Prato review n. 21

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n.21 - primavera 2014 Trimestrale di cultura, economia e moda spedizione in abbonamento postale 45% - art. 2, lettera b - legge 662/96 - filiale di Firenze - contiene IP - euro 4,00 free copy

review prato

review

prato n. 21 primavera 2014

Sogni in 35 mm

La Grande Bellezza

Pamela Villoresi e l’emozione dell’Oscar

Nuovo Pecci

La città vista da Maurice Nio

Le Pagliette

La rivista del Buzzi, da 66 anni racconta Prato

Il nuovo ospedale

I reparti d’eccellenza del Santo Stefano


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prato

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12 Arte 16 spettacolo 18 libri 20 Era l’anno 22 Lo sguardo da dentro 24 People 27 editoriale 28 Cinema Pamela Villoresi. Un po’ di Prato nell’Oscar

di Teresa Favi foto Alessandro Moggi

32 Cinema Gabriele Cecconi. Il Seminarista

di Alessandra Lucarelli

36 fashion Sogni in 35 mm

di Francesca Lombardi foto Alessandro Moggi

44 Cinema Terminale. Compleanno d’Autore di Federico Berti

62 Architettura Museo Pecci. Edificio dorato che volteggia di Angelo Formichella

52 lirica Lando Bartolini. Missione ‘quasi’ impossibile di Teresa Favi


Podere Allocco Fattoria Ambra Fattoria di Artimino Tenuta di Capezzana Tenuta La Borriana Azienda Agr. Pratesi Castelvecchio Colline San Biagio Podere Il Sassolo Tenuta Le Farnete Azienda Piaggia

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prato

review

56 musica Non chiamatemi liutaio di Matteo Grazzini

58 società Work in progress di Sabrina Bozzoni

62 Goliardia Pagliette, attori e buzzi Belles di Elisa Signorini

68 Itinerario Il mare di San Giorgio a Colonica

di Tommaso Geri foto Dario Garofalo

74 Focus I fiori all’occhiello di Elisa Signorini

80 Reportage In Myanmar con McCurry

di Alessandro Moggi

86 UNiversità Scambi Possibili 88 Sport Ladies. Match-Point di Matteo Grazzini

90 Shot on site 92 Restaurant Gli amici di Cibino

di Alessandra Lucarelli foto Dario Garofalo

94 Prato tips 95 English version


prato

review

Direttore responsabile

Matteo Parigi Bini

moda

Teresa Favi, Francesca Lombardi

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Fotografi

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ORARIO CONTINUATO

LA SECONDA DOMENICA DEL MESE aperti anche il pomeriggio

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contributors

Gianni Attalmi, Lorenzo Cotrozzi, Dario Garofalo, Martina Giachi, Alessandro Moggi, Pasquale Paradiso

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Sabrina Bozzoni, Matteo Grazzini, Alessandra Lucarelli, Mila Montagni, Elisa Signorini, Maria Giusy Riccetti

Anna Beltrame, Federico Berti, Piero Ceccatelli, Francesco Ciampi, Riccardo Rami, Guido Parigi Bini Gabriele Villoresi, Dario Zona

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8 - 10 Marz

redazione

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Marzo 2014

grafica

Chiara Bini, Alessandro Patrizi Traduzioni

Tessa Conticelli, Costanza Nutini Direttore Commerciale

Alex Vittorio Lana Pubblicità

Gianni Consorti, Alessandra Nardelli società editrice

Alex Vittorio Lana, Matteo Parigi Bini via Piero della Francesca, 2 - 59100 Prato - Italia tel +39.0574.730203 - fax +39.0574.730204 redazione@gruppoeditoriale.com Registrazione Tribunale di Prato - n° 5/2009 del 10.03.2009 Spedizione in abbonamento postale 45% art. 2, lettera b – legge 662/96 – Filiale di Firenze - Contiene IP Carta

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Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana



12 agenda arte

Centro Pecci

Centro Pecci Venerdì 28 marzo, in collaborazione con Lo schermo dell’arte Film Festival Firenze, la proiezione del film Ho visto Michelangelo Pistoletto di Daniele Segre (ingresso libero). L’iniziativa è collegata alla mostra Vito Acconci - Michelangelo Pistoletto. Allo Specchio visitabile al Museo Pecci Milano fino al 5 aprile 2014. Il rapporto insolito tra il regista del cinema della realtà e l’artista di fama internazionale rappresenta un momento importante nel percorso cinematografico di Daniele Segre: un rapporto nato casualmente a Torino, alla conferenza stampa del Prix Italia nel settembre 2012, e rafforzato nel corso delle riprese realizzate alla Cittadellarte Fondazione Pistoletto di Biella trovando un punto in comune nella consapevolezza nel reci-

Die Mauer

proco impegno sociale. Nel mese di maggio è prevista l’inaugurazione della nuova ala del museo progettata da Maurice Nio che potenzierà ulteriormente la vocazione fondamentale del Pecci: quella sull’arte contemporanea, attraverso le mostre e la collezione, declinata però anche su numerose altre discipline quali la moda, il design, la comunicazione, il cinema e l’architettura (www.centropecci.it) Die Mauer In scena la mostra 30 Capolavori di Gianfranco Chiavacci, con opere pittoriche inedite dell’artista pistoiese reduce dal successo della mostra Fotografia Totale da poco conclusa a Palazzo Fabroni di Pistoia. Sabato 12 aprile inaugura invece la personale dell’artista milanese Maurizio Sapia, presente in molte collezioni e fi-

nalista del premio BNl 2012. A fine maggio la galleria aderirà al Progetto Human Dog con un fine settimana dedicato ai piccoli animali a quattro zampe realizzando un set fotografico con l’artista Silvia Amodio che fotograferà cani e padroni realizzando una mostra a partire dalla settimana successiva (www.diemauer.it) Farsetti Arte La vendita di uno straordinario studio di Andrea Mantegna nell’asta che Farsettiarte ha allestito lo scorso novembre, ha risvegliato l’attenzione degli appassionati d’arte sui disegni antichi, per secoli simbolo e banco di prova delle capacità tecniche e della sensibilità estetica di ogni artista. Per questo motivo Farsettiarte si presenta all’ormai tradizionale appuntamento primaverile con l’antiquaria-

to proponendo un’altrettanto straordinaria collezione di disegni antichi, costituita da oltre quattrocento fogli, che spaziano dal XVI al XIX secolo. Dal 9 al 12 aprile, Il fascino delle antiche carte: Una collezione fiorentina di disegni antichi, dal 9 all’11 aprile alle 15.30 e Dipinti e Sculture del XIX e XX secolo sabato 12 aprile sempre 15.30 (www.farsettiarte.it) Lato Il fotografo pratese Alessandro Moggi ha seguito il fotoreporter statunitense Steve McCurry, in un viaggio attraverso gli splendidi paesaggi di Myanmar, tra il fascino enigmatico di Yangon e paesaggi inediti e inaccessibili ai più. Risultato, un incredibile documentario su uno dei maestri della fotografia internazionale e una serie di splendide immagini, raccolte sotto il nome di #moggifol-



14 Agenda Arte

Moo

lowsmccurry e in mostra da Lato a partire dall’11 aprile. Potete seguire tutto il viaggio su Instagram digitando il nome della mostra #moggifollowsmccurry o sul sito www.alessandromoggi.com Moo Inaugurata a marzo la personale di Noumeda Carbone, artista visiva ed illustratrice fiorentina, vincitrice di numerosi premi e inclusa nel 2010 tra i 200 disegnatori più importanti del mondo dal Luerzer’s Archive Best Special. Bitter Pills è una serie di sculture realizzate con pillole, capsule vuote per la precisione, dove l’artista gioca con i colori e con le forme asimmetriche, senza strutture di sostegno. Le pillole sono incollate l’una all’altra, dal nucleo centrale tutto si spande. Con la gioia della trasformazione e della spe-

Museo del Tessuto

rimentazione le pillole che formano le opere diventano cellule di organismi viventi in area di confine spazio fisico, di relazione e temporale che lega l’esterno, la città e l’interno. Il senso che si spiega e dispiega nelle sue opere è sempre un rapporto bivalente tra l’interno e l’esterno, tra ciò che cura e ciò che fa male, tra giusto e sbagliato, tra sogno e realtà. Ed è questa dualità che esprimono le sculture ed i gioielli presentati da Moo (www.lato.co.it) Museo del Tessuto Continua la grande mostra La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferrè, dedicata al talento di una delle figure più significative della moda internazionale. Concepita con l’intento di mettere in luce la poetica sartoriale e creativa dello stilista, la mo-

stra conduce il visitatore, attraverso diverse tipologie di lettura, alla scoperta della camicia bianca, vero e proprio paradigma dello stile Ferré, evidenziandone gli elementi progettuali più innovativi e le infinite, affascinanti interpretazioni. Presenza costante che corre come un fil rouge lungo tutta la sua carriera, la camicia bianca è stata definita dallo stesso stilista ‘segno del mio stile’ oppure ‘lessico contemporaneo dell’eleganza’. Pensato per dare forza ai diversi linguaggi figurativi con cui l’universo camicia è stato letto, scomposto e rimodellato, il percorso espositivo gioca con la suggestione e la valorizzazione di elementi diversi, a corollario dei capi indossati su manichino: disegni, dettagli tecnici, bozzetti, fotografie, immagini pubblicitarie e redazionali, video e istallazioni (www.museodeltessuto.it)

Vault + BBS-pro Nasce una nuova idea di spazio artistico e sperimentale grazie alla partnership tra Vault e BBS-pro. Una galleria d’arte (Vault di via Genova) e uno studio di dottori commercialisti con un’area professionale dedicata all’economia della cultura (BBS-pro, Baldini Ballerini Sanesi professionisti associati), che all’interno dello spazio in via del Carmine 11 daranno vita e identità ad una proposta e ad un luogo non convenzionali. Vault + BBS-pro, con esperienze, conoscenze e competenze diverse, scommettono su un format inedito basato su co-working, connessioni creative, multidisciplinarietà. L’obiettivo è quello di provare ad uscire dal conosciuto attraverso l’arte contemporanea e mettere in moto modi di operare nuovi (www.bbs-pro.it)


Presenta nel prossimo mese di aprile la mostra personale dell’artista milanese

Maurizio Sapia

Una delle opere che sarà presentata:

“Stato” di confusione

Via Firenzuola n. 33/35/37 Prato - tel. 348 2493640 www.diemauer.it - facebook: Die Mauer arte contemporanea dal martedì al sabato 10,00 13,00 - 16,00 19,30 domenica su appuntamento 348249340


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agenda SPETTACOLO

Teatro Fabbricone

Teatro Fabbricone

MARZO Sabato 15 e domenica 16 marzo, Teatro Politeama, Sugar the Musical, tratto dall’indimenticabile film diretto da Billy Wilder, con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon, A qualcuno piace caldo, interpretato qui da Justin Mattera. Da giovedì 20 a domenica 23, Teatro Metastasio, Natale in casa Cupiello. Un omaggio al grande Eduardo De Filippo attraverso una delle sue commedie più famose, diretta da Fausto Russo Alesi. Da giovedì 20 a sabato 30, Teatro Fabbricone, Orchidee, uno spettacolo di Pippo Delbono per viaggiare nelle diverse dimensioni dello spazio teatrale. Venerdì 21, Teatro Politeama, concerto della Came-

rata Strumentale Città di Prato e St. Jacob’s Chamber Choir, Stoccolma. Sul podio il direttore Gary Graden. Mercoledì 26, Officine Giovani, in scena lo spettacolo teatrale Non poteva certo finire bene, una farsa giullaresca ad atto unico di circa 70 minuti. Giovedì 27, sempre alle Officine, arriva il variegato repertorio di musica popolare brasiliana contemporanea dei Veronica Fascione Quarteto. APRILE Sabato 5 e domenica, Teatro Fabbricone, Ubu Roi di Alfred Jarry, uno spettacolo in cui lo “spirito di libertà” accompagna tutte le scene. Martedì 8, Cinema Terminale, La Bohème di Giacomo Puccini in

Officina Giovani

diretta dal The Metropolitan Opera per la regia di Franco Zeffirelli. Giovedì 10, Teatro Politeama, Haydn: Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla Croce op. 52 Hob. XX:1 con la Camerata Strumentale “Città di Prato” diretta da Alessandro Pinzauti e la voce recitante di Fabrizio Gifuni, Venerdì 11 e sabato 12, Teatro Fabbrichino, Ad un passo dal cielo di e con Aldo Rapè. Domenica 13, Teatro Fabbrichino, Mutu di Aldo Rapè, per la regia di Lauro Versari. La storia di due fratelli, due uomini del nostro tempo, uno prete e l’altro mafioso, ingabbiati nelle loro vesti e nei loro ruoli ma desiderosi di scappare. Mercoledì 16 e giovedì 17, Teatro Metastasio,

Teatro Metastasio

Passione, uno spettacolo tratto dal romanzo Passio Laetitiae et Felicitatis di Giovanni Testori e da un progetto di Giovanni Nocosia. MAGGIO Giovedì 8, Teatro Politeama, Britten: The Young Person’s Guide to the Orchestra (Variazioni e Fuga su un tema di Purcell) op. 34 di Čajkovskij: Romeo e Giulietta, Ouverture Fantasia
Rimskij-Korsakov: Capriccio spagnolo op. 34 con la Camerata Strumentale “Città di Prato” diretta da Alessandro Pinzauti e Alberto Batisti come voce narrante. Martedì 13, Cinema Terminale, La Cenerentola di Gioacchino Rossini in diretta dal The Metropolitan Opera per la regia di Cesare Lievi.


EMPOWERMENT

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EDUCATION

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18 Agenda libri

ILARIA NASSA NUVOLE Il secondo romanzo della giovanissima autrice pratese è “un viaggio introspettivo e musicale alla ricerca del vero Io”. Pistoia: Lorenzo si nasconde nei meandri bui della città, condividendo noia e delusione con Emanuele, Luca e Francesco, i soli di cui si fidi. Solo il fumo azzurro che esala dalla cannabis sembra dargli un momento di felicità e gratitudine, finché non incontrerà Katia, enigmatica e ipnotica così come i suoi occhi gialli...

ENRICO TORDINI SANGUE GIALLO Tordini firma un giallo tutto toscano. Siamo a Prato, qui uno spietato killer uccide esponenti della numerosa comunità cinese locale scegliendo le vittime fra i relitti della società. Un procuratore della repubblica che sognava soltanto di arrivare all’agognata pensione e un criminologo suo amico si troveranno a indagare sulla vicenda e a gestire il caso spinoso. Il primo è irascibile e collerico, il secondo flemmatico e razionale. Cosa succederà?

