SH14 Charles Augustus Milverton

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Charles Augustus Milverton


SHERLOCK HOLMES

Pubblicazione edita da: Malavasi editore S.r.l.

n. 14

Direttore responsabile: Nicola Malavasi Testi: Nicola Malavasi Gianluca Salvatori, CHS, BS Enrico Solito, CHS (D), BSI. Past President di Uno Studio in Holmes Fotografie: Granada International Progetto Grafico: Cristina Ghelfi - Modena Periodico quattordicinale corredato da DVD. Il DVD allegato non è vendibile separatamente. Esce il Sabato. Registrazione presso il Tribunale di Modena. Distribuzione: Sodip spa (MI) Stampa: Ecofina S.r.l. (MI) Malavasi Editore s.r.l. è iscritta al ROC al n° 7721. IVA assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, 1° comma, lettera C; D.P.R. 633/72. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Filiale di Modena - Tassa Riscossa L’Editore si riserva la facoltà di modificare i prezzi nel corso della pubblicazione in relazione a variate condizioni di mercato. © 2005 Malavasi Editore s.r.l. - Modena Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o memorizzata in sistemi di archivio o trasmessa in forma o mezzo elettronico, meccanico, attraverso registrazioni o altri sistemi noti e futuri, senza esplicita autorizzazione scritta da parte dell’Editore ad eccezione di brevi passaggi e recensioni.

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ella storia che vediamo e che, per una volta, è solo “ispirata” a quella originale di Conan Doyle, Holmes ha poco del grande genio deduttivo per cui è divenuto giustamente famoso. In realtà si tratta, come in altre storie del canone (poche tuttavia), più di un caso in cui sfoggiare la sua proverbiale energia e decisione che non il fine ragionamento deduttivo.

Charles augustus Milverton (Robert Hardy), Sherlock Holmes (Jeremy Brett), Dr Watson (Edward Hardwicke)

Di misteri da risolvere, diciamocelo, ce ne sono pochi: l’aiuto del detective è richiesto da una anziana vedova, Gwen (ultima interpretazione di Ffrancgon Davies) e in seguito da Lady Eva Blackwell (mentre nel Canone l’unica persona a rivolgersi ad Holmes è Lady Blackwell). Come nella storia originale c’è un incontro con l’abietto Milverton, da cui non si cava un ragno dal buco: l’unica soluzione sarà dunque un’azione di forza, più degna di una spy-story che di un buon mistery, specialmente quelli Holmesiani. Così Holmes si infiltra nel territorio nemico e si ritrova fidanzato con Agatha, la cameriera di Milverton. Alla vicenda che, nel racconto di Doyle, è appena accennata viene al contrario dato maggior risalto 3


nella versione cinematografica della Granada, nella quale assistiamo ad un sia pur casto bacio che fa sussultare certamente tutti gli appassionati Holmesiani. Tutti si sono certamente chiesti se, dopo quel bacio, che non esiste nel racconto originale, Holmes ed Agatha si siano spinti assai più in là, e quanto. Ritenendo il canone l’unico metro di giudizio in materia Holmesiana si deve decisamente rifiutare ogni ipotesi di tal fatta. La presenza del bacio, tuttavia, rende prepotente una polemica presente nel mondo holmesiano a proposito del comportamento tenuto dal Grande Detective: se fosse cioè lecito o meno ingannare quella povera ragazza allo scopo di risolvere il caso. Nel racconto scritto la cosa è chiaramente platonica, una sorta di gioco in cui Agatha è una vanesia ochetta (“Ho passeggiato con lei ogni pomeriggio, e con lei ho conversato. Quelle conversazioni Watson!!”) e Holmes, del resto, è rassicurato dalla presenza di un fidanzato “vero” ben disposto a prenderlo a pugni: insomma, un innocuo gioco organizzato da Agatha per ingelosire l’altro. Ma nel film la cosa va ben oltre, e per di più la povera Agatha si trova di fronte all’Holmes vero, non potendo dunque evitare la più cocente delle disillusioni. Il nostro eroe non fa certamente la figura del gentiluomo e, non a caso, alla fine del film commenta di non sentirsi troppo orgoglioso di sé. Nella decisione di trasportare in un film della durata di due ore (uno dei più lunghi nella serie Granada) una storia che era invece una shortstory, gli sceneggiatori hanno inserito una terza storia di ricatto ad opera del sordido Milverton e che allude chiaramente ad un passato omosessuale. La cosa non è certo assurda in una società come quella Vittoriana in cui l’omosessualità era largamente tollerata e praticata, purchè però restasse il segreto di pulcinella. La tragica storia di Oscar Wilde e della sua rovina sta a dimostrarlo. Come sappiamo, Doyle e Wilde si conoscevano benissimo, e anzi, da un comune pranzo di lavoro con i due giovani scrittori, all’epoca sconosciuti, l’editore Lippicott commissionò il “Ritratto di Dorian Grey” e “Uno studio in rosso”. Successivamente Wilde e Doyle rimasero a lungo in contatto epistolare, in un clima di simpatia e stima reciproca. Sempre a caccia di possibili errori, siamo addirittura riusciti ad individuare una imperfezione nella impareggiabile scenografia della Granada: le notizie di cronaca infatti non erano mai sulla prima pagina 4


