Players 06 (Free Edition)

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La locandina spagnola del film Dead Space ricorda non poco la cover del primo videogioco dell’omonima serie. Nella pellicola, il ruolo di protagonista è affidato a un non più giovanissimo Marc Singer, già reduce dei conflitti alieni di Visitors (1984) e del pilastro dell’exploitation fantasy Beastmaster (1982)

degli individui. Forbidden World segue la poetica del predecessore, proponendo stazioni futuristiche infestate da mucillagini aliene, ridicoli interludi carnali, mostri capaci d’inglobare DNA umano, astronauti ridotti a budini di carne (letteralmente) e scenari asettici pervasi da luci livide. Questi ultimi costituiscono un ulteriore caposaldo estetico delle pellicole appartenenti al sottogenere, tanto da essere evocati nello stesso Dead Space, che, in tal senso, pare abbracciare ogni variazione sperimentata sul tema, come nel caso dei tetri sotterranei della stazione mineraria Sprawl, assai simili al sito archeologico spaziale visto in Inseminoid (1982). Nel 1986, il filone subisce una brusca battuta d’arresto, dopo che il disastro

dello Space Shuttle Challenger porta la comunità a riflettere su tutt’altro tipo di orrori spaziali. Un fugace ma significativo ritorno al genere si ha nel 1991, con la pellicola intitolata appunto Dead Space. Diversi elementi del film, come l’alieno dalle braccia sottili e dotate di terminazioni falciformi (analoghe alle appendici caratteristiche dei necromorfi) o il design dell’androide coprotagonista (simile a quello delle tute spaziali RIG), suggeriscono che l’omonimia con il franchise videoludico non sia del tutto casuale. Alla luce di tutto ciò, i due giochi della serie Dead Space paiono omaggiare in maniera consapevole la branca più trash del cinema fanta-horror e forse è proprio questa “immondizia” l’ingrediente segreto del loro successo.

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