ?‘Łđ?‘Ľ .


Se O’ si avvicina ad O l’osservatore classico dovrebbe invece dichiarare che l’impulso luminoso viaggia ad una velocita’ đ?‘? + đ?‘Łđ?‘Ľ . Questa sottostante figura illustra i due possibili casi e quanto dovrebbe affermare un osservatore classico.

c

O’

đ?‘Łđ?‘Ľ

O O’(t) non e’ costante. In questo caso un osservatore solidale con O’ affermerebbe che la luce viaggia ad una velocita’ đ?‘? − đ?‘Łđ?‘Ľ . Nel caso opposto, O’ che va incontro al raggio di luce partito da O si ha la seguente rappresentazione grafica.

.

c

đ?‘Łđ?‘Ľ O

In questo caso l’osservatore solidale con O’ in avvicinamento ad O e all’impulso partito da O dichiara che la luce si muove ad una velocita’ đ?‘? + đ?‘Łđ?‘Ľ .


In entrambi i casi �� indica il modulo, quindi una grandezza positiva, del vettore velocita’ � . Un modellino che presuppone la validita’ del principio di relativita’ einsteiniana Si considera un riferimento Ox in quiete e un sistema O’x’ in moto relativo rispetto al primo con una velocita’ il cui modulo vale v . Si ammetta che O’ si sposti allontanandosi da O e che al tempo t da O’ in moto parta un impulso in direzione di O.

c O

v O’(t)

La figura “fotografaâ€? la situazione ad un dato istante di tempo . Nell’unita’ di tempo (in un secondo) il punto O’ si sposta verso destra di |đ?‘Ł| metri. Nello stesso tempo il raggio di luce ha percorso |đ?‘?| metri . Poiche’ O’ si allontana da O nella unita’ di tempo l’impulso non puo’ aver raggiunto O (in quiete, che quindi misura per il raggio di luce una velocita’ di c) . Nel caso opposto cioe’ quando O’ si avvicina ad O un osservatore classico deve ritenere che l’impulso arrivi in O in un intervallo di tempo inferiore all’unita’, quando si ponga al tempo in cui viene lanciato l’impulso che sia OOâ€?(0)= |đ?‘?| . In altri termini sarebbe OO’(0) = 3 ∗ 108 metri, atteso che la luce nel percorre tale distanza impiega proprio 1 secondo. Implicitamente si e’ ammesso che la velocita’ della luce sia c quando misurata da O in quiete. E’ quindi definita una grandezza del tipo lunghezza che in termini numerici vale |đ?‘Ł| che la luce impiega đ?œ? secondi a percorrere alla velocita’ c potendo scrivere che đ?‘? = a đ?‘?đ?œ? = |đ?‘Ł| .

|đ?‘Ł| đ?œ?

che conduce


Nel caso di allontanamento di O’ da O il valore đ?œ? =

|đ?‘Ł| đ?‘?

indica il ritardo (in secondi, del tipo

10−đ?‘˜ sec ) che la luce impiega a raggiungere O partendo da O’ in allontanamento rispetto ad O. Nella relativita’ einsteiniana tutti gli osservatori misureranno la stessa velocita’ della luce pari a c metri al secondo.

Un punto essenziale e’ il seguente. La velocita’ intrinseca della luce e’ quella misurata da un osservatore in quiete rispetto ad ogni osservatore in quiete rispetto al riferimento delle stelle fisse. Ulteriormente si dovra’ affermare, cosi’ completando il postulato di Einstein, che ogni osservatore inerziale (ancorche’ in moto rettilineo e uniforme rispetto ad un sistema in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse) dovra’, a pena di contraddizioni, affermare parimenti che la velocita’ della luce vale c. In altri termini quando e’ coinvolta la velocita’ della luce le formule di Galilei non valgono piu’. Lo sviluppo di un esempio rinvenuto in un testo consultato Molto istruttivo mi e’ risultato un semplice esempio che ho rinvenuto nella bibliografia, contenuta ma selezionata, utilizzata per la redazione di queste note. Mi riferisco alla prefazione del prof. Barone ai due saggi di Einstein sulla relativita’.


Un poco come ai vecchi tempi della prima lettura divulgativa di relativita’, quale il testo di Durrell (La relativita’ con le quattro operazioni) mi sono dato ragione del seguente esmepio, che per ragioni di spazio condenso in poche righe. O e’ in quiete e O’ viaggia a 300 Km all’ora. Da O’ viene lanciato un proietto che viaggia a 100 km all’ ora rispetto a O’. Dati i versi di moto relativi di O’ e del proietto O in quiete afferma che il proietto si muove a 300 + 100 = 400 kilometri all’ora. Perche’ ? In un tempo unitario O’ si e’ spostato rispetto ad O di |v| e in tale ∆đ?‘Ą = 1 il proietto si e’ spostato di |u| rispetto ad O’ . Quindi l’osservatore in O afferma che il proiettile in un ∆đ?‘Ą = 1 si e’ spostato di |đ?‘Ł| + |đ?‘˘| in metri (cio’ se le due velocita’, quella di O’ rispetto ad O e quella del proietto rispetto ad O sono concordi nella direzione positiva delle x). Qualora il proietto avesse un moto nel verso opposto rispetto al moto di O’ (in moto nella direzione positiva delle x) si sarebbe scritto che l’osservatore in O afferma che il proiettile in un ∆đ?‘Ą = 1 si e’ spostato di |đ?‘Ł| − |đ?‘˘| in metri .

Il diagramma spazio-tempo Prima di considerare le trasformazioni di Lorentz-Poincare’ e’ sicuramente utile introdurre il cosiddetto diagramma spazio-tempo. Ci si muove nell’ipotesi semplificata (ma la sostanza delle cose, salvo l’appesantimento che ne deriva, non muterebbe‌.) che il moto avvenga nella sola direzione delle x.


Ulteriormente, nella teoria della relativita’ ristretta si pone che la velocita’ della luce sia espressa da una grandezza prima di dimensioni fisiche e che valga 1. In altri termini si pone che sia đ?‘? = 1 e che l’equazione dimensionale corrispondente sia ⌋đ??ż0 , đ?‘€0 , đ?‘‡ 0 âŚŒ . Un esempio di diagramma spazio-tempo e’ il seguente. In esso e’ evidenziato un raggio di luce la cui equazione e’ đ?‘Ľ = đ?‘?đ?‘Ą . t Linea di universo ammissibile

Linea di universo del raggio di luce

đ?œ‹ 4

đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘.

Linea di universo non ammissibile ( c > 1)

x La ammissibilita’ e la non ammissibilita’ sono riferite alla condizione iniziale x(0)= � . In esso, per semplicita’, si sono considerati moti rettilinei e uniformi nella direzione positiva delle x (delle x crescenti‌.). Le linee di universo non ammissibili sono quelle che presuppongono una velocita’ del moto maggiore della velocita’ c della luce.


Nei termini piu’ generali l’equazione del raggio di luce puo’ essere in unita’ naturali scritta con usando l’equazione đ?‘Ľ = Âąđ?‘?đ?‘Ą nella quale si puo’ porre đ?‘? = 1 potendola quindi riformulare con đ?‘Ľ = Âąđ?‘Ą . Il raggio di luce puo’ essere rappresentato nel diagramma spazio-tempo come segue. đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = |đ?’—|đ?‘Ą t

luogo del raggio di luce

x

Per ogni osservatore O’ distinto da O tale che sia OO’(0) = � il luogo e’ una retta parallela alla retta indicata nel grafico, quindi al variare di O’ che appartiene all’asse delle x si ha un fascio (improprio) di rette che definiscono altrettanti raggi di luce.


Con riferimento ad un punto materiale qualunque nel piano che individua un diagramma spazio-tempo un raggio di luce e’ definito da una semirette che forma đ?œ‹

con l’asse positivo un angolo di rad. nel senso definito dalla figura. 4

asse del tempo luogo del raggio di luce da O

đ?‘Ąđ?‘ đ?œ? đ?œ‹ 4

đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘.

asse delle x

In colore ocra piu’ marcato e’ indicata la traiettoria del raggio di luce che partendo al tempo đ?œ? dal punto đ?‘Ľ0 = đ?‘Ľ(đ?‘Ł(đ?œ?)) potendo per via grafica desumersi in quale istante đ?‘Ąđ?‘ tale segnale raggiunge l’osservatore in moto con distinta velocita’ u rispetto ad O in quiete (semiretta ocra meno accentuata).


Relazione tra le coordinate di un osservatore in quiete e di uno in moto relativamente ad esso con velocita’ � . L’equazione del moto di O’ (in moto relativo rispetto ad O’) e’ data dalla equazione �(�) = ¹|�|� . Per semplicita’ si distinguono i due casi possibili. Nel primo caso si ha il moto di O’ nella direzione positiva delle x (senso delle x crescenti). Si ammette che O’(0)≥ O la rappresentazione e’ la seguente. t equazione del corpo O’ in moto

luogo del raggio di luce

coordinata nel tempo

Il luogo del corpo in movimento relativo diviene in questo caso đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = |đ?’—|đ?‘Ą Nel caso che il moto avvenga nella direzione delle x negative l’equazione del moto diviene đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = −|đ?’—|đ?‘Ą . Anche in questo caso sotto la condizione |đ?’—| ∈ (0, 1) .


La corrispondente rappresentazione grafica illustra il caso. luogo del moto di un corpo nella direzione delle x decrescenti partendo da O.

đ?œ‹ 4

đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘

I diagrammi spazio-tempo sono utilizzabili anche con riferimento allo studio di moti rettilinei nei quali la condizione iniziale sia �(0) ≠O. Un esempio e’ banalmente il seguente.

Regione dei possibili moti

x(0)


In colore ocra sono indicate le direzioni dei raggi di luce. Entro tali frontiere sono possibili le rappresentazioni del moto dei corpi. Con riferimento a tale figura si tenga conto della simmetria e cioe’ dei due possibili moti, quello da sinistra verso destra e quello opposto. ⋰⋹⋰⋹⋰⋹ I diagrammi spazio-tempo consentono di trovare le condizioni di simultanea ricezione di segnali luminosi provenienti da osservatori distinti quando siano verificate particolari condizioni di moto relativo. Si consideri il seguente diagramma nel quale l’equazione � = �� (� < 1) . Si osservi che l’equazione � = �� indica la posizione di O’ nel tempo, essendo O≥ O’ per t = 0 . L’equazione � = �� + � (� > 0) indica il luogo (retta) riferita ad un osservatore O’’ che al tempo t = 0 si trova a distanza � (� > 0) da O in quiete nel dominio del tempo.


