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Daniel Pennac Monsieur Malaussène: colpevole anche al cinema

Medimex 2013 La musica al Salone dell’innovazione

Bit Connection! La digitalizzazione cambia le regole del mercato culturale



06 Uniba come Yale – L’Ateneo barese su iTunes U 08 Destinazione: mondo – L’Uniba alla Fiera di Mosca 10 Meeting del Volontariato a Bari – Una Rete non virtuale per costruire il futuro 12 Professione: operatore culturale – L’Università al Medimex 13 FAQ – Frequent Academic Questions

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Mondo del lavoro – Idee vincenti, fiducia in se stessi e capitale di base Discovering Puglia Le ricette di Cucina Mancina – Frittata di sole

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Franzen, Eggers e l’apocalisse imminente Vendere libri nell’epoca del web – La Scuola Librai Italiani Book Geeks – Digitali si nasce, interattivi si diventa Aerei di carta

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Quando l’abito fa l’artista– Le passeggiate in costume di Wallenberg

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«Cut!»: nessun confine fra arte e vita – Il cinema di Naderi L’altra metà del cinema – Visioni di genere L’inconscio in un’inquadratura distorta – Torna ‘Sentieri nel cinema’ Giovani sguardi in/quieti – Ragazzi e Cinema: due mondi a confronto Visioni a confronto – Il signor Malaussène Pennac, Dostoevskij e Servillo a teatro – La nuova stagione del Comune di Bari

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Speciale Medimex – Intervista ad Antonio Princigalli Speciale Medimex – Alessio Bertallot, la fine dei supporti e la sua web-radio Speciale Medimex – Il mercato musicale e la sfida della digitalizzazione Time Zones 2013 – Elegia della contaminazione L’istante prima dell’azione – Intervista a Emidio Clementi dei Massimo Volume


Il futuro della cultura? Più tempo per il puro piacere

Editoriale #004

Sebbene le statistiche ci indichino una sua progressiva diminuzione, il digital divide sta semplicemente subendo un radicale cambiamento. In un mondo in cui l’accesso alla Rete è ormai un obbligo inevitabile e la condivisione delle proprie esperienze una pratica ineluttabile (per decisione propria ma più spesso altrui), il divario digitale ha assunto una nuova accezione e tende a creare una inedita contrapposizione: quella tra chi è perennemente (e felicemente) connesso e chi ritiene che sia la vita a dover prendere le distanze da questo nefasto concetto di progresso. Eppure una terza via è ancora possibile, almeno nelle dinamiche del mercato culturale: quella per cui le buone pratiche analogiche e le accelerazioni digitali possono trovare un modello di interazione che metta al centro le necessità e i desideri delle persone. Il music business è quello che fino ad ora sta facendo da apripista e che – nel bene e nel male – sta tracciando la strada anche per la fruizione di arti differenti. La progressiva dematerializzazione dei supporti, ad esempio, sta velocemente portando ad una crescita esponenziale dei consumi di file digitali, ma allo stesso tempo ha fatto rinascere una nicchia di mercato in cui l’acquisto di album in vinile unisce la bellezza di un artwork in grande formato al download gratuito del disco in mp3. Anche il mercato dei libri sembra poter seguire la stessa sorte, provando a unire la praticità del formato ePub alla sublime ruvidezza della carta. Ma se l’acquisto di un volume è ancora una pratica irrinunciabile per molti lettori, lo stesso non può dirsi per tanti fedeli ascoltatori. Ma quindi cosa cambia? La modalità e la velocità di fruizione. Perché un disco lo ascolti in meno di un’ora, mentre un libro può rapirti per settimane. E allora la ricerca della terza via che riduca il nostro digital divide sta tutta nel ridare valore ai materiali culturali che decidiamo di avvicinare. Perché, oggi più che mai, è davvero necessario fuggire dall’inutile pratica dell’accumulo, dalla frettolosità del consumo, dalla mediocrità dell’accontentarsi. Bisogna riappropriarsi del puro piacere, di quella serena pratica edonistica che può farci discerne cosa vale la pena leggere/ascoltare/vedere. Si deve tornare alla curiosità della scoperta ed al giusto tempo per assaporarla, per tutto il resto può bastare un click. Michele Casella


Per un cultura irrituale La conoscenza non si accorge se chi si accosta sia ricco o povero: è consenziente verso chiunque la corteggi. Così come la cultura non può mai essere di parte: è di tutti e per tutti coloro che la vogliono frequentare. La cultura non fa paragoni, non è invidiosa, non si ingelosisce se un giorno si preferisce un bel libro di poesie rispetto a uno spettacolo dal vivo, una commedia al posto di una tragedia, una visita a un museo piuttosto che a un sito culturale. Per questo si dice che la cultura è libera e ti libera. Non ci sarà mai nessuna legge che possa riuscire a normare la fruizione della cultura da parte delle persone. Perché ciò che più ci attira della creatività culturale è la sua atipicità, il suo anticonformismo, la sua irritualità. I capi di governo o di partito hanno sempre pensato di contenere tale vivacità nei registri delle loro ideologie distruggendo ogni apporto estraneo alla propria “logica”: per questo aveva ragione Gilbert Keith Chesterton quando diceva che a differenza del poeta che cerca di mettere la testa in cielo, «il logico cerca di mettere il cielo dentro la propria testa», con il rischio – come la storia ci ha sempre testimoniato lungo i secoli – di spaccarsela. Ma nonostante questo c’è chi – ancora ai giorni nostri – pensa di poter riuscire a indurre l’uomo a credere in qualcosa che, per sua natura, non può mai essere creduto ma solo sperimentato liberamente. Come se si potesse costringere un bambino a leggere: ci siete mai riusciti? Eppure quando un ragazzo scopre la lettura, si apre un mondo, una bellezza che lo condurrà verso i campi ignoti ma sempre vivi della letteratura di ogni luogo e di ogni tempo. E l’esperienza della lettura diventerà all’unisono un’esperienza della libertà. Che vadano via, allora, i costrittori della cultura, gli organizzatori del tempo libero: con loro potremo assistere solo all’ennesima grande marcia della distruzione intellettuale, come avvenuto nei regimi totalitari europei del XX secolo dalla Spagna all’Unione sovietica: per realizzare i loro tentativi assolutistici – e pertanto nichilisti – hanno dovuto minare le fondamenta del sapere distruggendo la memoria dei popoli. Non di una nuova ideologia ha bisogno l’uomo di oggi, ma di uomini veri che siano capaci di utilizzare il loro tempo da protagonisti della storia. Paolo Ponzio

REDAZIONE 
Michele Casella Direttore Responsabile 
Paolo Ponzio Direttore Editoriale Carlotta Susca Caporedattrice Cristò Chiapparino Caporedattore
 Irene Casulli Fashion Editor DIREZIONE CRETIVA Vincenzo Recchia Creative Director Giuseppe Morea Multimedia Developer Baseneutra Copertina COMITATO SCIENTIFICO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ‘ALDO MORO’ Angela Carbone, Marina Castellaneta, Grazia Distaso, Giuseppe Elia, Daniele Maria Pegorari, Ines Ravasii, Annarita Taronna, Paola Zaccaria, Giovanna Zaccaro. MANDACI I TUOI RACCONTI BREVI scritture@ipool.it PER COLLABORARE SCRIVICI A academy@ipool.it PARTNER Gianfrate.com

COLLABORATORI Nicolò Aurora Maddalena Candeliere Bianca Chiriatti Daria D’Acquisto Stella Dilauro Antonella Di Marzio Enrico Godini Leonardo Gregorio Gabriella Indolfi Antonella Mancini Lello Maggipinto Valeria Martalò Claudia Morelli Michela Panìco Lorena Perchiazzi Laura Rizzo Luca Romano Serena Sasanelli Marianna Silvano Monica Tarricone Gianfilippo Tribuzio Marilù Ursi 
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Uniba come Yale L’Ateneo barese su iTunes U a cura di Lorena Perchiazzi Anche l’Università di Bari è entrata a far parte di iTunes U, la piattaforma Apple dedicata al mondo dell’istruzione che vede il coinvolgimento di prestigiose scuole e atenei di tutto il mondo. Bari è la prima città della Puglia e la seconda del Mezzogiorno ad aprirsi uno spazio nel circuito iTunes U dopo l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’.

Collegati alla piattaforma iTunes di Uniba http://bit.ly/1cn21uj

Di cosa si tratta? Lanciato nel maggio 2007, iTunes U è il portale che permette agli studenti e a tutti gli utenti del web di scaricare gratuitamente podcast audio e video di lezioni, corsi, seminari, convegni, laboratori, conferenze, cerimonie, mostre e concerti tenuti nelle strutture dell’Ateneo: uno strumento indispensabile per avere sempre a portata di mano le informazioni più aggiornate e ottenere il massimo da ogni lezione. Ma non è tutto: il portale conterrà anche notizie riguardanti le iscrizioni e l’orientamento, oltre a materiale didattico come testi, slide, progetti di ricerca dei dipartimenti, ossia tutto il materiale prodotto dai diversi corsi di studio, master e dottorato delle diverse aree scientifico-disciplinari. Tra le centinaia di università e scuole già presenti sulla piattaforma ci sono la Bocconi, la LUISS,

l’Università di Pisa, e poi Stanford, Yale, il MIT, Oxford e la UC Berkeley, oltre a istituzioni prestigiose come il MoMA e la New York Public Library. Scaricando l’applicazione gratuita sul proprio computer, tablet o smartphone, non necessariamente Apple, gli studenti possono sfogliare e scaricare materiali didattici e prodotti culturali su moltissimi argomenti e in diversi formati, creando una piccola mediateca personale: con un semplice clic si potrà riascoltare l’ultima lezione o rivedere una presentazione, per essere sicuri di non aver perso nemmeno una virgola. «Eventi, convegni, seminari, mostre, concerti, presentazione di testi, lezioni, corsi, laboratori, insieme a materiale didattico e di orientamento saranno disponibili sul portale e fruibili da tutti», ha spiegato l’ex Magnifico Rettore Corrado Petrocelli, «anche nell’ottica di quella trasparenza e divulgazione del sapere da tempo perseguite dall’Università di Bari». Unicum nell’ambito della trasmissione e comunicazione in Internet, il portale iTunes U ospiterà tutti i materiali utili alla didattica e all’orientamento, nonché informazioni relative alla vita e alla città universitaria, slide didattiche e testi e materiale d’archivio. Ogni


contenuto sarà collocato secondo una struttura dinamica all’interno della quale poter ordinare i contenuti e verrà sottoposto a un lavoro di postproduzione e di controllo legale prima di essere immesso sulla piattaforma on line. Alcuni contenuti sono già visibili: si tratta per esempio delle lectiones tenute nel nostro Ateneo da Vinicio Capossela e Nanni Moretti e di mini-video di presentazione dei corsi di studio. Il tutto è stato e verrà realizzato grazie a uno staff tecnico coordinato dal dottor Mario De Zio, di cui fanno parte il dottor Ugo Putignano come Project Manager, il professor Paolo Ponzio come supervisore dei contenuti nei confronti di Apple Inc., la dottoressa Pasqua Rutigliani, dirigente del dipartimento ‘Risorse umane e organizzazione’, e la dottoressa Lucrezia Sacco, responsabile del video digital editing e del montaggio oltre che della sottotitolazione dei video in lingua inglese. La piattaforma iTunes U si rivela dunque fondamentale per promuovere una nuova didattica più partecipativa e per fornire all’università la possibilità di aumentare il riconoscimento internazionale dei suoi corsi. «Si tratta di un progetto fortemente voluto e condiviso che sarà

particolarmente importante per il nostro Ateneo», sostiene infatti il nuovo Rettore Antonio Felice Uricchio, «dato che iTunes U coinvolge nella sua rete anche delle strutture straniere di un certo peso nella realtà internazionale: un’opportunità unica per il nostro Ateneo di farsi conoscere e di porsi sullo stesso piano delle più prestigiose università mondiali». Il portale iTunes U dell’Università di Bari risulta ancora semplice nell’impostazione, ma non si tratta di noncuranza: saranno gli stessi studenti a realizzare l’impostazione grafica dell’interfaccia grazie a un concorso di idee rivolto a tutti gli iscritti. Per sviluppare le loro proposte, gli studenti avranno a disposizione trenta giorni a partire dalla data di emissione del bando (che attualmente è in fase di scrittura), dopodiché una commissione preposta ad hoc valuterà i progetti presentati; gli autori dei tre migliori progetti riceveranno in premio un tablet, mentre il primo classificato verrà esonerato dal pagamento delle tasse universitarie relativamente all’anno accademico 2013-2014.


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Destinazione: mondo L’Uniba alla Fiera di Mosca a cura di Gabriella Indolfi Il 19 e il 20 ottobre si è tenuta a Mosca e San Pietroburgo la seconda edizione annuale della fiera Учись в Италии! –Studiare in Italia, l’unico evento russo completamente dedicato alla formazione di studenti nel nostro Paese. La manifestazione, realizzata per la prima volta con grande successo nel 2012 a Kazan con una partecipazione di oltre 1.250 giovani, crea l’occasione di confrontarsi contemporaneamente con le più prestigiose istituzioni formative italiane: dalle università statali a quelle private accreditate, dalle scuole di arte e design a quelle di Lingua italiana. La seconda edizione della Fiera è stata resa possibile grazie alla collaborazione dell’associazione internazionale ‘Studies & Careers’, con il sostegno degli Istituti Italiani di Cultura di Mosca e San Pietroburgo. Tra le tantissime realtà di formazione italiane invitate a partecipare, anche la nostra Università ha avuto la possibilità di presentare il proprio programma pensato per gli studenti russi. Per saperne di più, abbiamo chiesto a Paolo Ponzio, delegato alla comunicazione dell’Università degli Studi di Bari, di raccontarci con maggiori dettagli l’esperienza della seconda edizione di Studiare in Italia.

Quali offerte propone l’Università degli Studi di Bari ai giovani russi? Abbiamo presentato agli studenti russi l’intera nostra offerta formativa, composta da più di 110 corsi di Laurea. Se avesse a disposizione solo una parola per spiegare perché scegliere l’Università di Bari, quale userebbe? Sicuramente userei la parola ‘accoglienza’. Siamo uno degli Atenei più aperti al territorio e al mondo dei giovani, attraverso molteplici iniziative. Che tipo di risposta c’è stata da parte degli studenti russi? Ci sono stati più di 2.000 studenti nel corso dei due appuntamenti realizzati a Mosca e a San Pietroburgo. Al nostro desk sono arrivati circa 200 studenti che ci hanno lasciato i loro dati e con i quali, ora, rimarremo in contatto per iniziare un rapporto che spero si potrà concretizzare in una loro iscrizione nella nostra Università. La Puglia è ai primi posti tra le località turistiche preferite dagli italiani e dagli stranieri, nonostante la presenza di alcuni ‘mostri’, l’Ilva in primis, che lasciano ben poche speranze di progresso ambientale. Quanto il dialogo interculturale può aiutare la nostra regione a sviluppare gli ‘anticorpi’ giusti per contribuire alla crescita dell’Italia in Europa?


Nella pagina a fianco: Mario Colonna (al centro) e Paolo Ponzio (a destra) in Russia per la Fiera Studiare in Italia. In questa pagina, in alto: Paolo Ponzio allo stand di Uniba. Sotto: Mario Colonna

Il dialogo interculturale non è un discorso astratto: si realizza attraverso azioni comuni e linguaggi comuni. La prima azione è quella del riconoscimento. Senza un riconoscimento reciproco, delle proprie identità, delle proprie tradizioni e della propria storia, non potrà sorgere un dialogo proficuo tra le popolazioni europee ed extraeuropee. Per cui accoglienza – come prima si diceva – e riconoscimento costituiscono i primi ‘anticorpi’ per uno sviluppo sincero e costruttivo. In Puglia (anche grazie al progetto Bollenti Spiriti) sono tante le giovani menti che r-innovano la nostra regione, ma anche tanti i cervelli che continuano a migrare verso altre università e città con più prospettive lavorative. Come può la nostra Università creare maggiori opportunità affinché i giovani laureati possano scegliere di restare? Bollenti Spiriti è stato un progetto interessantissimo per saggiare le capacità dei nostri giovani. Dovremmo continuare su questa strada cercando di sviluppare sempre più azioni di sistema, azioni di rete, nelle quali l’Università potrà assumere un ruolo non di secondo piano. In questi ultimi cinque anni, il nostro Ateneo ha varato più di venti spin off, e una quantità considerevole di progetti internazionali nei vari ambiti scientifici.

