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Carpaccio, Venezia e la pittura

Marta Santacatterina dal 18 marzo al 18 giugno 2023 VITTORE CARPACCIO DIPINTI E DISEGNI a cura di Peter Humfrey, con Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer Catalogo Marsilio Arte PALAZZO DUCALE

Non si sa quando nacque, non si sa con quali maestri si formò – probabilmente con Gentile o Giovanni Bellini –, non si sa nemmeno esattamente quando morì, se non che nel 1525 era ancora vivo e che nel 1526 la moglie venne definita vedova. Del misterioso Vittore Carpaccio si sa invece che era “veneziano di Venezia” e figlio di Pietro Scarpazza, un mercante di pellami: con questo cognome, indicativo di una classe sociale umile, firmò le prime opere (Vetor Scarpazo), per poi latinizzarlo in Carpatius o Carpathius, con un’evidente presa di coscienza della sua abilità artistica e della stima goduta tra i concittadini.

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Se l’attenzione verso il pittore ha avuto fasi alterne, il suo riconoscimento presso il grande pubblico risale a sessant’anni fa, quando al Palazzo Ducale di Venezia venne allestita una monografica che riuniva quasi tutti i suoi dipinti e i disegni ritenuti autografi. A contribuire alla sua notorietà fu pure un genio della ristorazione italiana, quell’Arrigo Cipriani che, già del 1950, nel suo Harry’s Bar proponeva il “carpaccio”, sottilissime fettine di filetto di manzo condite con una salsa.

Piazza San Marco 1 – Venezia palazzoducale.visitmuve.it in alto: Vittore Carpaccio, Consacrazione di Stefano e degli altri diaconi, 1511, olio su tela, 148x231 cm., Staatliche Museen zu Berlin, Berlino a destra immagine ricomposta: Vittore Carpaccio Due dame, 1492/1494 ca., olio su tavola, 94,5x63,5 cm, particolare. Museo Correr, Musei Civici Veneziani, Venezia Vittore Carpaccio Caccia in valle (recto), 1492/1494 ca., olio su tavola, 75,4x63,8 cm.

J. Paul Getty Museum, Los Angeles

Ma torniamo al Carpaccio che non si mangia: di lui si ricordano soprattutto gli imponenti cicli realizzati per le “scuole” veneziane, cioè le confraternite laiche assai diffuse nella Venezia dell’epoca. Per più di cinque secoli questi grandi dipinti “hanno rappresentato l’essenza immaginativa della città: lo sfarzo dell’abbigliamento e la solennità dei riti, l’opulenza dei palazzi ricoperti di marmo e le piazze fiancheggiate dai canali, l’onore e la devozione della sua gente”, scrive la studiosa Susannah Rutherglen. L’artista ci presenta così la vita quotidiana nella Serenissima, un’eccezionale scena urbana che infarcisce con fantastiche architetture, rendendo d’altra parte evidente l’inevitabile rapporto tra Venezia e il suo mare.

Ritorno A Venezia

La Fondazione Musei Civici e il Palazzo Ducale di Venezia dedicano ora a Carpaccio una nuova esposizione che sbarca in laguna dopo una prima tappa a Washington, la cui National Gallery of Art ha generosamente collaborato con studi e prestiti. “Rispetto al 1963 abbiamo voluto riportare a Venezia le opere di Carpaccio che si erano allontanate dalla città”, ci racconta il co-curatore Andrea Bellieni, “in modo

CARPACCIO / VENEZIA

da ricomporre per quanto possibile il suo percorso artistico, dalla prima ‘Madonna con bambino’ un po’ acerba e così vicina ai modelli belliniani, da poco riscoperta dai depositi del Museo Correr, fino ai lavori dell’ultimo periodo che spesso la critica considera come ‘stanchi’, nei quali prevale la partecipazione della bottega piuttosto che del maestro. Anche grazie a recenti restauri possiamo oggi riconoscere dei risultati eccellenti in questi lavori tardi, come dimostra per esempio la ‘Fuga in Egitto’, con la sua qualità di dettaglio e di luce”.

Il curatore evidenzia inoltre come si siano riunite alcune opere realizzate in origine per lo stesso contesto: “In primo luogo tutti i sei teleri della Scuola degli Albanesi, oggi dispersi in vari musei, poi le ante della cantoria del duomo di Capodistria affiancate ora a due tele raffiguranti dei profeti e che verosimilmente ne decoravano il parapetto”, e poi lo straordinario caso della tavola con le Due dame (vedi box).

Dagli Esordi Al Successo

Tra le fonti da cui Carpaccio trasse insegnamenti vanno sicuramente citati Antonello da Messina, che fu a Venezia tra 1475 e 1476, Alvise Vivarini e le opere degli artisti fiamminghi che circolavano nel contesto veneto. E quasi certamente il pittore vide gli affreschi tardogotici di Pisanello che adornavano la sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale. A tutto ciò Vittore unì la conoscenza degli artisti del primo Rinascimento italiano, come Perugino e Pinturicchio, che gli permisero di affinare l’impianto prospettico, ma da buon veneziano accese di luce e colore tutti quei modelli, dando vita a uno stile originale, in cui la componente decorativa si unisce alla narrativa.