Il segnale inviato al tempo t = 0 da O e il segnale inviato da O’’, cui corrisponde l’equazione � = �� + � (� > �)

giungono al tempo đ?‘Ąđ?‘ simultaneamente al

segnale inviato al tempo t = 0 da O in quiete quando e’ verificata la condizione data dal seguente grafico. t

A

B

C

A, B e C sono tre osservatori che si muovono con la stessa velocita’ (le tre semirette sono infatti parallele‌) partendo da tre condizioni iniziali diverse , 0, đ?›ź, đ?›˝ . Ovviamente sotto la condizione 0 < đ?‘Ł < 1 le velocita’ di A, B e C possono essere anche distinte. đ?œ‹

I due angoli đ?œƒ al di la’ del disegno devono essere intesi eguali a đ?‘&#x;đ?‘Žđ?‘‘ . 4


La simultaneita’ dei segnali che provengono a B e’ verificata quando gli impulsi che partono a O (in quiete nel dominio del tempo) da A e da C partono negli istanti 0 , đ?œ”, đ?œ? . Variazioni di velocita’ - Una rappresentazione classica e la corrispondente rappresentazione nel diagramma spazio-tempo

Ammettiamo che il moto di un corpo puntiforme sia studiato in ⌋0 , đ?‘Ą3 âŚŒ ammettendo equivalenti due situazioni formalmente diverse, quella che sia đ?‘Ł(0) = đ?‘Ł1 e quella per la đ?‘Ł(0) = 0 quale si ha { cioe’ quella che impulsivamente porta alla transizione 0 → đ?‘Ł1 . đ?‘Ł(0+ ) = đ?‘Ł1 Ai tempi intermedi la velocita’ varia secondo la rappresentazione grafica canonica che segue.

v(t)

0

đ?‘Ą1

đ?‘Ą2

t

đ?‘Ą3

Il caso considerato non necessita del calcolo integrale. La velocita’ media scalare e’ đ?‘Łđ?‘š ∑3đ?‘–=1 đ?‘Łđ?‘– (đ?‘Ąđ?‘– −đ?‘Ąđ?‘–−1 ) đ?‘Ą3

.

đ?‘ đ?‘?đ?‘Žđ?‘§đ?‘–đ?‘œ đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘ đ?‘œ

= đ?‘Ąđ?‘’đ?‘šđ?‘?đ?‘œ đ?‘–đ?‘šđ?‘?đ?‘–đ?‘’đ?‘”đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘Ž đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘™đ?‘œ =

∑3đ?‘–=1 đ?‘Łđ?‘– (đ?‘Ąđ?‘– −đ?‘Ąđ?‘–−1 ) đ?‘Ą3 −0

=


Si osservi che gli intervalli vanno congegnati in modo che in ogni istante si abbia uno ed un solo valore per la velocita’ cosiddetta istantanea. Si osservi che quello rappresentato e’ un grafico per certi aspetti riduttivo della descrizione di un moto, specie quando esso debba essere studiato con riferimento ad un dato istante, quale potrebbe essere per esempio il �3 del grafico. In altri termini se il corpo partendo da una certa posizione invece di allontanarsi da essa muove per cosi’ dire avanti e indietro per fotografare la situazione finale e parametrare lo spazio percorso tra il tempo 0 e �3 e’ forse piu’ utile usare la regola convenzionale adattata per la quale sono positive le velocita’ che avvengono nella direzione delle x positive e negative quelle che avvengono nel verso opposto. Nel successo grafico si e’ ipotizzato che il moto avvenga nella direzione delle x negative nell’intervallo (�2 , �1 ) realizzandosi, per le condizioni poste, una rappresentazione quale la seguente.

Âą|đ?‘Ł|

0

đ?‘Ą1

đ?‘Ą2

In questo caso gli spazi percorsi vanno sommati algebricamente.

đ?‘Ą3


Con riferimento al caso piu’ semplice, per il quale il moto avviene, seppure a velocita’ non costante nel periodo di tempo considerato ma sempre nel verso delle x positive si ha questa rappresentazione nel diagramma spazio-tempo. �3

đ?‘Ą2

đ?‘Ą1

O

x(t)

Tale moto, rappresentato dalla spezzata ocra, e’ equivalente ad un moto rettilineo quale quello rappresentato dalla semiretta su cui insiste il segmento verde. đ?œ‹

I vettori in blu indicano la retta del raggio di luce, sono tutti paralleli e inclinati di 4 rad. che forse piu’ formalmente andrebbero riferiti a punti dell’asse delle x. Ma la sostanza delle cose non muta.

Esiste la possibilita’ di ricavare la relazione di Galilei delle velocita’ ragionando sul diagramma spazio-tempo. Per semplicita’ si considera un moto relativo che si realizza nella direzione delle x positive.


Questo grafico e i successivi passaggi algebrici ben evidenziano la situazione. t luogo del corpo in moto raggio di luce

x(t)

Il corpo in moto, rappresentato dalla semiretta color ocra ha equazione đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘Ą da cui immediatamente si puo’ scrivere đ?‘Ľ(đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ą = 0 . Poiche’ l’equazione del corpo in quiete nel dominio del tempo e’ đ?‘Ľ ′ (đ?‘Ą) = 0 ∀đ?‘Ą si puo’ allora scrivere che đ?‘Ľ(đ?‘Ą) − đ?‘Łđ?‘Ą = đ?‘Ľâ€˛(đ?‘Ą) o, anche, đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Ľ ′ (đ?‘Ą) + đ?‘Łđ?‘Ą.

Mancata sincronizzazione Siano dati due orologi A e B collocati in punti distinti dello spazio, pure indicati con A e B. La mancata simultanea ricezione, anche in condizioni assolutamente statiche, del segnale luminoso proveniente da un punto K non equidistante da A


e da B. Cio’ come immediata ed evidente conseguenza della finitezza della velocita’ della luce. In altri termini se da K viene inviato un segnale luminoso in direzione di A e di tali impulsi luminosi non raggiungono A e B, posti a distanza d tra di loro, istantaneamente ma con uno sfasamento temporale facilmente calcolabile. Ě…Ě…Ě…Ě… ≠La figura, nella quale A e B non sono equidistanti da K, cioe’ sono tali che đ??žđ??´ Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žđ??ľ , e’ la seguente. A

B K

Per compiere il tragitto KA la luce impiega il tempo đ?‘Ą1 = il tratto KB la radiazione impiega il tempo đ?‘Ą2 =

Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žđ??ľ đ?‘?

Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žđ??´ đ?‘?

mentre per percorre

Quindi đ?‘Ą2 − đ?‘Ą1 =

Nei termini piu’ generali il ritardo temporale nella ricezione e’ ∆đ?‘Ą =

Ě…Ě…Ě…Ě… Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žđ??ľâˆ’đ??žđ??´

|∆đ?‘ | đ?‘?

đ?‘?

.

.


Appendice sulle funzioni iperboliche E’ utile fare qualche cenno alle funzioni iperboliche e alle loro proprieta’ fondamentali. Tali funzioni sono definite a partire dalla seguenti due funzioni đ?‘“1 (đ?‘Ľ) = đ?‘’ đ?‘Ľ e đ?‘“2 (đ?‘Ľ) = đ?‘’ −đ?‘Ľ . Le funzioni iperboliche sono cosi’ definite Seno iperbolico sinh (đ?‘Ľ) =

đ?‘’ đ?‘Ľ −đ?‘’ −đ?‘Ľ 2

il cui dominio e’ il continuo reale, cioe’ dom sinh(x)= (−∞, +∞).

sinh(đ?‘Ľ) = 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ = 0 Risulta immediato dimostrare che {sinh(đ?‘Ľ) > 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ > 0 . sinh(đ?‘Ľ) < 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ < 0 Coseno iperbolico cosh (đ?‘Ľ) =

đ?‘’ đ?‘Ľ +đ?‘’ −đ?‘Ľ 2

il cui dominio e’ il continuo reale, cioe’ dom sinh(x)= (−∞, +∞).

La curva piana di equazione cosh (đ?‘Ľ) =

đ?‘’ đ?‘Ľ +đ?‘’ −đ?‘Ľ 2

e’ normalmente detta catenaria.

Tangente iperbolica Viene definita la tangente iperbolica come il rapporto tra il seno e il coseno iperbolico, cioe’ si ha sinh (�)

đ?‘’ đ?‘Ľ −đ?‘’ −đ?‘Ľ

đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”â„Ž(đ?‘Ľ) = cosh (đ?‘Ľ) = đ?‘’ đ?‘Ľ +đ?‘’ −đ?‘Ľ . Si ha che dom đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”â„Ž(đ?‘Ľ) = (−∞, +∞). 1

Viene anche definita la funzione cotangente iperbolica, scrivendo đ?‘?đ?‘œđ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”â„Ž(đ?‘Ľ) = tangh (đ?‘Ľ) . Sono di fondamentale importanza le seguenti proprieta’ e la successiva relazione tra funzioni iperboliche. sinh(đ?‘Ľ) = −sinh (−đ?‘Ľ) cosh(đ?‘Ľ) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ h (−đ?‘Ľ)


tangh(đ?‘Ľ) = −đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”â„Ž (−đ?‘Ľ) coth(đ?‘Ľ) = −đ?‘?đ?‘œđ?‘Ąâ„Ž (−đ?‘Ľ) (si osservi che l’unica funzione pari, tale cioe’ che sia f(x) = đ?‘“(−đ?‘Ľ) ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ đ?‘‘đ?‘œđ?‘š đ?‘“) . Risulta facilmente dimostrabile che đ?‘?đ?‘œđ?‘ â„Ž2 (đ?‘Ľ) − đ?‘ đ?‘–đ?‘›â„Ž2 (đ?‘Ľ) = 1 Per arrivare a tale risultato e’ infatti sufficiente sostituire in formule, all’uopo utilizzando le definizioni.

Gruppo di simmetria di Klein Uno spazio geometrico si connota come uno spazio vettoriale di assegnata dimensione n e dalla azione di un gruppo di simmetria assegnato. In generale a distinti spazi corrispondono distinti gruppi di simmetria. Un esempio canonico ampiamente riportato (Provost, Raffaelli, VallÊe) e’ quello che argomenta a partire dal piano euclideo bidimensionale e alla superficie sferica, entrambi di dimensione 2. Ad essi sono associabili due distinti gruppi di simmetria, detti, rispettivamente gruppo euclideo e gruppo delle rotazioni. Gli spazi che di volta in volta si considerano sono detti: •

omogenei, se non esiste un punto privilegiato;

•

isotropi, qualora non esistano per ogni punto che si consideri in detto spazio direzioni privilegiate.

