Appunti Matematici 49 - 50 - 51

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Patrizio Gravano

APPUNTI MATEMATICI

ANALISI DI FOURIER numeri 49 / 50 / 51 - gennaio / febbraio / marzo 2019



Preface

This paper contains a summary of the contents usually called Fourier Analysis. Chapter 1 is dedicated to improper integrals and related convergence criteria. The second one takes into the gamma and beta functions. The third chapter examines the differential equations to partial derivatives. The following chapters introduce the Fourier series, the orthogonal functions, the Fourier integrals and the Bessel and Legendre functions. The last chapter introduces the Hermitte and Laguerre polynomials.

January, 2019 Patrizio Gravano patrizio.gravano@libero.it


Analisi di fourier


1.

INTEGRALI IMPROPRI Questo capitolo contiene una breve sintesi della teoria degli integrali impropri e dei relativi criteri di convergenza e di convergenza uniforme. E’ introdotta la funzione trasformata di Laplace per una funzione f(x). La nozione di integrale improprio. đ?‘?

Ordinariamente l’integrale âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ presuppone che gli estremi di integrazione a e b siano reali con a < b e la funzione integranda sia definita e continua in ogni x | x ∈ ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ. A questo caso piu’ semplice seguono casi di integrabilita’ di una funzione secondo Riemann che presumono l’esistenza di una funzione limitata ma non definita in tutto l’intervallo quando essa non e’ definita per un numero discreto di punti. Una funzione continua in ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ e’ ivi limitata. Se la funzione e’ per ipotesi continua in ⌋a, bâŚŒ allora e’ definita per a e per b cioe’ f(a) ed f(b) esistono e sono numeri reali. Poiche’ la funzione e’ continua sono vere le due relazioni seguenti: lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘Ž)

�→� +

lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘?)

đ?‘Ľâ†’đ?‘?−

La continuita’ presuppone che ∀đ?œ? ∈ (đ?‘Ž , đ?‘? ) sia lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) = lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?œ?) đ?‘Ľâ†’đ?œ?

đ?‘Ľâ†’đ?œ?


In un intervallo dato una funzione puo’ essere continua a tratti. In questo caso esistono intervalli contenuti in ⌋a, bâŚŒ per i quali la funzione e’ continua e limitata. Sono possibili ulteriori considerazioni che sfociano nella nozione di integrabilita’ impropria. Sono infatti possibili i seguenti ulteriori casi: a = −∞ e đ?‘? reale; a reale e b = +∞; a= −∞ e b = +∞. Sotto queste ipotesi si ha un integrale improprio di I specie. In questo caso la funzione integranda f(x) e’ definita e continua nell’intervallo considerato (una delle tre possibili situazioni prospettate‌.) ed e’ ivi limitata. đ?‘?

Un secondo caso particolare e’ costituito da integrali del tipo âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ quando a e b sono due numeri reali e la funzione mentre la funzione integranda f(x) e’ non limitata in almeno un punto. Tali integrali sono detti integrali impropri di II specie. Qualora sussista una delle condizioni (riferite agli estremi di integrazione) degli integrali impropri di I specie e la funzione integranda sia non limitata per almeno un punto x dell’intervallo avente per estremi gli estremi inferiore e superiore di integrazione si ha un integrale improprio di III specie. Gli integrali impropri di I specie sono cosi’ definiti: +∞

âˆŤđ?‘Ž

đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = lim âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘?→+∞

+∞

L’integrale âˆŤđ?‘Ž

đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente se lim âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ esiste ed e’ finito. đ?‘?→+∞

Altrimenti tale integrale e’ detto divergente.


đ?‘?

đ?‘?

âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = lim âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘Žâ†’−∞

đ?‘?

đ?‘?

L’integrale âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente se lim âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . Altrimenti tale integrale e’ đ?‘Žâ†’−∞

detto divergente. +∞

Ha significato anche la scrittura âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . In questo caso ∀đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 ∈ đ?‘‘đ?‘œđ?‘šđ?‘“(.) o recte ∀đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 ∈ R, ove R e’ l’insieme dei numeri reali si scrive : +∞

đ?‘Ľ

+∞

0 âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ľ

0

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ .

Il punto đ?‘Ľ0 e’ un punto qualunque di dom f(.). In tutti questi casi si ipotizza di avere una funzione f(x) continua in ogni intervallo limitato a ≤ đ?‘Ľ ≤ đ?‘? . Tale intervallo e’ illimitamente “dilatabileâ€? e quindi del tipo a −đ?‘˜ ≤ đ?‘Ľ ≤ đ?‘? + đ?‘˜ , ∀đ?‘˜ | đ?‘˜ ∈ đ?‘… +. In altri termini dom f(.) = (−∞, +∞) .

Nel caso degli integrali impropri di prima specie la funzione f(x) e’ continua nel considerato intervallo di integrazione. Esempi particolari di integrali impropri di prima specie sono i seguenti: +∞ −đ?‘Ąđ?‘Ľ

âˆŤđ?‘Ž

đ?‘’

dx (detto integrale esponenziale);

+∞ 1 đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘Ľđ?‘?

âˆŤđ?‘Ž

(detto integale p di prima specie, essendo p una costante e a > 0). +∞ đ?&#x;? dx đ?’™đ?’‘

Lo studio dell’integrale âˆŤđ?’‚

+∞ 1 dx đ?‘Ľđ?‘?

Si puo’ scrivere che âˆŤđ?‘Ž

con a> đ?&#x;Ž đ?‘? 1 dx đ?‘Ľđ?‘?

= lim âˆŤđ?‘Ž đ?‘?→+∞

đ?‘Ľ 1−đ?‘?

đ?‘Ľ 1−đ?‘?

= lim ⌋ 1−đ?‘? âŚŒ+∞ đ?‘Ž = lim ⌋ 1−đ?‘? âŚŒ − đ?‘Ľâ†’+∞

đ?‘Ľâ†’+∞

Per p = 1 si annullano i denominatori e le frazioni non hanno senso.

đ?‘Ž 1−đ?‘? 1−đ?‘?


Se 1 −đ?‘? > 0 allora 1 > đ?‘? cioe’ p < 1 e conseguentemente đ?‘Ľ 1−đ?‘? e’ illimitata đ?‘Ľ 1−đ?‘?

đ?‘Ž 1−đ?‘?

đ?‘Ž 1−đ?‘? 1−đ?‘?

superiormente quindi lim ⌋ 1−đ?‘? âŚŒ − 1−đ?‘? = ∞ − đ?‘Ľâ†’+∞

= ∞ e conseguentemente per p <

1 tale integrale e’ divergente non esistendo un limite finito. đ?‘Ľ 1−đ?‘? âŚŒ đ?‘Ľâ†’+∞ 1−đ?‘?

Se 1−đ?‘? < 0 cioe’ per p > 1 lim đ?‘Ľ 1−đ?‘? = 0 ed anche lim ⌋ đ?‘Ľâ†’+∞

đ?‘Ľ 1−đ?‘?

đ?‘Ž 1−đ?‘?

si ha lim ⌋ 1−đ?‘? âŚŒ − 1−đ?‘? = 0 − đ?‘Ľâ†’+∞

+∞ 1 dx đ?‘Ľđ?‘?

L’integrale âˆŤđ?‘Ž

đ?‘Ž 1−đ?‘? 1−đ?‘?

= 0 conseguentemente

đ?‘Ž 1−đ?‘?

= − 1−đ?‘? .

con a> 0 converge al valore −

đ?‘Ž 1−đ?‘? 1−đ?‘?

+∞ −đ?’•đ?’™

La convergenza dell’integrale geometrico âˆŤđ?’‚

đ?’†

quando p > 1 .

dx

Si puo’ utilizzare la sostituzione u = −đ?‘Ąđ?‘Ľ che differenziata conduce a du = −đ?‘Ąđ?‘‘đ?‘Ľ da cui 1

+∞

1

si ricava đ?‘‘đ?‘Ľ = − đ?‘Ą đ?‘‘đ?‘˘ . Tale integrale diviene − đ?‘Ą âˆŤâˆ’đ?‘Žđ?‘Ą đ?‘’ đ?‘˘ du . +∞

1

Applicando il corollario del calcolo integrale si ottiene − đ?‘Ą âˆŤâˆ’đ?‘Žđ?‘Ą đ?‘’ đ?‘˘ du 1

1

=

1

− đ?‘Ą ( lim ⌋(đ?‘’)đ?‘Ąđ?‘Ľ − (đ?‘’)đ?‘Žđ?‘Ą âŚŒ). đ?‘Ľâ†’+∞

Per t = 0 l’integrale non e’ calcolabile in quanto 1

+∞

1 đ?‘Ą

1

non ha significato per t = 0. 1

1

1

Se t < 0 si puo’ scrivere − đ?‘Ą âˆŤâˆ’đ?‘Žđ?‘Ą đ?‘’ đ?‘˘ du = − đ?‘Ą ( lim ⌋(đ?‘’)đ?‘Ąđ?‘Ľ − (đ?‘’)đ?‘Žđ?‘Ą âŚŒ)= − đ?‘Ą ( lim ⌋(đ?‘’)−đ?‘Ąđ?‘Ľ − đ?‘Ľâ†’+∞

đ?‘Ľâ†’+∞

1

(đ?‘’)−đ?‘Žđ?‘Ą âŚŒ= − đ?‘Ą ( lim ⌋(đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ľ − (đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ž âŚŒ essendo đ?›˝ un parametro reale positivo dipendente đ?‘Ľâ†’+∞

1

+∞

da t negativo. In altri termini − đ?‘Ą âˆŤâˆ’đ?‘Žđ?‘Ą đ?‘’ đ?‘˘ du

1

= − đ?‘Ą ( lim ⌋(đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ľ − (đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ž âŚŒ đ?‘Ľâ†’+∞

. La

impossibilita’ della convergenza per t < 0 si comprende immediatamente dal limite lim ⌋(đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ľ âŚŒ = +∞

đ?‘Ľâ†’+∞

1 đ?‘Ą đ?‘Ľâ†’+∞

e dalle conseguenti immediate conseguenze su − ( lim ⌋(đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ľ − (đ?‘’)đ?›˝đ?‘Ž âŚŒ . Ad esiti opposti si perviene quanto t > 0 . E’ infatti immediato osservare che affiche’ la 1

+∞

1

1

1

quantita’ − âˆŤâˆ’đ?‘Žđ?‘Ą đ?‘’ đ?‘˘ du = − ( lim ⌋( )đ?‘Ąđ?‘Ľ − ( )đ?‘Žđ?‘Ą âŚŒ) sia finita e’ necessario e sufficiente đ?‘Ą đ?‘Ą đ?‘’ đ?‘’ đ?‘Ľâ†’+∞


1

1

che sia finito il limite lim ⌋(đ?‘’)đ?‘Ąđ?‘Ľ . Cio’ e’ immediatamente vero per t > 0 atteso che đ?‘’ < đ?‘Ľâ†’+∞

1. 1

1

lim đ?‘Ąđ?‘Ľ

In particolare si ha lim ⌋(đ?‘’)đ?‘Ąđ?‘Ľ = (đ?‘’)đ?‘Ľâ†’+∞ đ?‘Ľâ†’+∞

= 0+ quando t > 0 .

In particolare, per t = 1 si evince immediatamente la convergenza dell’integrale +∞ −đ?‘Ľ

âˆŤđ?‘Ž

đ?‘’

+∞ 1

+∞ 1 đ?‘‘đ?‘Ľ. đ?‘’đ?‘Ľ

dx ≥ âˆŤđ?‘Ž ( )đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ ≥ âˆŤđ?‘Ž đ?‘’

Possono, ora, essere enunciati i criteri di convergenza degli integrali impropri di prima specie. +∞

Il primo di tali criteri e’ il criterio del confronto. Se g(x)≼ 0 ∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ≼ đ?‘Ž e âˆŤđ?‘Ž +∞

converge ad un limite finito allora âˆŤđ?‘Ž

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge sicuramente ad un limite

finito se e’ vero che 0 ≤ đ?‘“(đ?‘Ľ) ≤ đ?‘”(đ?‘Ľ) ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈ ⌋đ?‘Ž, +âˆžâŚŒ. Ad esempio, avendo posto g(x)= +∞

positivo e’ vero che âˆŤđ?‘Ž

1 đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ľ +đ?‘˜

1 đ?‘’đ?‘Ľ

risulta che essendo f(x)=

1 đ?‘’ đ?‘Ľ +đ?‘˜

con k reale

converge ad un valore finito.

Un secondo criterio di convergenza utilizzato e’ quello del quoziente. Al riguardo si pone sia f(x) ≼ 0 e g(x) ≼ 0 per ogni x del dominio di esse. Se

lim

đ?‘“(đ?‘Ľ)

đ?‘Ľâ†’+∞ đ?‘”(đ?‘Ľ)

+∞

= đ??´ ≠0. Gli integrali âˆŤđ?‘Ž

+∞

đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e âˆŤđ?‘Ž

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ sono entrambi

convergenti o entrambi divergenti. +∞

Dato lim đ?‘Ľ đ?‘? đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ??´ ∈ đ?‘… l’integrale âˆŤđ?‘Ž đ?‘Ľâ†’+∞

+∞

Per definizione âˆŤđ?‘Ž convergente.

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge per p > 1 . +∞

e’ assolutamente convergente se âˆŤđ?‘Ž

|�(�)|�� e’


Si deve precisare che non si ha a che fare con una condizione necessaria e sufficiente. +∞

Infatti, puo’ benissimo risultare che âˆŤđ?‘Ž

+∞

|đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ sia divergente e risulti âˆŤđ?‘Ž

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

convergente. +∞

Vale comunque la seguente implicazione: se âˆŤđ?‘Ž +∞

âˆŤđ?‘Ž

|đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ

converge allora

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge.

Vanno ora esaminati gli integrali impropri di seconda specie. Il primo caso presuppone che si consideri una funzione f(x) ≼ 0∀ đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ . Tale funzione e’ non limitata solo in x = đ?‘Ž . Il grafico illustra una possibile situazione.

đ?‘?

đ?‘?

đ?‘?

In questo caso si scrive âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = lim+ âˆŤđ?‘Ž+đ?œ€ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente se il đ?œ€â†’0

limite scritto a destra esiste ed e’ finito. Un secondo caso e’ il seguente.

x= đ?‘?


đ?‘?

đ?‘?−đ?œ€

In questo caso si scrive âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = lim+ âˆŤđ?‘Ž đ?œ€â†’0

đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente se il

limite scritto a destra esiste ed e’ finito. Esiste un ulteriore caso, il terzo per il quale la funzione e’ definita in ⌋a, bâŚŒâˆ’{đ?‘Ľ0 } essendo đ?‘Ľ0 ∈ ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ. Il seguente grafico illustra intuitivamente la situazione.

Si puo’ considerare il caso di una funzione che sia definita e continua in ogni punto compreso tra a e b ma non nel punto đ?‘Ľ0 nel quale sono, con riferimento al caso qui considerato verificate le due seguenti relazioni lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) = lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľ0

�→�0

+∞ . đ?‘?

đ?‘Ľ −đ?œ€0

In casi del genere si puo’ scrivere che âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ) = âˆŤđ?‘Ž 0

đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ) + âˆŤđ?‘Ľ

0 +đ?œ€1

đ?‘“(đ?‘Ľ) quando

le quantita’ đ?œ€0 đ?‘’ đ?œ€1 đ?‘Ąđ?‘’đ?‘›đ?‘‘đ?‘œđ?‘›đ?‘œ đ?‘Ž 0+ . đ?‘?

L’esistenza dei due limiti a destra giustifica la convergenza dell’integrale âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ) . Con riferimento a tali integrali puo’ capitare che tali limiti non esistano mentre, come ha rilevato L.A. Cauchy, risulta essere finito il limite posto al secondo membro, đ?‘?

đ?‘Ľ −đ?œ€

avendo quindi che âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ) = lim+( âˆŤđ?‘Ž 0 đ?œ€â†’0

đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ) + âˆŤđ?‘Ľ

0 +đ?œ€

đ?‘“(đ?‘Ľ))

Tale limite, se esiste, e’ detto valore principale di Cauchy.


Anche sotto questa particolare condizione (cioe’ đ?‘Ľ0 ∉ dom f(.)) e’ possibile studiare +∞

l’integrale âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . Gli integrali p di seconda specie Tali integrali sono del tipo đ??›

đ?&#x;? đ???đ??ą (đ??ąâˆ’đ??š)đ??Š

đ??›

đ?&#x;? đ???đ??ą (đ??›âˆ’đ??ą)đ??Š

âˆŤđ??š âˆŤđ??š

Tali integrali convergono per p < đ?&#x;? e divergono per p ≼ đ?&#x;? . Con riferimento al primo caso si puo’ affermare che đ?’ƒ

âˆŤđ?’‚

đ?&#x;? đ?’…đ?’™ (đ?’™âˆ’đ?’‚)đ?’‘

đ?’ƒ

= đ??Ľđ??˘đ??Ś+ âˆŤđ?’‚+đ?œş đ?œşâ†’đ?&#x;Ž

đ?&#x;? đ?’…đ?’™ (đ?’™âˆ’đ?’‚)đ?’‘

Si osservi che deve essere x ≠� in quanto

đ?&#x;? (đ?’™âˆ’đ?’‚)đ?’‘

non ha senso in R quando il

denominatore e’ nullo. Da đ?’™ − đ?’‚ = đ?’–, đ?’”đ?’?đ?’•đ?’•đ?’? la condizione posta (x ≠đ?’‚) si ha đ???đ??ą − đ???đ??š = đ???đ??Ž, ed essendo đ???đ??š = đ?&#x;Ž, si puo’ affermare che đ???đ??ą = đ???đ??Ž . Con la sostituzione đ?’™ − đ??š = đ??Ž si puo’ scrivere: đ?’ƒ

đ??Ľđ??˘đ??Ś+ âˆŤđ?’‚+đ?œş

đ?œşâ†’đ?&#x;Ž

đ?&#x;? đ?’…đ?’™ đ?’–đ?’‘

đ?’ƒ

= đ??Ľđ??˘đ??Ś+ âˆŤđ?œş đ?’–−đ?’‘ đ?’…đ?’– , p≠đ?&#x;?.

đ??›

đ?œşâ†’đ?&#x;Ž

đ??Žđ?&#x;?−đ??Š

Quindi đ??Ľđ??˘đ??Ś+ âˆŤđ?›† đ??Žâˆ’đ??Š đ???đ??Ž = ⌋ đ?&#x;?−đ??Š âŚŒđ??›đ?›† = đ?›†â†’đ?&#x;Ž

(đ??›âˆ’đ??š)đ?&#x;?−đ??Š đ?&#x;?−đ??Š

−

(đ?›†)đ?&#x;?−đ??Š đ?&#x;?−đ??Š

con p ≠đ?&#x;? .

In effetti la criticita’ riguarda il limite inferiore di integrazione in quanto la funzione e’ definita in (a, bâŚŒ in quanto da đ??ą − đ??š = đ??Ž per sostituzione si ottiene a + đ?œş − đ?’‚ = đ?œş e, forse, a parte la critica di ineleganza, ben si evidenzia che đ?œş e’ l’estremo inferiore di integrazione. Per l’estremo superiore di integrazione si pone x = đ?’ƒ nell’equazione di trasformazione (đ?’™ − đ?’‚ = đ?’–) e si ricava l’estremo superiore di integrazione b −đ??š = đ??Žđ?&#x;? .


đ?’–

đ?’ƒ

In altri termini, formalmente si puo’ scrivere che âˆŤđ?’– đ?&#x;? đ?’–−đ?’‘ đ?’…đ?’– = đ??Ľđ??˘đ??Ś+ âˆŤđ?œş đ?’–−đ?’‘ đ?’…đ?’– . đ?œşâ†’đ?&#x;Ž

đ?&#x;?

La convergenza del dato integrale si evidenzia studiando l’espressione (đ?œş)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?œşâ†’đ?&#x;Ž đ?&#x;?−đ?’‘

− đ??Ľđ??˘đ??Ś+

(đ?’ƒâˆ’đ?’‚)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?&#x;?−đ?’‘

con p ≠đ?&#x;? .

Risulta ben evidente che per p = đ?&#x;? tale espressione non e’ definita, quindi neppure puo’ esistere un limite finito. Il primo termine dell’espressione e’ sicuramente una quantita’ finita. Occorre, quindi (đ?œş)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?œşâ†’đ?&#x;Ž đ?&#x;?−đ?’‘

concentrare l’attenzione sul limite đ??Ľđ??˘đ??Ś+

al fine di verificare a quali condizioni

(recte, per quali valori di p) tale limite esiste finito. Attesa la condizione p ≠đ?&#x;? occorre ed e’ sufficiente limitarsi a studiare la condizione per la quale (đ?œş)đ?&#x;?−đ?’‘ e’ una quantita’ finita quando đ?œş → đ?&#x;Ž+ . Il caso p = đ?&#x;? che condurrebbe a đ?œşđ?&#x;Ž = đ?&#x;? ma non e’ di interesse. Se p < đ?&#x;? si puo’ scrivere (đ?œş)đ?&#x;?−đ?’‘ = đ?œşđ?œś essendo đ?œś đ?’Šđ?’?tero positivo in quanto p varia negli interi negativi. Poiche’ si puo’ anche dire che đ?œş > đ?&#x;Ž allora si puo’ dire che đ?&#x;Ž < đ?œşđ?œś < đ?œş. đ?&#x;?−đ?’‘

In termini formali la quantita’ đ?œş|đ?’‘<đ?&#x;? e’ un infinitesimo. In definitiva la quantita’

(đ?’ƒâˆ’đ?’‚)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?&#x;?−đ?’‘

(đ?œş)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?œşâ†’đ?&#x;Ž đ?&#x;?−đ?’‘

− đ??Ľđ??˘đ??Ś+

→

(đ?’ƒâˆ’đ?’‚)đ?&#x;?−đ?’‘ đ?&#x;?−đ?’‘

quando p < đ?&#x;?

Per p ≼ đ?&#x;? l’integrale diverge.

Anche per gli integrali di seconda specie sono dati una serie di teoremi che illustrano le condizioni di convergenza. Per la loro disamina e per le relative dimostrazioni si rimanda alla manualistica in circolazione. Assegnato un intervallo ⌋a, bâŚŒ della retta reale possono presentarsi tre distinti casi: •

la funzione f(x) e’ illimitata solo in x = đ?‘Ž, quindi il dominio di essa e’ l’intervallo (a, bâŚŒ


•

la funzione f(x) e’ illimitata solo in x = đ?‘?, quindi il dominio di essa e’ l’intervallo ⌋a, b)

•

la funzione f(x) e’ definita e continua in ogni punto di ⌋đ?‘Ž, đ?‘?âŚŒ ad eccezione di un punto đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 đ?œ–(đ?‘Ž, đ?‘?) .

Per tali integrali sono particolarmente utili i due seguenti criteri di convergenza, che in questa sintesi introduttiva sono riferiti al caso che la funzione in esame sia illimitata in x = đ?‘Ž , cioe’ risulti la funzione limitata, definita e continua in (a, bâŚŒ. đ?‘?

Criterio del confronto. Se g(x) ≼ 0 in (a, bâŚŒ e se âˆŤđ?‘Ž đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente, allora đ?‘?

sicuramente âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge qualora risulti f(x) ≤ đ?‘”(đ?‘Ľ) per ogni x in (a, bâŚŒ . đ?‘“(đ?‘Ľ) đ?‘”(đ?‘Ľ) đ?‘Ľâ†’đ?‘Ž

Criterio del rapporto. Se f(x) ≼ 0 in (a, bâŚŒ se g(x) ≼ 0 in (a, bâŚŒ e se lim+ đ?‘?

đ?‘“(đ?‘Ľ)

=đ??´â‰ 0

đ?‘?

oppure se lim+ đ?‘”(đ?‘Ľ) = ∞ allora âˆŤđ?‘Ž đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ sono entrambi convergenti o đ?‘Ľâ†’đ?‘Ž

divergenti. �(�) �(�) �→�

Nel caso risulti lim+

= 0 allora se un integrale converge , pure l’altro converge.

E’ di grande importanza il seguente teorema: đ?‘?

se lim+(đ?‘Ľ − đ?‘Ž)đ?‘? đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ??´ allora âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge se p < 1 e il valore A e’ un numero đ?‘Ľâ†’đ?‘Ž

reale, cioe’ una quantita’ finita. ⧞⧞⧞ Nei termini piu’ generali e non infrequentemente capita di osservare integrali del tipo đ?‘?

đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž |đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ che possono essere o meno convergenti. Se âˆŤđ?‘Ž |đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente allora đ?‘?

necessariamente âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente.


La convergenza assoluta implica la convergenza semplice. Non e’ necessariamente vero đ?‘?

il contrario. In altri termini âˆŤđ?‘Ž |đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ potrebbe essere divergente quando invece đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž |đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ risulta essere convergente. ⧞⧞⧞ E’ utile fare cenno agli integrali impropri di terza specie, caratterizzati dalla coesistente particolarita’ degli integrali impropri di prima specie e degli integrali impropri di seconda specie. Nel caso piu’ generale f(x) e’ definita in (a, b) quindi la funzione non e’ finita in corrispondenza dei punti estremi a e b. Ulteriormente tale funzione non e’ finita in đ?‘Ľ0 ∈ ⌋đ?‘Ž − đ?‘‘đ?‘Ľ, đ?‘? + đ?‘‘đ?‘ĽâŚŒ . Il dominio di f(.) e’ pertanto (a, b) − đ?‘Ľ0 ∈ ⌋đ?‘Ž − đ?‘‘đ?‘Ľ, đ?‘? + đ?‘‘đ?‘ĽâŚŒ . Risulta che lim đ?‘“(đ?‘Ľ0 ) = +∞ .

�→�0

E’ il caso di questo grafico sottostante, illustrativo che espone uno dei casi possibili trattabili.

In generale si hanno integrali impropri di terza specie nei quali la funzione f(x) e’ definita e continua in (a, bâŚŒ ma non in đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 ∈ (đ?‘Ž + ∆, đ?‘? − đ?‘‘đ?‘Ľ). Questa particolare indicazione del punto đ?‘Ľ0 impone che ∆ sia un reale positivo mentre dx sia una quantita’ infinitesima.


