Promemoria - storie e figure della Memoteca Pian del Bruscolo, numero 1

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Antonio e i suoi compagni viaggiano per ben diciassette giorni, dal 13 al 30 settembre, in parte col treno e in parte con marce forzate. …Ogni baracca 500 ne stava, e alla sera per andare a dormire un po’ alla volta bisognava aggiustarsi, e sulle brande 2 per posto andare e per terra fitti come sardelle, e per cortello bisognava dormire… Ora prendiamo la santa giornata alla mattina alle 6 adunata e solo per darci una contata un ora in fila bisognava star. Poi alle 7 il caffè arrivava e mezzo tazzino per uno c’enera, ma il zucchero non si vedeva, e con due etti di pane e 2 grammi di marmellata e quello per tutta la S. giornata …Ma la paura non si racconta e una cosa per me inspiegabbile. …Arrivato verso le baracche era un pianto per non dire un macello fra i morti e feriti e chi mezzi addormentati tanta gente in giro attorno sparsi, chi piangeva chi urlava, chi dormiva, pezzi di carne da tutte le parti con stracci ecc… Il diario scorre così, tra bombardamenti, fame, spostamenti dalle baracche al lavoro, fino alla liberazione. …La sera stessa si sente dei colpi buoni arrivare dopo che gli apparecchi avevano fatto altro in tempo andare, da dove vengono si incomincia a pensare. Sarà gli amici che si cominciano avvicinare …la mitraglia si sente vicino cantare. Non è passato nemmeno 1 quarto d’ora ecco i carri armati al paese, ariva, e il paese incominciano a circondare, e noi fuori incominciamo andare a salutarli ridere e incontrarli, e poi tanti e tanti carri armati sono arrivati e frai quali cera quelli che parlavano pure l’italiano che erano di paternità Italiani di Bari Abruzzi ecc. (28-3-45) Liberazione. Poi l’attesa per il rientro, le soste nei campi di raccolta e, ancora, il cibo: Dopo un mese della liberazione viene ordinato di lavorare con americani per il periodo (29-4-45): di un mese intanto. Ma non lavoro continuo perché cenè andava un 30%. Ma solo che lavorando alla sera passavano viveri americani in più della normale razione, così vi era di tutto zucchero-caffèuova in polvere, farina lattea, limone, salame, pasta, pane, ecc. Antonio riuscirà infine a partire per l’Italia solo il 20 luglio 1945 e, dopo un viaggio di ventisette giorni, finalmente poserà di nuovo il piede sul suolo natio: …il 15 [agosto n.d.r.] sera la sera della Madonna siamo arrivati a Como traversando la Svizzera quella terra Maledetta, il 16 mattina arrivati in Italia già è una gran consolazione, ma nel frattempo anche una passione non potendo sapere, e vedere nell’istante pure le nostre famiglie e paesi. Come pure si scutiva continuamente gli atti compiuti dai disgraziati dell’ex esercito Doic. Antonio ebbe comunque la fortuna di tornare, di riabbracciare la moglie, di allevare tre figli, di costruire la sua casa, di vivere la sua vita. Altri giovani italiani, IMI come lui, non furono altrettanto fortunati e trovarono la morte dopo atroci sofferenze e privazioni.

Nella parte finale del Diario di Antonio vengono riportati i nomi dei suoi più stretti compagni di sventura, che qui di seguito riportiamo (così come Antonio li scrisse), nella speranza che qualcuno ne riconosca i nomi e possa contattare Bruno Olivi, il figlio di Antonio, tramite le pagine della nostra rivista: Baldini Armando, Arcevia, via Palazzo, Ancona; Bonfaldini Francesco, Costa Volpino, Bergamo; Andreucci Giù, Castelnuovo Carfagnana, Gragnagnella, Lucca; Zolfanelli Giuseppe, Sassoferrato, via Coldapri, Ancona; Cesaretti Eugenio, Montegallo, Osimo, Ancona

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