IMQ Notizie n. 92

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IMQ NOTIZIE n.92_ settembre 2010

Se insegniamo ai nostri figli solo ciò che conosciamo, non potranno mai diventare migliori di noi. Negli anni ‘80 quando lessi i libri di Lester Brown e colleghi del Worldwatch Institute, sentii il forte bisogno di diffondere a tutti tale ricchezza di dati sulle problematiche ambientali del pianeta. Il furibondo attacco di statistiche negative e analisi dei trend, sulla base di dati raccolti a Washington DC, offriva solo un barlume di speranza all’orizzonte. Di conseguenza, creai una casa editrice specializzata per raggiungere gli ascoltatori recalcitranti - il mondo degli affari in Europa - attraverso State of the World e Vital Signs. Come imprenditore che in quel periodo aveva avviato circa sei imprese, anch’io ero direttamente coinvolto come cittadino […] Tuttavia, col passare del tempo e con la comparsa di nuove rughe che tradiscono profonde preoccupazioni, non si può rimanere semplici cittadini preoccupati per il futuro, rimpiangendo ogni singolo errore. Dovremmo invece unirci trovando modi per gettare le basi sulle quali la prossima generazione possa ottenere risultati migliori dei nostri. Forse, il dono più prezioso che possiamo fare ai nostri figli è di offrir loro la libertà di pensare e, ancor più, di agire fuori dal coro. Pertanto, è utile riflettere su ciò che possiamo lasciare in eredità alle generazioni future come struttura per il pensiero positivo e piattaforma per azioni concrete. Questo rappresenta forse la sfida più ardua. Le cattive notizie non riguardano solo lo stato di salute del nostro pianeta. Per la prima volta dopo decenni di torpore ci stiamo rendendo conto che anche il sistema economico sta vacillando […] Cominciai a lavorare con Ecover, industria produttrice di detergenti biodegradabili con sede in Europa. Quando persino i maggiori produttori adottarono i nostri ingredienti biodegradabili – gli acidi grassi dell’olio di palma – come principale sostituto industriale a tensioattivi petrolchimici, ci fu un’impennata della domanda. Ciò spinse molti coltivatori, specialmente in Indonesia, a sostituire vaste distese di foresta pluviale con colture di palma. Distruggendo la foresta pluviale, si è perso anche gran parte dell’habitat dell’orangutango, pertanto ho imparato, con mio grande disappunto, che la biodegradabilità e la rinnovabilità non equivalgono a sostenibilità. Nel mio primo articolo in materia, pubblicato a Seoul, Korea, nel 1991, ho esortato le industrie a emulare l’efficienza degli ecosistemi. La saggezza di un ecosistema non si esprime solo nella resa di servizi come acqua dolce e aria pulita, la reintegrazione dello strato superficiale del terreno, il controllo bilanciato dei batteri e un percorso evolutivo infinito, sempre alla ricerca di soluzioni migliori e di livelli di efficienza più elevati. Gli ecosistemi sono anche una fonte d’ispirazione per mutare i nostri prodighi modelli di consumo e produzione. Nell’articolo, sostengo che si potrà prevedere sostenibilità solo quando il nostro sistema eliminerà il concetto di rifiuti, cominciando ad attivare il ciclo a cascata dei nutrienti e dell’energia come avviene in natura. Dopo l’esperienza deludente con Ecover, il Dottor Heitor Gurgulino de Souza, Professore e Rettore dell’Università dell’Onu, ospitata dal governo nipponico, mi sfidò a creare un modello per un sistema economico a rifiuti ed emissioni zero, che creasse però posti di lavoro, contribuisse al capitale sociale e non comportasse costi più elevati […] Dopo tre anni di ricerca e di cooperazione con il Programma di sviluppo dell’Onu, nacque in Svizzera la Fondazione Zeri, finalizzata esclusivamente all’adozione dei casi pionieristici che dimostrassero un modello di produzione e consumo economicamente attuabile e scientificamente fattibile. In occasione della celebrazione del primo decennio di attività pionieristica in tutto il

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