Se per esempio la funzione f(.) fosse definita e continua in (a, b) allora per avere una funzione riconducibile a quelle degli integrali di terza specie sarebbe necessario considerare un đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 ∈ (đ?‘Ž + ∆, đ?‘? − đ??ť) per il quale f(đ?‘Ľ0 ) non e’ finita, essendo ∆ đ?‘’ đ??ť sono due numeri reali positivi. Deve, ad esempio, essere đ?‘Ž + ∆ < đ?‘? cioe’ ∆ < đ?‘? − đ?‘Ž . Queste considerazioni sono solo osservazioni astratte volte a precisare condizioni ipotetiche. ⧞⧞⧞ E’ utile un cenno agli integrali dipendenti da un parametro đ?œś . +∞

Tali integrali sono formalizzati come segue ÎŚ( đ?›ź) = âˆŤđ?‘Ž

�(�, �)�� . Rispetto ad essi e’

stata introdotta la nozione di convergenza uniforme. Si ipotizza che sia convergente in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ cioe’ sia convergente per ogni đ?›ź| đ?›ź1 ≤ đ?›ź ≤ đ?›ź2 . E’ stata introdotta la seguente definizione di integrale uniformemente convergente in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ . Se per ogni đ?œ€ > 0 e’ possibile determinare un N =N(đ?œ€) non dipendente da đ?›ź tale +∞

che |ÎŚ( đ?›ź) − âˆŤđ?‘Ž

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?›ź)đ?‘‘đ?‘Ľ| < đ?œ€ ∀đ?‘˘ > đ?‘ al variare di đ?›ź in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ. +∞

In altri termini si scrive |ÎŚ( đ?›ź) − âˆŤđ?‘Ž

+∞

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?›ź)đ?‘‘đ?‘Ľ|=|âˆŤđ?‘Ž

�(�, �)��|.

Sono dati due criteri di convergenza uniforme. Essi vengono enunciati con riferimento agli integrali impropri di prima specie. Criterio di Weierstraβ . Se esiste una funzione M(x) tale che |f(x, đ?›ź)| ≤ |đ?‘€(đ?‘Ľ)| al variare +∞

di đ?›ź in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ e per x > đ?‘Ž tale che âˆŤđ?‘Ž

+∞

đ?‘€(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e’ convergente allora âˆŤđ?‘Ž

�(�, �)�� e’

convergente . Criterio di Dirichelet. Sia assegnata una funzione đ?›š(đ?‘Ľ) | đ?›š(đ?‘Ľ) e’ decrescente tendente allo +∞

zero per x all’infinito, cioe’ tale che lim đ?›š(đ?‘Ľ) = 0+ e sia |âˆŤđ?‘Ž đ?‘Ľâ†’+∞

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?›ź)đ?‘‘đ?‘Ľ | < đ?‘ƒ ∀đ?‘˘ > đ?‘Ž al


+∞

variare di đ?›ź in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ. Sotto queste condizioni âˆŤđ?‘Ž

�(�, �)�(�)�� e’ uniformemente

convergente per ogni đ?›ź in ⌋đ?›ź1 , đ?›ź2 âŚŒ.

Poiche’ questo elaborato non e‘ specificatamente indicato agli integrali impropri si rimanda – specie per i teoremi sulla convergenza uniforme degli integrali all’ottima manualistica in circolazione. â– â– â– Da ultimo occorre considerare la nozione di trasformata di Laplace. Per definizione la trasformata di Laplace di una funzione f(x) e’ : +∞ −đ?‘ đ?‘Ľ

f(s) = đ??żâŚ‹đ?‘“(đ?‘Ľ)âŚŒ = âˆŤđ?‘Ž

đ?‘’

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ .

Vi e’ una evidente analogia con la serie di potenze posto đ?‘’ −đ?‘ đ?‘Ľ = đ?‘Ą da cui si ottiene đ?‘’ −đ?‘ đ?‘Ľ = đ?‘Ąđ?‘Ľ . Ordine esponenziale di una funzione Sia data una funzione reale di una variabile reale f(x) tale che •

f(x) e’ definita in 0 ≤ đ?‘Ľ < +∞

•

f(x) e’ continua a tratti

Si dice che f(x) e’ di ordine esponenziale đ?›ź se đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ľ |f(x)|≤ đ?‘€ ∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ≼ đ?‘Ľ0 essendo đ?›ź, đ?‘€ đ?‘’ đ?‘Ľ0 tre costanti. Per esempio per discutere l’ordine esponenziale della funzione đ?‘“(đ?‘Ľ) = cos(7đ?‘Ľ) si deve osservare che tale funzione e’ limitata. Si deve evidenziare che đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ľ |cos(7đ?‘Ľ)| ≤ đ?‘€.


1

Per đ?›ź > 1 e x > 1 posto đ?‘Ľ0 = 1 puo’ anche osservarsi che đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ľ = (đ?‘’)đ?›źđ?‘Ľ → 0+ quando đ?›ź>1 . Pertanto, attesa la limitatezza di đ?‘“(đ?‘Ľ) = cos(7đ?‘Ľ) e quindi anche di |đ?‘“(đ?‘Ľ)| = { đ?‘Ľ → +∞ |cos(7đ?‘Ľ)|, risulta che

lim

đ?‘Ľâ†’+∞,đ?›ź>1

đ?‘’ −đ?›źđ?‘Ľ | cos(7đ?‘Ľ) |= 0 < đ?‘€ |đ?‘€ > 0

+∞

Divergenza dell’integrale âˆŤđ?&#x;?

đ?&#x;?

đ?’™âˆ’đ?&#x;? dx

Tale integrale puo’ essere facilmente ricondotto all’integrale elementare âˆŤ đ?‘Ľ đ?›ź dx , dove đ?›ź e’ un intero relativo o un razionale relativo comunque đ?›ź ≠−1 . Sotto queste condizioni e’ noto che âˆŤ đ?‘Ľ đ?›ź dx=

� �+1 �+1

+ đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.

1

1

2

1

Per đ?›ź = − 2 risulta immediatamente che âˆŤ đ?‘Ľ −2 dx= 3 đ?‘Ľ 2 + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. Applicando il corollario del teorema fondamentale del calcolo si ha 1

2

1

2 √đ?‘Ľ đ?‘Ľâ†’+∞ 3

− âˆŤ đ?‘Ľ 2 dx= ⌋3 đ?‘Ľ 2 âŚŒ1+∞ = lim

2

2

− 3 = +∞ − 3 = +∞ .

Tale integrale diverge, non avendo esso un limite finito.

+∞ đ?’”đ?’™

Studio delle condizioni di convergenza per l’integrale âˆŤđ?&#x;Ž

đ?’† đ?’…đ?’™

Per lo studio di questo integrale si puo’ partire dalla sostituzione sx = đ?‘˘ che differenziata conduce a đ?‘ đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘Ž đ?‘?đ?‘˘đ?‘– đ?‘‘đ?‘Ľ = 1

1

đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘

. Con semplici passaggi elementari si

1

ottiene âˆŤ đ?‘’ đ?‘ đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘ âˆŤ đ?‘’ đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ = đ?‘ đ?‘’ đ?‘˘ + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. = đ?‘ đ?‘’ đ?‘ đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. Applicando il corollario del +∞

teorema fondamentale del calcolo integrale si ha âˆŤ0 đ?‘’

đ?‘ lim đ?‘Ľ đ?‘Ľâ†’0

) =

1 đ?‘ lim đ?‘Ľ (đ?‘’ đ?‘Ľâ†’+∞ đ?‘

1

1

đ?‘’ đ?‘ đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘ ⌋đ?‘’ đ?‘ đ?‘Ľ âŚŒ+∞ 0 = đ?‘ (đ?‘’

đ?‘ lim đ?‘Ľ đ?‘Ľâ†’+∞

−

− 0) → +∞ quando s > 0, e pertanto per s > 0 tale integrale 1 đ?‘

diverge. Deve escludersi đ?‘ = 0 in quanto non ha senso per đ?‘ = 0 .


1

1

1

1

1 |𝑠| lim 𝑥

|𝑠|𝑥 +∞ Se s e’ negativo allora si puo’ scrivere che 𝑠 ⦋𝑒 𝑠𝑥 ⦌+∞ ⦌0 = 𝑠 ⦋(𝑒) 0 ≡ 𝑠 ⦋(𝑒 ) 1 |𝑠| lim 𝑥

(𝑒)

𝑥→0

1

1

1

1

1

1

⦌ = 𝑠 (0 − (𝑒)|𝑠|0 ⦌ = 𝑠 (0 − (𝑒)0 ⦌ = 𝑠 (0 − 1 ⦌ = − 𝑠 .

𝑥→+∞


2. FUNZIONI gamma e BETA La funzione gamma +∞

Tale funzione viene definita come segue: đ?›¤(đ?‘›) = âˆŤ0

đ?‘Ľ đ?‘›âˆ’1 đ?‘’ −đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ . Tale integrale e’

convergente per n > 0. Tale funzione gode della seguente proprieta’ fondamentale : �(� + 1) = � �(�). 1

Valgono le seguenti relazioni fondamentali đ?›¤(1) = 1 , đ?›¤(đ?‘› + 1) = đ?‘›! e đ?›¤(2) = √đ?œ‹ . Per valori di n molto grandi la funzione gamma e’ difficilmente calcolabile . đ?œƒ

E’ stato dimostrato che đ?›¤(đ?‘› + 1) = √2đ?œ‹đ?‘› đ?‘›đ?‘› đ?‘’ −đ?‘› đ?‘’ 12(đ?‘›+1) con 0 < đ?œƒ < 1 . đ?œƒ

Poiche’ đ?‘’ 12(đ?‘›+1) ≈ 1 si utilizza la cosiddetta approssimazione fattoriale di Stirling per la quale si pone n! = √2đ?œ‹đ?‘› đ?‘›đ?‘› đ?‘’ −đ?‘› . ⧞⧞⧞ Definizione di sviluppo asintotico di una funzione f(x) Sia data la serie infinita S(x) = đ?‘Ž0 +

đ?‘Ž1 đ?‘Ľ

đ?‘Ž

đ?‘Ž

+ �22 + ⋯ . + ��� +..‌ e si consideri la somma parziale

dei primi n termini cioe’ la quantita’ �� (�) = �0 +

đ?‘Ž1 đ?‘Ľ

đ?‘Ž

đ?‘Ž

+ đ?‘Ľ22 + â‹Ż . + đ?‘Ľđ?‘›2 .

Se la quantita’ đ?‘…đ?‘› (đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘Ľ) − đ?‘†đ?‘› (đ?‘Ľ) e’ tale che per ogni valore di n intero risulta lim đ?‘Ľ đ?‘› | đ?‘…đ?‘› (đ?‘Ľ)| = 0 .

đ?‘Ľâ†’∞

Se tale relazione e’ vera allora si afferma che S(x) e’ lo sviluppo asintotico della funzione f(x). In questo caso si scrive f(x) ~�(�).


3.

Equazioni differenziali alle derivate parziali. Problemi

al contorno.

In questo capitolo introduttivo saranno prese in considerazioni le equazioni differenziali alle derivate parziali. Si tratta di equazioni la cui incognita e’ costituita da una funzione reale di due o piu’ variabili indipendenti. Rispetto ad esse e’ utile premettere che l’ordine di una equazione differenziale alle derivate parziali e’ l’ordine massimo delle derivate parziali presenti nell’equazione. Si consideri, ad esempio, l’equazione differenziale

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ľ 2

=

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ą 2

+ đ?‘˜đ?‘Ą 2 . Si tratta di una equazione differenziale in

cui l’incognita e’ la funzione y(x,t). In essa sono presenti due variabili indipendenti x e t.

La funzione che soddisfa identicamente la relazione e’ detta soluzione (o integrale). In altri termini tale funzione per ogni valore ammesso delle variabili indipendenti soddisfa l’equazione proposta. L’integrale generale e’ una soluzione che contiene un numero di funzioni indipendenti pari all’ordine dell’equazione (Spiegel). Dall’integrale generale e’ possibile ottenere un integrale particolare scegliendo opportunamente le funzioni arbitrarie. Un integrale singolare e’ una soluzione che non puo’ essere ottenuta dall’integrale generale con una scelta opportuna della funzioni arbitrarie. Verificare se una funzione y(‌.) e’ una soluzione della equazione differenziale equivale a verificare con una sostituzione in formula se si ottiene una eguaglianza identicamente vera. Si consideri, ad esempio,


l’equazione differenziale

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ľ 2

=

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ą 2

+ đ?‘˜đ?‘Ą 2 . In questo caso per dire che la funzione đ?‘Ś ∗ (x,t) e’ soluzione di tale

equazione e’ necessario e sufficiente dimostrare che

đ?œ•2 đ?‘Ś ∗ đ?œ•đ?‘Ľ 2

=

đ?œ•2 đ?‘Ś ∗ đ?œ•đ?‘Ą 2

+ đ?‘˜đ?‘Ą 2 .

Un problema associato ad una equazione differenziale alle derivate parziali consta di una equazione differenziale alle derivate parziali che deve essere risolta tenendo conto delle condizioni al contorno o delle condizioni parziali.

E’ possibile fare un esempio di problema considerando il caso della equazione seguente e della condizione al contorno assegnata: đ?œ•đ?‘˘

đ?‘Ž

đ?œ•đ?‘Ľ

+đ?‘?

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ś

= 0 u(x, 0) = đ?‘?đ?‘’ −đ?‘Ľ

Nel novero delle equazioni differenziali alle derivate parziali sono ricomprese le equazioni lineari del secondo ordine (contenenti, quindi, derivate parziali seconde) del tipo: đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•đ?‘˘

đ?œ•đ?‘˘

Ađ?œ•đ?‘Ľ 2 + đ??ľ đ?œ•đ?‘Ľđ?œ•đ?‘Ś + Cđ?œ•đ?‘Ś2 +đ??ˇ đ?œ•đ?‘Ľ + đ??¸ đ?œ•đ?‘Ś +đ??šđ?‘˘ = đ??ş Le grandezze A, B, C, D, E, F, e G non possono dipendere da đ?‘˘ = đ?‘˘(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) .

Ad escludendum, le equazioni differenziali del secondo ordine che non sono della forma A đ?œ•2 đ?‘˘

C

đ?œ•đ?‘Ś 2

+đ??ˇ

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ

+đ??¸

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ 2

+đ??ľ

đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľđ?œ•đ?‘Ś

+

+đ??šđ?‘˘ = đ??ş sono dette non lineari.

E’ possibile che G sia identicamente nulla. Nel qual caso l’equazione e’ detta omogenea, altrimenti l’equazione e’ detta non omogenea.


Le equazioni lineari del secondo ordine vengono divise in: •

equazione ellittica se đ??ľ2 − 4đ??´đ??ś < 0

•

equazione iperbolica se đ??ľ2 − 4đ??´đ??ś > 0

•

equazione parabolica se đ??ľ2 − 4đ??´đ??ś = 0.

Un esempio di equazione differenziale lineare del secondo ordine e’ la seguente đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ 2

đ?œ•2 đ?‘˘

− đ?œ•đ?‘Ś2 = 0

Che si tratti di una equazione differenziale lineare del secondo ordine lo si desume dal fatto che essa puo’ essere ricondotta al caso delle equazioni differenziali lineari del secondo ordine solo che si ponga

đ??ľ

đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľđ?œ•đ?‘Ś

=đ??ˇ

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ

=đ??¸

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ś

= đ??šđ?‘˘ = đ??ş = 0

Tale equazione e’ pure omogenea. Risulta đ??ľ2 − 4đ??´đ??ś = 0 − (−1∗ 1) = +1 > 0 . Pertanto tale equazione e’ iperbolica.

L’operatore laplaciano in coordinate cartesiane Sia assegnata una funzione u(x,y,z,t) contenente le variabili indipendenti x, y, z e t . L’operatore scalare di Laplace, detto laplaciano, indicato con la notazione ∇2 đ?‘˘ e’ in đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•2 đ?‘˘

coordinate cartesiane ortogonali, per definizione, tale che ∇2 đ?‘˘ = đ?œ•đ?‘Ľ 2 + đ?œ•đ?‘Ś2 + đ?œ•đ?‘§2 .

Occorre pero’ precisare che lo sviluppo del laplaciano e’ dipendente dal sistema di coordinate che si utilizza e, quindi, tenuto conto delle formule di trasformazione delle coordinate (cartesiane → cilindriche, oppure cartesiane → đ?‘ đ?‘“đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘–đ?‘?â„Žđ?‘’) esistono modalita’ alternative di sviluppo di tale operatore.


Tale operatore, come si vedra’ , e’ presente in molte equazioni, quali l’equazione della conduzione del calore e nell’equazione di Laplace.

Risoluzione dei problemi al contorno o alle condizioni iniziali •

Ricerca degli integrali generali â–Ş

Teorema della sovrapposizione. Data una equazione differenziale alle derivate parziali omogenea se đ?‘˘đ?‘–≤đ?‘› sono soluzioni allora anche ∑ đ?‘?đ?‘– đ?‘˘đ?‘–≤đ?‘› con đ?‘?đ?‘– costanti e’ una soluzione di tale equazione.

â–Ş

Integrale generale di una equazione differenziale alle derivate parziali non omogenea. E’ la somma di un integrale particolare dell’equazione differenziale non omogenea e dell’integrale generale dell’equazione omogena associata.

â–Ş Metodo della separazione delle variabili Tale metodo consente di ottenere gli integrali particolari. La soluzione viene intesa come il prodotto di funzioni incognite ognuna delle quali dipendente da una unica variabile indipendente. Il primo membro contiene una funzione di una sola variabile, il secondo le funzioni delle rimanenti variabili, con la conseguente costanza dei membri.

Tipologie di esercizi da affrontare E’ possibile introdurre una breve sintesi delle varie tipologie di esercizi e di problemi che devono essere affrontati.


đ?œś) verificare se una data funzione e’ soluzione di un dato problema al contorno. Tale verifica e’ riconducibile a sostituzioni in formula, al calcolo di derivate parziali, prime o seconde, e alla loro sostituzione nel corpo dell’equazione differenziale alle derivate parziali onde verificare che si ottenga una identita’, cioe’ una relazione di eguaglianza identicamente vera. Un esempio potrebbe essere il seguente. Dire se per quale valore di k la funzione đ?‘§ = đ?‘§(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = 4đ?‘’ −3đ?‘Ľ cos2y e’ una soluzione di

đ?œ•2 đ?‘§ đ?œ•đ?‘Ľ 2

đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ‹

+đ?‘˜ đ?œ•đ?‘Ľ 2 = 0 date le condizioni z(x, 2 ) = −4đ?‘’−3đ?‘Ľ e z(x, 0) = 4đ?‘’ −3đ?‘Ľ .

In prima battuta occorre verificare le condizioni al contorno. Risulta che 4đ?‘’−3đ?‘Ľ (−1) = −4đ?‘’−3đ?‘Ľ . Quanto alla seconda risulta z(x,

z(x,

đ?œ‹ ) 2

đ?œ‹

= 4đ?‘’−3đ?‘Ľ cos22 =

0) = 4đ?‘’−3đ?‘Ľ cos0= 4đ?‘’ −3đ?‘Ľ , essendo cos 0 = 1 .

Entrambe le condizioni sono verificate. Occorre ora calcolare le derivate, partendo dalle derivate prime. đ?œ•đ?‘§ đ?œ•đ?‘§ (4đ?‘’ −3đ?‘Ľ cos2y) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ľ (4đ?‘’ −3đ?‘Ľ )= 4đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś đ?‘’ −3đ?‘Ľ đ?‘‘(−3đ?‘Ľ) = 4đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś đ?‘’ −3đ?‘Ľ (−3) = −12đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś đ?‘’ −3đ?‘Ľ . đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

A questo punto si deve calcolare la derivata seconda −12đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś

đ?œ• (đ?‘’−3đ?‘Ľ ) đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ• đ?œ•đ?‘§ đ?œ• ( )= (−12đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś đ?‘’−3đ?‘Ľ ) đ?œ•đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

=

=) = −12đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Śđ?‘’−3đ?‘Ľ (−3) = 36đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Śđ?‘’ −3đ?‘Ľ .

đ?œ•2 đ?‘§

Quindi đ?œ•đ?‘Ľ 2 = 36đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Śđ?‘’−3đ?‘Ľ . A questo punto deve essere calcolata la derivata prima rispetto alla y, avendo che đ?œ•đ?‘§ đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘§ đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ś (4đ?‘’ −3đ?‘Ľ cos2y) = 4đ?‘’ −3đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ś (cos2y) = 4đ?‘’ −3đ?‘Ľ (−đ?‘ đ?‘–đ?‘›2đ?‘Ś)2 atteso che đ?‘‘đ?‘Ś (2đ?‘Ś) = 2 = 2 . đ?‘‘đ?‘Ś

A questo punto e’ possibile calcolare la derivata seconda

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

8đ?‘’ −3đ?‘Ľ (−đ?‘ đ?‘–đ?‘›2đ?‘Ś) = 8đ?‘’ −3đ?‘Ľ

8đ?‘’ −3đ?‘Ľ (−đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Ś)2 = −16cos2yđ?‘’ −3đ?‘Ľ .

Pertanto

đ?œ•2 đ?‘§ = −16cos2yđ?‘’ −3đ?‘Ľ . đ?œ•đ?‘Ś 2

Quindi 36đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Śđ?‘’ −3đ?‘Ľ = k−16cos2yđ?‘’ −3đ?‘Ľ da cui k = −

36đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2đ?‘Śđ?‘’ −3đ?‘Ľ 16cos2yđ?‘’ −3đ?‘Ľ

=

36 16

6

3

9

4

2

4

= ( )2 = ( )2 = .

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ś

(−đ?‘ đ?‘–đ?‘›2đ?‘Ś) =


đ?œˇ) verificare se un integrale generale e’ una soluzione di una equazione differenziale alle derivate parziali. In questo caso e’ data una funzione ed e’ necessario verificare se tale funzione e’ una soluzione di una data equazione differenziale. E’ possibile portare un esempio consistente nel verificare che la funzione v(x,y) = đ?‘Ľđ??š(2đ?‘Ľ + đ?‘Ś) e’ una soluzione (e’ un integrale generale) della seguente equazione differenziale alle derivate parziali x

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ľ

−2đ?‘Ľ

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ś

=đ?‘Ł .

La funzione v(x,y) = đ?‘Ľđ??š(2đ?‘Ľ + đ?‘Ś) = đ?‘Ľđ??š(đ?‘˘) e’ il prodotto di due funzioni. Si ha

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ľ

=x

đ?œ•đ??š đ?œ•đ?‘Ľ

+ đ??š(đ?‘˘)

Si puo’ ora calcolare

Da cui si ha

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•đ??š đ?œ•đ?‘Ś

=đ?‘Ľ

đ?œ•đ??š đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ

+ đ??š(đ?‘˘) = đ?‘Ľđ??š ′ (đ?‘˘)2 + đ??š(đ?‘˘) = 2đ?‘Ľđ??š ′ (đ?‘˘) + đ??š(đ?‘˘) .

avendo che

đ?œ•đ??š đ?œ•đ?‘Ś

=

đ?œ•đ??š đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ś

= đ??š ′ (đ?‘˘)1 = đ??šâ€˛(đ?‘˘).

= đ?‘Ľđ??š ′ (đ?‘˘).

Occorre procedere ora alla verifica con le necessarie sostituzioni in formula. x

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ľ

−2đ?‘Ľ

đ?œ•đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ś

=đ?‘Ł

đ?‘ĽâŚ‹2đ?‘Ľđ??š ′ (đ?‘˘) + đ??š(đ?‘˘)âŚŒ − 2đ?‘ĽâŚ‹đ?‘Ľđ??šâ€˛(đ?‘˘)âŚŒ = đ?‘Ł 2đ?‘Ľ 2 đ??š ′ (đ?‘˘) + đ?‘Ľđ??š(đ?‘˘) − 2đ?‘Ľ 2 đ??š ′ (đ?‘˘) = đ?‘Ł đ?‘Ľđ??š(đ?‘˘) = đ?‘Ł c.v.d..

Fatta la verifica e’ possibile imporre una condizione giungendo per questa via a ricavare un integrale particolare coerente con la condizione posta.

Îł) assegnata una funzione (quindi un integrale generale) determinare un’equazione alle derivate parziali che lo abbia come una soluzione. Si potrebbe, ad esempio, voler determinare l’equazione differenziale alle derivate parziali avente la funzione h(x , y) =đ??š(đ?‘Ľ − 3đ?‘Ś) + đ??ş(2đ?‘Ľ + đ?‘Ś) .


đ?œš) metodo di separazione delle variabili. Il metodo di separazione delle variabili permette di ricavare non tutte le soluzioni bensi’ le soluzioni stazionarie. Assegnata una funzione đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) la si esprime considerando due funzioni g(x) e h(y) tali che đ?‘“(x,y)= đ?‘”(đ?‘Ľ)â„Ž(đ?‘Ľ) . Un esempio fisico di fondamentale importanza e’ costituito dalla equazione del calore, dovuta a Fourier, scritta come segue: đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•2

− đ?œ•đ?‘Ś2 f(x,y) = 0

Poiche’ vi sono due variabili indipendenti la funzione đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) e’ tale che đ?‘“(x,y)= đ?‘”(đ?‘Ľ)â„Ž(đ?‘Ś) . Le due funzioni considerate sono derivabili due volte nell’aperto I Ă— đ??˝ ⊂ đ?‘… 2 . L’equazione puo’ essere riscritta come đ?œ• đ?‘”(đ?‘Ľ)â„Ž(đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•2

= đ?œ•đ?‘Ś2f(x,y)

e, per quanto posto,

đ?œ•2

= đ?œ•đ?‘Ś2 đ?‘”(đ?‘Ľ)â„Ž(đ?‘Ś) . Poiche’ il primo membro contiene la derivata prima rispetto

alla x e il secondo membro contiene la derivata seconda rispetto alla y allora h(y) al primo membro e g(x) al secondo membro possono essere considerati quali costanti. Pertanto si ha h(y)

đ?œ• đ?‘”(đ?‘Ľ) đ?œ•đ?‘Ľ

= đ?‘”(đ?‘Ľ)

đ?œ•2 đ?œ•đ?‘Ś 2

ℎ(�) e quindi ℎ(�)�′ (�) = �(�)ℎ′′(�)

∀(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) ∈ I Ă— đ??˝ ⊂ đ?‘… 2 . Per una soluzione stazionaria ∃(đ?‘Ľđ?‘œ , đ?‘Ś0 ) ∈ I Ă— đ??˝ | f(đ?‘Ľđ?‘œ )đ?‘”(đ?‘Ś0 ) ≠0 cioe’ f(đ?‘Ľđ?‘œ ) = 0 e đ?‘”(đ?‘Ś0 ) ≠0 . Se f non e’ nulla e verifica â„Ž(đ?‘Ś)đ?‘”′ (đ?‘Ľ) = đ?‘”(đ?‘Ľ)ℎ′′(đ?‘Ľ) allora e’ possibile scrivere che đ?‘”′(đ?‘Ľ) =

ℎ′′(�0 ) �(�) ℎ(�0 )

per ogni x ∈ I .