EMILIANO GUCCI PIU’ DEL TUO MANCARMI Sono cinque i racconti a incastro che Emiliano Gucci raccoglie in questo suo nuovo romanzo dando forma a un corpo testo unico e compiuto ed esplorando uno dei terreni finora da lui meno battuti: quello delle storie d’amore. Storie d’abbandono, storie di rapporti strappati o ricuciti, nel complesso, storie di solitudini che rispecchiano l’effimero che c’è nelle relazioni umane della società contemporanea.

MIRKO CECCONI L’ANGOLO OSCURO Cecconi ci regala un thriller noir da leggere tutto d’un fiato. Ambiantato a Prato, con escursioni da Montepiano a Carmignano, e con un punto di riferimento che non poteva non essere la Questura e l’ispettore Luigi Tozzi, l’autore racconta di un fantomatico rapinatore e assassino di bambini riuscinde a risucchiare il lettore in una trama ben costruita anche grazie all’inserimento di luoghi e strutture facilmente riconoscibili e individuabili sul territorio pratese. Un libro che non ti permette di lasciarlo se non dopo aver girato l’ultima pagina.

Si ringrazia per la gentile collaborazione La Feltrinelli Librerie Prato – via Garibaldi 92/94 A, Prato



20 era l’anno 1996

Prato Felix

Il 1996: fine di un’era, inizio di un’altra di Piero Ceccatelli

In questa pagina I Gigli, inaugurati a fine maggio di quell’anno, e il quartiere che si apprestava a diventare per sempre Chinatown.Nella pagina accanto la riapertura del Politema Pratese, con una serata indimenticabile che vedeva sul podio Riccardo Muti.

Fu l’ultimo anno della Prato Felix. O forse il primo della Prato in crisi. Il 1996 rappresento uno spartiacque nella storie recente della nostra città. Ancora opulenta e con la mente sgombra da forti preoccupazioni, capace con i suoi imprenditori di farsi valere in seno al Centro moda di Firenze e coi suoi amministratori di progettare un’infrastruttura come la rete di piste ciclabili, allora ritenuta dai più superflua e di cui poco dopo avremmo avvertito la straordinaria importanza. Ma fu anche l’anno in cui avvertimmo le prime avvisaglie dei problemi che ci avrebbero afflitti di lì a poco. La crisi del tessile, ad esempio, annunciata dalla chiusura delle aziende più piccole, meno capitalizzate e arretrate in fatto di ricerca e innovazione. E i cinesi, considerati ancora e con scarsa lungimiranza, un fenomeno sospeso tra pauperismo e folklore. Si stringeva il cuore scoprendo i capannoni dove lavoravano e dormivano, mangiavano, si riproducevano immaginando che quella sarebbe stata una condizio-

ne temporanea. Che anche loro come gli immigrati d’Italia arrivati nel dopoguerra si sarebbero affrancati da una vita di stenti. O magari che se ne sarebbero andati, un giorno, improvvisamente. Di certo, a parte le intuizioni di un Aldo Milone già all’epoca barricadero, la città non comprese ciò che quell’immigrazione sarebbe diventata. O se lo comprese, chiuse un occhio o entrambi. Presa dall’interesse di una classe produttiva senza più la fame di un tempo, che intuiva nell’affitto dei capannoni una rendita che il lavoro avrebbe garantito con maggior fatica e minori certezze. Oppure, con la sua classe politica, assorbita dal verbo dell’accoglienza e dai sensi di colpa suscitati da chi come era appena fuggito da una dittatura comunista. Nel 1996 gli orientali si avviavano a diventare maggioranza nel quartiere che ormai era intitolato Chinatown, prevalendo come numero di case e laboratori occupati sulla popolazione indigena. E aprivano negozi, bar, centri estetici, call center. E producevano a costi


bassissimi garantiti dal lavoro nero, da un lavoro da schiavi e comunque accettato e benedetto da chi lo effettuava con turni massacranti: sempre meglio della miseria senza futuro nelle campagne della Cina del sud, alla quale era scampato. Anno di spartiacque, il ‘96, si diceva. Lo fu - e definitivamente – nel commercio. A fine maggio a Capalle, a un chilometro dal confine con Prato s’inaugurano i Gigli, cattedrale del consumo sconosciuta alla terra delle botteghe e del commercio minuto, Firenze. E dalle conseguenze subito chiare per Prato: un mese dopo l’apertura due negozi in franchising del corso e di via Garibaldi chiusero per trasferirsi lì. Il centro - da sempre un po’ negletto in una città tutta vocata alla produzione - accusò il colpo. Anche perché l’anno dopo Prato avrebbe risposto ai Gigli progettando un gemello a San Giusto. Si chiamerà Parco Prato, sarà inaugurato nel 2009. Coop contro Panorama. Sarti contro Pecci. Omnia contro (allora) Vis Pathé. Duelli fra giganti del

commercio nazionale, della distribuzione dei film internazionale, dell’imprenditoria (non più solo tessile) locale. Com’è finita, si vede con chiarezza oggi. Il 1996 fu anche e tuttavia l’anno di una grande conquista - o riconquista - per la città. A fine settembre in una soirée indimenticabile riapriva il Politeama pratese, sottratto alla polvere, alla ruggine e a una quasi segnata trasformazione in supermercato da Roberta Betti e da migliaia di pratesi che parteciparono al suo acquisto e al suo recupero versando milioni oppure soltanto diecimila lire. “A Firenze di un’operazione così si sarebbe parlato per sette anni poi non se ne sarebbe fatto di nulla” mi disse con ammirazione un collega fiorentino presente alla serata della riapertura. Sul podio dell’ex Banchini, Riccardo Muti dirigeva un’orchestra giovanile di talenti locali che di lì a poco si sarebbe affermata col nome di Camerata strumentale Città di Prato. Basta questo per consegnare alla storia della città quel ‘96 così denso di eventi. E di segnali.

nel 1996 riapriva il politeama Pratese con un grande concerto


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lo sguardo da dentro

Amore a prima vista Prato come la vede Marco Stabile di Teresa Favi

“Ho visto Prato per la prima volta quando studiavo alla scuola alberghiera a Firenze e fu amore a prima vista. In fondo per me che ero nato e cresciuto a Pontedera, quella Prato laboriosa e vitale, e poi così vicina a Firenze, mi dava la sensazione di non essere mai andato via di casa. Di non essere troppo lontano da quelle pareti dove da piccolo su uno sgabello e coi gomiti appoggiati sul tavolo guardavo mia madre che preparava da mangiare per me e i miei tre fratelli. Con quattro bambini per casa hai voglia a cucinare! E io a imparare. Il sapore della sua minestra a brodo, del suo pollo alla cacciatora (lei ci mette del suo aggiungendoci l’origano), dei cardi in umido e dei calamari alla livornese sono quanto di più caro ho tra i ricordi dell’infanzia. Finita la scuole e fatte le mie esperienze con alcuni grandi chef, visto che Prato mi piaceva così tanto, e che nel frattempo avevo deciso di aprire un ristorante tutto mia a Firenze, mi ci sono trasferito. E nove anni fa ho comprato una casa in piazza Sant’Agostino. Il quartiere

era stato già riqualificato, piazza compresa, quindi ho preso il buono fin da subito. E’ bella Piazza Sant’Agostino, quando mi affaccio dalle finestre di casa mia, la sera tardi, dopo aver chiuso il ristorante e lasciato Firenze, quasi mi ci perdo in quella calma ordinata, in quella austerità antica ma alleggerita dal design della ristrutturazione che la piazza ti porge con semplicità, senza retorica. Un’altra cosa che mi piace molto di Prato, può sembrare scontata a voi pratesi, ma non lo è per me che guardo ancora i vostri monumenti, chiese e palazzi come se fosse la prima volta, è il Duomo. Quando che vado a prendere la macchina parcheggiata in via Convenevole, mi piace guardarlo per qualche secondo dall’imbocco di via San Michele che con la sua prospettiva lunga e stretta me lo fa sembrare ancora più bello e prezioso. Vivo dalla mattina alla sera nella cucina del mio ristorante, dove con la mia squadra sperimento, ricerco, preparo e quando non sono lì vuol dire che sono via per lavoro. Insomma vado via da Prato all’alba e ci ritorno di notte.


E all’alba, rigorosamente pratese è la mia colazione. Da Paolo Sacchetti al Nuovo Mondo o da Luca Mannori: sempre cappuccino con molto latte e poco caffè e, cornetto alla crema da Luca, o ‘scendiletto’ alla crema da Paolo. Non c’è bisogno che ve lo dica io, ma a Prato avete una pasticceria che farebbe rodere d’invidia chiunque! E anche un’interessante tradizione enogastronomica, a partire da quei Cantuccini e da quel Vermuth straordinari che ho voluto inserire anche nei miei piatti all’Ora d’Aria. I miei più cari amici pratesi sono Luca Bellandi con cui peraltro condivido l’avventura dell’Ora d’Aria, Massimiliano Parri (il proprietario di Table Cloths in piazza Santa Maria delle Carceri ndr). E poi, come dimenticare Enzo, Giordano e la Miria del bar Maddalena e i ragazzi di Benvenuti a Casa Gori che ogni tanto - beh capita anche a noi - quando non ho voglia di cucinare a casa mia, mi danno da mangiare! Un sogno per Prato? Che i pratesi, grandi intenditori e appassionati di buona cucina,

tornino a riscoprire e a frequentare i ristoranti della loro città. Non hanno niente da perdere, solo da guadagnare”. Parola di Chef.

Marco Stabile, ritratto nel suo ristorante fiorentino l’Ora d’aria, una stella michelin dal 2011. Marco Stabile, classe 1973, di Pontedera, è uno marco vive dei più grandi chef che la Toscana possa vantare stAbilmente in questo momento. A partire dalla stella Michelin a prato dal 2003 con cui dal 2011 la famosa guida francese premia l’instancabile lavoro di ricerca raffinata e di sintesi fra tradizione e modernità che Marco mette in pratica all’Ora d’Aria di Firenze. Considerato uno dei ristoranti cult del momento, Marco Stabile ne condivide la proprietà insieme all’imprenditore pratese Luca Bellandi. Tra i progetti in corso d’opera l’apertura entro il 2015 di alcuni piccoli ristoranti in Italia e nel mondo guidati dalla filosofia “cucina di eccellenza a costi contenuti”. Tra i suoi grandi maestri: Guido Sabatini e Gaetano Trovato.

 Esperienze significative: l’apertura de L’Osteria di Passignano della famiglia Antinori, la lunga permanenza da Arnolfo e quella al Cavaliere del Castello di Gabbiano.


24 Opinione Economia

La capacità di adattarsi E’ questo che rende speciali i pratesi nelle parole di Roberto Parigi di Mediolanum A Prato da quasi sei anni dopo tanto lavoro nella natìa Cortona e in tutta l’area Arezzo-Siena, ovvero un salto nel mondo dell’industria e dell’imprenditoria dopo tanti confronti con un territorio prevalentemente agricolo: ma per Roberto Parigi, family banker all’ufficio pratese di Banca Mediolanum, non ci sono state difficoltà, anzi. Come ha visto e vede Prato, la sua economia e il suo approccio agli investimenti? Prato è una città ricca, anche se la crisi, iniziata proprio quando sono arrivato qui, si è fatta sentire. Solo di depositi familiari in tutte le banche ci sono 11 miliardi di euro, senza contare quindi le aziende. Abbiamo clienti di tutti i settori e in loro ho trovato molta più apertura verso un modo nuovo di rapportarsi con la banca, cosa che nell’aretino, a Cortona o a Chiusi non ho notato. Mi piace Roberto Parigi, family banker all’ufficio pratese di Banca l’operosità dei pratesi e la loro capacità Mediolanum di adattarsi alle situazioni.

La città le piace? Non ci vivo perchè faccio la spola con casa mia ma quando c’è necessità mi fermo in albergo e posso scoprirne le bellezze. Il centro storico è uno spettacolo, con tutte le piazze e le testimonianze storiche che ci sono. Uscendo dalle mura invece si nota come la città si sia ampliata all’improvviso mescolando troppo zone produttive e abitative. Ci sarebbero tante opportunità di recupero di vecchie fabbriche anche vicine al centro. Parlando di economia, cosa dobbiamo attenderci per il futuro? Noi siamo la quarta banca italiana per capitalizzazione, la terza se escludiamo Mediobanca, e su Prato, nei prossimi due anni, avremo 50 nuovi collaboratori, per i quali stiamo già facendo un gran lavoro di selezione. Per la città abbiamo messo a disposizione 100 milioni di euro per acquisto o ristrutturazione di case: approfittatene!


from summer 2014

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27 Editoriale

emozioni in prima fila

L’Oscar con Pamela Villoresi, il Centro Pecci con Maurice Nio, la rivista del Buzzi e le eccellenze del nuovo ospedale di Prato Sono ancora indelebili nei nostri occhi le immagini di Roberto Benigni che raggiunge il palco degli Academy Awards saltando sulle poltroncine degli ospiti per raggiugere il suo Oscar. Dopo 15 anni riviviamo quell’emozione con La Grande Bellezza un altro traguardo importante che guardiamo con gli occhi di Pamela Villoresi (Viola nel film, ndr), tra i protagonisti di questa Roma decadente e assolata raccontata da Sorrentino. Anche il nostro shooting fotografico parla di cinema: le vibrazioni sono un medium potente e abbiamo colto i fermenti nell’aria anche prima dell’Oscar, arrivato alla vigilia dei nostri scatti. Siamo andati a curiosare nella nuova struttura del Centro Pecci, fotografato work in progress con il progettista, Maurice Nio, che ci racconta la sua visione della città. Architettura sì, ma non solo… Un appuntamento per una primissima apertura alla città del museo è fissato per maggio: un’occasione per toccare con mano lo stato di avanzamento dei lavori e riappropriarsi di quella che può essere una importante occasione per la città.

Dopo qualche anno la rivista del Buzzi è tornata all’antico entusiasmo. Non parliamo degli stessi fasti, naturalmente: i tempi sono cambiati e sarebbero anacronistiche le 19 repliche e le scenografie da grande produzione del 1980. Ma la partecipazione della città e delle Pagliette, quella sì è tornata più forte di prima, araba fenice all’ombra delle nostre mura. Infine siamo entrati nel nuovo ospedale, inaugurato lo scorso settembre dopo il trasferimento dalla vecchia struttura. Le polemiche sono molte, da parte dei cittadini e degli operatori stessi. Abbiamo deciso un taglio diverso, parlando con i primari dei reparti più innovativi e dell’eccellenza del nuovo ospedale di Santo Stefano. Tirandoci fuori dalle controversie sul parcheggio a pagamento e sui telefonini che non funzionano all’interno della struttura, è certo che in ospedale una cosa ci rende veramente al sicuro: dei medici capaci e delle tecnologie all’avanguardia. E questo è quello che vi abbiamo raccontato del nostro ospedale. Buona primavera !