Il nuovo decreto per la ripartizione dei puntiorganico tra gli atenei aumenta ulteriormente la forbice tra le università del Nord e quelle del Sud. Come si difende il nostro Ateneo? Nella nuova ripartizione dei punti-organico si è tenuto conto di quanto stabilito dall’ultimo decreto ministeriale senza valutare minimamente alcuni parametri di perequazione necessari a ridurre il divario tra Nord e Sud. Il ministro Carozza sembra si sia accorta solo in un secondo momento di tale disparità (la ‘sua’ Scuola Sant’Anna ha ricevuto giusto il doppio dei punti-organico rispetto all’anno scorso…) e ha promesso una ridistribuzione più equa, ma non si sa ancora come né quando… Così non si potrà andare avanti e purtroppo rimane il dubbio che si voglia spaccare il Paese e il sistema universitario facendo delle università del meridione delle ‘Teaching University’. Gli scambi interculturali affascinano gli studenti italiani: si pensi all’esperienza Erasmus, che ogni anno vede una notevole partecipazione studentesca, o ai progetti Aiesec, che creano effettive opportunità di stage all’estero. Quanto è importante per uno studente italiano il confronto con altre realtà culturali? È imprescindibile. Non si può più pensare a una formazione senza internazionalizzazione. Siamo in una società dove anche per trovare lavoro è opportuno avere il mondo come orizzonte.


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Una Rete non virtuale per costruire il futuro Il Meeting del Volontariato a Bari a cura di Claudia Morelli

Nell’era dell’instabilità per eccellenza, l’invito ridondante è quello di non mollare, di stringere i denti e non smettere mai di sperare: in un posto di lavoro, in un Paese migliore, in un po’ di fortuna. Ma sperare non basta, sappiamo tutti che bisogna anche agire. Andando in quale direzione? Una risposta, o più possibili risposte, vengono cercate nel Meeting del Volontariato 2013, che si svolge a Bari il 23 e 24 novembre nella Cittadella Mediterranea della Scienza. L’evento – organizzato dal Centro di Servizio al Volontariato ‘San Nicola’ e giunto alla settima edizione – riunisce diverse organizzazioni che operano nel territorio nazionale, per un totale di 120 stand. Si tratta di una grande occasione di promozione della cultura della solidarietà. L’evento, negli anni, ha attirato l’attenzione dei media e dei cittadini per l’offerta di uno sguardo ampio ma profondo sulla realtà, e per la creazione di una rete ricca di stimoli e di idee, derivante dall’incontro tra importanti personalità, nazionali e locali, legate al mondo dell’associazionismo.

Consulta il programma completo del Meeting http://bit.ly/1e35Neo

Oltre alle iniziative e le esibizioni dei singoli stand, il programma è ricco di dibattiti incentrati sulla tematica della speranza, declinata nei diversi aspetti della vita quotidiana: la famiglia, l’impresa, le istituzioni, la scuola. Con l’incontro inaugurale Quale speranza per l’uomo, oggi?, presieduto da Rosa Franco, Presidente del CSV ‘San Nicola’, il Meeting si propone esso stesso come messaggio positivo,

offrendo come soluzione all’incertezza dei tempi un’unione solidale ed efficace, che non si limiti a un’attesa passiva e rassegnata, ma che si traduca in un atto di rinascita collettiva. La scorsa edizione ha visto particolarmente coinvolto il mondo universitario, con la partecipazione di circa 1.500 studenti, che quest’anno possono trovare interessante il convegno Quale speranza per le istituzioni, che sarà tenuto dal Rettore uscente Corrado Petrocelli e da Raffaele De Cicco, coordinatore dell’ufficio del Servizio Civile Nazionale. L’incontro, moderato da Paolo Ponzio, presidente del Comitato Scientifico del Centro, verte su una tematica attuale: il ruolo della politica e delle istituzioni, in parte causa delle difficoltà odierne. Ma l’obiettivo è di abbandonare il cliché deresponsabilizzante per cui la ‘colpa’ è ‘dei tempi che corrono’, in favore di una presa d’atto costruttiva. Occorre armarsi di intraprendenza, non isolandosi e facendo rete nel mondo della cittadinanza attiva. Un messaggio forte viene lanciato anche dalla mostra L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita, organizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà. Lo spirito autoimprenditoriale deve attivare la capacità ricettiva, per cogliere quell’istante imprevedibile in un momento di recessione, mettendo a frutto la creatività e lo spirito d’iniziativa. La mostra è rivolta soprattutto ai giovani degli anni Zero che, a partire dalla scuola,


iniziano un percorso di formazione permanente. La documentazione mostra le difficoltà a cui è sottoposto un popolo che progetta il suo futuro, attraverso le esperienze di chi si è messo in gioco e ce l’ha fatta, seguendo le innumerevoli strade percorribili, alcune inedite, altre apparentemente improbabili. La capacità di reinventarsi è la soluzione alla crisi nell’epoca della velocità e dell’istantaneità. È previsto anche un piacevole momento di confronto: Associazioni allo sbaraglio è un concorso in cui gli stand gareggeranno con spettacoli e momenti di cabaret, e culminerà con la premiazione dell’associazione vincitrice. Inoltre, la sera del 23 novembre si esibirà la cantautrice biscegliese Erica Mou.

Il Meeting è un insieme di iniziative rivolte ai giovani in cerca di risposte, ma interessante per tutte le fasce d’età (nel programma è previsto anche uno spazio bimbi). L’evento è patrocinato dalla Regione Puglia, la Provincia di Bari, la Provincia Bat, il Comune di Bari e l’Università degli Studi di Bari.


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Professione: operatore culturale L’Università al Medimex a cura di Claudia Morelli

Foto di Hugo Lima per Optimus Primavera Sound 2014

Quando la cultura chiama, l’Ateneo risponde: anche l’Università degli Studi di Bari sarà presente alla terza edizione del Medimex, con il corso di laurea magistrale in Scienze dello spettacolo e produzione multimediale, del dipartimento Lelia. Come ci ha spiegato la professoressa Ines Ravasini, coordinatrice del corso, per gli studenti è un’ottima occasione per conoscere esperti del settore e per cimentarsi in una concreta esperienza lavorativa nel mondo culturale (gli iscritti al corso hanno la possibilità di collaborare all’organizzazione di un evento di grossa portata); inoltre è un modo per promuovere il corso di laurea e consentire alle future matricole di conoscerne l’esistenza. Grazie alla collaborazione tra l’Università e Puglia Sounds, tre studenti del corso di laurea, selezionati per un periodo di stage, parteciperanno al Medimex con lo staff dell’ente regionale. Altri studenti, invece, cureranno lo stand dell’Università che sarà presente alla Fiera, e che nella scorsa edizione si è fatto notare con proiezioni di filmati, opere di street artist, recitazione itinerante e varie altre iniziative. Il corso di laurea, unico in Puglia, prevede un piano di studi incentrato sulle conoscenze, teoriche e pratiche, del teatro, del cinema e della cultura contemporanea. La partecipazione a iniziative esterne, come appunto il Medimex, permette l’integrazione del piano di studi nei settori che vengono approfonditi meno in aula, come quello musicale, in un’ottica che mira alla creazione di

profili di alta competenza e in linea con le esigenze delle aziende culturali. Le occasioni di dialogo offerte dal Medimex, come i face to face con aziende e musicisti internazionali, aprono agli studenti opportunità di collaborazione extrauniversitaria, creando contatti nel mondo lavorativo. La partecipazione attiva a eventi di così grossa portata consente agli studenti di mettere alla prova la propria creatività e capacità d’inventiva. Oltre al Medimex, che si terrà dal 6 all’8 dicembre, Puglia Sounds ha organizzato per il mese di novembre un ciclo di quattro seminari in collaborazione con l’Università. Gli Incontri d’Autore sono così diventati parte delle attività formative del corso di laurea ed hanno presentato alcuni degli aspetti dello spettacolo dal vivo che sono al centro di questo specifico percorso di studi. Un modo sempre più efficace per integrare la realtà universitaria nelle dinamiche del contesto lavorativo internazionale.


FAQ

Frequent Academic Questions a cura di Maddalena Candeliere

Ci sono agevolazioni per gli studenti fuorisede? Cosa: I servizi di alloggio e di mensa universitari sono rivolti agli studenti che ne fanno richiesta. Dove: la sede legale dell’ADISU si trova in via Fortunato, 4/G (tel.: 080 5438111) e in via Amendola, 165 (tel.: 080 5504152); e-mail: info. uniba@adisupuglia.it; info.poliba@adisupuglia.it. Come: è necessario possedere determinati requisiti di reddito e merito consultabili sul bando. Quando: la pubblicazione del bando è prevista per il mese di giugno. Link: web.adisupuglia.it o www.uniba.it > Studenti > Vivere l’Università e la città > Alloggi universitari.

L’UniBa offre la possibilità di svolgere attività di volontariato? Cosa: lo Sportello per il volontariato favorisce l’incontro tra organizzazioni di volontariato (ODV) e aspiranti volontari. Dove: Palazzo Ateneo, Area Disabilità e Servizio Civile (accesso Via Crisanzio). Come: è necessario recarsi in Ateneo oppure rivolgersi al numero 080 5640817. Quando: ogni primo e terzo mercoledì del mese, dalle 9,00 alle 13,00. Link: www.csvbari.com o www.uniba.it > Studenti > Salute e tempo libero > Sportello per il volontariato.

Esiste un sistema on line che faciliti la ricerca bibliografica? Cosa: il SiBA (Sistema Bibliotecario di Ateneo) è un portale che rimanda a siti utili per la ricerca bibliografica. Dove: on line. Come: per usufruire del servizio di ricerca bibliografica bisogna accedere all’apposita pagina web e procedere con la consultazione per cataloghi. Quando: in qualsiasi momento. Link: easyweb.ateneo.uniba.it.

Esiste la possibilità di svolgere tirocini? Cosa: il tirocinio o stage è un completamento della formazione accademica dello studente; permette di avvicinarsi alla realtà lavorativa di enti o aziende. Dove: Palazzo Ateneo, Orientamento al lavoro (piano terra); tel.: 080 571 4991/4892; e-mail: job. placement@uniba.it. È necessario poi rivolgersi al referente stage del proprio corso di laurea per la compilazione del Progetto Formativo e di Orientamento. Come: è possibile scegliere tra gli enti convenzionati oppure presentare una proposta per stipulare una convenzione con una nuova azienda. Quando: dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,00 e il lunedì dalle 16,00 alle 17,30. Link: www.uniba.it > Studenti > Opportunità e Lavoro > Stage e Tirocini.


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Idee vincenti, fiducia in se stessi e capitale di base Le tre armi di Ubi><Banca Carime per affrontare il mondo del lavoro Intervista al Dott. Raffaele Avantaggiato, Direttore Generale di Ubi><Banca Carime

Formazione, competenza, dinamismo e professionalità sono oggi le parole chiave per accedere al mondo del lavoro. A dirlo sono le statistiche internazionali, cartina al tornasole di una serrata competizione che si sviluppa a livello globalizzato. In una giungla di difficoltà burocratiche e di flessibilità pressoché illimitata per il lavoratore degli anni ’10, le sfide del nuovo millennio irrompono con prepotenza nelle prospettive di vita dei più giovani. L’accesso al credito e la conoscenza degli strumenti finanziari diventano dunque elementi di grande importanza per chi si affaccia al mondo del lavoro e dell’imprenditoria, poiché la miglior formula per una start-up è quella che si basa sull’equilibrio fra idee e investimenti. A parlarci di queste possibilità è Raffaele Avantaggiato, direttore generale di Ubi Banca Carime, l’istituto di credito che da alcuni anni ha creato una partnership con l’Università degli Studi di Bari. Da questa collaborazione sono nate diverse iniziative volte a semplificare la vita degli studenti, a collegare l’Ateneo barese con il mercato del lavoro e a rendere più agevole il percorso professionale dei neolaureati.

Il tema del lavoro è uno dei più pressanti di questi anni, specie per le generazioni più giovani. Quali consigli vorrebbe dare a chi vuole intraprendere una start-up imprenditoriale? Innanzi tutto quello di avere coraggio, di metterci tutto l’impegno possibile e di cercare le risorse iniziali per partire. Anche se una nuova attività nasce in un piccolo garage della provincia, ci si deve armare di entusiasmo e competenze, raccogliendo un capitale di rischio iniziale assieme alle persone che credono in questa iniziativa. Dopo questo primo step arriva il momento di presentarsi in banca, poiché un istituto di credito ripone fiducia innanzi tutto in coloro che hanno fiducia in se stessi. La crisi economica – nazionale e internazionale – pone oggi grandi difficoltà e incertezze. In questo senso, i giovani si trovano ad affrontare i problemi del precariato lavorativo, della mancanza di punti di riferimento professionali e della difficoltà di creare un terreno solido su cui edificare un proprio percorso di vita. Quali strumenti sono stati creati per venire incontro a queste importanti esigenze? Per la prima volta in Italia, Banca Carime presenta un mutuo appositamente pensato per le giovani coppie al fine di acquistare una casa. Ci rivolgiamo in particolare a coloro che non hanno un lavoro a tempo indeterminato, coppie che hanno scelto di vivere insieme e che hanno degli obiettivi di vita e di lavoro davanti a loro. I tempi sono decisamente cambiati e il merito di credito non può più essere valutato con gli occhi di cento anni fa. Con uno spirito analogo, infatti, stiamo anche supportando i giovani che vogliono avventurarsi nell’avvio di un’impresa autonoma, offrendo un finanziamento a tasso agevolato che raggiunge anche i 50.000 euro. Si tratta di un incoraggiamento ma anche di un contributo reale ispirato da ragioni etico-sociali piuttosto che dalla ricerca di profitto. Qual è a suo parere l’elemento caratterizzante del modello di lavoro della Banca Carime? Banca Carime eredita e coltiva la propria identità di Banca del Territorio sia perché nasce dall’unione di tre Casse di Risparmio regionali sia perché appartiene oggi ad un grande Gruppo Popolare – UBI><Banca – di matrice cooperativa, dove il cliente e l’azionista spesso coincidono e dove la creazione di valore, nelle giuste dimensioni, viene perseguita attraverso il tradizionale e faticoso lavoro del supporto e del servizio agli attori dell’economia reale – imprese e famiglie – rifuggendo dalle scorciatoie della turbo finanza e adottando nei confronti dei clienti un approccio di massimo rispetto e trasparenza per tenere alta la loro soddisfazione e costruire relazioni di lungo periodo: una filosofia aziendale e di Gruppo efficacemente compendiata dal nostro slogan “Fare Banca per bene”.


Banca Carime e Università degli Studi di Bari hanno strutturato una partnership che vede lo studente al centro di una articolata programmazione: quali sono gli elementi fondanti di questa collaborazione? Il nostro rapporto con l’Università si poggia proprio sulla logica di vicinanza al cliente e si sviluppa con la creazione di servizi pensati appositamente per i più giovani: sono loro infatti gli imprenditori e i professionisti di domani. Si tratta di un bacino di utenza che, in una logica di investimento, è strategico non solo per Banca Carime, ma per l’Italia. Stiamo dunque realizzando un lavoro di prospettiva, che guarda al futuro e fornisce strumenti utili a uno stile di vita contemporaneo. La Carta Enjoy, ad esempio, permette allo studente di avere un conto corrente personalizzato, aperto a tanti utilizzi e con funzionalità non strettamente bancarie, bensì legate alla vita (non solo) universitaria di ogni giorno. Cosa caratterizza Banca Carime e il rapporto con le famiglie e il mondo imprenditoriale? Il rapporto fra Banca Carime e i clienti è molto diretto e personale. Anche la concessione di crediti nasce da una relazione protratta nel tempo, magari dal fatto di avere già una conoscenza con la famiglia di appartenenza e di aver costruito nel tempo un rapporto basato sulla reciproca fiducia. Il compito del bancario è poi quello di far bene il suo mestiere, di seguire con cura un cliente nei suoi investimenti e nelle analisi volte alla realizzazione di scelte corrette. Il nostro è un modo diverso di fare banca, che si concentra sul coltivare le relazioni umane, sulla fidelizzazione del contatto con le persone e su un rapporto destinato a continuare di generazione in generazione.

