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Molise

Dove siamo

In copertina: Veduta panoramica del centro storico di Chiauci (Opera di Valentino Di Pilla, 1968)

Sommario IL TERRITORIO

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LA STORIA

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ARTE ARCHITETTURA

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TRADIZIONI

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a salvaguardia del nostro patrimonio storico, ambientale e artistico per noi è un dovere che sempre più viene sentito come necessità; la conservazione del borgo storico e del suo intorno più prossimo è semplicemente un atto di civiltà nei confronti degli anni a venire, ed è un gesto di profondo rispetto verso i nostri antenati che hanno creato tutto ciò: la memoria e la preziosa riscoperta di sé proiettano infatti, nel futuro e verso altre realtà, l’esperienza di vite vissute, le tradizioni popolari secolari, la conoscenza dei luoghi. Da qualunque parte vi si giunga, Chiauci si presenta con una natura intensa: sorgenti, fiumi, montagne e verdi boschi che rappresentano il patrimonio naturale incontaminato che si fonde con la bellezza del borgo antico. Un territorio da vedere, ma soprattutto da scoprire, con un ambiente che testimonia l’armonia fra l’uomo e la natura, dove le essenze appenniniche, la storia, il folklore, le tradizioni e l'arte culinaria dimostrano la presenza di una popolazione tenace e capace di conservare uno stile di vita sano e familiare: la dimensione umana del paese, le sensazioni che si provano grazie ai dialoghi che si intrecciano, le conoscenze che si consolidano in nome di un'amicizia senza confini e senza misteri, sono qualcosa di poetico, di nobile. A Chiauci è piacevole soggiornare in tutte le stagioni dell’anno grazie alle varie opportunità offerte dal territorio agli amanti della natura, dell'arte e agli sportivi: area MaB, sentieristica (trekking, mountainbike, trial, ippoturismo) aree picnic, Parco Avventura, parco giochi, aree sportive, aree camper, pesca sportiva, funghi e tartufi... Questo opuscolo vuole illustrare sinteticamente le ricchezze di cui il piccolo borgo di Chiauci dispone grazie a millenni di storia, che hanno lasciato tracce indelebili nella morfologia del territorio, nel sistema floristico e faunistico, nelle architetture, nell'arte e nel tessuto sociale dei suoi abitanti che certamente sapranno essere apprezzate da tutti coloro che vorranno farci visita. Egildo Di Pilla Sindaco di Chiauci

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.” (Da “La luna e i falò” di Cesare Pavese)

GASTRONOMIA

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PERSONAGGI

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SENTIERISTICA

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NOTIZIE UTILI

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PRESENTAZIONE

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IL TERRITORIO

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Natura e ambiente abitato di Chiauci si addensa sulla sinistra dell'alto corso del fiume Trigno, là dove il fiume formava, in Località Foce, una cascata con un salto di 60 metri, ora inglobata dall’invaso artificiale che si allarga alla sinistra della S.S. Trignina. Il suo corso bagna l’intero agro come fiume principale. Il suo territorio è quasi esclusivamente montuoso con boschi di querce, cerro, abete e pino: la sua massima altitudine è raggiunta in Località Ciocchetta (1028 metri), mentre quella minore si registra alla confluenza del Vallone Fucile del Fiume Trigno, sul confine di Civitanova del Sannio (618 metri). Altre alture di una certa rilevanza sono anche i Monticelli (1020 metri), il Monte Lupone (1020 metri), il Colle Sant’Onofrio (964 metri), il Colle Leone (939 metri) ed il Colle Calvario (933 metri). Altra emergenza naturalistica è il Tratturo Castel di Sangro-Lucera, che entra nel territorio chiaucese a lato del Bosco di Sant’Onofrio, quindi, attraversato il fiume Trigno, arriva in Località Civita.

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In alto: Veduta panoramica del centro storico. In basso: Veduta aerea del paese. Nel testo: Il tratturo segnalato nel territorio comunale. A pag. 7, dall’alto in basso: L’area picnic, il Parco Avventura e il Bosco in Località Sant’Onofrio.

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Le Risorse boschive boschi sono il vero e proprio vanto del paese. Quello di Sant’Onofrio è uno scrigno di tesori, racchiudendo sulla sommità del monte una fortificazione sannitica del IV sec. a.C. ed aprendo alle sue falde una cappellina settecentesca, intitolata al Santo, posta al centro di un'area attrezzata. Il bosco è una delle numerose oasi verdi di Chiauci, luogo ideale per chi sia in cerca di tranquillità e di salubrità. Il luogo è meta domenicale ed estiva di comitive e famiglie che amino ritemprarsi all'ombra di maestosi alberi alti più di 30 metri ed usufruire di griglie, tavoli e panche dell’area attrezzata, ove in agosto è presente anche un punto di ristoro. Nel territorio comunale

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sono presenti siti SIC quali la Gola di Chiauci e il Bosco di CollemeluccioCastiglione-La Cocozza. Tra le aree predisposte per il picnic segnaliamo quelle di Selvapiana e di Colle Sant’Onofrio, il Camping in Località Piana con area camper (adiacente il Bosco di Sant'Onofrio) e il costruendo Baby Park, gestito dall’Amministrazione provinciale di Isernia. Vi è inoltre la possibilità di percorrere sentieri per il trekking e per la mountain bike. In Località Marrangone si apre la Grotta Verde, detta anche Grotta dei Briganti. Notevoli due alberi monumentali di Roverella presenti nel territorio: in Località Marrone (circ. m. 4,15, alt. m. 15) e nel centro abitato (circ. m. 3,15, alt. m. 15). È in fase di ultimazione un percorso Parco Avventura.

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Il fiume Trigno e le sorgenti d’acqua l Trigno, che nasce alle pendici di Monte Capraro, in Località Sant’Angelo di Vastogirardi, dopo aver attraversato i territori di Vastogirardi, di Agnone, di Carovilli e di Pescolanciano, segna l’intero agro di Chiauci. Il fiume è alimentato da numerose sorgenti che sgorgano in loco (Fonte Maciocia, Fonte Cristallo, Fonte Ciampaglione, Acqua Nera, Fonte Casale, Fonte Canale): sembrerebbe anche che l’acqua di alcune di esse, oltre ad essere pura e leggera, abbia proprietà curative (Fonte degli Ammalati, Fonte di S. Stefano). L'acqua è ed è stato un elemento di enorme importanza per lo sviluppo del territorio e della sua economia. Da una ricerca condotta dalla Pro Loco, sono infatti attive oltre 40 sorgenti: intorno a molte di queste sono anche state attrezzate aree a carattere ricettivo, tra cui meritano menzione Fonte La Terra, usata in passato anche come lavatoio, Fonte Spaventa e Fonte La Regina.

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In alto: Il fiume Trigno entra nel territorio di Chiauci. In basso: Il fiume entra nell’invaso di Chiauci. Nel testo: Ruderi del ponte medievale sul Trigno. Foto a pag. 9, dall’alto in basso: Ponte Tesa sul Trigno, Fonte Spaventa, Fonte La Terra e Fonte Regina.

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La Flora

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La Fauna

ungo la collina interna ci sono l territorio conserva ancora la selvagzone di boschetti di querce e di gina di un tempo. È possibile trovare roverelle, presenti fino a 1100-1200 le quaglie, la starna, la pernice. metri di altitudine. Questi boschetti si La lepre è presente ovunque, sia in collialternano a radure fiorite, garrighe e na sia in montagna, grazie anche al sistealberi a basso fusto. matico ripopolamento operato dalla Nella zona montana, intorno ai 1000 Pro-vincia di Isernia, nonchè dalle assometri, si allargano ginestre e piante aro- ciazioni di cacciatori. La volpe è molto matiche (rosmarino, salvia, In basso: Staphylea pinnata, vol- presente nell'agro di origano e timo). garmente chiamata anche Falso Chiauci. Il cinghiale trova il L’abete bianco in prossimità pistacchio, e un magnifico esem- suo habitat naturale nelle della riserva MaB di Col- plare di volpe. A pag. 11: Un cin- zone dell'Alto Molise, nei ghiale, nel tondo, e Chiauci da lemeluccio è specie domi- Monte Lupone, in basso. boschi di Chiau-ci, Pesconante endemica, che vegeta lanciano, Carovilli, Vastoallo stato puro alle medie quote cui si girardi ed Agnone, dove ha proliferato, associano il cerro, l’acero e il carpino favorito dalla fitta vegetazione e dai nella zona medio-bassa ed il faggio alle regolamenti sulla caccia. Anche Il lupo è quote elevate. Nel primo caso il sottobo- presente sui monti che circondano il sco rigoglioso è rappresentato soprattut- paese, così come il tasso, la donnola, la to da biancospino, prugnolo, nocciolo, lontra e la faina sono presenti, anch'essi, mentre nel secondo è limitato a qualche in zone di montagna. Nel Trigno ci sono sporadica pianta di pero, melo, pruna- diverse specie di salmonidi, tra cui la stro, sorbo, maggiociondolo. Nei boschi trota. Presenti anche ciprinidi, cavedani, ci sono numerose varietà di funghi e, barbi, tinche, varioni, scardole, alborelle soprattutto, di tartufo bianco e nero. ed anguille. Tra gli uccelli, ad altitudini Nella Gola di Chiauci è presente anche elevate è possibile trovare l'aquila, lo la Staphylea pinnata, volgarmente chia- sparviero ed il falco. Tra i rettili ci sono il mata anche Falso pistacchio, un alberel- saettone, il cervone, la biscia e la vipera, lo che in Italia si può trovare solo in sia aspide sia vipera comune. ambienti “riservati” ed impervi.