ℎ′′(�) =

�′(�0 ) �(�) �(�0 )

per ogni y ∈ J .


Risulta

ℎ′′(�0 ) ℎ(�0 )

=

�′(�0 ) �(�0 )

=đ?‘?.

Da đ?‘”′(đ?‘Ľ) = đ?‘?đ?‘”(đ?‘Ľ) si puo’ scrivere che

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

g(x) = đ?‘?đ?‘”(đ?‘Ľ) Applicando l’integrale indefinito

đ?‘‘

si ottiene âˆŤ ⌋đ?‘‘đ?‘Ľ g(x)âŚŒ dx = âˆŤ đ?‘?đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ e quindi g(x) = âˆŤ đ?‘?đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ ed immediatamente g(x) = đ?‘? âˆŤ đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . Per verificare che g(x)= đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ verifica la condizione si puo’ procedere come segue, scrivendo đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ = đ?‘? âˆŤ đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ . Occorre quindi gestire l’integrale indefinito âˆŤ đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ . Tale integrale e’ immediatamente risolubile con la sostituzione đ?‘?đ?‘Ľ = đ?‘˘ che differenziata porta a đ?‘‘(đ?‘?đ?‘Ľ) = đ?‘‘đ?‘˘ da cui đ?‘?đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘‘đ?‘˘ e quindi dx =

đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘?

. Sostituendo nell’integrale di ha âˆŤ đ?‘’ đ?‘?đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ ≥ âˆŤ đ?‘’ đ?‘˘

đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘?

1

= đ?‘? âˆŤ đ?‘’ đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ da cui

1

đ?‘’ đ?‘˘ = đ?‘? đ?‘? âˆŤ đ?‘’ đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ e quindi đ?‘’ đ?‘˘ = đ?‘’ đ?‘˘ . Occorre ora considerare ℎ′′(đ?‘Ś) =

�′(�0 ) �(�) �(�0 )

per ogni y ∈ J .

Dalla manualistica (Verschueren) sono note – al variare di c – le soluzioni stazionarie di ℎ′′(đ?‘Ś) = đ?‘?đ?‘”(đ?‘Ś) . đ???

đ???đ?&#x;?

Osservazione su đ???đ?’™ đ?’‡(đ?’™, đ?’š) − đ???đ?’šđ?&#x;?f(x,y) = 0 (stesura provvisoria) Tale equazione puo’ essere riscritta come

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

=

đ?œ•2 f(x,y) đ?œ•đ?‘Ś 2

La funzione f(x,y) = exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) e’ una soluzione dell’equazione. Infatti, exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) ≥ đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś = đ?‘’ đ?‘Ľ+đ?‘Ś . E’ possibile trovare la funzione a primo membro scrivendo che đ?œ•

đ?‘’ đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ľ = đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś .

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•

= đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś =


Il secondo membro puo’ ottenersi osservando che

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•

đ?œ•

= đ?œ•đ?‘Ś đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś = đ?‘’ đ?‘Ľ đ?œ•đ?‘Ś đ?‘’ đ?‘Ś =

đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś . Derivando nuovamente rispetto alla y, ad ottenere la derivata seconda richiesta, essendo

đ?œ•2 đ?œ• f(x,y)= đ?œ•đ?‘Ś(đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’ đ?‘Ś ) đ?œ•đ?‘Ś 2

= đ?‘’ đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘Ś .

Banalmente anche la funzione f(x,y) = đ?‘˜1 exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) + đ?‘˜2 e’ una soluzione dell’equazione, quando đ?‘˜1 đ?‘’ đ?‘˜2 sono due numeri reali. Occorre chiedersi se f(x,y) = đ?‘˜1 exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) + đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) e f(x,y) = đ?‘˜1 exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) + đ?‘˜2 (đ?‘Ś) possano essere soluzioni. đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) non puo’ essere soluzione dell’equazione proposta. Si rileva che đ?‘˜2 (đ?‘Ś) puo’ essere soluzione . đ?œ•

đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•

Infatti, da đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = đ?œ•đ?‘Ś2 f(x,y) deve risultare che đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) = đ?œ•đ?‘Ś2 đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) cioe’ đ?‘˜â€˛2 (đ?‘Ľ) = 0 Ma allora sarebbe đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) contro l’ipotesi sia đ?‘˜2 = đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) . đ?œ•2

đ?œ•

Pertanto f(x,y) = đ?‘˜1 exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) + đ?‘˜2 (đ?‘Ľ) non e’ soluzione di đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = đ?œ•đ?‘Ś2 f(x,y) . Occorre verificare se f(x,y) = đ?‘˜1 exp(đ?‘Ľ + đ?‘Ś) + đ?‘˜2 (đ?‘Ś) e’ una soluzione di đ?œ•2 f(x,y) đ?œ•đ?‘Ś 2

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

=

. đ?œ•2

đ?œ•

In questo caso evidentemente dovrebbe risultare đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘˜2 (đ?‘Ś) = đ?œ•đ?‘Ś2 đ?‘˜2 (đ?‘Ś) da cui immediatamente sarebbe 0 = đ?‘˜â€˛â€˛2 (đ?‘Ś) sarebbe quindi đ?‘˜â€˛2 (đ?‘Ś) =costante, dovendo essere đ?‘˜2 (đ?‘Ś) = đ?‘Žđ?‘Ś + đ?‘? (funzione affine).

Un semplice esempio applicativo del metodo della separazione delle variabili Data U(x, y) tale che sia U(x,y)= đ?‘‹(đ?‘Ľ)đ?‘Œ(đ?‘Ś) e data la seguente equazione differenziale đ?œ•đ?‘ˆ(đ?‘Ľ,đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

alle derivate parziali k đ?œ•

đ?œ•

−ℎ

đ?œ•đ?‘ˆ(đ?‘Ľ,đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘ˆ(đ?‘Ľ,đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ľ

= 0 o, alternativamente, k

=â„Ž

đ?œ•đ?‘ˆ(đ?‘Ľ,đ?‘Ś) đ?œ•đ?‘Ś

e

quindi kđ?œ•đ?‘Ľ đ?‘‹(đ?‘Ľ)đ?‘Œ(đ?‘Ś) = â„Ž đ?œ•đ?‘Ś đ?‘‹(đ?‘Ľ)đ?‘Œ(đ?‘Ś) da cui si ha kY(y)X’(x) =) = â„Žđ?‘‹(đ?‘Ľ)đ?‘Œâ€˛(đ?‘Ś) e piu’


sinteticamente kYX’ = â„Žđ?‘‹đ?‘Œâ€˛ . Dividendo successivamente ambo i membri per X e per đ?‘‹â€˛ đ?‘‹

Y si ottiene k

=â„Ž

đ?‘Œâ€˛ đ?‘Œ

= đ?‘? , essendo c una quantita’ costante reale.

Pertanto si perviene alle due seguenti equazioni differenziali ordinarie kX’= đ?‘?đ?‘‹

e hY’= đ?‘?đ?‘Œ .

Le equazioni differenziali alle derivate parziali piu’ elementari Le equazioni differenziali alle derivate parziali nelle quali l’incognita e’ la funzione f(x,y) vengono studiate su un aperto A ⊂ � 2 .

E’ sicuramente utile ricordare la nozione di aperto A ⊂ �2 . La seguente figura evidenzia di che si tratta.

Gli intervalli aperti (a ,b) e (c, d) consentono di costruire un insieme di coppie ordinate, quindi un insieme, sottoinsieme proprio di đ?‘…2 , descritto formalmente come (a, b) Ă— (đ?‘?, đ?‘‘). La figura ben evidenzia un rettangolo i cui lati sono tratteggiati. L’aperto A ≥ (a, b) Ă— (đ?‘?, đ?‘‘) e’ l’insieme dei punti interni al rettangolo individuato. I punti che individuano i lati del rettangolo (punti della frontiera) non appartengono ad A, che altrimenti non sarebbe un aperto.

đ?œ•

Un primo caso e’ dato dall’equazione differenziale đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = 0 đ?‘–đ?‘› A = (a, b) Ă— (đ?‘?, đ?‘‘). E’ richiesto di trovare le funzioni derivabili una volta rispetto alla x sull’aperto che si considera.


đ?œ•

Per ogni đ?‘Ś0 | đ?‘Ś0 ∈ (đ?‘Ž , đ?‘?) risulta che đ?œ•đ?‘Ľ đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś0 ) = 0. In altri termini ∀đ?‘Ś0 | đ?‘Ś0 ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?)la funzione đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś0 ) e’ derivabile e tale derivata e’ nulla. Pertanto da

đ?œ• đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś0 ) đ?œ•đ?‘Ľ

= 0 si

evince che đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś0 ) = â„Ž0 ∀ đ?‘Ľ ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?) quando e’ dato y = đ?‘Ś0 | đ?‘Ś0 ∈ (đ?‘Ž , đ?‘?) . In altri termini deve essere f(x, y) = â„Ž(đ?‘Ś). Tale funzione deve essere derivabile in (c,d).

A volte gli intervalli aperti a destra e a sinistra vengono rappresentati come âŚŒa , b⌋ . Le scritture (a , b) e âŚŒa , b⌋ devono intendersi equivalenti.

đ?œ•

La funzione f(x, y) e’ soluzione di

đ?œ•đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = 0 đ?‘–đ?‘› đ??´ = (đ?‘Ž, đ?‘?) Ă— (đ?‘?, đ?‘‘) se e solo se esiste una funzione

h(y)= đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) tale che ∀(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) ∈ đ??´ essa sia derivabile a derivata nulla in (c, d). Usando la separazione delle variabili si puo’ scrivere che đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = đ??´(đ?‘Ľ)đ??ľ(đ?‘Ś) da cui si ha đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) =

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ??´(đ?‘Ľ)đ??ľ(đ?‘Ś) = đ??ľ(đ?‘Ś)

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ??´(đ?‘Ľ) = 0. Poiche’ in generale la relazione đ??ľ(đ?‘Ś)

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ??´(đ?‘Ľ) = 0

non puo’ essere vera nasce una contraddizione dall’avere posto đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = đ??´(đ?‘Ľ)đ??ľ(đ?‘Ś). E’ bene procedere ordinatamente, e atteso che trattasi di una condizione necessaria e sufficiente, si puo’ impostare la prima parte della dimostrazione enunciabile come •

se f(x,y) = â„Ž(đ?‘Ś) allora

•

se

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) =

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

â„Ž(đ?‘Ś) = 0, immediatamente.

�(�, �) = 0 allora f(x,y) = ℎ(�). Fermo restando quanto detto, all’uopo utilizzando

il metodi di separazione delle variabili, si osserva che đ??ľ(đ?‘Ś)

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ??´(đ?‘Ľ) = 0 vera quando

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ?‘“(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) =

đ?œ• đ?œ•đ?‘Ľ

đ??´(đ?‘Ľ)đ??ľ(đ?‘Ś) =

đ??´(đ?‘Ľ) = 0 cioe’ quando A(x) e’ una costante.

Il caso A(x) = đ?‘˜ essendo k una costante reale e’ un caso particolare. Pertanto se h(y) e’ una soluzione allora pure soluzioni sono le funzioni kf(y) al variare di k in R.


4. sERIE DI FOURIER Prima di introdurre la serie di Fourier e’ sicuramente utile ricordare qualche semplice nozione basica. Funzioni periodiche. Una funzione e’ detta periodica se f(x) = đ?‘“(đ?‘Ľ + đ?‘‡) , essendo T il piu’ piccolo numero reale che rende vera tale relazione. In generale risulta f(x) = đ?‘“(đ?‘Ľ + đ?‘˜đ?‘‡) al variare di k negli interi relativi. T e’ ordinariamente detto periodo minimo. Occorre ricordare che le funzioni sin(x) e cos(x) sono periodiche di periodo 2đ?œ‹ . Si scrive che sin(đ?‘Ľ) = sin(đ?‘Ľ + 2đ?‘˜đ?œ‹) e đ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ (đ?‘Ľ + 2đ?‘˜đ?œ‹) . La funzione tang(x) e’ periodica di periodo đ?œ‹ e si scrive che đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”(đ?‘Ľ) = đ?‘Ąđ?‘Žđ?‘›đ?‘”(đ?‘Ľ + đ?‘˜đ?œ‹) . A volte si ha a che fare con funzioni trigonometriche il cui argomento e’ del tipo nx, cioe’ si deve studiare una funzione del tipo sin(nx). In questo caso per calcolare il periodo si ragiona in questo modo. sin(đ?‘›(đ?‘Ľ + đ?‘‡)) = sin(đ?‘›đ?‘Ľ + 2đ?‘˜đ?œ‹) da cui đ?‘›(đ?‘Ľ + đ?‘‡)) = (đ?‘›đ?‘Ľ + 2đ?‘˜đ?œ‹) cioe’ đ?‘›đ?‘Ľ + đ?‘›đ?‘‡ = đ?‘›đ?‘Ľ + 2đ?‘˜đ?œ‹ e quindi nT =2đ?‘˜đ?œ‹ . Pertanto T =

2đ?œ‹ đ?‘›

.

Analogamente si opera per lo studio di funzioni quali cos(nx) e tang(nx) . â– â– â– Funzioni continue a tratti. Una funzione f(x) e’ generalmente continua in (a, b) se esiste un numero finito di punti nei quali la funzione non e’ continua. In tali punti, detti đ?‘Ľđ?‘– ,non risulta finito il valore f(đ?‘Ľđ?‘– ) e risulta lim+ đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘– ) ≠lim− đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘– ) . đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľđ?‘–

�→��

Questa e’ una spiegazione concisa ma sostanzialmente equivalente a quella rinvenuta nella manualistica (Spiegel), cui si rimanda.


Funzioni generalmente continue. Continuita’ a tratti. Come esempio di funzione definita a tratti e generalmente continua puo’ essere proposto il seguente. đ?‘Ľ 2 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ ≼ 2 đ?‘“(đ?‘Ľ) = {4 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; 0 < đ?‘Ľ < 2 đ?‘Ľ + 1 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ ≤ 0 Evidenziarne la continuita’ a tratti in ⌋-1 , 5âŚŒ . La rappresentazione grafica della funzione definita a tratti e’ la seguente.

La funzione f(x) e’ definita e continua in (−∞, 0) đ?‘’ conseguentemente in ⌋-1 , 0). Per đ?‘Ľ = 0 si ha una discontinuita’ a salto in quanto lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) = 1 ≠lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ) = 4 con đ?‘Ľâ†’0

�→0

un salto đ?›ż = 3 . La funzione f(x) in oggetto e’ continua in (0, 2) risultando definita e costante in detto intervallo. La funzione e’ poi continua in ⌋2, +∞) in quanto, ancora piu’ ampiamente đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 2 e’ definita e continua in (−∞, +∞) . Per đ?‘Ľ = 2 si ha lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ) = lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) = 4. đ?‘Ľâ†’2

�→2

E’ poi utile ricordare le due identita’ di Eulero đ?‘’ đ?‘–đ?œƒ = cos(đ?œƒ) + đ?‘–đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œƒ) đ?‘’ −đ?‘–đ?œƒ = cos(đ?œƒ) − đ?‘–đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œƒ) essendo đ?‘– l’unita’ immaginaria. â– â– â–


Nozione di serie di Fourier Sia assegnata una funzione f(x), definita e continua in (−đ??ż, đ??ż) periodica di periodo 2L, cioe’ tale che in (−∞, −đ??ż) e in (L, +∞) risulti essere f(x+2đ??ż) = đ?‘“(đ?‘Ľ) . A tale funzione e’, per definizione, associato il seguente sviluppo, comunemente detto serie di Fourier đ?‘Ž2 2

+ ∑∞ đ?‘›=1(đ?‘Žđ?‘› cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

+đ?‘?đ?‘› sin

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ ). đ??ż

đ??ź valori đ?‘Žđ?‘› e đ?‘?đ?‘› sono detti coefficienti di Fourier, risultando che 1

đ??ż

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

dx

1

đ??ż

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

dx

đ?‘Žđ?‘› = âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) cos đ??ż đ?‘?đ?‘› = đ??ż âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) sin

con n ≼ 0 đ?‘’ đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ. Attesa la periodicita’ 2L delle funzioni trattate i coefficienti di Fourier solitamente vengono scritti nella forma 1

đ?‘?+2đ??ż

1

đ?‘?+2đ??ż

đ?‘Žđ?‘› = âˆŤđ?‘? đ??ż đ?‘?đ?‘› = đ??ż âˆŤđ?‘?

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

dx

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

dx

đ?‘“(đ?‘Ľ) cos

đ?‘“(đ?‘Ľ) sin

con n ≼ 0 đ?‘’ đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ đ?‘’ c un numero reale qualunque. La quantita’

đ?‘Ž0 2

1

đ??ż

=2đ??ż âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ

Esiste un caso particolare nel quale L, cioe’ il semiperiodo della funzione, vale đ?œ‹ . In questo caso posto L = đ?œ‹ ed immediatamente si ha đ?‘Ž2 2

+ ∑∞ đ?‘›=1(đ?‘Žđ?‘› cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?œ‹

+đ?‘?đ?‘› sin

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ ) đ?œ‹

=

đ?‘Ž2 2

đ?‘Ž2 2

+ ∑∞ đ?‘›=1(đ?‘Žđ?‘› cos

+ ∑∞ đ?‘›=1(đ?‘Žđ?‘› cos đ?‘›đ?‘Ľ +đ?‘?đ?‘› sin đ?‘›đ?‘Ľ).

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

+đ?‘?đ?‘› sin

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ )= đ??ż


Il teorema di Dirichlet Le condizioni di convergenza della serie di Fourier associata ad f(x) sono state ricavate da Dirichelet. Data una funzione f(x), periodica di periodo 2L, tale che sia dom f(x) = (−∞, +∞) e sia definita e continua in ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈ (−đ??ż, đ??ż) / đ?‘Ľđ?‘– con i intero assoluto con derivata prima continua in ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈ (−đ??ż, đ??ż) / đ?‘Ľđ?‘– la serie di Fourier converge al valore f(x) ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈ (−đ??ż, đ??ż) / đ?‘Ľđ?‘– e converge al valore

đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–+ )+đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–− ) 2

∀đ?‘Ľđ?‘– | đ?‘Ľđ?‘– e’ un punto di discontinuita’ della f(x).

In altri termini se x e’ un punto di continuita’ per f(x) verificate queste condizioni (teorema di Dirichelet) si puo’ scrivere f(x) =

đ?‘Ž2 2

+ ∑∞ đ?‘›=1(đ?‘Žđ?‘› cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

+đ?‘?đ?‘› sin

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ ), đ??ż

essendo đ?‘Žđ?‘› e đ?‘?đ?‘› i cosiddetti coefficienti di

Fourier. Nei punti �� di discontinuita’ della f(x) si ammette f(x) =

đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–+ )+đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–− ) 2

. In altri termini in

detti punti la funzione converge al valore medio tra đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–+ ) + đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–− ) . La manualistica (Spiegel) rileva che il teorema di Dirichelet non esprime una condizione necessaria e sufficiente a garantire la convergenza. In ogni caso le citate condizioni (teorema di Dirichlet) garantiscono la convergenza, risultando possibile la convergenza in ipotesi distinte rispetto a quelle del teorema citato. ⧞⧞⧞ Una ulteriore semplificazione dello sviluppo in serie di Fourier di una funzione f(x) e’ possibile avuto riguardo al fatto che una funzione f(x) sia pari oppure sia dispari.


Sviluppo in serie di Fourier di una funzione pari Se f(x) e’ pari, cioe’ se f(x) = f(-x) (e quindi simmetrica rispetto all’asse delle ordinate), risulta che đ??ż

1

đ?‘Žđ?‘› = âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ??ż

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

đ?‘?đ?‘› = 0

Sviluppo in serie di Fourier di una funzione f(x) dispari Nel caso di funzioni dispari, simmetriche rispetto all’origine di un sistema di riferimento cartesiano, per le quali vale, quindi, la relazione f(-x) = −đ?‘“(đ?‘Ľ) i coefficienti di Fourier risultano essere đ?‘Žđ?‘› = 0 đ??ż

1

đ?‘?đ?‘› = đ??ż âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

.

đ?‘łâ€˛eguaglianza di Parseval Assegnata una funzione f(x) che soddisfa le condizioni del teorema di Dirichlet se đ?‘Žđ?‘› e đ?‘?đ?‘› sono i coefficienti di Fourier della serie associata risulta verificata la seguente relazione 1 đ??ż âˆŤ (đ?‘“(đ?‘Ľ))2 đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż −đ??ż

=

đ?‘Ž0 2

2 2 + ∑∞ đ?‘–=1(đ?‘Žđ?‘– + đ?‘?đ?‘– )

Convergenza uniforme Una serie ∑∞ đ?‘–=1 đ?‘˘đ?‘› (đ?‘Ľ) e’ detta convergente se ∃đ?œ€ > 0| |đ?‘†đ?‘… (đ?‘Ľ) − đ?‘“(đ?‘Ľ)| < đ?œ€ ∀đ?‘… > đ?‘ | N= đ?‘ (đ?œ€, đ?‘Ľ) .


La funzione f(x) e’ ordinariamente detta somma della serie. Nel caso particolare risulti N= đ?‘ (đ?œ€), cioe’ quando N non sia dipendente da x si dice che la serie converge uniformemente al valore f(x). La convergenza uniforme puo’ essere provata a partire dalla definizione. In ogni caso giova ricordare che e’ dovuto a Weierstrađ?›˝ un criterio di convergenza detto criterio M. ⧞â– ⧞ Le serie assolutamente convergenti godono di particolari utilissime proprieta’, esprimenti condizioni sufficienti. •

Se ogni termine della serie e’ continuo in (a, b) e se la serie e’ uniformemente convergente allora f(x) e’ continua in (a, b) e la serie e’ integrabile termine a termine.

•

Se ogni termine della serie e’ derivabile e se la serie delle derivate e’ convergente la serie e’ derivabile membro a membro.

Notazione complessa della serie di Fourier Nella modalita’ complessa la funzione di Fourier viene scritta come segue

f(x) = ∑+∞ đ?‘›=−∞ đ?‘?đ?‘› đ?‘’

đ?‘–đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

ove i = √−1 1

đ??ż

risultando che đ?‘?đ?‘› = 2đ??ż âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘’ −

đ?‘–đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż

.

Devono essere verificate le condizioni del teorema di Dirichlet con f(x) continua in x.

Nei punti di discontinuita’ risulta

đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–+ )+đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–− ) 2

= ∑+∞ đ?‘›=−∞ đ?‘?đ?‘› đ?‘’

đ?‘–đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż


Approfondimento sulla serie di Fourier con i numeri complessi E’ stato osservato (Bolzern, Scattolini, Schiavoni) che per funzioni periodiche di periodo minimo T, per ogni T’< đ?‘‡ risulta f(t +đ?‘‡â€˛) ≠đ?‘“(đ?‘Ą) per ogni t salvo il caso in cui sia f(t)= đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. . In tale ultimo particolare caso ogni numero reale puo’ essere inteso quale il periodo minimo della funzione. Viene definita pulsazione del segnale periodico la grandezza đ?œ”0 = E’

possibile

(Bolzern,

Scattolini,

Schiavoni)

considerare

2đ?œ‹ đ?‘‡

.

l’integrale

đ??šđ?‘› =

âˆŤđ?‘‡ đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘’ −đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą đ?‘‘đ?‘Ą đ?‘?đ?‘œđ?‘› đ?‘› ∈ đ?‘?. La lettera T collocata a latere della sigma di integrale e’ riconducibile e interpretabile alla stregua seguente đ?‘Ą +đ?‘‡

âˆŤđ?‘‡ đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘’ −đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą đ?‘‘đ?‘Ą = âˆŤđ?‘Ą 0 0

đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘’ −đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą đ?‘‘đ?‘Ą

La successione i cui elementi sono i đ??šđ?‘› cioe’ l’insieme {đ??šđ?‘› } e’ detta spettro di f(t). đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą ∀đ?‘Ą| đ?‘“(đ?‘Ą)đ?‘’ ′ continua e derivabile si ha f(t) = ∑+∞ detta serie di Fourier −∞ đ??šđ?‘› đ?‘’

esponenziale. In genere si utilizzano funzioni reali di una variabile reale e risulta essere đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą f(t) = ∑+∞ + đ?‘’ −đ?‘—đ?‘›đ?œ”0 đ?‘Ą ) cui corrisponde la serie di Fourier in forma đ?‘›=1 đ??šđ?‘› (đ?‘’

trignometrica.

I numeri complessi Per gestire tutti i passaggi e le relative equivalenze formali e’ sicuramente utile partire dalle relazioni fondamentali che riguardano i numeri complessi a partire dalla loro definizione.