Nord e Sud: due luoghi vicini ma allo stesso tempo distanti per opportunità e contesto. Cosa caratterizza, in positivo e in negativo il territorio meridionale? Il recente rapporto Svimez conferma purtroppo le distanze tra Nord e Sud; un solo dato su tutti che fornisce concretezza a questa affermazione e che evidenzia l’attuale distanza è il calo cumulato del Prodotto interno lordo negli anni dal 2008 al 2012: 10,1 nel Mezzogiorno, -5,8 nel Centro Nord. Le caratteristiche strutturali di debolezza del meridione hanno evidentemente determinato una minore resistenza alla crisi. D’altro canto le specificità e le potenzialità di un territorio per il quale si stenta ancora ad individuare e definire una efficace strategia per lo sviluppo permangono ancora sostanzialmente inesplorate per carenze che sarebbe ingeneroso riferire esclusivamente all’ambito locale ma che appartengono soprattutto alla dimensione delle politiche nazionali ed europee. È questo a mio avviso allo stesso tempo il limite e l’opportunità per il Sud: analogamente a quanto avviene su scala globale con riferimento alle crescite dei Paesi emergenti (BRICS, ad esempio) si può legittimamente sostenere che le maggiori probabilità di innescare crescite economiche a tassi sostenuti stiano nelle zone di maggiore arretratezza invece che nei mercati maturi. E in effetti la frequenza delle casistiche riferibili a iniziative imprenditoriali di successo in settori innovativi accanto a realtà già consolidate su comparti di frontiera e ad alto contenuto tecnologico indicano una strada percorribile sempre che i policy makers, a tutti i livelli di responsabilità, sappiano finalmente operare scelte strategiche e politiche coerenti per favorire il moltiplicarsi di queste esperienze.


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v COS’È ENJOY UNIBA? È la carta con IBAN realizzata da UBI Banca Carime in collaborazione con l’Università Aldo Moro per gli studenti, i docenti e tutto il personale universitario.

QUANTO TI COSTA? Grazie alla partnership con Uniba, la carta non ha alcun costo di emissione e alcun canone. Sono inoltre gratuiti i principali servizi: il versamento iniziale, i prelievi presso gli sportelli automatici in Italia e in Europa, la domiciliazione delle bollette, le ricariche telefoniche, gli acquisti su POS, il servizio di internet banking.

DOVE LA UTILIZZI? In tutto il mondo dove trovi il marchio Mastercard. Ovunque, grazie al servizio di Internet Banking QuiUbi (con “app” gratuite per smartphone e tablet).

COSA PUOI FARE? Un mondo di cose, dagli acquisti su internet o presso i negozi, all’accredito dello stipendio, al pagamento delle spese e tasse universitarie, alla ricarica del cellulare.

Carta Enjoy può essere richiesta presso il Corner Uniba (ex Palazzo delle Poste) o in una delle Filiali della Rete Banca Carime.


L’autore delle foto di Castel del Monte e dei trulli di Alberobello è Franco Cappellari

È ripartito Discovering Puglia: da settembre e fino a gennaio un ricco calendario di appuntamenti. Il 28 settembre si sono concluse le attività di Puglia Open Days, che hanno passato il testimone a quelle di Discovering Puglia, che accompagneranno i visitatori fino al 6 gennaio con un calendario ricco di attività tra arte e cultura, natura e sport, riti e tradizione e campagna e sapori. Con Discovering, il progetto promosso dall’Assessorato al Turismo della Regione Puglia e organizzato da Pugliapromozione, l’autunno è ricco di iniziative in tutta la Puglia. Discovering fa scoprire una Puglia a volte inedita, sempre autentica e straordinariamente intima, grazie anche al contatto più stretto con la gente del posto in tutti i suoi territori, dal Gargano e Daunia alla Puglia Imperiale, da Bari e la costa alla Valle d’Itria, dal Salento alla Magna Grecia, Murgia e Gravine. La Puglia con i suoi colori, profumi e sapori particolari, e con un clima dolce assume un aspetto invitante per fare percorsi nei parchi e nei centri storici. E la bicicletta la fa da padrona. Ben 149 le attività fino a tutto dicembre, di cui 47 dedicate ad arte e cultura, 93 a natura e sport, 7 a riti e tradizioni, 2 a campagna e sapori.

Discovering Puglia La Puglia è un mondo di cose da fare. Che non hai mai fatto Mese per mese, nei weekend e durante le festività, tante occasioni per scoprire gratuitamente un tesoro identitario di chiese, castelli e musei, siti archeologici e cantine, frantoi, parchi naturali, borghi rurali, masserie didattiche, laboratori artigianali, riti e tradizioni.

Con DISCOVERING la Puglia diventa accessibile tutto l’anno. Preparati a viverla. Le attività di Discovering sono tutte gratuite, ma ricordatevi di prenotare! http://discovering.viaggiareinpuglia.it

Visita il sito di Discovering Puglia http://bit.ly/1a3X4YH


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Frittata di sole Le ricette

Vuoi preparare una ricetta facile, nutriente e soprattutto ecologica, riutilizzando in maniera intelligente il pane avanzato? Prova la nostra frittata di sole! Per riscaldare di colori e profumi anche il mese più grigio dell’anno. Cosa ti serve per prepararla? Ingredienti per 4 persone: 400 g di mollica di pane raffermo 1/2 l di latte 5 uova medie 100 g di Grana una manciata di pangrattato olio sale Come la cucini? 1) Metti a bagno in una terrina la mollica del pane con il latte e lascia riposare per un’oretta, finché il latte non avrà reso il pane morbidissimo. 2) Sbatti le uova in un piatto, aggiungi il Grana, il sale, la mollica bagnata, e il pangrattato quanto basta a rendere l’impasto corposo, ma non troppo asciutto. Scalda un filo d’olio in una padella e cuoci la tua frittata.

Visita il sito di Cucina Mancina http://bit.ly/1hF6i3m

3) Il pane con il latte e il pangrattato le daranno un colore giallo sole, screziato di pagliuzze e una sofficità inusuale. Lo stesso impasto può essere anche utilizzato per realizzare delle polpettine fritte, da condire con un po’ di sugo fresco di pomodoro e basilico: saranno un primo piatto che scorderete difficilmente!

Curiosità: l’uovo, oltre che contenere molto colesterolo, ha anche la lecitina che aiuta a eliminarlo. Contiene tutti gli amminoacidi essenziali per gli esseri umani, e fornisce quantità significative di parecchie vitamine e minerali, compresa la vitamina A, riboflavina, acido folico, vitamina B6, vitamina B12, colina, ferro, calcio, fosforo e potassio. Mancinità: Vegetariana, pochi zuccheri, poco nichel, no guscio, no soia.

Come nasce questa ricetta? Laura Rizzo l’ha pensata, Lorenza Dadduzio l’ha fotografata, Elvira Greco l’ha validata dal punto di vista nutrizionistico e Flavia Giordano ne ha curato i testi.


Tuttora ci chiediamo in che modo porci nei confronti dei cambiamenti tecnologici della nostra era: bene, due importanti esponenti della letteratura americana hanno reso nota la propria sentenza, che non è per niente positiva. D 
 ue sono le pubblicazioni che stanno interessando l’ambiente letterario statunitense: la nuova opera di non-fiction di Jonathan Franzen e l’ultimo romanzo di Dave Eggers (di entrambi si attendono le traduzioni in Italia). Si tratta di testi legati da uno spesso fil rouge, come ha ben sottolineato Edward Docx sul «Guardian».
 Ma andiamo per gradi. L’ultima pubblicazione firmata Franzen s’intitola The Kraus Project: si tratta della traduzione di due saggi scritti dal giornalista satirico Karl Kraus (1874-1936), commentati dallo scrittore e da due germanisti, Daniel Kehlman e Paul Reitter. Se i due studiosi si occupano di specificare nelle note al testo il criptico linguaggio di Kraus e di rendere più chiaro il contesto storicoculturale in cui ha operato, è compito di Franzen occuparsi del commento critico: filippiche puntellate di confessioni autobiografiche.
Una delle note più veementi di Franzen è stata ripubblicata proprio sul «Guardian». In questo estratto lo scrittore spiega come ha conosciuto le opere di Kraus, come sia entrato in empatia con le parole dell’autore austriaco e come sia diventato egli stesso un grande odiatore. Non solo. L’approccio che caratterizza l’intera opera è chiaro sin da questo estratto: la rilettura che Franzen dà di Kraus è attualizzante: in sostanza cerca di dimostrare quanto le accuse dell’autore contro il mondo culturale viennese alle porte della Prima guerra mondiale siano applicabili ai giorni nostri e alla nostra cultura: ne scaturisce un’aspra critica al mondo di internet, alla stucchevolezza del giornalismo culturale, alla vacuità dei social media; Franzen riserva parole di fuoco a Salman Rushdie, Apple, Twitter e alla rivista americana «n+1».
È ampio il ventaglio delle reazioni: il «New York Times» sembra essere più conciliante, ritenendo che l’opera si collochi perfettamente nella scia di Libertà e delle Correzioni; «The Slate» giudica ironicamente l’opera come un ipertesto (o un blog) cartaceo, ma prende molto sul serio le critiche dello scrittore americano; «The Vulture», invece, calca la mano sul fatto che Franzen sia assolutamente contro la modernità. O 
 ra facciamo un passo in avanti. The Circle non è solo il titolo del romanzo distopico di Dave Eggers: è anche un servizio on line capace di unire Apple, Facebook, Twitter, Paypal e quant’altro in un unico profilo. È ovviamente frutto della fantasia del romanziere, che cerca di immaginare un futuro prossimo in cui le nostre vite vengano completamente influenzate dal mondo virtuale. Secondo il «New York Times» è un’abile ibrido tra l’ironia di Swift e la visione apocalittica di Orwell. ‘The Circle’ è capace di controllare la vita di tutti gli utenti sotto ogni punto di vista tramite l’invenzione di TruYou, un account unico per ogni servizio presente in Rete: in questo modo l’utente è tracciabile in qualsiasi momento.
La storia è raccontata sulla base dell’esperienza di Mae, un personaggio che a molti è sembrato naïve, troppo ingenuo per essere verosimile. Infatti le critiche sono state molteplici. In tanti hanno sostenuto che Dave Eggers non sia riuscito né nell’intento ironico, né in quello distopico. L’autore è stato addirittura accusato di plagio, e questo l’ha costretto a specificare di non aver letto alcun libro riguardante il mondo della Silicon Valley né

Franzen, Eggers e l’apocalisse imminente I due scrittori statunitensi contro Internet e i social media a cura di Marianna Silvano

di aver visitato nessun campus di startupper. Una dichiarazione che lascia piuttosto perplessi, se si considera che un romanziere debba informarsi e conoscere alla perfezione l’argomento in cui si cimenta. Tiriamo le somme. Due pubblicazioni recenti, ravvicinate, che trattano entrambe del mondo di Internet. Ovviamente i libri sono stati recensiti su Internet. E, ovviamente (ancora), le recensioni non sono sempre state indulgenti. Ma mettiamo da parte le recensioni, i commenti e i giudizi, e proviamo a goderci la lettura, magari soffermandoci su un fattore poco considerato: si sta parlando di scrittori nati tra gli anni Sessanta e Settanta. L’inadeguatezza nei confronti di cambiamenti tanto repentini è, probabilmente, d’obbligo. Questo non significa che le parole dei due scrittori vadano prese come i rimbrotti di due nostalgici; piuttosto, vanno considerate come lo sguardo perplesso di due esseri umani che si chiedono incessantemente quali saranno le conseguenze della (post)modernità.


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Vendere libri nell’epoca del web Intervista a Piero Rocchi, direttore della Scuola Librai Italiani a cura di Cristò

A chi lavora in una libreria capita più spesso di quanto si pensi di sentirsi dire «Beato te, che lavori in mezzo ai libri, alla cultura». Le reazioni sono di due tipi: scrollatina di spalle comprensiva o soliloquio di mezz’ora su quanto sia difficile, pesante e spesso poco gratificante avere a che fare con un prodotto commerciale atipico come il libro, soprattutto in un momento storico di grande trasformazione del settore editoriale e di crisi economica. Eppure alcune esperienze ci mostrano che aprire una libreria avendo capacità imprenditoriali, idee innovative e competenze nel settore può essere un investimento vincente. Abbiamo intervistato Piero Rocchi, direttore della Scuola Librai Italiani (SLI) di Roma, che forma librai dal 2006, per chiarirci le idee sull’argomento.

Visita il sito di Scuola Librai Italiani http://bit.ly/1fAUZVi

Quello del libraio è un mestiere molto antico e, anche per questo, spesso legato a un’idea romantica che si scontra inevitabilmente con la realtà dei bilanci di un’azienda. Cominciamo a fare un po’ di chiarezza: che mestiere è quello del libraio? Come si conciliano in lui l’anima culturale e quella commerciale? Il libraio è prima di tutto un commerciante, un imprenditore. Tratta una merce particolarissima, il libro, che ha dinamiche emozionali e commerciali particolari ma, come ogni soggetto economico, vive in un mercato. La passione per autori, titoli, tematiche è certamente il fil rouge che porta a fare scelte ‘di campo’: lo spazio da riservare a titoli imperdibili e identitari per il libraio, la vetrina come prima proposta per i clienti della libreria. Un’idea

sacerdotale di cultura, per cui la promozione sociale del valore culturale dei libri fa perdere di vista la sanità aziendale, è destinata a fallire. La sostenibilità economica è condizione per proporre al meglio le proprie passioni e i libri che identificano il libraio. Serve tanta, tanta formazione sui concetti economico-aziendali. Ho visto troppe librerie aperte sull’onda di entusiastici afflati e poi chiuse dopo qualche mese, strozzate dai debiti. La Scuola che ho l’onore di dirigere ha tra i suoi primi compiti la trasmissione di questa consapevolezza aziendale per i librai futuri. Da qualche anno ormai si parla di una imminente rivoluzione digitale nel mondo dell’editoria. Gli ebook spaventano molto i librai, che vedono parte del loro fatturato spostarsi sulla vendita di libri che non possono essere contenuti nei loro scaffali. A questo si aggiunge la vendita on line dei libri cartacei, sempre più comoda ed economica per i lettori. Esiste un futuro per le librerie tradizionali o sono destinate a chiudere? Sicuramente esiste un futuro per le librerie. Il problema è che non ne conosciamo la forma. Di sicuro non sarà la tecnologia a uccidere i libri cartacei. In tutti i convegni in cui si annuncia la morte del libro, sembra di assistere a un déjà vu che viene puntualmente smentito. Perché dimentichiamo che la libreria è prima di tutto luogo di incontro e proposta in cui il libraio vende la propria passione? Perché non lavoriamo per una libreria in cui la creatività e l’attenzione al nuovo siano i degni avversari dello sconto?


Esistono librerie e librai di molti tipi che corrispondono a diversi tipi di editoria. Eppure, spesso, le piccole librerie tendono a omologarsi ai grandi gruppi, con cui non riescono a competere dal punto di vista della profondità di catalogo e della scontistica. Quali sono le migliori strategie per far funzionare commercialmente una piccola libreria? La libreria prima di tutto vende se stessa. Il libro, pur fantastico nella sua oceanica possibilità, ha caratteristiche ‘omologate’: ha le stesse dimensioni, forme, colori, addirittura il prezzo imposto come i giornali, i tabacchi e i farmaci. Quindi la scelta, prima ancora che del libro, è della libreria. Io scelgo una libreria per la sua formula. Questa formula non è solo lo sconto. La prima strategia che insegniamo alla Scuola Librai è: proponete voi stessi, la vostra passione e la vostra capacità. Il pubblico attento premia i bravi librai.

dipartimento di Management dell’Università ‘Ca’ Foscari’ di Venezia. Si tratta di docenti universitari che da anni si occupano del mondo delle librerie in Italia e all’estero. Per il mondo editoriale, tutti i principali protagonisti del mondo dell’editoria passano dalla Scuola Librai: dai grandi gruppi (Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli…) agli editori indipendenti medi e piccoli. Da Alberto Rollo di Feltrinelli, per citare un grande editor, a scrittori del calibro di Maurizio de Giovanni, Chiara Gamberale, Niccolò Ammaniti, Andrea Molesini, Silvia Avallone. Dal grafico Riccardo Falcinelli a Gian Arturo Ferrari, Presidente del Centro per il Libro e la Lettura. Dalla direttrice della grande libreria Hoepli di Milano al personal reader libraio itinerante di Torino che va a casa delle persone a leggere e proporre libri. Citarli tutti è impossibile.

