Italo dicembre 2014

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sto il prezzo esorbitante del poco cacao che si poteva recuperare doveva anche trattarsi di un ingrediente reperibile in grandi quantità e a basso costo. Nocciole. Le nocciole furono la risposta. Le tostò leggermente per diminuire la percentuale di acqua, le tritò finemente fino a ottenerne una pasta molto morbida, le amalgamò al cacao e ne fece piccoli cilindri. Li chiamò givu, ovvero mozziconi di sigaretta, dato che li ricordavano nella forma. L’intuizione di Prochet fu premiata: cacao e nocciole risultarono un abbinamento perfetto e il successo della nuova pralina fu immediato. La collaborazione con un altro collega, Isidoro Caffarel portò alla produzione del gianduiotto per come lo conosciamo oggi. Caffarel cambiò la forma di quei cioccolatini che diventarono un prisma triangolare, qualcuno dice per ricordare la forma del cappello dei carabinieri di quel tempo, ma soprattutto li avvolse nella carta dorata che ancora oggi conosciamo, facendo del gianduiotto il primo cioccolatino incartato della storia della pasticceria mondiale. L’azienda che iniziò a produrli in larga scala si chiamava Caffarel Prochet, ma i givu triangolari, a quell’epoca, non si chiamavano ancora gianduiotti.

Marketing ante litteram Successe un po’ di tempo dopo. Era il 1865, e fu un’azzeccatissima strategia pubblicitaria messa in atto dalla ditta Caffarel Prochet. A Carnevale la maschera torinese Gianduia regalava di solito caramelle, ma quell’anno distribuì anche quei curiosi cioccolatini incartati dalla forma di barca rovesciata. E gianduiotti furono… Ora, a distanza di 150 anni, le cose non sono cambiate molto. Anzi. La ricetta del gianduiotto classico continua a spopolare. Qualcuno ha cercato di rinnovarla e di innovarla, ma la risposta rimane sempre la stessa: nocciola Tonda Gentile Igp Piemonte e cacao di alta qualità. Certo, la Nocciola Piemonte non è più ritenuta un ingrediente di facile reperibilità, abbondante e a basso costo e i gianduiotti non sono di sicuro più ritenuti un ripiego, ma le aziende che negli ultimi anni hanno voluto sfondare sul mercato hanno dovuto attenersi rigorosamente alle regole dettate da Michele Prochet e Isidoro Caffarel.

Il buono dell’imperfezione I tempi moderni hanno effettivamente portato un’innovazione, almeno dal punto di vista della lavorazione dei gianduiotti. Alcune aziende hanno iniziato a non realizzare i classici cioccolatini torinesi con lo storico metodo della colatura, difficile e dispendioso, preferendo quello del cioccolatino stampato. La differenza è palese alla vista perché si tratta di un cioccolatino perfetto, lucido, liscio, mentre quando è estruso, ovvero prodotto con la lavorazione tradizionale, la pasta è più irregolare, opaca, ma decisamente più suadente e morbida all’assaggio.

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