Gia’ e’ stato ampiamente argomentato che lo spazio e’ sempre trattato considerando un sistema di riferimento utilizzando la terna destra, ben nota dalla fisica di base. La figura sottostante e’ indicativa.


z

y x

Galilei ha fatto comprendere che i sistemi inerziali si caratterizzano per l’invarianza delle leggi della fisica, sia per traslazioni che per rotazioni. Einstein ha esteso il principio di relativita’ al campo elettromagnetico di Maxwell. Esiste, come

riportato (Provost, Raffaelli, VallĂŠe), una corrispondenza tra gruppo di

simmetria di uno spazio e gruppo di relativita’ dello spazio-tempo, stabilendo, come rilevano i citati autori, tra proprieta’ geometriche e leggi della fisica. Occorre, preliminarmente, rinverdire le nozioni di algebra astratta, all’uopo utilizzando la nozione di gruppo algebrico, come introdotta da Galois. La struttura (G, ∗) e’ un gruppo se l’insieme G non e’ un insieme vuoto e se la legge di composizione interna ∗ , cioe’ la relazione che associa alla coppia (a, b) di G Ă— G e’ tale che a∗ đ?‘? = đ?‘? ∈ đ??ş, gode delle seguenti proprieta’ formali: (đ?‘Ž ∗ đ?‘?) ∗ đ?‘? = đ?‘Ž ∗ (đ?‘? ∗ đ?‘?) (proprieta’ associativa) ∃! đ?‘’ ∈ đ??ş | đ?‘Ž ∗ đ?‘’ = đ?‘’ ∗ đ?‘Ž = đ?‘Ž ∀đ?‘Ž| đ?‘Ž ∈ đ??ş ∀đ?‘Ž|đ?‘Ž ∈ đ??ş ∃! đ?‘Žâˆ’1 | đ?‘Žâˆ’1 ∗ đ?‘Ž = đ?‘Ž ∗ đ?‘Žâˆ’1 = đ?‘’ Non necessariamente un gruppo e’ commutativo. Quando, oltre alle proprieta’ enunciate, risulta vero che


đ?‘Ž ∗ đ?‘? = đ?‘? ∗ đ?‘Ž ∀đ?‘Ž, đ?‘? ∈ đ??ş si dice che il gruppo e’ abeliano. Un gruppo G e’ finito o infinito a seconda che G contenga un numero finito o infinito di elementi. Il numero di elementi che appartengono a G e’ detto ordine. Possono essere di fondamentale importanza le due seguenti proprieta’: proprieta’ di semplificazione (đ?‘Ž ∗ đ?‘? = đ?‘Ž ∗ đ?‘?) ⇒ đ?‘? = đ?‘? (đ?‘Ž ∗ đ?‘? = đ?‘&#x; ∗ đ?‘?) ⇒ đ?‘Ž = đ?‘&#x; simmetrico del composto (đ?‘Ž ∗ đ?‘?)−1 = đ?‘? −1 ∗ đ?‘Ž −1 ∀đ?‘Ž, đ?‘? ∈ đ??ş. ≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥ Si e’ soliti affermare che un gruppo “agisceâ€? su oggetti fisici o geometrici o anche astratti caratterizzati da parametri. Possiamo, dato l’oggetto đ?‘Ľ, quale potrebbe essere un vettore, inteso come elemento di uno spazio vettoriale, con quello che peraltro viene ritenuto un abuso di notazione, si scrive đ?‘”

� → �� . �

Si impone đ?‘Ľ → đ?‘’đ?‘Ľ = đ?‘Ľ ∀đ?‘Ľ In termini di applicazione composta si ammette sia đ?‘”2 (đ?‘”1 (đ?‘Ľ)) = (đ?‘”2 đ?‘”1 )(đ?‘Ľ) Mi e’ gradito descrivere tali condizioni come segue đ?‘”1

đ?‘”2

� → �1 (�) → �2 (�1 (�)) ≥ (�2 �1 )(�) Tale composizione non e’ necessariamente commutativa.


Si e’ realizzata una rappresentazione del gruppo G nello spazio X dei parametri dove quindi X = {đ?‘Ľđ?‘– } e G = ({đ?‘”đ?‘– },∗) e’ un gruppo. L’insieme X e’ solitamente riferito a grandezze fisiche rispetto alle quali e’ verificata l’ordinaria condizione di linearita’ đ?‘”(đ?œ†1 đ?‘Ľ1 + đ?œ†2 đ?‘Ľ2 ) = đ?‘”(đ?œ†1 đ?‘Ľ1 ) + đ?‘”(đ?œ†2 đ?‘Ľ2 ) = đ?œ†1 đ?‘”(đ?‘Ľ1 ) + đ?œ†2 đ?‘”(đ?‘Ľ2 ) đ?œ†1 đ?‘’ đ?œ†2 sono due scalari di un dato campo K. ≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥≥

Inviarianza rispetto ad una trasformazione lineare Si dice che � e’ invariante rispetto ad una trasformazione lineare se e solo se si ha �(�) = �. �

In altri termini sarebbe � → �(�) ≥ � . L’invarianza, nel senso piu’ globale, non e’ interessante tanto in relazione al singolo oggetto, quanto, piuttosto, con riferimento alle relazioni tra oggetti. Una relazione e’ invariante se risulta �(�1 , �2 , ‌ ‌ , �� ) = 0 ⇔ �(��1 , ��2 , ‌ . . , ��� ) per ogni g . G, costituito dalle varie g, e’ detto gruppo di simmetria. Trasformazioni attive �

Le g tali che, dato comunque un sisterma R di coordinate, sia đ?‘Ľ → đ?‘”(đ?‘Ľ) che quindi manda un vettore x nel vettore g(x) o, come anche si scrive, gx, sono dette trasformazioni attive. Il sistema di coordinate non varia. In altri termini, x e gx sono riferiti al medesimo R. Nelle trasformazioni inverse si hanno due distinti sistemi di coordinate R e R’ . In questo caso l’oggetto, per esempio un vettore, đ?‘Ľđ?‘… tramite la trasformazione passiva đ?‘”−1 diviene đ?‘Ľâ€˛đ?‘…′ .

In altri termini si ha đ?‘”−1 đ?‘Ľđ?‘… = đ?‘Ľâ€˛đ?‘…′ .


Gruppo di simmetria dello spazio-tempo E’ dato un riferimento R, solitamente ortogonale destro. I punti dello spazio tempo sono la quaterna ordinata (t, x, y, z) . Due distinti eventi sono definiti da due distinte quaterne, cioe’ scrivendo (đ?‘Ą1 , đ?‘Ľ1 , đ?‘Ś1 , đ?‘§1 ) đ?‘’ (đ?‘Ą2 , đ?‘Ľ2 , đ?‘Ś2 , đ?‘§2 ) . Le componenti dello spazio-tempo tra due eventi sono đ?‘‡ = đ?‘Ą2 − đ?‘Ą1 đ?‘‹ = đ?‘Ľ2 − đ?‘Ľ1 { đ?‘Œ = đ?‘Ś2 − đ?‘Ś1 đ?‘? = đ?‘§2 − đ?‘§1 Utilizzando la notazione vettoriale, riferita allo spazio vettoriale a 4 dimensioni, di cui una temporale e le altre 3, ordinariamente spaziali) si scrive đ?‘š = đ?’“đ?&#x;? − đ?’“đ?&#x;? I cambiamenti di riferimento inerziali conservano gli intervalli. Le trasformazioni su T, X, Y e Z sono lineari. La grandezza đ?‘? 2 đ?‘‡ 2 − đ?‘… 2 e’ un invariante. In altri termini, per due distinti riferimenti risulta essere đ?‘? 2 đ?‘‡ 2 − đ?‘… 2 = đ?‘? 2 (đ?‘‡â€˛)2 − (đ?‘… ′ )2 . La quantita’ invariante e’ Da cui si ricava đ?‘? =

|�| �

=

đ?‘? 2 đ?‘‡ 2 − đ?‘… 2 = đ?‘? 2 (đ?‘‡â€˛)2 − (đ?‘… ′ )2 = 0 . |đ?‘… ′ | đ?‘‡â€˛

. Si osservi che |R| e |R’| sono due distanze, t ordinariamente e’

un tempo quando c si misuri in unita’ del S.I. .

Gli sviluppi della relativita’. La nozione di spazio-tempo.


Ricordiamo che a livello elementare la nozione di invarianza, per traslazione e per otazione, viene introdotta (Kittel, Knight, Ruderman) ricordando che un oggetto nel muoversi o nel ruotare nello spazio non cambia forma e dimensioni. A contrariis, se un corpo muta forma oppure dimensione si ha una situazione di non invarianza. E’ bene chiarire che a distinti sistemi di riferimento, detti, per esempio, K e K’, entrambi inerziali l’intervallo tra eventi viene formalizzato diversamente, utilizzando opportunamente gli apici, quando ci si riferisca al sistema K’ distinto da K. I due invervalli tra gli eventi 1 e 2 vengono cosi’ rappresentati đ?‘ 2 = đ?‘? 2 (đ?‘Ą2 − đ?‘Ą1 )2 − (đ?‘Ľ2 − đ?‘Ľ1 )2 − (đ?‘Ś2 − đ?‘Ś1 )2 − (đ?‘§2 − đ?‘§1 )2 { 2 đ?‘ ′ = đ?‘? 2 (đ?‘Ąâ€˛2 − đ?‘Ąâ€˛1 )2 − (đ?‘Ľâ€˛2 − đ?‘Ľâ€˛1 )2 − (đ?‘Śâ€˛2 − đ?‘Śâ€˛1 )2 − (đ?‘§â€˛2 − đ?‘§â€˛1 )2 E’ forse utile fare il punto della situazione, prima di procedere.

Una sintesi intermedia Un evento e’ definito, rispetto ad un sistema K, e quindi, data una terna destra, da una quaterna ordinata (t, x, y, z). Occorre coordinare il principio di relativita’ con una osservazione sperimentale, posta da Einstein quale postulato della sua teoria: l’invarianza della velocita’ della luce, per tutti gli osservatori che ne descrivono il moto.


Quanto ai sistemi inerziali nella relativita’ e’ necessario ricordare che: •

la distanza tra due punti P e Q non dipende dal tempo e corrisponde alla ordinaria 2

norma euclidea ||PQ|| = √(đ?‘Ľđ?‘ƒ − đ?‘Ľđ?‘„ ) + (đ?‘Śđ?‘ƒ − đ?‘Śđ?‘„ )

2

•

la geometria dello spazio e’ quella ordinaria euclidea

•

nella relativita’ classica il tempo scorre uniformemente per ogni osservatore inerziale.

Uso delle unita’ naturali. Assegnato un intervallo ∆đ?‘Ą sia s la distanza che la luce percorre in tale intervallo. La velocita’ della luce, ordinariamente indicata con la lettera c, e’ intesa scrivendo đ?‘?=

đ?‘‘đ?‘–đ?‘ đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘§đ?‘Ž đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘™đ?‘Ž đ?‘™đ?‘˘đ?‘?đ?‘’ đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘&#x;đ?‘’ đ?‘–đ?‘› đ?‘˘đ?‘› đ?‘‘đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘œ đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘™đ?‘™đ?‘œ đ?‘–đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘™đ?‘™đ?‘œ

= 1.

La velocita’ della luce e’, secondo questa convenzione, una grandezza fisica adimensionata, priva cioe’ di dimensioni fisiche. 1

Posto 3 ∙ 108 mđ?‘ đ?‘’đ?‘? −1 ≥ 1 da cui 1 sec ≥ 3 ∙ 108 m e anche 1 m≥ 3∙108 sec. . Si avra’ modo di constatare che queste “equivalenzeâ€? impongono di ridefinire dimensionalmente tutte le altre grandezze che via via entreranno in gioco, energia, momento lineare, etc. . Cosi’ ad esempio l’energia che nel S.I. e’ misurata in Jaule e’ diversamente considerata nel sistema delle unita’ naturali. Infatti, operando nel S. I. con riferimento alle unita’ di misura đ?‘š

delle grandezze si puo’ scrivere 1 J = 1 đ?‘ ∗ 1đ?‘š = đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž đ?‘ đ?‘’đ?‘? −2 đ?‘š =

đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž đ?‘š2 đ?‘ đ?‘’đ?‘? −2

ma per


l’ultima equivalenza data ex definizione di unita’ naturali si ha 1 )2 đ?‘ đ?‘’đ?‘? 2 3∗108 đ?‘ đ?‘’đ?‘? −2

đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž (

đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž đ?‘š2 đ?‘ đ?‘’đ?‘? −2

≥

1

≥ đ??žđ?‘”đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž (3∗108 )2 .