Un numero intenso dedicato al cinema e alle novità di primavera in città


ph Alessandro Moggi


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Intervista cinema

Un po’ di Prato nell’Oscar

Incontro con l’attrice pratese Pamela Villoresi tra gli interpreti del film di Paolo Sorrentino ‘La Grande Bellezza’ vincitore agli Oscar di Teresa Favi

Non capita a tutti di essere parte di un film italiano che vince l’Oscar, interpretando un personaggio che è anche un po’ l’emblema del film stesso. E’ successo a Pamela Villoresi, attrice pratese di lungo corso, pupilla di Giorgio Strehler negli anni d’oro del teatro di regia, una carriera autorevole per qualità e imponente per quantità di produzioni. Ne La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, il film che ha sbancato tutti i grandi premi del cinema e con un gran finale ha riportato dopo 15 anni l’Oscar in Italia, lei interpreta Viola il simbolo di quella società elegante ma inadeguata che il film mette sotto la lente d’ingrandimento dipingendo un magistrale affresco del nostro tempo. Che cosa ha provato nell’attimo esatto in cui Ewan McGregor ha pronunciato ‘The Great Beauty’? Mi sono messa a piangere dalla gioia come Sorrentino dall’altro capo del mondo. Ci voleva proprio una vittoria così, non è vero? Soprattutto per il cinema italiano, perché

riapre le porte dei mercati internazionali. A chi va il merito di questo Oscar? Se lo merita Sorrentino che è un artista meraviglioso, un capitano che sa tenere in mano un set da 300 persone, sa quello che vuole e lo ottiene; se lo merita Toni Servillo che è al suo massimo, nel suo momento d’oro perché è un artista pieno e totale; ce lo meritiamo tutti, attori e maestranze, perché siamo stati una ciurma fedele, appassionata e propositiva; e se lo meritano i produttori che hanno investito tanto in un sogno, per cui adesso più guadagnano, meglio è. Senta ma il fatto che due nomi pratesi leghino a fil di spago le ultime due vittorie italiane agli Oscar, non lo trova un po’ curioso? In effetti lo è davvero (ride), speriamo che duri a lungo questa buona vibrazione. Ma gliel’ha dato un colpo di telefono il giorno dopo Roberto Benigni? No, non me l’ha dato, è un po’ di tempo che non ci sentiamo, ma sono sicura gli abbia fatto molto piacere. Tra l’altro nel cast c’è un’altra

Pamela Villoresi, attrice di lunga e profonda esperienza artistica è nata a Prato il 1° gennaio 1957. Risiede stabilmente a Roma e ha tre figli Eva (1979), Tommaso (1981) e Isabel (1986)


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Nella pagina a fianco Pamela Villoresi in due immagini tratte da ‘La Grande Bellezza’, il film che quest’anno ha ricevuto l’Oscar come Miglior film straniero

toscana, Giusi Merli che vive a Firenze. Vi conoscevate prima del film? C’eravamo incontrate ma mai conosciute veramente bene. Chi è Viola? Viola è una donna di classe, intelligente, raffinata ma che non sa darsi delle risposte utili alla propria vita. Non trova risposte adeguate nemmeno rispetto a suo figlio, le cerca, ma nel modo sbagliato, va a chiedere consiglio a un festaiolo come Jep Gambardella. Viola mi è sembrata un po’ l’emblema dell’Italia, bella, colta ma totalmente inadeguata. Di chi erano i suoi abiti, così eleganti, di qualche stilista? No, è la bravura della costumista Daniela Ciancio, erano tutti rimasugli di magazzino, è solo che lei li ha messi bene insieme e li ha fatti diventare meravigliosi. La Roma della Grande Bellezza è inedita e straordinaria. Qual è la sua visto che da anni vi risiede stabilmente ? Abito a due passi dal Fontanone del Gianicolo dove è stata girata la prima scena del film, un luogo bellissimo, poi vivo molto nei musei mi piacciono le belle mostre. Inoltre la Roma trasversale e desueta di alcune scene è un po’ simile alla Roma che con il mio festival (Divinamente Roma dedicato al tema della spiritualità e dell’anima nello spettacolo che purtroppo da un anno e mezzo si è interrotto a causa della crisi ndr) ho cercato di far scoprire ai romani. Quindi quella vedete del film è anche la mia Roma. Come ha lavorato con Sorrentino, che cosa ha saputo estrarre da lei questo regista che altri non avevano fatto finora? Io non mi sono mai sentita così a mio agio nel cinema come in questo film diretta da Paolo, perché a lui non sfugge niente, non ti molla mai, ti guarda sempre. Quando provo

in teatro so cosa risulta in platea… dopo 42 anni di carriera. Ma quando giro sul set non so mai bene cosa risulti poi sullo schermo. Per cui gli ripetevo ‘controllami, dimmi anche cento volte di no’, ma mai consiglio è stato più inutile perché a lui non sfugge davvero niente e nessuno e mi ha dato una tale sicurezza che sono riuscita a lasciarmi andare completamente, anche quando non parlavo, come nella scena in terrazza dove si svolge il dialogo tra Galatea Ranzi e Toni Servillo, Paolo mi inquadrava di continuo perché mi sentivo giusta. Insomma, penso di non aver mai reso così bene nel cinema come con lui, spero infatti di rilavorarci presto. Qual è la battuta più bella del film? Quano la Santa dice ‘io mangio radici, perché le radici sono importanti’. In quella frase si condensa la mia teoria sull’importanza dell’identità e quindi delle nostre radici: quando noi attingiamo allo scrigno della nostra identità e raccontiamo il nostro mondo con il nostro grande mestiere, vinciamo sempre, è quando scimmiottiamo gli altri che perdiamo. Quando sono state girate le scene dell’Isola del Giglio non è che lei ha invitato la troupe a fare tappa alla sua casa all’Argentario? No, era un periodo nel quale stavo facendo altre cose e non c’è stato modo di incontrarci, ma non le nego li avrei invitati tutti molto volentieri a mangiare la mia mitica pappa al pomodoro, che servo sempre quando invito lì i miei amici. Progetti in cantiere per il futuro? Un importante lavoro sulla più grande mistica della storia della Chiesa, Santa Teresa d’Avila, di cui nel 2015 ricorrono i cinquecento anni dalla nascita. Uno spettacolo che porterò in giro per l’Italia, Prato compresa.



32 intervista Cinema

Il seminarista

Tra festival e proiezioni internazionali, l’opera prima di Gabriele Cecconi di Alessandra Lucarelli

In alto un ritratto del regista Gabriele Cecconi e nella pagina a fianco alcune scene del film Il seminarista

Siamo nell’Italia del 1959. Guido, un bambino di dieci anni, varca il cancello di un Seminario, affascinato dal sogno di diventare sacerdote, ma ben presto prenderà consapevolezza che essere un bravo seminarista significa piegarsi ad un’educazione innaturale e si scontrerà con un inflessibile sistema gerarchico, che obbliga a rispettare rigidamente i regolamenti, obbedire ciecamente ai superiori e a non pensare con la propria testa. Il Seminarista, primo lungometraggio del regista pratese Gabriele Cecconi, affronta un tema poco conosciuto e rappresentato sul grande schermo, quello del percorso di formazione di bambini e adolescenti in un Seminario. Girato interamente nella città di Prato, il film è stato selezionato tra le otto opere in concorso al Sudestival 2014 e il prossimo aprile parteciperà al Vittorio Veneto Film Festival e sarà proiettato all’Ambasciata Italiana a Washington, selezionato dall’American Initiative for Italian Culture. Portare sul grande schermo un tema così controverso è stata sicuramente

una bella sfida… Il tema era molto difficile da rappresentare e i finanziamenti disponibili non erano molti. Ma come spesso accade, le difficoltà diventano occasioni: mi sono rivolto a chi avrebbe potuto aiutarmi con le location, i costumi, la realizzazione stessa del film, e devo dire che la risposta della città è stata straordinaria. Oltre ai finanziamenti della Regione Toscana, due industriali si sono interessati al mio progetto dimostrando una forte sinergia tra l’industria tessile e la cultura. Come è nata l’idea? E’ un racconto autobiografico? Autobiografico solo in parte: la verità dei fatti è importante per un documentario ma non è sufficiente per un film. La verità va organizzata in un racconto, i miei personaggi sono come delle controfigure romanzate di persone veramente esistite. I fatti riportati nascono da fatti veri, che però sono stati trasfigurati in un’opera di fantasia. E dal modo in cui un autore organizza il materiale narrativo traspare la sua visione del mondo. Dove è stato girato il film?



34 intervista Cinema

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la città di prato ha risposto con entusiasmo alla realizzazione del film

In alto alcune delle location dove è stato girato il film, come il Conservatorio di San Niccolò e piazza del Comune

Devo ringraziare il Conservatorio di San Niccolò a Prato, che mi ha spalancato le porte: abbiamo girato lì per diverse settimane. La chiesa è quella interna al Convitto Cicognini, altre scene sono state girate all’Istituto Tecnico Buzzi, nelle cappelle della Misericordia, nel cinema parrocchiale di San Giusto e nel Convitto delle Crocifissine a Pistoia. Gli esterni in piazza Duomo, piazza del Comune e sulle rive del Bisenzio a Santa Lucia. Il Seminarista racconta un periodo, quello della vita in Seminario, che oggi non esiste più. Eppure riesce ad essere molto attuale: è questa la chiave del successo del film? Credo che i giovani si siano accorti che il film parla di loro. Le esigenze del singolo individuo si scontrano spesso con l’autoconservazione dell’istituzione: Guido, il protagonista, si scontra con la rigidità della vita in Seminario così come i giovani, per affermare la propria indipendenza, devono battersi con la propria famiglia, il lavoro, le regole della società di oggi. Un percorso lungo, spesso molto difficile. Qual è stato il percorso di Gabriele Cecconi nel cinema?

Insegno linguaggio cinematografico da 35 anni nelle scuole pratesi e ho realizzato oltre un centinaio tra corto e mediometraggi dedicati ad avvenimenti storici e religiosi. Lavori spesso su commissione, per i quali ho ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e che mi hanno permesso di maturare esperienza e di creare un legame speciale con il territorio che mi ha apprezzato, e sostenuto, quando è arrivato il momento di mettere in scena il mio primo lungometraggio. La sceneggiatura de Il seminarista ha vinto nel 2011 il contributo per lo sviluppo dalla Toscana Film Commission ed è stata sviluppata in collaborazione con Ugo Chiti, l’anno successivo il Fondo Cinema della Regione Toscana ha finanziato le riprese del film. Dove potremo vederlo prossimamente? Il film sarà proiettato il 7 e il 28 aprile al cinema Terminale di Prato e uscirà in dvd per Cecchi Gori Home Video. Prossimi progetti? Sto scrivendo una nuova sceneggiatura. Questa volta una storia contemporanea, ambientata all’interno del mondo della scuola di oggi. Una nuova sfida.



36 moda

Sogni in 35 mm

Un po’ icona pop, un po’ diva degli anni’50: la moda per la primavera è un gioco di ruoli di Francesca Lombardi Foto Alessandro Moggi Make up and hair Adrienne Aereboe

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BABYLON BUS Si ringrazia il Cinema Eden giacca/jacket per l’ospitalità e la partecipazione attiva gonna/skirt alla realizzazione di questo servizio, arrivato all’inMARTY domani della vittoria del cinema italiano agli Oscar sandali/sandals Demeulemeester con La Grande Bellezza.Ann E...andate al cinema!


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Anniversario cinema

compleanno d’Autore

I 30 anni del Terminale, riferimento per il cinema con la C maiuscola di Federico Berti

Il primo film proiettato nella sala di via Carbonaia si intitolava ‘War games’ e fu subito un successo di pubblico

28 gennaio 1984; prima proiezione ufficiale del neonato cinema Terminale. Trent’anni fa, la città di Prato si arricchiva di una sala cinematografica, andando ad aggiungersi ad una lunga lista già presente che purtroppo negli anni è letteralmente sparita. Centrale, Odeon, Corsocinema, Politeama Pratese, Sala Garibaldi solo nel centro. Fuori dalle mura, verso le periferie, in ogni quartiere il cinema di certo non mancava, spesso accanto alla parrocchia. Ariston, Mokambo, Terrazza Paradiso, Vittoria…e tanti altri. Ma oggi rimane ben poco. I “sopravvissuti” si contano davvero con le dita di una mano. E trent’anni di attività sono dunque un compleanno da festeggiare con entusiasmo. Soprattutto se si tratta di una sala che nel corso degli anni, superando mille difficoltà, si è trasformata in un autentico punto di riferimento per il cinema d’autore e per tutte le attività collaterali legate alla settima arte. Con il preciso impegno di proporre sempre il cinema con la c maiuscola, spesso scomodo, spesso fastidioso ma necessario. Laddove c’era una volta la sala da ballo del circolo Rossi di via Frascati, un gruppo di giovani appassionati di cinema, iniziarono a coltivare l’idea di proporre alla città una nuova sala cinematografica con una capienza di circa 300 posti. Con un film che sottolineava i pericoli del nucleare, con il preciso intento di mandare un messaggio pacifista, il cinema Terminale apriva i battenti. Il film si intitolava “War games”; e fu subito successo di pubblico. In seguito sul grande schermo della nuova sala di via Carbonaia, ecco

arrivare film difficili, d’elite, d’essai, che fecero scoprire ai pratesi i grandi maestri del cinema degli anni ottanta. La follia dei Monty Phyton, la corrente del nuovo cinema tedesco rappresentato da Werner Herzog e Rainer Werner Fassbinder, l’originalità e la provocazione di Peter Greenaway. I primi anni furono quelli di un cineclub che programmava ogni mese grandi film d’autore. Con una locandina appesa in ogni angolo della città, con un depliant pieghevole che ogni spettatore conservava nel portafoglio, il cinema Terminale si impose fin da subito con una serie di titoli fondamentali nella storia del cinema. Dovettero passare molti anni prima di entrare nel circuito ufficiale delle distribuzioni e poter programmare le prime visioni, in contemporanea con le altre città capozona. Se gli anni ottanta furono quelli del cineclub, gli anni novanta furono invece gli anni delle rassegne, delle iniziative che portarono in città i grandi nomi del cinema. La lista è lunghissima; Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Luigi Magni, in rappresentanza della vecchia guardia. E poi ancora gli interpreti del giovane cinema italiano come Margherita Buy, Francesca Neri, Elena Sofia Ricci, Giuliana De Sio, Anna Bonaiuto, Valeria Golino, Massimo Ghini, Ennio Fantastichini, Maurizio Nichetti e tanti tanti tanti altri. Gli anni novanta sono anche gli anni delle collaborazioni con le altre istituzioni pubbliche e private della città; dall’Arci al Metastasio al Museo Pecci, passando per i club come Kiwanis, Lions, Soroptimist. Da segnalare le rassegne del cine-