Credo che si possa procedere sommariamente atteso che tali nozioni, per chi legge questo elaborato, dovrebbero essere ben note. Un numero complesso e’ ordinariamente scritto in forma algebrica come đ?‘Ž + đ?‘–đ?‘? , essendo a e b due numeri reali e i = √−1 . Tale numero puo’ essere visto formalmente come la coppia (a, b) di un piano, detto complesso, o piano di Gauđ?›˝, Argand, Wessel. Esiste per essi una trattazione assiomatica per la quale si rimanda all’ottima manualistica in circolazione. La rappresentazione del piano complesso e’ la seguente. Im ib a

Re

Sono immediate le seguenti relazioni đ?‘…đ?‘’(đ?‘–đ?‘?)

đ?‘?

sin(đ?œƒ) = |đ?‘Ž+đ?‘–đ?‘?| = |đ?‘Ž+đ?‘–đ?‘?| đ?‘Ž

cos(đ?œƒ) = |đ?‘Ž+đ?‘–đ?‘?| essendo |a+đ?‘–đ?‘?| = √đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 đ?‘Ž

tang(đ?œƒ) = đ?‘? . Solitamente si pone |a+đ?‘–đ?‘?| = √đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?œŒ, detto modulo del numero complesso (a, b)∈ đ?‘… Ă— đ?‘… ≥ đ??ś . C= {(đ?‘Ž, đ?‘?)|đ?‘Ž ∈ đ?‘… , đ?‘? ∈ đ?‘…} . Dalle

relazioni

trigonometriche

ricavate

dal

piano

complesso

si

ottiene

immediatamente la relazione trigonometrica che definisce il numero complesso per mera sostituzione, cioe’ đ?‘Ž + đ?‘–đ?‘? = đ?œŒđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œƒ + đ?‘–đ?œŒđ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒ = đ?œŒ(đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œƒ + đ?‘–đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒ). Come e’ noto, dei numeri complessi e’ data anche una notazione esponenziale, all’uopo utilizzando le formule di Euler.


Non infrequentemente, specie in elettronica, in luogo della lettera i si usa la lettera j con il significato j = √−1 . In altri termini si puo’ considerare (Prati), solo che si ponga, come ovvio đ?œƒ = đ?œ”đ?‘Ą , un segnale esponenziale complesso definito, nel dominio del tempo, come segue đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘’ đ?‘—đ?œ”đ?‘Ą = cos(đ?œ”đ?‘Ą) + đ?‘—đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œ”đ?‘Ą) risultando immediatamente, ex identita’ pitagorica, che |đ?‘’ đ?‘—đ?œ”đ?‘Ą | = 1 . Ulteriormente si ha đ?‘Ľ(đ?‘Ą) = đ?‘’ −đ?‘—đ?œ”đ?‘Ą = cos(đ?œ”đ?‘Ą) − đ?‘—đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œ”đ?‘Ą) .

Tassonomia di base dei segnali Una distinzione fondamentale tra segnali e’ quella che scrimina quelli continui da quelli discreti considerandoli nel dominio del tempo. •

scalino discreto. Si pone �� = {

0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘› < 0 . Il segnale non e’ definito ∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∉ 1 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘› ≼ 0

đ?‘?. •

impulso discreto. Si pone đ?›żđ?‘› = đ?‘˘đ?‘› − đ?‘˘đ?‘›âˆ’1 ponendo đ?›żđ?‘› = 1 per n = 0 e đ?›żđ?‘› = 0 per n ≠0, mentre đ?›żđ?‘› non e’ definita ∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∉ đ?‘?.

•

scalino tempo continuo. La funzione scalino tempo continuo puo’ essere 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ą < 0 utilmente definita come segue u(t)=

1 {2

đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ą = 0 (Prati) . Altrimenti tale 1 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ą > 0

funzione viene definita come segue u(x) = {

0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ < 0 (Bronson) e secondo 1 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ ≼ 0

questa modalita’ viene rappresentata graficamente come segue.


•

∀đ?‘?| đ?‘? ∈ đ?‘… đ?‘’ ′ possibile definire la funzione u(x−đ?‘?) = {

0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ < đ?‘Ľ . 1 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ ≼ đ?‘?

Ad esempio, se c e’ positivo (c > 0) allora si ha la seguente rappresentazione. u(x- c)

•

Assegnata una funzione f(x) | dom f = ⌋0 , +∞) e’ possibile definire 0 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ < đ?‘? u(x-c) f(x-c) = { che indica una traslazione positiva quando đ?‘“(đ?‘Ľ − đ?‘?) đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ ≼ đ?‘? c e’ un reale positivo.

•

impulso tempo continuo. Tale segnale e’ definito da una particolare relazione 1

đ?‘Ą

cioe’ da đ?›ż(đ?‘Ą) = lim đ?‘‡ đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘?đ?‘Ą (đ?‘‡). Tale segnale merita ulteriori approfondimenti, a đ?‘‡â†’0

partire dalla sua nozione matematica intesa come limite di successione di funzioni Al momento e’ possibile ricordare che esso viene solitamente rappresentato da un segmento di area unitaria, come segue.


Per đ?œ? positivo l’espressione đ?›ż(đ?‘Ą − đ?œ?) ha la corrispondente rappresentazione.

.

•

la funzione rect(x). Una funzione che definisce un segnale particolarmente đ?‘Ą

utile e’ la funzione rect(x) anche indicato con il formalismo rect(�) la cui area �

vale convenzionalmente 1. Per T = 1 si ha rect(đ?‘‡)= đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘?đ?‘Ą(đ?‘Ą) . In questo caso particolare la rappresentazione grafica e’ immediatamente la seguente.

E’ immediato comprendere che l’area del rettangolo in giallo e’ unitaria. Si puo’ lavorare molto sulla funzione rect(.) facendo variare T ma ragionando sotto la condizione che l’area che si considera sia unitaria. Risulta evidente che per T maggiore di 1 si riduce proporzionalmente l’altezza, dovendo l’area della superficie rimanere costantemente unitaria.


In casi del genere e’ come studiare le funzioni del tipo f(ax) quando sia nota la funzione f(x)

solo

che

si

ponga

a

=

1

,

�

con

a

≠0, � ≠1,

đ?‘’đ?‘ đ?‘ đ?‘’đ?‘›đ?‘‘đ?‘œ đ?‘Ž đ?‘˘đ?‘› đ?‘›đ?‘˘đ?‘šđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘Žđ?‘™đ?‘’, riportandosi, quindi, al caso della dilatazione o della compressione lungo l’asse che designa la variabile indipendente. E’ ben noto che ∀đ?‘Ľ0 | đ?‘Ľ0 ∈ đ?‘‘đ?‘œđ?‘š đ?‘“ la scrittura f(đ?‘Ľ0 ) denota l’ordinata . Considerando la funzione f(ax) nel punto

đ?‘Ľ0 đ?‘Ž

si ha f(a

đ?‘Ľ0 đ?‘Ž

) = đ?‘“(đ?‘Ľ0 ) quando đ?‘Ľ0 appartiene al dominio di f.

Pertanto nel punto ađ?‘Ľ0 la funzione f(ax) assume lo stesso valore che la funzione f(x) assume nel punto đ?‘Ľ0 . Per esempio data la funzione g(x) = đ?‘“(đ?‘˜đ?‘Ľ) e data la funzione f(x) per k > 1 concentrandosi su un solo punto detto đ?‘Ľ0 si evince quanto riportato nel grafico seguente, che puo’ essere esteso a costruire la funzione đ?‘“(đ?‘˜đ?‘Ľ) data la funzione f(x) solo che si considerino tutti i punti {đ?‘Ľ0 } = đ?‘‘đ?‘œđ?‘š đ?‘“ .

Il punto in viola e’ un punto di f(x) mentre il punto in nero e’ un punto di g(x). Tali argomentazioni possono essere applicate alla funzione rect(.) tenuto conto che deve preservata unitaria l’area della sua superficie. •

đ?&#x;?

đ?’•

1

đ?‘ť

đ?‘ť

�

il segnale ���� ( ). Tale segnale ha ampiezza costante

� �

per T ∈ (− , ) e valore 2 2

nullo fuori da detto intervallo simmetrico di t = 0 e di lunghezza T. Per T → 0 si ha l’impulso �(�) di Dirac. •

sono date due fondamentali proprieta’ dell’impuso che sono compendiate dai

seguenti passaggi formali 1

đ?‘Ą

1

�

�

đ?‘‘

�→0 �

�

�→0 �

2

2

đ?‘‘đ?‘Ą

đ?›ż(đ?‘Ą) = lim đ?‘&#x;đ?‘’đ?‘?đ?‘Ą ( ) = lim (đ?‘˘ (đ?‘Ą + ) − đ?‘˘ (đ?‘Ą − )) =

đ?‘Ą

đ?‘˘(đ?‘Ą) da cui u(t)= âˆŤâˆ’âˆž đ?›ż(đ?œ?)đ?‘‘đ?œ?


đ?œ€

+∞

âˆŤ+∞ đ?›ż(đ?œ?)đ?‘‘đ?œ? = 1 ed anche âˆŤâˆ’2đ?œ€ đ?›ż(đ?œ?)đ?‘‘đ?œ? = 1 quando đ?œ€ → 0+ . 2

•

il segnale rampa ramp(t). Tale segnale e’ ottenuto elementarmente per integrazione đ?œ?

đ?œ?

del segnale scalino. Si ha âˆŤâˆ’âˆž đ?‘˘(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą = âˆŤ0 đ?‘˘(đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘Ą = ramp(t) . Tale segnale e’ rappresentato nel piano come segue.

Integrando tale segnale si ottiene un ulteriore segnale detto parabola, indicato come par(t). E via via possono ricavarsi ulteriori segnali canonici.

Formalizzazione dei segnali complessi. In termini sintetici, tenuto conto della teoria dei numeri complessi, e’ possibile rappresentare i segnali complessi (esponenziali) come segue x(t)= đ?‘’ đ?‘—đ?œ”đ?‘Ą = cos(đ?œ”đ?‘Ą) + đ?‘—đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œ”đ?‘Ą) ricordando che |đ?‘’ đ?‘—đ?œ”đ?‘Ą | = 1 (ricavabile immediatamente dalla identita’ pitagorica). Puo’ quindi essere definita la forma esponenziale della serie di Fourier đ?‘›

1

đ?‘›

đ?‘›

0

0

0

0

x(t) = ∑∞ −∞ đ?‘?đ?‘› exp(đ?‘—2đ?œ‹ đ?‘‡ đ?‘Ą) dove risulta đ?‘?đ?‘› = đ?‘‡ đ?‘’đ?‘Ľđ?‘?(đ?‘—2đ?œ‹ đ?‘‡ đ?‘Ą) . Le quantita’ đ?‘?đ?‘› exp(đ?‘—2đ?œ‹ đ?‘‡ đ?‘Ą). Usando le coordinate polari si ha đ?‘?đ?‘› = đ?œŒđ?‘› exp(đ?‘—đ?œ‘đ?‘›) . Il passaggio dalle coordinate cartesiane a quelle polari e’ dato dalle due seguenti relazioni đ?‘?

Ď n = √(an )2 + (bn )2 e đ?œ‘đ?‘› = đ?‘Žđ?‘&#x;đ?‘?đ?‘Ąđ?‘”(đ?‘Žđ?‘› ) . đ?‘›


Il treno di impulsi Il treno di impulsi, rappresentato nel piano t, đ?›ż(. ) con una sequenza di impulsi di Dirac di area unitaria per n da meno infinito all’infinito positivo, viene formalizzato matematicamente come segue ∑+∞ đ?‘˜ =−∞ đ?‘–đ?‘šđ?‘?(đ?‘Ą − đ?‘˜đ?‘‡)

Sviluppi in serie di Fourier Funzioni regolari a tratti Una funzione f(x) e’ detta regolare a tratti in intervalli del tipo ⌋a, bâŚŒ se f(x) e f’(x) sono definite e continue in detti intervalli e se sono verificate le seguenti condizioni lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘Ľ0 )∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?)

�→�0

lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘Ž) đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ = đ?‘Ž

�→� +

lim− đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘?) đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ = đ?‘? { đ?‘Ľâ†’đ?‘? Analogamente per la funzione derivata prima deve risultare lim đ?‘“′(đ?‘Ľ) = đ?‘“′(đ?‘Ľ0 )∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?)

�→�0

lim đ?‘“′(đ?‘Ľ) = đ?‘“′(đ?‘Ž) đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ = đ?‘Ž

�→� +

lim− đ?‘“′(đ?‘Ľ) = đ?‘“′(đ?‘?) đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘Ľ = đ?‘? { đ?‘Ľâ†’đ?‘? Esempio di funzione non regolare a tratti su un dato intervallo


Data la funzione f(x) =ln|x| in âŚ‹âˆ’2, 3âŚŒ . Si tratta di una funzione composta che risulta pure simmetrica rispetto all’asse delle y, trattandosi, quindi, di una funzione pari. La funzione non e’ definita per đ?‘Ľ = 0 . Quindi non puo’ essere regolare nell’intervallo considerato che contiene lo 0. E’ poi noto che lim ln|x| = −∞ . đ?‘Ľâ†’0

Esempio di funzione regolare a tratti. đ?‘Ľ 3 đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘›đ?‘‘đ?‘œ đ?‘Ľ < 0 Sia data la funzione f(x)= {sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘›đ?‘‘đ?‘œ 0 ≤ đ?‘Ľ ≤ 1 đ?‘Ľ 2 − 5đ?‘Ľ đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘›đ?‘‘đ?‘œ đ?‘Ľ > 1 Occorre verificare la continuita’ a tratti. Possiamo partire da (−∞, 0) avendo che la funzione đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 3 e’ definita e continua in (−∞, 0) e che in particolare lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(0). Tale funzione e’ ivi derivabile đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ) =

đ?‘Ľâ†’0−

đ?‘‘ 3 đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ

= 3đ?‘Ľ 2 . Tale derivata

lim− đ?‘“′(đ?‘Ľ) = đ?‘“(0) = 0 esiste finita in detto intervallo risultando in particolare che {đ?‘Ľâ†’0 . lim đ?‘“′(đ?‘Ľ) = − ∞ đ?‘Ľâ†’−∞

Occorre ora studiare la funzione in ⌋0, 1âŚŒ avendosi che đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘ĽâˆˆâŚ‹0,1âŚŒ = sin(đ?œ‹đ?‘Ľ). La funzione e’ limitata dovendo risultare |sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) | ≤ 1 . Sono evidenti i due seguenti lim+ sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) = đ?‘ đ?‘–đ?‘› ( lim+đ?œ‹đ?‘Ľ) = đ?‘ đ?‘–đ?‘› 0 = 0 đ?‘Ľâ†’0 limiti {đ?‘Ľâ†’0 . lim− sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) = đ?‘ đ?‘–đ?‘› ( lim−đ?œ‹đ?‘Ľ) = đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ?œ‹ = 0 đ?‘Ľâ†’1

�→1

La funzione đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘ĽâˆˆâŚ‹0,1âŚŒ = sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) e’ derivabile in ⌋0, 1âŚŒ risultando che

đ?‘‘ sin(đ?œ‹đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ

=

đ?œ‹cos(đ?œ‹đ?‘Ľ) in quanto si tratta pur sempre di una funzione composta (đ?‘Ľ → đ?œ‹đ?‘Ľ → sin(đ?œ‹đ?‘Ľ)). Per x ∈ (0 ,1) la derivata prima esiste finita e si ha lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“′(đ?‘Ľ0 ) = đ?œ‹cos(đ?œ‹đ?‘Ľ) . Per đ?‘Ľâ†’đ?‘Ľ0

x = 0+ si ha đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ) = đ?‘“(0) = đ?œ‹cos(đ?œ‹0) = đ?œ‹ in quando cos(0) = 1. Poiche’ đ?‘“′(đ?‘Ľ0 ) = đ?œ‹cos(đ?œ‹đ?‘Ľ) si ha lim− đ?‘“′(đ?‘Ľ0 ) = đ?œ‹cos(đ?œ‹) = −đ?œ‹ . đ?‘Ľâ†’1


Da ultimo, occorre studiare đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 2 − 5đ?‘Ľ

quando đ?‘Ľ > 1. Occorre studiare

lim đ?‘Ľ 2 − 5đ?‘Ľ = 12 − 5 ∙ 1 = −4 ed in generale risulta lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = đ?‘“(đ?‘Ľ0 ) ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈

�→1+

�→�0

(1, +∞, ) . A questo punto occorre studiare la derivabilita’ di tale funzione in (1, +∞, ) . đ?‘‘

Immediatamente si ha đ?‘“′(đ?‘Ľ) = đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘“(đ?‘Ľ) = 2đ?‘Ľ − 5 che esiste in (1, +∞, ) . In particolare si puo’ scrivere che lim+ đ?‘“(đ?‘Ľ) = 2đ?‘Ľ − 5 = 2 ∙ 1 − 5 = −3 ed anche lim đ?‘“(đ?‘Ľ) = 2đ?‘Ľ − đ?‘Ľâ†’+∞

�→1

5 = +∞ . Tale funzione e’ quindi regolare a tratti negli intervalli considerati.

Data una funzione f(x) regolare a tratti sia {đ?‘’đ?‘› (đ?‘Ľ)} l’insieme delle autofunzioni del problema di Sturm-Luoiville allora f(x) = ∑+∞ đ?‘›=1 đ?‘?đ?‘› đ?‘’đ?‘› (đ?‘Ľ)

per x ∈ (đ?‘Ž, đ?‘?), risultando

đ?‘?

âˆŤ đ?œ”(đ?‘Ľ)đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘’đ?‘› (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘?đ?‘› = đ?‘Ž

đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?œ”(đ?‘Ą)đ?‘’đ?‘›2 (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

.

Esempi di applicazione delle serie di Fourier seno e coseno Serie di Fourier seno đ?‘Śâ€˛â€˛ + đ?œ†â€˛ = 0 đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ Dato il problema di Sturm-Louiville { đ?‘Ś(0) = 0 con L > 0 avendo che đ?‘’đ?‘› = đ??ż che đ?‘Ś(đ??ż) = 0 conduce a f(x) =∑+∞ đ?‘›=1 đ?‘?đ?‘› đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ??ż

âˆŤ0 đ?‘ đ?‘–đ?‘›2

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

đ??ż

2

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ . Ponendo đ?œ”(đ?‘Ľ) đ??ż đ??ż

= 2 e đ?‘?đ?‘› = đ??ż âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ. đ??ż

Conseguentemente, lo sviluppo di Fourier

seno per la funzione f(x) in (0, L) risulta essere 2

đ??ż

đ?‘“(đ?‘Ľ) = ∑+∞ đ?‘›=1( đ??ż âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ) đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ??ż đ??ż

.

đ?‘?

≥ 1, đ?‘Ž = 0 , đ?‘? = 1 si ha âˆŤđ?‘Ž đ?œ”(đ?‘Ą)đ?‘’đ?‘›2 (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =


đ?‘ đ?‘’đ?‘™ caso dello sviluppo in serie di Fourier seno si ha, come detto, che 2 đ??ż đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ??ż đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż 0

đ?‘?đ?‘› =

.

đ?‘ƒđ?‘œđ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘’đ?‘?đ?‘?đ?‘’, per esempio, essere richiesto di trovare una serie di Fourier seno per la funzione đ?‘“(đ?‘Ľ) = 1 nell’intervallo (0, 1). đ??ˇđ?‘Žđ?‘™đ?‘™â€˛đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘Łđ?‘Žđ?‘™đ?‘™đ?‘œ considerato si evince che L = 1 e pertanto si puo’ scrivere đ?‘?đ?‘› = đ??ż

2âˆŤ0 sin(đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ . A questo punto occorre lavorare sull’argomento della funzione seno đ?‘‘đ?‘˘

osservando che da đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ = đ?‘˘ si ottiene immediatamente đ?‘›đ?œ‹đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘‘đ?‘˘ e quindi đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?‘›đ?œ‹ da 1

��

1

1

1

đ?‘Ľ=1 cui si ottiene đ?‘?đ?‘› = 2âˆŤ0 sin(đ?‘˘) đ?‘›đ?œ‹ = 2âŚ‹âˆ’ đ?‘›đ?œ‹ cos(đ?‘›đ?œ‹đ?‘ĽâŚŒđ?‘Ľ=0 = 2âŚ‹âˆ’ đ?‘›đ?œ‹ cos(đ?‘›đ?œ‹) − (− đ?‘›đ?œ‹ cos(0)âŚŒ =

2âŚ‹âˆ’

cos(đ?‘›đ?œ‹) 1 + âŚŒ đ?‘›đ?œ‹ đ?‘›đ?œ‹

=

2 (1 − đ?‘›đ?œ‹

cos( đ?‘›đ?œ‹)) .

đ?‘‚đ?‘?đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘&#x;đ?‘’ concentrarsi su cos( đ?‘›đ?œ‹) da studiare al variare di n in N. đ?‘ƒer n =1 si ha cos( đ?‘›đ?œ‹) = cos(đ?œ‹) = −1, per n = 2 si ha cos( 2đ?œ‹) = cos(0) = 1 , per n = 3 si ha cos( 3đ?œ‹) = cos(đ?œ‹) = −1, in assoluta coerenza con la circostanza che la funzione coseno e’ una funzione periodica di periodo 2đ?œ‹ . E’ altrettanto immediato osservare che, al variare di n in N, si ha cos( đ?‘›đ?œ‹) = (−1)đ?‘› ricordando che per definizione (−1)0 = 0. 2

1

đ?‘› Pertanto si puo’ legittimamente scrivere che 1 = đ?œ‹ ∑+∞ đ?‘›=1 2 (1 − (−1) )sin(đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ).

Evidentemente, i vari successivi termini dello sviluppo in serie di Fourier seno si possono ottenere sostituendo ad n i valori 1, 2, 3, 4, ‌.. . Ad esempio, per sostituzione si puo’ ottenere il termine per n =1 che risulta 21 (1+1)đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œ‹đ?‘Ľ) đ?œ‹1

21 (1+1)đ?‘ đ?‘–đ?‘›(3đ?œ‹đ?‘Ľ) đ?œ‹3

intero ‌‌ .

4

21

= đ?œ‹ đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?œ‹đ?‘Ľ). Per n = 2 risulta đ?œ‹ 2(1−1)đ?‘ đ?‘–đ?‘›(2đ?œ‹đ?‘Ľ) = 0. Per n = 3 risulta =

4 đ?‘ đ?‘–đ?‘›(3đ?œ‹đ?‘Ľ) 3đ?œ‹

. Si puo’ procedere, sempre per sostituzione, per ogni


Lo sviluppo in serie di f(x) e’ valido per ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ (0, 1). Serie di Fourier coseno E’ possibile partire dal problema di Sturm-Louiville đ?‘Śâ€˛ + đ?œ†đ?‘Ś = 0 e y’(0)= 0 e y’(L)= 0 dovendo porre L > 0 e đ?‘’0 (đ?‘Ľ) = 1 e per n ≼ 1 đ?‘’đ?‘› (đ?‘Ľ) = cos đ?‘?

Sotto queste condizioni si ha {

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ , đ??ż

đ??ż

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ??ż đ??ż 2 đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘?đ?‘œđ?‘ âˆŤ0 đ??ż

âˆŤđ?‘Ž đ?œ”(đ?‘Ą)đ?‘’đ?‘›2 (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = âˆŤ0 đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2 đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?œ”(đ?‘Ą)đ?‘’đ?‘›2 (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =

1

đ?‘¤(đ?‘Ľ) = 1, a = 0 đ?‘’ đ?‘? = đ??ż .

=đ??ż =

đ??ż 2

.

đ??ż

đ?‘?0 = đ??ż âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ

Si puo’ scrivere che {đ?‘? = 2 âˆŤđ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) cos đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ . đ?‘› đ??ż 0 đ??ż đ?‘›â‰Ľ1 Esempio di sviluppo di Fourier coseno della funzione y = đ?‘Ľ 2 in (0 , đ?œ‹). Si puo’ iniziare 1

đ??ż

1

đ?œ‹

1

a calcolare đ?‘?0 = âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ avendo che đ??ż = đ?œ‹ e quindi đ?‘?0 = âˆŤ0 đ?‘Ľ 2 đ?‘‘đ?‘Ľ = ⌋đ?‘Ľ 3 âŚŒđ?œ‹0 = đ??ż đ?œ‹ 2đ?œ‹ 1 (đ?œ‹ 3 2đ?œ‹

đ?œ‹3

− 03 ) = 2đ?œ‹ =

đ?œ‹2 2

. 2

đ??ż

A questo punto si puo’ procedere al calcolo di đ?‘?đ?‘› = âˆŤ0 đ?‘Ľ 2 cos đ?œ‹ 2 đ?œ‹ 2 âˆŤ đ?‘Ľ cos đ?œ‹ 0

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ‹

=

( đ?‘›đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ‹

A questo punto si deve calcolare âˆŤ0 đ?‘Ľ 2 cos ( đ?‘›đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ . Un buon metodo elementare per il calcolo di tale integrale potrebbe essere quello di applicare il metodo della integrazione per parti, ricordando che da

đ?‘‘ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ

= � ′ (�)�(�) + �(�)�′ (�) che integrata

indefinitamente porta a đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ) = âˆŤ đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ . Nel caso di specie 1

puo’ essere utile ammettere che đ?‘Ľ 2 = đ?‘“′(đ?‘Ľ) da cui f(x) = 3 đ?‘Ľ 3 + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. ed anche g(x) = cos(đ?‘›đ?‘Ľ) da cui g’(x) = −đ?‘›đ?‘ đ?‘–đ?‘›(đ?‘›đ?‘Ľ). Quando si opera definitamente da đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ) = âˆŤ đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤ đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ si puo’ đ?‘?

đ?‘?

scrivere che ⌋đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)âŚŒđ?‘?đ?‘Ž = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“ ′ (đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ + âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′ (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ. Nel caso di specie (a, b)= (0, đ?œ‹). Gli sviluppi sono di puro calcolo.


Serie di Fourier – un esempio elementare 8 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; 0 < đ?‘Ľ < 2 Data la funzione đ?‘“(đ?‘Ľ) = { . La funzione non e’ definita per đ?‘Ľ = 0, đ?‘Ľ = −8 đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; 2 < đ?‘Ľ < 4 2, đ?‘Ľ = 4 ed e’ una funzione periodica di periodo minimo 4. Essa non e’ definita per 1 2

ogni x tale che sia đ?‘Ľ = 0 + đ?‘˜đ?‘‡ ove k ∈ đ?‘? e T e’ il periodo minimo della funzione. 1

đ??ż

Si scrive đ?‘Žđ?‘› = đ??ż âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) cos 1

1

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

.