Ancora sui diagrammi spazio-tempo e sulla impossibilita’ di una traiettoria nel primo ottante E’ sicuramente utile spiegare perche’ il primo ottante di un diagramma spazio-tempo non e’ la regione entro la quale avere una traiettoria per un corpo in moto con velocita’ assegnata e costante quando il moto abbia origine (condizione iniziale) nel punto (0,0), cioe’, in altri termini, x(0)= O. Ormai il senso quelle questioni e’ evidente. t

đ?œ?

x(t) x(đ?œ?)

In arancione e’ indicato il raggio di luce che parte da O al tempo 0 e si muove nel verso delle x positive. Si consideri un istante đ?œ? > 0 . Per sapere in tale istante dove e’ “arrivatoâ€? il raggio si manda dall’asse dei tempi, per il punto đ?œ? > 0 una retta perpendicolare all’asse dei tempi. Essa incontra il luogo del raggio di luce in un dato punto. Da tale punto si manda la


perpendicolare all’asse delle x. Il punto di intersezione tra detta perpendicolare e l’asse delle x individua la distanza percorsa nel tempo đ?œ? che viene indicata con đ?‘Ľ(đ?œ?) . La traiettoria in verde e’ palesemente inammissibile in quanto nello stesso tempo đ?œ? il corpo che la rappresenta avrebbe percorso un tratto đ?œ‘(đ?œ?) > đ?‘Ľ(đ?œ?) e conseguentemente il moto uniforme di tale corpo sarebbe avvenuto ad una velocita’ superiore alla velocita’ c della luce che in unita’ naturali e’ đ?‘? = 1 . Tale corpo avrebbe velocita’ V > 1 , realizzando una condizione non accettabile.

Ammissibilita’ della rappresentazione di moti di corpi con velocita đ?’— < đ?’„ con condizione iniziale x(0)= đ?œś ≠đ?&#x;Ž . Non necessariamente i corpi il cui moto viene descritto nei diagrammi spazio tempo iniziano al tempo iniziale t= 0 partono dal punto (0,0).

Si osservi che l’asse t puo’ essere considerato il luogo di un corpo in quiete in O nel tempo in quanto compendiato dalle coppie ordinate (0, t) ∀đ?‘Ą ≼ 0 .

Se si vuole rappresentare un corpo in quiete ma tale che esso non sia in O ma in O’ tale che �≥0 risulti { (anche se la sostanza delle cose non muta qualora si studi il caso � < 0) �′ ≥ � > 0 occorre rifarsi ad un asse t’ parallelo all’asse t e passante per � . La figura sottostante ben illustra la situazione.


t

t’

O

O’ x đ?œś

Anche quando il corpo parte dal punto đ?›ź, cioe’ quando e’ data la condizione iniziale x(0)= 0, deve essere considerata la condizione che la traiettoria che descrive nel tempo il moto non puo’ collocarsi nel primo ottante, laddove risulterebbe la condizione impossibile đ?‘Ł >đ?‘? =1. Ho ipotizzato due corpi che si muovono alla stessa velocita’ partendo da condizioni iniziali (collocazione nello spazio a una dimensione differenti). Il caso e’ descritto dalla seguente figura. t

t’

O

O’

x


In arancione sono indicati i raggi di luce che partono da O e da O’ rispettivamente. Le due linee tratteggiate, che sono parallele, indicano le traiettorie dei corpi che partono da O e da O’. In questo universo semplificato la coppia ordinata (x, t) denota univocamente un evento.

La condizione del moto e’ espressa dalla relazione condizionata seguente đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘Łđ?‘Ą + đ?›ź đ?‘Ł ∈ (−1, +1) − {0} đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘‘đ?‘Ľ

{

= đ?œ‘ ∈ (+∞, 1) âˆŞ (−1, −∞) đ?›ź = đ?‘Ľ(0) đ?›ź ∈ (−∞, +∞) 1

La grandezza � e’ detta slope. Deve essere � ≠0 .

Esempio di urto utilizzando i diagrammi spazio-tempo E’ sicuramente utile dare un esempio di urto, utilizzando il formalismo dei diagrammi spazio-tempo. E’ sicuramente utile individuare due traiettorie riferite a corpi che partono da distinte condizioni iniziali, indicando i pertinenti raggi di luce che costituiscono la frontiera delle possibili traiettorie compatibili con un urto. I raggi di luce sono indicati in colore ocra, mentre le traiettorie sono indicate in blu e in verde. La loro intersezione, ovviamente, indica in che punto i due corpi si incontrano e in quale istante di tempo. La figura sottostante, ridotta all’essenziale, illustra i contenuti enunciati.


đ?‘Ľđ?‘–đ?‘šđ?‘?

x(t) đ?‘Ľđ?‘–đ?‘šđ?‘? Esiste ovviamente un urto che si verifica quando un corpo puntiforme si avvicina ad un altro con una velocita’ scalarmente superiore. I due corpi sono inevitabilmente destinati ad urtarsi. Questo ne e’ un banale esempio grafico. Il corpo la cui traiettoria e’ in verde e’ innegabilmente piu’ veloce‌.. . t

t’

O

O’

t

Le due perpendicolari tratteggiate indicano punto di contatto e istante di contatto. Qui, ovviamente, conta la distinta condizione iniziale, la concordanza delle velocita’ e il fatto che


la velocita’ del corpo che sta in O e maggiore di quella del corpo che, come condizione iniziale, sta in O’ . Nei diagrammi spazio-tempo e’ utilizzabile la relazione funzionale �(�) = �� + � . Essa e’ derivabile rispetto al tempo, avendo che � ��

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘‘

đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘‘đ?‘Ą (đ?‘Łđ?‘Ą + đ?›ź) = đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘Łđ?‘Ą + đ?‘‘đ?‘Ą đ?›ź = đ?‘Ł đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘Ą + 0 = đ?‘Ł, essendo đ?‘Ł = đ?‘Ł(đ?‘Ą) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. .

Rappresentazione delle traiettorie dei raggi di luce nei diagrammi spazio-tempo I raggi di luce sono descritti da rette che hanno una inclinazione che vale Âą1 . Cio’ e’ coerente con il fatto che la velocita’ della luce vale 1, per convenzione. Se un corpo invia un’onda quando si trova in (đ?‘Ľđ?‘œ , đ?‘Ś0 ) tale raggio puo’ viaggiare sulle due traiettorie descritte dalla seguente figura. Le inclinazioni di tali traiettorie valgono proprio Âą1 . t

t’

đ?‘Ą0

đ?‘Ľ0

đ?‘Ľ1

x(t)

In questa figura e’ stato aggiunto un corpo materiale in quiete che si trova nel punto đ?‘Ľ1 . L’asse in verde e’ il luogo di tale punto in quanto il corpo e’ in quiete e resta in đ?‘Ľ1 per ogni t. L’istante in cui il segnale raggiunge il corpo in quiete e’ dato dalla intersezione del luogo in đ?œ‹

verde con il raggio di luce inclinato di 4 rad rispetto all’asse delle x.


La nozione di tempo nella fisica classica e in quella relativistica In fisica il tempo e’ una grandezza fondamentale di tipo scalare. Nel Sistema Internazionale di misura (S.I.) l’unita’ di misura del tempo e’ il secondo (sec.) . In unita’ naturali il tempo viene misurato in metri. In termini operativi il tempo viene misurato con uno strumento detto orologio, cioe’ con uno “strumento che compie cicli rigorosamente ripetitiviâ€? (Mencuccini, Silvestrini). Dati due eventi A e B tali che A precede B (cioe’ A avviene prima di B) il tempo che separa i due eventi equivale al numero di cicli compiuti dall’orologio tra i due eventi considerati. Se l’osservatore K afferma che tra due eventi a lui visibili sono passati x secondi, ogni altro osservatore K’ in moto rettilineo e uniforme rispetto a K (in quiete rispetto alle stelle fisse) dira’ che tra i due eventi sono intercorsi x secondi. In altri termini dira’ che tra i due eventi e’ passato lo stesso intervallo temporale dichiarato dall’osservatore in K. Questa e’ la spiegazione letterale di quanto detto circa l’uniforme scorrere del tempo, compendita dalla identita’ ∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ .


Tale relazione non e’ in generale vera quando i segnali si propagano ad una velocita’ finita, ancorche’ elevata, quale e’ la velocita’ della luce nel vuoto. Su questo punto si tornera’ piu’ avanti con adeguate considerazioni. A questo punto e’ necessario approfondire la nozione di sincronismo di eventi. Infatti, si afferma che (Mencuccini, Silvestrini) che l’evento A precede l’evento B (o anche che A e’ precedente a B) qualora sia possibile ammettere , “almeno in linea di principioâ€? esista, o possa esistere, un rapporto causale (cioe’ di causaeffetto) tra A (causa) e B (effetto). Nella contemporaneita’ (≥

simultaneita’) non esiste necessariamente una

relazione causa effetto. Le relazioni, a mio sommesso parere, possono essere compendiate in questi brevi punti, quando đ?œŽ e’ la relazione di simultaneita’: đ??´ â‡?đ??ľ (Ađ?œŽđ??ľ ⇔ đ??ľđ?œŽđ??´ ) ⇒ { đ??ľâ‡?đ??´ Ho usato il simbolo ⇒ (implicazione) nel senso di “e’ causa diâ€?. Pertanto il simbolo â‡? nel senso di “non e’ causa diâ€?. La relazione di precedenza temporale sia indicata con la lettera đ?›ż . Se A precede B si puo’ scrivere Ađ?›żđ??ľ . Evidentemente Ađ?›żđ??ľ implica che Bđ?›żđ??´ e’ falsa,


Da Ađ?›żđ??ľ possono essere tratte tre distinte conseguenze, incompatibili tra loro. In sintesi puo’ essere che A puo’ essere causa di B, A non necessariamente e’ causa di B, B sicuramente non e’ causa di A . Si supponga che un osservatore K possa vedere due eventi A≥ (đ?‘Ľđ??´ , đ?‘Ąđ??´ ) e B≥ (đ?‘Ľđ??ľ , đ?‘Ąđ??ľ ) . Si ammetta che essi avvengano nello stesso luogo. Allora si scrive đ?‘Ľđ??ľ ≥ đ?‘Ľđ??´ . K osserva prima A e poi B. Munito di un orologio, Egli dira’ che đ?‘Ąđ??´ precede đ?‘Ąđ??ľ . Ad ognuno di essi e’ associata una data posizione delle lancette dell’orologio. A partire da un istante đ?‘Ą0 = 0 agli istanti đ?‘Ąđ??´ đ?‘’ đ?‘Ąđ??ľ sono associati due numeri reali positivi tali che sia đ?‘Ąđ??ľ > đ?‘Ąđ??´ . Una misura dell’essere due eventi non contemporanei e’ data dal formalismo ben noto |∆đ?‘Ą| = |đ?‘Ąđ??ľ − đ?‘Ąđ??´ | ≠0 . In questo caso si utilizza un solo orologio, in quanto ambo gli eventi sono visibili per un dato osservatore munito di orologio. Credo sia ragionevole impostare un modesto esempio, pure dotato di una certa simmetria con un modo di ragionare abbastanza sui generis non completamente canonico nel senso della fisica classica. Ho infatti ipotizzato questa situazione. Sono dati due riferimenti K e K’ i cui assi omologhi siano allineati e sia KK’ una funzione del tempo nel seno che K’ e’ animato da un moto rettilineo e uniforme con velocita’ đ?‘Łđ?‘Ś costante nel dominio del tempo.