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anniversario cinema

Tra le iniziative per festeggiare i tre decenni di vita del Terminale, anche un concorso video a cui tutti possono partecipare gratuitamente

ma di fantascienza legate alla mostra del fantastico e del fumetto e altre dedicate ai grandi pratesi illustri come l’attrice Clara Calamai e lo sceneggiatore Piero De Bernardi. Senza dimenticare le serate dedicate al Porno d’epoca, pellicole hard di cent’anni fa con l’accompagnamento musicale dal vivo e le due edizioni dedicate al cinema cubano. Il terzo millennio si apre con la nascita della scuola di cinema Anna Magnani, un autentico e prezioso laboratorio che “insegna” tutte le professioni del cinema; un progetto fortemente voluto e sostenuto dall’allora assessore alla cultura del comune Giuseppe Vannucchi. E mentre tante sale cittadine chiudevano i battenti, la sala Terminale confermava la propria “politica aziendale” all’insegna della qualità, ospitando durante il Pratestate ancora grandi cineasti. Dal mito Alberto Sordi ai registi stranieri come Istvan Zsabo, Ken Loach, Peter Weir. Tutto questo rappresenta il passato. Per raccontare il presente….bastano trenta candeline, ma il futuro? Quali sono i progetti futuri del Terminale che appena tre anni fa si è trasformato nella Casa Del

Cinema (una cooperativa a cui tutti possono aderire presentando una domanda di ammissione e sottoscrivendo una quota)? Per tutto il 2014 , tante le iniziative per festeggiare tre decenni di vita. Per esempio, un concorso video a cui tutti possono partecipare gratuitamente. “Ogni volta che qualcuno si addormenta davanti alla tv un cinema muore. Tu credi al cinema? Io ci credo” Questo lo slogan che accompagnerà i festeggiamenti del 2014, a cui aggiungere la frase che dovrà essere contenuta nei filmati che parteciperanno al concorso: “Tu ci credi al cinema? Io ci credo”. I soggetti filmati dovranno appunto ripetere questa frase (vanno bene anche filmati con il telefonino ; scadenza 31/12/2014). L’altro concorso riguarda invece la realizzazione di un logo che identificherà la nuova Casa del Cinema. Ogni partecipante potrà presentare più proposte. Che dire? Non rimane altro che augurare al cinema Terminale di via Carbonaia, una lunga vita all’insegna del bel cinema. Trenta candeline che tutti i pratesi “soffieranno” con affetto!



48 intervista architettura

edificio dorato che volteggia

Intervista a Maurice Nio progettista dell’ampliamento del Centro Pecci di Angelo Formichella

Maurice Nio, 55 anni, è un architetto olandese. E’ stato scelto dieci anni fa per l’ampliamento del Centro Pecci

La tua relazione con Prato è iniziata circa dieci anni fa. Che idea hai adesso della nostra città ? Prato non ha ancora scoperto se stessa. La città è nel mezzo di un processo di trasformazione , un processo difficile perchè deve lasciarsi il passato alle spalle. Per diventare una farfalla si deve abbandonare il bozzolo. Lo so che è difficile perchè il passato di Prato rappresenta la ricchezza dell’industria tessile. Recentemente sono stato al Museo del Tessuto, dove puoi chiaramente vedere la dicotomia tra il passato e un possibile futuro. In una mano hai la presentazione della manifattura tessile, dei tessuti e delle macchine ( per quel tempo ) altamente innovative, e nell’altra le camice bianche di Gianfranco Ferrè che gallegiano nell’oscurità. Qui puoi vedere contemporaneamente il bozzolo e la farfalla. Perchè esitare? Per me che qui sono un estraneo, è chiaro che Prato deve indirizzarsi verso industrie culturali e creative. É la città perfetta per partire con laboratori creativi ed esplorazioni

culturali. E non ci sarà da sorprendersi del fatto che l’ampliamento del Centro Pecci darà una spinta a questo sviluppo, a questa metamorfosi. Una caratteristica del tuo lavoro spesso è l’intenzione di riabilitare le parti disperse delle città . Per il Museo Pecci , collocato ai margini della città, di fronte ad un’area industriale incompleta, accanto all’uscita dell’autostrada che tipo di soluzione hai pensato ? La prima reazione della maggior parte degli architetti quando si confrontano con questo tipo di luoghi è la paura. Devo invece dire che a me piacciono molto. In Olanda siamo addirittura diventati esperti di soluzioni per luoghi difficili, intendo dire per luoghi dove le soluzioni tradizionali non sono applicabili. La prima volta che ho visitato il Pecci mi è venuto in mente il Palazzo Imperiale di Tokio, anche lì c’era molto traffico intorno e non si capiva dove fosse l’ingresso, ma lì era dovuto ad un segreto simbolico. Il Centro Pecci possedeva lo stesso segre-



50 intervista Architettura

Nella pagina accanto Maurice Nio e il cantiere del Museo Pecci. Nella foto sopra da sinistra: Angelo Formichella, membro del consiglio direttivo del Centro Pecci, Massimo Lastrucci, direttore dei lavori di ampliamento del Centro, Maurice Nio e Luca Elio Rimatori della Nio Architecten

to, seppur in modo non intenzionale, nessuno riusciva a trovare l’ingresso principale e molti visitatori entravano dal cortile del teatro all’aperto che è posto sul retro. Nella nostra soluzione abbiamo quindi per prima cosa progettato un chiaro fronte principale. Ma la forma dell’edificio era già lì nel giardino che ci aspettava. É stato proprio il percorso circolare del giardino che abbiamo alzato e trasformato nell’edificio dorato che volteggia. Mi è sempre piaciuta l’idea che siano gli edifici ad aspettarci e che sia compito di noi architetti scoprirli anzichè doverli disegnare con grande sforzo. L’edificio dorato col suo corno cela un racconto? L’edificio può essere letto meglio come un dispositivo di ricezione, figurativamente aperto a tutti i segnali e le onde interessanti, divertenti o eccitanti, da trasformare poi in esposizioni, workshops e presentazioni. Questo è il significato del corno. Puoi considerarlo un antenna che capta le onde, che percepisce l’energia positiva. Se c’è una storia per il Pecci , questa deve essere qualcosa tipo “ Senso e Sensibilità “. Il Centro deve sentire le onde ed essere sensibile agli sviluppi futuri della cultura e

dell’arte. Essere un Centro non è solo una metafora, poichè Pistoia, Prato e Firenze stanno diventando una nuova entità e il Centro Pecci sarà fisicamente il centro del centro. Nel 2008 all’inizio dell’attuale crisi, N.Ouroussof, critico di architettura del New York Times, scriveva sul suo giornale – chi l’avrebbe mai immaginato, appena un anno fa , che stavamo andando verso la fine di uno dei più deliranti periodi dell’architettura moderna? - Sei d’accordo con questa opinione? Io non penso che siamo di fronte a una “fine” . Incorniciare la crisi nel tempo è troppo facile. Quanto ancora il nostro sistema di valori può rimanere a galla ? Io penso per molto tempo ancora. Il “morto vivente” non muore mai, finchè non troviamo un’alternativa, un altro sistema di valori che non è basato sull’attuale economia. Lo stesso è vero per l’architettura. L’archi-star è un “morto vivente” che non morirà mai. Ho paura, caro Angelo, che dobbiamo metterci a disegnare la farfalla, un nuovo sistema di valori architettonici a Rotterdam e a Prato.



52 teatro lirica

missione ‘quasi’ impossibile La storia avvincente del grande tenore pratese Lando Bartolini di Teresa Favi, ha collaborato Fiorenzo Gei (Pratolirica)

In queste pagine alcune foto d’archivio del grande tenore pratese Lando Bartolini: all’Arena di Verona, insieme con Renata Tebaldi, e due immagini di scena. Batolini nato a Casale nel 1937, sposato e padre di due figlie, oggi si divide tra la casa di Tizzana (Quarrata) e il New Jersey dove ama tornare per rivedere i suoi molti amici americani

Dai telai di Casale al Metropolitan di New York il passo può essere più breve del previsto: l’impresa è riuscita a un asso del tenorismo erioco, il pratese Lando Bartolini. La sua è una storia unica, visto che il destino gli aveva riservato un lavoro da meccanico tessile. Nato a Casale nel 1937 in una famiglia di cinque figli, a 11 anni faceva ‘cannelli’, a 14 manuteneva telai e, per diletto, aggiustava lambrette. Tutti in famiglia suonavano qualcosa, lui la fisarmonica con cui accompagnava a volte il fratello più grande, cantante. Lino, il più atletico e intraprendete dei cinque. La star di famiglia che in pochi anni diventa una promessa della canzonetta, e con lo pseudonimo di Rocco Montana arriva alla finale di Sanremo del ’62. Maestro Bartolini lei in quegli anni che cosa faceva? Stavo dietro ai telai e nel frattempo mi ero fidanzato con Deanna una bella ragazza di Agliana. Nel ’66 uno zio prete, un domenicano che per le sue idee ‘rivoluzionarie’ era stato spedito a Filadelfia, mi invitò ad andarlo a trovare ‘se ti piace resti, se no torni a

casa’. Sposai Deanna e partimmo. Mentre lo zio ci dava lezioni d’inglese, il giorno frequentavo una scuola di elettrotecnica e di notte lavoravo in fabbrica, Deanna cuciva per una azienda del posto. E al canto, non ci aveva mai pensato? Avevo una bella voce, ma ero timido, riservato e poi mi piaceva la meccanica. Quell’anno però accadde qualcosa che cambiò la sua vita… Purtroppo mio fratello Lino morì in un incidente stradale. Venni a saperlo dopo il funerale, ne rimasi scioccato. Fu allora che decisi di iniziare a cantare, mi incoraggiò un amico dello zio che mi aveva sentito cantare alla messa e in un batter d’occhio mi ritrovai a lezione di canto e solfeggio alla Settlement Music. Quando e come è iniziata la sua carriera di tenore? Partecipai appena un anni dopo a un concorso internazionale. Fu una inconscienza bella e buona, ma lo vinsi e quel risultato fu la svolta. Debuttai nel ‘68 al teatro St. Joseph di Filadelfia come protagonista del Tabar-



54 teatro lirica

Dall’alto in senso orario: Lando Bartolini ritratto nella sua casa di Tizzana; insieme al fratello Lino, il cantante noto con il nome d’arte di Rocco Montana, prematuramente scomparso nel 1966, in un ritratto di famiglia del 1959; Bartolini insieme alla moglie Deanna negli anni ‘80

ro di Puccini. Il debutto sulla scena internazionale avviene nel ‘73, al Teatro del Liceo di Barcellona con l’Iris di Mascagni. Con un voce di bellissima grana, solida e sonora, adatta a un repertorio vastissimo Bartolini canterà e canterà ancora per più di trent’anni sotto la direzione dei più grandi direttori - da Gianandrea Gavazzeni a Riccardo Muti, da Zubin Mehta a un giovanissimo Antony Pappano - e in tutte le capitali e teatri del mondo: il New York City Opera, La Scala di Milano, il Metropolitan e il Lincoln Center di New York, e poi l’Arena di Verona, il Regio di Parma, il San Carlo di Napoli; Roma, Sidney, Vienna, Alessandria d’Egitto, Buenos Aires, Marsiglia, Pechino… Il suo segreto? Non aver mai ripreso o fatto appunti ai miei colleghi sulle loro performace. Il suo rimpianto? I miei due no a Claudio Abbado, mio malgrado. Per questo non l’ho conosciuto bene, ma mi creda, in quelle due occasioni perse mi si è palesata tutta la sua proverbiale correttezza e integrità. Una carriera all’apice, dunque la sua, che vanta tre primati: ha portato in scena 1125 opere, 36 sono state le produzioni di Turandot, ha vestito per oltre 200 volte i panni di

Calaf. Ed è proprio nei panni di Calaf, in una memorabile Turandot del 1997 al Comunale di Firenze, diretta da Zubin Mehta con la regia del premio Oscar Zhang Yimou, che avvenne un episodio leggendario. Quando Mehta, all’intervallo del secondo atto, decide bruscamente che il Calaf di quella sera, l’americano Keith Olsen, non va, lo raggiunge in camerino e lo congeda, con un piano b in testa: alle nove passate di sera chiama Lando Bartolini al telefono della sua casa di Tizzana e lo prega di fare il miracolo. E cosa accadde di preciso dopo quella telefonata improvvisa di Zubin Mehta? Di fronte a Deanna e alle mie figlie incredule, uscii di casa praticamente in pantofole, presi la macchina, mia moglie venne con me. Un corsa pazza, mi faccio lasciare all’ingresso - in sala dopo oltre mezz’ora di ritardo la gente aveva cominciato a far rumore - mi infilo di corsa il costume, niente trucco, e vado in scena cantando fino alla fine. Fu un grande successo, è risaputo, e alla fine Mehta che cosa le disse? Mi strinse la mano sul palco e si inchinò. I suoi occhi, un attimo prima di quell’inchino, non li ho mai dimenticati. Quell’attimo ha ripagato i sacrifici di una vita.


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56 Focus musica

Non chiamatemi liutaio Il suono internazionale delle chitarre di Fabrizio Paoletti di Matteo Grazzini Tra i clienti di fabrizio, I metallica, Elisa, paolo carta compagno nella vita e nel lavoro di Laura pausini

Ci sono lavori che si tramandano di generazione in generazione, di padre in figlio. E non è questo il caso. Ci sono poi lavori che nascono dopo anni di studio, applicazione e apprendimento in scuole specializzate. Ma neppure questo è il caso. Ci sono inoltre lavori che nascono dopo aver trasformato in un’occupazione stabile una passione coltivata per hobby, senza tante pretese. Ma no, neanche questo è il nostro caso, o almeno non del tutto. Il nostro è il caso di un quarantenne pratese esperto di elettrotecnica, incapace di mettere tre note musicali una dietro l’altra e con nozioni di falegnameria pari a zero che ha, nell’ufficio del suo laboratorio di liuteria, un quadretto con una lettera autografata in cui tal Bruce Springsteen lo ringrazia per la chitarra che gli è arrivata dall’Italia.