1

Si ha L = 2 đ?‘˜đ?‘‡ = 2 đ?‘‡ = 2 4 = 2 quando k = 1. đ??ż

1

Con i dati del problema si ha đ?‘Žđ?‘› = 2 âˆŤâˆ’đ??ż đ?‘“(đ?‘Ľ) cos 4

+ âˆŤ2 (−8) cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ) 2

2

= 4(âˆŤ0 cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

4

-âˆŤ2 cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ) 2

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

.

Ci si deve concentrare su un integrale indefinito quale âˆŤ cos cui đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ = 2đ?‘˘ ed anche đ?‘›đ?œ‹đ?‘‘đ?‘Ľ = 2đ?‘‘đ?‘˘ da cui dx = indefinito âˆŤ cos đ?‘˘

2đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘›đ?œ‹

đ?‘œđ?‘Łđ?‘Łđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ

2 âˆŤ cos đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘›đ?œ‹

=

2đ?‘‘đ?‘˘ đ?‘›đ?œ‹

2 1 đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ (âˆŤ 8 cos 2 đ?‘‘đ?‘Ľ 2 0

=

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ. 2

Posto

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 2

= � da

che conduce al seguente integrale

2 sin(đ?‘˘) + đ?‘›đ?œ‹

đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą.

(Un metodo mnemonico, ma fino ad un certo punto‌. , per ricordare che âˆŤ cos đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ = sin(đ?‘˘) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą e’ ricordare che

� ��

(sin(đ?‘˘) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą) = cos(đ?‘˘) e’ integrare avendo che âˆŤ

� ��

(sin(đ?‘˘) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą)đ?‘‘đ?‘˘ = âˆŤ cos(đ?‘˘) đ?‘‘đ?‘˘ da

cui (sin(đ?‘˘) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą) = âˆŤ cos(đ?‘˘) đ?‘‘đ?‘˘ e quindi âˆŤ cos(đ?‘˘) đ?‘‘đ?‘˘ = sin(đ?‘˘) + đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą. .) 2

Da 4(âˆŤ0 cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

4

-âˆŤ2 cos 1

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ) 2

2

si ottiene 4đ?‘›đ?œ‹ ⌋đ?‘ đ?‘–đ?‘›

4

puo’ scrivere che đ?‘Žđ?‘› = 2 âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ) cos

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 2 âŚŒ 2 0

2

=4đ?‘›đ?œ‹ ⌋đ?‘ đ?‘–đ?‘›

2

− 4 đ?‘›đ?œ‹ ⌋đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 2 âŚŒ 2 0

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 4 âŚŒ 2 2

2

− 4 đ?‘›đ?œ‹ ⌋đ?‘ đ?‘–đ?‘›

. Pertanto si

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 4 âŚŒ 2 2

= 0 se nâ‰

0. 2

Se đ?‘› = 0 allora si ha đ?‘Žđ?‘› = đ?‘Ž0 = 4 (âˆŤ0 cos 4(2 − 0 − 4 + 2) 4

8 âˆŤ2 sin

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

da 2

=4(âˆŤ0 sin

cui đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

0đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ??ż

đ?‘Ž0 = 0. 4

− âˆŤ2 sin

4

− âˆŤ2 cos

Calcolo

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

)=

0đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ) 2

dei

2

4

= 4 (âˆŤ0 đ?‘‘đ?‘Ľ − âˆŤ2 đ?‘‘đ?‘Ľ ) = 1

2

đ?‘?đ?‘› = 2 (âˆŤ0 8 sin

8 đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ {âŚ‹âˆ’đ?‘?đ?‘œđ?‘ 2 đ?‘ âŚŒ20 đ?‘›đ?œ‹

âˆ’âŚ‹âˆ’đ?‘?đ?‘œđ?‘

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ 2

đ?‘›đ?œ‹đ?‘Ľ 4 đ?‘ âŚŒ2 } 2

− .


5.

le principali applicazioni delle serie di Fourier

Anche da un punto di vista “storicoâ€? le piu’ importanti applicazioni delle serie di Fourier sono legate: •

alla conduzione termica (flusso termico);

•

all’equazione di Laplace;

•

allo studio dei sistemi vibranti.

Prima di esporre una breve sintesi dei risultati gia’ esposti e’ sicuramente utile fare qualche cenno alle funzioni di una variabile complessa. La nozione di funzione olomorfa Sia assegnato un aperto A ⊆ đ??ś, essendo C l’insieme dei numeri complessi. f : A → đ??ś e’ una legge di corrispondenza che associa al numero complesso a +ib il đ?‘“

numero complesso c +đ?‘–đ?‘‘ đ?‘ econdo lo schema (a+đ?‘–đ?‘?) → c+đ?‘–đ?‘‘ intendibile anche come đ?‘“

(a, b) → (đ?‘?(đ?‘Ž, đ?‘?), đ?‘‘(đ?‘Ž, đ?‘?)) . Solitamente la coppia (a, b) viene indicata con la lettera đ?‘§ e in questi termini si puo’ scrivere che f(z) = đ?‘? + đ?‘–đ?‘‘ . Se al numero complesso z corrisponde un solo numero complesso f(z) si dice che la funzione e’ “ad un solo valoreâ€?, cioe’ e’ monodroma. Generalmente, salva diversa indicazione, ci si riferisce a funzioni monodrome. đ?‘“

Da z → f(z) e’ possibile considerare la funzione đ?‘“ −1, detta funzione inversa della funzione f, tale che đ?‘“ −1 (đ?‘“(đ?‘§) = đ?‘§ .


Relativamente alle funzioni di una variabile complessa e’ utile dare conto della rappresentazione che necessita di due piani, uno per i punti del dominio {z ∈ đ??ś| đ?‘“ đ?‘’ ′ đ?‘‘đ?‘’đ?‘“đ?‘–đ?‘›đ?‘–đ?‘Ąđ?‘Ž} ed uno per i punti f(z) denotati come {đ?‘“(đ?‘§)}. Posto f(đ?‘Ľ + đ?‘–đ?‘Ś) = đ?‘˘ + đ?‘–đ?‘Ł il punto P nel piano complesso tale che P≥ (đ?‘Ľ0 + đ?‘–đ?‘Ś0 ) viene “trasformatoâ€? nel punto P’ ≥ (đ?‘˘0 + đ?‘–đ?‘Ł0 ) del secondo piano. La f definisce il criterio di corrispondenza. La rappresentazione grafica e’ la seguente.

trasformazione

Si afferma che P e’ trasformato in P’ mediante la mappa f. Tale trasformazione ovviamente interessa un insieme di punti (x, y) del primo piano, cioe’ i punti � + ��

che appartengono a dom f (dominio della funzione f) e fa

corrispondere ad ognuno di essi un punto corrispondente sul secondo piano secondo la funzione f. Si e’ detto che al numero complesso (x, y) corrisponde univocamente il numero (u, v). Il sistema {

� = �(�, �) e’ detto sistema di trasformazione e le considerate funzioni sono � = �(�, �)

dette coniugate. Per la tassonomia delle funzioni complesse si rimandaa alla nutrita manualistica (per esempio, Spiegel). Per quanto di utilita’ occorre ricordare ricordare la funzione esponenziale complessa definita come segue đ?œ” = đ?‘’ đ?‘Ž+đ?‘–đ?‘? = đ?‘’ đ?‘Ľ (đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ś + đ?‘–đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?‘Ś) essendo e la base dei logaritmi naturali.


Limiti e derivabilita’ di funzioni complesse. Nozioni basiche. Una funzione complessa di una variabile complessa e’ detta olomorfa se essa e’ derivabile. L’insieme C e’ costituito da coppie ordinate di numeri reali (a, b) per i quali sia (a, b)≥ đ?‘Ž + đ?‘–đ?‘? . E’ possibile definire un intorno sferico di un numero complesso đ?‘§0 formalizzato come đ??ľđ?‘&#x; (đ?‘§0 ) = {đ?‘§ ∈ đ??ś âˆś |đ?‘§ − đ?‘§0 | < đ?‘&#x;}

Si osservi che nella definizione di intorno di un punto �0 si fa riferimento ad un aperto in quanto si utilizza il simbolo < e non il simbolo ≤ . Si tratta di un aperto di centro �0 . Si ammetta sia �0 un punto di accumulazione di dom f. Si ha lim �(�) = � ⇒ {

�→�0

lim

�(�, �) = ��(�)

lim

đ?‘Ł(đ?‘Ľ, đ?‘Ś) = đ??źđ?‘š(đ?‘™)

(�,�)→(�0 ,�0 )

(�,�)→(�0 ,�0 )

Si puo’ ora fare un cenno alla derivabilita’ di una funzione complessa. Si puo’ scrivere f : A → đ??ś essendo A un aperto tale che A ⊆ đ??ś risultando đ?‘§0 ∈ đ??´. Si definisce la derivata di f(z) come segue đ?‘“(đ?‘§)−đ?‘“(đ?‘§0 ) đ?‘§âˆ’đ?‘§0 đ?‘§â†’đ?‘§0

f’(z) lim

quando tale limite esiste finito, al limite (0, 0).

In altri termini una funzione f(z) e’ analitica nel punto đ?‘§0 se esiste un intorno |z - đ?‘§0 | < đ?›ż > 0 tale che f’(z) esiste finita nell’intorno đ??ľđ?›ż (đ?‘§).


I matematici Cauchy e Riemann hanno enunciato la condizione affinche’ la funzione f(z) sia olomorfa in A ⊆ C, essendo A un aperto. Deve risultare che đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ

= đ?œ•đ?‘Ś

đ?œ•đ?‘Ł

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ś

= − đ?œ•đ?‘Ľ

đ?œ•đ?‘Ł

in ogni z | z ∈ A. Una importante classe di funzioni olomorfe e’ costituita dalle cosiddette funzioni armoniche. đ?‘“

Data una f : a+đ?‘–đ?‘? → đ?‘˘ + đ?‘–đ?‘Ł avente derivate parziali seconde di u e di v rispetto alla x ed alla y continue in A, per esse risulta essere đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ľ 2

+ đ?œ•đ?‘Ś2 = 0

đ?œ•2 đ?‘˘

đ?œ•2 đ?‘Ł đ?œ•đ?‘Ľ 2

+ đ?œ•đ?‘Ś2 = 0

đ?œ•2 đ?‘Ł

L’operatore di Laplace in coordinate cartesiane ortogonali E’ preliminare la nozione di operatore laplaciano. Tale operatore puo’ essere espresso in coordinate cartesiane, in coordinate cilindriche o in coordinate sferiche. Al momento risulta sufficiente la sua espressione in coordinate cartesiane ortogonali. L’operatore di Laplace, detto laplaciano, in coordinate cartesiane ortogonali e’ đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

∇2 ≥ đ?œ•đ?‘Ľ 2 + đ?œ•đ?‘Ś2 + đ?œ•đ?‘§2 Esso e’ applicabile convenientemente ad una funzione đ?‘˘ = đ?‘˘(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§). In altri termini si scrive đ?œ•2

đ?œ•2

đ?œ•2

∇2 ≥ đ?œ•đ?‘Ľ 2 đ?‘˘ + đ?œ•đ?‘Ś2 đ?‘˘ + đ?œ•đ?‘§2 đ?‘˘


Nel proseguo della trattazione, seppure entro i limiti elementari di essa, si dara’ conto della formulazione del laplaciano in coordinate cilindriche o sferiche, a seconda delle esisgenze.

∎∎∎ Il flusso termico Si considera l’equazione della conduzione del calore nella forma

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ą

= đ?‘˜âˆ‡2 đ?‘˘, essendo

k la costante di diffusivita’, mentre đ?‘˘ = đ?‘˘(đ?‘Ľ, đ?‘Ś, đ?‘§, đ?‘Ą) e’ la temperatura nel punto (x,y,z) dello spazio al tempo t. In condizioni stazionarie l’equazione assume la forma ∇2 đ?‘˘ = 0.Posto

đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ą

= 0 deve

essere necessariamente ∇2 đ?‘˘ = 0 in quanto k ≠0 . Relativamente a ∇2 đ?‘˘ = 0 lo studio che tenga conto dei valori di u sulla frontiera e’ detto problema di Dirichlet . Con riferimento alla propagazione del calore la temperatura iniziale, al tempo t = 0, e’ f(x), quindi una funzione della coordinata. Gli estremi sono ad una data assegnata temperatura. Nel caso piu’ semplice (quello unidimensionale) si ha la seguente equazione differenziale che descrive il fenomeno đ?œ•đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ą

=đ?‘˜

đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?‘Ą 2

con le ovvie limitazioni 0 < đ?‘Ľ < đ??ż e t > 0 .

đ?‘†đ?‘’ gli estremi 0 ed L sono mantenuti alle temperature costanti đ?‘‡0 đ?‘’ đ?‘‡đ??ż si scrive đ?‘˘(đ?‘œ, đ?‘Ą) = đ?‘‡0 đ?‘˘(đ??ż, đ?‘Ą) = đ?‘‡đ??ż đ?‘‡đ?‘Žđ?‘™đ?‘– temperature sono assunte constanti nel tempo. La temperatura iniziale varia al variare della x in (0, L) e, atteso che e’ riferita per ogni x, al tempo iniziale viene formalizzata come segue


u(x, 0)= đ?‘“(đ?‘Ľ) con x ∈ (0, đ??ż). E’ fisicamente coerente ammettere che la temperatura sia limitata e si scrive |u(x, t)|< đ?‘€ Nel caso che L sia tenuto costantemente nel tempo a temperatura pari a 0 allora si scrive u(L, t)= 0 . đ?œ•đ?‘Ś

Nel caso in cui il punto L sia isolato il flusso diviene nullo e si scrive −đ?‘˜ đ?œ•đ?‘Ľ

| đ?‘Ľ =đ??ż

= 0.

Un caso particolare e’ quello dell’irraggiamento. Si ammette che il punto đ?‘Ľ = đ??ż irraggi e che l’ambiente circostante sia a temperatura costante đ?‘˘0 . La legge che lo descrive e’ quella di Stefan per ila quale il flusso di calore đ?›ź(đ?‘˘14 − đ?‘˘04 ) = −đ?‘˜đ?‘˘đ?‘Ľ (đ??ż, đ?‘Ą) essendo đ?‘˘1 = đ?‘˘(đ??ż, đ?‘Ą) . ∎∎∎ Sistemi vibranti Si dimostra (Spiegel, Analisi di Fourier) che l’equazione della corda vibrante un una dimensione e’ data dalla seguente equazione differenziale del secondo ordine đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ą 2

đ?œ•2 đ?‘Ś

= đ?‘Ž2 đ?œ•đ?‘Ľ 2

đ??żđ?‘Ž funzione đ?‘Ś = đ?‘Ś(đ?‘Ľ, đ?‘Ą) indica lo spostamento del punto x all’istante t mentre đ?‘Ž2 e’ đ?œ?

una costante tale che a = √đ?œ‡ dove đ?œ? e’ la tensione costante della corda e đ?œ‡ e’ la massa lineare (massa in una unita’ lineare di lunghezza, nel S.I. misurata in

đ??žđ?‘” đ?‘šđ?‘Žđ?‘ đ?‘ đ?‘Ž ). đ?‘šđ?‘’đ?‘Ąđ?‘&#x;đ?‘œ

La

vibrazione della corda e’ dovuta alla sua elasticita’. �� �� corda elastica e’ nel campo g l’equazione e’ modulo della accelerazione di gravita’.

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ą 2

đ?œ•2 đ?‘Ś

= đ?‘Ž2 đ?œ•đ?‘Ľ 2 − đ?‘” nella quale g e’ il


đ?‘ đ?‘’đ?‘™ caso delle vibrazioni di una membrana elastica la modellizzazione conduce alla seguente equazione differenziale alle derivate parziali đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ą 2

đ?œ•2 đ?‘Ś đ?œ•đ?‘Ľ 2

= đ?‘Ž2 (

+

đ?œ•2 đ?‘Ś ) đ?œ•đ?‘Ś 2

Va approfondito il caso delle corde vibranti considerando il caso canonico di una corda elastica di lunghezza L tesa e vincolata agli estremi (0, 0) e (L,0) . Al tempo t= 0 espresso anche con đ?‘Ą0 la configurazione e’ data da f(x) ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ (0, đ??ż). Si deve studiare lo spostamento di ogni punto x nell’istante t +đ?‘‘đ?‘Ą . Come e’ noto đ?œ•2 đ?‘Ś

đ?œ•2 đ?‘Ś

l’equazione che modellizza la situazione sperimentale e’ đ?œ•đ?‘Ą 2 = đ?‘Ž2 đ?œ•đ?‘Ľ 2 ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ (0, đ??ż) e ∀đ?‘Ą | đ?‘Ą > 0. Occorre osservare che y = đ?‘Ś(đ?‘Ľ, đ?‘Ą) indica ∀đ?‘Ľ đ?‘’ ∀đ?‘Ą lo spostamento di un punto x della corda dall’asse delle x. La figura sottostante indica una possibile configurazione istantanea riferita ad un dato istante t = đ?œ?0

Per il vincolo posto sugli estremi fissi si puo’ scrivere che

{

đ?‘Ś(0, đ?‘Ą) = 0 ∀đ?‘Ą > 0 đ?‘Ś(đ??ż, đ?‘Ą) = 0

La configurazione al tempo iniziale e’ nota e risulta y(x, 0) = đ?‘“(đ?‘Ľ) ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ (0, đ??ż).


Solitamente viene introdotta una ulteriore grandezza, detta velocita’ della corda al tempo 0 data da đ?‘Śđ?‘Ą (đ?‘Ľ, 0) = 0 ∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ ∈ (0, đ??ż). Anche questo problema puo’ essere risolto utilizzando il metodo della separazione đ?‘‹đ?‘‡â€˛ = đ?‘Ž2 đ?‘‹"đ?‘‡ delle variabili. Si pone đ?‘Ś = đ?‘‹đ?‘‡ e conseguentemente si puo’ porre { đ?‘‡â€˛â€˛ đ?‘‹â€˛â€˛ = đ?‘‹ đ?‘Ž2 đ?‘‡ đ?‘‡â€˛â€˛ + đ?œ‘ 2 đ?‘Ž2 đ?‘‡ = 0 Introdotta la costante di separazione -đ?œ‘2 si puo’ scrivere { da cui si đ?‘‹â€˛â€˛ + đ?œ‘ 2 đ?‘‹ = 0 đ?‘‡ = đ??´1 đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľ1 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą ottiene { . Poiche’ y(0,t) = 0 đ?‘&#x;đ?‘–đ?‘ đ?‘˘đ?‘™đ?‘Ąđ?‘Ž đ??´2 = 0 . đ?‘‹ = đ??´2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľ2 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Žđ?‘Ą Una soluzione e’ data da y(x, t) = đ?‘‹đ?‘‡ = (đ??´1 đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľ1 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą)( đ??´2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľ2 đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Žđ?‘Ą). Essendo đ??´2 = 0 si ha la soluzione y(x, t) = đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Ľ(đ??´đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą) . Poiche’ y(L ,t) = 0 ∀đ?‘Ą si ricava y(L ,t) = đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ??ż(đ??´đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą) = 0 . Poiche’ đ??´đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą + đ??ľđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘đ?‘Žđ?‘Ą ≠0 deve essere đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘đ??ż = 0 e quindi đ?œ‘đ??ż = đ?‘˜đ?œ‹ da cui đ?œ‘ = đ?‘˜đ?œ‹ đ??ż

.

Da y(x, t) si ricava đ?‘Śđ?‘Ą (đ?‘Ľ, đ?‘Ą) e dalla condizione đ?‘Śđ?‘Ą (đ?‘Ľ, 0) = 0 si ricava đ?‘Śđ?‘Ą (đ?‘Ľ, 0) = (sin φx)(Aφa) = 0 da cui risulta in modo immediato che A = 0 . Si ha che y(x,t)= đ??ľđ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ cos đ??ż đ??ż

e dovendo essere y(x,0) = đ?‘“(đ?‘Ľ) deve essere applicato

il teorema di sovrapposizione e quindi si ha y(x,t)= ∑+∞ đ?‘˜=1 đ??ľđ?‘˜ đ?‘ đ?‘–đ?‘› y(x,0) = đ?‘“(đ?‘Ľ) = ∑+∞ đ?‘˜=1 đ??ľđ?‘˜ đ?‘ đ?‘–đ?‘› 2

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ đ??ż

đ??ż

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ dx đ??ż

.

Operando la sostituzione in formula in y(x,t)= ∑+∞ đ?‘˜=1 đ??ľđ?‘˜ đ?‘ đ?‘–đ?‘› đ??ż

da cui

.

Come e’ noto risulta đ??ľđ?‘˜ = đ??ż âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘›

2

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ cos đ??ż đ??ż

risultato y(x,t)= ∑+∞ đ?‘˜=1 đ??ż âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ dx đ??ż

đ?‘ đ?‘–đ?‘›

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ cos đ??ż đ??ż

.

đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ đ?‘˜đ?‘Ľđ?œ‹ cos đ??ż đ??ż

si ottiene il


6. funzioni ortogonali Si considera l’ insieme {đ?œ‘đ?‘˜ (đ?‘Ľ)} delle funzioni đ?œ‘đ?‘˜ (đ?‘Ľ) con k intero tali che siano verificate le due seguenti condizioni: đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?œ‘đ?‘š (đ?‘Ľ)đ?œ‘đ?‘› (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = 0 ∀(đ?‘š, đ?‘›)| đ?‘š ≠đ?‘› đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?œ‘đ?‘˜ (đ?‘Ľ)2 đ?‘‘đ?‘Ľ = 1 ∀đ?‘› Se si verificano queste condizioni si dice che l’insieme {đ?œ‘đ?‘˜ (đ?‘Ľ)} e’ un insieme ortonormato di funzioni. Tali integrali, risultando (đ?‘Ž, đ?‘?) ⊂ đ?‘… , sono sintetizzati dal seguente, con utilizzazione del đ?‘?

simbolo di Kronecker, âˆŤđ?‘Ž đ?œ‘đ?‘š (đ?‘Ľ)đ?œ‘đ?‘› (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ =đ?›żđ?‘š,đ?‘› . Possiamo ora considerare la funzione đ?œ”(đ?‘Ľ) ≼ 0 si puo’ considerare l’integrale đ?‘?

âˆŤđ?‘Ž đ?œ‡đ?‘š (đ?‘Ľ)đ?œ‡đ?‘› (đ?‘Ľ)đ?œ”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ che definisce l’ortogonalita’ rispetto ad una funzione peso (đ?œ”(đ?‘Ľ) ≼ 0) detta altrimenti funzione densita’ . Vale la seguente relazione fondamentale đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ) = √đ?œ”(đ?‘Ľ) đ?œ‡đ?‘– (đ?‘Ľ) . â– Una funzione f(x) puo’ essere intesa come una somma di funzioni ortonormate potendo quindi scrivere che f(x) = ∑∞ đ?‘–=1 đ?‘?đ?‘– đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ) . Tale serie e’ detta ortonormale. đ?‘?

Se ∑∞ đ?‘–=1 đ?‘?đ?‘– đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ) converge a f(x) si ha đ?‘?đ?‘– = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘?

I valori reali đ?‘?đ?‘– = âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ sono detti coefficienti generalizzati di Fourier. đ?‘?

Si dimostra che se f(x) e f’(x) sono generalmente continue allora âˆŤđ?‘Ž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ converge.


Problemi al contorno del secondo ordine. Problemi di Sturm – Louiville I problemi del secondo ordine. Data l’equazione differenziale đ?‘Ś ′′ đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)đ?‘Ś ′ + đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = đ?œ‘(đ?‘Ľ) con le condizioni al contorno đ?›ź đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝1 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = đ?›ž1 { 1 đ?›ź2 đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝2 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = đ?›ž2

sotto

le

condizioni

che

le

funzioni

đ?‘ƒ(đ?‘Ľ), đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘’ đ?œ‘(đ?‘Ľ) đ?‘ đ?‘œđ?‘›đ?‘œ continue in ⌋a, bâŚŒ essendo đ?›ź1 , đ?›ź2 , đ?›˝1 , đ?›˝2 sono costanti reali tali che (đ?›ź1 , đ?›˝1 ) ≠(0, 0) e (đ?›ź2 , đ?›˝2 ) ≠(0, 0) . Se đ?œ‘(đ?‘Ľ) ≥ 0, cioe’ se đ?œ‘(đ?‘Ľ) = 0 ∀đ?‘Ľ|đ?‘Ľ ∈ đ?‘‘đ?‘œđ?‘š đ?‘“ e se đ?›ž1 = đ?›ž2 = 0 il problema e’ detto omogeneo. Conseguentemente un problema al contorno omogeneo ha la seguente forma đ?‘Ś ′′ đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)đ?‘Ś ′ + đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0 { đ?›ź1 đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝1 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = 0 đ?›ź2 đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝2 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = 0 Gli step necessari per risolvere il problema al contorno sono •

risolvere l’equazione differenziale con uno dei metodi noti

•

applicare le condizioni al contorno assegnate.

I sistemi in oggetto ammettono sempre la soluzione banale �(�) ≥ 0. Esistenza di soluzioni non banali. Siano esse �1 (�) � �2 (�) e siano linearmente indipendenti. Deve risultare |

đ?›ź1 đ?‘Ś1 (đ?‘Ž) + đ?›˝1 đ?‘Ś1′ (đ?‘Ž) đ?›ź1 đ?‘Ś2 (đ?‘Ž) + đ?›˝1 đ?‘Ś2′ (đ?‘Ž) |=0 đ?›ź1 đ?‘Ś1 (đ?‘?) + đ?›˝1 đ?‘Ś1′ (đ?‘?) đ?›ź1 đ?‘Ś1 (đ?‘?) + đ?›˝1 đ?‘Ś1′ (đ?‘?)