Parliamo della Scuola Librai Italiani. Come sono organizzati i corsi? Attraverso quali step un vostro studente diventa un libraio? Quanto dura il corso? Il corso è aperto a diplomati e laureati. Dura da aprile a dicembre con nove settimane di lezioni frontali suddivise in mesi diversi, stage in librerie (indipendenti e di catena), progetti di gruppo, partecipazioni a fiere di settore, incontri con il mondo editoriale attraverso tutti i player della filiera: editori, distributori, promotori, librai, scrittori, grafici, editor…

Dove può trovare informazioni sulla scuola chi fosse interessato a frequentarla? Sul sito www.scuolalibraitaliani.org ci sono tutte le indicazioni. Per conoscerci di persona, invito tutti il giorno 7 dicembre alle ore 12,00 alla Sala Diamante durante la fiera ‘Più libri più liberi’ a Roma, presso il Palazzo dei congressi dell’EUR. Silvia Avallone consegnerà gli attestati finali del corso 2013 e presenteremo ufficialmente il corso 2014. Lo stesso giorno verrà pubblicato il bando sul sito della scuola per le iscrizioni.

La SLI vanta un corpo docenti fortemente specializzato. Ci puoi fare qualche nome? La direzione scientifica è affidata al prestigioso


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BOOK GEEKS Digitali si nasce, interattivi si diventa

Intervista al fondatore di PubCoder a cura di Michele Marcon Torna Book Geeks, la rubrica, in collaborazione con «Finzioni Magazine», in cui si parla del futuro del libro e dell’editoria, chiacchierando amabilmente con i veri protagonisti dell’innovazione letteraria. Oggi tocca a Paolo, direttamente da quella fucina in costante evoluzione che è PubCoder. Scarica gratuitamente Pubcoder http://bit.ly/1bCPfYy

Nome ed età Paolo Giovine, 41. Lavoro Founder di PubCoder. Spiega ai lettori cos’è PubCoder È un software (oggi gratuito e solo per Mac) che permette di realizzare un ‘EPUB3 fixed layout’, ovvero un ebook ricco di interazioni; non serve saper scrivere codice, ci vogliono idee e un po’ di pazienza. L’ultimo libro che hai letto? Il fondamentalista riluttante, di Mohsin Hamid. Affronta un tema difficile senza troppe banalità, è una dote che ammiro sempre. Quale libro vorresti aver scritto? Ce ne sono tanti. Ne cito due molto diversi, Una cosa divertente che non farò mai più di Wallace e Una solitudine troppo rumorosa di Hrabal. Ma, fortunatamente, li hanno scritti loro. Non saprei essere così divertente o così drammatico. Meglio carta o digitale? Li leggo indifferentemente; attribuisco poca importanza al supporto. La rivoluzione non è avere tristi videate di testo disponibili subito e in quantità industriale; è utilizzare nuovi formati, libri con cui interagire, audiolibri, materiali di studio o di approfondimento che migliorino l’esperienza, che impegnino meglio il nostro cervello. Che ve ne fate di duemila libri nel vostro Kindle? Quelli di carta, almeno, arredano…

Qual è il tuo social preferito? La trattoria; le conversazioni migliori della mia vita sono state a tavola. Uso anche dei social digitali, ma le persone sono migliori con un bicchiere di vino in mano. Quanto vale un pranzo con l’influencer giusto? Tantissimo. [Come dargli torto?!] Qual è, secondo te, il futuro del libro (se ha un futuro)? Ha un futuro se continua a rendere popolare la cultura. La stampa è ancora sufficiente allo scopo: mentre si piange la fine dei quotidiani, nei Paesi in via di sviluppo aumentano le tirature, per soddisfare la richiesta di milioni di nuovi lettori. Sarà interessante vedere in quanto tempo arriveremo al digital landing: accederemo al libro per il tempo necessario a leggerlo. E se ci piacerà, forse, ne vorremo anche una copia on demand: e saremo disposti a pagarla molto di più, perché sarà fatta per noi, forse con le nostre note e una copertina decisa con un gruppo di amici (reali o virtuali). Il futuro dei supporti mi è indifferente; sono preoccupato per i contenuti. Editoria 2.0… Ma non era meglio aprire una gelateria? Quello è il piano B :) David Foster Wallace o Dan Brown? Chi è Dan Brown? Mark Zuckerberg o Steve Jobs? Steve Jobs, perché nella sua storia c’è molta meno finanza e molta più creatività; ha rischiato di più sulle sue idee, e le ha difese con coerenza.


Aerei di carta a cura di Cristò

Cormac McCarthy The Counselor – Il Procuratore Einaudi Editore Pag. 150 | € 15,50 novembre 2013 Dopo Non è un paese per vecchi e La strada, l’universo di Cormac McCarthy torna sul grande schermo, con la prima storia pensata e scritta dall’autore per il cinema. Un libro che parte da un traffico di cocaina tra Texas e Messico per analizzare i conflitti dell’animo umano.

Mark Twain Autobiografia del cavallo di Bufalo Bill Mattioli 1885 Pag. 244 | € 15,90 novembre 2013 Un romanzo per palati forti, quasi horror, dell’ultimo Mark Twain. Un atto d’accusa verso la crudeltà dell’animo umano nelle immaginarie parole di Soldier Boy, il cavallo nero di Bufalo Bill.

Scrivere (con equilibrio) per salvarsi la vita La letteratura secondo John Barth in una raccolta di minimum fax a cura di Cristò

Luca Gricinella Cinema In Rima – La messa in scena del rap Agenzia X Pag. 152 | € 13,00 novembre 2013 Il cinema e il rap flirtano da una trentina d’anni, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa, Italia compresa, dove il rap ormai è diventato davvero popolare. La lista dei rapper diventati attori è lunga, i film che si ispirano alla cultura hip hop sono sempre di più.

«Diciamo che l’Algebra rappresenta la tecnica, o gli aspetti tecnici e formali di un’opera letteraria; diciamo che il Fuoco rappresenta le passioni dello scrittore, le cose che sta cercando di dire in maniera eloquente. Il nocciolo del mio discorso è che la buona letteratura […] comporta e richiede sia l’algebra che il fuoco: in breve, un virtuosismo appassionato». Potrei dire che l’idea di letteratura di John Barth è tutta in questa frase che apre L’algebra e il fuoco, la raccolta di saggi dell’autore americano appena uscita per minimum fax (naturalmente!). Potrei dirlo senza timore di sbagliare perché tutta la letteratura di John Barth è una ricerca di equilibrio tra gli opposti e anche la

sua saggistica, finalmente disponibile in italiano, stupisce per armonia e grazia. Quello che è considerato uno dei padri indiscussi del postmodernismo americano – insieme ad autori come Vonnegut e Barthelme – riesce a scrivere di narrazione senza essere mai ideologico ma, anzi, dando uguale dignità a tutte le correnti letterarie che, in fondo – scrive – non sono altro che modi diversi di portare a compimento ciò che lo scrittore deve fare: inventare una storia nuova ogni notte per salvarsi la vita, come la Sheherazade delle Mille e una notte.


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Quando l’abito fa l’artista Le passeggiate in costume di Wallenberg

a cura di Antonella Di Marzio

Ascolta la musica creata dalla Wallenberg su Bandcamp http://bit.ly/1a3YQt2

Uno spettro si aggira per l’Europa: è quello di una ragazzina. Little Girl Dead è tra i brani di punta che Paulina Wallenberg Olsson ripropone in giro per il continente. Sarebbe però inesatto definirla una musicista: la performing artist svedese si muove tra musica (il progetto omonimo Wallenberg, in cui raccoglie collaborazioni occasionali), arti visive e costumistica (suoi i costumi per Fidelio di Beethoven, presentata dall’Opéra de Lyon al Festival Internazionale di Edimburgo). L’abito di scena è una componente centrale delle performance di Wallenberg; il costume, dal significato originariamente politico (da ricordare l’abito antiproiettile con gonna da sera), serve a inventare un personaggio a servizio del palco. La sua realizzazione presuppone una ricerca

geometrica ispirata al lavoro di Oskar Schlemmer in particolare e al Bauhaus in generale; i grossi volumi sferici e triangolari così creati si avvalgono di precise scelte cromatiche (bianco, rosso, nero, argento e oro). Ma c’è di più: i costumi vengono indossati anche al di fuori della scena, creando una reale interazione con gli spazi percorsi. Anche una semplice passeggiata diviene una performance, e non è difficile immaginare che il pubblico casuale, a seconda del luogo in cui si trova, risponda in maniera differente. La scorsa estate, il progetto Wallenberg ha coinvolto musicisti pugliesi (tre quarti della band Two Left Shoes); in due spazi privati della regione si sono tenuti dei secret concert davanti al pubblico di una performance precedente: camminando per le strade con indosso l’abito di scena, Paulina Wallenberg ha


Nella pagina a fianco: foto di Leo Gongora. In questa pagina, a sinistra: foto di Leo Gongora. Sotto: foto di Valeria Gechi.

trascinato dietro di sé un corteo di passanti curiosi ma assolutamente ignari. In un tale contesto, si può dire che il costume basti ad allestire una rappresentazione non autorizzata, ma che pure non infrange nessuna regola; una messa in scena che, oltre a creare un palcoscenico e un personaggio, indaga l’ambiente in cui si muove interagendo con esso. I commenti dei passanti oscillano tra la sospensione dell’incredulità («Chi sei, la regina senza nome?»), l’evocazione di eroi moderni («È arrivata Lady Gaga!») e l’incasellamento in rituali conosciuti («Ti devi sposare, non è vero?»). Al pubblico, Wallenberg non nega nessuna possibilità, e pazienza se qualcuno la sospetta un’artista di strada in cerca di spiccioli («Sei bella, ma soldi non te ne do»). Tutt’al più, si limita a una bonaria presa in giro delle abitudini

locali («Ho mangiato troppa focaccia», risponde a chi le chiede ragione del costume ingombrante). Indossando il costume, Paulina Wallenberg somiglia a un’ambasciatrice della ‘New Population’: un progetto, dai riferimenti culturali sia ‘alti’ che pop, in cui vengono creati personaggi provenienti da un futuro immaginario. A metà tra moda e arte visiva, il progetto estrania e ricombina elementi di produzione di massa fino a renderli irriconoscibili, creando una nuova mitologia a partire dalla contemporaneità. E nel futuro di Wallenberg? Forse un cambio di rotta (con il nome ‘Grebnellaw’), che sperimenterà le possibilità offerte da performance meno strutturate e più frenetiche.


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ÂŤCut!Âť: nessun confine fra arte e vita

Naderi e il suo cinema a Bari a cura di Leonardo Gregorio


Una volta ha detto: «Mi piacciono le sfide, la dimensione del rischio e della follia, sfondare le linee di demarcazione e andare oltre. I miei personaggi sono uguali a me. […] Nelle situazioni impossibili io trovo me stesso. Spingendomi sempre verso situazioni estreme, spingo anche i miei personaggi e l’intero film verso il limite». Amir Naderi, iraniano, classe 1946, è regista fra i maggiori innovatori del suo Paese a partire dalla fine degli anni Sessanta, trasferitosi poi negli States ad ampliare la sua visione. Uno dei più importanti cineasti internazionali, quest’anno nella giuria del concorso al festival di Roma, da qui approderà a Bari martedì 19 e mercoledì 20 novembre. Un appuntamento d’eccezione, organizzato dal Circuito D’Autore di Apulia Film Commission in collaborazione con la Mediateca Regionale Pugliese, di Fuori Orario (trasmissione che ha riservato diverse notti di Rai 3 ai suoi film altrimenti invisibili, o quasi), e di «Moviement», autorevole rivista di cultura cinematografica, pubblicata dall’editore Gemma Lanzo di Manduria.

Sarà una rara occasione per ripercorrere e scoprire una parte preziosa della sua filmografia, in particolare l’ultima, con l’attesa proiezione il 19 alle 21,00 in una sala barese del Circuito, alla presenza del regista, dello straordinario Cut, opera del 2011 girata in Giappone e presentata alla Mostra di Venezia lo stesso anno nella sezione ‘Orizzonti’. Un colto e intenso gesto d’amore infinito per il cinema, quasi una summa della sua poetica, del suo sguardo sul mondo, sull’umanità e sull’arte. La giornata successiva, in Mediateca, alle 19,30, prevede la visione del mediometraggio Waiting (1974), mentre alle 20,30 ci sarà una master class del regista in compagnia del critico Massimo Causo e di Gemma Lanzo, incontro in cui tra l’altro sarà presentato il numero monografico che «Moviement» ha dedicato di recente all’autore persiano definendolo, assai opportunamente, «l’occhio caldo del cinema». A seguire, si potrà vedere Manhattan by numbers (1993), primo capitolo di una trilogia che comprende i successivi A, B, C… Manhattan (1997) e Marathon (Marathon –

Nella pagina a fianco: un frame di A, B, C…. Manhattan In questa pagina:: un frame di Cut


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Amir Naderi

Consulta il profilo di Naderi su Imdb http://imdb.to/HXpzMS

Enigma a Manhattan) del 2002, unico film di Naderi che sia finora riuscito a ottenere un accesso nelle sale italiane. Nei medesimi giorni, sempre in Mediateca, fra la mattina e il pomeriggio, verranno inoltre presentati altri titoli. Il martedì ci saranno A, B, C… Manhattan e capolavori appartenenti al periodo iraniano quali Water, Wind, Dust (1988), film ambientato nel deserto, e The Runner (1985), su un orfano che (soprav)vive in una città portuale, tra corse con gli amici e piccoli lavori, l’opera più autobiografica di Naderi, e fra le sue predilette («Era, in effetti, il punto di partenza del mio futuro. Più di qualsiasi altra cosa, in quel film, negli ultimi dodici minuti nella scena del ghiaccio e del fuoco, c’era la determinazione di un ragazzo di afferrare la propria vita, di farla completamente sua e, per me, questo rappresenta la voce e il significato del cinema in senso assoluto»). Il mercoledì, invece, il programma prevede la proiezione di Vegas: Based on a True Story (2008), film sull’illusione e il potere del denaro, realizzato a Las Vegas, capitale del gioco d’azzardo, e di Marathon, girato in buona parte nella metropolitana, racconto che racchiude in 75 minuti le 24 ore di Gretchen e la sua singolare ossessione per i cruciverba, che riesce a risolvere solo in mezzo al puro caos. Opera che, insieme al fondamentale Sound Barrier (2005), non presente nella rassegna barese, rappresenta un prezioso studio sul suono, elemento essenziale e imprescindibile della sua ricerca, fil rouge teorico-stilistico anche dei lavori precedenti. Suono che si fa protagonista, come spiega Naderi, che diventa personaggio fra i personaggi, ossia fra anime e corpi smarriti in un mondo svuotato di

senso, solitudini captate da un cinema che sa oscillare fra realismo e slancio visionario, estetica minimalista e indagine delle forme. Ancora, fra l’arte e il vivere, come il protagonista di Cut. Cinema che, per dirla con le illuminanti parole di Massimo Causo (tra l’altro, autore insieme a Grazia Paganelli di un volume del 2006 sul regista, per i tipi del Castoro, Il vento e la città), «è la lotta perenne tra l’istinto di sopravvivenza e la sfida all’impossibile, la forza titanica del creare, del filmmaking, che si traduce in atto di vita, in bisogno esistenziale. Naderi ha bisogno di disperdersi nell’immagine, nel suono, nel set che travalica i propri limiti, nel filmare. La sua abitudine di chiudere ogni conversazione, ogni incontro, ogni lettera dicendo “cut!”, come se si fosse sempre su un set e ogni momento della vita fosse una ripresa al termine della quale ordinare “taglia!”, non è solo un gioco o un vezzo, è la prova che per lui la barriera tra cinema e vita non esiste: è tutto terribilmente, straordinariamente vero». (info: www.mediatecapuglia.it).