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Monte Lupone e la Chiesa rurale di San Nicola l Bosco di Monte Lupone, nel Comune di Chiauci, confina con Pescolanciano e Pietrabbondante. Molto fitto di cerri, di querce secolari e di abeti bianchi, è meta preferita per cercatori di funghi (galletti, porcini, dormienti, cardinali), tartufi bianchi e neri, e per cacciatori. In Località La Ciocchetta, a quota 1028 slm (la vetta più elevata di tutta l’area nel Bosco di Monte Lupone tra Chiauci e Pietrabbondante), sono i resti di una diruta chiesetta medioevale intitolata a San Nicola, santo molto venerato nei comuni attraversati dal tratturo, già esistente nel XIV secolo. La zona in cui si ergeva il tempio non è di facile accesso, perché situata in un fitto bosco di querce e di cerri, ricovero preferito dai cinghiali. L’edificio, eretto in una pietrosa e ripida radura, doveva avere dimensioni rispettabili, come si può desumere dalla quantità di materiale archeologico precipitato lungo il pendio meridionale, che consente di ipotizzare una struttura che su quel lato poggiava su un muro di terrazza-

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mento alto non meno di 5 o 6 metri, per superare il dislivello. Nel Catalogus Baronum di epoca normanna e da un Registro angioino del 1268-69 (XII Indizione) risulta che il feudo di “Mons Luponis” per quell’anno corrispose la tassa cosiddetta “pro focularibus” per una somma di 1 tareno e VII ½. Tali documenti rivestono particolare importanza per stabilire la data di fondazione della Chiesa di San Nicola di Monte Lupone. Poiché in questi documenti si menziona “Mons Luponis”, è plausibile affermare che la Chiesa ancora non fosse stata fondata, altrimenti la cedola del Giustizierato di Terra di Lavoro e Contado di Molise sarebbe stata intestata non genericamente a Monte Lupone, ossia il feudo omonimo già esistente in epoca normanna, ma alla Chiesa di San Nicola di Monte Lupone. La fondazione del tempio può, quindi, verosimilmente datarsi in un periodo fra il 1268-1269 ed il 1309. L’area è raggiungibile percorrendo il sentiero naturale numero 2 Località Ciocchetta (pag. 49).

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L’Acquedotto Molisano Sinistro e la Sorgente di Sant’Onofrio a captazione delle acque della sorgente più ricca, detta Capo Sorgente, si è avuta sul finire degli anni ’50 del XX secolo dall’Acquedotto Molisano-Ramo Sinistro e fornisce attualmente acqua potabile a 64 Comuni, di cui alcuni abruzzesi. La manutenzione della stazione di sollevamento è sotto il controllo dell’ente sub-regionale Molise Acque, che negli anni è subentrato alla Cassa per il Mezzogiorno, prima, e all’Erim, poi. Alimentato con acque sollevate delle sorgenti Sant’ Onofrio e Pincio e, a gravità, con acque della sorgente San Mauro, serve gli abitanti del Molise compresi tra i fiumi Trigno e Biferno. L’impianto elevatore (dedicato alla memoria di Alfredo Scaglioni, già direttore generale della Cassa per il Mezzogiorno) solleva ad oltre 200 metri di altezza un volume di acqua pari a 3,5 milioni di metri cubi/anno attraverso un impianto di sollevamento formato da 3 pompe, sviluppando una potenza installata di 1.000 KW e con una cabina di trasformazione da 20 KV. La lunghezza totale dell’acquedotto è di Km. 300, mentre il diametro delle tubazioni è compreso tra mm. 600 e 50 che alimentano 63 serbatoi per una capacità complessiva di mc 45.000 di acqua.

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Dall’alto in basso: Lapide commemorativa, motore a gasolio di una nave per sollevamento dell’acqua oramai dismesso e sostituito con pompa elettrica. Sopra: Una delle sorgenti captate. In basso: L’edificio sovrastante la sorgente.

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LeSorgenti d’acqua e fontanili

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La Diga Ponte Chiauci l Trigno alimenta anche la Diga chiamata Ponte Chiauci, grandiosa opera ingegneristica iniziata il 22 settembre 1985 ed ultimata nel 2011, dopo oltre venticinque anni di lavori. La costruzione e la tutela di questo importante bacino di rimessa delle acque per scopi civili, agricoli e industriali sono di pertinenza del Consorzio di Bonifica Sud di Vasto. Là dove oggi si allarga la Foce della Diga, si apriva un canyon naturale di straordinaria bellezza, da cui scendeva una cascata con un salto di 60 metri, con marmitte, grotte, giochi d’acqua e rapide impetuose. Le Gole di Chiauci rappresentavano così un luogo di elevatissimo interesse naturalistico e paesaggistico, uno dei tratti più affascinanti e selvaggi del fiume Trigno. L’area è tuttora un Sito di Interesse Comunitario. L’invaso al suo posto realizzato contiene a pieno regime 14 milioni e 200 mila metri cubi d’acqua ed è in grado di produrre anche energia elettrica grazie a tre piccole centrali idroelettriche. Agli inizi del secolo appena trascorso alle falde della cascata era stata costruita una centrale che, sfruttando il notevole salto delle acque, riusciva a produrre energia elettrica che alimentava le abitazioni e l’illuminazione pubblica (tra i primi paesi della Regione Molise).

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In alto: Il logo del Consorzio di Bonifica Sud di Vasto Bacino Moro, Sangro, Sinello, Trigno. Qui sopra e in basso: L’invaso di Chiauci e, nella pagina accanto, l’orrido della Gola di Chiauci oggi, invece nelle pagine 16 e 17 com’era una volta.

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C’era una volta la Gola di Chiauci n un articolo del 1947, apparso sulla rivista dell’Istituto Geografico Militare Italiano “Universo”, lo studioso chiaucese Vincenzo Grasso affida alla posterità la bellezza della Gola con queste parole:

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La “Foce di Chiauci” è certamente uno dei tanti posti belli e caratteristici del Molise, che purtroppo molti stessi molisani o non conoscono o non apprezzano nella sua importanza e bellezza straordinaria. Né poi esiste un libro o una guida turistica di questa Regione che la menzioni, mentre spesso si ricordano tanti luoghi mediocri solo perché hanno la fortuna di essere vicini alla ferrovia. […] La Gola di Chiauci o Foce, come localmente si chiama (dal latino fauces), si è formata in mezzo ad una piega montuosa calcarea non molto elevata (m. 893), che a forma di un’ampia sella si estende dal lato sud-ovest di Chiauci (La Crocetta, Colle Palombo) alla Civitella e alla Bellavista (m. 980), ad ovest di Civitanova del Sannio. In essa possiamo distinguere una zona superiore ed una inferiore: la prima va dal piano su cui è posta l'officina elettrica alla sommità di Colle Palombo; la seconda dall'attuale alveo del fiume al di sopra del citato piano dell'officina. Esse hanno una origine diversa: la parte superiore della Gola è una vera e propria frattura causata dalla spinta orogenetica che quivi ha trovato un punto di minor resistenza; l'inferiore è stata scavata prevalentemente dall'attività erosiva delle acque del fiume attraverso i millenni. […] Quivi si accede molto facilmente passando per un viottolo dietro l'officina elettrica e

si può andare fino al principio della Gola dove un enorme strapiombo non ci permette di procedere oltre. Da questo punto possiamo ammirare la valle sottostante del Trigno, che si estende dominata dal bel campanile di Chiauci, rocciosa nella Tridodda, Fonte Ranzoni, Coste, e folta di vegetazione nel Bosco dell’Urgo (ingorgo) fino al Ponte La Tesa. Anche questa valle originariamente non era così profonda come lo è attualmente, poiché fu in seguito alla formazione della parte superiore della Gola che le acque del lago, trovata una via d’uscita, cominciarono a defluire in essa e a scavarla. Inoltre il livello del lago doveva essere alquanto più elevato della valle sottostante della Tridodda, poiché le acque del lago, quando uscivano dal bacino, vi cascavano con un notevole balzo. Di fatti nella Sciata Verde all'inizio della Gola, si osservano tre caratteristiche marmitte dei giganti, due immerse nell'acqua e una sospesa sulla roccia a sinistra del fiume. Come è noto, queste si formano o per azione delle acque dei torrenti subglaciali o alla base di una cascata. La parte inferiore della Foce ha avuto inizio con questa cascata che, rodendo continuamente la roccia sottostante, è giunta fino al punto attuale. La Sciata Verde, che può definirsi la porta della Foce, è il tratto più caratteristico di essa, poiché il silenzio e la calma delle sue acque, il colore verde intenso e le ripide pareti rocciose danno al luogo un suggestivo incanto. È un bacino-corridoio lungo quasi 20 metri, largo prima tre o quattro metri e in seguito più stretto, profondo, specie al centro delle marmitte, fino a dieci metri.