Se il problema omogeneo ammette la sola soluzione banale allora il problema non omogeneo ha parimenti una unica soluzione. I valori di Ν dell’equazione caratteristica cui corrispondono soluzioni non banali (linearmente indipendenti) sono detti autovalori, mentre le corrispondenti funzioni, soluzioni non banali dell’equazione differenziale, sono dette autofunzioni.


Esempio di determinazione di una problema al contorno Sia data l’equazione differenziale đ?‘Ś ′′ + đ?‘Ś = 0 con le condizioni al contorno đ?‘Ś(0) = đ?œ‹

0 đ?‘’ đ?‘Ś( 2 ) = 0 . Il problema puo’ essere ricondotto a quello canonico delineato precedentemente ponendolo quindi nella forma đ?‘Ś ′′ đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)đ?‘Ś ′ + đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0 solo che sia đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) ≥ 0 đ?‘’ đ?‘„(đ?‘Ľ) ≥ 0. Occorre in primis trovare le due soluzioni linearmente indipendenti che la verifichino. Si considera l’equazione caratteristica scrivendo đ?œ†2 + 0đ?œ† + 1đ?œ†0 = đ?œ†2 + 1 = 0 da cui immediatamente Îť= Âąâˆšâˆ’1 = Âąđ?‘– . Dalla teoria delle equazioni differenziali e’ noto che y(x)= đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ cos(đ?‘?đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Žđ?‘Ľ sin(đ?‘?đ?‘Ľ) . A questo punto si considerano le condizioni al contorno per il primo caso Îť= đ?‘– ≥ (0, 1) y(0) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ž0 cos(1 ∗ 0) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Ž0 sin(1 ∗ 0) = 0 avendo che { Ď€ đ?œ‹ đ?œ‹ y( ) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ž0 cos(1 ∗ ) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Ž0 sin(1 ∗ ) = 0 2

2

da cui {

2

đ?‘?1 = 0 . Non e’ đ?‘?2 = 0

necessario calcolare il determinante in quanto tale risultato conduce (legge di annullamento del prodotto) al risultato y(đ?‘Ľ)|đ?œ†=đ?‘– ≥ 0 . Per il caso che sia Îť= −đ?‘– ≥ (0, − 1) si possono scrivere le condizioni al contorno come che {

y(0) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ž0 cos(−1 ∗ 0) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Ž0 sin(−1 ∗ 0) = 0 Ď€ đ?œ‹ đ?œ‹ y( ) = đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘Ž0 cos(−1 ∗ ) + đ?‘?2 đ?‘’ đ?‘Ž0 sin(−1 ∗ ) = 0 2

2

2

đ?‘? =0 . Pertanto per đ?œ† = − đ?‘– si ha y(đ?‘Ľ)|đ?œ†=−đ?‘– ≥ 0 . { 1 đ?‘?2 = 0

Problemi di Sturm-Louiville Si tratta di un problema omogeneo al contorno del tipo ⌋đ?‘?(đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛âŚŒâ€˛ + đ?‘ž(đ?‘Ľ)đ?‘Ś + đ?œ†đ?œ”(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0 đ?›ź1 đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝1 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = 0 đ?›ź2 đ?‘Ś(đ?‘Ž) + đ?›˝2 đ?‘Śâ€˛(đ?‘Ž) = 0

da cui

đ?‘? =0 { 1 −đ?‘?2 = 0

o anche


đ?‘?(đ?‘Ľ) > 0 đ?‘?′(đ?‘Ľ) Per le funzioni considerate tutte continue in ⌋a, bâŚŒ . đ?‘ž(đ?‘Ľ) {đ?œ”(đ?‘Ľ) > 0 Gli autovalori di un problema di Sturm-Luoiville sono tutti positivi e risulta 0 ≤ đ?œ†đ?‘– < đ?œ†đ?‘–+1 essendo đ?œ†đ?‘› → +∞ quando n→ +∞ . Per ogni đ?œ†đ?‘– tale esiste l’autofunzione linearmente indipendente. L’insieme delle đ?‘?

funzioni linearmente indipendenti e’ {đ?‘’đ?‘– (đ?‘Ľ)} e risulta âˆŤđ?‘Ž đ?œ”(đ?‘Ľ)đ?‘’đ?‘š (đ?‘Ľ)đ?‘’đ?‘› (đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = 0 quando m≠đ?‘›.

Riconoscimento di un problema di Sturm-Louiville Data l’equazione differenziale ordinaria (2 + sin(đ?‘Ľ))đ?‘Śâ€˛â€˛ + cos(đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛ + (1 + đ?œ†)đ?‘Ś = 0 con le condizioni al contorno seguenti {

đ?‘Ś(−1) + 2đ?‘Śâ€˛(−1) = 0 . In questo caso ⌋a, bâŚŒâ‰Ą đ?‘Ś(1) + 2đ?‘Śâ€˛(1) = 0

âŚ‹âˆ’ 1, 1âŚŒ. Il problema enunciato (Bronson) viene scritto anche (Spiegel) come scritto anche nella đ?‘‘

đ?‘‘đ?‘Ś

forma equivalente đ?‘‘đ?‘ĽâŚ‹p(x)đ?‘‘đ?‘ĽâŚŒ+⌋đ?‘ž(đ?‘Ľ) + đ?œ†đ?‘&#x;(đ?‘Ľ)âŚŒy = 0, per la quale se p(x) e q(x) sono reali allora gli autovalori sono reali. La funzione r(x)≼ 0 e’ la funzione peso. đ?‘‘

đ?‘‘đ?‘Ś

Si osservi che (2 + sin(đ?‘Ľ))đ?‘Śâ€˛â€˛ + cos(đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛ = đ?‘‘đ?‘ĽâŚ‹p(x)đ?‘‘đ?‘ĽâŚŒ. Ci si puo’ convincere di cio’ molto banalmente solo che si ponga đ?‘?(đ?‘Ľ) = 2 + sin(đ?‘Ľ) e

đ?‘‘đ?‘Ś đ?‘‘đ?‘Ľ

= �′′ nel secondo membro. Cio’

consente di ottenere il secondo membro eguale al primo e quindi a provare l’eguaglianza. Si evidenzia poi che đ?‘ž(đ?‘Ľ) + đ?œ†đ?‘&#x;(đ?‘Ľ) = 1 + đ?œ† đ?‘ž(đ?‘Ľ) ≥ 1 e r(đ?‘Ľ) ≥ 1. Tra le due formalizzazioni risulta e r(đ?‘Ľ) ≥ đ?œ”(đ?‘Ľ) . La costante Îť e’ detta costante di separazione .


Metodo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt Sia {đ?œ‘đ?‘– (đ?‘Ľ)} un insieme di funzioni linearmente indipendenti in (a, b) incluso propriamente in R . Da esse si ottiene un insieme di funzioni ortonormate in (a, b). Si considerano quindi le funzioni đ?›ˇ1 (đ?‘Ľ) = đ?‘?11 đ?œ‘1 (đ?‘Ľ) đ?›ˇ2 (đ?‘Ľ) = đ?‘?21 đ?œ‘1 (đ?‘Ľ) + đ?‘?22 đ?œ‘2 (đ?‘Ľ) ‌‌‌‌‌.. đ?›ˇđ?‘› (đ?‘Ľ) = đ?‘?đ?‘›1 đ?œ‘1 (đ?‘Ľ) + đ?‘?đ?‘›2 đ?œ‘2 (đ?‘Ľ) + â‹Ż ‌ + đ?‘?đ?‘›đ?‘˜ đ?œ‘đ?‘˜ (đ?‘Ľ) + â‹Ż ‌. I coefficienti đ?‘?đ?‘–đ?‘— sono scelti in modo che đ?›ˇđ?‘– (đ?‘Ľ) siano mutuamente ortogonali in (a, b). Per questa via, per esempio, possono essere ricavati i polinomi di Legendre, contenuti nell’integrale generale della equazione differenziale di Legendre (vedi infra). Come e’ noto essi sono đ?‘ƒ0 (đ?‘Ľ) = 1 đ?‘ƒ1 (đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ đ?‘ƒ2 (đ?‘Ľ) =

đ?‘ƒ3 (đ?‘Ľ) =

đ?‘ƒ4 (đ?‘Ľ) =

3đ?‘Ľ 2 −1 2

5đ?‘Ľ 3 −3đ?‘Ľ 2

35đ?‘Ľ 4 −30đ?‘Ľ 2 +3 8

.

Essi godono della interessante proprieta’ che đ?‘ƒđ?‘› (1) = 1. E’ noto (Stang) che e’ possibile per una funzione introdurre la nozione di lunghezza ||f|| tale che ||đ?‘“||2 = 2đ?œ‹

âˆŤ0 đ?‘“(đ?‘Ľ)2 dx = đ?œ‹ đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘›đ?‘‘đ?‘œ đ?‘“(đ?‘Ľ) = sin(đ?‘Ľ). Viene anche definito il concetto di prodotto interno di due funzioni, indicato con il formalismo (f, g). Se (f, g)= 0 allora le funzioni sono dette ortogonali. Per definizione (f, g)= 1

âˆŤâˆ’1 đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = 0, operando in un intervallo simmetrico dello 0. Infatti, nell’intervallo (- 1, 1) e’ possibile 1

1

1

ottenere (1,x) = âˆŤâˆ’1 1 ∙ đ?‘Ľđ?‘‘đ?‘Ľ = 0 ed anche (x, đ?‘Ľ 2 ) = âˆŤâˆ’1 đ?‘Ľ ∙ đ?‘Ľ 2 đ?‘‘đ?‘Ľ = 0 cioe’ (x, đ?‘Ľ 2 ) = âˆŤâˆ’1 đ?‘Ľ 3 đ?‘‘đ?‘Ľ = 0 . La terza


funzione ortogonale risulta essere đ?‘“2 (đ?‘Ľ) = đ?‘Ľ 2 −

(1,đ?‘Ľ 2 ) (1,1)

1−

(đ?‘Ľ,đ?‘Ľ 2 ) (đ?‘Ľ,đ?‘Ľ)

1

đ?‘Ľ = đ?‘Ľ 2 − . Si tratta del polinomio di Legendre 3

di secondo grado. In modo analogo si ottengono gli altri polinomi di Legendre.


7.

funzioni speciali e sviluppi asintotici

Tale parte sara’ oggetto di un numero di approfondimento.


8. Integrali di Fourier. trasformate. Antitrasformate. Teorema integrale di Fourier Se per una assegnata funzione f(x) sono vere le due seguenti condizioni •

f(x) e f’(x) sono generalmente continue in ogni (a, b) ⊂ (−∞, +∞)

•

âˆŤâˆ’âˆž |đ?‘“(đ?‘Ľ)|đ?‘‘đ?‘Ľ converge

+∞

si ha +∞

•

f(x) = âˆŤ0 {đ??´(đ?›ź)đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›źđ?‘Ľ + đ??ľ(đ?›ź)đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?›źđ?‘Ľ}đ?‘‘đ?›ź

•

f(x) =

đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–+ )+đ?‘“(đ?‘Ľđ?‘–− ) 2

∀đ?‘Ľ | đ?‘Ľ di continuita’

per ogni �� di discontinuita’

risultando 1

+∞

1

+∞

•

A(đ?›ź) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›źđ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ‹

•

B(đ?›ź) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?›źđ?‘Ľ đ?‘‘đ?‘Ľ đ?œ‹

Tasformate di Fourier Il teorema integrale di Fourier puo’ essere reso nella forma complessa scrivendo che 1

+∞

+∞

f(x)= 2đ?œ‹ âˆŤâˆ’âˆž đ?‘’ đ?‘–đ?›źđ?‘Ľ đ?‘‘đ?›ź âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘’ −đ?‘–đ?›źđ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ +∞

Si scrive F(đ?›ź) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘’ −đ?‘–đ?›źđ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ â†? trasformata di Fourier della funzione f(x). Viene quindi definita l’antitraformata (detta anche trasformata inversa) di Fourier 1

+∞

f(x) = 2đ?œ‹ âˆŤâˆ’âˆž đ??š(đ?›ź)đ?‘’ đ?‘–đ?›źđ?‘Ľ đ?‘‘đ?›ź


Nel caso delle funzioni pari o delle funzioni dispari le trasformate di Fourier sono rispettivamente le seguenti â–Ş

â–Ş

per le funzioni pari +∞

â–Ş

F(đ?›ź) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›źđ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ â†? trasformata coseno di Fourier

â–Ş

f(x) = đ?œ‹ âˆŤâˆ’âˆž đ??š(đ?›ź)đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›źđ?‘˘ đ?‘‘đ?›ź

2

+∞

per le funzioni dispari +∞

â–Ş

F(đ?›ź) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?‘˘ đ?‘‘đ?‘˘ â†? trasformata seno di Fourier

â–Ş

f(x) = âˆŤâˆ’âˆž đ??š(đ?›ź)đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?›źđ?‘˘ đ?‘‘đ?›ź đ?œ‹

2

+∞

Il formalismo F{f} denota la trasformata di Fourier della funzione f nell’indeterminata x.

Eguaglianze di Parseval Date due funzioni f(x) e g(x) le cui trasformate di Fourier sono F(đ?›ź) e G(đ?›ź) si ha +∞ 1 +∞ Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…đ?‘‘đ?›ź âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ) đ?‘‘đ?‘Ľ = 2đ?œ‹ âˆŤâˆ’âˆž F(đ?›ź)đ??ş(đ?›ź)

Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě… indica che si considera la trasformata di Fourier di g(x) e quindi si considera il đ??ş(đ?›ź) complesso coniugato.

Il complesso coniugato del numero complesso (a, b) e’ il numero complesso (a, −đ?‘?). In termini algebrici il numero complesso coniugato del numero a +đ?‘–đ?‘? e’ il numero complesso a −đ?‘–đ?‘? e solitamente si scrive a −đ?‘–đ?‘? = Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě…Ě… a + đ?‘–đ?‘?. Due numeri complessi e coniugati sono simmetrici rispetto all’asse reale delle x.

Se le funzioni f(x) e g(x) sono entrambe pari si ha +∞

âˆŤ0

2

+∞

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?œ‹ âˆŤ0

đ??š(đ?›ź)đ??ş(đ?›ź)đ?‘‘đ?›ź


essendo đ??š(đ?›ź) đ?‘’ đ??ş(đ?›ź) le serie coseno di Fourier delle due funzioni pari. Nel caso le funzioni f(x) e g(x) sono entrambe dispari risulta +∞

âˆŤ0

2

+∞

đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)đ?‘‘đ?‘Ľ = đ?œ‹ âˆŤ0

đ??š(đ?›ź)đ??ş(đ?›ź)đ?‘‘đ?›ź

essendo đ??š(đ?›ź) đ?‘’ đ??ş(đ?›ź) le serie seno di Fourier delle due funzioni dispari. Nel caso sia f(x) = đ?‘”(đ?‘Ľ) ∀đ?‘Ľ| đ?‘Ľ ∈ dom f = đ?‘‘đ?‘œđ?‘š đ?‘” e’ data la seguente identita’ +∞

2

+∞

âˆŤđ?‘œ (đ?‘“(đ?‘Ľ))2 dx = đ?œ‹ âˆŤ0 ((đ??š(đ?›ź))2 đ?‘‘đ?›ź In questa identita’ đ??š(đ?›ź) indica la trasformata seno o coseno di Fourier a seconda che la funzione f(x) sia dispari oppure sia pari.

Teorema della convoluzione +∞

Date due funzione f(x) e g(x) l’integrale âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘”(đ?‘Ľ − đ?‘˘)đ?‘‘đ?‘˘ e’ detto integrale di convoluzione. Per indicare la convoluzione di due funzioni e’ stata introdotta una notazione molto concisa, cioe’ f∗g +∞

Quindi f ∗ g = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘“(đ?‘˘)đ?‘”(đ?‘Ľ − đ?‘˘)đ?‘‘đ?‘˘ La convoluzione gode di particolari e utili proprieta’ quali sono le seguenti: â„ą{đ?‘“ ∗ đ?‘”} = â„ą{đ?‘“}â„ą{đ?‘”} . Il formalismo â„ą{đ?‘“} denota la trasformata di Fourier della funzione f nell’indeterminata x.


Date tre funzioni f(x), g(x) e h(x) possono essere dimostrate le seguenti ulteriori pr’prieta' della convoluzione f ∗ đ?‘” = đ?‘” ∗ đ?‘“ (commutativita’) f ∗ (đ?‘” ∗ â„Ž) = ( f ∗ đ?‘” ) ∗ â„Ž (associativita’) f ∗ (đ?‘” + â„Ž) = đ?‘“ ∗ đ?‘” + đ?‘“ ∗ â„Ž (distributivita’).

Significato fisico della convoluzione Assegnato un sistema fisico la convoluzione e’ l’uscita da intendersi come la convoluzione tra la risposta all’impulso h(t) e il segnale di ingresso x(t). In termini +∞

formali si scrive y(t) = đ?‘Ľ(đ?‘Ą) ∗ â„Ž(đ?‘Ą) = âˆŤâˆ’âˆž đ?‘Ľ(đ?‘Ą − đ?œ?)â„Ž(đ?œ?)đ?‘‘đ?œ? . Solitamente come segnale di ingresso si considera x(t)= đ?‘’ đ?‘—2đ?œ‹đ?‘“0 đ?‘Ą , ove đ?‘“0 e’ la frequenza del segnale. Il valore j e’ l’unita’ immaginaria j = √−1 . L’uscita viene posta in una forma standard quale la seguente y(t) = đ?‘’ đ?‘—2đ?œ‹đ?‘“0 đ?‘Ą đ??ť(đ?‘“0 ) ove si +∞

pone đ??ť(đ?‘“0 ) = âˆŤâˆ’âˆž â„Ž(đ?œ?)đ?‘’ −đ?‘—2đ?œ‹đ?‘“0 đ?‘Ą đ?‘‘đ?œ? (Prati). Vigendo la proprieta’ commutativa della convoluzione +∞

+∞

cheâˆŤâˆ’âˆž đ?‘Ľ(đ?œ?)â„Ž(đ?‘Ą − đ?œ?)đ?‘‘đ?œ? = âˆŤâˆ’âˆž â„Ž(đ?œ?)đ?‘Ľ(đ?‘Ą − đ?œ?)đ?‘‘đ?œ?.

si puo’ scrivere


9. Funzioni di Bessel Prima di prendere in considerazione le funzioni di Bessel e’ sicuramente utile introdurre il metodo di Frobeinus e quello di Sturm-Louiville per lo studio di particolari equazioni differenziali e di problemi al contorno. Le schede seguenti introducono ai metodi citati, rilevanti in particolari ambiti. Il metodo di Frobenius – Nozioni preliminari Il metodo abbisogna di alcune nozioni preliminari. Funzione analitica. Una funzionef(x) e’ analitica in un punto đ?‘Ľ0 del suo dominio se lo sviluppo in serie di Taylor in un intorno (đ?‘Ľ0 − đ?›ż, đ?‘Ľ0 + đ?›ż) cioe’ ∑+∞ đ?‘›=0

đ?‘“(đ?‘›) (đ?‘Ľâˆ’đ?‘Ľ0)đ?‘› đ?‘›!

converge a f(x) in (đ?‘Ľ0 − đ?›ż, đ?‘Ľ0 + đ?›ż). Punti ordinari e punti singolari. Data l’equazione differenziale ordinaria đ?‘?1 (đ?‘Ľ)đ?‘Ś ′′ + đ?‘?2 (đ?‘Ľ)đ?‘Ś ′ + đ?‘?2 (đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0 ponibile nella forma đ?‘Śâ€˛â€˛ + đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)y’ +đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0 ottenuta dalla precedente dividendo per đ?‘?1 (đ?‘Ľ). Il punto đ?‘Ľ0 e’ un punto ordinario della data equazione differenziale se le due funzioni P(x) e Q(x) sono entrambe analitiche in đ?‘Ľ0 . Il punto đ?‘Ľ0 e’ un punto singolare regolare della data equazione differenziale se le funzioni (x−đ?‘Ľ0 ) P(x) e (đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )2Q(x) sono entrambe analitiche in đ?‘Ľ0 . I punti singolari che non verificano questa condizione sono detti punti singolari irregolari.

Ad esempio e’ possibile considerare la funzione y = đ?‘“(đ?‘Ľ) = sin(đ?‘Ľ), e determinare lo sviluppo in serie di Taylor in un intorno simmetrico dello 0 , denotato come ( −đ?›ż, đ?›ż) . Si puo’ utilizzare il criterio del rapporto per dimostrare che la serie di Taylor di tale funzione converge ovunque.


Possiamo scrivere che đ?‘“(đ?‘Ľ) = sin đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘“(0) = sin(0) = 0 đ?‘“′(đ?‘Ľ) = cos đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘“′(0) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ (0) = 1 đ?‘“′′(đ?‘Ľ) = −sin đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘“ ′′ (0) = −sin(0) = 0 đ?‘“′′′(đ?‘Ľ) = − cos đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘“ ′′′ (0) = −đ?‘?đ?‘œđ?‘ (0) = −1 đ?‘“ đ?‘–đ?‘Ł (đ?‘Ľ) = sin đ?‘Ľ đ?‘’đ?‘‘ đ?‘Žđ?‘›đ?‘?â„Žđ?‘’ đ?‘“ đ?‘–đ?‘Ł (đ?‘Ľ) = đ?‘ đ?‘–đ?‘›(0) = 0 Lo sviluppo in serie di Taylor della funzione e’ ∑+∞ đ?‘›=0 ∑+∞ đ?‘›=0

đ?‘“ (đ?‘›) (đ?‘Ľ0 )(đ?‘Ľ)đ?‘› đ?‘›!

=

0 0!

+

1đ?‘Ľ 1!

+

0đ?‘Ľ 2 2!

−

1đ?‘Ľ 3 3!

+ â‹Ż ‌ ‌ = 0 + ∑+∞ đ?‘›=0

rapporto deve potersi evidenziare che lim |

đ?‘Žđ?‘›+1 đ?‘Žđ?‘›

đ?‘›â†’+∞

Si ha |

đ?‘Žđ?‘›+1 đ?‘Žđ?‘›

|= |

(−1)đ?‘›+1 đ?‘Ľ2đ?‘›+1+1 (2đ?‘›+2)! (−1)đ?‘› đ?‘Ľ2đ?‘›+1 (2đ?‘›+1)!

n → +∞. E quindi lim |

|= |

(−1)đ?‘›

đ?‘›â†’+∞ 2đ?‘›+2

đ?‘“ (đ?‘›) (đ?‘Ľ0 )(đ?‘Ľâˆ’đ?‘Ľ0 )đ?‘› đ?‘›!

(−1)đ?‘› đ?‘Ľ 2đ?‘›+1 (2đ?‘›+1)!

che per đ?‘Ľ0 = 0 si

. Applicando il criterio del

| < 1 al fine di verificare la convergenza.

(−1)đ?‘›+1 đ?‘Ľ 2đ?‘›+1+1

(2đ?‘›+1)!

(2đ?‘›+2)!

(−1)đ?‘› đ?‘Ľ 2đ?‘›+1

|=|

(−1)đ?‘› 2đ?‘›+2

| |đ?‘Ľ|. Ma |

(−1)đ?‘› 2đ?‘›+2

| → 0+ quando

| |đ?‘Ľ| < 1 . â– â– â–

Data la seguente equazione differenziale �′′ + 3�′ + 2�� = 0 si puo’, ad esempio, studiare il punto � = 1. Le funzioni P(x) e Q(x) sono rispettivamente {

đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) = 3 Poiche’ almeno una di đ?‘„(đ?‘Ľ) = 2đ?‘Ľ

esse non e’ una costante si procede osservando che entrambe le funzioni sono ovunque analitiche . Quindi x = 1 e’ un punto ordinario. ■■■1

Sia ora data la equazione differenziale ordinaria (� + 1)� ′′ + � ′ + �� = 0 � � = 0. �

Dividendo per (đ?‘Ľ + 1) si ha đ?‘Ś ′′ + Si osservi che đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) = đ?‘“ ′(đ?‘Ľ)đ?‘”(đ?‘Ľ)−đ?‘“(đ?‘Ľ)đ?‘”′(đ?‘Ľ) (đ?‘“(đ?‘Ľ))2 đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

=

1 đ?‘Ľ(đ?‘Ľ+1)

0−(2đ?‘Ľ+1) (đ?‘Ľ(đ?‘Ľ+1))2

=

đ?‘“(đ?‘Ľ) đ?‘”(đ?‘Ľ)

1 đ?‘Ľ(đ?‘Ľ+1)

�′ +

đ?‘Ľ đ?‘Ľ+1

đ?‘Ś=0.

quando sia posto �(�) ≥ 1 . Occorre calcolare

đ?‘‘ đ?‘‘đ?‘Ľ

đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) =

. In � = 0 tale derivata non e’ definita. In altri termini

đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)|đ?‘Ľ=0 đ?‘›đ?‘œđ?‘› đ?‘’đ?‘ đ?‘–đ?‘ đ?‘Ąđ?‘’. Tale punto e’ quindi singolare .