L’altra metà del cinema Visioni di genere fino a febbraio in Mediateca a cura di Leonardo Gregorio Un territorio complesso, multiforme e sorprendente. Il cinema che racconta la donna, la sua emancipazione, i suoi drammi, le sue rivoluzioni. Da attraversare con ‘Visioni di genere #violenza identità diritti stereotipi lavoro’, rassegna cinematografica che offre allo spettatore la possibilità di confrontarsi con la rappresentazione dell’immaginario femminile, di film in film. Organizzati dall’assessorato al Welfare del Comune di Bari, gli appuntamenti sono a cura del Centro antiviolenza ‘La luna nel pozzo’ in collaborazione con la Mediateca Regionale Pugliese, sede degli incontri. Il 22 ottobre scorso, l’avvio di rassegna è stato affidato a Primo amore di Matteo Garrone, feroce messa in scena dei perversi rapporti di potere e crudeltà all’interno di una coppia; si proseguirà fino alla fine di febbraio con altri sei appuntamenti, sempre alle 18,00 in Mediateca (l’ingresso è gratuito). A novembre due date: il 13 sarà la volta del duro e intenso Boys don’t cry, diretto nel 1999 da Kimberly Peirce, con Hilary Swank e Chloë Sevigny solide protagoniste di una storia ambigua e tragica, quella del transgender Brendon Teena. Il 27 tocca alla commedia di Patricia Cardoso Le donne vere hanno le curve (2002), commedia d’emancipazione femminile, mentre l’11 dicembre i toni diventano agrodolci grazie a Paolo Virzì e al suo Tutta la vita davanti, realizzato nel 2008, con Isabella Ragonese a interpretare una

giovane neolaureata in Filosofia catapultata nel mondo del precariato. Il 21 gennaio ancora identità scontornate con il delicato Tomboy, firmato nel 2011 da Céline Sciamma: si seguono le giornate di una bambina che si finge un maschio in una delicata storia d’amore e di scoperta di sé. A febbraio si inizia il 4 con Revolutionary Road (2008) di Sam Mendes, implacabile documento sulla crisi matrimoniale di Frank e April (Leonardo Di Caprio e Kate Winslet), coniugi in una borghese e perbenista America degli anni Cinquanta; la storia è tratta da un romanzo di Richard Yates. Il 18 chiude il ciclo il bellissimo film d’animazione del 2007 Persepolis, di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi, tratto dal graphic novel autobiografico di quest’ultima, racconto dell’Iran fra passato e presente, fra dramma e ironia, levità e dolore, prima e durante la negazione dei diritti. L’universo donna, dunque, disegnato sullo schermo da registi e registe, attraverso stili, umori e linguaggi differenti, con toni ora più morbidi ora più crudi, esplorato attraverso un insieme eterogeneo di visioni, per favorire così uno sguardo più ampio e consapevole, più libero da stereotipi, su temi come l’infanzia, i legami, la violenza, i diritti, il lavoro e, naturalmente, sull’identità di genere (info: www.mediatecapuglia.it).


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a cura di Marilù Ursi

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Dopo la ricorrenza del ventennale nel 2012, la rassegna barese ‘Sentieri nel cinema’ riparte con una nuova edizione, quest’anno intitolata Schermi Demoniaci/L’espressionismo e il film. Il direttore artistico Mario Fiorentino ha scelto di indirizzare l’attenzione degli spettatori verso il cinema espressionista dando la possibilità di vedere i classici della sperimentazione degli anni Venti in proiezione sul grande schermo: un’occasione imperdibile per chi li vedrà per la prima volta, ma anche un evento attesissimo per i molti conoscitori ed estimatori del genere. La rassegna si snoderà nelle due sedi baresi per eccellenza dedicate a visioni e approfondimenti cinematografici: il Cineporto e la Mediateca Regionale Pugliese; nella sede dell’Apulia Film Commission si terranno le proiezioni serali dei classici della cinematografia espressionista (Il gabinetto del dottor Caligari, Ombre ammonitrici, Il golem. Come egli venne al mondo, Il castello degli spettri e Nosferatu il vampiro) con interventi di critici e docenti del settore quali Adriano Aprà, Luigi Abiusi e Grazia Paganelli; per gli appuntamenti pomeridiani in Mediateca si potrà assistere a un’ampia selezione di proiezioni firmate da grandi avanguardisti tedeschi e francesi (Ruttmann, Richter, Ray, Dulac, Legér, Clair, Duchamp e altri

ancora) presentati da Bruno di Martino e Marco Senaldi, studiosi nel campo dell’arte contemporanea e dell’audiovisivo. Guardare sul grande schermo alcuni classici della cinematografia avanguardistica europea e poter usufruire della guida di esperti del settore è un’occasione imperdibile, soprattutto se si considera che guardare oggi, a quasi un secolo di distanza, quelle pellicole – fra cui i capolavori di Wiene e Murnau – permette allo spettatore di storicizzare e comprendere opere che racchiudono una potenza estetica insuperata. Film nati in un clima di fortissima crisi – quella della borghesia e dei valori a essa connessi – e che rivelano un mondo distorto e allucinato, rappresentando lo spaesamento dell’uomo. L’importanza della cinematografia espressionista è dimostrata dall’influenza – sotto il profilo estetico e tecnico – che ha avuto nella successiva produzione occidentale. I protagonisti di queste opere sono costantemente affiancati da doppi, alter ego, ombre o antagonisti funzionali a svelare il lato oscuro e mostruoso dell’essere umano, e questo immaginario dall’Europa è trasmigrato verso gli Stati Uniti nelle produzioni della Universal; ancora più evidente risulta l’influenza delle ambientazioni cittadine distorte e inquietanti sui classici del cinema noir; gli espedienti


L’inconscio in un’inquadratura distorta Torna a Bari ‘Sentieri nel cinema’ registici espressionisti (come le angolazioni delle inquadrature) hanno fatto scuola nel cinema statunitense insegnando ai cineasti che la macchina da presa poteva essere più di un semplice strumento usato per registrare la vita che scorre davanti all’obiettivo, che poteva rivelarsi un mezzo per indagare e scovare l’inconscio e il rimosso dell’individuo, una lente d’ingrandimento che scruta l’animo umano. La fortunata stagione cinematografica dell’espressionismo ha rappresentato il canto del cigno del movimento tedesco, che nel 1920, anno di uscita del Gabinetto del dottor Caligari, aveva già esaurito in ambito pittorico la propria spinta culturale; la più moderna delle arti divenne così il sunto dei risultati precedenti fondendo nelle opere cinematografiche le innovazioni filosofiche, letterarie e figurative già maturate precedentemente. La filosofia nietzscheana e la scoperta dell’inconscio da parte di Freud, le influenze pittoriche di Kirchner e dei movimenti artistici ‘Il ponte’ e ‘Il cavaliere blu’ resero il cinema espressionista un perfetto erede del WortTon-Drama wagneriano. Una corrente culturale così radicata in Europa si ramificò rapidamente anche negli Stati Uniti subito dopo l’avvento del nazismo: l’ascesa al potere di Hitler

infatti causò una vera e propria fuga di cervelli e talenti, portando i migliori cineasti tedeschi negli Stati Uniti: Fritz Lang, Friedrick Wilhem Murnau, Paul Leni e tantissimi altri poterono affinare la propria tecnica e farla conoscere più diffusamente in una industria florida come quella hollywoodiana. In un film come Il castello degli spettri è possibile «trovare, magari di sfuggita, alcuni tra gli elementi rivoluzionari che Orson Welles e Gregg Toland avrebbero introdotto in Citizen Kane: audaci inquadrature dal basso, profondità nella messa a fuoco, macchina da presa in soggettiva», come sottolinea lo storico del cinema Kevin Brownlow; lo stesso James Whale, regista del Frankenstein del 1931, film culto per tutti gli amanti del genere, fu influenzato fortemente dalla figura del golem presente nel film di Wegener e Boese; per non parlare di Nosferatu il vampiro di Murnau, capostipite di una cinematografia sul vampirismo che ad oggi raccoglie ancora grandissimi consensi, una ‘sinfonia dell’orrore’ alla quale Herzog ha dedicato un remake nel 1979. Dal 21 novembre al 5 dicembre si potrà compiere questo affascinante percorso tramite il cinema del passato cercando di comprendere meglio quello del presente e, se possibile, ipotizzare nuovi sentieri nel cinema del futuro.


32 PROGRAMMA SENTIERI NEL CINEMA CINEPORTO DI BARI Giovedì 21 Novembre h 20.00 “Genesi del film espressionista” intervento di Adriano Aprà h 21.00 Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene [Das gabinet des Dr. Caligari, Ger. 1919, 64’] Colonna sonora elettronica di Hayim Kobi & Doctor X Giovedì 28 Novembre h 18.00 Ombre ammonitrici di Arthur Robison [Schatten, Ger. 1923, 85’] Versione restaurata, colonna sonora di Donald Sosin h 20.00 “La magia delle luci e delle ombre” intervento di Luigi Abiusi h 21.00 Il Golem. Come egli venne al mondo di Paul Wegener e Carl Boese [Der Golem. Wie Er In Die Welt Kam, Ger. 1920, 84’] Versione restaurata, colonna sonora di Aljoscha Zimmermann Giovedì 5 Dicembre h 18.00 Il Castello degli Spettri di Paul Leni [The Cat and the Canary, Usa 1927, 84’] Versione restaurata, colonna sonora di Hugo Riesenfeld h 20.00 “Sinfonie dell’orrore” intervento di Grazia Paganelli h 21.00 Nosferatu il Vampiro di Friedrick Wilhem Murnau [Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens, Ger. 1922, 94’] Versione restaurata, colonna sonora di Danilo Rea

Una città popolata di ombre Il caos, interiorizzato nella coscienza dell’individuo ed esternato nell’ambiente in cui esso si muove, è il grande protagonista del cinema espressionista tedesco. I personaggi che popolano le pellicole degli anni Venti hanno spesso a che fare con doppi o esseri mostruosi che agiscono su di loro o per loro conto, creando un alter ego demoniaco che si insinua nella loro lineare esistenza. L’individuo non è più un unicum ma è sdoppiato e influenzato da correnti sotterranee che lo spingono o lo rendono vittima di atti di inaudita e inspiegabile violenza. In questo gioca un ruolo centrare l’ipnosi, chiara influenza della neonata scienza psicoanalitica, adottata da figure manipolatrici come Caligari e Mabuse.

MEDIATECA REGIONALE Il luogo in cui si muovono i protagonisti esteriorizza le inquietudini individuali, manifestandosi in maniera altrettanto minacciosa; la città come luogo in cui la coscienza umana può solo sgretolarsi, annientarsi; le caotiche fiere di paese e le solitarie strade popolate da ombre mostruose, che si appiattiscono su scenari dalle prospettive distorte. Fritz Lang nel 1927 sintetizza questo sdoppiamento figurativo ed esistenziale alla perfezione, raccontando di esseri disumanizzati dall’alienazione nella costruzione della città di Metropolis, la Babilonia del futuro, in cui il corpo umano cede il passo alla robotizzazione attuando così l’annientamento definitivo della coscienza, profetica rappresentazione delle tragedie storiche imminenti. (M.U.)

Venerdì 22 Novembre h 18.00 CINEMA ASSOLUTO / 1 Walter Ruttmann – Lichtspiel Opus 1 [Ger. 1919, 9’30”] Viking Eggeling – Diagonal Symphonie [Ger. 1921-25, 5’] Hans Richter – Rhythmus 21 [Ger. 1921, 3’] Hans Richter – Filmstudie [Ger. 1926, 4’] Oskar Fischinger – Studien nr.12 [Ger. 1932, 5’] Man Ray – Le Retour à la raison [Fr. 1923, 3’] Henri Chomette – Cinq minutes de cinéma pur [Fr. 1926, 4’30”] Germaine Dulac – Themes et variation [Fr. 1928, 9’30”] i film saranno introdotti da Bruno Di Marino Venerdì 29 Novembre h 18.00 CINEMA ASSOLUTO / 2 Fernand Legér – Ballet mécanique [Fr. 1924, 16’] René Clair – Entr’acte [Fr. 1924, 22’] Marcel Duchamp – Anemic cinéma [Fr. 1926, 7’] da Hans Richter, Dreams That Money Can Buy Marcel Duchamp – Discs [Fr. 1947, 4’] da Hans Richter, Dreams That Money Can Buy Fernand Legér – The Girl With The Prefabricated Heart [Francia 1947, 8’] da Hans Richter, Dreams That Money Can Buy i film saranno introdotti da Marco Senaldi


Se è vero, come sosteneva Truffaut, che fare un film «significa prolungare i giochi dell’infanzia» è altrettanto sicuro che entrare in una sala cinematografica ci pone tutti nello stato di bambini, stregati dallo schermo e da ciò che su di esso si sta proiettando. Di qui l’indubbia potenza del mezzo cinematografico che, se sfruttato con la giusta consapevolezza e competenza, può rendere un servizio utilissimo a tutti noi e in particolar modo a un sistema educativo che si pone il compito di rendere i bambini e i ragazzi degli spettatori consapevoli. È questo infatti l’obiettivo di Sguardi in/quieti, la manifestazione promossa dalla cooperativa sociale Il Nuovo Fantarca e in programmazione fino al 12 dicembre tra il Cineporto di Bari e la Mediateca Regionale. L’evento, ricchissimo di iniziative, si rivolge agli educatori e ai giovani spettatori per sfruttare il mezzo audiovisivo a fini didattici e pedagogici. Sguardi in/quieti ha infatti come fulcro tematico la giovinezza e il medium cinematografico in ambito pedagogico, declinandoli tramite attività formative e allo stesso tempo proiettando pellicole che dell’ottica infantile ed adolescenziale hanno fatto una prospettiva privilegiata.

Giovani sguardi in/quieti Ragazzi e Cinema: due mondi a confronto a cura di Marilù Ursi

La rassegna, ricca di recentissime produzioni cinematografiche, è stata inaugurata con Hoppet di Petter Naess, a cui seguono titoli di registi europei in cui vengono affrontate tematiche care al pubblico più giovane. In cartellone troviamo Eva di Kike Maillo, Regret! Di Dave Schram, Kauwboy di Boudewijn Koole, per poi passare ai film Tutti giù, Ruggine e L’Intervallo accompagnati dalla presentazione dei rispettivi registi: Niccolò Castelli, Daniele Gaglianone e Leonardo Di Costanzo. Il Cineporto di Bari è inoltre la sede in cui si svolgono seminari di approfondimento sul ruolo del cinema come valido strumento per affrontare e accogliere la diversità. Tra i temi e le partecipazioni in cartellone vanno segnalati la presenza di Eva Schwarzwald dell’European Children’s Film Association e l’approfondimento sul possibile ruolo formativo dei videogame assieme a Matteo Lollini e Andrea Dresseno dell’Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna. Si prosegue con Miomir Rajcevic (presidente del Media Education Centre e dell’International Youth Media Summit) per parlare del cinema balcanico e dell’uso delle tecnologie con giovani affetti da disabilità fisiche, mentre Céline Ravenel (direttore artistico del Festival Ciné-Jeune di Loan e presidente dell’European Children’s Film Association) offrirà la sua esperienza nell’interazione tra ragazzi e media education in Francia; il ciclo di seminari si conclude il 12 dicembre con Kristof De Win, responsabile dell’area educativa Jekino, che affronterò il tema della produzione audiovisiva indirizzata a bambini in età prescolare. Oltre al ciclo di proiezioni e seminari ci saranno anche due workshop in Mediateca Regionale il 4 e 10 dicembre con Daniele Gaglianone e Leonardo Di Costanzo, entrambi coordinati dal critico Massimo

Causo. Due registi che hanno esplorato il mondo giovanile schiacciato dalla vita urbana troppo spesso sinonimo di una visione adulta ottusa. Di Costanzo sceglie di ricreare per i suoi giovani protagonisti in L’Intervallo «uno spazio all’interno della vita di questi ragazzi nel quale recuperano la propria adolescenza in una città dove spesso sono costretti a crescere troppo in fretta» ; Daniele Gaglianone, nel suo Ruggine, si concentra invece sulla periferia come luogo di confine «oltre che urbano anche sociale ed esistenziale» e ricrea una dimensione in cui l’infanzia conserva uno sguardo ben più lucido di quello adulto. Sulla scia di queste riflessioni è ancora Truffaut a guidarci, in una scena ormai entrata nell’immaginario collettivo, con la corsa finale di Antoine Doinel ne I quattrocento colpi.