Per questa sua speciale posizione e soprattutto per una fortissima corrente che si incontra a monte, se vogliamo inoltrarci a nuoto nella Gola, è un punto molto difficile da superare. Per l'accesso ad essa dobbiamo cercare altri punti. Uno è quello di calarsi con una corda dal finestrone più basso dell’officina. Raggiunte le acque del fiume, le si superano in parte a nuoto e in parte saltando da roccia a roccia. Questa via d'accesso, se da una parte ci fa giungere subito nella parte centrale della Gola, è svantaggiosa perché al ritorno bisogna superare una lunga e forte corrente che si sorpassa molto difficilmente, dopo lo sforzo fatto durante l’esplorazione. Una ulteriore via d'accesso si può tentare nella sopra detta zona della Sciata Verde, poiché oltre la strada già esaminata si può entrare nella Gola diremmo “via terra” (almeno fino ad un certo tratto). Questa è la medesima strada che alquanti anni or sono, e sporadicamente anche oggi, seguono provetti cacciatori per inoltrarsi nella Gola e tirare su l'abbondante selvaggina di colombi selvatici. Consiste nel superare sulla parte destra del fiume una roccia la quale, sebbene non più alta di 3 metri, offre serie difficoltà di scalata. Essa non solo è a strapiombo sulle profonde acque della Sciata Verde, ma è raggiungibile per uno stretto gradino di roccia appena affiorante sull'acqua. Una volta vi si saliva molto più agevolmente: vi si arrampicavano, come ho detto, cacciatori con il fucile a tracolla, ma oggi, così equipaggiati, non lo supera quasi più nessuno, non per diminuito coraggio della gente molisana, ma per il fatto che l'acqua ha enormemente eroso quel gradino di accesso e ne ha aumentato sensibilmente lo strapiombo. Io, giacché scelsi il mese di agosto per questa esplorazione, vi salii in costume da bagno, sia perché nell'insuccesso avrei potuto raggiungere a nuoto la riva, sia perché nell'interno della Gola avrei avuto bisogno di passare a nuoto parecchi tratti del fiume. […] In seguito, per continuare la nostra esplorazione nella Gola, bisogna scendere nell'acqua e nuotare molto prudentemente per non essere travolti dai suoi vortici o piombare in qualche fosso o anche urtare contro le rocce. Altrove si può saltare da un picco ad un altro o camminare nell'acqua bassa. Dovunque si ammirano marmitte dei giganti o a fior d'acqua o sospese sulle pareti ma sempre di diametro minore di quelle osservate nella Sciata Verde. La roccia è quasi compatta, quasi a blocco unico, con i segni evidenti delle erosioni. Infine si giunge in vista dell'officina e si ode il sordo rumore della vicina cascata. Le pareti rocciose si mantengono ripide e lisce e la Gola, larga una ventina di

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LA FOCE IN BIANCO E NERO

In alto: La distrutta centrale idroelettrica di inizio secolo XX. Foto nel testo: Il carrello sul Trigno e, in basso, i grossi macigni distaccatisi dalla parete rocciosa della Gola.

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metri, come l'abbiamo descritta precedentemente, quivi comincia a restringersi molto sensibilmente. Alla cascata essa è larga appena una decina di metri. Oltre al balzo meraviglioso dell'acqua in questo punto, possiamo ammirare altre due marmitte dei giganti, l'ultima delle quali è alta quasi 25 metri con 10 metri d'acqua. In seguito alla retrocessione operata dalle acque, la cascata si trova oggi nella parte iniziale a monte della Gola. Quivi il fiume lotta ancora tenacemente contro un robustissimo banco di roccia che si estende per un certo tratto, ma essendo esso alquanto inclinato verso l'uscita della Gola, è prevedibile che con il passar dei secoli sia completamente eroso e la cascata, abbassandosi gradualmente, un tempo scomparirà del tutto. Ciò sarà facilitato dal fatto che il terreno poco a monte di essa, specie sulla riva sinistra, è molto argilloso. Scomparirà questa cascata e nella Foce, tra le pareti rocciose che sentirono il frastuono delle acque e furono il teatro di una gigantesca lotta, scorrerà un corso d'acqua sempre più silenzioso e calmo per avviarsi verso il suo definitivo profilo di equilibrio.


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er la descrizione della cinta fortificata ci affidiamo alle parole di Domenico Pellegrino: “E tornando ai Sanniti, dopo il passo di San Venditti, quota 900, in epoca benedettina sede di un convento e di un importante vivaio, ci troviamo su Colle Sant'Onofrio, quota 950, sulla cui piatta cima insiste una cinta muraria con tratti ben conservati e numerosi blocchi calcarei sovrapposti, dello sviluppo di oltre 2.400 metri, che colpisce la nostra attenzione e stimola qualche riflessione: due porte principali, una delle quali ad apertura in laterale larga oltre 5,00 metri; all'interno del muro un ampio corridoio percorre il perimetro; nessun riscontro di altre opere murarie all'interno. Questa cinta sicuramente era destinata anzitutto a raccogliere, in caso di emergenza, un gran numero di greggi e armenti al riparo, tanto che poteva al bisogno aumentare la capienza annettendo una larga superficie concava frapposta tra la cinta e la seconda cima cosiddetta delle Case. Tutto intorno ai due monti, oltre la Sorgente eccezionalmente abbondante ed il fiume Trigno, c'è abbondanza di acqua per l'abbeverata. D'altronde ci sono molti elementi che inducono a pensare che l'allevamento di bestiame di ogni genere era attività molto praticata in tutto l'ambito, che va da Vastogirardi a Foce di Chiauci, confine tra Pescolanciano e Civitanova del Sannio”. La cinta fortificata è raggiungibile percorrendo il sentiero naturale numero 1 (pag. 49).

LA STORIA

La Cinta fortificata di Colle S. Onofrio

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In alto: Planimetria della cinta fortificata e, al centro e in basso, quello che resta delle mura ciclopiche sannitiche di Colle S. Onofrio.

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Il Medioevo e i Gambadoro i ritiene che l’attuale comunità tragga origine da quella fondata, con il nome di Clavicia, in epoca normanna, tuttavia il territorio reca ancora tracce di insediamenti dei Sanniti. Il feudo conobbe le dominazioni dei Bucca dal 1269 per privilegio di Carlo I d’Angiò, dei Del Bosco, che la ottennero da Carlo II, della famiglia dei conti di Montagano fino al 1447, dei Sanfelice di Bagnoli del Trigno che la persero per codardia nel 1530. Il toponimo intanto si evolveva in Castello Clavizia, Clavicij, Clavico, Chiavicas, mentre ai Sanfelice successero i Greco di Montenero Valcocchiara fino al 1626, i Petra di Caccavone (l’attuale Poggio Sannita) e Vastogirardi, i Capuano fino al 1700, allorché il feudo fu venduto a Maria Felicia Cocco della famiglia genovese dei De Mari, cui successero i Gambadoro. Il nome della località cambiò ancora in Chiavico e Clauce per assumere infine il nome attuale. Nel 1807 faceva parte del Distretto di Isernia, Governo di Frosolone, come frazione del comune di Civitanova; nel 1811 fu riconosciuta come comune autonomo.

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Nel testo: La scarpata del Castello dei Gambadoro. Sopra: Fregio lapideo in prossimità del Palazzo. In basso: La costruzione posta alla sommità del centro storico. Foto a pag. 21, dall’alto in basso: Lo stemma dei Gambadoro scolpito all’ingresso, l’ingresso e i soffitti interni affrescati (Felice Iacobucci).

