RIVISTA MILITARE 2005 N.5

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Una squadra di Marines statunitensi.

mento è che esponenti di rilievo del nuovo corso somalo approfittino di questa situazione per rimettere in discussione gli equilibri faticosamente raggiunti nel dicembre 2004. Sembra infatti che dagli accadimenti emergano tre aree politiche, anche se non è agevole delinearne confini o sovrapposizioni ed è anche difficile esprimersi sulla loro compattezza e coerenza interne: una, filo-occidentale e filo-etiopica, facente capo al Presidente Yusuf; un’altra tendenzialmente laico-tradizionale e nazionalista, di tipo forse nasseriano, anti-etiopica, animata all’interno dell’etnia Hawiye dal clan degli Habar Gidir, nel quale molte sono le personalità rilevanti per cui è ancora difficile individuarne il leader; la terza di ispirazione religiosa, che si riconosce nel Presidente dell’Organizzazione dei Religiosi islamici Sheikh Shariff Ahmed. In tutto questo, resta la minaccia sempre incombente del terrorismo islamista che potrebbe avere un ruolo rilevante, in un gioco spregiudicato di alleanze effimere, incuneandosi tra le diverse correnti al fine di acquisire posizioni di potere e, in ultima analisi, orientare il nuovo corso somalo. Anche la lettera del dottor Abdishakur Jower può aiutare nelle valutazioni. Il suo significato sembra stare proprio nell’indicazione di 38

Adde Mussa quale figura di riferimento: qualora si consideri che egli è un Darod Migiurtino come Yusuf, questa indicazione potrebbe prefigurare il desiderio di sostituire quest’ultimo con il primo, dal momento che ciò non altererebbe gli equilibri di vertice raggiunti nella Conferenza di Riconciliazione: ai Darod Migiurtini resterebbe la Presidenza; agli Hawiye del clan Abgal resterebbe il Premierato; per gli Hawiye del clan Habar Gidir si riaprirebbero i giochi, con la possibilità di acquisire maggiore presenza nel Governo e perseguire l’affermazione di una linea laiconazionalista senza più l’ostacolo di Yusuf, legato all’Etiopia. Il fondamentalismo resterebbe sullo sfondo come una mina vagante. Questa, la situazione a tutto marzo. Nei successivi mesi di aprile e maggio, essa è stata drammaticamente confermata dai due principali avvenimenti che sono seguiti: a inizio maggio un fallito attentato al Premier Gedi nello stadio di Mogadiscio durante la sua visita in città (3 maggio) svolta per cercare di far accettare la decisione presidenziale di spostare la capitale; a fine maggio la presa di possesso della città di Baidoa da parte della fazione contraria alla politica del Presidente Yusuf e la conseguente impossibilità di trasferire in questa sede le istituzioni go-

vernative. Affievolendosi il contenzioso sulla forza di pace per la linea moderata seguita dall’IGAD, quello sulla capitale è quindi esploso fino ad un redde rationem forse conclusivo. In un gioco così complesso, è possibile individuare le possibili future azioni dei protagonisti? Un tentativo. Gli Habar Gidir sembrano trovarsi nella posizione più forte: sia per il notevole seguito che hanno nel Paese (l’etnia Hawije, di cui sono il maggiore clan , è quella più numerosa ed è stanziata nel cuore della Somalia) sia per il potere saldamente tenuto a Mogadiscio, nella quale il Presidente Yusuf non può insediarsi senza divenire «ostaggio» (avendo, peraltro, seri ostacoli ad insediarsi in una capitale transitoria), sia perché esprimono il potere economico e una discreta capacità di controllo delle relazioni internazionali tramite le alte personalità del clan, sia perché hanno dimostrato di poter sviluppare capacità militari impossessandosi di Baidoa; infine perché risultano ulteriormente rafforzati dall’alleanza stretta con i Migiurtini attraverso il sotto-clan dei Saad. Il «partito» laico-nazionalista, quindi, in questo momento sembra avere le carte migliori ed essere in grado di perseguire i suoi obiettivi. Anche il «partito» dei religiosi – che è meno forte di dieci anni fa e non sembra avere aspirazioni governative – può sentirsi sufficientemente tutelato nei confronti di ingerenze esterne di Paesi non islamici. Gode, infatti, dell’appoggio di due Ministri di primo piano (Osman Ato e Musa Sudi) e ha dimostrato di avere, proprio nella capitale, la possibilità di mobilitare le folle ed esercitare una sensibile pressione. Una sua ricerca di supporto delle frange oltranziste, al momento, non dovrebbe essere ne-


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