Farememoria - La stanza dei ricordi

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Vintage. Amarcord. “Come eravamo”. Le ricette della nonna e “come una volta”. “Effetto nostalgia”.“Per non dimenticare”, se si tratta di tragedie di massa. E poi, ineluttabilmente: “Si stava meglio quando si stava peggio”. La necessità, anzi l’ossessione del ricordo è connaturata al nostro tempo nervoso: la società liquida stigmatizzata da Zygmunt Bauman, con il suo affacciarsi all’oblio non può non trovarsi costretta a fare i conti con la durata, e dunque anche con la memoria. Ma è possibile che, nell’epoca della moltiplicazione bulimica delle informazioni, della condivisione (condivisione?) compulsiva di istanti che il buonsenso per secoli ha voluto appartati, la memoria, la sua costruzione e la sua custodia siano contenuti nel bordo smerlato di una foto color seppia? Non ci è dato di sottrarci all’urgenza del ricordo, allo struggimento di chi vuol fermare tra le dita il proprio lacerto di tempo, personale e della comunità cui appartiene. Si può però cercare di discernere, di operare una riflessione sul perché, per chi continuare a ricordare pubblicamente, e sul come.

fotografia Fausto Schiavoni, Pesaro

Con il solo proposito di render conto di un lavoro i cui primi passi datano ormai a una quindicina d’anni fa, farememoria - la Stanza dei ricordi prova a ‘mettere in scena’ il sedimentarsi di alcune memorie della nostra città. Come ogni messa in scena anche questa è del tutto soggettiva, parziale e circoscritta, delimitata da luci e segni già tracciati, dettata

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