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Il borgo fortificato l centro storico, oggi quasi del tutto disabitato per l'intensa emigrazione dei primi anni del secolo scorso e successivamente degli anni ‘50-‘60, è fitto di vicoli e vicoletti, a cui fanno da corona graziose case in pietra locale. Dalla strada che lo circonda assai godibile è il panorama: da una parte infatti si scorgono le pareti rocciose che si specchiano nel lago artificiale della Diga di Chiauci, mentre dall'altra si allunga la catena dei monti dell'Abruzzo, che fanno da sfondo a Monte Lupone. Edificato nel Medioevo, l’abitato presenta una struttura ad avvolgimento, conservando ancora, in gran parte, le identitarie tipologie costruttive. Le abitazioni perimetrali si affiancano infatti le une alle altre a formare una cerchia protettiva, all’interno della quale si intrecciano le stradine ed i vicoli, delimitati da file di altre case, il Palazzo baronale, la Chiesa principale e la Torre dell’Orologio. Al centro storico si accede passando sotto gli archi delle antiche Tre Porte, che hanno dato il nome alla parte alta del paese. La parte muraria di quella principale conserva ancora i cardini in pietra che reggevano i perni delle due ante di cui, invece, non rimane traccia. Sul lato sinistro una snella torre circolare saldamente attaccata a quello che rimane della poderosa cinta muraria, è diventata Torre campanaria della contigua Chiesa di San Giovanni Evangelista. Sulla destra, in epoca fascista, in sostituzione di quella originaria, fu elevata una torre civica quadrata, che porta in rilievo il grande stemma del paese (l’aquila che regge due chiavi incrociate).

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In alto: L’arco di accesso al centro storico, la cerniera che sorreggeva il cardine, la toponomastica. In basso: I caratteristici portici del luogo. Sulla destra: Veduta delle abitazioni da Palazzo Gambadoro. A pag. 23: Porta d’accesso, Campanile e Torre dell’Orologio.

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San Sebastiano

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La Chiesa parrocchiale di San Giovanni Evangelista ubito dopo la porta di ingresso al borgo, è la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, preceduta da una scalinata. L'interno, impostato su tre navate di gradevole proporzione, si ascrive al 1724. Esso accoglie, nella navata di destra, la statua di San Giorgio, protettore del paese, che uccide il drago; una piccola cappella custodisce la statua di San Michele Arcangelo, sotto ai cui piedi è schiacciato Lucifero; la statua di San Sebastiano, forse proveniente dalla sua antica chiesa, è in una nicchia; alla sinistra di San Sebastiano sono conservate le reliquie di San Vincenzo, mentre nella nicchia dell'altra navata laterale è una rappresentazione della Crocifissione di Cristo. Notevole al suo interno anche l’Altare policromo settecentesco.

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Sopra: Una particolare immagine anni ‘50 della Chiesa madre con il Campanile e la Torre dell’Orologio. Nel testo: La fontana in pietra posta nelle vicinanze dell’edificio sacro. In basso: L’interno della Chiesa madre nel titolo di San Giovanni Evangelista. Foto a pag. 24: La facciata della Chiesa con la sua scalinata d’accesso.


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A pag. 26: Altare maggiore e, a lato, la Cappella di San Vincenzo che custodisce in urna le reliquie del santo. In basso: Acquasantiera e organo in legno della Chiesa. In questa pagina: Le pitture fatte restaurare nel 1956 da D. Livio Di Vincenzo e, in basso, il quadro della Beata Vergine del S. Rosario, opera del 1624. Sulla destra: Particolari e veduta d’insieme dell’altare di San Giorgio martire (XVIII sec.).

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San Sebastiano uori della cinta muraria difensiva si trova la Cappella dedicata a San Sebastiano, nelle vicinanze di una delle porte di accesso al paese. L’altra Chiesa piccola, come la definisce nel 1734 l’abate Matteo de’ Cepollino, è ubicata per la via del Molino detta del glorioso San Sebastiano. Intorno all’edificio vennero costruite le Case Nuove e venne a formarsi il Borgo detto di San Sebastiano. Con il diffondersi della devozione mariana del Santo Rosario nel XVIII secolo, la Chiesa venne intitolata proprio alla Beata Vergine del Santo Rosario. Nel 1860 venne ampliata per ospitare l’omonima Confraternita e fu trasformata assumendo forme neoclassiche. La presenza di una croce stazionaria sul piccolo slargo che costituisce il suo sagrato, induce a ritenere che la sua costruzione si collochi tra il XIV ed il XVIII secolo.

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Sopra: La strada che si inerpica verso il borgo antico. Nel tondo: Decorazione architrave del portale laterale. Sotto: La moderna statua di San Sebastiano e, a lato, l’interno della Chiesa. Foto a pag. 29: La facciata della Chiesa recentemente restaurata.

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la croce era il punto di rifugio e di ritrovo dell’intera collettività. a croce viaria, segnacoli in genere Il legame di Chiauci con le croci viarie è di pietra, era una croce monumen- rappresentato dalla transumanza. Sono tale collocata all'esterno di una infatti numerose le croci innalzate sui chiesa, in uno spiazzo a un incrocio o tratturi, sui bracci tratturali e in prossimilungo un percorso per indicare un luogo tà delle soste e non a caso il Molise, regiodi sosta devozionale, oppure lungo le ne di partenza e transito delle greggi strade per indicare la vicinanza ad una transumanti che dall’Abruzzo andavano foresteria oppure all’entrata di un paese in Puglia, è ricco di croci viarie che ancoo al confine tra due paesi, in luoghi dove ra oggi testimoniano un pezzo della stosi tenevano pubbliche adunanze o dove ria locale. si svolgevano fiere di bestiame e mercati Per la loro specifica collocazione, le croci viarie presenti sui tratturi possono essere vari. Oltre dunque a svolgere una funzione divise in croci di “avvio”, croci di “uscipratica di tipo segnaletico, aveva lo ta” e croci di “transito o sosta” scopo di creare un percorso dell'anima, Dei 136 comuni del Molise quasi la metà un itinerario spirituale che si realizzava conserva ancora una croce viaria, anche parallelamente a quello materiale. se non sempre custodita e tutelata come Innalzare croci in prossimità di una piaz- monumento storico ed artistico. za o di un’area adibita a Foto a lato: La croce viaria trilobata Ogni croce è diversa dalle mercato divenne così per il attualmente posta nel sagrato della altre, anche se solo per picpopolo, nel Medioevo, la Chiesa di San Sebastiano e che in colissimi dettagli. Il signifimaterializzazione del pro- origine era collocata con molta pro- cato è comune a tutte, menbabilità in Località Croce. tre notevoli sono le differenprio credo per ottenere la ze di carattere tecnico, protezione divina per la vita e per gli costruttivo, di stile e di materiale lapideo affari. Le croci viarie sono dunque un elemento essenziale che ha rivestito impor- impiegato. A Chiauci si ammira in Piazza tanza per la vita sociale delle popolazio- Umberto una croce viaria del tipo triloni che in esse vedeva il simbolo religioso, bata (tre lobi alle tre estremità della il punto di ritrovo in casi eccezionali, il croce) simboleggianti le tre virtù teologaluogo in cui si suggellavano i contratti li Fede, Speranza e Carità.Secondo qualcon lo stesso valore di un atto fatto dal che studioso, la croce originariamente notaio, contratti indissolubili con una era posta non in Piazza Umberto I ma all’ingresso del paese, in Località Croce, semplice stretta di mano... Qualsiasi giuramento fatto dinanzi ad appunto, a fianco dell’attuale campetto, una croce aveva un valore straordinario dove c’era un’aia per la trebbiatura, pased eterno, e la stretta di mano a conclu- savano le greggi, si svolgeva la Fiera di sione di una contrattazione commerciale San Giorgio (il 23 aprile) e dove ancora equivaleva ad un vero e proprio rogito esiste una base di pietra con una croce notarile. La presenza di una croce nelle issata, ma di ferro. Alla Croce, in occasioaree dove si svolgevano i mercati, rap- ne di processioni, i fedeli si fermavano ed presentava una garanzia di legalità, una il sacerdote, innalzando la croce e rivolgendosi verso la Montagna di Civitanova protezione dai furti e dalle risse. In caso di calamità naturali o di qualsiasi del Sannio, invocava la benedizione conaltro evento che colpiva la popolazione, tro la guerra ed il terremoto.