Ulteriormente, volendo si potra’ studiare se tale punto e’ singolare regolare cioe’ se risulti (đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) (đ?‘Ľ)đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) che le funzioni { e per đ?‘Ľ0 = 0 ci si deve riferire alle funzioni { 2 . (đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )2 đ?‘„(đ?‘Ľ) (đ?‘Ľ) đ?‘„(đ?‘Ľ)

L’essenza del metodo di Frobenius E’ data l’equazione differenziale omogenea đ?‘Śâ€˛â€˛ + đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛ + đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0. Sia đ?‘Ľ0 = 0 un punto singolare regolare. L’equazione ha almeno una soluzione đ?‘› della forma đ?‘Ś = đ?‘Ľ đ?œ† ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ essendo đ?œ† e đ?‘Žđ?‘› delle costanti. Tale soluzione e’

valida in 0 < đ?‘Ľ < đ?‘&#x; | đ?‘&#x; ∈ đ?‘…. Il metodo e’ un sintetizzabile per punti. 1. Se l’equazione non lo e’ gia’ va ricondotta alla forma đ?‘Śâ€˛â€˛ + đ?‘ƒ(đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛ + đ?‘„(đ?‘Ľ)đ?‘Ś = 0. 2. Ottenute o date le funzioni đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) đ?‘’ đ?‘„(đ?‘Ľ) đ?‘ đ?‘– accerta che almeno una delle due non sia analitica. 3. Si considerano le funzioni { alle funzioni {

(đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) e (đ?‘Ľ − đ?‘Ľ0 )2 đ?‘„(đ?‘Ľ)

per đ?‘Ľ0 = 0 ci si deve riferire

(đ?‘Ľ)đ?‘ƒ(đ?‘Ľ) evidenziando che entrambe sono analitiche (đ?‘Ľ)2 đ?‘„(đ?‘Ľ)

in đ?‘Ľ0 = 0. đ?‘› 4. Poiche’ đ?‘Ľ đ?œ† puo’ essere intesa come una costante da = đ?‘Ľ đ?œ† ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ si +∞ đ?œ† đ?‘› đ?œ†+đ?‘› ottiene đ?‘Ś = ∑+∞ . đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ đ?‘Ľ e quindi đ?‘Ś = ∑đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ đ?œ†+đ?‘› 5. Si considera lo sviluppo infinito di đ?‘Ś = ∑+∞ cioe’ si pone đ?‘Ś = đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ

đ?‘Žđ?‘œ đ?‘Ľ đ?œ† + đ?‘Ž1 đ?‘Ľ đ?œ†+1 + đ?‘Ž2 đ?‘Ľ đ?œ†+2 + đ?‘Ž3 đ?‘Ľ đ?œ†+3 + đ?‘Ž4 đ?‘Ľ đ?œ†+4 + â‹Ż ‌ ‌

quindi

si

considera la derivata prima cioe’ � ��

đ?œ†+đ?‘› (∑+∞ ) = đ?‘Žđ?‘œ đ?œ†đ?‘Ľ đ?œ†âˆ’1 + đ?‘Ž1 (đ?œ† + 1)đ?‘Ľ đ?œ† + đ?‘Ž2 (đ?œ† + 2)đ?‘Ľ đ?œ†+1 + đ?‘Ž3 (đ?œ† + đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?‘Ľ

3)đ?‘Ľ đ?œ†+2 + đ?‘Ž4 (đ?œ† + 4 )đ?‘Ľ đ?œ†+3 + â‹Ż . . ‌ ‌ ‌


6. Ottenute le y’(x) e y’’(x) si sostituiscono le loro espressioni nell’equazione differenziale data. 7. Operando algebricamente si ottiene l’equazione indiciale che, nei casi piu’ elementari ha soluzioni reali. Se si ammette che le soluzioni di detta equazione siano đ?œ†1 ≼ đ?œ†2

allora una soluzione e’ �1 (�) =

đ?‘› đ?‘Ľ đ?œ†1 ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?œ†1 đ?‘Ľ . Esiste anche una seconda soluzione, linearmente

indipendente dalla prima đ?‘Ś2 (đ?‘Ľ) e conseguentemente la soluzione generale y(x) e’ una combinazione lineare di esse, esistendo quindi due costanti đ?‘?1 đ?‘’ đ?‘?2 tali che y(x)= đ?‘?1 đ?‘Ś1 (đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘Ś2 (đ?‘Ľ). 8. Gli sviluppi operativi impongono poi di considerare tre possibili casi đ?œ†2 − đ?œ†1 ≠đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ

in

conseguenza

del

quale

si

ha đ?‘Ś2 (đ?‘Ľ) =

đ?‘› đ?‘Ľ đ?œ†2 ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘Žđ?‘› đ?œ†2 đ?‘Ľ

đ?œ†2 = đ?œ†1

in

conseguenza

del

quale

si

ha đ?‘Ś2 (đ?‘Ľ) =

đ?‘› đ?‘Ś1 (đ?‘Ľ)ln(đ?‘Ľ)+đ?‘Ľ đ?œ†2 ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘?đ?‘› đ?œ†1 đ?‘Ľ dove đ?‘?đ?‘› sono costanti opportune

đ?œ†2 − đ?œ†1 = đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ

in

conseguenza

del

quale

si

ha đ?‘Ś2 (đ?‘Ľ) =

đ?‘› đ?›źđ?‘Ś1 (đ?‘Ľ)ln(đ?‘Ľ)+đ?‘Ľ đ?œ†2 ∑+∞ đ?‘›=0 đ?‘?đ?‘› đ?œ†1 đ?‘Ľ ove đ?›ź e đ?‘?đ?‘› sono costanti opportune.

Questa e’ in estrema sintesi la sequenza utile per gestire la situazione nei casi piu’ semplici, sicuramente utili per la gestione delle equazioni di Bessel. E’ soprattutto, in questi casi, utile affrontare casi concreti, come quelli che sono solitamente riportati nella manualistica (Bronson, p.e.).


L’equazione differenziale di Bessel Tale equazione differenziale omogenea per n non negativo (n ≼ 0) la seguente đ?‘Ľ 2 đ?‘Ś ′′ + đ?‘Ľđ?‘Ś + (đ?‘Ľ 2 − đ?‘›2 )đ?‘Ś = 0 . Ai fini della ricerca delle soluzioni di tale equazione differenziale e’ possibile utilizzare il metodo di Frobenius, ammettendo quindi che esista una soluzione del tipo y(x)= đ?‘˜+đ?œ† ∑+∞ . Si ha lo stesso risultato precedentemente introdotto quando si ponga đ?‘˜=−∞ đ?‘?đ?‘˜ đ?‘Ľ

đ?‘?đ?‘˜ = 0 ∀đ?‘˜|đ?‘˜ < 0 . L’equazione differenziale di Bessel e’ ottenuta dall’equazione di Laplace (∇2 đ?‘˘ = 0) in coordinate cilindriche.

L’equazione di Laplace in coordinate cilindriche Coordinate cilindriche. Rappresentazione grafica.

Formule di trasformazione. E’ utile partire dalle formule di trasformazione seguenti đ?‘Ľ = đ?œŒđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œ‘ { đ?‘Ś = đ?œŒđ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œ‘ â†? dalle coordinate cilindriche a quelle cartesiane. đ?‘§=đ?‘§ đ?œŒâ‰Ľ0 (sotto le condizioni { 0 ≤ đ?œ‘ < 2đ?œ‹ ) −∞ < đ?‘§ < +∞


Dati đ?œŒ đ?‘’ đ?œ‘ consentono di ottenere x ed y. đ?œŒ = √đ?‘Ľ 2 + đ?‘Ś 2 {đ?œ‘ = arcsin(

đ?‘Ś

√đ?‘Ľ 2 +đ?‘Ś 2

) = arccos(

đ?‘Ľ

√đ?‘Ľ 2 +đ?‘Ś 2

)

đ?‘§=đ?‘§ Equazione di Laplace in coordinate cilindriche ∇2 đ?‘˘ = 0 ∂2 u âˆ‚Ď 2

1 đ?œ•đ?‘˘

1 ∂2 u

∂2 u

+ đ?œŒ đ?œ•đ?œŒ + đ?œŒ2 ∂đ?œ‘2 + ∂đ?‘§2 = 0

L’equazione di Bessel đ?‘Ľ 2 đ?‘Ś ′′ + đ?‘Ľđ?‘Ś + (đ?‘Ľ 2 − đ?‘›2 )đ?‘Ś = 0 ammette come integrale generale đ?‘Ś = đ?‘?1 đ??˝đ?‘› (đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘Œđ?‘› (đ?‘Ľ). L’integrale đ??˝đ?‘› (đ?‘Ľ) e’ detto funzione di Bessel di prima specie di ordine n. Esso ammette un limite finito per x → 0 , mentre il secondo integrale đ?‘Œđ?‘› (đ?‘Ľ) e’ detto integrale di Bessel di seconda specie di ordine n. Esso non ammette limite finito per x → 0. L’equazione di Bessel viene ottenuta a partire dalla equazione di Laplace in coordinate cilindriche.


10. Funzioni di Legendre I polinomi di Legendre di grado n indicati come đ?‘ƒđ?‘› (đ?‘Ľ) sono contenuti nell’integrale generale soluzione della seguente equazione differenziale, detta di Legnedre. Tale equazione differenziale e’ la seguente (1 − đ?‘Ľ 2 )đ?‘Śâ€˛â€˛ − 2đ?‘Ľđ?‘Śâ€˛ + đ?‘›(đ?‘› + 1)đ?‘Ś = 0 ove si ammette che n sia un intero n ≼ 0 . L’integrale generale soluzione di tale equazione e’ đ?‘Ś = đ?‘?1 đ?‘ƒđ?‘› (đ?‘Ľ) + đ?‘?2 đ?‘„đ?‘› (đ?‘Ľ) . Le funzioni đ?‘„đ?‘› (đ?‘Ľ) sono comunemente dette funzioni di Legendre di seconda specie e risultano illimitate in un intorno dei punti Âą1 . Tale equazione puo’ essere ricavata dall’equazione di Laplace ∇2 đ?‘˘ = 0 . Prima di procedere e’ utile studiare il laplaciano in coordinate sferiche. Laplaciano in coordinate sferiche La seguente figura ben evidenzia le coordinate sferiche

Ě…Ě…Ě…Ě… đ?‘‚đ?‘… = đ?‘&#x; đ?‘Ľ = đ?‘&#x;đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒđ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?›ˇ Le relazioni di trasformazione sono { đ?‘Ś = đ?‘&#x;đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒđ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?›ˇ đ?‘§ = đ?‘&#x;đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?œƒ


Il laplaciano in coordinate sferiche e’ ∇2 đ?‘˘ =

1 đ?œ• 2 đ?œ•đ?‘˘ 1 đ?œ• đ?œ•đ?‘˘ (đ?‘&#x; )+ 2 (sinđ?œƒ ) đ?‘&#x; 2 đ?œ•đ?‘&#x; đ?œ•đ?‘&#x; đ?‘&#x; đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒ đ?œ•đ?œƒ đ?œ•đ?œƒ

+

1 đ?‘&#x; 2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›2 đ?œƒ

+

đ?œ•2 đ?‘˘ đ?œ•đ?›ˇ 2

In coordinate sferiche, quindi, l’equazione di Laplace diviene 1 đ?œ• 2 đ?œ•đ?‘˘ 1 đ?œ• đ?œ•đ?‘˘ (đ?‘&#x; đ?œ•đ?‘&#x; )+ đ?‘&#x;2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›đ?œƒ đ?œ•đ?œƒ(sinđ?œƒ đ?œ•đ?œƒ) đ?‘&#x; 2 đ?œ•đ?‘&#x;

1

đ?œ•2 đ?‘˘

+ đ?‘&#x;2 đ?‘ đ?‘–đ?‘›2 đ?œƒ + đ?œ•đ?›ˇ2 =0 .

Premesso che esiste una formula generale che fornisce il polinomio di Legendre di grado n, indicato con đ?‘ƒđ?‘› (đ?‘Ľ) , si e’ avuto modo che i polinomi di Legendre possono essere ottenuti con il metodo di Gram – Schmidt . L’equazione di Legendre puo’ essere ottenuta a partire dall’equazione di Laplace in coordinate sferiche, supponendo che la funzione scalare u non dipenda da ÎŚ. Per trovare le serie soluzioni di una equazione di Legendre puo’ essere utilizzato il metodo di Frobenius.


11. Polinomi ortogonali di hermite e laguerre Una importante equazione differenziale e’ la seguente đ?‘Ś ′′ − 2đ?‘Ľđ?‘Śâ€˛ + 2đ?‘›đ?‘Ś = 0 essendo n un intero non negativo. đ??¸đ?‘ đ?‘ đ?‘Ž e’ soddisfatta dai cosiddetti polinomi di Hermite đ??ťđ?‘› (đ?‘Ľ) = (−1)đ?‘› đ?‘’ đ?‘Ľ

2

đ?‘‘ đ?‘› −đ?‘Ľ 2 đ?‘’ , đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘›

di

grado n. đ??ź đ?‘?đ?‘œđ?‘™đ?‘–đ?‘›đ?‘œđ?‘šđ?‘– di Hermite sono mutuamente ortogonali utilizzando quale funzione peso 2

la đ?œ”(đ?‘Ľ) = đ?‘’ −đ?‘Ľ . đ??żđ?‘Ž formula đ??ťđ?‘›+1 (đ?‘Ľ) = 2đ?‘Ľđ??ťđ?‘› (đ?‘Ľ) − 2đ?‘›đ??ťđ?‘›âˆ’1 (đ?‘Ľ) consente di dimostrare che tali polinomi soddisfano l’equazione di Hermite. â– â– â– Una ulteriore equazione differenziale di una certa importanza e’ quella detta di Laguerre. Si tratta della seguente đ?‘Ľđ?‘Śâ€˛â€˛ + (1 − đ?‘Ľ)đ?‘Śâ€˛ + đ?‘›đ?‘Ś = 0 essendo n un intero non negativo. Tale equazione e’ verificata dai seguenti integrali polinomiali, detti di Laguerre đ??żđ?‘› (đ?‘Ľ) = đ?‘’ đ?‘Ľ

đ?‘‘ đ?‘› đ?‘› −đ?‘Ľ đ?‘Ľ đ?‘’ . đ?‘‘đ?‘Ľ đ?‘›


BIBLIOGRAFIA

▪ ▪

Bertsch, Del Passo, Giacomelli, Analisi matematica, MCGraw-Hill, 2007 Blasi, Matematica per le applicazioni economiche e finanziarie. Esercizi e complementi. Edizioni Kappa, 1999

Bronson, Moderna introduzione alle equazioni differenziali, Etas libri, 1983

Prati, Segnali e sistemi per le telecomunicazioni, MCGraw-Hill, 2010, 2003

Spiegel, Analisi di Fourier, McGraw−Hill, 1974, 1994

Spiegel, Variabili complesse, McGraw-Hill, 1993, 1994

Strang, Algebra lineare, Apogeo, 2006

Luc Verschueren, Toutes Mathématiques, Ellipses, 2014


ERRATA CORRIGE DI NUMERI PRECEDENTI

1. ERRATA CORRIGE RELATIVA AL NUMERO PRECEDENTE Con riferimento al precedente numero di Appunti matematici n. 46−47−48 e’ necessario precisare che nel paragrafo “Criterio per la determinazione della condizione di urto tra due corpi e dell’istante in cui avviene la collisioneâ€? e’ stata erroneamente posta la eguaglianza di due funzioni vettoriali. Pertanto, in relazione allecitate funzioni đ?‘“đ??´ đ?‘’ đ?‘“đ??ľ deve intendersi che esse non siano egualmente identiche, cioe’ che sia đ?‘“đ??ľ = đ?‘“đ??ľ , dovendo opportunamente porsi đ?‘“đ??ľ ≠đ?‘“đ??ľ .

2. PRECISAZIONE RELATIVA AD ALCUNI PRECEDENTI NUMERI E’ necessario ricordare che nella formulazione ordinariamente utilizzata il determinante simbolico di Laplace, utile, ad esempio ad esprimere il prodotto vettoriale di due vettori a e b viene posto nella forma đ?’Š đ?’‚ Ă— đ?’ƒ = ( đ?‘Žđ?‘– đ?‘?đ?‘–

đ?’‹ đ?‘Žđ?‘— đ?‘?đ?‘—

đ?’Œ đ?‘Ž đ?‘Žđ?‘˜ ) = | đ?‘— đ?‘?đ?‘— đ?‘?đ?‘˜

đ?‘Žđ?‘˜ đ?‘Žđ?‘– đ?‘Žđ?‘˜ | đ?’Š + |đ?‘?đ?‘–

đ?‘Žđ?‘– đ?‘Žđ?‘˜ đ?‘Žđ?‘˜ | đ?’‹ + |đ?‘?đ?‘–

đ?‘Žđ?‘— đ?‘Žđ?‘— | đ?’Œ

Tanto e’ dovuto precisare in quanto in alcuni numeri ho utilizzato una notazione contenente un meno. In termini equivalenti una forma corretta e’ la seguente đ?’Š đ?‘Ž đ?’‚Ă—đ?’ƒ=( đ?‘– đ?‘?đ?‘–

đ?’‹ đ?‘Žđ?‘— đ?‘?đ?‘—

đ?’Œ đ?‘Ž đ?‘Žđ?‘˜ ) = | đ?‘— đ?‘?đ?‘— đ?‘?đ?‘˜

đ?‘Žđ?‘˜ đ?‘Žđ?‘˜ đ?‘Žđ?‘˜ | đ?’Š − |đ?‘?đ?‘˜

đ?‘Žđ?‘– đ?‘Žđ?‘– đ?’‹ + | | đ?‘Žđ?‘– đ?‘?đ?‘–

đ?‘Žđ?‘— đ?‘Žđ?‘— | đ?’Œ


ALLEGATO 1 1.

Velocita’ di impatto di un corpo nel campo g

Un corpo che cade nel campo g da una altezza h impatta il suolo ad una velocita’ scalare v = √2đ?‘”â„Ž essendo g l’accelerazione di gravita’. Tale formula e’ nota dalla cinematica elementare. Un modo alternativo per ricavarla potrebbe essere il seguente, basato sul principio di conservazione dell’energia. Un corpo in quiete sospeso ad una altezza h dal suolo possiede una energia potenziale U = đ?‘šđ?‘”â„Ž , ove m e’ la massa del corpo. Finche’ il corpo e’ sospeso la sua energia cinetica e’ nulla. Ad un certo istante il corpo – venuto meno il vincolo – inizia a cadere verso il suolo. Nell’istente di impatto tutta la sua energia potenziale si e’ trasformata in energia cinetica. Si ammette convenzionalmente che al suolo l’energia potenziale valga 0. In realta’ i valori delle energie potenziali sono espressi a meno di una costante. Se đ?‘Łđ?‘“ e’ la velocita’ di impatto per la conservazione dell’energia deve risultare che 1

1

đ?‘šđ?‘”â„Ž = 2 đ?‘šđ?‘Łđ?‘“2 da cui dividendo per m ≠0 si ottiene đ?‘”â„Ž = 2 đ?‘Łđ?‘“2 cioe’ 2đ?‘”â„Ž = đ?‘Łđ?‘“2 e quindi đ?‘Łđ?‘“ = Âąâˆš2đ?‘”â„Ž . Si considera solo la soluzione positiva e quindi si e’ ottenuto che đ?‘Łđ?‘“ = √2đ?‘”â„Ž c.v.d.. E’ possibile trovare il tempo impiegato dal corpo a raggiungere il suolo utilizzando la definizione di accelerazione media, utilizzabile in quanto g si considera constante. Risulta g =

đ?‘Łđ?‘“ −đ?‘Łđ?‘– đ?‘Ąđ?‘“ −đ?‘Ąđ?‘–

. Poiche’ il corpo e’ inizialmente in quiete si puo’ porre che �� = 0 e �� =

0. Cio’ posto si ha g = ha che đ?‘”đ?‘Ąđ?‘“ = √2đ?‘”â„Ž .

đ?‘Łđ?‘“ đ?‘Ąđ?‘“

e quindi đ?‘Łđ?‘“ = đ?‘”đ?‘Ąđ?‘“ . In altri termini ricordando che đ?‘Łđ?‘“ = √2đ?‘”â„Ž si


In definitiva si ha đ?‘Ąđ?‘“ =

√2đ?‘”â„Ž đ?‘”

E’ stata quindi ricavata đ?‘Ąđ?‘“ = đ?‘Ąđ?‘“ (â„Ž) = đ?‘˜âˆšâ„Ž ove k e’ una costante di proporzionalita’.

2. Calcolo della velocita’ istantanea đ?’–đ?&#x;? (t(y)) sapendo che il corpo in moto cade rispetto al corpo inizialmente in quiete in anticipo di x unita’ di tempo. Poiche’ uno sperimentatore evidenziava che un secondo corpo al tempo đ?‘Ąđ?‘– = 0 in moto si trovava alla medesima altezza h e nella sua caduta impattava il suolo x secondi prima del corpo inizialmente fisso ad altezza h si chiede di determinare la velocita’ istantanea di tale secondo corpo u(h)= đ?‘˘1 ≠0 . Non rileva in condizioni ideali la massa đ?‘š2 del secondo corpo. Anche il secondo corpo e’ soggetto all’accelerazione di gravita’ g. E’ sufficiente ragionare in termini scalari scrivendo che g =

đ?‘˘đ?‘“ −đ?‘˘1 đ?œ?2 −đ?‘Ą1

.

Senza perdita di generalita’ si puo’ porre đ?‘Ą1 = 0 e đ?œ?đ?‘“ = đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ , ove x deve considerarsi in questo caso una grandezza nota‌. Si puo’ scrivere che g =

đ?‘˘đ?‘“ −đ?‘˘1 đ?‘Ąđ?‘“ −đ?‘Ľ

da cui đ?‘˘đ?‘“ − đ?‘˘1 = đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ) .

Anche per il corpo 2 di massa �2 vale il principio di conservazione dell’energia e risulta 1

1

1

1

đ?‘š2 đ?‘”â„Ž + 2 đ?‘š2 đ?‘˘12 = 2 đ?‘š2 đ?‘˘đ?‘“2 e dividendo per đ?‘š2 ≠0 si ottiene đ?‘”â„Ž + 2 đ?‘˘12 = 2 đ?‘˘đ?‘“2 da cui si ottiene immediatamente che 2gh = đ?‘˘đ?‘“2 − đ?‘˘12 = (đ?‘˘đ?‘“ + đ?‘˘1 )(đ?‘˘đ?‘“ − đ?‘˘1 ) = (đ?‘˘đ?‘“ + đ?‘˘1 ) đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ) . 2gh đ?‘“ −đ?‘Ľ)

E’ quindi possibile ricavare đ?‘˘đ?‘“ + đ?‘˘1 = đ?‘”(đ?‘Ą 2h . (đ?‘Ąđ?‘“ −đ?‘Ľ)

ulteriormente semplificabile in �� + �1 =


Si ottiene quindi il seguente sistema �� + �1 = (�

2h đ?‘“ −đ?‘Ľ)

{ đ?‘˘đ?‘“ − đ?‘˘1 = đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ) Il valore della velocita’ istantanea del corpo di massa đ?‘š2 che si trova alla altezza h quando il corpo đ?‘š1 inizialmente in quiete inizia la caduta arrivando al suolo x secondi dopo il corpo di massa đ?‘š2 puo’ essere ottenuta dal considerato sistema sottraendo membro a membro e avendo quindi la seguente relazione đ?‘˘đ?‘“ + đ?‘˘1 − đ?‘˘đ?‘“ + đ?‘˘1 = (đ?‘Ą

�1 =

2h − đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ −đ?‘Ľ) (đ?‘Ąđ?‘“ −đ?‘Ľ)

2

.

2h đ?‘“ −đ?‘Ľ)

− đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ) da cui si ha 2 đ?‘˘1 = (đ?‘Ą

2h đ?‘“ −đ?‘Ľ)

− đ?‘”(đ?‘Ąđ?‘“ − đ?‘Ľ) e quindi


ALLEGATO 2

Un problema per i prossimi mesi ?

Nel numero 10 dei miei Appunti matematici avevo inserito anche una dimostrazione elementare dell’ultimo teorema di Fermat. Sempre in una prospettiva elementare di riflessione sulla relazione đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› = đ?‘? đ?‘› che non ha soluzioni intere per n > 2 quando a, b e c sono tre numeri interi assoluti, si puo’ anche ipotizzare di elaborare una dimostrazione alternativa riconducendo tale problema alla dimostrazione della assenza di soluzioni razionali dell’equazione seguente: â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 . In altri termini occorre dimostrare che nessuna coppia (h , k) ∈ đ?‘„ Ă— đ?‘„ e’ soluzione di â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 per h > đ?‘˜ quando đ?‘› > 2 . Equivalentemente occorre dimostrare che se min(h, k) ∈ đ?‘„ allora per h > đ?‘˜ quando đ?‘› > 2 max(h, k) ∉ Q, o, altrettanto equivalentemente che se max(h, k) ∈ đ?‘„ allora per h > đ?‘˜ quando đ?‘› > 2 si ha che min(h, k) ∉ Q In realta’ le riflessioni possono essere limitate a đ?‘„ + . â„Ž+đ?‘˜ =đ?›ź Nel caso đ?‘› = 2 si ha â„Ž2 − đ?‘˜ 2 = 1 da cui { â„Ž − đ?‘˜ = 1 che equivale a discutere il caso delle đ?›ź

coppie di numeri razionali h e k per i quali la loro somma sia � e la loro differenza sia 1 �

> 0. Tali numeri razionali esistono !

Si puo’ ipotizzare di elaborare una dimostrazione della assenza di soluzioni razionali dell’equazione â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 cioe’ dimostrare che nessuna coppia (h , k) ∈ đ?‘„+ Ă— đ?‘„+ e’ soluzione di â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 per h > đ?‘˜ quando đ?‘› > 2 .


Un sottocaso evidente e’ costituito dalla assenza di soluzioni intere (o di numeri naturali). L’assenza di soluzioni intere puo’ essere acclarata anche per il caso n = 2 allorche’ la relazione da confutare e’ ricondotta al caso đ?‘Ž2 − đ?‘? 2 = (đ?‘Ž + đ?‘?)(đ?‘Ž − đ?‘?) = 1 . Nel caso di đ?‘Ž+đ?‘? =đ?‘˘ specie ci si riconduce alla trattazione del seguente semplice sistema algebrico { đ?‘Ž − đ?‘? = 1 đ?‘˘

Tale sistema conduce ad una assurdita’ evidente in quanto essendo u un intero per la chiusura della somma (la somma di due numeri naturali e’ un numero naturale). La seconda equazione conduce ad una evidente assurdita’, costituita dalla eguaglianza tra un numero naturale (il primo membro, eguale a đ?‘Ž − đ?‘?) e il secondo membro espresso da 1 đ?‘˘

un numero razionale proprio in quanto u e’ un intero e conseguentemente e’ un numero razionale non intero, e piu’ specificatamente un numero razionale improprio. Per reductio ad absurdum si evince che l’equazione di partenza non e’ mai verificata quando h e k sono interi assoluti. Alla medesima considerazione si giunge per đ?‘› > 2. Una delle due equazioni del sistema generato porterebbe alla eguaglianza assurda tra un numero naturale e un numero razionale improprio. In conclusione â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 non e’ mai verificata ∀(h , k) ∈ đ?‘ Ă— đ?‘ . Occorre quindi considerare il caso delle coppie (h , k) ∈ đ?‘„+ Ă— đ?‘„+ | (h , k) ∉ đ?‘ Ă— đ?‘ . Il primo sottocaso e’ quello per il quale h ∈ (0 , 1) e, đ?‘?onseguentemente, pure â„Žđ?‘› ∈ (0 , 1) ∀đ?‘›| đ?‘› ≼ 2 . In questo caso una banale manipolazione algebrica conduce a scrivere â„Žđ?‘› = đ?‘˜ đ?‘› + 1. Ma da questa relazione si deve concludere che sarebbe â„Žđ?‘› > 1 contro l’ipotesi che fosse â„Žđ?‘› < 1 . Anche in questo caso la reductio ad absurdum induce ad affermare che un razionale k ∈ (0 , 1) non puo’ essere dalla coppia (h, k) di razionali che verificano l’equazione studiata in đ?‘„ + .