Non si deve però dimenticare che Vittore Carpaccio fu anche autore di pale d’altare e dipinti con soggetti devozionali, mitologici o ritratti commissionati dall’aristocrazia veneziana. Di fronte al Ritratto del doge Lorenzo Loredan o al tessuto che fa da quinta al Sangue del Redentore, non si può peraltro non citare quella raffinatissima produzione di broccati e velluti in seta che rese celebre Venezia in tutto il mondo. Dal secondo decennio del Cinquecento opere dell’artista furono richieste anche fuori dai confini della sua città, a Treviso, a Brescia e nel territorio bergamasco, nonché sulla sponda orientale dell’Adriatico.

I Disegni Di Carpaccio

Già dal titolo della mostra si può intuire la considerevole presenza di opere su carta. I disegni di Carpaccio costituiscono “il più grande corpus grafico superstite di un pittore veneziano quattrocentesco, e ciò sfata il luogo comune che i pittori veneti non disegnassero”, racconta Bellieni, sottolineando peraltro che schizzi e bozzetti evocano alcuni grandi cicli di teleri rimasti nelle sedi storiche veneziane. Dalle figure tracciate su carta azzurra e lumeggiate con colpi di biacca, oppure disegnate con

I Grandi Cicli Di Carpaccio

committente soggetto collocazione

1490-1500

Scuola di Sant’Orsola

9 teleri con le Storie di Sant’Orsola Gallerie dell’Accademia, Venezia

1494-1495

Scuola Grande di San Giovanni Evangelista Miracolo della reliquia della Croce a Rialto Gallerie dell’Accademia, Venezia

1502-1507

Scuola di San Giorgio degli Schiavoni

9 teleri relativi a 4 cicli narrativi indipendenti sulla vita di Cristo, Girolamo, Giorgio e Trifone in situ

1504-1506

Scuola degli Albanesi

6 teleri con le Storie della Vergine Accademia Carrara, Bergamo Pinacoteca di Brera, Milano Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro, Venezia

1507

Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale Consegna del baldacchino distrutto dall’incendio del 1577

1511-1520

Scuola di Santo Stefano

5 teleri (di cui uno perduto) con le Storie di Santo Stefano Gemäldegalerie, Berlino Louvre, Parigi

Pinacoteca di Brera, Milano Staatsgalerie, Stoccarda la calda sanguigna, si coglie la genesi del processo creativo del maestro e si capisce anche il business model alla base di una bottega rinascimentale: i disegni costituivano un preziosissimo repertorio che venne usato dagli allievi e dai due figli Pietro e Benedetto, anch’essi collaboratori di bottega dal 1510, per replicare le figure di Carpaccio, rispondendo così alle numerose richieste del mercato.

Andrea Bellieni spiega infine i motivi per cui vale la pena visitare la mostra: “Innanzitutto perché Carpaccio è un grande artista, nonostante sia stato sottovalutato dalla critica che lo ha considerato un pittore nazional-popolare. In realtà molte opere sono espressione di altissima poesia, e lo dimostra la ‘Pietà’ della Fondazione Magnani-Rocca. Non è solo un pittore decorativo, nonostante a prima vista si venga catturati dalla sua capacità di dettaglio. I veneziani inoltre apprezzeranno la ‘Caccia in valle’: un’autentica elegia di paesaggio di laguna, nella quale si riconoscono lo stormo di uccelli, le tecniche di pesca con i cormorani, i costumi dei vogatori africani, le imbarcazioni dette fisolere. Una piacevolezza di racconto che lo pone tra i grandi maestri del Quattrocento veneziano”.

Nella seconda metà dell’Ottocento, John Ruskin contribuì alla fama di Venezia nel mondo e alla conoscenza dell’amato Vittore Carpaccio. Inaspettatamente l’inglese rimase folgorato dalle Due dame del Museo Correr: “Io non conosco nessun altro dipinto al mondo che possa essere paragonato ad esso”, dichiarò. Quella tavola enigmatica che raffigura due “maliarde” su un balcone, circondate da un bambino, dei volatili e due cani, è protagonista di un “ricongiungimento” straordinario. Già da tempo si sa che il dipinto intitolato Caccia in valle è stato ricavato dalla stessa tavola, prima del 1776: tornate a combaciare le due parti, si è restituita quella che è stata interpretata come l’anta di una porta a soffietto, sul retro della quale è ancora presente un trompe l’œil con lettere appese. Verosimilmente l’anta si completava con un pendant: chissà che grazie alla mostra non sia possibile rintracciare la parte perduta!

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