La Croce viaria

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Eremo di Sant’Onofrio ant’Onofrio era un monaco eremita vissuto nel IV secolo d. C. che, secondo l’iconografia ufficiale, vestiva solo dei suoi peli. Nella Terra delle Chiavi, e precisamente nell'area di uno dei numerosi eremitaggi fioriti nell'Italia meridionale legati al ricordo ed al culto di Sant’Onofrio, dovettero verosimilmente fermarsi gli eremiti benedettini, ovvero quei monaci che, dopo la vita monastica comunitaria, sceglievano la solitudine come ultima tappa di un percorso spirituale, da intraprendere con il consenso dei superiori. Già dai secoli VI e VII erano partiti, da quel “nido d'aquila” che fu l’Abbazia fondata nel 520 da San Benedetto a Montecassino, i primi monaci eremiti i quali, ove poterono, costituirono le Grangie benedettine intorno alle Celle affiancanti i primi piccolissimi OratoriChiese. Queste realizzazioni, minimali nella loro entità, sorsero lungo le principali arterie viarie romane, lungo le vallate dei fiumi e sulle vette dei monti anche del Molise. Sarà stato parimenti segnato dalla presenza dei monaci eremiti benedettini l'antico asse viario preromano Aufidena-Lucera, il cui tracciato sopravvive nel Tratturo Castel di Sangro-ChiauciCastropignano-Lucera. Uno dei luoghi prescelti dai monaci eremiti benedettini fu proprio il Bosco di San-

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Sopra: L’antica statua lignea di Sant’Onofrio e, in basso, la Chiesa. Foto a pag. 33, dall’alto in basso: Il quadro raffigurante il santo eremita, il santino in bianco e nero, il portale della Chiesa e la lapide che ricorda l’inaugurazione dell’acquedotto molisano e della ristrutturazione della Chiesa.

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t’Onofrio, dove continuarono la tradizione di preghiera, silenzio e contemplazione dei monaci orientali, che aveva reso sacro quel luogo. Tracce dell’Eremo si hanno a partire dalla platea settecentesca di d. Matteo de’ Cepollino, che attesta la presenza di una piccola e semplice chiesa dotata di un solo altare “al di là del fiume Trigno”, ove si trovano anche i territori di pertinenza di una abbazia benedettina. L’alto prelato la descrive come “chiesa extra moenia detta di S. Onofrio.” Dal parroco d. Donato Del Ciello (negli anni ’30 del secolo scorso) si apprende inoltre che agli inizi del XX secolo la Chiesa venne interamente restaurata con il concorso del popolo. Nel dopoguerra, l’edificio versava invece in condizioni di totale abbandono (“Sembra una spelonca”), fino a quando, nel 1952, con il contributo del Genio Civile di Campobasso iniziò a concretizzarsi la possibilità del restauro, ultimato poi nel 1958. Quell’anno, infatti, venne inaugurata la nuova Chiesa, interamente ricostruita ed allargata, e per l’occasione si restaurò anche la statua lignea del Santo.

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Il Paese moderno partire dal XVIII secolo la Chiesa di San Sebastiano risultò essere la prima abitazione fuori le mura, a cui seguirono numerose altre che occuparono l'area intorno alla chiesa. Nuove abitazioni furono in seguito edificate, proseguendo la strada ove oggi sono ubicate Municipio e farmacia. Nel XX secolo, con l'arrivo della strada carrozzabile, cominciarono a sorgere numerose altre abitazioni anche all'entrata del paese, lungo la provinciale che dalla Strada Statale arriva al suo ingresso e prosegue verso Pietrabbondante. Nella zona più moderna, detta della Croce, sono sorte in seguito le moderne abitazioni, gli edifici scolastici, l'Ufficio postale, la Biblioteca comunale, il Centro anziani, l'area polivalente con parco giochi, palestra e campetto polivalente, il tutto attrezzato con panchine e verde. A pochi passi dal centro del paese è stato realizzato un moderno campo di calcio. Sentieristica per trekking, mountainbike o passeggiate a cavallo, piste per trial, birdwatching, aree picnic, Parco avventura, camping per tende e camper e altro vi si trovano qui ancora. Negli ultimi anni Chiauci è pertanto molto appetito da un turismo a carattere familiare, disponendo di un patrimonio edilizio storico che si offre a quanti vogliano trascorrere piacevoli week-end, settimane o periodi più lunghi alla scoperta delle bellezze storiche, artistiche e naturalistiche locali e dei dintorni. A ciò va aggiunta la presenza della tratta ferroviaria più alta e più spettacolare d'Italia che si snoda in territorio molisano e abruzzese, attraversando 50 km in ambiente MaB e 70 km nei Parchi Nazionali della Maiella e d'Abruzzo, Lazio e Molise. Il viaggio in treno è un'esperienza che si può interiorizzare lentamente e che lascia spazio alla fantasia e alla riflessione. TransIta (Transiberiana d’Italia) è infatti una vetrina che divulga date e informazioni con lo scopo di promuovere e rendere visibili al grande pubblico le escursioni in treno speciale, treo su cui i turisti hanno la possibilità sia di conoscere il territorio attraversato sia di gustare il meglio delle tipicità enogastronomiche.

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Sopra: La strada che porta verso la parte moderna del paese. Sopra: Il fontanile voluto dagli emigranti di Philadelphia (1956) e la stazione ferroviaria Pescolanciano-Chiauci. Nel testo: Chiave di volta del portale d’ingresso al Municipio. In basso: Veduta dell’edificio comunale. Foto a pag. 35: Alcuni momenti di socializzazione nel Parco giochi del paese, gara di Trial, la squadra di calcio locale, veduta panoramica del nuovo campo sportivo.


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Il Rito di Carnevale

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Carnevale si gira per il paese a rappresentare i Dodici Mesi, cantando ad ogni casa la strofetta del mese di nascita del capofamiglia. •Gennaio Io vi porto il Capodanno, per un vecchio dato invano, e sarete più contenti se vi porto il Carnevale Rit. E prendete le graticole per arrostire le salsicce. •Febbraio Corto corto son chiamato, ma porgetemi attenzione, se mi saltan grilli in testa, saggerete il mio bastone. Rit. E mi sento dir di sotto, tirati indietro che n'hai ventotto. •Marzo Incostante traditore, sento dirmi dalla gente, perché caldo perché freddo, fo sentir terribilmente. Rit. Tutti poi mi danno sfratto per cagion che io son matto. •Aprile Rallegratevi signori, mi presento a voi gentile, io vi annunzio primavera, son quel dolce vago aprile. Rit. Pasqua pur vi porto bella, ride a voi l'amica stella. •Maggio Io son verde di natura, variopinto di colori, e da tutti amato io sono, perché dono gigli e fiori. Rit. Dite poi il mese saggio quando l'acqua viene di Maggio. •Giugno Qualche frutto del mio mese si presenta nell'estate, se ho tardato il mio ritorno, è per causa dell'estate. Rit. Bello il cielo e la natura sotto il fresco e la verdura.

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•Luglio Voi pezzenti che languite, per la sete e l'appetito, io son luglio e la mia falce, generoso metto al dito. Rit. Ricorrete alla mia mano che incomincio a dare grano. •Agosto Sono agosto debitore, state bene e non fuggite, al venire del mio mese, tutti quanti maledite. Rit. Maledetto creditore che mi strazia tutte l'ore. •Settembre Saporito il dolce autunno, frutta e uva in abbondanza, chi possiede vigne e campi, vola in aria per baldanza. Rit. Ma son tristi i miei pensieri, perché vedon tutti uscieri. •Ottobre La vendemmia è pur gradita, se ne viene in questo mese e le donne che son ghiotte, vanno in vigna senza spese. Rit. Lascian poi per le strade complimenti in quantità. •Novembre Bevitori allegramente, rimettete il mosto vino, a giocar comincerete, al venir di San Martino. Rit. Non lasciate le mie botti per giocar tutte le notti. •Dicembre E voi altri che m'attendete, con le vostre intenzioni, il Natale gusterete, ricoperto di torroni. Rit. E mangiate in allegria fino a Pasqua Epifania.


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La Festa di San Giorgio (Patrono) a devozione per questo Santo è attestata a Chiauci dagli inizi del 1700. Vi era infatti la Venerabile Cappella laica di jus patronatus dell’Università intitolata a San Giorgio martire. Risale invece al 1736 la costruzione dell’altare dedicato al Santo nella Chiesa Matrice. Un culto che a Chiauci ha dunque una storia secolare: si pensi che nel corso del XVIII secolo da 23 a 38 sacerdoti provenienti dalle terre limitrofe concelebravano a Chiauci la funzione religiosa nella data dei festeggiamenti. Il simulacro del Santo veniva portato in processione dalla Chiesa madre a quella di San Sebastiano, dove rimaneva esposto, onorato anche dalla lampada ad olio che gli si accendeva davanti. I festeggiamenti in onore di San Giorgio si tengono oggi il 23 aprile ed il 12 agosto, quando molti Chiaucesi fanno ritorno in paese per quella che viene anche celebrata come “Festa degli Emigranti”.