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Visioni a confronto Il signor Malaussène a cura di Antonella Di Marzio

Il paradiso degli orchi
 di Daniel Pennac Guarda il trailer del film http://bit.ly/184vdHE

Chi continua a far esplodere le bombe in un grande magazzino di Parigi? La risposta è nota a gran parte degli spettatori; sono ben altri i dubbi suscitati dal Paradiso degli orchi di Nicolas Bary, adattamento cinematografico dell’omonimo primo volume (1985) del ciclo Malaussène, firmato da Daniel Pennac e pubblicato in Italia da Feltrinelli. Oltre a dover superare l’istintiva diffidenza dei lettori nei confronti del grande schermo, il film di Bary si trova a ricostruire una narrazione allucinata e costellata di personaggi completamente fuori dall’ordinario, il cui creatore, per di più, proprio al piacere della lettura ha dedicato un saggio (Come un romanzo, Feltrinelli). Se a questo si aggiunge il notevole successo di pubblico dei volumi della saga, le sfide affrontate dal film appaiono chiare. Come rendere giustizia a Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio, sospettato numero uno degli attentati avvenuti nel grande magazzino per cui lavora? Come ritrarre la sua strampalata famiglia, popolata da fratellastri messi al mondo da una madre sempre assente? La nonconvenzionalità dei personaggi si rivela un’arma a doppio taglio: fondamentale per dare carattere alla narrazione, si traduce sullo schermo in un eccesso macchiettistico che di fatto appiattisce i protagonisti in ‘tipi’. Nemmeno le colorate scelte visuali – basate su una traduzione della sceneggiatura in fumetto – bastano a rendere vivida la brulicante realtà di Belleville, il multietnico quartiere parigino in cui vive la famiglia Malaussène. A edulcorare la narrazione contribuiscono poi le assenze ingiustificate di Théo, tanto amico della famiglia quanto della popolazione notturna del Bois de Boulogne, e di Clara, l’adorata sorella verso cui Benjamin nutre – e censura – fantasie quasi incestuose. La necessità dei tagli si renderebbe più opportuna altrove; nella difficoltà di seguire il filo narrativo, il regista non sfrutta fino in fondo la possibilità di configurare il grande magazzino come personaggio a sé. La posizione di Malaussène – pagato perché lo possano sgridare – si presta bene a una quanto mai attuale critica della divisione del lavoro nell’odierna società dei consumi. «È sempre colpa sua!», recita il claim del film, con il doppio effetto di ridicolizzare il protagonista e di suscitare, a una lettura meno superficiale, una più amara riflessione. E se nel film l’intima condizione di capro espiatorio viene più


Il paradiso degli orchi
 di Nicolas Bary luce gli aspetti più intimi di Malaussène; una rappresentazione che mettesse in scena tutta la famiglia fagociterebbe un personaggio che per tutta la saga mantiene lo status di protagonista e voce narrante. Non si biasimi dunque troppo Bary, se il tentativo di essere onnicomprensivo non ha sortito i risultati sperati: la colpa è come sempre di Benjamin, che proprio non ci sta a farsi togliere di bocca il gusto di raccontare.

marcatamente imposta dall’esterno, a mutare sono anche gli antefatti della vicenda, evocando orchi diversi da quelli chiamati in causa dal libro: una scelta che viene in aiuto allo spettatore, evitando di aggiungere ulteriore carne a quella già presente sul fuoco. D’altronde, ciò che colpisce dell’intera saga Malaussène è la difficoltà, per il lettore, di riassumere il filo delle vicende in maniera coerente. Probabilmente, il miglior modo per tirar fuori Benjamin Malaussène dalle pagine stampate è quello di focalizzarsi su di lui prescindendo dal resto: un’impresa riuscita a Claudio Bisio, autore e interprete del monologo Monsieur Malaussène, incentrato sull’ansia da paternità imminente che attanaglia un successivo Benjamin incinto. Poiché il pezzo è un adattamento per la scena di Monsieur Malaussène a teatro (pubblicato in Italia all’interno del volumetto Ultime notizie dalla famiglia), si potrebbe obiettare che lo sforzo richiesto a Bisio sia stato relativamente minore; eppure, nell’ambientazione minimale dell’atto unico si aggira un Malaussène assai più espressivo di quello variopinto di Bary. La registrazione dello spettacolo, andato in scena dal 1997 al 2001, è disponibile in un cofanetto (dvd + volume) uscito per Kowalski nel 2004. L’interpretazione di Bisio, su musiche di Paolo Silvestri e Sergio Conforti, restituisce freschezza a una narrazione che rischia di infiacchirsi negli ultimi volumi del ciclo. Lungi dall’apparire riduttivo, il monologo porta alla

Monsieur Malaussène di Claudio Bisio


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Pennac, Dostoevskij e Servillo a teatro

La nuova stagione del Comune di Bari contamina musica, letteratura e arte a cura di Monica Tarricone

Consulta il programma della stagione teatrale http://bit.ly/17u0llv

C’è un’idea che accompagna la stagione di prosa 2013/2014 del Comune di Bari, un’attitudine tipica della postmodernità: la contaminazione. Autori, attori e registi provenienti dalle più diverse esperienze artistiche si esibiscono al teatro Petruzzelli, e anche se ‘La vita è un’altra cosa’ – come recita il titolo della stagione, tratto da uno degli spettacoli in programma (Le voci di dentro) – certamente quella artistica è una scelta che assomiglia alla realtà interconnessa e multiforme di questi nostri tempi. La nuova stagione del teatro barese si nutre soprattutto di letteratura e apre con il primo canto che l’uomo occidentale abbia levato al cielo, l’Iliade messa in scena dal Teatro del Carretto – 16 e 17 ottobre –, ma senza tralasciare classici della modernità come Il sogno di un uomo ridicolo, il viaggio onirico di un aspirante suicida (che si addormenta davanti alla rivoltella) raccontato da Fëdor Dostoevskij nel 1877 e in scena il 20 gennaio per la regia di Gabriele Lavia. Racconti per l’infanzia che hanno ispirato artisti di ogni tempo, le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio sono riproposti il 13 gennaio con Alice Underground in una chiave che si avvicina molto al progetto dell’autore: così come Lewis Carrol volle che la prima edizione della sua opera fosse illustrata da John Tenniel – e pensare che è proprio un libro senza figure a innescare le fantasie della piccola Alice – allo stesso modo questo ‘cartoon teatrale’ si regge sugli acquerelli disegnati da Ferdinando Bruni e animati da Francesco Frongia. L’esperimento più atteso fra quelli a cavallo fra teatro e letteratura è certamente Journal d’un Corps: l’ultimo romanzo di Daniel Pennac è stato adattato per il palcoscenico e interpretato dallo stesso poliedrico autore. Quale mezzo migliore se non la materialità teatrale per raccontare la storia di un corpo dall’adolescenza alla vecchiaia, con tutti i suoi umori, i suoi odori e i suoi ardori? Tre grandi nomi del cinema italiano si confrontano con Anton Čechov e la sua commedia Zio Vanja: Sergio Rubini e Michele Placido, diretti da Marco Bellocchio, sono a Bari il 13 e 14 dicembre. Se Placido dichiara di sentirsi vicino al personaggio del professor Serebrjakov – perché come l’attore ha una moglie molto più giovane di lui – non è altrettanto facile per Rubini, che ha definito l’interpretazione di zio Vanja una sfida per lui, abituato a scappare, quando invece Vanja rappresenta la roccia della famiglia. Spazio anche al piccolo schermo con Beppe Fiorello nei panni di Domenico Modugno in Penso che un sogno così…, che cavalca l’onda del successo riscosso dalla fiction Volare. L’incontro fra il critico d’arte Giovanni Testori e il direttore artistico di Teatri di Dionisio Valter Malosti ha dato vita allo spettacolo Maddalene (da Giotto a Bacon), in programma il 17 marzo. Un progetto che nasce quando nel 1989 Testori pubblica un volume sulle Maddalene nella storia dell’arte – dopo una mostra tenutasi qualche anno prima a Palazzo Pitti – decidendo di non commentare le opere in maniera


Nella pagina a fianco: Il Mercante di Venezia In questa pagina, sopra Le Voci di dentro, a sinistra Iliade tradizionale bensì attraverso «schede-versicoli», come lui le chiamò, ossia poesie che accompagnano l’iconografia della donna nel corso dei secoli. La musica, certo, non può mancare, ed ecco dunque Massimo Ranieri, che con il Viviani varietà ricompone la galleria di ritratti musicali che Raffaele Viviani ha disseminato nelle sue opere. Infine ci sono alcune rappresentazioni che possono essere collocate senza difficoltà nella più pura tradizione teatrale, come il Mercante di Venezia di William Shakespeare, proposto dalla regista Valeria Binasco e dall’attore Silvio Orlando insieme alla neonata ‘Popular Shakespeare Kompany’. Ma lo spettacolo di punta è dichiaratamente Le voci di dentro (25, 26 e 27 febbraio), la commedia che Eduardo De Filippo scrisse in pochissimo tempo nel 1948 pensando a quanto l’Italia fosse lontana dalle speranze che aveva espresso in Napoli milionaria e Filumena Marturano. Una delusione passata in testimone a uno dei più attenti osservatori dell’Italietta moderna, Toni Servillo, che dirige il fratello Beppe, già cantante degli Avion travel. Il regista Servillo considera De Filippo l’ultimo vero autore, perché dopo di lui l’aspetto formale inizia a prevalere sugli altri, e misura il suo genio con un aspetto dell’uomo che ha più sostanza del corpo stesso: la coscienza. La vita sarà anche un’altra cosa, ma è ciò di cui l’arte si deve occupare.


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MEDIMEX: la musica in tutte le sue forme Dal 6 all’8 dicembre la Fiera del Levante di Bari ospita la terza edizione del più grande Salone italiano dedicato all’innovazione musicale. Progettato come un evento in continua espansione, il Medimex racchiude le molteplici anime del sistema musicale italiano, proiettato verso una dimensione europea ma coerentemente immaginato per sviluppare le peculiarità della filiera nazionale. Con un programma che prevede 80 appuntamenti, 21 showcase di artisti italiani ed internazionali e uno spazio espositivo di 8000 mq collocato nella Fiera del Levante, il Salone dell’innovazione musicale dà spazio a oltre 100 stand, 55 eventi che comprendono ‘Incontri d’Autore’, panel, convegni e presentazioni e ben 198 relatori. Elementi che impongono il Medimex come la maggiore fiera di settore italiana e che si rivolgono ad un ventaglio eterogeneo di soggetti. Alla sua terza edizione, il Salone è diventato un importante appuntamento rivolto a chi fa della musica la propria professione: dagli artisti alle agenzie musicali, dai festival alle etichette discografiche, dalle istituzioni culturali alle associazioni di categoria. Allo stesso tempo il Medimex è anche un evento per il pubblico di appassionati, poiché prevede momenti di incontro con i musicisti, tantissimi stand da visitare e ben tre giorni di concerti e showcase distribuiti tra il nuovo padiglione della Fiera del Levante e il Teatro Petruzzelli di Bari. Un grande evento, dunque, in cui l’ente promotore Puglia Sounds mette in comunicazione le realtà locali con il mercato internazionale, favorendo gli intrecci artistici, incentivando i consumi culturali e attivando possibili sviluppi produttivi. A spiegarci in che modo tutto questo potrà accadere da venerdì 6 a domenica 8 dicembre è Antonio Princigalli, coordinatore del progetto Puglia Sounds.


L’edizione di quest’anno del Medimex è particolarmente focalizzata sulla digitalizzazione; in che modo questa sta influenzando il mercato e la fruizione degli ascoltatori? Da diversi anni, e in maniera sempre più accentuata, il sistema musicale sta radicalmente cambiando; questo influisce sia sulle piattaforme di distribuzione che su quelle di vendita, sia per la trasmissione dei contenuti che per gli strumenti atti a usufruire della musica stessa. Ed è proprio la fruizione a esserne influenzata, con una tendenza che, purtroppo, rischia di livellarsi verso il basso anche in termini qualitativi. Viviamo in un’era in cui siamo proiettati in un gigantesco supermercato, abbiamo facile accesso a tutto attraverso tantissime piattaforme, ma se manca l’approfondimento è proprio il mainstream a esserne avvantaggiato. Qual è il primo obiettivo del Medimex? Diventare un grande laboratorio, un master intensivo all’interno del quale tutti i componenti del sistema possano focalizzare il loro sguardo sulle mille sfaccettature del mondo della musica. Il nostro intento è quello di analizzare queste tematiche per comprenderle ed elaborarle. Qual è la tipologia di partecipanti che vi aspettate al Medimex? Il Medimex è rivolto sia al pubblico di appassionati che ai professionisti, e dunque sono presenti case discografiche, agenzie, festival ed etichette. L’impegno primario è quello di creare momenti di approfondimento e confronto per ragionare su (e cercare di migliorare) il mercato. Abbiamo inoltre raccolto la disponibilità di alcuni tra i più importanti rappresentanti del sistema live italiano e internazionale organizzando degli incontri face to face finalizzati alla comprensione delle modalità di partecipazione ai loro showcase.

‘Academy Medimex’ è il premio assegnato durante il Salone alle migliori produzioni italiane e internazionali del 2013. Tra i vincitori figurano Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Cesare Cremonini, Zucchero e Jovanotti. Il mainstrem, dunque, è quello che ottiene il maggior consenso anche dalla stampa? Abbiamo selezionato per far parte della giuria circa cinquanta giornalisti di testate nazionali, passando da coloro che si occupano della musica indipendente a chi ha maggior dimestichezza con gli artisti di grande notorietà. C’è stata davvero ampiezza di vedute e le votazioni hanno portato alla scelta di nomi mainstream. Credo si tratti di una scelta che è specchio di questo Paese, dove mancano gli elementi di approfondimento più ampi per analizzare il panorama musicale. Il sistema culturale è schiacciato, e il poco spazio che c’è viene occupato quasi interamente dal mainstream. La battaglia sta nel raggiungere più canali possibile, una situazione paradossale per il periodo contemporaneo, dove la Rete ti dà la possibilità di apprendere un’infinità di informazioni. Ogni anno Puglia Sounds promuove la pubblicazione di produzioni discografiche; in che modo questa scelta si inserisce nel percorso di progressiva digitalizzazione del mercato? Sono ancora convinto che la produzione discografica sia fondamentale e che resti alla base di tutto, non foss’altro perché rappresenta il vero momento creativo. È ovvio che la Rete ha portato a un abbattimento dei consumi musicali, perché la possibilità di ascoltare tutto in qualunque momento ti permette di non avere più bisogno di acquistare un cd. Anche in questo vi è l’evidenza di un abbassamento della qualità di fruizione e della consapevolezza culturale.


40 Nello scorso numero di «Pool Academy» abbiamo realizzato un articolo sull’impossibilità di realizzare in Italia un festival di caratura europea. Quali ritiene che siamo le cause di questa distanza culturale? Si tratta di un problema di pubblico e di classe imprenditoriale. È vero che non esiste un festival in Italia paragonabile a quelli europei, che prevedono manifestazioni organizzate in più giorni con più palchi, tanti artisti e tanto pubblico. Questo deriva dalla debolezza dell’imprenditoria musicale nazionale, ma soprattutto da un’enorme carenza di spazi dedicati alla musica. Purtroppo in Italia c’è anche una desolante involuzione della curiosità del pubblico, un elemento che rappresenta una profonda problematica. Quali iniziative future verranno realizzate da Puglia Sounds per promuovere il mercato musicale e integrarlo con le più importanti realtà internazionali? Il nostro progetto è quello di ampliare la parte festivaliera, e per farlo dovremo organizzarla in un periodo dell’anno che ci permetta di utilizzare gli spazi all’aperto. Come dicevo prima, gli interventi sul sistema musicale sono decisamente legati alla problematica degli spazi. Avremmo anche potuto mettere sei palchi, ma dove? L’unico modo è quello di utilizzare l’open air e di realizzare qualcosa di ancor più importante.

La pratica del download da iTunes tende a far perdere importanza al disco come concept artistico e a far crescere la cultura del singolo adatto all’alta rotazione radiofonica? Secondo me in Italia c’è sempre stata la cultura del singolo, soprattutto perché sono le major a puntare su questo concetto. Sono tutti indicatori di un mercato che è decisamente retrogrado e poco sviluppato rispetto ad altri.