Lady Eva Blackwell (Serena Gorddon), Harry, Conte di Dovercourt (Brian Mitchell)


Sherlock Holmes (Jeremy Brett), Dr Watson (Edward Hardwicke)

del Times come invece appare nel film. Solo dopo il 1966 il quotidiano londinese si piegò alla legge, oramai imperante su tutti gli altri quotidiani, rinunciando a molto del suo impassibile aplomb. Ma tutto il resto il parco, le case, le gallerie d’arte sono perfette come sempre. Un’ultima nota: l’attore che impersona Milverton, Robert Hardy, è uno dei pochi che abbia inoltre interpretato sia Sherlock Holmes che il Dottor Watson. 6


I Luoghi L’appartamento (ii) Sappiamo che il portone sulla strada aveva una finestra semicircolare sopra di esso (“fanlight”), come altre case nella strada. L’appartamento preso in affitto era al primo piano, raggiungibile con una rampa di 17 scalini. Proprio il numero degli scalini fu citato da Holmes ad un esterrefatto Watson per dimostrargli la differenza tra l’osservare i particolari ed il guardarli semplicemente, senza porvi attenzione. Si trattava di due confortevoli camere da letto con un ampio e ben arredato salotto, illuminato da due ampie finestre a bovindo su Baker Street, con ampi tendaggi. In seguito Watson ci informa che esisteva una stanza da sbarazzo, probabilmente situata a un piano superiore, come usava all’epoca, visto che Holmes ne scendeva: stessa cosa per la stanza da bagno, da cui Watson scese dopo essersi rimesso a nuovo con un bel bagno e un cambio di biancheria. Vi era un camino nel salotto, davanti al quale era posto un divano, o meglio un sofà, e due poltrone, di cui una scucita. Holmes si metteva di norma in quella di spalle alla finestra, per esaminare meglio il cliente. Sopra il caminetto c’era uno specchio, sul pavimento una pelle d’orso e una stuoia. Molto importante il tavolo di mogano sul quale, quando non era apparecchiato per la colazione o il tè, brillava mobilia di porcellana e peltro. Vi era una pendola e un fornello a spirito sul quale preparare il caffè e un microscopio. Sulle pareti erano appesi grafici scientifici, il ritratto del generale Gordon e di Henry Ward Beecher e diverse librerie contenevano i volumi di consultazione di Holmes. continua...

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Titolo originale The Master Blackmailer Tratto dal romanzo Charles Augustus Milverton (1904) Produttore June Wyndham-Davies Regia John Madden Cast Sherlock Holmes - JEREMy BRETT Dr John Watson - EDWARD HARDWICkE Mrs Hudson - ROSALIE WILLIAMS Charles Augustus Milverton - ROBERT HARDy Harry, Conte di Dovercourt - BRIAN MITCHELL Ispettore Lestrade - COLIN JEAVONS Lady Diana Swinstead - NORMA WEST Lady Eva Blackwell - SERENA GORDDON Agatha - SOPHIE THOMPSON Durata 100 minuti ca.

© 1992, Granada Television Limited © 2005, Malavasi Editore s.r.l.

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