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Foto a pag. 36: Alcune immagini del Carnevale a colori (1984) e in bianco e nero (anni ‘30 del XX secolo). In questa pagina, dall’alto: La moderna statua di San Giorgio, il manifesto della Festa del 1947. In basso: La processione del Santo e, a lato, il santino che raffigura l’antica statua trafugata negli anni Settanta.

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La Festa di Sant’Onofrio 11 giugno di ogni anno la statua lignea di Sant’Onofrio viene portata in processione da Chiauci al Bosco di Sant’Onofrio, lungo un tragitto di tre chilometri, che si snoda dal paese fino all’Eremo-Cappella. Il rito si perpetua ormai da secoli e vi partecipa devotamente tutta la popolazione. Considerata la notevole distanza da percorrere, nel giorno della Festa, concluso il rito religioso con la celebrazione della SS. Messa, si resta nel bosco nell’area picnic dove si consuma il pasto e si socializza all’ombra dei secolari alberi di cerro. La statua resta nell’Eremo fino al 16 agosto e ogni domenica, nel pomeriggio, vi viene celebrata una Messa. La Festa e la relativa processione del 16 agosto coincidono anche con il ritorno della statua nella Chiesa madre di Chiauci, Festa che venne istituita da D. Livio Di Vincenzo per dar modo ai Chiaucesi sparsi per il mondo di esternare la propria devozione millenaria al Santo. Dal 1979 l’antico quadro e la statua del Santo dimorano stabilmente nella Chiesa Matrice di San Giovanni Evangelista.

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Sopra: Vista laterale della Chiesa e pausa di ristoro a ridosso dell’Eremo.Nel testo e in basso: La statua del Santo portata in processione.

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dere la grazia al Santo, o per ringraziarlo della grazia ricevuta, i genitori nel giorno della Festa accompagnavano i loro ià dal 1685 si ergeva la venerabifigli, alcuni anche vestiti con il saio di le Cappella di Sant’Antonio, ma Sant’Antonio (m’nachielle) alla pesatura. I è nel 1757 che il reverendo d. bambini venivano posti su una bilancia e Costantino di Matteo fa realizzare a sue pesati: tanto pesava il bambino, spese una nuova nicchia, comtanto grano veniva offerto al pleta anche di statua “per sua Santo dai genitori. Il grano racdevozione e della sua casa”. colto si andava a macinare al mulino La manifattura dell’opera fu del e si panificava. Venivano fatte maestro Cosmo Carfagna di tante pagnottelle, di circa Vastogirardi. Attualmente la 400/500 grammi, che erano statua settecentesca, “dalla offerte a tutto il popolo ed agli dinamica, vibrante emotivianimali. A Chiauci, dalla docutà”, è custodita nella Chiesa di mentazione rinvenuta, l’iniziatiSan Sebastiano. La nascita va del “Pane di Sant’Antonio” è della Festa del “Pane di S. stata della famiglia Iacobucci. Antonio”, secondo la tradizioSedici famiglie, divise in otto ne orale chiaucese, era strettacoppie, allora le più abbienti, mente legata alla mortalità facevano il pane che veniva diinfantile molto rilevante nei stribuito a tutta la cittadinanza. secoli passati. C’erano copNei giorni precedenti la pie che avevano sino a La pregevole statua di Festa si andava a macinare il dieci figli, ma ne restavano Sopra: Sant’Antonio e, in basso, momenti in vita uno o due. della consegna del pane oggi e negli grano offerto ed in casa della coppia di famiglie che a Morivano spesso a pochi anni Sessanta del XX secolo. turno ospitava la benediziomesi di vita per cause oggi ne si panificava con l’aiuto delle altre superate: malattie polmonari, infezioni, coppie. Il giorno della benedizione del scarsa alimentazione, diarrea, tanto che a pane e prima della distribuzione si conChiauci c’è ancora una campana chiamasuma ricotta fresca e formaggio di primo ta “dei bambini”, che suonava quando sale offerto dagli allevatori del paese, il morivano appunto i bambini. Per chietutto bagnato da vino bianco locale.

La Festa di Sant'Antonio

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La Festa di San Martino l falò di San Martino sprizza le fiamme nel Comune di Chiauci. Il giorno prima della Festa si costruisce il fantoccio, che rappresenta San Martino con vestiti vecchi riempiti di giornali e di paglia e con una grossa pancia. I ragazzi, dopo aver cercato e trovato una grossa zucca in qualche orto, la ripuliscono del contenuto, le praticano i buchi per occhi, naso e bocca e vi accendono una candela dentro. Così pronta, la collocano in testa al grottesco pupazzo. Il pomeriggio dell’undici, prima recuperano legna e fascine e poi assortiscono il falò in Largo Vittoria. A sera, dopo aver acceso il fuoco cerimoniale, i ragazzi recano il fantoccio in corteo fra le strade del paese, gridando la tradizionale frase: «Ué ué sand∂ Martì tutt∂ l∂ còrna a r∂ Quasarì». R∂ Quasarì è un antico vicolo di Chiauci dove, a detta dei più anziani, anticamente abitava una donna di facili costumi. La

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Sopra: Alcuni momenti della Festa di San Martino: la sfilata con il fantoccio per le vie del paese e lo stesso che viene bruciato. Sotto e a lato: La ch’coccia.


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La Ricetta di Ch’coccia e patan’ p’stiat

sua casa, nel corso degli anni, è divenuta l’emblema dell’infedeltà e della peccaminosità. Ancora oggi i ragazzi vi conducono il fantoccio, quasi a trasferire sul capro espiatorio tutti i peccati. Specialmente nei tempi andati gli abitanti di questo luogo respingevano con veemenza tale burla innanzitutto per non passare per “cornuti”. La sfilata dei ragazzi con il fantoccio ripropone quasi sicuramente un’antica processione dei cornuti. Terminato il giro tradizionale, il pupazzo si arde fra fiamme roventi. Il giorno della Festa di San Martino a Chiauci ogni famiglia usa cucinare gli gnocchi (cavati) conditi con sugo di carne magra di maiale. La polpa della zucca svuotata per fare il fantoccio si utilizza per fare invece un piatto di recupero, come molti piatti della cucina chiaucese: “ch’coccia e patan’ p’stiat” (zucca e patate pestate). Quest’ultimo è stato inserito tra i beni immateriali dalla Rete italiana di Cultura popolare e codificato dall’Accademia Italiana della Cucina.

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Si sbucciano le patate, si tagliano a pezzi grossolani, e si mettono a cuocere in un caldaio con acqua abbondante e sale. A mezza cottura si aggiunge la polpa di zucca in quantità pari a quella delle patate e si lascia cuocere ancora per circa un’ora. A parte, in una padella si soffrigge in olio extra vergine la pancetta di maiale tagliata a pezzetti, con cipolla ed aglio. Si scola il caldaio con le patate e la zucca e si “pista” fino a far diventare il tutto una crema, avendo cura di schiacciare bene le patate. Si aggiunge, ancora bollente, l’olio con la pancetta e si amalgama. Si aggiungono a piacimento formaggio grattugiato e peperoncino. In quel giorno viene anche assaggiato il vino nuovo.

In questa pagina: Alcuni momenti della preparazione dei “cavati”, che abbondantemente conditi con il sugo di maiale, sono secondo la tradizione il piatto della Festa.

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Le Maitunate ei tempi passati un gruppo di uomini girava per il paese la notte del 31 dicembre, intonando “Le Maitunate” (Mai intonate o Mattinate), un canto d’augurio per un buon fine anno e, il giorno dopo, il 1 gennaio, per un inizio buono dell’anno entrante. Quasi sempre il giro, che cominciava il 31 dicembre, finiva per concludersi il 1 gennaio, a pomeriggio inoltrato. Gli uomini portavano una cima sulla quale legavano i fazzoletti di seta più belli e colorati; uno di loro portava anche una bisaccia per contenervi quello che ricevevano dalla gente: fagioli, vino, salsicce, scurpelle e qualche soldo (una lira o mezza lira). Tutti aspettavano in casa il passaggio dei cap'danniar ed uscivano per ascoltare il loro canto, che era accompagnato dalla fisarmonica, dal bufù e dal triangolo: (Coro) Mille buon sere io vi lascio•a Voi signori io vi lascio (parlato)•Chesta maitiniata la facem a … (seguiva il nome)•ch l'bonì e ch l'bonà e ch' n'buon cap'dann•tant'oro pozza aum'ntà la tua famiglia auann•p'quant pes'ì ch tutt'i miei compagni •Buonanotte … (nome) Buonanotte (Coro)•La santa notte io vi lascio•a voi signori io vi lascio•Eccoti le bonine e le buon anno•con questa bella cima del primo dell'anno•E tanti anni passano ad esser vivi•p'quanta fronne tè sta bella cima•p'quant stelle in cielo in terra fronne.