In questa pagina: Una, che si esibirà venerdì 6 dicembre alle 22,30 Nella pagina a fianco, in alto Imany, le rivelazione musicali dell’anno, che suonerà dal vivo al Medimex sabato 7 dicembre alle 23,00 In basso, Vinicio Capossela, fra i protagonisti della cerimonia di consegna delle Targhe Tenco che si svolgerà domerica 8 dicembre ore 21.00 al Teatro Petruzzelli di Bari.

Il mercato musicale – ma potremmo dire la cultura nazionale tour court – è stato decisamente danneggiato dal principio del ‘tutto gratis’. Come si pone il Medimex su questa tematica? Il Medimex cerca di fare una scelta saggia, perché in questo Salone viene dato a tutto un valore sia culturale che economico. L’ingresso costa 5 euro e consente di assistere a una grande quantità di incontri e presentazioni, mentre con 7 euro si può assistere a più di dieci concerti per ogni serata. I professionali pagano un badge a 50 euro, che permette loro di essere inclusi nel catalogo sia cartaceo che digitale, di partecipare ai face to face e di interagire all’interno di tutto il Medimex. Abbiamo inoltre posto grande attenzione al pubblico dei giovani, stringendo un accordo con l’assessorato alle politiche educative del Comune di Bari. Le scuole della città avranno quindi l’occasione di far accedere gratuitamente al Salone centinaia di studenti delle medie inferiori e superiori. Una convenzione con l’Università degli Studi di Bari prevede inoltre un biglietto ridotto per i suoi iscritti, in modo da avere una gradualità nei costi per ciascuna tipologia di visitatore.


SPECIALE

La tre giorni del Medimex prevede incontri, concerti, showcase e molto altro ancora. Consulta il programma completo del Mexdimex per non perdere nessun evento! http://bit.ly/1aoWhkw

INCONTRI D’AUTORE Dopo l’anteprima realizzata da Puglia Sounds in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari – alla quale hanno partecipato Erica Mou, Radiodervish, Sud Sound System e Canzoniere Grecanico Salentino – il Medimex ospita nove incontri d’Autore durante le tre giornate del Salone. Queste presentazioni sono espressamente immaginate per il grande pubblico di appassionati che riempirà la Fiera del Levante e saranno costruite sotto forma di interviste informali, quasi delle chiacchierate fra amici in cui i musicisti racconteranno le loro esperienze professionali, la loro storia e la loro musica. Protagonisti degli incontri d’Autore saranno Claudio Baglioni, Fedez, Piero Pelù (venerdì 6 dicembre), Francesco de Gregori, Marco Mengoni, Fiorella Mannoia (sabato 7 dicembre), Pino Daniele, Niccolò Fabi e Renzo Arbore (domenica 8 dicembre). Artisti noti e assai diversi, legati fra loro dal successo e capaci di spaziare dalla musica leggera al cantautorato, dal rap alla musica tradizionale, dall’esperienza live al management discografico. Nove appuntamenti per conoscere il lato umano e creativo di questi musicisti, personaggi cardine del panorama nazionale e volti di grande successo per il mercato extra-italiano.


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La rivoluzione musicale passa dall’etere Alessio Bertallot parla della fine dei supporti musicali e presenta al Medimex la sua nuova esperienza di web-radio Mentre i cultori della musica riscoprono il piacere del disco in vinile, un intero mondo di nuovi ascoltatori si affaccia all’ascolto digitale ed all’abbandono dei supporti tradizionali. Il Medimex si interroga su queste tematiche nell’incontro di venerdì 6 (ore 15,00) La musica senza supporti. L’era del disco sta finendo? Il futuro è fatto solo di streaming e podcast? che sarà moderato da Alessio Bertallot e vedrà la partecipazione di rappresentanti di alcuni dei più importanti attori di questo cambiamento: Spreaker, Microsoft, Spotify e Amazon. Ma in che modo questa rivoluzione digitale agisce realmente sulle dinamiche di mercato? Quali sono i reali vantaggi per chi acquista musica? Si sta davvero per perdere l’idea del disco come opera d’arte? Ne parliamo con Alessio Bertallot, storico protagonista della radiofonia italiana, noto per aver intercettato molte delle recenti tendenze sonore con anticipo rispetto al territorio nazionale. Ma l’esperienza di Bertallot non si ferma al suo lavoro in radio o al suo impegno come dj, perché lo speaker sarà al Medimex per trasmettere tre puntate speciali del suo nuovo format realizzato interamente da casa. Casa Bertallot è infatti uno show radiofonico trasmesso online e basato su una riuscita campagna di crowdfunding lanciata sul sito musicraiser.com. Perché, come suggerivano John Lennon e Yoko Ono, la rivoluzione può anche nascere dalla propria camera da letto.

Se davvero l’era del disco sta finendo, siamo destinati a vivere nel pieno regime dell’era del singolo? Si tratta di un passaggio ad un evento che circoscrive la musica ancor più al suo aspetto semplicemente commerciale? Più che l’Era del Singolo, ho paura che possa essere l’Era dello Scampolo, del dettaglio, del vissuto superficialmente, della suggestione, del non approfondimento. Dell’informazione e non della cultura. Può anche darsi però che il cambiamento sia talmente profondo che sia difficile giudicarlo dalla nostra prospettiva di vita, troppo breve per essere una prospettiva storica. Magari il senso di tutto questo casino si capirà fra 100 anni. Quello che sarebbe sicuramente un danno è continuare a credere che la musica si debba avere gratis. Poco importa che sia un oggetto da possedere o un servizio a cui accedere: i fruitori di musica devono avere la consapevolezza che quello che hai gratis, lo paghi da un’altra parte, inconsapevolmente. Quindi, meglio scegliere e sapere che cosa paghi. Non trovi che in questo modo si perda un bel pezzo di concept artistico legato ad un immaginario che non investe solo la musica ma anche l’arte visiva (le copertine) e la parte materiale ed empatica (il rapporto con l’oggetto d’arte disco)? In una società che si avvia ad avere fruitori di contenuti sul web, la cui attenzione media ad un video è sotto i 45 secondi, aspettarsi che si fermino ad apprezzare la fattura di un disco è utopico. O per pochi adepti di sette segrete. Da piccolo passavo le ore davanti al vinile sul piatto a leggere i testi pubblicati sulle copertine che tenevo in mano. Ora, dopo 1 minuto, suona il telefono. È la vita che è da re-impostare. Il resto verrebbe da sé.


SPECIALE

Streaming e podcast permettono, in maniera diversa, di arrivare all’utente quasi in qualsiasi posto e in qualsiasi momento. Una rivoluzione che incide pesantemente sul marketing musicale. In che maniera l’utente ne trae concreto vantaggio e a che costi? Se la fruizione dei contenuti musicali diventa infinita e infinitamente accessibile, ne consegue una svalutazione del valore artistico di quei contenuti. Tutto diventa scontato perché tutto c’è. Occorre fornire strumenti di selezione all’interno di questo oceano di contenuti: discriminare il bello dal finto, l’utile dall’inutile. Se l’oggetto si svaluta, bisogna rivalutarne il senso. Un dj dovrà essere un selector, una web radio dovrà essere guida nel mare. Una casa discografica dovrà fornire percorsi all’interno del proprio catalogo. Pagare per avere questo tipo di servizio culturale può ridare al mercato una ragione economica. La vendita su Internet ha fatto fruttare non solo il mercato prettamente digitale, ma ha incentivato anche la vendita di supporti fonografici come vinile e compact disc. Come interagiscono questi due modelli di ascolto privato? Non saprei dirti, perché io ormai sono diventato talmente onnivoro di musica che non considero minimamente il supporto: mi basta che sia musica. Certo, il non doversi recare al negozio, cercare parcheggio, magari per ordinare un disco che arriverà 15 giorni dopo, ha semplificato molto. Credo però che chi compra il vinile sia un tipo di appassionato che cerca determinati contenuti (dance o storici), chi compra il cd sia un po’ tradizionalista. Chi acquista il file sia uno che finalmente ha fatto pace con la tecnologia.

L’ascolto del digitale ha incentivato, molto più di prima, l’utilizzo di apparecchi auricolari, che creano isole d’ascolto che non sempre interagiscono fra di loro. La musica oggi può avere ancora la stessa capacità di aggregazione al pari dell’ascolto collettivo nei negozi e nei bar? È vero che stiamo diventando isole nella corrente. Ma è anche vero che sono aumentate molto le occasioni di partecipare ad altre comunità, ad altre agorà fra appassionati di musica. Soprattutto grazie ai social. Non so se questo sostituisca appieno l’elemento di socializzazione precedente. La musica, alla fine è un’esperienza privata. La musica celebrata live, un’esperienza collettiva. Diciamo che, almeno, con le cuffie che fanno ora, molti sono tornati a sentire bassi e altri timbri che prima, ascoltando dalle casse del pc, non sapevano neanche esistessero… Casa Bertallot, il tuo nuovo progetto radiofonico, sarà al Medimex. Abbandonata la radio tradizionale riparti con uno show radiofonico che nasce dall’idea di fare cultura da casa, con il sostegno di una campagna di crowdfunding. Ci parli di questo nuovo progetto? La Casa significa intimità e indipendenza, fragilità ma freschezza, radice, fondamento, reset, spontaneità, creatività. La radio fatta da casa è un’idea nuova, che non ho inventato io, ma che forse riesco a comunicare bene, perché l’ho dichiarata e ne faccio un manifesto in un mondo che evidentemente ha un bisogno disperato di aria nuova. Ho cominciato a trasmettere da casa perché era una reazione al vuoto lasciato dal sistema, e ho scoperto di avere intorno un enorme consenso e solidarietà. Allora ho pensato di tradurlo in sostengo economico, per fare sul serio, per una partenza (trovate tutto spiegato su musicraiser.com). Sta funzionando. Una piccola radio sarà al Medimex, al centro del mondo musicale italiano. Il paese reale è molto diverso da quello che i media tradizionali ci vogliono far credere.


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In media we trust! Il mercato musicale e la sfida della digitalizzazione

Enzo Mazza

La digitalizzazione è la nuova frontiera del mercato musicale, una meta alla quale tutti si avvicinano ma che pochi riescono davvero a raggiungere. Se da una parte i forum in Rete osannano la circolazione immateriale dei file come la nuova modalità democratica di promozione della musica, dall’altra le etichette indipendenti spesso si trovano ad affrontare le stesse difficoltà del passato nel colmare le distanze con le major e i grandi gruppi di interesse. A complicare le cose ci pensa la realtà infrastrutturale del Paese, che ancora non riesce ad adeguarsi alle necessità della filiera e a rispettare con coerenza l’agenda digitale. Il Medimex analizzerà questi essenziali temi venerdì 6 dicembre alle ore 11.00 con il panel L’industria musicale e la promozione internazionale dei repertori nell’era digitale, realizzato in collaborazione con FIMI e al quale parteciperanno i rappresentanti delle principali associazioni di categoria musicali europee: IFPI, AIM, Promusicae e AFP. Abbiamo posto alcune domande chiave a Enzo Mazza, Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana, il quale interverrà al Salone come moderatore dell’incontro.

Con l’avvento dei nuovi media e la profonda mutazione del mercato, anche la tutela dell’industria discografica ha dovuto adottare nuove strategie. Quali sono le nuove sfide del contemporaneo? L’industria musicale è stata il primo settore dell’entertainment a confrontarsi con la rivoluzione digitale, un cambiamento epocale che possiamo riassumere in tre fasi. Una prima che ha visto imporre il modello del download lanciato da iTunes, fenomeno dominato per lo più in un primo momento dai singoli digitali, poi il fenomeno del video streaming con YouTube e ora l’audio streaming a la discovery, dominata da servizi come Spotify e Deezer. A tutto questo si è affiancato anche il successo dei social media, con Facebook, Twitter ed altri servizi che hanno portato gli artisti e le case discografiche ad avere un rapporto sempre più diretto con i fan. Il futuro della sfida si giocherà sempre di più tra social media e streaming, con la “curation” ovvero la capacità dei servizi di musica di offrire un’attenzione mirata al consumatore, offrendo playlist e socializzazione integrata, anticipando i gusti del pubblico accompagnandolo in ogni istante e su qualsiasi device. In che modo le istituzioni e i procedimenti legislativi si stanno adeguando al nuovo mercato digitale? Quali sono le maggiori difficoltà nel fronteggiare il cambiamento? La musica digitale sta crescendo con ritmi elevati, anche in Italia ormai rappresenta quasi il 40% del mercato. Ma le potenzialità sono immense, se solo pensiamo all’evoluzione dei media, alla penetrazione, ad esempio, degli smartphone e dell’utilizzo in mobilità. Tuttavia l’Italia sconta un ritardo strutturale, banda larga ancora poco diffusa rispetto ai grandi mercati, un ritardo enorme nell’adozione di un’agenda digitale per i contenuti e la problematica della pirateria. La tutela del copyright è certamente il tema principale del nostro tempo, come sta mutando l’approccio dei fruitori, degli artisti e delle imprese in questo senso? Sul fronte musicale sono decollati business model tra i più diversi, dimostrando che le norme sul copyright sono sufficientemente flessibili per adattarsi al cambiamento. Pensiamo per esempio al fenomeno della monetizzazione di musica sui video UGC su YouTube o in generale alle utilizzazioni personali di file musicali e remix. Sempre più spesso le aziende e gli artisti invitano i fan a proporre rielaborazioni di audio e video e a condividerli sui social network con positivi riscontri del pubblico.


SPECIALE

I LIVE E GLI SHOWCASE DEL MEDIMEX Il Medimex 2013 presenta una lunga serie di concerti e showcase che si distribuiranno nei tre giorni di Salone. Spaziando dall’Italia alla scena internazionale, creando un dialogo fra culture che parte dalla tradizione e arriva all’elettronica contemporanea, il Salone ospiterà tre palchi allestiti nella Fiera del Levante per i live dei 21 artisti selezionati tra le 268 candidature arrivate da 21 Paesi. Giovedì 5 novembre si parte con Birdy, la giovane artista inglese che presenterà al Teatro Forma alcuni brani del suo secondo album Fire Within. Venerdì 6 dicembre sarà di scena il crossover psicotico dei See You Downtown (prodotti da Roy Paci) a cui seguirà il cantautore livornese Bobo Rondelli. La sezione dedicata alla musica internazionale avrà come protagonisti i suoni sixties degli spagnoli Achilifunk Sound System, il punk mischiato alla world dei marocchini Hoba Hoba Spirit, il rock alternativo dei tedeschi Blackmail e il dubstep minimale (ma molto ballabile) del francese Smadj. Fra i selezionati dalla Puglia ci saranno i Crifiu, la Bandadriatica e il grintoso progetto solista di Marzia Stano intitolato Una.

Sabato 7 dicembre la musica internazionale torna in scena con i francesi Gaïo e Temenik Electric, il primo che si muove tra un folk dolce e un reggae dinamico mentre il secondo che ama sperimentare mischiando i diversi generi musicali maghrebini con rock ed elettronica. Dall’Europa arrivano inoltre i Monophona, trio lussemburghese dedito al downtempo, ed il progetto portoghese Ogre in cui la voce si intreccia a laptop e tastiere. Torna inoltre la finestra sulla Puglia con il pop elettronico che vira al noise dei Mai Personal Mood e l’elettronica di matrice europea dei bravissimi Redrum Alone. Dalla penisola approdano inoltre a Bari i punk-noise Luminal e l’electrorock del duo Incomprensibile FC. Sempre sabato il Medimex ospiterà Imany, tra le rivelazioni musicali dell’anno nonché vincitrice del disco multiplatino per il singolo You Will Never Know, che ha venduto più di 60.000 copie. Domenica 8 dicembre, in pomeridiana, sono in programma le esibizioni di Riccardo Tesi & Banditaliana Landscape, Rhò e dell’ottimo progetto Elastic Society del produttore e

musicista pugliese Alberto Dati, il quale presenterà il suo ultimo e potente djset. Evento d’eccezione della terza edizione del Medimex sarà la cerimonia di consegna delle Targhe Tenco 2013, che si terrà domenica alle ore 21.00 al Teatro Petruzzelli di Bari. A presentare la serata ci saranno due istrioni del palcoscenico italiano, David Riondino e Davide Vergassola, che si alterneranno fra gli artisti vincitori della manifestazione. La lista dei premiati vede la presenza di Niccolò Fabi con Ecco per la categoria del migliore album dell’anno, mentre a Cesare Basile verrà consegnato il premio per il miglior disco in dialetto. Il testamento di Appino è stato inoltre scelto come migliore opera prima di un cantautore mentre Mauro Ermanno Giovanardi per il migliore album di interprete di canzoni prevalentemente non proprie. La serata dell’8 dicembre vedrà anche l’esibizione di Manuel Agnelli, dell’organettista Riccardo Tesi, del gruppo di ukulele Sinfonico Honolulu, nonché le performance autonome di due grandi amici del Club Tenco come Renzo Arbore e Vinicio Capossela.

