RIVISTA MILITARE 2005 N.5

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Sopra e a sinistra. Resti di tombe a Gerusalemme.

di donne e bambini svenuti; le strade di cadaveri di vecchi. Bambini e donne, ridotti come fantasmi, si trascinavano qua e là finchè cadevano a terra esausti. Tutti erano talmente illanguiditi che non potevano seppellire nessuno.... E fu lo stesso Giuseppe a raccontare uno dei più orribili episodi che vale a dimostrare come la fame avesse cominciato a oscurare anche la ragione di quei disgraziati. Alcuni affamati, girando per le strade disperati, sentirono uscire da una casa odore di arrosto. Era la casa di Maria, una delle donne più nobili e ricche della città, saggia e buona, e quei disgraziati si precipitarono da lei invocando un boccone di carne. Questa, con un volto che recava chiari i segni della follia, aderì all’invito e offrì ai miserabili il piatto: ma quelli, con orrore senza pari, si accorsero che, cotto sul piatto, c’era il figlioletto della donna, un bimbo di pochi mesi morto poche ore prima di inedia! L’orribile episodio corse di bocca in bocca. Gli assediati, ormai quasi tutti impazziti, cominciaro122

no a gettarsi a centinaia al giorno dalle altissime mura, preferendo una morte rapida a tanta orrenda agonia. Migliaia di corpi precipitarono giù in circa cinque mesi di assedio. Tito, a cui venne riferito l’orrendo episodio di Maria, rimase tremendamente sconvolto e giurò ai suoi Dei che avrebbe coperto il mostruoso delitto con le rovine dell’intera città. Per Gerusalemme ormai non vi era più pietà e tanto meno speranza. I suoi difensori continuavano a battersi disperatamente dietro ogni muro, dietro ogni casa, ma i Romani avanzavano lentamente e implacabilmente. Anche quei rudi soldati erano stanchi e inorriditi per lo spettacolo che si presentava ai loro occhi. Su tutta la zona c’era uno spaventoso odore di morte ed echeggiavano ovunque, notte e giorno, urla strazianti. Quella che fino a pochi mesi prima era stata una regione fertile, ricca di messi e oliveti, verdeggiante e rigogliosa, ormai non era che una landa spoglia e deserta, perché i Romani, per le necessità del loro grande accampamento, avevano divelto tutti gli alberi. Nessuno straniero che avesse veduto l’antica Giudea e gli in-

cantevoli sobborghi della sua capitale, e ora si fosse trovato di fronte a questa devastazione, avrebbe potuto trattenere le lagrime e i pianti per l’orrenda trasformazione. La guerra aveva cambiato tanta bellezza in un deserto. Malgrado tutto, Gerusalemme resisteva ancora. Tito fece circondare tutto l’agglomerato urbano ancora libero da un profondo fosso, cui fece aggiungere un’alta muraglia di terra rafforzata da tredici avamposti: nulla e nessuno poteva entrare o uscire dalla città senza che i soldati se ne accorgessero. Inoltre, incitava i suoi uomini a far presto perché ormai, anche per lui, la guerra era diventata un incubo dal quale voleva liberarsi al più presto. Nel mese di luglio cadde la fortezza Antonia che dominava, con la sua imponente mole, il Tempio da nord-est. Da lì sarebbe partito l’ultimo attacco per la conquista più importante: il Tempio di Gerusalemme, il simbolo più sacro degli Ebrei. IL TEMPIO DI GERUSALEMME Era il centro della coscienza nazionale e religiosa del popolo


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