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GIOVEDÌ 8 SETTEMBRE 2011

CULTURA

L’IMPRESA È bionda, rossa oppure bianca birra artigianale da cinque stelle di Gabriele Lippi

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ionda Sardegna. Ma anche ambrata, rossa, dorata, bianca. L’Isola è leader tra le regioni italiane per consumo di birra e punta a diventare riferimento anche per la produzione artigianale di qualità. A tirare il gruppo dei sedici birrai sardi è il “Birrificio Barley” di Maracalagonis con le sue otto birre, esportate in tutto il territorio nazionale e all’estero. Una passione, quella del responsabile Nicola Perra, che l’ha portato a trasformare un hobby in una vera e propria professione. «Come bevitore mi sono formato alla birroteca “Il merlo parlante”, come produttore, a casa mia». Lui, ingegnere idraulico, nel 2006 ha fondato uno tra i birrifici più premiati d’Italia. Nove i trofei in bacheca, con tre birre (Toccadibò, BB10 e BB Evò ) che possono vantare le cinque stelle sulla guida Slow Food. Ma tutto è iniziato con Friska, Sella del Diavolo e Toccadibò, alle quali si sono più tardi aggiunte le due già citate, oltre alla Macca Meda, la Zagara (aromatizzata all’arancia) e la Tùvi Tùvi. La più leggera ispirata alle blanche belghe, 5% di gradazione alcolica, l’ambrata rossa, caramellata con aromi di prugna e amarena, 6,5%, la dorata con note fruttate di pesca e albicocca sciroppata, 8,4%. Le prime tre che hanno dato slancio all’estro di Nicola Perra. Perché l’assenza di una tradizione radicata alle spalle sotto certi punti di vista è un vantaggio: «Ti permette di concederti una creatività maggiore nella stesura delle ricette, di sperimentare di più, di localizzare meglio i tuoi sapori». LE SUE “CREATURE” Così sono nate la BB 10, pluripremiata imperial stout con l’aggiunta di sapa di Cannonau, e la BB Evò, che gode dell’aiuto liquoroso del Nasco proveniente dai vitigni di famiglia di Maracalagonis. Ed è sulla strada della commistione tra birra e vino - che finora ha fruttato numerosi riconoscimenti e svariati epigoni in tutta la Penisola - che nascerà anche la prossima creatura del Barley, stavolta aromatizzata alla Malvasia. «Faccio solo birre che piacciono a me», spiega Perra, «perché prima di tutto le voglio bere a casa mia e credo che sia indispensabile per tenere alta la qualità». Birraio dell’anno nel 2009, Perra si è fatto carico della missione di diffondere la cultura della birra in Italia e in Sardegna. Perché è vero che i sardi bevono il doppio del resto del Paese (secondo i dati di Assobirra nell’Isola si consumano tra i 56 e i 58 litri procapite annui contro una media nazionale che oscilla tra i 28 e i 29 litri), ma è altrettanto vero che le birre più consumate restano quelle di produzione industriale: «Si beve tanto, ma si beve senza cognizione». Eppure la situazione italiana non è poi così male, con trecentottanta birrifici artigianali sparsi su tutto il territorio e un vero e proprio boom negli ultimi cinque anni. «Quando abbiamo iniziato noi nel 2006 eravamo novanta», ricorda Perra, «negli ultimi cinque anni siamo diventati quasi quattrocento.

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TRE BIRRE A 5 STELLE Il “Birrificio Barley” di Nicola Perra, a Maracalagonis, produce tre birre premiate con 5 stelle nella guida di Slow Food.

L’80% dei nuovi arrivati è nato dal 2008 a oggi». Anche se la quantità spesso non significa qualità: «C’è chi lo fa solo perché attirato dalle prospettive di guadagno facile, ma complessivamente le birre italiane sono molto apprezzate all’estero». Quelle del “Barley”, ad esempio, varcano l’Atlantico dal 2007, per accomodarsi sulle tavole dei ristoranti e sugli scaffali dei negozi specializzati di Stati Uniti e Canada. Con l’obiettivo di fornire l’alta qualità ai propri clienti, sempre più consapevoli anche grazie alla crescente diffusione di birre artigianali. «La concorrenza non ci spaventa, noi guadagniamo sempre di più. Ampliamo continuamente i nostri locali per poter andare incontro alla richiesta, che continua a triplicare la nostra produzione annua, pari a 600 ettolitri». Tutti rigorosamente non filtrati e non pastorizzati, «perché la pastorizzazione uccide la birra». Una vera e propria scienza che ha portato il birrificio di Perra a collaborare con il centro Porto Conte ricerche di Alghero, per conoscere meglio le proprietà organolettiche e le capacità di conservazione di ciascuna birra prodotta. Perché una buona birra è come il vino: nasce, cresce e matura, e invecchiando spesso diventa più buona. Basta non esagerare.

LA FABBRICA Il “Birrificio Barley” di Nicola Perra, a Maracalagonis, è uno dei birrifici più premiati d’Italia: nove trofei in bacheca e tre birre a cinque stelle nella prestigiosa guida di Slow Food

SAMASSI La banda Silesu: sfrattati da casa nostra

IL GRUPPO La banda Leo Silesu

n Una banda musicale è abituata a viaggiare. Da un continente all’altro come da un paesino a quello accanto. Ogni tanto, però, le orchestre che si rispettano tornano alla base, per ricaricarsi in vista del prossimo viaggio. La banda Lao Silesu di Samassi, invece, una casa dove tornare non ce l’ha più. A dire la verità, non ce l’ha mai avuta. In ottant’anni di carriera è stata sempre ospite, in balia dell’altrui generosità. Fino a quando, una settimana fa, i musicisti sono dovuti emigrare da Samassi a Serrenti, ospiti di una cooperativa. Una fuga obbligata che è vissuta come uno sfregio e che domani, dalle 18, la banda denuncerà con un concerto di protesta per le vie di Samassi.

Eseguendo un programma esclusivamente a base di marce funebri. «Siamo dispiaciuti perché in tanti anni il comune di Samassi non ha risolto il problema della sede», spiega il presidente dell’associazione musicale Silesu Francesco Pittau. «Ora siamo a Serrenti ma si tratta di una soluzione tampone che può andare bene per due o tre mesi. E comunque ci sentiamo sfrattati dal nostro pae-

LA PROTESTA L’associazione musicale Lao Silesu, in cerca di una sede, ora è a Serrenti: «Tutta colpa del Comune»

se». Un guaio che non riguarda solo la banda ma anche le decine di allievi di tutte le età, dai bambini ai pensionati, che ogni anno vengono anche dai paesi vicini per seguire i corsi dell’associazione. «Il Comune ogni anno ci dà 5mila euro e noi li usiamo per pagare le bollette, i rimborsi della benzina per i musicisti che non vivono a Samassi e la manutenzione dei tanti strumenti», chiarisce Pittau. «Noi tutti lavoriamo gratis e i soldi certo non bastano per affittare una sede tutta nostra». A settembre, il programma dei concerti andrà avanti come stabilito. Poi, con l’inverno, bisognerà trovare un tetto per la banda Silesu. Magari definitivo. Lorenzo Manunza


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