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Sopra e nel testo: I cap’danniar intonano le Maitunate che ancora oggi si svolgono nel paese e, in basso, il gruppo di capodannari chiaucesi del 1937.

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L’Associazionismo e la promozione turistica e culturale e ridotte dimensioni della popolazione residente non hanno mai scoraggiato gli amministratori dall’intraprendere qualsiasi iniziativa tesa allo sviluppo della vita sociale e culturale del borgo. Negli anni forte si è manifestato il desiderio di entrare a far parte di alcune tra le più importanti iniziative per la promozione e la valorizzazione del territorio. Tra le più importanti ricordiamo l’adesione all’Associazione dei borghi Autentici d’Italia. Nata nel marzo 2007 dall’idea (condivisa dai paesi aderenti) secondo cui è possibile un modello di sviluppo locale più equo e rispettoso delle tradizioni e delle esigenze semplici delle persone, l'Associazione, che non persegue fini di lucro, opera secondo finalità mutualistiche a favore dei propri soci per promuovere lo sviluppo e la valorizzazione dei Borghi caratteristici italiani, ovvero dei piccoli e medi Comuni, comprese le loro aree rurali e le loro frazioni, con particolare riferimento a patrimoni architettonici, urbani, culturali, turistici e sociali. Chiauci inoltre è vicina anche a Legambiente e alla sua Giornata nazionale dei piccoli comuni, in cui migliaia di borghi accolgono i visitatori con eventi straordinari per rivendicare con orgoglio il loro contributo all’identità nazionale e la loro voglia di futuro. Altra importante partecipazione è alla Rete Italiana di Cultura popolare, che quest’anno ha promosso una serie di iniziative che hanno

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visto Chiauci e la sua amministrazione in prima linea nella promozione del territorio molisano attraverso la valorizzazione delle manifestazioni a carattere antropologico che si svolgono nel paese nell’arco dell’anno. A livello regionale invece Chiauci è stato tra i fondatori del Consorzio Asso MAB Alto Molise. Obiettivo principale del progetto è la nuova candidatura della Riserva della Biosfera “Collemeluccio-Montedimezzo” secondo una proposta, ampiamente condivisa dai Comuni facenti parte del Consorzio Asso MAB Alto Molise, che prevede un ampliamento della superficie complessiva da 637 a 25.268 ettari, per comprendere l'intero territorio degli stessi sette Comuni: Pescolanciano, Pietrabbondante, Roccasicura, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Carovilli e Chiauci stesso. L'attività da svolgere dovrà poi comprendere necessariamente anche la zonizzazione della Riserva e le relative elaborazioni statistico-territoriali. A Chiauci inoltre sono presenti altri Enti a carattere pubblico e privato che si occupano di promozione turistica, tra cui la Pro Loco, l’Associazione L’Incontro e il Centro Parrocciale San Giorgio martire. È infine attiva la polisportiva dilettantistica ASD Chiauci, la cui squadra di calcio milita nei tornei regionali della Lega Nazionale Dilettanti.

ASSOCIAZIONISMO

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LA GASTRONOMIA

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La Cucina Chiaucese Acqua matta Era un sugo molto poco compatto che si otteneva mettendo in una terrina, ove era stato soffritto del lardo, un po’ di pomodoro a cui si aggiungevano tanta acqua e molto peperoncino. In questa salsa andavano ad intingersi i bocconi di polenta. Cielle ammalate Erano sagne tagliate a fettucce larghe e cotte nel mosto, che si mangiavano dopo la vendemmia. ‘Mbelembiande Piatto preparato durante l’inverno, erano pezzi di pasta grossolanamente tagliati al coltello da un impasto realizzato con farina e poca acqua, molto poco lavorato. La pasta così ottenuta si condiva con un sugo di pomodoro molto leggero e/o con i fagioli. Squattone Ancora preparato e consumato dai Chiaucesi, non è altro che pasta (da intendersi sagne fatte in casa o cavati) cui viene aggiunto del vino. Prima di scolare infatti la pasta, se ne mette una porzione in una tazza con l'acqua di cottura (vroda) e si aggiunge il vino a piacimento. Pietanza calda, è consumata specie in inverno, quando vi si aggiungono anche del pepe o i fagioli. Allisse Si mangiava il primo maggio. Consisteva nel mangiare chicchi di granturco messi a bagno per ventiquattro ore e poi consumati lessi con sale.

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Sopra, dall’alto in basso: Alcuni primi piatti della cucina chiaucese quali pizza de grandigne, sagne de 'ndremappa e squattone. Nella pagina a fianco: Il tipico caciocavallo altomolisano.

Prolla Quando partoriva una mucca, con il suo colostro (primo latte) si preparava una sorta di ricotta di colore giallo e di sapore forte, ma riccadi anticorpi. Si faceva assaggiare al medico, alla levatrice, al prete ed anche a qualche parente stretto.


‘Nnoglia Cibo caduto del tutto in disuso, era l’intestino crasso del maiale che, tagliato a strisce, veniva messo ad asciugare assieme ai salami, alle salsicce ed ai prosciutti. Tali strisce venivano salate e, ricoperte di peperoncino, erano messe sulle stesse canne vicino al camino. Si mangiavano quindi secche, arrostite sulla brace oppure messe nella pignatta ad insaporire i fagioli. Pizza de grandigne Alla farina di granturco si aggiunge un pizzico di sale ed olio e si ammassa con l'acqua calda. Si aggiungono poi un po’ di bicarbonato e cicori di unto. Si spiana l’impasto così ottenuto fino a raggiungere un'altezza di 2/3 centimetri e si mette a cuocere direttamente sulla liscia del camino, coperta dalla coppa. Tradizione vuole che vi si tracci una croce sopra prima di mettere a cuocere per almeno un’ora. Pera sottacita Si prendono pere carbone mature (o pera ciuoce) e si mettono in una candra di terracotta, versandovi poi aceto di vino bianco fino a ricoprire tutta la quantità di frutta. Queste pere si consumano durante l’ inverno come antipasto. Ielatina Si mette a bollire la testa del maiale insieme a qualche osso per 2 o 3 ore in acqua con foglie di alloro, bacche di ginepro e grani di pepe, avendo cura di togliere via via la schiuma di cottura. Lasciata a raffreddare, si spolpa la carne e la si condisce con aceto, vino bianco, sale, peperoncino (per chi preferisce) e aglio. Si lascia quindi bollire il composto per un’ora e si versa in una candra smaltata di terracotta (quella usata per il lievito), ottenendo in tal modo una massa gelatinosa molto buona che si serve come secondo piatto (o sdeiunatopra). Sagne de 'ndremappa Erano sagne che si mangiavano con i pomodori freschi e si ottenevano impastando semplicemente la farina ruvida e scura residua, ottenuta setacciando la crusca, con l'acqua.

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I Prodotti Tipici Diverse le produzioni tipiche della zona di Chiauci, che rappresentano la base dell’offerta enogastronomica di agriturismi e ristoranti, prodotti che è anche possibile acquistare nelle piccole aziende locali. Si segnalano la scamorza molisana, il caciocavallo, le trecce, la caratteristica manteca o “burrino”, la stracciata (Vastogirardi, Agnone e Carovilli); vini tra cui il D.O.C. Pentro o Pentro d’Isernia. La zona è famosa inoltre per il tartufo (San Pietro Avellana, Carovilli e Frosolone). Ottimi i salumi nella varietà del capocollo, delle soppressate e delle salsicce (Bagnoli del Trigno, Frosolone e Capracotta). Ricca la produzione di miele e di dolci della tradizione locale tra cui le ostie di Agnone. È possibile la degustazione anche della polenta tipica di Chiauci (vedi pag. successiva), di gnocchi e di pasta fatta a mano, di abbuot e di polpette casc’e ova.

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LA GASTRONOMIA

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Ingredienti 400 gr di patate 400 gr di farina di granturco 200 gr di polpa di maiale a tocchetti 4 pezzi di salsiccia secca (possibilmente casereccia) 1 kg di passata di pomodoro (possibilmente casereccia) 100 gr di formaggio grattugiato (preferibilmente pecorino) 2 spicchi di aglio 2 litri circa di acqua Olio extravergine di oliva, sale, pepe o peperoncino q.b.