Il fortunato e abile liutaio è Fabrizio Paoletti, classe 1973, pratese ma con laboratorio a Montemurlo che si è scoperto creatore di chitarre apprezzate in Italia e all’estero nel 2008, dopo aver lavorato nel campo in cui credeva di essersi formato con profitto, l’automazione industriale. “Ho fatto l’elettrotecnico – racconta – ma un po’ la crisi e un po’ la voglia di mettermi a fare altro mi ha portato verso la costruzione di chitarre. Non c’era una tradizione di famiglia ma solo qualche lavoretto di riparazione fatto per hobby ad alcuni amici. Essendo completamente autodidatta non è mancato qualcuno pronto a darmi del pazzo ma, dopo dieci tentativi andati a vuoto, è arrivato anche qualcosa di vendibile e di mostrabile a piccole fiere di settore”. La svolta nel 2009 ha il suono e il volto di Maurizio Solieri, chitarrista solista di Vasco


In queste foto Fabrizio Paoletti (sopra) e alcuni dettagli delle sue chitarre. Al centro Richie Sambora, ex solista dei Bon Jovi

Rossi e della Steve Rogers Band: “Decisi di contattarlo – ricorda Paoletti – non senza qualche timore reverenziale. Per un po’ non ebbi risposta, poi mi scrisse che sarebbe venuto al Pistoia Blues e sarebbe passato in laboratorio a provare le chitarre. Venne, rimase un’ora quasi senza dire una parola e poi andò a Pistoia, dove ci rivedemmo per una birra. Per farla breve, dovetti passare tutto agosto a lavorare perchè mi ordinò la chitarra con la quale fece tutto il tour di settembre”. Da lì sono arrivati Mario Schilirò, chitarrista di Zucchero, la chitarra inviata a Springsteen ed i primi contatti con gli Stati Uniti, con gli strumenti pratesi finiti nelle mani di James Hetfield e Kirk Hammett dei Metallica: tutto rigorosamente made in Italy. “Faccio tutto all’interno del mio laboratorio – spiega Paoletti – dall’intaglio del corpo alla verniciatura e alle finiture. Uso legno di castagno, di acero ed

anche quello di vecchi tini per il vino di proprietà della mia famiglia. Soprattutto all’estero apprezzano questo tipo di qualità italiana, mentre in Italia se nel nome non c’è una K o una H la chitarra non la considerano”. Quando il nome di Paoletti ha iniziato a girare tra i musicisti ed i backliners dei concerti l’eco ha portato a bussare alla porta dello stanzone di Montemurlo (o, meglio, a scrivere alla casella email) Richie Sambora, solista dei Bon Jovi, che però ha lasciato il gruppo subito dopo aver suonato in tutto il tour con una Paoletti. Ma il testimone è stato subito raccolto da Phil X che, appena entrano nella band ed essersi convinto ad abbandonare i vecchi strumenti, ha fatto un ordine di chitarre per il tour mondiale del gruppo con cinquanta date. “E’ stata la scelta che mi ha aperto la strada sul mercato americano – conclude Paoletti – ed adesso punto a

creare una linea di prodotti per la vendita nei negozi senza dover dipendere dalle ordinazioni dei musicisti famosi, che comunque servono per far vedere che anche in Italia si fanno chitarre di qualità”. Nel frattempo però da Fabrizio Paoletti sono passati Elisa, che ha ordinato una chitarra molto particolare, e Paolo Carta e signora, che altri non è che Laura Pausini, che ha aperto il suo tour mondiale di un anno nello scorso dicembre imbracciando una Paoletti bianca e piena di brillantini con accanto il compagno, anche lui con strumento “made in Prato”. Niente male per un liutaio autodidatta: “Liutaio in Italia è una parola da non usare – specifica Paoletti con orgoglio – perchè presuppone un hobby o un divertimento. La mia vuol essere una piccola industria con una propria linea di distribuzione e una vera professionalità”.



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work in progress

Con impegno e talento si può! Loro ve lo dimostrano di Sabrina Bozzoni

Quattro visioni, quattro personaggi, stesse origini. Vi presentiamo la storia di chi, con forza, dedizione e un pizzico di fortuna, riesce a volare lungo la linea dei sogni e a farne il proprio mestiere. I suoi mondi disegnati sono imprevedibili, difficile chiamarle solo illustrazioni. Storia di Niccolò Storai, 36 anni, la cui fantasia ha preso in mano anche la musica di Neffa. Niccolò e l’illustrazione, tutto nacque da? Da bambino ero affascinato dai cartoni animati e dai super eroi, passavo ore a guardarli e poi a ridisegnarli sui fogli rigati dei quaderni di scuola. Raccontaci il tuo incontro con Neffa e del videoclip di Per sognare ancora che porta la tua firma. Ho realizzato il video insieme ai miei colleghi e amici del JumonStudio di Firenze. Il mio incontro con Neffa è avvenuto grazie all’interesse di Nina Zilli, nostra amica in comune. E’ stata lei a mostrargli il mio ultimo libro “Che notte quella notte” Fred Buscaglione una vita Swing! ed a lui è piaciuto molto il mio stile. La tua Top List dei luoghi d’ispirazione della tua città La pista ciclabile, la fumetteria Mondi Paralleli e i giardini della Sacra Famiglia, munito di bloc-

co e colori ovviamente. Come descriveresti il tuo stile? Gommoso, graffiato ed ovviamente Grottesco. E adesso anche una linea di T-Shirt.. La storia delle magliette parte dalla volontà della Otto Agency di Prato di allestire una mia mostra presso il negozio di calzature Piumi. Fu così che nacquero i Grafonirici: creature mostruose, disegni senza alcuna regola che esprimono la voglia di spingermi verso la trasfigurazione dell’anatomia umana. Questi vennero notati dall’imprenditore Emanuele Innaco il quale mi propose di riprodurli su magliette, insieme alla collaborazione con l’azienda tessile pratese Le Ramblas. E così che i Grafonirici sono stati stampati su dieci modelli di T-shirt e a breve potranno essere acquistati nei migliori negozi d’Italia. Un’idea per migliorare la tua città? La stessa idea che do spesso a me: credere nelle proprie idee e realizzarle nel modo più sincero possibile, cercando di evitare polemiche inutili che tengono tutto molto triste e fermo. Simona Mazzei, 38 anni, mamma blogger, dottoressa commercialista, con la passione per la moda. Dottoressa Commercialista e Fashion Blog-

Niccolo’ STORAI, SIMONA MAZZEI, BIANCA BALLERINI E RACHELE FALCINI ci RACCONTANO IL LORO TALENTO E LA LORO CITTA’

Nella pagina accanto: alcuni frame tratti dal video di Neffa “Per sognare ancora”, con la regia di Niccolò Storai e Jumon Studio. In questa pagina: la blogger Simona Mazzei con la figlia Fiammetta


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In alto: Bianca Ballerini ritratta durante gli scavi nella Necropoli della Doganaccia, a Tarquinia

ger. E nel mezzo, cosa c’è? L’amore per la mia bambina e per mio marito, la mia voglia di famiglia e una passione per lo scrivere e la moda. Essere mamma in una parola. Cosapevolezza. Da dove trai le tue ispirazioni per i tuoi baby-look? Dalla mia fantasia e dalla mia testa, insieme ad una grandissima curiosità che mi fa tenere gli occhi sempre aperti. Anche quando vado in banca. Progetti in vista? Uno, a brevissimo, insieme ad uno dei marchi leader nel mondo bambino. Un consiglio per migliorare la tua città? Dal mio piccolo vorrei solo vedere più riconoscimento per quello che Prato ci ha offerto e ci ha anche fatto diventare. Più conservazione di quello che abbiamo sarebbe un primo passo per soffiare via quella coltre spessa che si è depositata sulle nostre mura. Un’ultima chicca per le nostre lettrici: la valigia perfetta per una mamma in vacanza. Tre bluse bianche, un blazer scuro, due paia di jeans, due pantaloni stretti in fondo possi-

bilmente scuri, una gonna a fiori, un paio di maglioncini, sette costumi (uno al giorno), otto paia di scarpe (non si sa mai) di cui sette senza tacco per correre dietro ai figli. Un beauty carico. Un buon libro, magari il mio. I sette astucci con pennarelli che non sono entrati in quella di vostro figlio. Bianca Ballerini, 23 anni, laureata in archeologia. Nel 2013, dopo tre anni di scavi, ha assistito alla sensazionale scoperta di una tomba estrusca intatta da 2.600 anni. Ecco cosa ci racconta. Bianca, che cosa è cambiato nella tua vita dopo il 21 settembre del 2013? In quella data è stata aperta davanti a me la “Tomba dell’Aryballos” nella Necropoli della Doganaccia, a Tarquinia. Questo splendido avvenimento mi ha dato una forte spinta per proseguire la via che ho intrapreso nell’archeologia, una soddisfazione che mi ha ripagata di anni di studio e fatica. Vogliamo rivivere per un attimo quel momento con te. Sicuramente la prima cosa che ricordo è l’emozione e l’agitazione di tutti quanti. La tomba era intatta e la prima cosa che mi ha colpito è stato


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lo scheletro del principe etrusco adagiato sulla tomba di pietra e un piccolo unguentario appeso al muro, ancora fissato dopo tutto questo tempo! Bianca, ti chiediamo di farci da guida per un tour tra i siti archeologici del nostro territorio. Dove ci porteresti? Per prima cosa consiglio Gonfienti, importantissima testimonianza sul territorio pratese. Raccomando poi il Museo archeologico di Artimino e il parco archeologico di Carmignano, che sono altri begli esempi proprio a un passo da casa. Per un giorno hai la possibilità di cambiare scenario e immergerti nella storia, quale epoca sceglieresti? L’Antica Roma. Poter vivere nella caput mundi al momento di massimo splendore. Un’idea per aiutare a migliorare la tua città Promuovere la mobilità pubblica della città. Una vita tra Praga e Prato. E’ Rachele Falcini, 33 anni. Partecipante alla prima Biennale della creatività di Verona, tra più di 3.000 candidati. Rachele, una vita all’insegna della tua arte. Sono nata in una famiglia in cui l’arte e l’architettura hanno avuto un ruolo centrale. La

passione per l’arte, insieme all’impegno, sono cresciuti insieme a me nel tempo. Sei stata scelta tra gli 800 artisti internazionali che partecipano alla prima Biennale della Creatività a Verona. Parlaci delle tue opere esposte. Per la Biennale di Verona sono state scelte due opere: “Sentirsi” e “Dentro l’inferno”. In queste, come in molti altri lavori, ricorre spesso il tema cuore anatomico: fulcro della psiche e la casa dell’anima di ogni essere umano. Non solo pittura, ma anche grafica e moda, con cui ti sei aggiudicata il contest Unico di Pitti Immagine 2013. Descrivici i segni particolari del tuo brand “Lele Bristol”. Lele Bristol nasce 3 anni fa dall’idea di interpretare la T-Shirt bianca come fosse una tela. Poi il marchio si è sviluppato negli anni a 360 gradi, occupandosi anche di accessori, scarpe, occhiali. Mi piace puntare sull’originalità delle forme e dei motivi. Un’idea per la tua città. Spero che il rinnovamento del Museo Pecci sia vicino, perchè amo l’arte contemporanea e penso che questa sia la città giusta per sostenere progetti artistici del genere.

In alto: Rachele Falcini intervistata da Red Ronnie durante la biennale della creatività di Verona. Sullo sfondo le opere selezionate



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Pagliette, attori e buzzi Belles Storia dalla rivista del Buzzi, tornata quest’anno all’antico splendore di Elisa Signorini


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In queste immagini un tuffo amarcord: sopra un veglione delle Pagliette del ‘64 con ospite Mina. Nella pagina accanto, dall’alto in senso orario:: la rivista nel 2009, un veglione del 1963 con Rita Pavone e uno del 1966 con Ornella Vanoni; la rivista negli anni’80 e una immagine del ‘55

Il sipario si è appena chiuso su ‘L’andò come l’andette’ e certamente possiamo dire che l’andette bene per la rivista delle Pagliette del Buzzi che ha svelato più di una verità sul Sacco di Prato. Tutto esaurito per una rivista che potrebbe rimanere negli annali, per molti motivi. Il primo è che per il secondo anno consecutivo si è tornati ad una storia intera, scelta più bella ma certo più impegnativa della serie di sketch. Il secondo è che è stata una storia in costume, per la seconda volta nella storia delle riviste dopo quella del 1980. Il terzo è la grande collaborazione con enti e istituzioni pratesi: il Comune di Prato, la Compagnia dell’Aringa di S.Ippolito di Vernio e l’Associazione della Palla Grossa hanno dato un importante aiuto proprio per i costumi che sarebbero stati altrimenti irrealizzabili. Abbiamo voluto quest’anno dare un messaggio positivo e fiducioso a Prato - commenta Francesco Ciampi, regista della rivista “ se i pratesi ce l’han fatta

dopo il Sacco di Prato sicuramente possiamo farcela anche noi”. E in effetti la rivista è un po’ la cartina di tornasole della città: E’ certamente così “ commenta Gabriele Villoresi, presidente del Club della Pagliette - all’inizio caciarona, volgarotta, d’un umorismo grasso com’era l’Italia degli anni ‘50, poi si è raffinata, così come Prato si è ‘acculturata’ e ha visto la collaborazione con grandi personaggi pratesi come Rodolfo e Roberta Betti; negli anni ‘80 era ricca, come lo era in quegli anni la città: con ‘Gabriele tutto compreso’ dell’89 ci furono 19 repliche al Metastasio, uno spettacolo che costò trecento milioni di lire e che gli industriali vennero a vedere due o tre volte, perché la Prato di allora era così, opulenta, quasi sfarzosa. Oggi c’è più economia, più attenzione, ma altrettanta partecipazione”. Ma come nasce una rivista? “Il gruppo sta lavorando insieme da ottobre perché molte sono le cose da fare prima di entrare nel vivo delle prove “ commenta Stefano




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Goliardia storia

Caprilli, autore storico delle riviste “ per quanto mi riguarda sto lavorando alla storia da prima dell’estate. Gli ultimi giorni ovviamente sono i più frenetici: sono circa 120 le persone che davanti e dietro le scene hanno lavorato a questa rivista”. Una frenesia e un entusiasmo che nacquero nel 1947, quando Umberto Primi, perito tessile dalle grandissime doti di disegnatore, allora studente di quinta al Buzzi convinse alcuni compagni di scuola e alcuni professori a dar vita alla rivista dopo essere rimasto affascinato dallo spettacolo messo in scena a Prato l’anno precedente dai goliardi pisani: la prima rivista fu un unico spettacolo al Metastasio ma fu un grande successo. Si può però cominciare a parlare di Pagliette solo dal ‘53 “ spiega ancora Villoresi “ perché solo in quell’anno scelsero questo copricapo a loro simbolo: una scelta dovuta alla tradizione della paglia nelle nostre zone, mentre la striscia colorata richiama la feluca nera degli ingegneri e quella verde dei chimici, le due specializzazioni anche del Buzzi. Per essere ancora più precisi le Pagliette come istituzione

ufficiale sono nate solo nel 2010 quando abbiamo fondato il Club delle pagliette per mantenere e salvaguardare una tradizione che è lunga 60 anni. Abbiamo rimesso in piedi il cenone di gala a cui quest’anno hanno partecipato 200 persone: pagliette dai 17 agli 80 anni, è stato bello”. Per l’ultima rivista cinque repliche che hanno consentito di coprire le spese e di raggranellare qualcosa che come al solito sarà devoluto in beneficenza: in parte al Politeama, alla luce del forte legame che le pagliette hanno con Roberta Betti, in parte per borse di studio per i ragazzi del Buzzi, in parte per un’associazione benefica cittadina, come da tradizione per la rivista. La speranza è che ognuno possa mettere un tassellino perché tra sessant’anni se ne possa vedere un’altra, di riviste, e in quest’ottica va interpretata anche l’assenza di alcune vecchie pagliette che da decenni indossano i panni di attori a vantaggio di molti giovani studenti: un rischio, ma anche un investimento per garantire una nuova generazione di comici, soubrette e Buzzi Belles!

