IMQ Notizie n. 92

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PRIMO PIANO:

ente terzo competente in materia (ad esempio il WWF o Greenpeace o Legambiente) che contribuisca ad accrescere la credibilità dell’azienda e permetta a quest’ultima di costruirsi non soltanto un’immagine, bensì una reputazione green. Ma anche in questo caso non si deve trattare di un impegno temporaneo e occasionale, ma deve essere parte di una strategia di lungo termine. In generale, se un’azienda si dichiara green, è assolutamente necessario che siano green anche i suoi prodotti, i suoi principi etici e le sue strategie; è necessario che l’azienda intraprenda un percorso sostenibile in toto, che non tralasci nessun aspetto dell’organizzazione e della produzione. Negli ultimi anni sono stati commessi errori di green washing spesso anche da parte di nomi internazionali importanti. A monte, tra le varie cause, vi è la mancanza di esperienza e competenze verdi e di una legislazione cogente in merito. A livello internazionale vi sono alcune linee guida. Già nel 1992 negli USA la Environmental Protection Agency (EPA) e la Federal Trade Commission hanno pubblicato delle linee guida ‘Guidelines for Environmental Marketing Claims’, attualmente in corso di revisione. Il Governo UK ha aggiornato il ‘Green Claims Code’ con il patrocinio del Committee of Advertising Practice. L’Autorità può agire di propria iniziativa o su richiesta ed investigare dichiarazioni e messaggi potenzialmente ingannevoli. In Australia esiste il ‘Green Marketing and Trade Practices Act’. Questo documento è collegato alla legislazione vigente in materia di concorrenza e commercio. In Francia è stata definita una ‘Charte d’engagement et d’objectifs pour une publicité eco-responsable’ basandosi sul lavoro del ‘Bureau de Verification de la Publicité’, un’autorità morale (ma non legale) che controlla i messaggi pubblicitari. Esiste inoltre l’OIP

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(Observatoire Indépendant de la Publicité) su Internet, uno spazio interattivo per coinvolgere i diversi stakeholder. In Italia disponiamo sia dell’Antitrust sia del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, promosso dall’Istituto di Autodisciplina, il quale vieta sia la comunicazione commerciale ingannevole sia l’attività di comparazione quando questa è ingannevole. Non esistono linee guida o codici specifici, ma sono già numerosi i casi di intervento e di sanzioni per problematiche di green washing. Ma andiamo ora a vedere alcuni casi pratici.

I “VERDI BUONI” E I “VERDI CATTIVI” Chi ha davvero un’anima verde e ha saputo comunicarlo con precisione, coerenza, trasparenza è Patagonia, leader nel settore tessile, il cui sito web ricorda molto più quello di un grande O.N.G. come Legambiente che non quello di un’azienda. Infatti, oltre ad aver fornito per ogni prodotto l’elenco degli aspetti positivi e di quelli negativi in materia di impatto ambientale, Patagonia ha anche documentato ogni fase della lavorazione con filmati e interviste e, soprattutto, ha individuato diversi indici per la valutazione dell’impatto ambientale di ogni prodotto, indicando persino la metodologia di calcolo usate. Un leader a tutto tondo. Un altro esempio interessante? Paper Mate! Quest’azienda, dopo aver lanciato sul mercato un tipo di penna biodegradabile, si è valsa della collaborazione di Terracycle, per dare vita a un nobilissimo progetto che si pone l’obiettivo di educare il consumatore al riciclo: la raccolta delle penne Paper Mate non biodegradabili. A scuola, in ufficio, a casa, ovunque, è possibile

raccogliere le penne non biodegradabili, inviarle a Terracycle e ottenere un ricavato da devolvere a qualche O.N.G.; un approccio di “edutainment” (education + entertainment) che di sicuro ha fatto breccia nei cuori dei consumatori. Simile anche l’iniziativa di Tetrapak: il suo sito Internet, oltre a educare il consumatore mediante nozioni e informazioni sul riciclo, fornisce la possibilità di verificare se nel proprio comune di residenza vengono effettuati la raccolta e il riciclo dei materiali in tetrapak. Ancora, l’esempio di Lipton che, come Paper Mate, si è affidato a una terza parte autorevole, Rainforest Alliance, ponendosi l’obiettivo di certificare, sia in termini d’impatto ambientale sia per quanto riguarda gli aspetti di so-


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