Sopra: La preparazione e il condimento della Polenta chiaucese. Nel tondo: Come si presenta nel piatto. Nelle foto a pag. 47, dall’alto: Gianluca Di Vincenzo, quadro di Erminio Trabucco e il cartoliniere Antonio Mascia.

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La Polenta di Chiauci bucciate e lessate le patate in circa 2 litri di acqua salata, quindi passatele al passaverdure e rimettetele insieme all’acqua di cottura in una pentola capiente (possibilmente nel “cuttur’“, il classico paiolo) e portate a bollore a fuoco lento. Nel frattempo in una pentola capiente preparate un soffritto con la polpa di maiale, la salsiccia, il peperoncino (o a piacere pepe) e lo spicchio di aglio. Quando la carne sarà rosolata, togliete lo spicchio di aglio, salate e versate la passata di pomodoro. Lasciate andare il sugo a fuoco lento per 45-60 minuti (o finché sarà piuttosto corposo), regolando di sale se necessario. Quando l’acqua con le patate alzerà il bollore, cominciate a versare lentamente (a spolvero) la farina di granturco mescolando continuamente con una frusta. Non appena il composto comincerà a solidificarsi, utilizzate un mestolo di legno al posto della frusta e continuate a mescolare continuamente, inclinando di tanto in tanto il paiolo per fare cuocere per bene il composto. Quando la polenta sarà cotta (dopo circa 1/2 ora), componetela nel piatto (uno per commensale) in un paio di strati, prendendo delle piccole fette di polenta dal paiolo con una schiumarola e condendola strato per strato con il sugo e i pezzi di carne (aiutandovi con la schiumarola stessa oppure con un cucchiaio) e cospargendo di formaggio.

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Nota – Il modo originario tipico di servirla consisteva nel capovolgere il paiolo e nel versare tutta la polenta su un tavolo di legno (“tav’rill’“), nell’allargare la polenta, disponendola in uno strato sottile aiutandosi con il mestolo, e quindi nel porre tutto il condimento al centro del composto. I commensali mangiavano attorno al tavolo, prendendo di volta in volta il condimento preferito dal centro.


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PERSONAGGI ILLUSTRI

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Giuseppe Diamante Mascia nasce a Chiauci nella seconda metà del secolo XVIII e muore nel 1832. Trasferitosi a Napoli, iniziò la sua professione di maestro costruttore di organi. Suoi strumenti sono in molte chiese del Meridione. Il Re Ferdinando IV lo creò Organista di Casa Reale. Lina Pietravalle, figlia di Michele, medico che fu a lungo deputato radicale. La famiglia, originaria di Salcito (Campobasso) che contava allora circa tremila anime e di cui i Pietravalle erano stati feudatari, risiedette in varie città d'Italia, per spostamenti motivati dal lavoro del padre, tuttavia Lina considerò come propria la terra di origine dei suoi genitori, il Molise. Sposò in giovane età il giornalista di umili origini Pasquale Nonno, molisano (1907). Tra le sue opere: I racconti della terra (1924), Storie di paese (1931) Marcia nuziale (1932). Scrisse per il quotidiano Il Mattino. In Marcia Nuziale Lina racconta del suo avventuroso viaggio da Napoli a Chiauci, ove è accolta dalla famiglia dello sposo e da tutta una comunità, descrivendone lo stato di atavica arretratezza culturale e di costumi. Erminio Trabucco nacque a Chiauci il 28 novembre 1907 e studiò a Isernia, a Firenze e a Roma. Artista pervaso dal desiderio di rivelare la sua umile terra, di cantare i sereni e chiari angoli dell'Alto Molise, di ritrarre le parti più caratteristiche degli ambienti urbani e di sorprendere gli impulsi dei suoi abitanti e interpretarli, legato alle loro vicende umane e spirituali. Antonio Mascia, nato a Bologna il 17 gennaio 1960 da genitori chiaucesi, vive e lavora a Torino. Diplomato in Scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, allievo per la grafica di Giorgio Roggino, docente di Discipline Plastiche presso il Primo Liceo Artistico Statale di Torino, collabora come disegnatore presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Torino, lavora come illustratore per varie case editrici, ed è membro dell’Associazione Incisori Veneti e dell’Associazione Piemontese Arte. (www.antoniomascia.it) Gianluca Di Vincenzo, isernino di padre chiaucese, è un giovane musicista già affermato. Da cinque anni l’etichetta discografica Unistory Music pubblica suoi cd. Vere e proprie sue colonne sonore sono state utilizzate per vari cortometraggi e spettacoli teatrali. La sua ultima fatica è il brano composto dopo la scomparsa del nonno dal titolo “Stick and Cigar”, da cui è stato realizzato un videoclip dalla Miravideo. (www.gianlucadivincenzo.tk)

Nonsolo Pittori •Enrico DI PILLA sculture in legno •Luciano DI PILLA sculture in legno •Maria DI SALVO pittura su vetro • Nicola MUCCILLO quadri, sculture in metallo • VALENTINO DI PILLA scenografo, designer • UMBERTO DI PILLa artista • GIGLIO PETRIACCI scultore • MAURIZIO GALIMBERTI fotografo •IVANA MULATERO giornalista • ADELAIDE TRABUCCO scrittrice • CARMINE DI VINCENZO cultore di storia locale •FRANCO DI PILLA studioso Lettere e Filosofia francese •VINCENZO GRASSO direttore Istituto Patologia F. e A.

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SENTIERISTICA

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COMUNE DI CHIAUCI Sentieri Naturali - Quadro d’Unione

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Sentiero Naturale “Località SANT’ONOFRIO”

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Sentiero Naturale “Località MARRANGONE”

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Strada Provinciale Chiauci

Strada Provinciale

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Fortificazioni Grotta dei Briganti

SENTIERISTICA

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Fonte Asina Corta Monte Pizzacchio

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Chiesa Sant’Onofrio

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Quercia Secolare

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Sentiero Naturale “Località CIOCCHETTA”

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Monte Lupone

Fonte Canale

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La Ciocchetta

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INFORMAZIONI TURISTICHE Provincia: Isernia Altitudine media: 760 slm Abitanti: 271 (Chiaucesi) Coordinate GPS 41°41'48"84 N 14°10'49"44 E Comune via Municipio, 14 Tel. 0865 83100 - Fax 0865 833776 www.comune.chiauci.is.it comune@comune.chiauci.is.it comunedichiauci@pec.it

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Poste Italiane Ufficio di Chiauci Tel. 0865 830131 Medico Medicina Generale Dott. Volpacchio - Tel. 338 4632058 Guardia Medica Sessano del Molise Tel. 0865 930320 Parrocchia - Don Pietro Paolo Monaco Pro Loco - www.chiauci.com

APPUNTAMENTI Carnevale San Giorgio 23 aprile Sant'Onofrio 11 giugno Sant'Antonio 13 giugno Festa dell'Emigrante 12 agosto Sagra Sagn'e fasciul 13 agosto Sagra Polenta tipica 17 agosto San Vincenzo 3 settembre San Sebastiano 4 settembre San Martino 11 novembre Capdanniear 31 dicembre • NUMERI UTILI

Associazione Sportiva Polisportiva Chiauci Tel. 347 3341187 Associazione Culturale L’incontro Tel. 333 7618364 RICETTIVITÀ • Ristorante tipico Pizzeria e bar LA VOLPE - Tel. 0865 833011 • BAR, ALIMENTARI E TABACCHI DI SALVO - Tel. 0865 830104 • Alimentari SIMONAZZI Tel. 0865 830597

Carabinieri Stazione di Pescolanciano Tel. 0865 832603 Polizia Municipale Tel. 0865 80100 Corpo Forestale dello Stato Comando Stazione di Carovilli Tel. 0865 838439 (1515) Scuola Istituto Comprensivo Molise Altissimo di Carovilli Biblioteca Comunale Tel. 0865 830100

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CHIAUCI Borgo Autentico dell’Alto Molise Testi & foto a cura di Tobia PAOLONE Carmine DI VINCENZO Valentino DI PILLA Amministrazione Comunale CHIAUCI

Farmacia Dott.ssa Corvino - Tel. 0865 830345

Impaginazione e grafica Volturnia Edizioni di Cerro al Volturno (IS) info@volturniaedizioni.com www.volturniaedizioni.com

Ospedale Isernia - Tel. 0865 4421

Copyright © 2013 Stampato nel mese di agosto 2013


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