Irrazionalismo urbano

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Vedo tutti quei solidi, quelle figure geometriche pene di orifizi, quelle cose chiamate comunemente edifici. O anche case e palazzi, dipende da come li vuoi chiamare. Comunque sia li guardo e penso,”Dio se sono brutti”. A guardarli non diresti mai checi abita della gente, eppure. Che dire? L’umanità può apparire un mistero metafisico di quelli grossi se solo la si guarda perun pò coi miei occhi dalla mia postazione. Perchè io mi fisso a un punto tale che gli edifici si spogliano di tutta la loro illusione architettonica per diventare purivalori plastici. Non chiedetemi come faccio, ma vedo palazzi senza più le persone che ci vivono dentro. In pratica li riconducono alla loro inabitabile essenza. Davanti a me si staglia allora uno spazio di immensa e sublime solitudine, di costruzioni depurate di qualunque presenza umana. Anzi di più. Di qualunque forma di vita. Fissandomi sugli edifici deserti, le strade piste, il cielo di petrolio, io quasi mi sento meglio riguardo la mia esistenza. Ed è davvero strano perchè non ce ne sarebbe alcuna ragione. Sapete cosa? Secondo me è che a forza di fissare quel che si vede dalla finestra della mia posizione, comincio a vedere le cose come mi capita di vederle, quel che ne viene fuori è un paesaggio che ispira un senso di

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nobile attesa, serena rasseganzione.

2006

Tommaso Pincio


L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della collettività. Le leggi della sua ricezione sono le piú istruttive. Gli edifici accompagnano l’umanità fin dalla sua preistoria. Molte forme d’arte si sono generate e poi sono morte, ma il bisogno dell’uomo di una dimora è ininterrotto. L’architettura non ha mai conosciuto pause. La sua storia è piú lunga di quella di qualsiasi altra arte. Delle costruzioni si fruisce in un duplice modo: attraverso l’uso e attraverso la percezione.

Nei confronti dell’architettura, quest’ultima determina ampiamente perfino la ricezione ottica. Anch’essa, in sé, avviene molto meno attraverso un’attenta osservazione che non attraverso sguardi occasionali. Questo genere di ricezione, che si è generata nei confronti dell’architettura ha tuttavia, in certe circostanze, un valore canonico. Anche colui che è distratto può abituarsi. Piú ancora: il fatto di poter

In termini piú precisi: in modo tattico e in modo ottico. Non c’è nulla, dal lato tattico che faccia da contropartita di ciò che, dal lato ottico, è costituito dalla contemplazione. La fruizione tattica non avviene tanto sul piano dell’attenzione quanto su quello dell’abitudine.

assolvere certi compiti anche nella distrazione dimostra innanzitutto che per l’individuo in questione è diventata un’abitudine assolverli. Nella distrazione, quale è offerta dall’arte, si può controllare in che misura l’appercezione può assolvere compiti nuovi.

Poiché del resto il singolo sarà sempre tentato di sottrarsi a questi compiti, l’arte affronterà quello piú difficile e piú importante quando riuscirà a mobilitare le masse.

fruizione: l’educazione per a bitudi n e

BENJAMIN

1936

* WALTER


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Negli ultimi trent’anni ho cercato di restituire all’architettura la sua capacità di essere utile, attraverso la citazione di immagini figurative e riconoscibili, prese dallastrada e dalla cultura popolare, e attraverso la creazione di nuove tipologie. Ho cercato di comunicare sorpresa, scoperta, ottimismo, stimolo, originalità. La rottura dell’unità per la frammentazione. Oggi non è più utile alla società, continua ad essere monolitica perché non riflette il pluralismo della società contemporanea, né tantomeno tiene conto delle nuove formedi espressione culturale come la comunicazione. Gli architetti si allontanano dall’esperienza fisica della costruzione

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GAETANO *

PESCE

GAETANO * PESCE La scoperta dei nuovi significati della nostra epoca, avviene attraverso l’azione singola più che col-lettiva e si nutre non tanto dell’appartenenza a un luogo, una regione, un paese, quanto all’esperienza simultanea di contesti culturali diversi, antagonisti.

Materia & Differenza | 2007


INVISIBILI

1972

LE CITTA’

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E’ inutile stabilire se un centro sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri, e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati

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Ma la città non dice il tuo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, o segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.


# CITTA’

MEMORIA

La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per ne è perso e non ne esce, una è la città in cui s’arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare:

ognuna merita un nome d iv e r s o

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Talvolta città diverse si succedono sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome, nascono e muoiono senza essersi conosciute, incomunicabili tra loro. Alle volte anche i nomi degli abitanti restano uguali, e l’accento delle voci, e persino i lineamenti delle facce; ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei. E’ vano chiedersi se essi siano migliori o peggiori degli antichi, dato che esiste tra loro nessun rapporto.

Così come le vecchie cartoline non rappresentano la città com’era, ma un’altra che per caso si chiamava allo stesso modo.


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