Players 06 (Free Edition)

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merciale. O anche solo con chi ha un minimo di buonsenso e buongusto. La verità è che durante il Far East Film, Udine si trasforma in una città cosmopolita, che permette di assaporare un pastiche di stili: friulano (per il cibo, per i paesaggi, per i ritmi) e orientale (per le facce, le storie, le lingue). Gli organizzatori, scaltri, hanno risolto ogni possibile problema della tredicesima edizione grazie all’icona-simbolo di quest’anno: una manina che fa “tiè”, leit-motiv anche della sigla dell’evento, in grado di allontanare tutta la malasorte. E, per l’ennesima volta, il Teatro Nuovo Giovanni da Udine si è trasformato in una sala cinematografica in cui è possibile piangere, urlare, fare il tifo e par-

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tecipare allo spettacolo con tutto il pubblico, con un entusiasmo alla Nuovo cinema Paradiso. Nel 2011. Ma. Ebbene sì, c’è un ma. Anche abbastanza grosso. Se dal lato organizzativo tutto è sempre impeccabile, sono rimasta sconcertata dalle scelte del pubblico che, come ogni anno, decreta i vincitori del festival. Certo, lo so, non contano solo i vincitori, però non si può ignorare il fatto che quest’anno è la Cina ad averla fatta da padrona, con ben due titoli nella top three, di cui uno vincitore. Under the Hawthorn Tree non l’ho visto e, per onestà intellettuale, non mi profonderò in critiche alla Rivolu-

zione Culturale o a quello che, in gergo, definirei “l’ennesimo pippone melodrammatico di Zhang Yimou”. Aftershock, invece, il film vincitore, l’ho visto eccome. E mi sono prima annoiata, poi infastidita, infine preoccupata. Annoiata perché la storia, i personaggi e tutto il film in generale erano una costruzione a tavolino per strappare lacrime ed empatia allo spettatore. Infastidita perché i toni erano così marcatamente esagerati, i personaggi così macchiettistici e le situazioni così strumentalizzate per arrivare a parlare – sempre e comunque – della grandezza della Cina, che dopo un po’ non ne potevo più. Preoccupata perché questo film ha vinto. Stra-


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