Dall’alto, in senso orario: Bobo Rondelli, che si esibirà venerdì 6 dicembre alle 22,20. Manuel Agnelli, anche lui tra gli artisti della cerimonia di consegna delle Targhe Tenco che si svolgerà domerica 8 dicembre ore 21.00 al Teatro Petruzzelli di Bari. Bandadriatica, in concerto venerdì 6 dicembre alle 21,20.


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Time Zones 2013 Elegia della contaminazione

Fedele al principio di intrecciare le arti e “sporcare” i generi, Time Zones rappresenta da ventotto anni uno degli eventi più interessanti d’Italia dedicato alla musica contemporanea. Grazie alla direzione artistica di Gianluigi Trevisi e ad un team affiatato e innamorato della musica, la nuova rassegna barese parte dalle lande nordiche per creare percorsi sonori che dall’Europa si spostano in America e infine tornano nel capoluogo pugliese. L’apertura del festival è dunque stata affidata a due artisti che hanno fatto della sperimentazione il loro tratto distintivo: Hildur Guðnadóttir e Jóhann Jóhannsson. Entrambi islandesi, entrambi legati a doppio filo sia all’elettronica contemporanea che alla strumentazione più classica, questi musicisti miscelano il suono degli archi alle mutazioni prodotte dalla tecnica digitale. Decisamente diverso l’approccio di Jacaranda Wooden Connections, il progetto capitanato dal compositore Filippo Lattanzi che utilizza l’incantevole suono della marimba per rompere le barriere tra la

musica colta, il jazz e la world. Tra le proposte più innovative dell’edizione 2013, Time Zones propone invece il Dafnis Prieto Proverb Trio, un combo di musicisti davvero interessante ed eterogeneo. Intrecciando ritmiche jazz, keyboard ed elettronica, questo progetto riesce a svecchiare l’impostazione ieratica della musica colta afroamericana e riconsegnarla al pubblico dei nostri giorni. Grande merito va anche dato alle liriche di Kokayi, il rapper che utilizza il suo flusso di parole in rima per stravolgere le accelerazioni di Dafnis Prieto e le stravaganze di Jason Lindner. Straordinario protagonista non solo di Time Zones ma dell’intera scena musicale del 2013, Jon Hopkins presenta, in una collaborazione tra il festival e Kode_1, il suo ultimo lavoro Immunity, candidato al Mercury Prize come miglior album del 2013. Già collaboratore di artisti di prim’ordine come Coldplay, Massive Attack e Brian Eno, il giovane britannico suona un’elettronica ballabile di altissimo livello, creando un anello di


BAM è l’acronimo di Black American Music, il nuovo modo con cui alcuni musicisti afroamericani stanno cercando di prendere le distanze dall’annacquamento del jazz. Ma BAM è anche il nome del nuovo progetto di Nicola

Gaeta, un’operazione editoriale nata per curiosare tra i meandri del jazz moderno di New York e che si divide in due parti: un libro che racconta la sua immersione di un mese nel jazz della Grande Mela (sottotitolo Battiti, Artisti, Club) e un ebook

che raccoglie 64 interviste realizzate a musicisti attivi nella scena del 2013 (sottotitolo Le interviste).

Nicola Gaeta BAM il jazz oggi a New York Pagine 256 | Prezzo € 20 In libreria a dicembre

Jon Hopkins in una foto di Chiara Di Dio

congiunzione fra i bassi profondissimi della scena britannica e la battuta dritta della house. Un autentico talento. Il versante più classico della composizione è invece nelle mani di Claudia Mastrorilli e del duo formato da Erik Honoré e Greta Aagre. La pianista barese presenta infatti il suo album L’attesa, pubblicato dalle Edizioni Rai Trade, e viene affiancata dal bravo violoncellista Piero Salvatori. I due norvegesi, invece, uniscono la chiara vocalità della Aagre al jazz nordico poco ortodosso di Honorè, una commistione che ha avvinto perfino il famoso compositore inglese David Sylvian. La storia della musica fra ‘900 e anni zero sbarca poi a Bari con Cinema Soloriens, la performance multimediale nata attorno a due personaggi eccentrici e leggendari: il grande Marshall Allen, 90 anni fra poco, cofondatore e ultimo leader della mitica Sun Ra Arkestra e James Harrar, musicista visionario e videomaker autore di poemi cinematografici personali ed abbaglianti.

Ultima formazione a comparire nel cartellone di Time Zones 2013 è quella composta da Jim Black, Elias Stemeseder e Thomas Morgan. Il trio presenta il lavoro realizzato fra ritmi balcanici, elementi rock e paesaggi sonori modificati con il laptop, per un live che ha già conquistato i critici di New York City. E proprio la Grande Mela è co-protagonista del nuovo libro di Nicola Gaeta, presentato in anteprima durante l’ultimo appuntamento del festival e concentrato sulla new sensation del jazz mondiale: BAM, l’acronimo con cui viene individuata la Black American Music, un genere meticcio che prova a divincolarsi dalle strette maglie del jazz per inventare qualcosa di completamente nuovo. Un progetto editoriale in perfetta sinergia con Time Zones, scelto per chiudere la ventottesima edizione e per aprire nuovi percorsi sulle vie delle musiche possibili.

TIME ZONES Time Zones, sulla via delle musiche possibili è una rassegna che dal 1986, con cadenza annuale, dà spazio a compositori e musicisti particolarmente attivi nella ricerca di nuove soluzioni sonore. Il festival ha ricavato il suo spazio internazionale ponendo al centro della selezione artistica originali itinerari di ricerca molto in anticipo rispetto alla loro esplosione sul mercato. Questa coraggiosa attitudine ha consentito alla rassegna di intercettare moltissimi musicisti alla vigilia del successo commerciale, artisti dalla personalità poliedrica con forti attitudini al dialogo tra

teatro, danza, cinema, nuovi linguaggi dell’arte e naturalmente musica. Con Time Zones hanno lavorato “da sconosciuti”, costruendo progetti originali, musicisti del calibro di Ennio Morricone, Michael Nyman, Alexander Balanescu, John Zorn, Arto Lindsay, Caetano Veloso, Simon Jeff, Bill Laswell, Hector Zazou, Gotan Project, R. Sakamoto, G. Sollima, Laurie Anderson, Nusrat Fateh Ali Khan, Meredith Monk, Avion Travel, Michael Brook, Nicola Conte, Uri Caine, Renè Aubry, David Sylvian e molti altri.


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L’istante prima dell’azione Emidio Clementi racconta il nuovo album dei Massimo Volume a cura di Michele Casella Elettrici, diretti, inquieti, sono questi i Massimo Volume del 2013. Aspettando i barbari è il loro sesto album in studio, un disco che riparte dalle irrequietezze del passato per arrivare ad un suono sempre più maturo, sferzante, bronzeo. Ne parliamo con Emidio Clementi, leader della band bolognese, voce dei Massimo Volume e acclamato autore di una narrativa che ha molto in comune con il potente immaginario sviluppato in forma musicale.

Visita il sito dei Massimo Volume http://bit.ly/1gJb2Uh

Rispetto al vostro ritorno Cattive abitudini, Aspettando i barbari sembra un album più duro, disincantato e violento. Pensi che si sia persa un po’ di quell’elegia in favore di un impatto più aggressivo? Sì, s’è persa volutamente. Cattive abitudini è un disco che amiamo tantissimo, ma è strettamente analogico e realizzato con delle precise scelte predeterminate. Questa volta volevamo lavorare traccia per traccia, portando l’album agli antipodi di quel suono caldo che è la caratteristica di Cattive abitudini. Si tratta di una scelta che ha anche a che fare con la voce, perché rischiavo di diventare un cantante troppo “intimo”, quasi un crooner, e invece in questo caso serviva un approccio più tirato. Vic Chessnutt, Mark Linkous ed Elliott Smith: gli ultimi grandi cantori dell’America a cavallo del nuovo

millennio, tutti tragicamente morti per suicidio. Il nuovo disco contiene un omaggio a Chessnutt che è quasi ossessivo, inquietante. In cosa si sviluppa questo legame coi Massimo Volume? Anche se non l’ho mai conosciuto, nutro un affetto particolare per Chessnutt, ma mentre lavoravo al disco mi interessava analizzare il modo in cui i suoi limiti personali [Chessnutt aveva gli arti parzialmente paralizzati a seguito di un incidente d’auto ndr.] lo hanno aiutato a creare uno stile preciso e inconfondibile. Nel corso del tempo le chitarre dei Massimo Volume hanno sempre mantenuto una tensione capace di turbare, smuovere le corde più intime dell’ascoltatore. Assieme alle tue liriche, è questo che nel nuovo album contraddistingue il suono della band in un crescendo che colpisce a fondo? Per me le chitarre di questo disco sono allo stesso tempo liriche e rugginose, un elemento importante per un gruppo dove l’apporto vocale non è melodico. Le chitarre spostano l’attenzione, se la prendono. In questo senso, il lavoro di produzione è stato lungo e realizzato assieme a Marco Caldera, il nostro fonico. Le prime registrazioni sono cominciate a novembre 2011, il percorso è stato continuo ed è servito a sedimentare gli elementi alla base di Aspettando i barbari.


MASSIMO VOLUME Aspettando i barbari La Tempesta Dischi Se Cattive Abitudini, l’album della reunion dei Massimo Volume, ha rappresentato un elemento di svolta capace di rinnovare l’identità di una band già storica per il panorama musicale italiano, Aspettando i barbari è allo stesso tempo un ritorno alle origini ed un ulteriore passo avanti. Nuovamente diretto, secco e urgentissimo, l’album possiede quel misto di stridore e velluto che già due decadi fa li ha resi unici non solo per la scena nazionale. Incalzanti nelle liriche, geometriche

Pur avendo attraversato le mode e le etichette di genere, i Massimo Volume sono stati per anni individuati come gli esponenti di un post-rock italiano ante litteram. Esiste davvero un ponte fra la scena di Louisville e la Bologna dei Massimo Volume? In effetti erano dischi che all’epoca sentivamo e che mischiavamo col minimalismo americano, ma siamo sempre stati molto eclettici negli ascolti. Per me i Fugazi sono stati un punto di riferimento essenziale, anche più degli Slint e degli Hüsker Dü. Il fatto di utilizzare una strumentazione prettamente rock ci ha sempre spinto nella ricerca, perché non abbiamo mai voluto essere etichettati. È quindi facile finire nel calderone del post-rock, ma abbiamo sempre cercato di affrancarci dai cliché della musica. Sebbene molto diretto, Aspettando i barbari ha evidentemente una cura nella produzione molto precisa. Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo live dei Massimo Volume, un suono decisamente rock o una grande attenzione per tutte le sfumature del vostro repertorio? Chiaramente abbiamo dovuto riarrangiare il disco per il live, ma cercando di mantenerne tutte le particolarità e le sfumature. Dal vivo il nostro suono è pieno e diretto, alla fine arriviamo quasi stremati. Questa volta abbiamo creato una scaletta con brani che non suonavamo da tempo live, però l’ossatura di base è quella di Aspettando i barbari.

nella batteria, queste dieci tracce colpiscono a fondo anche grazie agli splendidi intrecci di chitarra, ora delicati e melodici ma più spesso aggressivi, appassionati e violenti. Dieci narrazioni che alternano ricordi personali e quotidianità, astrazioni e vividezze, provocazioni e visioni di guerra.Un disco potente e allo stesso tempo intimo, per nulla accomodante ma in grado di creare empatia e coinvolgimento. Un vero disco contemporaneo. (M.C.)

Non mi aspettavo questa copertina per il nuovo disco, ma più la guardo più mi affascina. Sarà per lo sguardo della ragazza, magnetico e diretto allo spettatore, o forse per i colori così differenti dal quel che si vede solitamente in giro… Come è caduta la vostra scelta su questo dipinto di Ryan Mendoza? Innanzi tutto mi piaceva l’idea che si trattasse di un artista contemporaneo. Il titolo del disco mi era già venuto in mente, ma quando ho visto il quadro di Mendoza ho subito pensato che quello è davvero lo sguardo dell’attesa, lo sguardo volto verso qualcosa che è appena entrato nella scena. Il quadro è bello, inquietante e misterioso, specialmente se visto sul formato in vinile, dove l’opera è più grande. Ma alla fine, in realtà, chi sono questi barbari? In effetti non lo so nemmeno io… quando ho scritto dei barbari mi interessava esprimere sia speranza che inquietudine e credo che il disco colga bene questi tratti. Volevo raccontare l’elemento dell’attesa, quel momento in cui i sensi si acuiscono, quando c’è irrequietezza. Come scrittore avevo sempre analizzato l’istante successivo all’azione, qui volevo descrivere quello che lo precede, un momento saturo e aspettative.


That’s (im)possible

Un libro di Cristò

Comincerò presentandomi: mi chiamo Tancredi (il cognome non importa) e sono un M.M.G., un medico di Medicina Generale; un medico di base, come si dice in genere. Il testo che segue questa mia breve premessa mi è arrivato per posta due o tre anni fa ed è rimasto poggiato sulla scrivania del mio studio per diverso tempo. Non ricordo il nome di chi me l’ha spedito, ma era un giovane sceneggiatore che diceva di aver raccolto e filmato diverse interviste a proposito della storia del programma televisivo That’s (im)possible. Non poteva mostrarmi le immagini, in quanto il documentario non era ancora finito e mi chiedeva di leggere il testo e decidere se avessi qualcosa da aggiungere visto che mio nonno e poi io siamo stati i medici di fiducia della famiglia Marinetti per molti anni. Ho letto il testo soltanto un paio di mesi fa e ne sono rimasto molto colpito. Tutti ricordiamo il programma di cui parla il documentario, ma pochi di noi conoscono i retroscena che emergono in questo testo. Mi riferisco in particolare alla vicenda umana e privata di Bruno Marinetti che persino io non conoscevo così nei particolari. Purtroppo la mia indole disordinata e il fatto che la lettera allegata al plico fosse un foglio volante hanno fatto in modo che per me sia totalmente impossibile risalire al mittente di quella lettera. Ho provato diverse volte a cercare sul web notizie del progetto di documentario sulla trasmissione ma, probabilmente per mia incapacità, non sono riuscito a trovarne. Ho ritenuto necessario, tuttavia, adoperarmi affinché il testo divenisse pubblico perché contiene, a mio modesto parere, alcuni spunti di riflessione interessanti; nondimeno per sottoporre ai miei collegi medici lo strano caso clinico che viene descritto nel testo e che ho potuto osservare da vicino, anche se mai fino agli eccessi che potrete leggere. Naturalmente non mi attribuisco la paternità di un’opera non mia e mi limito a questa breve premessa e a una postfazione (altrettanto necessaria). L’editore è consapevole e fornirà il mio numero privato a chiunque, avendone le prove, voglia reclamare la paternità del testo.

Naturalmente tutti sapete che i fatti narrati nel testo sono assolutamente veri e che i nomi e i cognomi delle persone intervistate corrispondono a persone realmente esistenti, quindi non c’è bisogno di alcuna precisazione in merito, benché spero sia chiaro a tutti che anche io potrei essere il personaggio di un libro, creato a bella posta per rendere più realistico tutto il resto. In questo caso immagino proprio che voi lettori non dobbiate temere di riconoscervi in nessuno dei personaggi, sareste in errore. Naturalmente anche voi potreste essere dei personaggi, e così via, ma in questo caso la cosa si complicherebbe troppo e diventerebbe assolutamente vano occuparsene. That’s (im)possible di Cristò CaratteriMobili Euro 8 | 72 pagine Da novembre in libreria

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