Si ammetta che in K e K’ si trovino due orologi identici O e O’ . Si ammetta che al tempo iniziale t= 0 due oggetti puntiformi si trovino nei punti (đ?‘Ľ0 , đ?‘Ś0 , đ?‘§0 ) di K e (đ?›ź0 đ?›˝0 đ?›ž0 ) tali che i due raggi vettori KP e K’P’ appartengano alla stessa classe di equivalenza. Si ammetta cioe’ che i due corpi siano alla stessa altezza riferita ai due sistemi di riferimento e siano posti alla stessa distanza euclidea dalle origini K e K’. Nella fisica classica si ammette l’uso di una ben nota formula che consente di determinare in quanti secondi le due particelle impattano i piani xy e x’y’. Si ammette poi che le altezze di caduta siano compatibili con la condizione per la quale đ?’ˆ sia costante in modulo. Nella fisica classica e’ sottointesa una condizione che l’osservatore (recte, gli osservatori, se i due eventi non sono contemporaneamente visibili per i due osservatori) percepisca istantaneamente il momento di inizio della caduta del punto materiale. Questo principio e’ sicuramente accettabile quando i raggi vettori KP e K’P’ in modulo eguali tra loro sono pure ragionevolmente vicini. Quando questa condizione non e’ verificata, cioe’ quando KP e’ arbitrariamente grande si puo’ ipotizzare di ragionare in un altro modo, che puo’ anche presupporre che gli osservatori K e K’ possano non avere contezza dell’evento continuo nel tempo, moto di caduta con accelerazione đ?’ˆ ma ne possano avere contezza mediante un impulso elettromagnetico comune di inizio del moto e


nell’istante dei rispettivi impatti. Per le condizioni poste e’ immediato comprendere che gli orologi collocati in K e K’ misureranno l’inizio dei rispettivi eventi nello stesso istante. Ma quel comune istante non e’ l’istante đ?‘Ą0 bensi’ l’istante đ?‘Ą0 + Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žâ€˛đ?‘ƒâ€˛ đ?‘?

Ě…Ě…Ě…Ě… đ??žđ?‘ƒ đ?‘?

. Per l’osservatore in K’ l’inizio della caduta e’ all’istante �0 +

. I due istanti considerati coincidono. Se nei comuni istanti di caduta dei due

corpi puntiformi parte un impulso in direzione di K e K’ rispettivamente tali impulsi raggiungeranno K e K’ agli istanti đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘?đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘œ +

đ?‘‘ đ?‘?

e đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘?đ?‘Žđ?‘Ąđ?‘Ąđ?‘œ +

đ?‘‘′ đ?‘?

. Tali

istanti misurati dai due orologi sono eguali, atteso che l’istante di impatto e’ il medesimo per i due corpi, entrambi nello stesso campo đ?’ˆ , e per le condizioni poste e’ đ?‘‘ = đ?‘‘′ essendo ad esempio d = √(đ?‘Ľ0 )2 + (đ?‘Ś0 )2 . In questo caso vi e’ contemporaneita’ tra eventi in quanto entrambi gli orologi misureranno lo stesso istante per l’inizio degli eventi e lo stesso successivo istante per la caduta dei due corpi al suolo. Qualora si ammetta che KK’ sia arbitrariamente grande solo un orologio privilegiato collocato nel punto medio di KK’ misurera’ in condizione di contemporaneita’ degli eventi, qualora riceva da K e da K’ opportuni impulsi. Tale condizione di privilegio vale per ogni orologio collocato nell’asse z’’ parallelo a z e z’ e passante per

đ??žđ??žâ€˛ 2

.

La figura sottostante dovrebbe essere utile a comprendere i termini della questione.


z

z’

K

y

x

K’ x’

asse equidistante dalle origini K e K’ Quindi, anche considerando due distinti sistemi di riferimento inerziali in quiete relativa e quindi evidentemente in quiete rispetto al sistema delle stelle fisse qualora si consideri rilevante la velocita’ di propagazione dell’informazione, che si suppone avvenga alla velocita’ c della luce, elevatissima ma finita, la condizione di contemporaneita’ di eventi e’ legata a condizioni specifiche particolari non risultando vera in generale. Ipotizziamo ora che il sistema K’x’y.z’ sia animato da una velocita’ traslazionale, rispetto a K, in quiete rispetto alle stelle fisse, costante nel dominio del tempo đ?‘Łđ?‘Ľ = 0 data in termini scalari da {đ?‘Łđ?‘Ś = đ?œ‡ ≠0 . In questo caso la condizione che gli đ?‘Łđ?‘§ = 0 orologi misurino la stessa durata per due eventi si complica alquanto. Per losservatore posto in K non muta nulla.

y


Per quanto riguarda K’ le cose si complicano in quanto occorre tenere conto che nel tempo impiegato dalla luce a percorrere il tratto O’P’ in realta’ il sistema si e’ spostato. Volendo si possono impostare i calcoli, ma si puo’ pensare anche di semplificare il caso descritto in precedenza con queste considerazioni che sicuramente hanno una maggiore immediatezza. Fermo restando che questi esempi non sono una modalita’ standard di studiare questi aspetti si puo’ considerare un riferimento K nel quale e’ collocato un osservatore munito di orologio. Si ammetta che un secondo orologio, identico al precedente, sia solidale con un corpo in moto in un campo vettoriale tale che la accelerazione del corpo sia costante nel tempo e che il moto del corpo avvenga dall’alto verso il basso proprio come avviene nel campo di gravita’ . Ma nulla impedisce di introdurre una ipotesi piu’ restrittiva, piu’ consona allo scenario tipico della realtivita’ ristretta, ipotizzando cioe’ che il corpo si muova di moto rettilineo e uniforme con velocita’ −đ?‘Łđ?‘§ . Il sistema di riferimento K’’ solidale con il corpo in moto e’ inerziale . Sotto queste condizioni se il corpo si trova nel punto (x’, y’, z’) al tempo đ?‘Ą0 = 0 e quindi avvia il proprio moto dall’altezza z’ muovendosi alla velocita’ đ?‘Łđ?‘§ impieghera’ un tempo đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? =

�′ ��

. Equivalentemente

si ammette che l’osservatore solidale con il corpo in moto (in caduta con velocita’


costante) affermera’ che il moto del corpo, dalla partenza fino all’impatto nel piano e’ durato

�′ ��

secondi.

Ma cosa dira’ l’osservatore solidale con K, cioe’ l’osservatore che vede la caduta del corpo ? Secondo l’ipotesi classica l’osservatore collocato in K, e munito di un orologio identico a quello posseduto dall’osservatore in moto (in caduta a velocita’ costante) dira’ esattamente la stessa cosa, cioe’ che il moto del corpo, dalla partenza fino all’impatto nel piano e’ durato

�′ ��

secondi. Per certi aspetti i due

osservatori sono equivalenti anche sotto un distinto profilo. Infatti, anche l’osservatore in K dira’ che la caduta e’ iniziata al tempo �0 e che il corpo ha �′

impattato il suolo all’istante đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? = . Stessa durata, stesso inizio, stesso istante đ?‘Łđ?‘§

di impatto . Se l’inizio del moto avviene all’istante �0 ≠0 allora entrambi gli osservatori dichiareranno che il moto del corpo ha avuto una durata di

�′ ��

− đ?‘Ą0 (in secondi).

In altri termini sarebbe il caso di dire che ∆đ?‘Ą = ∆đ?‘Ąâ€˛ . Questa ultima relazione e’ intimamente legata con una ipotesi di cui si fa largo uso in contesti classici, quello che un l’informazione si propaghi istantaneamente. In realta’, e’ vero il contrario, nel senso che la fisica classica


approssima la realta’ e il sincronismo che, nel caso di specie, dovrebbe essere declinato come dichiarazione di contestuale inizio dell’evento, eguale istante di conclusione e conseguentemente eguale durata e’ un dato meramente antropico, accettabile nella misura in cui non sono rilevabili gap temporali di 10−đ?‘˜ per qualche k intero positivo, peraltro assolutamente non rilevabili con esperienze ordinarie. Il rifiuto del sincronismo e quindi dell’uniforme scorrere del tempo per distinti osservatori inerziali, come quelli descritti nel presente esempio concettuale, lungi dall’essere l’eccezione costituisce la regola solo che si ammetta di avere a disposizione sensori e orologi idonei a misurare intervalli di tempo adeguatamente piccoli per consentire di calcolare il tempo che un’onda elettromagnetica impiega a percorrere la distanza √(đ?‘Ľ ′ )2 + (đ?‘Śâ€˛)2 + (đ?‘§ ′ )2 . Tale tempo risulta essere t =

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 +(đ?‘§ ′ )2 đ?‘?

.

Pertanto sotto questa condizione l’osservatore in K (in quiete rispetto alle stelle fisse) affermera’ che l’evento si e’ verificato non all’istante �0 bensi’ all’istante �0 +

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 +(đ?‘§ ′ )2 đ?‘?

. Analoga osservazione puo’ essere fatta in relazione alla

misurazione operata da K dell’impatto. Mentre l’osservatore solidale con K’ dira’ che l’impatto e’ avvenuto all’istante

�′ ��

+ �0 , l’osservatore in quiete rispetto alle


stelle fisse, detto K, dichiarera’ che l’impatto e’ avvenuto all’istante √(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 đ?‘?

<

�′ ��

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 đ?‘?

��

+ đ?‘Ą0 +

. Pertanto la caduta del corpo e’ quantificata da K come avente una

durata all’istante �0 +

�′

(

�′ ��

−đ?‘Ą0 −

+ đ?‘Ą0 +

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 đ?‘?

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 +(đ?‘§ ′ )2 đ?‘?

=

) −(đ?‘Ą0 + đ?‘§â€˛ đ?‘Łđ?‘§

+

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 +(đ?‘§ ′ )2 đ?‘?

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 đ?‘?

−

)=

�′ ��

+

√(đ?‘Ľ ′ )2 +(đ?‘Śâ€˛)2 +(đ?‘§ ′ )2 đ?‘?

in quanto √(đ?‘Ľ ′ )2 + (đ?‘Śâ€˛)2 < √(đ?‘Ľ ′ )2 + (đ?‘Śâ€˛)2 + (đ?‘§ ′ )2 .