Le striscia colorata sulla paglietta richiama la feluca nera degli ingegneri e quella verde dei chimici

In queste immagini la rivista nel 2014, L’Andò come l’andette: tutta la verità sul Sacco di Prato in una edizione che è tornata brillante come nel passato


68 itinerario san giorgio

Il mare di San Giorgio a Colonica

Ricordi di Fosco Falcini, musicista e memoria storica del paese di Tommaso Geri, foto Dario Garofalo

LA storia del paese, a cominciare dai primi del secolo scorso, quando c’erano solo tre strade

San Giorgio a Colonica è una piccola frazione che si divide tra il Comune di Prato e Campi Bisenzio. La chiesa è stata costruita nei primi venti anni del ‘900

Solo il canto qui sulla terra, consacra ed onora. (A. M. Rilke, Sonetti ad Orfeo, I-19). San Giorgio, “San Giorgio cavaleri, beddu a cavaddu e beddu a pedi”, martire per i cristiani e profeta per i musulmani, nasce in Cappadocia sul finire del’200, viene ucciso tre volte e altrettante resuscitato. Cattura il drago e poi minaccia la popolazione di Selem in Libia di liberarlo, il re e le sue genti si convertono subitamente al Cristianesimo. Patrono degli Scout ed dei Rom, San Giorgio, ‘uomo della terra’, potettore dell’agricoltura, dà il nome a questo paese tra Prato e Campi Bisenzio. Fosco Falcini classe 1933, ci aspetta sulla porta di casa nella piazza accanto alla Chiesa, dove un tempo c’erani i rialti. Si scusa per non essere mai stato un grande parlatore, probabilmente perchè 25 anni in uno stanzone da solo in mezzo ai telai, per 12 o 14 ore al giorno, non ti rendono loquace. Tra i racconti dei suoi nonni e la vita vissuta a San Giorgio, porta con sé oltre cent’anni di storia del paese, a cominciare dai primi del secolo scorso, quando c’erano solo tre strade: via delle Miccine, del Leone e del Ferro, e l’agricoltura era la principale forma di sostentamento. Si allevavano bachi da seta fino agli anni ‘20 e le foglie dei Gelsi, ‘i mori’ (dal nome latino mo-

rus), per sfamare gli insetti, quando non bastano, si andavano a prendere a Pistoia. Per andare al mercato di Prato c’erano ‘i legni’ a fare la spola: le carrozze di Fiore di Masone che “mi portava sempre a cassetta”, di Alcibiade e del Bernocchi. Si andava in città anche per comprare le balle di fili per tessere e, poco prima di arrivare in paese, venivano distesi lungo la ‘dirittura del coccio’ per metterli nel sughero e la strada si copriva di un manto di tela. In quasi tutte le case, inutile dirlo, c’erano già i telai di legno. Con il paese vicino, Santa Maria a Colonica, vige una rivalità che affonda radici nei secoli passati: la disputa sul miglior vin santo, giudice il prete che, non sapendo scegliere il vincitore, scatenò le ire tra gli astanti, tanto da dover far intervenire gli armigeri da Prato per sedare i tafferugli. Naturalmente la competizione annuale sulla festa migliore, in tale occasione, una volta, a Santa Maria venne chiamata una banda da Agliana ma i musicisti furono intercettati in piazza a San Giorgio e trattenuti lì a suonare. Il paese era lambito dalla Gora Bandita, grande quasi quanto un fiume e bandita, perché inizialmente padronale. “Quando mettevano il callone si allagavano le prate e quello era il nostro mare”.





72 itinerario san giorgio

In passato Il paese era lambito dalla Gora Bandita, grande quasi quanto un fiume

Il nonno Luigi, detto ‘Pampalone’, lo portava insieme a Luciano, detto ‘bocca senz’ossa’, a prendere anguille e quando loro le pescavano lui le tirava su chiudendole dentro un ombrello perchè non scivolassero via. Un ramo della gora attraversava il paese e sul ciglio di questo, si appoggiavano gli ‘stropiccini’, assi di legno zigrinati per lavare, le donne in fila cantavano e sbattevano i panni; “il babbo Rolando, falegname, ne fece tanti”. Le case lungo il corso d’acqua avevano un ponticino per entrare e un il suono di un organetto diatonico allietava la sera. Durante la Guerra venne fatto saltare dai tedeschi il ponte della Gora Bandita, facendo crollare anche l’asilo costruito negli anni’30. Proprio di fronte sorgeva la fabbrica di casse da morto dove furono rinchiusi una notte dodici San Giorgesi, accusati di aver ucciso un tedesco, vennero liberati al mattino per intercessione del parroco Don Carlesi, ma sopratutto dell’Erina, della quale si era invaghito un maresciallo tedesco. La Gora Bandita finisce pochi anni dopo la guerra con l’arrivo del carbonizzo, la gente comincia a svuotare gli acidi nei fossi, bruciando tutti i campi intorno, “annerendo quel piccolo giardino dell’Eden”.

Nel ‘48 Fosco compra la fisarmonica per 110 mila lire, studia dal M° Del Moro e, la sera, va a suonare sulle aie dei contadini di San Giorgio, dove d’estate si ballava, per pagare la cambiale di 10 mila lire al mese. Da allora non ha mai smesso di suonare. Sulla fine degli anni ‘50 forma il gruppo ‘I cinque di Prato’, composto da Patrizio Ihle pioniere pratese della sei corde, Pietro Bisori sempre alla chitarra, Floriano Firenzuoli alla batteria e Rodolfo ‘Rudy’ Venturelli alla voce. Si sciolgono dopo 14 anni di attività. Ci fermiamo alla rotonda in via della Gora Bandita, dove prima c’era il lavatoio del paese; qui dovevi fare attenzione alla ‘rena muta’, le sabbie mobili dove affondò una carrozza con delle suore intorno all’800, fu fatta una Madonnina per ricordare l’evento e ricostruita quando un carro americano la tirò giù finendo nel fosso. L’aspetto del paese è cambiato, adesso c’è un campo Sinti, costruito tra le proteste negli anni ‘90 e c’è un cimitero per gli animali, ma oltre la forma che cangia, ancora in paese se l’Isolina non viene a messa, ci si chiede se sia il caso di andare a visitarla per vedere come sta. Un ringraziamento a Realmo Cavaliere, direttore del Cosorzio docg Carmignano.


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75 focus Citta’

I fiori all’occhiello

Le eccellenze del nuovo ospedale Santo Stefano di Elisa Signorini foto Dario Garofalo

Concentriamoci sull’essenziale. Ci sarà il parcheggio (forse) a pagamento, ci saranno i cellulari che non ovunque funzionano, ci sarà il sottopasso da finire. Ma in fondo quando pensiamo all’Ospedale della nostra città quello che ci interessa sapere è come funziona. Ebbene l’Ospedale Santo Stefano garantisce delle eccellenze e Prato Review ha incontrato i direttori di alcune di queste. Urologia, direttore Franco Blefari Il fiore all’occhiello del reparto è senza dubbio l’Holep, cioè la possibilità di effettuare l’enucleazione dell’adenoma prostatico con il laser Holmio. Si tratta di un intervento in via endoscopica che in alcuni casi evita il classico intervento chirurgico a cielo aperto. “L’intervento alla prostata con questa modalità è davvero poco invasivo – commenta il primario Franco Blefari – Per intervenire con l’Holep sono necessari dei macchinari adeguati e una competenza specifica, dato che si tratta di una tecnica piuttosto complessa e non ancora molto diffusa: a Prato l’afflusso di gente anche da fuori è molto alto, siamo il terzo polo italiano per casistica. Del resto quello dell’adenoma prostatico è un problema molto frequente e fa piacere che in questo caso si tratti di un’eccellenza per grandi numeri”. Un altro intervento molto innovativo che il repar-

to garantisce è l’Hifu, ossia il trattamento del tumore localizzato della prostata mediante ultrasuoni focalizzati ad alta intensità: qui però la potenziale utenza è più ridotta. “Anche in questo caso si tratta di un’alternativa poco invasiva alla chirurga tradizionale – spiega Blefari –purtroppo però in questo caso solo alcuni tumori possono essere trattati con questa tecnologia, che è davvero molto innovativa: in Toscana solo noi e Massa la forniamo”. Neurologia, direttore Pasquale Palumbo Il reparto di neurologia ha da anni messo in atto un’organizzazione mirata a contrastare l’ictus cerebrale, una delle patologie purtroppo più diffuse: oggi il ‘percorso ictus’ dell’Ospedale di Prato è un’eccellenza. “Il percorso ictus parte nel 2008 – spiega il primario Pasquale Palumbo – ed è un documento condiviso da tutti gli operatori, dall’intervento del 118 fino alla riabilitazione. Esiste da anni la possibilità di usare farmaci che nell’ictus ischemico possono avere una valenza risolutiva, ma la finestra utile per intervenire efficacemente con questo farmaco è di quattro ore e mezza, si capisce quindi quanto sia importante la tempestività fin dal primissimo momento, da quando il 118 segnala al Pronto Soccorso il codice ictus, che è un codice rosso particolare. Va detto che pur-

Nella pagina accanto il nuovo ospedale di Prato, inaugurato lo scorso settembre. Sopra PierLuigi Vasarri direttore di neonatologia e pediatria con il suo staff


Franco Blefari, direttore di urologia. Nella pagina accanto sopra PierLuigi Vasarri, direttore di neonatologia e pediatria, Sotto: Pasquale Palumbo, direttore di neurologia.



78 focus Citta’

troppo questo trattamento farmacologico non è sempre possibile o sufficenti”. Il paziente viene ricoverato presso una ‘Stroke unit’ con letti monitorati e assistenza ad alta intensità di cure, per numero di infermieri e tecnologie. “Stiamo lavorando per creare una rete regionale che garantisca questo percorso in tutta la Toscana – conclude Palumbo – il sistema a Prato è rodato e le nostre performance sono alte a livello nazionale. L’elemento essenziale è la collaborazione tra gli operatori che noi garantiamo con formazione sia interna che direttamente sul territorio, dove, in collaborazione con A.L.I.CE., l’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale, organizziamo incontri nei circoli e nelle parrocchie per informare e formare sul riconoscimento dell’ictus”. Pediatria e Neonatologia, PierLuigi Vasarri A parte l’ospedale pediatrico Meyer il reparto pediatrico di Prato è il più grande del centro Italia in termini di nati (intorno ai 3000 all’anno) ed è l’unica pediatria di secondo livello in Toscana. Si tratta quindi di un’assoluta eccellenza che tutela i più piccoli e che nel nuovo Ospedale si è arricchita di un Pronto Soccorso pediatrico. “Un’esigenza che si faceva pressante – commenta il primario

PierLuigi Vasarri – alla luce del fatto che tra il 2012 e il 2014 abbiamo avuto 1200 accessi mensili di pronto soccorso. Posso dire che quello che fa la differenza del nostro reparto è il fattore umano: la grande esperienza di tutti gli operatori, dai medici agli Oss, la stretta collaborazione con ostetricia”. Il reparto ha un centro neonatologico che assiste bambini da 1000 grammi e dalle 29 settimane con terapie intensive di secondo livello A, servizi che fino a poco fa erano garantiti solo dai centri universitari. “Nel 2012 la Asl 4 ha ottenuto la Best Practice in Toscana – continua Vasarri – per performance ostetriche siamo ai primi posti nella Regione, abbiamo degenze brevi e una bassa incidenze dei cesarei. Altro punto di forza è l’organizzazione che consente la presenza dei genitori non solo dopo la nascita, ma anche nel caso di neonati che necessitano di particolare assistenza medica e nel caso di ricoveri per patologie gravi, abbiamo poi un’area per le cure intermedie neonatali che consentano una dimissione in condizioni ottimali da gestire a casa. E’ chiaro che i parametri del comfort e dell’accoglienza sono per noi oltremodo importanti vista la particolarissima utenza che abbiamo”.




in Myanmar con mccurry Viaggio straordinario con uno dei maestri della fotografia internazionale Foto Alessandro Moggi

Il fotografo pratese Alessandro Moggi ha seguito Steve McCurry in un viaggio inedito attraverso il fascino senza tempo di Myanmar. In anteprima alcune delle immagini che saranno esposte in aprile alla galleria Lato







