RIVISTA MILITARE 2005 N.5

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Un posto d’osservazione a An Nasiryah.

d’altura, corvette e aeromobili. Questi strati dovrebbero essere complementari tra loro, non a compartimenti stagni, potendo, i sistemi più capaci, funzionare anche da centri di Comando e Controllo locale, e intervenire dove di solito operano quelli di livello inferiore, se ve ne fosse la necessità. In situazioni di crisi questa struttura parteciperebbe alla funzione di difesa integrata degli spazi nazionali, concorrendo a esercitare la negazione delle acque territoriali e dei relativi accessi ad ogni forma di minaccia proveniente dal mare. Il Comando potrebbe anche coordinare azioni di reparti anfibi o di terra per la difesa costiera. Naturalmente, affinchè tutto questo sia fattibile, è necessario che Esercito, Marina e Aeronautica, oltre alla Capitaneria di Porto, alla Guardia Costiera e alla Guardia di Finanza, con i suoi servizi aereo e navale, vengano messi in grado di operare insieme in situazioni reali, superando competenze ministeriali, ostacoli burocratici o eventuali rivalità. Tutto questo non è poco e richiede un grande sforzo da parte dei vertici politici e militari, anche perché una razionalizzazione delle catene di comando implicherebbe una diminuzione del personale, ma è necessario promuovere decisamente la via della massima collaborazione interarma per creare un dispositivo per la difesa realmente efficace, commisurato alle necessità del Paese e alla prevedibile minaccia. La configurazione di un dispositivo per la difesa dipende, oltre che dal tipo di minaccia e dai mezzi impiegati per il contrasto, anche dalle caratteristiche idrografiche del bacino interessato e dalla morfologia delle coste. Per esempio, un Paese come la Norvegia, con millecinquecento chilometri di coste frastagliate, 22

densamente popolate e sede di importanti infrastrutture industriali, affida la difesa a un dispositivo misto di pezzi d’artiglieria e lanciasiluri protetti dai fiordi. Un tentativo di modernizzazione si è avuto con il progetto di adattamento per la difesa costiera del missile antinave «Penguin». Tale dispositivo è però insufficiente per contrastare azioni terroristiche portate con sommergibili di piccola mole, elettrici o con motore termico a ciclo chiuso, oppure con altri tipi di vettori subacquei. Per contrastare questo tipo di azioni si possono utilizzare reti di sensori subacquei acustici e magnetici posizionati sui fondali marini a una certa distanza dalla costa e collegati a terra con una centrale operativa. L’efficienza di un dispositivo di questo genere risulterebbe ulte-

riormente accresciuta se la catena di sensori potesse essere integrata con apparecchiature televisive munite di telecamera subacquea per la sorveglianza e la ricognizione, ogni volta che la minaccia non apparisse identificabile con la necessaria sicurezza. In caso di allarme, una volta identificata la minaccia, l’azione di contrasto potrebbe essere affidata a reparti anfibi dell’Esercito e incursori come i COMSUBIN della Marina Militare. Un altro contributo importante a questo dispositivo di difesa è fornito dalle tecnologie radar e dai mezzi di pattugliamento marittimo e aereo. In quest’ultimo caso un velivolo come l’elicottero, equipaggiato con un radar di scoperta e in volo alla quota di cinque metri sul livello del mare, è capace di controllare


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