Si ha in questo contesto particolare una ben evidente simmetria che esterna una condizione per la quale i due osservatori K e K’ definiscono l’evento di eguale durata. Si riportano di seguito due distinte figure. La prima figura e’ relativa al caso generale nel quale si ha la contrazione del tempo misurata da un osservatore in quiete rispetto alle stelle fisse, avendo con questo esempio sui generis capovolto l’impostazione di far vedere dilatato il tempo di un riferimento in moto traslatorio uniforme. La seconda figura tratta il caso che per una assegnata condizione iniziale di posizione non sia di per se’ garantita la coincidenza tra gli istanti iniziale e finale del fenomeno fisico descritto, quanto piuttosto solo la loro durata, contesto che non integra la nozione di contemporaneita’ di evento descritto da distinti osservatori inerziali.


La contemporaneita’ non e’ mai possibile……….. .

z’

K

y’

x’

…. ma e’ possibile, come caso molto particolare, che due osservatori inerziali di cui uno in moto traslatorio uniforme dichiarino che uno stesso evento di durata (moto di un corpo) abbia la stessa durata, seppure non siano garantite le condizioni di simultaneita’…..

z

A

K x

y M B


Il punto M del piano xy e’ il punto medio del segmento AB e la relazione tra le coordinate dei punti e’ đ??´ ≥ (đ?›ź, đ?›˝, đ?›ž) , đ?‘€ ≥ (đ?›ź, đ?›˝, 0) đ?‘’ đ??ľ ≥ (đ?›ź, đ?›˝, −đ?›ž ) con đ?›ž > 0. La figura per come disegnata non evidenzia che i segmenti KA e KB sono eguali. Quindi un raggio di luce che parte da A arriva in K nello stesso tempo che un raggio impiega da B a raggiungere K . Sia đ?‘Ąđ?‘‘ tale tempo . Pertanto un osservatore solidale con K, munito di orologio, dichiarera’ che il moto e’ iniziato nell’istante đ?‘Ą0 + đ?‘Ąđ?‘‘ , essendo đ?‘Ą0 l’istante di inizio del moto determinato dall’osservatore K’ animato da velocita’ đ?’— = (0 , 0, −đ?‘Łđ?‘§ ) rispetto a K, in quiete rispetto alle stelle fisse . Si ammetta che il corpo raggiunga con la data velocita’ costante il punto B, simmetrico di A rispetto ad M, giacente sul piano xy. L’osservatore solidale con K dichiarera’ che il corpo si e’ arrestato nell’istante đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? + đ?‘Ąđ?‘‘ . Pertanto l’osservatore collocato in K afferma che il moto del corpo ha avuto una durata di (đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? + đ?‘Ąđ?‘‘ ) −(đ?‘Ą0 + đ?‘Ąđ?‘‘ ) = đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? + đ?‘Ąđ?‘‘ − đ?‘Ą0 − đ?‘Ąđ?‘‘ = đ?‘Ąđ?‘–đ?‘šđ?‘? − đ?‘Ą0


Si tratta della stessa misura di durata che riferisce un osservatore K’ solidale con il corpo in moto. Invarianza - Un primo approfondimento formale Per comprendere il formalismo dell’invarianza e’ sicuramente utile riferirsi ad esempi geometrici, come ottimi testi (Susskind, Friedman, per esempio) non mancano di fare. E’ ad esempio possibile fare un esempio, partendo dalla nozione di distanza euclidea nello spazio đ?‘šđ?&#x;? . Si tratta, come ben noto, del piano euclideo. Sia dato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale Oxy e sia P un punto di detto piano tale che P ≠đ?‘ś. P puo’, cioe’, essere un qualunque punto del piano distinto dall’origine. La distanza euclidea tra i punti O e P e’ d(O,P) = d(P,O)= √đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? essendo P≥ (đ?’™, đ?’š) ≠(đ?&#x;Ž, đ?&#x;Ž) ≥ đ?‘ś . Si consideri quindi un distinto sistema di riferimento del piano euclideo ordinario indicato con O’x’y’ con O ≥ O’. Gli assi x’ e y’ risultano ruotati di un dato angolo đ?&#x;Ž < đ?œś < đ?&#x;?đ??… (in rad.). Rispetto a tale riferimento la distanza OP e’ d(O, P) = d(P, O) = √(đ?’™â€˛ )đ?&#x;? + (đ?’šâ€˛ )đ?&#x;? essendo P ≥ (đ?’™â€˛ , đ?’šâ€˛ ) ≠(đ?&#x;Ž, đ?&#x;Ž) . E’ ben evidente che √đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? = √(đ?’™â€˛ )đ?&#x;? + (đ?’šâ€˛ )đ?&#x;? da cui, ovviamente si ha: đ?’™đ?&#x;? + đ?’šđ?&#x;? = (đ?’™â€˛ )đ?&#x;? + (đ?’šâ€˛ )đ?&#x;? . Si afferma che la distanza euclidea (e la stessa cosa si puo’ provare per lo spazio tridimensionale ) e’ invariante per rotazioni. In altri termini, fissato un punto qualunque dello spazio e istituita una terna destra, le infinite terne destre normali


consentono di denotare i due punti, in termini di coordinate, in moto tale che tutte le rappresentazioni della distanza tra i due punti sono equivalenti. La distanza tra due punti P e Q dello spazio e’ invariante per rotazioni degli assi. Si osservi che nell’esempio si e’ considerata una coppia di punti O e P che conduce a passaggi algebrici semplificati in quanto O≥ (đ?’™, đ?’š) = (đ?&#x;Ž, đ?&#x;Ž) . Ma a risultati non diversi si perviene quando si considerano due punti P e Q entrambi distinti da O e da O’. La prima figura e’ relativa al caso semplificato, relativo alla distanza tra i punti O e P. Essa e’ la seguente. y’

y

y’

x

Si dice che d(O, P) e’ invariante per rotazione degli assi coordinati.

La sottostante figura evidenzia l’invarianza della distanza PQ per rotazione degli assi. Essa e’ immediatamente comprensibile. y y’

Q

P

x’


x

La distanza euclidea non dipende dal particolare sistema di riferimento che si utilizza. Tutte le linee tratteggiate sono perpendicolari agli assi che incontrano.

Invarianza per traslazione E’ possibile dare conto anche di una invarianza per traslazione, considerando due distinti sistemi di riferimento cartesiano ortogonali Oxyz e O’x’y’z’ che possono essere schematizzati come nella figura seguente. In essa si ha modo di osservare che il punto O’ ha coordinate (đ?œś, đ?œˇ) ≠(đ?&#x;Ž, đ?&#x;Ž) che sono riferite al sistema Oxyz di cui O’x’y’z’ deve considerarsi traslato . La seguente figura ben rappresenta la situazione.

y

y’ B

A O

O’

x’ x

Per comprendere l’invarianza delle distanze e’ forse utile considerare separatamente le ascisse e le ordinate e fare una osservazione basica, a volte pure ricordata nei testi di Analisi matematica e compendiata alla seguente figura di evidente interpretazione.


�′�

O’

O

đ?œś

��

x’

x

Tale figura evidenzia la relazione evidente đ?’™â€˛đ?‘¨ = đ?œś + đ?’™đ?‘¨ con đ?œś > đ?&#x;Ž . Analoga riflessione puo’ essere fatta per il punto B potendo scrivere che đ?’™â€˛đ?‘Š = đ?œś + đ?’™đ?‘Š con đ?œś > đ?&#x;Ž . In modo del tutto analogo si possono trovare le formule di trasformazione per l’asse đ?’šâ€˛ = đ?œˇ + đ?’šđ?‘¨ đ??œđ??¨đ??§ đ?›ƒ > đ?&#x;Ž delle ordinate, avendosi che { đ?‘¨ đ?’šâ€˛đ?‘Š = đ?œˇ + đ?’šđ?‘Š đ??œđ??¨đ??§ đ?›ƒ > đ?&#x;Ž

đ?’™â€˛đ?‘¨ = đ?œś + đ?’™đ?‘¨ đ?’™â€˛đ?‘Š = đ?œś + đ?’™đ?‘Š Pertanto si hanno le seguenti formule di trasformazione đ?’šâ€˛đ?‘¨ = đ?œˇ + đ?’šđ?‘¨ {đ?’šâ€˛đ?‘Š = đ?œˇ + đ?’šđ?‘Š

đ??œđ??¨đ??§ đ?œś > đ?&#x;Ž đ??œđ??¨đ??§ đ?œś > đ?&#x;Ž . đ??œđ??¨đ??§ đ?›ƒ > đ?&#x;Ž đ??œđ??¨đ??§ đ?›ƒ > đ?&#x;Ž

In ogni caso le argomentazioni sono valide ∀(đ?œś, đ?œˇ) ≠(đ?&#x;Ž, đ?&#x;Ž) . Conseguentemente l’invarianza per traslazione puo’ essere provata per via algebrica utilizzando le suindicate formule di trasformazione. Si puo’ infatti scrivere che đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ = (đ?’™đ?‘Š + đ?œś) − (đ?’™đ?‘¨ + đ?œś) = đ?’™đ?‘Š + đ?œś − đ?’™đ?‘¨ − đ?œś = đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ In altri termini si ha đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ = đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ . Analoghe considerazioni possono essere fatte in relazione all’asse delle ordinate avendosi che


đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ = (đ?’šđ?‘Š + đ?œˇ) − (đ?’šđ?‘¨ + đ?œˇ) = đ?’šđ?‘Š + đ?œˇ − đ?’šđ?‘¨ − đ?œˇ = đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨ . In definitiva si ha đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ = đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨ . Sono rilevanti le eguaglianze {

đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ = đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ Ma l’eguaglianza e’ garantita anche đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ = đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨

elevando ambo i membri delle due eguaglianze al quadrato. Risulta che {

(đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? = (đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ )đ?&#x;? (đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? = (đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨ )đ?&#x;?

Sommando membro a membro si ha (đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? + (đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? = (đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ )đ?&#x;? + (đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨ )đ?&#x;? Estraendo la radice quadrata aritmetica si ha √(đ?’™â€˛đ?‘Š − đ?’™â€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? + (đ?’šâ€˛đ?‘Š − đ?’šâ€˛đ?‘¨ )đ?&#x;? = √(đ?’™đ?‘Š − đ?’™đ?‘¨ )đ?&#x;? + (đ?’šđ?‘Š − đ?’šđ?‘¨ )đ?&#x;?

che evidenzia l’invarianza della distanza euclidea per traslazione.

Con procedure un poco piu’ laboriose si puo’ evidenziare che vale la invarianza della distanza euclidea tra due punti del piano anche nel caso di una traslorotazione.


La figura seguente che evidenzia intuitivamente il caso di una traslazione seguita da una rotazione riferita ad un asse ma generalizzabile per esempio a due assi, mantenendo il terzo invariato (asse di rotazione) puo’ essere utile per eventuali successie riflessioni.

effetto della successiva rotazione

đ?œś

O’

O

effetto della traslazione Si osservi che gli assi x e x’ sono paralleli per ragioni grafiche di intuito ma tale parallelismo e’ sensato e fattuale quando si osservi che la distanza tra dette rette parallele vale proprio đ?œˇ, sul cui significato si rimanda alle righe precedenti.