â„Ž>1 A contraddizione insanabile si giunge anche nel caso particolare { o, đ?‘˜<1 â„Žđ?‘› > 1 equivalentemente, { đ?‘› ∀đ?‘›| đ?‘› ≼ 2 . đ?‘˜ <1 In questo caso particolare una quantita’ negativa â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› < 0 sarebbe eguale a 1 ! Le eventuali soluzioni razionali (h, k) della data equazione andrebbero ricercate tra gli đ?›ź ∈ đ?‘„ ∗|đ?‘„ ∗ = {(đ?‘Ž, đ?‘?) ∈ đ?‘ Ă— đ?‘ |đ?‘Ž > đ?‘? | đ?‘Ž ≠đ?‘˜đ?‘? ∀đ?‘?| đ?‘? ∈ đ?‘ }, essendo N l’insieme dei numeri naturali escluso lo 0. E’ altrettanto immediato che l’equazione â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 non ammette soluzioni razionali â„Ž ∈ đ?‘„| â„Ž > 1 đ?‘˜ ∈ đ?‘„|đ?‘˜ > 1 quando { đ?‘˜>â„Ž đ?‘›â‰Ľ2 Infatti đ?‘˜ > â„Ž > 1 ⇒ đ?‘˜ đ?‘› > â„Žđ?‘› ⇒ â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› < 0 < 1 contra l’ipotesi â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 . Pertanto le possibili soluzioni razionali dell’equazione â„Žđ?‘› − đ?‘˜ đ?‘› = 1 vanno ricercate sotto â„Ž ∈ (đ?‘„ − đ?‘ )| â„Ž > 1 đ?‘˜ ∈ (đ?‘„ − đ?‘ )|đ?‘˜ > 1 le condizioni { đ?‘˜<â„Ž đ?‘›â‰Ľ2 A questo punto e’ – sotto le date condizioni - forse utile considerare separatamente i due đ?‘›=2 casi { . đ?‘›>2 Il caso n= 2 ammette un interessante sottocaso, quello per il quale sia â„Ž2 − đ?‘˜ 2 = 1 . E’ ben evidente che â„Ž2 − đ?‘˜ 2 = (â„Ž + đ?‘˜)(â„Ž − đ?‘˜) = 1 ed equivalentemente se h +đ?‘˜ = đ?‘› 1

(intero) allora â„Ž − đ?‘˜ = đ?‘› non intero. Da queste due relazioni e’ possibile mettere in 1 đ?‘›

evidenza h avendo che đ?‘› − đ?‘˜ = + đ?‘˜ da cui đ?‘›2 − đ?‘›đ?‘˜ = 1 + đ?‘›đ?‘˜ e quindi đ?‘›2 − 2đ?‘›đ?‘˜ − 1 = 0, che puo’ avere solo una radice positiva. Risolta rispetto ad n si ha che đ?‘› = −(−2k)Âąâˆš(−2đ?‘˜)2 −4(−1) 2

=

2kÂąâˆš4đ?‘˜ 2 +4 2

=

2kÂą2√đ?‘˜ 2 +1 2

= đ?‘˜ Âą √đ?‘˜ 2 + 1 . Deve essere considerata la


sola soluzione intera positiva đ?‘› = đ?‘˜ + √đ?‘˜ 2 + 1 . Ove fosse k intero tale relazione non sarebbe mai verificata in quanto √đ?‘˜ 2 + 1 non puo’ essere razionale atteso che √đ?‘˜ 2 + 1 sarebbe compreso tra due interi successivi, k e (k+1) . Assegnato k si puo’ scrivere la relazione che definisce i loro quadrati che sono đ?‘˜ 2 e (đ?‘˜ + 1)2 = đ?‘˜ 2 + 2đ?‘˜ + 1. Estraendo la radice quadrata aritmetica del successivo si ha √(đ?‘˜ + 1)2 = √đ?‘˜ 2 + 2đ?‘˜ + 1 ed e’ vero che √đ?‘˜ 2 < √đ?‘˜ 2 + 1 < √đ?‘˜ 2 + 2đ?‘˜ + 1 quadrando si avrebbe k < √đ?‘˜ 2 + 1 < đ?‘˜ + 1. Essendo ricompreso tra due interi successivi il numero √đ?‘˜ 2 + 1 non puo’ essere intero. Quando il numero k e’ un razionale improprio non intero le cose si complicano alquanto. Fuori dall’ipotesi h +đ?‘˜ = đ?‘›, cioe’ intero che pure conduce ad un caso attinente con le terne â„Ž+đ?‘˜ =đ?›ź pitagoriche e’ possibile ricondursi al caso {â„Ž − đ?‘˜ = đ?›˝ = 1 đ?›ź

e quindi allo studio

dell’equazione nell’indeterminata đ?›ź del tipo đ?›ź 2 − 2đ?›ź − 1 = 0 đ?‘‘đ?‘Ž đ?‘?đ?‘˘đ?‘– đ?›ź = đ?‘˜ + √đ?‘˜ 2 + 1 dovendo considerarsi la sola soluzione positiva con k> 1. Ma nei termini piu’ generali (per đ?‘› ≼ 2) il vincolo imposto (h e k sono razionali positivi impropri, quindi maggiori dell’unita’) deve essere rafforzato da una ulteriore considerazione cioe’ che h e k abbiano il medesimo denominatore.

đ?‘›

đ?‘&#x;đ?‘›

đ?‘›

đ?‘›

Infatti da h = √1 + đ?‘˜ đ?‘› = √1 + đ?‘ đ?‘› = √

đ?‘ đ?‘› +đ?‘&#x; đ?‘› đ?‘ đ?‘›

đ?‘›

=

√đ?‘ đ?‘› +đ?‘&#x; đ?‘› đ?‘

.

Per n = 2 le soluzioni vanno ricercate tra le coppie (h, k) di razionali impropri aventi il medesimo denominatore. 2

In questo caso la complicazione nasce dal fatto che se icto oculi √đ?‘˜ 2 e’ razionale quando 2

4

lo e’ k. Ma potrebbe essere √1 + đ?‘˜ 2 razionale per k razionale. Ad esempio per k = 3 . In altri termini dato k, con i vincoli posti si ottiene đ?›ź = đ?‘˜ + √đ?‘˜ 2 + 1 . Se đ?›ź e’ intero o razionale allora si ottiene h atteso che da â„Ž + đ?‘˜ = đ?›ź đ?‘ đ?‘– đ?‘&#x;đ?‘–đ?‘?đ?‘Žđ?‘Łđ?‘Ž â„Ž = đ?›ź − đ?‘˜ .


La relazione di collegamento tra la terna pitagorica (đ?›˝, đ?›ž, đ?›ż) đ?‘‘đ?‘– đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘– e la coppia (h, k) e’ del tipo h =

� �

ek=

� �

�< �< � . Si e’ posto siano �, �, � tre naturali tali che { 2 . � + �2 = �2

Sviluppi Per il caso n = 2 occorre verificare se e’ possibile dire come si determinano i k razionali tali che √đ?‘˜ 2 + 1 . Per il caso n > 2 đ?‘œđ?‘?đ?‘?đ?‘œđ?‘&#x;đ?‘&#x;đ?‘’ partire dalla condizione che sia h > đ?‘˜ > 1 e che i denominatori đ?‘Ž

siano eguali, indicati con l’intero b, per evidenziare che quando k = đ?‘? allora il numero đ?‘›â‰Ľ2

√đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› non puo’ essere intero .

Ritornando al caso n = 2 occorre considerare l’evenienza che √1 + đ?‘Ľ 2 sia razionale non intero quando x sia razionale non intero ed improprio. Se si ammette √1 + đ?‘Ľ 2 =

đ?‘š đ?‘›

quando m ed n sono interi e primi tra loro ed ulteriormente

risulta m > đ?‘›. đ?‘š

Infatti, elevando al quadrato si avrebbe 1 + đ?‘Ľ 2 = ( đ?‘› )2 ed anche 1 + đ?‘Ľ 2 =

đ?‘š2 đ?‘›2

In termini equivalenti si ha đ?‘›2 + đ?‘›2 đ?‘Ľ 2 = đ?‘š2 e quindi đ?‘›2 (1 + đ?‘Ľ 2 ) = đ?‘š2 . Traspare l’evidenza che deve essere (1 + đ?‘Ľ 2 ) ∉ đ?‘ . E posto 1 + đ?‘Ľ 2 ∈ đ?‘„ positivi maggiori di 1. Da 1 + đ?‘Ľ 2 = đ?›ź si ricava immediatamente (e considerando il solo valore positivo) che đ?‘Ľ = đ?‘š2 −đ?‘›2 đ?‘›2

√đ?›ź − 1 o, equivalentemente, che đ?‘Ľ = √

=

√đ?‘š2 −đ?‘›2 đ?‘›

.

Occorre concentrarci con l’espressione al numeratore √đ?‘š2 − đ?‘›2 puo’ essere riscritta come m = đ?‘› + đ?‘Ą avendo √đ?‘š2 − đ?‘›2 = √(đ?‘› + đ?‘Ą)2 − đ?‘›2 = √đ?‘›2 + 2đ?‘›đ?‘Ą + đ?‘Ą 2 − đ?‘›2 = √2đ?‘›đ?‘Ą + đ?‘Ą 2 . Occorre, quindi, verificare per quali valori di n e di t interi il numero √2đ?‘›đ?‘Ą + đ?‘Ą 2 e’ un intero. Si puo’ osservare che m = đ?‘› + đ?‘Ą đ?‘’ đ?‘žđ?‘˘đ?‘–đ?‘›đ?‘‘đ?‘– đ?‘Ą = đ?‘š − đ?‘›. Si puo’ ammettere (se non


esistesse si ricaverebbe una contraddizione‌.. ) che sia

√2đ?‘›đ?‘Ą + đ?‘Ą 2 = đ?‘? | đ?‘? ∈

đ?‘ đ?‘?đ?‘’đ?‘&#x; đ?‘žđ?‘˘đ?‘Žđ?‘™đ?‘?â„Žđ?‘’(đ?‘›, đ?‘Ą) đ?‘‘đ?‘– đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘–. In altri termini sarebbe đ?‘Ą 2 + 2đ?‘›đ?‘Ą − đ?‘? 2 = 0 da cui risolta rispetto a t si ha t = −2đ?‘›Âąâˆš4đ?‘›2 +4đ?‘?2 2

= −đ?‘› Âą 2√đ?‘›2 + đ?‘? 2 . Tra le due radici puo’ essere considerata accettabile la

sola soluzione positiva cioe’ t = 2√đ?‘›2 + đ?‘? 2 − đ?‘› > 0. Per la restrizione su n e su b (per ipotesi interi) deve essere √đ?‘›2 + đ?‘? 2 intero. Si osservi che đ?‘› = đ?‘? non verifica le condizioni del problema in quanto n√2 non e’ ovviamente intero e neppure razionale. Puo’ essere studiato il caso sia đ?‘? = â„Žđ?‘› cioe’ sia b multiplo di n secondo l’intero h. In questo caso sarebbe √đ?‘›2 + đ?‘? 2 = √đ?‘›2 + (đ?‘›â„Ž)2 = √đ?‘›2 (1 + â„Ž2 ) = đ?‘›âˆš1 + â„Ž2 . tale caso conduce ad una assurdita’ in quanto √1 + â„Ž2 non puo’ essere intero (in realta’ e’ irrazionale) quando h e’ intero. In definitiva đ?‘›âˆš1 + â„Ž2 ∉ đ?‘ ∀ℎ | â„Ž ∈ đ?‘ . E’ pero’ possibile scrivere b = đ?›źđ?‘› | đ?›ź ∈ đ?‘„ + đ?‘šđ?‘Ž đ?‘›đ?‘œđ?‘› đ?‘–đ?‘›đ?‘Ąđ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ. In questo caso si ha √đ?‘›2 + đ?‘? 2 = √đ?‘›2 + (đ?‘›đ?›ź)2 = √đ?‘›2 (1 + đ?›ź 2 ) = đ?‘›âˆš1 + đ?›ź 2 . Si ammetta √1 + đ?›ź 2 =

� �

con u e v interi e primi tra di loro.

Affinche’ đ?‘›âˆš1 + đ?›ź 2 sia intero occorre che n sia un multiplo di v o che sia n= đ?‘Ł . Gli sviluppi impongono di concentrarsi sul caso √đ?‘›2 + đ?‘? 2 razionale. Tale evenienza e’ impossibile in quanto √đ?‘›2 + đ?‘? 2 puo’ essere intero oppure irrazionale. E’ dovuta a Euler la riflessione che consente di evidenziare le condizioni affinche’ tre numeri interi costituiscano una terna pitagorica. introdurre una dimostrazione alternativa.

Al momento non mi e’ dato di


Vorrei limitarmi ad introdurre la condizione affinche’ due interi, detti n ed đ?‘› + đ?‘Ž, possano appartenere ad una terna pitagorica. Devono esistere due interi n e a tali che risulti √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 −đ?‘› un numero intero . Si osservi che 2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 puo’ essere un quadrato perfetto ma 2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 ≠(đ?‘› + đ?‘Ž)2 . A questa conclusione di puo’ agevolmente pervenire con le argomentazioni seguenti. Siano i numeri interi đ?‘›, đ?‘› + đ?‘Ž đ?‘’ đ?‘› + đ?‘? tre interi che costituiscono una terna pitagorica, cioe’ risulti vera la relazione đ?‘›2 + (đ?‘› + đ?‘Ž)2 = (đ?‘› + đ?‘?)2 . Sviluppando i quadrati e semplificando si ottiene đ?‘? 2 + 2đ?‘›đ?‘? = (đ?‘› + đ?‘Ž)2 da cui đ?‘? 2 + 2đ?‘›đ?‘? − (đ?‘› + đ?‘Ž)2 = 0 . Tale relazione puo’ essere considerata come una equazione di secondo grado nella indeterminata b da studiare in N, quindi considerando le sole soluzioni intere e positive. Da b = −đ?‘› Âą √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 , per la limitazione alle soluzioni positive e intere deve ammettersi accettabile solo đ?‘? = √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 −đ?‘› . Alcuni sviluppi hanno poco pregio. Infatti, si puo’ porre (n , đ?‘› + đ?‘Ž, đ?‘› + đ?‘?) ≥ (đ?›ź, đ?›˝, đ?›ž) e quindi risulta per sostituzione che đ?›ž = √2đ?›ź 2 + 2(đ?›˝ − đ?›ź)đ?›ź + (đ?›˝ − đ?›ź)2 . Tale relazione e’ testata valida per la terna (3, 4, 5) come e’ facile verificare. Tale relazione e’ verificabile in via generale elevando al quadrato ambo i membri ed ottenendo đ?›ž 2 = đ?›ź 2 + đ?›˝ 2 . Ma il problema va trattato differentemente, ovvero studiando per quali interi (a, n) đ?‘–đ?‘™ đ?‘›đ?‘˘đ?‘›đ?‘’đ?‘&#x;đ?‘œ √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 sia intero. Assegnare n significa avere un lato intero. Dato n deve ritenersi che l’eventuale n | √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2 sia intero deve essere unico. Ricavato tale a si ha anche la misura del secondo lato. La misura intera del terzo lato (ipotenusa) e’ √2đ?‘›2 + 2đ?‘Žđ?‘› + đ?‘Ž2


Mi limito ad una osservazione ancora abbastanza insoddisfacente per la quale due numeri interi a e b interi sono le misure dei cateti di un triangolo rettangolo pitagorico, avente i tre lati đ?‘? đ?‘Ž

interi se = đ?‘˜ > 1 se e solo se √đ?‘˜ 2 + 1 e’ un numero razionale. Tra i numeri k ed h sussiste una relazione ricavabile ricordando che (đ?‘˜ + đ?‘ž)2 − đ?‘˜ 2 = 1 đ?‘?đ?‘œđ?‘›đ?‘‘đ?‘˘đ?‘?đ?‘’ đ?‘Ž đ?‘˜ 2 + 2đ?‘˜đ?‘ž − 1 = 0 che, assunto q incognito, conduce dopo banali passaggi a q= √đ?‘˜ 2 + 1 −đ?‘˜, tenendo conto che deve considerarsi la sola soluzione positiva. Una ulteriore parziale riflessione attiene al caso della impossibilita’ di soluzioni intere per l’equazione di Fermat in un caso molto particolare. Infatti, ammesso che (a, b, c) sia una terna pitagorica, ovvero che per i tre assegnati interi sia vera la relazione đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘? 2 non puo’ essere vera la relazione đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› = đ?‘? đ?‘› quando đ?‘› ≼ 3. Infatti dalla relazione đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘? 2 e’ possibile considerare le tre seguenti relazioni, ottenute đ?‘Žđ?‘›+1 + đ?‘Žđ?‘› đ?‘? 2 = đ?‘Žđ?‘› đ?‘? 2 moltiplicando ambo i membri, rispettivamente per đ?‘Ž , đ?‘? , đ?‘? risulta { đ?‘? đ?‘› đ?‘Ž2 + đ?‘? đ?‘›+1 = đ?‘? đ?‘› đ?‘? 2 . đ?‘? đ?‘› đ?‘Ž2 + đ?‘? đ?‘› đ?‘?2 = đ?‘? đ?‘›+1 đ?‘›

đ?‘›

đ?‘›

Per dimostrare che đ?‘Žđ?‘›+1 + đ?‘? đ?‘›+1 ≠đ?‘? đ?‘›+1 e’ necessario e sufficiente dimostrare che đ?‘Žđ?‘› đ?‘? 2 + đ?‘? đ?‘› đ?‘Ž2 + đ?‘? đ?‘› đ?‘Ž2 + đ?‘? đ?‘› đ?‘? 2 ≠đ?‘Žđ?‘› đ?‘? 2 + đ?‘? đ?‘› đ?‘? 2. A questo punto si puo’ raccogliere opportunamente a fattore comune scrivendo đ?‘? 2 (đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› ) + đ?‘Ž2 (đ?‘? đ?‘› + đ?‘? đ?‘› ) ≠đ?‘? 2 (đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› ) . Tale diseguaglianza e’ vera in quanto se (a, b, c) costituiscono una terna pitagorica allora (ka, hb, tc) costituisce una terna pitagorica se e solo se đ?‘˜ = â„Ž = đ?‘Ą interi assoluti diversi da 0. Quindi đ?‘Žđ?‘›+1 + đ?‘? đ?‘›+1 ≠đ?‘? đ?‘›+1 e’ vera. A titolo esemplificativo dalla relazione đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘? 2 e’ possibile considerare le tre seguenti relazioni, ottenute moltiplicando ambo i membri, rispettivamente per a b,c

risulta

đ?‘Ž3 + đ?‘Žđ?‘? 2 = đ?‘Žđ?‘? 2 {đ?‘?đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘?đ?‘? 2 . đ?‘?đ?‘Ž2 + đ?‘?đ?‘? 2 = đ?‘? 3 Per dimostrare che đ?‘Ž3 + đ?‘? 3 ≠đ?‘? 3 e’ necessario e sufficiente dimostrare che ađ?‘? 2 + đ?‘?đ?‘Ž2 + đ?‘?đ?‘Ž2 + đ?‘?đ?‘? 2 ≠đ?‘Žđ?‘? 2 + đ?‘?đ?‘? 2 . A questo punto si puo’ raccogliere opportunamente a fattore comune scrivendo


đ?‘? 2 (a+c) + đ?‘Ž2 (đ?‘? + đ?‘?) ≠đ?‘? 2 (đ?‘Ž + đ?‘?) . Tale relazione e’ vera quindi đ?‘Ž3 + đ?‘? 3 = đ?‘? 3 e’ falsa quando (a, b,c) sono membri di una terna pitagorica. Si tratta di una sorta di ovvieta’ equivalente ad affermare che đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘? 2 vera essendo a, b, c tre interi assoluti implica che per essi đ?‘Žđ?‘› + đ?‘? đ?‘› = đ?‘? đ?‘› quando n ≼ 3 . Ma c’e’ un caso alquanto complesso nel quale i numeri (a, b, đ?œ‡) non costituiscono una terna pitagorica, essendo a e b due interi e đ?œ‡ intero, razionale non intero od anche irrazionale ma tale che đ?œ‡2 non sia il quadrato di un intero. Dato đ?œ‡ reale esiste sicuramente un intero c | c < đ?œ‡ | c > đ?‘ ∀đ?‘ < đ?œ‡ . Allora si puo’ scrivere che đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = (đ?‘? + đ?‘Ľ)2 da cui si ha đ?‘Ž2 + đ?‘? 2 = đ?‘? 2 + 2đ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘Ľ 2 . Moltiplicando ordinatamente i due membri di tale relazione per a, b e c rispettivamente si ha đ?‘Ž3 + đ?‘Žđ?‘? 2 = đ?‘Žđ?‘? 2 + 2đ?‘Žđ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘Žđ?‘Ľ 2 il seguente sistema di eguaglianze {đ?‘Ž2 đ?‘? + đ?‘? 3 = đ?‘?đ?‘? 2 + 2đ?‘?đ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 Sommando membro a đ?‘Ž2 đ?‘? + đ?‘? 2 đ?‘? = đ?‘? 3 + 2đ?‘? 2 đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 membro si ha đ?‘Ž3 + đ?‘? 3 + đ?‘Žđ?‘? 2 + đ?‘Ž2 đ?‘? + đ?‘Ž2 đ?‘? + đ?‘? 2 đ?‘? = đ?‘? 3 + 2đ?‘? 2 đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 + đ?‘Žđ?‘? 2 + 2đ?‘Žđ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘Žđ?‘Ľ 2 + đ?‘?đ?‘? 2 + 2đ?‘?đ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 .

Affiche’ fosse đ?‘Ž3 + đ?‘? 3 = đ?‘? 3 dovrebbe risultare đ?‘Ž2 (đ?‘? + đ?‘?) + đ?‘? 2(a+đ?‘?) =

2đ?‘? 2 đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 + đ?‘Žđ?‘? 2 + 2đ?‘Žđ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘Žđ?‘Ľ 2 + đ?‘?đ?‘? 2 + 2đ?‘?đ?‘?đ?‘Ľ + đ?‘?đ?‘Ľ 2 . In altri termini occorre dimostrare che l’equazione (a+đ?‘? + đ?‘?)đ?‘Ľ 2 + 2đ?‘?(a+đ?‘?)đ?‘Ľ + đ?‘Žđ?‘? 2 + đ?‘?đ?‘? 2 −đ?‘Žđ?‘?2 − đ?‘Ž2 đ?‘? − đ?‘Ž2 đ?‘? − đ?‘? 2 đ?‘? = 0 non ha soluzione positiva sotto la conduzione c < đ?‘Ž + đ?‘? dovendo la radice positiva non intera essere tale che đ?‘? − đ?‘Ž − đ?‘? < đ?‘Ľ < đ?‘? + đ?‘Ž − đ?‘? . Tali argomentazioni andranno opportunamente riviste. Ulteriore questione e’ lo studio della condizione per la quale un triangolo qualunque abbia i lati interi. Risulta evidente che non esiste un triangolo qualunque i cui lati sono interi e di misura eguale ai membri di una terna pitagorica. Neppure puo’ esistere un triangolo i cui lati siano le ipotenuse di due terne pitagoriche ed il terzo lato la somma dei lati (cateti) di terne pitagoriche risultando intera l’altezza riferita al lato la cui misura fosse la somma dei cateti di due terne aventi eguale un cateto, che non possono esistere.


ALLLEGATO 3 COSTANZA DI UN VETTORE PRODOTTO VETTORIALE DI DUE VETTORI DATI Dati due vettori del piano a= đ?’‚(đ?‘Ą) đ?‘’ đ?’ƒ = đ?’ƒ(đ?‘Ą) il vettore c = c(t) = đ?’‚(đ?‘Ą) Ă— đ?’ƒ(đ?‘Ą) e’ costante se đ?œƒ = đ?œƒ(đ?‘Ą) = đ?‘?đ?‘œđ?‘ đ?‘Ą., essendo đ?œƒ l’angolo orientato tra i vettori a e b sotto l’evidente ulteriore condizione che |đ?’‚(đ?‘Ą)| |đ?’ƒ(đ?‘Ą)| sono costanti nel tempo. Sotto queste condizioni (−1)(a(t)Ă— đ?’ƒ(đ?‘Ą)) = đ?’‚(đ?‘Ą) Ă— đ?’ƒ(đ?‘Ą) dove (−1)(a(t)Ă— đ?’ƒ(đ?‘Ą)) puo’ essere intesa come una rotazione antioraria di đ?œ‹ rad. đ?’‚(đ?‘Ą) Ă— đ?’ƒ(đ?‘Ą)

Il vettore c e’ perpendicolare al piano � che contiene i vettori a e b.


ANTICIPAZIONE DEL PROSSIMO NUMERO

Il prossimo numero di Appunti matematici sara’ dedicato all’analisi vettoriale e al calcolo tensoriale. La copertina sara’ dedicata al matematico tedesco Hermann Günter Grassman, uno degli iniziatori di questa parte delle matematiche.


NOTA LEGALE

Questo saggio non ha, neanche indirettamente, finalita’ commerciali o lucrative. Ne e’ consentita la divulgazione, anche totale, a condizione che essa non abbia finalita’ commerciali o lucrative purche’ essa avvenga con la citazione dell’autore e del soggetto diffusore dell’opera. Non sono ammesse limitazioni alla diffusione dell’opera nello spazio e nel tempo.



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