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NEWTON E LA MODA

La mostra pone un interesse specifico sui servizi di moda più anticonvenzionali. Helmut Newton inizia il proprio cammino nella fotografia a 16 anni come assistente della fotografa di moda Yva (Else Ernestine Neuländer-Simon), che viene uccisa nel 1944, in un campo di concentramento, perché ebrea.

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Le foto – caratterizzate da un dinamismo sino ad allora mai visto – che lo rendono famoso nel mondo della moda sono quelle dedicate ad André Courrèges, pubblicate nel 1964 sulla rivista inglese Queen Collabora in questo periodo con Vogue Francia ed Elle Francia. Sempre durante gli Anni Sessanta lavora per Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld, realizzando una tipologia di immagini che potrebbe essere definita metafisica.

Tra i suoi lavori più particolari ci sono Naked and Dressed, dittici in cui i modelli sono chiamati a posare nudi e vestiti. Chiamato da Burberry, deve fotografare un impermeabile di materiale plastico, completamente trasparente, che fa indossare alla modella nuda, fotografata poi di profilo, dando vita a un’immagine di grande raffinatezza.

Come spiega Denis Curti: “È tra i primi a lavorare, in tempi non sospetti, alla comunicazione unbranded. Una sua bellissima immagine ritrae Paloma Picasso, che mostra parte del seno nudo. Indossa un vestito elegantissimo e un gioiello prezioso, ha in mano un bicchiere di vino. Il committente è con ogni probabilità Cartier”.

Proprio attraverso la moda Newton cattura lo spirito del tempo, con una visione e un linguaggio di ampio respiro che lo rendono unico nel panorama della fotografia fashion del XX secolo.

modelle faceva fare quello che volevano. E questa è anche la versione della modella Sylvia Gobbel. L’attrice Charlotte Rampling, che di Newton è stata grande amica e modella tra le preferite, ha sottolineato in più occasioni la sua capacità di fare emergere la sensualità delle protagoniste delle sue foto e di smascherare i tabù.

Non ha fotografato solo donne, però.

Infatti. Quando fotografa Andy Warhol, lo fa come se l’artista fosse il Cristo morto del Mantegna, lo immortala mentre dorme su un divano con la stessa prospettiva. Conosceva la storia dell’arte e la utilizzava, aveva un occhio straordinario. Era capace di metabolizzare quanto vedeva. Per realizzare i Big Nudes, a grandezza naturale, stampati su carta da affissione, che accolgono il visitatore nella Helmut Newton

Foundation a Berlino, si era ispirato ai grandi manifesti piazzati dalla polizia tedesca, negli Anni Settanta, per ricercare i membri della banda Baader-Meinhof. È stato uno dei primi a realizzare delle immagini così grandi, esagerate. Da esse emerge una donna potente, totalmente consapevole del proprio corpo, della propria bellezza, del proprio potere seduttivo. Emergono il suo amore per il lusso e la sua capacità di dare un volto alla liberazione dei gusti sessuali, che non era per forza perversione.

Le fotografie in mostra sono degli scatti vintage?

La maggior parte sì. Arrivano dalla Fondazione. Ci sono anche materiali di formato contenuto, ai quali il pubblico è poco abituato, quando si tratta di Newton. Sono materiali preziosi e importanti.

A tuo parere una donna del nostro tempo come guarda la fotografia di Newton?

Ho fatto questa domanda ad alcune donne e tutte mi hanno risposto che non ci penserebbero un attimo a farsi fotografare da lui. La sua idea di bellezza è tutta da riscoprire.

Se dovessi riassumere, con poche parole, la figura di questo protagonista della fotografia del XX secolo, quali useresti?

Newton è stato un grande indagatore della dimensione segreta del mondo privilegiato del lusso, della ricchezza, che ha raccontato come

La Mostra A Milano

se fosse alla portata di tutti. È stato soprattutto un grande innovatore, che ha usato la fotografia per scardinare una serie di pregiudizi che, forse, in molti casi sono ancora in essere. È stato un punto di riferimento imprescindibile per la nuova generazione di fotografi, i quali hanno preso da lui questo coraggio di non piacere a tutti, per forza, e che, in tal senso, hanno cercato di essere se stessi. È stato un uomo profondamente sincero e scomodo.

Curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, la mostra al Palazzo Reale di Milano riunisce 250 fotografie, riviste, documenti e video per descrivere il percorso del fotografo tedesco, naturalizzato australiano.

Oltre alle immagini iconiche di Newton, nato nel 1920 e scomparso in un incidente d’auto, a Los Angeles, nel 2004, sono esposte anche molte opere inedite, collocate in ognuna delle sezioni cronologiche in cui è divisa la rassegna.

Dopo la morte di Newton e quella della moglie June, più conosciuta come Alice Springs, nel 2021, l’archivio berlinese è stato riorganizzato, con la conseguente riscoperta di alcuni lavori fondamentali. Gli inediti riescono a sottolineare l’imprescindibile mutamento prodotto nel mondo della fotografia di moda: se William Klein aveva portato le modelle nel traffico newyorchese e Richard Avedon aveva chiesto all’indossatrice Dovima di mettersi in posa tra le zampe degli elefanti del circo, Helmut Newton crea autentici racconti per i quali trae ispirazione dal cinema e dalla cronaca

Lo spettatore della mostra è guidato alla scoperta della genesi dei lavori attraverso Polaroid e contact sheet. Accanto al “pubblicato” sono allestite le foto che, al termine dei diversi servizi su committenza, Newton realizzava per la sua ricerca personale – veri e propri gioielli che offrono ulteriori chiavi di lettura rispetto alla sua poetica.

A partire dagli Anni Novanta, il fotografo inizia a lavorare per campagne pubblicitarie commissionate da grandi brand di moda e non solo: Chanel, Thierry Mugler, Yves Saint Laurent, Wolford, ma anche Swarovski e Lavazza. Molte delle foto realizzate in tale ambito erano rimaste sino a ora chiuse nelle cassettiere dell’archivio. La mostra milanese presenta numerosi inediti relativi a questo capitolo della produzione di Newton, che contribuiscono a porlo in una dimensione altra rispetto ai fotografi più “tradizionali” della sua generazione.

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