Per completezza e’ possibile disegnare schematicamente la situazione che si determina per effetto di una prima rotazione e di una successiva traslazione.


Essa e’ compendiata dalla figura seguente.

đ?œˇ<đ?&#x;Ž

đ?œś

O’

effetto della rotazione O

effetto della successiva traslazione sotto la condizione sia đ?œś > đ?&#x;Ž e đ?œˇ < đ?&#x;Ž .

Tensori. Coordinate. Derivata covariante. (parte mutuata da Appunti matematici n 52-53-54, di introduzione all’algebra vettoriale e tensoriale) E’ ampiamente noto che la nozione di tensore sintetizza, costituendone un ampliamento, le nozioni di scalare e di vettore, consentendo di esprimere le leggi fisiche indipendentemente da un sistema di coordinate (Perez). Si e’ gia’ avuto modo di precisare che si tratta di un operatore lineare che consente di associare ad un vettore �� un vettore �� = ��� o in termini equivalenti si scrive


�

đ?’—đ?’Š → đ?’—đ?’‡ . In termini concisi, trattandosi di un operatore lineare, dati due scalari reali qualunque, đ?›ź, đ?›˝, si puo’ scrivere T(đ?›źđ?’— + đ?›˝đ?’˜) = đ?›ź(đ?‘‡đ?’–) + đ?›˝(đ?‘‡đ?‘¤) comunque si prendano i vettori đ?’—, đ?’˜ ∈ đ?‘‰. Formalmente e’ possibile definire l’eguaglianza di due tensori đ?‘‡1 đ?‘’ đ?‘‡2 affermando che đ?‘‡1 = đ?‘‡2 qualora ∀đ?‘Ł ∈ đ?‘‰ sia đ?‘‡1 đ?’— = đ?‘‡2 đ?’— = đ?’˜ . In altri termini due tensori sono eguali se applicati allo stesso vettore consentono di ottenere il medesimo risultato, il vettore đ?’˜ .

E’ parimenti possibile definire il tensore nullo e il tensore unita’ nei termini seguenti T = ⌋0âŚŒ avendo ⌋0âŚŒđ?’— = đ?‘śđ?‘˝ ∀đ?’— ∈ đ?‘‰ Il tensore unita’ e’ definito in modo che ⌋ 0âŚŒđ?’— = đ?’—, ∀đ?’— ∈ đ?‘‰ Nel linguaggio avanzato si fa uso dei termini di varieta’ e di coordinate controvarianti, con il conseguente formalismo in uso.

Per varieta’ si intende un insieme qualsiasi di punti solitamente definiti da una n-pla ordinata di coordinate dette controvarianti indicate con il particolare formalismo � � e quindi a livello di tupla con (�1 , � 2 ‌ . . , � � ) dove gli esponenti sono il numero d’ordine della coordinata e non ovviamente la potenza reale. Una notazione in uso e’ anche {� � } Esempi ben noti di varieta’ sono •

lo spazio tridimensionale, rispetto al quale le coordinate dei punti che lo costituiscono sono in questa notazione espresse dalla terna ordinata (đ?‘Ľ1 , đ?‘Ľ 2 , đ?‘Ľ 3 )


•

la superficie sferica (dimensione 2) in quanto ad individuare un punto su una superficie sferica sono necessari e sufficienti due solo parametri indipendenti.

E’ utile accennare al cambiamento di coordinate di un punto, dovendo quindi denotare differentemente due distinti sistemi di coordinate, scrivendo che essi sono dati da {đ?‘Ľ đ?‘– } e da {đ?‘Ľâ€˛đ?‘– } e quindi se ci si riferisce ad un punto dalle due distinte rappresentazioni seguenti (đ?‘Ľ1 , đ?‘Ľ 2 ‌ . . , đ?‘Ľ đ?‘› ) (đ?‘Ľâ€˛1 , đ?‘Ľâ€˛2 ‌ . . , đ?‘Ľ ′đ?‘› ) Se si opera su una varieta’ di dimensione n saranno necessarie n distinte equazioni che consentano il passaggio dal sistema di coordinate noto {đ?‘Ľ đ?‘– } al sistema distinto da esso {đ?‘Ľâ€˛đ?‘– } . Le n equazioni vengono solitamente formalizzate con đ?‘Ľâ€˛đ?‘– = đ?‘Ľâ€˛đ?‘– (đ?‘Ľ1 , đ?‘Ľ 2 ‌ . . , đ?‘Ľ đ?‘› ) đ?‘?đ?‘œđ?‘› 1 ≤ đ?‘– ≤ đ?‘› . Se i punti P e Q sono elementi di una varieta’ e sono infinitamente vicini le loro coordinate sono espresse dalle n-ple seguenti P ≥(đ?‘Ľ1 , đ?‘Ľ 2 ‌ . . , đ?‘Ľ đ?‘› ) Q ≥(đ?‘Ľ1 + đ?‘‘đ?‘Ľ1 , đ?‘Ľ 2 + đ?‘‘đ?‘Ľ 2 ‌ . . , đ?‘Ľ đ?‘› + đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘› ) đ?œ•đ?‘Ľ ′đ?‘–

Nel nuovo sistema di coordinate si ha đ?‘‘đ?‘Ľâ€˛đ?‘– = ∑ đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘– đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘– . Mentre viene fatto uso della nozione di campo vettoriale associando al punto P di una varieta’ un vettore đ?’—(đ?‘ƒ), come capita studiando il campo elettrico E, oppure quello magnetico H . đ?‘–

Una curva di una varieta’ di dimensione n e’ definita da n queazioni đ?‘Ľ ′ (đ?œ?) risultando đ?œ? un parametro detto di variazione monotona.


Se i punti P e Q, come detto in precedenza, sono infinitesimamente vicini si e’ soliti scrivere, come del resto avviene ordinariamente, che PQ = �� . ��

E’ definito il vettore tangente la curva đ?’†đ?’• = đ???Ď„ . Tale vettore non dipende dal sistema di coordinate. E’ facilmente mutuabile la nozione di base naturale su una varieta’ . Su una varieta’ di dimensione n possono essere introdotti n vettori linearmente indipendenti tangenti la varieta’ nel punto P dato. Ad esempio, con riferimento alla superficie sferica (varieta’ di dimensione 2) la seguente figura, che la vede in sezione (nella quale e’ considerato e disegnato un arco di circonferenza contenente P, punto della varieta’, cioe’ ad essa appartenente‌.) si evidenziano i due vettori che appartengono al piano tangente la varieta’ nel punto P di essa, comune al piano. La figura seguente schematizza la situazione.

P

Il piano � e’ tangente la superficie sferica nel punto P che ovviamente e’ anche punto del piano tangente .


Per P possono essere considerati due vettori geometrici in P applicati . Nel piano il numero massimo di vettori linearmente indipendenti e’ 2. Tali vettori vanno intesi come contenuti nel piano � . Essi sono da intendersi come gli unici tangenti la curva e linearmente indipendenti . Occorre pero’ osservare che esistono infinite coppie di vettori applicati in P e giacenti nel piano � . Non necessariamente i vettori che costituiscono una base devono essere ortogonali tra loro. Qualora la varieta’ avesse dimensione n > 2 esisterebbero n vettori linearmente indipendenti tangenti e passanti per il punto P assegnato. ��

I vettori definiscono una base detta base naturale definita con �� = �� � E’ sicuramente utile osservare in via preliminare che non necessariamente una base di vettori che consente di definire un vettore qualunque come una combinazione lineare dei vettori costituenti la base – e’ costituita da vettori a due a due ortogonali, come solitamente nelle applicazioni elementari avviene, per evidenti ragioni di economicita’ di calcolo e di rappresentazione. Cio’ non toglie che possa essere considerata una base alternativa e che vadano ricercati i legami tre le due distinte basi. Ma, piu’ specificatamente, specie per quanto attiene allo studio della teoria della Relativita’, occorre, avuto riguardo alla possibilita’ di introdurre una base non ortonormale, porre la distinzione rispetto ad un vettore tra le componenti controvarianti e le componenti covarianti, rispetto alla medesima base, quando essa non sia costituita da vettori ortogonali a due a due.


Si ammetta − đ?‘?đ?‘œđ?‘› riferimento al piano, quindi ad una varieta’ đ?‘› = 2 − che i vettori del piano possano essere espressi in unico modo come combinazione lineare dei versori đ?’†đ?&#x;? , đ?‘’ đ?’†2 aventi la direzione di due rette del piano non parallele e non ortogonali, come da figura seguente.

đ?‘Ľ2

đ?‘Ľ1

Questa figura permette di comprendere come sono ottenute le componenti controvarianti del vettore considerato (disegnato in blu) Considerate le due rette che si intersecano in O e non ortogonali ogni vettore đ?’— e’ esprimibile in unico modo come segue đ?’— = đ?‘Ľ 1 đ?’†đ?&#x;? + đ?‘Ľ 2 đ?’†đ?&#x;? Nei termini piu’ generali, quindi con riferimento ad una varieta’ di n dimensioni si puo’ scrivere che đ?’— = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘Ľ đ?‘– đ?’†đ?’Š . Il simbolo di sommatoria viene generalmente omesso – con cio’ dando un significato convenzionale alla stenografia đ?’— = đ?‘Ľ đ?‘– đ?’†đ?’Š ≥ ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘Ľ đ?‘– đ?’†đ?’Š detta convenzione di Einstein, atteso il carattere di non equivocabilita’ dovuta alla coincidenza degli indici muti della componente


scalare controvariante e dell’indice che identifica, concordemente, via via il versore della base cui e’ riferita la misura della coordinata.

E’ ora possibile considerare il caso della rappresentazione formale di un vettore in componenti covarianti, sempre con riferimento a versori di base non ortogonali. La figura seguente indica come si ricavano le componenti covarianti in un contesto nel quale la base non e’ ortonormale.

đ?‘Ľ2

đ?‘Ľ1

Si osservi che le linee tratteggiate sono ortogonali agli assi che a loro volta non sono ortogonali. In questo caso la rappresentazione univoca del vettore e’ đ?’— = đ?‘Ľ1 đ?’†đ?&#x;? + đ?‘Ľ2 đ?’†đ?&#x;? . Nei termini piu’ generali, quando si ha una varieta’ n− dimensionale la rappresentazione del vettore e’ quella solitamente nota dall’algebra vettoriale elementare, cioe’ đ?’— = ∑đ?‘›đ?‘–=1 đ?‘Ľđ?‘– đ?’†đ?’Š


La distinzione tra rappresentazione (univoca) controvariante e rappresentazione (univoca) covariante di un vettore rileva quando la base non e’ costituita da vettori a due a due ortogonali. In altri termini per un dato vettore đ?’— si ha đ?‘Ľ đ?‘– ≥ đ?‘Ľđ?‘– (per i ≤ đ?‘›) quando e solo quando đ?’†đ?’Š đ?’†đ?’‹ = 0 ∀ i≠đ?‘— .