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Focus università

Scambi Possibili Monash University Prato Centre: una realtà internazionale in città Inaugurato a settembre del 2001 nel prestigioso Palazzo Vaj, Il Monash University Prato Centre è oggi una realtà tra le più interessanti e vive della città. Una sorta di cellula straniera perfettamente integrata nel tessuto cittadino: non è raro ormai trovarsi gomito a gomito con questi studenti che si godono una fetta di pane e marmellata e un cappuccino in uno dei tanti bar del centro, incontrarli per una birra o un aperitivo o sentire il loro inconfondibile accento per le vie silenziose alle 2 del pomeriggio. Se si può parlare di integrazione da parte degli studenti che hanno scelto un’ esperienza all’estero per completare il loro ciclo di studi universitari, lo stesso forse non si può dire per tutti i pratesi, che pur guardando con grande rispetto questo progetto di matrice australiana non ne hanno ben chiari i confini, le prerogative e le possibilità che potrebbe offrire uno scambio più intenso. Intanto l’offerta accademica del Monash Prato Centre è rivolta sia agli studenti della Monash University che agli studenti di istituzioni partner. Esistono poi programmi di scambio tra la Monash University e diversi atenei italiani, tra cui l’ Università di Firenze, l’ Università di Bologna, l’ Università Bocconi di Milano e quella di Torino. Tra i corsi offerti a Prato: diritto internazionale, corsi di italiano di livelli diversi, design, archeologia e molto altro (http://monash.it/it/studio/offerta-accademica-

presso-monash-university-prato-centre ). Accanto a questa attività di studio è interessante sapere che il Monash University Prato Centre è luogo di una crescente attività di ricerca e ospita seminari, workshop, conferenze e centri di ricerca specifici soprattutto intorno a temi quali Medievo e Rinascimento e migrazione e inclusione sociale. Il Centro Studi Medievali e Rinascimentali (CMRS) della Monash University è stato lanciato il 1 marzo 2012 e ha ha due sedi: a Melbourne e in Italia al Monash Prato Centre. Accanto all’attività didattica studenti e ricercatori ospiti cercano comunque un contatto con la città: in quest’ottica gli appuntamenti settimanali di conversation exchange, parte in italiano, parte in inglese aperti a chiunque voglia partecipare, sia per offrire la sua conoscenza del territorio a questi ragazzi sia per fare un po’ di pratica della lingua. Un’occasione per conoscere ancora più a fondo il Monash Prato Centre, insieme alle altre istituzioni universitarie presenti in città, Il Pin e la University of New Haven - aperta nel 2012 e ultima nata nel panorama pratese - sarà dal 4 all’10 maggio prossimi durante Prato Campus Week : una settimana di eventi, iniziative, workshop, arte, concerti e sport. Il programma completo della manifestazione, giunta alla seconda edizione, sarà visibile sul sito www.pratocampusweek.it <http://www.pratocampusweek.it>

Monash University Prato Centre è anche luogo di una crescente attività di ricerca

Nelle immagini accanto gli interni della Monash University in Palazzo Vaj a Prato


88 sport focus

LADIES Match-Point Le campionesse del Tc Prato e la loro vittoria tricolore di Matteo Grazzini

Nella pagina accanto, da sinistra in senso orario: Maria Elena Camerin, il punto finale per la vittoria dello scudetto, Corinna Dentoni, Zuzana Kukova, la squadra femminile al completo

Quattro anni di attesa, quattro sfide ad un destino che sembrava avverso e imbattibile. Ma il proverbio dice che ‘chi la dura la vince’ e infatti la vittoria è arrivata quando Maria Elena Camerin e Zuzana Kukova, due bionde arrivate da lontano per portare in alto i colori del Tennis Club Prato, hanno chiuso i conti nel doppio contro le avversarie del TC Genova. Al quarto tentativo il Tc Prato, una delle glorie sportive della città, è salito sul tetto d’Italia portando a casa lo scudetto femminile a squadre e dimenticando in un tripudio di gioia le sconfitte in finale nei tre anni precedenti. A Rovereto, città della Pace e dello Sport, si è concluso quindi un cammino lungo ed esaltante, con la penultima tappa thrilling nella semifinale di Roma con il Nomentano vinta con una rimonta che solo il tennis può regalare. A percorre questa strada, sotto la guida di una incontenibile nella gioia quanto attenta nella guida tecnica Carla Mel e dell’altro capitano Gianluca Rossi, sono state ragazze con storie, carriere e futuro diversi ma unite nei colori biancazzurri del circolo, portati a Rovereto sia sulle felpe dei tanti tifosi al seguito che nelle ciocche colorate dei capelli delle tenniste. Maria Elena Camerin, milanese ma pratese adottata per tanti motivi; Zuzana Kukova, slovacca di ghiaccio capace di ritrovare a Prato la strada del tennis abbandonata per un breve periodo; Corinna Dentoni, versiliese, andata vicina a decidere la finale come

andrebbe vicina a vincere concorsi di bellezza in tutto il mondo; Alexia Virgili, nipote d’arte, sia pure calcistica (il ‘Pecos Bill’ campione d’Italia con la Fiorentina), ed altro esempio di bravura abbinata alla bellezza e alla perseveranza; Giulia Ferrari, talento in erba costruito e custodito in casa, così come in casa svolge il doppio ruolo di giocatrice e maestra per i più piccoli Claudia Romoli. Queste le protagoniste della cavalcata tricolore che però hanno avuto a fianco, non certo come semplici mascotte ma come ricambio futuro a portata di mano, le giovanissime Lucrezia Stefanini e Alessandra Simonelli, tanto brave da non poter essere presenti alla festa per lo scudetto che ha coinvolto soci del club, autorità, tifosi e ovviamente le giocatrici: impegnate in tornei di livello fuori Prato le due giovanissime tenniste si sono perse la cerimonia di premiazione e il taglio della grande torta bianca e azzurra con un grande triangolo verde, bianco e rosso. Una festa che ha coinvolto anche i tennisti maschi, che dal prossimo campionato saranno in A1 come le loro celebrate colleghe e amiche, e che stata anche un coronamento del grande lavoro fatto dal circolo di via Firenze negli anni: strutture, accoglienza, il torneo ITF giovanile, il livello della scuola tennis e la qualità complessiva dell’ambiente; tutti parametri che fanno del Tennis Club Prato il secondo nelle graduatorie della federazione e che assicurano al tennis pratese nel suo complesso una posizione di rilievo nelle classifiche nazionali.




Cocktail party Ospiti del Palazzo della Provincia, scenario anche del nostro servizio moda - abbiamo salutato l’arrivo delle feste nel cuore della città, con i dolci dei migliori pasticceri di Prato, i vini di Carmignano e il calore di tutti gli amici di questa rivista che racconta il lato più brillante della città.


92 Food ristorante

Gli amici di Cibino

Tra take-away e catering bio, un nuovo modo di mangiare sano di Alessandra Lucarelli foto Dario Garofalo prodotti locali, biologici e certificati per un pranzo o una cena take-away salutare e di gusto

In alto, Cristina Vannucci e Desi Puggelli, proprietarie di Cibino, e alcune immagini del locale e delle sue specialità

Come accade spesso nelle storie più vere, la chiave di svolta arriva con il pianoB. Con la capacità di mettersi alla prova, sperimentare nuove avventure che richiedono coraggio, impegno, voglia di fare e un po’ di pazzia. Tutto questo si respira entrando da Cibino, il piccolo mondo bio di Desi Puggelli e Cristina Vannucci nel cuore del centro storico, in via Magnolfi, a due passi dal Duomo. Oltre trent’anni nel settore dell’arredamento, per Desi, nella ceramica e abbigliamento, per Cristina, una passione in comune: quella per il mangiar sano, anche fuori casa. Nasce così Cibino, un takeaway piccolo ma allo stesso tempo così accogliente da farti sentire bene anche quando scegli di fermarti a mangiare su uno dei suoi sgabelli colorati, accanto ad uno sconosciuto che diventa il tuo nuovo compagno per il pranzo. Il menu segue la stagionalità dei prodotti e presenta ogni giorno sei o sette proposte diverse che spaziano tra cereali e legumi biologici, verdure provenienti da filiera corta o presidio Slow Food, e carne certificata. Nes-

suna restrizione vegetariana: il pollo al curry o alla marocchina sono tra le specialità del locale. Ingredienti semplici, piatti mai troppo elaborati, con un tocco fusion: provate il cous cous o il riso con cavolo nero e legumi, il seitan con patate e verdure, il cacciucco di ceci o le lenticchie speziate, le vellutate o le torte salate, e concedetevi una fetta di torta alle carote o per i più golosi al cioccolato. Fatevi consigliare una centrifuga, preparata sul momento, il tè verde (quello all’aloe è meraviglioso) o un succo di frutta, rigorosamente biologico come quelli firmati Plose o Galvanina. Aperto dal lunedì al venerdì per pranzo, dalle 12 alle 16, e per cena dalle 18.30 alle 20, durante il fine settimana realizza catering su ordinazione per cene private, inaugurazioni ed eventi aziendali. Proprio accanto all’entrata, è stato inaugurato a febbraio lo spazio Associazione Amici di Cibino, una piccola saletta riservata ai soci dove è possibile, oltre che fermarsi per il pranzo, organizzare cene e piccoli eventi su prenotazione.



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APERITIvo Bar Ercole Viale Montegrappa 304 ph. 0574.597076 Barrique Via G. Mazzoni 19 ph. 0574.30151 www.lebarriquewinebar.it Bar San Francesco Via Santa Trinita, 32 ph. 0574.448516 Caffe’ Buonamici Piazza del Comune Caffe’ delle Logge Piazza del Comune 16 ph. 0574.600078 Caffe’ 21 Viale Piave 5 ph. 0574.42064 costa Noir via Santa Trinita Da Lucio Piazza del Comune Il Giardino del The’ Piazza Mercatale 46 ph. 0574.442816 La Dolce Vita Via Traversa Pistoiese, 37 ph. 0574.814748 La Gioconda Via Raffaello Lambruschini 25 ph. 0574.603091 La Tazza d’Oro Viale della Repubblica 290 ph. 0574.593771 Le Bigonge Bar Piazza Buonamici www.bigongebar.com Leo’s Bar Via del Palco 119 ph. 0574.28033 Opificio JM Piazza San Marco 39 ph. 0574.870500 www.opificiojm.it Schiaccinomania Via Santa Caterina 12 ph. 0574.605154 ZERO Via Garibaldi 65 ph. 0574.35041

Ristoranti

A casa gori Piazza sant’Agostino Antichi Sapori Via F. da Filicaia 40/A ph. 0574.461189, www.ristorante-antichisapori.it agora Piazza duomo 44 ph. 0574.1825949 Baghino Via dell’Accademia 9 ph. 0574.27920

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Boccondivino Via Mascagni 59 ph. 0574.22957 Cafiero Vicolo de’ Neroni ph. 0574.606309 al castello Piazza S.Maria Delle Carceri, 1 ph.0574.483136 Enoteca Antica Fiaschetteria Piazza Filippo Lippi 4 ph. 0574.41225 Enoteca Razmataz Piazza Mercatale 110 ph. 0574.448619 Enoteca Barni Via Ferrucci 22 ph. 0574.607845 Flambe Viale Piave 26 ph. 0574.606928. www.flambeprato.it Il Capriolo Via Roma 306 ph. 0574.1825326 Il Mercante Via Traversa il Crocifisso 47 ph. 0574.627174 Il Pirana Via Valentini 110 ph. 0574.25746, www.ristorantepirana.it L’Altra Calafuria Piazza Filippo Lippi 9 ph. 0574.26697 La Grotta di Bacco Piazza S. Domenico 16 ph. 0574.440094 La Veranda Via dell’Arco 10 angolo Piazza S.Marco, ph. 0574.38235, www.ristorantelaveranda.it Le Barrique Via G. Mazzoni 19 ph. 0574.30151, www.lebarriquewinebar.it Le Fontanelle valentino Via Traversa del Crocifisso 7 ph. 0574.622316 www.lefontanellehotel.it Lo Scoglio Via Giuseppe Verdi 42 ph. 0574.22760 Mangia Via Ferrucci 175 ph. 0574.572917 Mokha Piazza San Marco 5 ph. 0574.400412, www.mokha.it Opera 22 Via Pomeria 64 ph. 0574.606812 www.opera22.it

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Pepe Nero Via Zarini 289 ph. 0574.550353 Salomè Hotel Datini, Via Marconi, 30 ph. 0574.562348 Sasso Via Firenze 40 ph. 0574.562288 SOLDANO Via della Sirena ph. 0574.830913 Via Pomeria 35 ph. 0574.34665 Tonio Piazza Mercatale 161 ph. 0574.21266

Trattorie La Fontana Via di Canneto 1 ph. 0574.27282 Lapo Piazza Mercatale 141 ph. 0574.23745 Logli Mario Via Carteano 1 Filettole ph. 0574.23010 Osteria Cibbè Piazza Mercatale 49 ph. 0574.607509 osteria le cento buche Via degli Abatoni 7 ph. 0574.694312

Pizzerie la baracchina Viale Galilei 8 ph. 0574.468350 Cavallino Rosso da Giovanni Via Pistoiese 26 ph. 0574.23143 Don Chisciotte P.zza Mercatale 38/39 ph. 0574.39023 Via Pistoiese 502 ph. 0574.816909 Viale Galilei 21 ph. 0574.442903 Fancy King Via Valentini, 21 ph. 0574.581343 Il Ragno Via Valentini 133 ph. 0574.596700 King’s Pub Via Garibaldi 148 ph. 0574.28641 La Buchina degli Angeli Piazza Mercatale 134 ph. 0574.442922 PIZZA E BOLLICINE ph. 0574.1825821

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Pizzeria Maggie Via Bologna 519 ph. 0574.460493 Pizzeria Il Sipario Via Firenze 40 ph. 0574.562282 Sciuscià Via Galcianese 79 ph. 0574.28058 Vienna Via del Purgatorio 61 ph. 0574.630763

Cucina etnica Fujiama Via Valentini 5 ph. 0574.623857 Hong Kong Via Fabio Filzi 47 ph. 0574.611180 Hua Qiao Via Ferrucci 305 ph. 0574.570842 Nagoya Via Avignone 34 ph. 0574.400183 Raja Piazza del Collegio 8 ph. 0574.32032

OUTSIDE Cantagallo

A MANGIA’ FORA Via Sant’Ippolito 16 ph. 328.3032343 Il Ghirighio Loc. Migliana 29 ph. 0574.981103 La Bua della Tonia Via S. Quirichello 2 ph. 0574.956171 La Castagna Via di Migliana 40 ph. 0574.981791 Trattoria il fabbro Via Bologna - Loc. Il Fabbro ph. 0574.956380 Carmignano Biagio Pignatta Viale Giovanni XXIII 1 Artimino ph. 055.8718086 www.artimino.it Cantine del Redi Via 5 Martiri 29 - Artimino ph. 055.8751408 Da Delfina Via della Chiesa 1 – Artimino ph. 055.8718074, www.dadelfina.it La Cantina di Toia Via Toia 12 ph. 055.8717135

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Il Barco Reale Piazza Vittorio Emanuele II, 28, ph. 055.8711559 Olga Via Montalbano 6 ph. 055.8712028 Su pe’i’ canto Piazza Matteotti 25/26, ph. 055.8712490

Cerreto

Lago di cerreto Via Cantagallo ph. 338.8226888

Montemurlo

Casa la querce Via La Querce 47 ph. 0574.684070 La Taverna della Rocca Piazza Castello 2, ph. 0574.680459 Osteria Beccaceci Via Venezia 6, ph. 0574.680266 www.beccaceci.com