L’induzione elettromagnetica Occorre partire dalle sperimentazioni di Micheal Faraday, precisando pero’ che tale legge e’ dovuta a Maxwell e ad Henry e formalizzata compiutamente dallo stesso Maxwell e dal fisico russo Lentz. Tale legge e’ coerente con il generale principio di conservazione dell’energia. I vari casi sperimentali possono essere sintetizzati con la seguente figura nella quale si hanno due circuiti A e B. Il circuito A e’ costituito da un generatore di tensione e da un interuttore che puo’ essere chiuso e aperto. Il circuito B contiene il galvanometro G che viene utilizzato per misurare correnti elettriche di deboli intensita’.


Circuito A

Circuito B

I

E

G

Sperimentalmente si rileva che quando il circuito A e’ aperto, e quindi in esso non circola corrente il galvanometro del circuito B, indicato con G, non misura il passaggio nel circuito B di corrente: quando viene chiuso l’interruttore I del circuito A in A inizia a circolare corrente che da un certo istante, dopo un periodo di transitorio, deve ritenersi sostanzialmente costante nel tempo, nel periodo transitorio, cioe’ quando la corrente che circola in A non e’ (ancora) costante il galvanometro G del circuito B indica il passaggio di una data corrente, quando viene riaperto il circuito A (nel quale quindi non passa piu’ corrente) il galvanometro G misurera’ una corrente nel verso opposto.


In condizioni stazionarie, cioe’ quando la corrente passante nel circuito A e’ costante nel tempo , il galvanometro G indica assenza di passaggio di corrente. I due grafici, riferiti, rispettivamente, ai circuiti A e B illustrano convenientemente l’andamento delle correnti nel tempo ne due circuiti. đ?‘–đ??´ (đ?‘Ą)

Istante di chiusura del circuito

Istante di apertura del circuito

Relativamente al circuito B si ha

Per quanto invece attiene alla f.e.m. indotta per effetto di magneti ci si puo’ riferire alla seguente situazione sperimentale, rispetto alla quale diviene rilevante


il moto relativo del magnete rispetto alla spira idealizzata dal circuito B contenente, al solito, un galvanometro per la misura di eventuali correnti. Infatti, ad evenienze simili, Faraday pervenne muovendo un magnete e verificando i casi del diverso allineamento N-S e S-N del magnete in moto rispetto alla spira.

N

S

G

V Nel ∆đ?‘Ą in cui il magnete e’ in movimento nel galvanometro G verra’ misurata una corrente Âąđ?‘–đ??ş (đ?‘Ą) . Invertedendo la polarita’ del magnete e ammettendo che si abbia lo stesso |V| nel periodo in cui il magnete e’ in movimento nel galvanometro G verra’ misurata una corrente ∓đ?‘–đ??ş (đ?‘Ą) . Per avere contezza della legge di Faraday e Lentz occorre ricordare la nozione di flusso di un campo vettoriale assegnato, quale puo’ essere đ?‘Š vettore induzione magnetica. Dato un campo qualunque A e quindi una legge che associa ad un punto (x,y,z,t) un elemento A(x,y,z,t) in modo univoco.


Come detto, si puo’ concretare questa definizione, con riferimento al vettore � e scrivere �(�0 , �0 , �0 , �0 ) significa considerare il valore del campo di induzione magnetica in un dato punto dello spazio (�0 , �0 , �0 ) in un dato istante �0 . Sia data una superficie S e quindi dS sia un elemento infinitesimo di tale superficie. n

B

Per definizione si scrive dÎŚ= đ?‘Šđ?’?đ?‘‘đ?‘† = đ?‘Š ∙ đ?‘‘đ?‘ş Pertanto, il flusso del campo magnetico B, indicato con ÎŚ(B), risulta essere ÎŚ(B)= âˆŤ đ?‘Š ∙ đ?‘‘đ?‘ş La legge di Faraday e Lentz viene scritta com đ?“”đ?’Šđ?’?đ?’… = −

đ?’… đ?š˝(đ?? ) đ?’…đ?’•

Il passaggio di corrente nel galvanometro G e’ dovuto in ogni caso al fatto e si giustifica in quanto

đ?’…đ?? đ?’…đ?’•

non e’ costante.

Quindi a prescindere dal moto relativo come nei casi descritti , l’induzione si ha quando

đ?’…đ?? đ?’…đ?’•

non e’ costante.


Le equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico in assenza di sorgenti

Le equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico in assenza di segnali sono, come e’ noto, date dalle equazioni vettoriali seguenti div đ?‘Ź = 0 div đ?‘Š = 0 đ?œ•đ?‘Š đ?‘&#x;đ?‘œđ?‘Ą đ?‘Ź = đ?œ•đ?‘Ą đ?œ•đ?‘Ź

{đ?’“đ?’?đ?’• đ?‘Š = Îľo Îź0 đ?œ•đ?‘Ą

Maxwell ha dimostrato che tale campo e’ coerente con un’onda detta elettromagnetica, nel senso che sotto le condizioni date dalle equazioni di Maxwell i due vettori soddisfano l‘equazione delle onde di D’Alembert. Risulta quindi che đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

1 đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

1 đ?œ•2

đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘§

đ?‘? 2 đ?œ•đ?‘Ą 2

đ?œ•đ?‘Ľ 2

đ?‘Ź + đ?œ•đ?‘Ś 2 đ?‘Ź + đ?œ•đ?‘§ 2 đ?‘Ź = đ?‘? 2 đ?œ•đ?‘Ą 2 đ?‘Ź

2đ?‘Š+

2đ?‘Š+

2đ?‘Š =

đ?‘Š

Le trasformazioni di Lorentz Si e’ gia’ detto che per velocita’ dell’ordine di grandezza della velocita della luce le formule relativistiche di Galilei non sono piu’ valide, ma sono date distinte formule di trasformazione dovute sostanzialmente a tre fisici, l’irlandese Fitzgerald, il francese Poincare’ e l’olandese Lorentz.


Esse sono una conseguenza del postulato di Einstein della costanza della velocita’ della luce per il quale tale velocita’ e’ indipendente dal moto relativo della sorgente emittente rispetto all’osservatore. In altri termini, ogni osservatore in moto rispetto ad una sorgente dira’ che la velocita’ della luce vale c. Se una sorgente si trova in Oxyz e un osservatore si trova in O’x;y’z’ in moto traslatorio uniforme rispetto alla sorgente, l’osservatore in O’ ammettera’ che la luce proveniente da O si muove con velocita’ c . v O’(t) O

E’ possibile partire dalla scrittura delle formule di trasformazione note come di Lorentz che sostituiscono quelle di Galilei quando si considerano velocita’ comparabili con la velocita’ della luce o in altri termini quando non sia possibile �

ammettere che → 0 . đ?‘?


Si ammetta che da O venga emessa la radiazione luminosa al tempo t = 0 . Il fronte d’onda e’ descritto dall’equazione che definisce la superficie sferica seguente đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś2 + đ?‘§ 2 = đ?‘? 2đ?‘Ą 2 Si pone t = đ?‘Ąâ€˛ All’istante iniziale i due sistemi coincidono e rispetto all’osservatore solidale con O’x’y’z’


Bibliografia

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Focardi, Massa, Uguzzoni, Fisica generale. Elettromagnetismo, Ed. Ambrosiana, 2007

Gettys, Fisica 2, elettromagnetismo e onde, McGraw Hill 2016

Mencuccini, Silvestrini, Fisica I, Liguori Editore, 1986, 2004

Kittel, Knight, Ruderman, La fisica di Berkeley, Meccanica, Zanichelli Editore, 1970

Perez, Relativité, Fondements et applications, III édition, Dunod, 1999, 2005

Schutz, A first Course in General Relativity, II edition, Cambridge University Press, 2009, 2018

Susskind, Friedman, Relativita’ ristretta e teoria classica dei campi, Raffaello Cortina Editore, 2018


ALLEGATO 1

Osservazione cinematica Si consideri il lancio di un corpo nel campo g (per esempio il lancio di un proietto) . E’ elementarmente nota la formula della traiettoria parabolica consente di calcolare per esempio la gittata e quindi l’ascissa del punto nel quale il corpo impatta. Basta infatti imporre la condizione y = 0 . �

E’ risaputo che nel punto x = 2 dove d e’ la gittata, o, evidentemente la ascissa del punto �

di impatto , il corpo raggiunge la massima altezza che quindi risulta f( ) . 2

Cio’ in condizioni ideali. In corrispondenza del punto di massimo cioe’ al tempo t tale che il punto si trovi in �

đ?‘‘

(2 , � (2 )) la velocita’ istantanea del corpo vale 0, quindi pure la accelerazione istantanea vale 0.

La trattazione puramente matematica della questione pone l’ottenimento di una traiettoria parabolica pure nel tratto discendente della traiettoria medesima. Cio’ e’ quanto sperimentalmente si verifica e che quindi rileva. Si osservi che alla questione non e’ applicabile la conservazione della quantita’ di moto, in quanto il moto e’ decelerato nel primo tratto e quindi accelerato nel secondo. Si osservi che non viola la conservazione dell’energia la seguente ipotesi che sperimentalmente non si verifica, cioe’ il caso che una volta raggiunta la quota massima il corpo cada come un grave quindi con una traiettoria rettilinea verticale. �

đ?‘‘

đ?‘‘

Nel tratto discendente si ha una condizione iniziale v( 2 , � (2 )) = 0 con E = ���( 2) . In buona sostanza nella sua caduta (parabolica e non in verticale) il corpo tiene conto di come e’ giunto nel punto di massimo. D'altronde la funzione che definisce l’altezza raggiunta nel tempo puo’ essere intesa come �

una funzione pari quando si consideri un riferimento O’x’y’ per il quale O’ ≥ ( , 0) e la si 2 trasformi opportunamente.

Perche’ il corpo descrive anche il secondo tratto parabolico discendente e non accade che il suo moto e rettilineo verticale discendente quando si trascuri la rotazione terrestre ?


POSTFAZIONE

Poiche’ elaboro i miei Appunti matematici nei ritagli di tempo, costituendo essi un mio hobby e non una vera e propria attivita’ istituzionalizzata ed atteso che ormai da qualche mese sono in relazione al mio tempo libero impegnato anche in altre attivita’ e nei prossimi mesi questo nuovo impegno personale acquisira’ momenti temporali sempre piu’ ampi e rilevanti, anche data la natura particolarmente sentita di questo mio nuovo impegno personale, devo comunicare che almeno fino alla prima meta’ del prossimo anno 2020 i numeri di Appunti matematici che verranno licenziati avranno contenuti piu’ contenuti e circostritti ad oggetti piu’ specifici. PG


Nota legale

Questo saggio non ha, neanche indirettamente, finalita’ commerciali o lucrative. Ne e’ consentita la divulgazione, anche totale, a condizione che essa non abbia finalita’ commerciali o lucrative purche’ essa avvenga con la citazione dell’autore e del soggetto diffusore dell’opera. Non sono ammesse limitazioni alla diffusione dell’opera nello spazio e nel tempo.



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