Montepiano CA DEL SETTA Via della Badia 16 ph. 0574.959829

Poggio a Caiano

Il Vecchio Casale Via Carmignanese 127 ph. 055.877427, www.ristoranteilvecchiocasale.it La Furba Via Statale 99 ph. 055.8705316 www.lafurba.it La Frugola Via Aldo Moro 33 ph. 055.8778143

Vaiano

La Locanda degli Artisti Via Bertini 76 Schignano ph. 0574.983436 Pizzeria G. Rossi Via Braga 191 ph. 0574.946503 La Nuova Tignamica Via Val di Bisenzio 112 ph. 0574.984424

Vernio

Circolo Arci Via Del Bisenzio 292 ph. 0574.957466 Renzo Via Stazione 7 ph. 0574.938151


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villoresi titolo Interview with the actress starring in ‘The Great Beauty’ by Paolo Sorrentino In the film that won all the movie awards this year and brought an Academy Award back to Italy after 15 years, she plays the role of Viola, the symbol of a high but decadent society that the film focuses Marco Stabile on and of which it gives a truly Prato. Love at first brilliant description. sight How did you feel the minute “It was when I was studying Ewan McGregor announced at the catering institute of Florence that I visited Prato for that the winner was The Great Beauty? the first time, and it was love at first sight. For me –born and I was thrilled to tears, just like Sorrentino at the other end of grown up in Pontedera-Prato the world. looked so human friendly and hard-working at the same time, The Great Beauty gives an a bit messy but lively, after all, uncommon and extraordinary description of Rome. How and it was near to Florence, I do you see Rome, the city felt like I had never left home. where you have been living for Like I was not far from the home where, as a child, I used years? to sit on a stool and to lean my I live just steps away from the Granicolo fountain, where elbows on the table to look at my mother cooking for me and the first film scene was shot, a beautiful place, and I also my three brothers. With four spend a lot of time visiting children you bet there was a museums, I enjoy good lot of cooking. Like a training exhibitions. course for me. After I finished What was it like working with studying, and after having worked with some great Chefs, Sorrentino, what did he get out I decided, because of my love of you as a film director that no one had been able to before? for Prato, to move here. Nine I’ve never felt so at ease as a years ago I bought myself a home in Piazza Sant’Agostino. film actress, because nothing This area and this square had been redeveloped, so I didn’t lose time and made the best choice. Piazza Sant’Agostino is wonderful, when I look out of the window late in the evening, I feel like I am loosing myself in the restrained calm, in the ancient gravity offered by the square with simplicity and no artificiality”

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escapes Paolo Sorrentino, he never gives up on you, he has you constantly under his watchful eye. What is one of the film’s best lines? The Saint saying: “You know why I eat roots? Because roots are important” . These words express exactly what I have learnt travelling the world with Strehler. Whenever we stay true to our roots and describe our world through acting, we are always successful, while copying makes us losers. What are your plans for the future? A great show on the most important mystic in the history of the Catholic Church, Saint Teresa of Avila, as 2015 is the year of the celebrations for the 500th anniversary of her birth. A show I will be touring with throughout Italy, Prato included. The Seminarist Among Film Festivals and International Showings: the first movie by Gabriele Cecconi Italy, 1959. Guido, a ten-yearold boy, crosses the gate of a seminary, fascinated by the idea of becoming a priest, but he soon becomes aware of the fact that being a good seminarist means to accept a forced education, and he finds himself fighting an inflexible hierarchical system that obliges the individual to strictly conform to the rules, to blindly obey to the superiors and to stop thinking autonomously. The Seminarist, the first fulllength movie by film director Gabriele Cecconi from Prato,

was entirely shot in Prato: it is one of the eight films selected to participate at the Film Festival ‘Sudestival 2014’, it is going to be a competition film at the Vittorio Veneto Film Festival next April and it will be screened at the Embassy of Italy in Washington D.C. after being selected by the American Initiative for Italian Culture. How did you develop the idea for this movie? Is it an autobiographical film? Only in part: true facts are what a documentary is made of, but a movie needs more. True facts have to be the background for a story, the protagonists of my movie are

32 like the ‘fictionalized’ alter -egos of real people. The facts reported are inspired by true facts that have been fictionalized to be the basis of a work of creativity. And the way the events are organized in a narrative work actually tells a lot about an author’s world view. Where was the movie shot? I must thank the school Conservatorio San Niccolò in Prato that has opened its doors to cast and crew: the shots lasted several weeks. The church is that inside the Convitto Cicognini boarding


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school, other scenes were shot in Prato inside the Istituto Tecnico Buzzi, in the chapels of the Mercy Church, in the parish cinema of the district of San Giusto and in the Convitto delle Crocifissine in Pistoia. The external scenes were filmed in the Duomo square, in Piazza del Comune and on the banks of the river Bisenzio in the district of Santa Lucia in Prato. terminale titolo! xxxxxxxxx 1984, the 28th of January: the first official screening at the new Terminale cinema. Thirty years of activity: an important goal that needs to be celebrated with enthusiasm. Above all because this cinema has managed during the years to overcome a lot of difficulties, becoming a reference point for auteurial films and for all the activities concerning ‘the seventh art’. A cinema that has always been dealing with cinema with the capital C, which is often uncomfortable and unpleasant but anyway indispensable. In what was once the ballroom of the Rossi association in via Frascati, some young people who loved cinema began to develop the idea of offering to their fellow citizens from

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Prato a new cinema with about 300 seats. The Terminale cinema opened to people with a film on the dangers of nuclear reactors, clearly chosen to communicate a pacifist message. The film was “War Games”, and it was immediately successful among the public. Then, the ‘difficult’, ‘elite’ films that began to be projected on the cinema screen of the new Terminale in via Carbonaia, helped people here to discover the great auteurs of the Eighties. The folly of the Monty-Phyton films, the New German Cinema represented by Wener Herzog and Rainer Werner Fassbinder, the original and provocative films by Peter Greenaway. And while the Eighties were the years of cine clubs, the Nineties were the years of film festivals and initiatives aimed at letting people know about the greatest names in the cinema. The list of the veterans here is long: Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Luigi Magni. And then some protagonists of the young Italian cinema, like Margherita Buy, Francesca Neri, Elena Sofia Ricci, Giuliana De Sio, Anna Bonaiuto, Valeria Golino, Massimo Ghini, Ennio Fantastichini, Maurizio Nichetti and many others. The golden building that twirls Interview with Maurice Nio, the designer in charge of the L.Pecci Contemporary Art Center’s extension works Your relation with Prato

begans almost ten year ago. What is your current view of our town? Prato has not discovered itself yet. The city is in the middle of a transformation process, a very tough process, because it has to leave the past behind. To become a butterfly you must leave the cocoon behind. But that is tough. The past of Prato represents the richness of the textile industry. Recently I was in the Museo del Tessuto, and there you can clearly see the dichotomy between the past and the possible future. On the one hand the presentation of textile manufacturing, fabrics and the (at that time) highly innovative machinery, and on the other hand the white shirts, designed by Gianfranco Ferrè, floating in the dark. Here you can see the cocoon and the butterfly at the same time. Why hesitate? For me as an outsider, it is clear that Prato has to choose for culture and creative industries. Its a perfect city for starting creative studios and cultural explorations. And it shall not be a surprise that the new extension of the Pecci Center will give this development, this metamorphosis a boost. A characteristic often found in your work is the wish to redeem lost pieces of towns. For Museo Pecci, located a the border of the town , in front of an unfinished industrial area , beside the exit of the highway, what kind of solution did you design ? The primary reaction of the majority of architects, when they are confronted with these kinds of sites, is fear. I,

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in New York has been but a short step: this is the story of Lando Bartolini, a great heroic tenor from Prato. A unique story, in which he seemed to be destined to become a textile mechanic. He was born in Prato’s district of Casale in 1937 in a family with five children; at 14 years old, he became responsible for the maintenance of looms while repairing scooters as a hobby. All the members of his family could play an instrument: he played philharmonic with which he sometimes accompanied his brother while he sang. Lino was the most athletic and resourceful of the five: he soon became a promising singer and performed at the finals of the Italian Sanremo Festival in 1962 with the pen name of Rocco Montano. Master Bartolini, what were you doing at that time?

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During the day. You never thought about singing professionally? I had a beautiful voice, but I was shy and introvert Yet, the following year something that changed your life happened.. My brother Lino died in a road accident, it was a shock for me. It was then that I decided to start singing, and I soon found myself attending sightreading and singing classes at the Settlement Music School. In 1973 Bartolini made his debut on the international scene with Mascagni’s Iris at the Grand Theatre of the Lyceum in Barcelona. With his powerful, fine-grained of a beautiful timbre that enabled him to have a wide repertoire of songs, he has been singing for over thirty years under the greatest directors in the world -from Gianandrea Gavazzeni to Riccardo Muti and Zubin Mehta – and in all the world’s capitals and theatres: the New York City Opera, Milan’s Teatro alla Scala, the Metropolitan e the Lincoln Center in New York, the Arena di Verona, the Teatro Regio of Parma, the San Carlo in Naples; Rome, Sidney, Vienna, Alexandria, Buenos Aires, Marseilles, Beijing… Don’t call me a Guitar Maker The International Sound of Fabrizio Paoletti’s guitars This is the case of a man from Prato who is specialized in electrotechnic: he has neither learned how to put some music notes one next to the other nor has he learned

carpentry, but in the office of his lutes laboratory is a framed picture with a signed letter, in which Bruce Springsteen thanked him for the guitar which had been sent to him from Italy . The lucky and skillful luthier is Fabrizio Paoletti: born in 1973 in Prato and owner of a guitar laboratory in Montemurlo, he started to make guitars that are actually appreciated both in Italy and abroad in 2008, after having worked in industrial automation, a field in which he thought he had trained with success. “I have worked as electrotechnician, - he saysbut then, because of the crisis and also because I wanted to do something different, I decided to start to make guitars. I did not have any ‘family tradition’ to follow in this sector, I just had made some guitar reparation works for my friends as a hobby. Since I was totally self-taught in this field, some people have told me this choice was not available; but after having tried ten times without success, I finally came up with something I could sell and display at small trade fairs of the sector”. The turning point happened in 2009, thanks to Maurizio Solieri, soloist guitarist for

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Vasco Rossi and for the Steve Rogers Band: a success followed by the work made for Mario Schilirò, guitarist for Zucchero, the guitar sent to Bruce Springsteen and the first guitars sent from Prato to the United States to James Hetfield and Kirk Hammet of the Metallica. Everything rigorously made in Italy. storai titolo Niccolò and illustration, when did everything start? When I was a child, I was fascinated by cartoons and super heroes, I spent hours watching them on TV and reproducing them on the lined pages of my school exercise books. The same I was supposed to use for my grammar and math homework If you could live on one of your fantasy worlds, which one would you choose? None of them. I can’t belong to these worlds, they are part of my world. Tell us about the way you got to know Neffa and your collaboration with him for the music video Per sognare ancora (To keep on dreaming) I made this video in collaboration with my colleagues and friends of the JumonStudio of Florence, a very beautiful sharing experience. I came in contact with Neffa thanks to the interest showed by Nina Zilli, a friend we both have in common. It was she who showed him my latest book “Che notte quella notte” Fred Buscaglione una vita Swing!, and he liked my style so much that he asked me to work on his next video.


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The 60-year-old Pagliette The curtain has just closed on ‘L’andò come l’andette’, the latest revue by the ‘Pagliette’ (literally: straw hats) of the Buzzi technical School, revealing the truth about the Sack of Prato. The show completely sold out, and many changes were made to it. The first is the coming back to entire works, which are more beautiful though also more difficult to execute in comparison with short scenes. The second is the fact that it was a costume performance, for the second time in the history of the at the Mondi Paralleli Pagliette after the revue comics book store, and, in performed in 1980. The third conclusion, a place where I is the collaboration with the like to go when the weather institutions of Prato -the is fine, with notebook and colors of course: the gardens Municipality of Prato, the Compagnia dell’Aringa of of the church of the Sacra Sant’Ippolito of Vernio and Famiglia And now even a T-shirt line.. the Palla Grossa Associationwhich have given an The story behind it is really important contribution funny and starts with a concerning the costumes. request by the Otto Agency This feeling of frenzy and of Prato: they asked me enthusiasm started off in to make an exhibition at 1947, when Umberto Primi, the Piumi shoe store and I who was attending the last accepted, giving life to the year of the technical institute Grafonirici. And then, the Grafonirici have been printed Buzzi, convinced some of his fellow students and on ten different models of teachers to give life to this T-shirts, and they will be kind of performance. But it soon on sale in the best stores in Italy. An idea to improve your city? The same idea I often find useful for myself: to believe in our ideas, letting them come true in the most sincere way possible, trying to avoid useless polemics that make everything so dull and stationary. You Top List of the places in your city that are a source of inspiration for you. The long strolls along the cycle path, alone or with my dog, or in the city centre

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was only in 2000 that the Pagliette were created, with the foundation of the ‘Club delle Pagliette’, to continue and to defend a 60-year-old tradition. We have won against our destiny After three years, the Tennis Club Prato has won the Women’s Championship Four years, waiting, challenging an apparently unfavorable and inevitable destiny. But there is a proverb which says ‘All things come to those who wait’, and the victory has finally arrived with Maria Elena Camerin and Zuzana Kukova, the two blonde young women who have come to Italy to keep up the reputation of the Tennis Club Prato by going through the victory in the double over their adversaries of the TC Genova. After three years, the TC Prato, which is a symbol of pride for the city concerning sport, has won the Italian Tennis Championship in the women’s doubles finals, joyfully forgetting the defeats of the previous three years. In Rovereto, the city of Peace and Sport, this long and exciting adventure has come to an end after the stimulating semi-final in Rome against the TC Nomentano ended with a come back victory, as thrilling as those in tennis competitions. The protagonists of this adventure, under the guide of head coach Carla Mel

–so happy in her joy and so accurate concerning the technical preparationand of the other captain, have been young women, who, despite their different stories, careers and destines, are all united in the white and blue colors of the TC Prato. Maria Elena Camerin comes from Milan but considers Prato as her home; Slovakian Zuzana Kukova, who has rediscovered in Prato, after a little period of rest from tennis, her love for

88 this sport; Corinna Dentoni from the Versilia, who has come so close to the finals -and she would come close to win quite a few contests at an international level as well; Alexia Virgili, who has followed her grandfather’s footsteps (of Giuseppe Virgili, known as ‘Pecos Bill’, Champion of Italy in the Fiorentina ACF) by pursuing a career in sport, another blend of beauty, tennis skills and determination ; Giulia Ferrari, an aspiring champion who has been trained at the TC Prato, where the last girl of the list, Claudia Romoli, plays and trains young tennis players.


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