Nel vortice del tempo

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anche perché vorrei tanto sapere che fine ha fatto Giovanni… accidenti a te… stai sconvolgendo pure la mia vita! - rispose spossato dagli eventi. - Non è colpa mia Umberto, mi dispiace tanto! - disse Giovanni tergiversando un poco, rimise gli oggetti al loro posto nella borsa e la nascose tra gli abiti nell’armadio. - Penso che la perdita di memoria sia da associare a quello strano fenomeno, Umberto, quello strano vortice - disse pensoso Giovanni - Usciamo un attimo, vieni, qui dentro fa caldo! Umberto si alzò dalla sedia, una boccata d’aria gli avrebbe solo giovato. Uscirono sul balcone e respirarono profondamente, l’aria umida della sera li rinvigorì. - Perché tutto questo? perché questo incubo assurdo? - si domandò Giovanni osservando il panorama che cominciava a tingersi di rosso: si vedeva lontano la valle oltre il Po, coperta dalla foresta che avrebbero affrontato l’indomani. Stavano per allontanarsi dal balcone, quando, a poca distanza da loro, appollaiato sul bordo della finestra, nascosto da un grande vaso di fiori, un maestoso uccello li stava fissando con occhi magnetici e rotondi. Fermo, immobile, osservava i due amici come un gargoyle scolpito sul marmo. - Astore? - gridò Umberto, mentre il rapace, con uno scatto e un battito d’ali, si alzava in volo verso il cielo che iniziava ad oscurarsi. - Perché, scappare così? - domandò Giovanni quasi dispiaciuto. - Avrà capito che non sei il vero Giovanni. Si è comportato come Zero! - rispose Umberto allargando le braccia. - Adesso basta Umberto, ne ho abbastanza di passare per tonto, stasera, io voglio uscire dal castello e andare a vedere dove si forma quel misterioso vortice, perché è da lì che nascono i miei problemi, ne sono convinto. Quel… congegno, quell’oggetto che non so come definire ce lo ha rivelato. L’ho visto con i miei occhi quello strano vortice… io ci vado stanotte! - E io ti accompagno! - esclamò Umberto senza perplessità. - Ti ringrazio, amico. Vedrai che ritroveremo il vero Giovanni, non ti preoccupare Giovanni gli appoggiò un braccio sulla spalla in segno di gratitudine. Si avvicinò alla scrivania e si mise a riflettere sul da farsi, e gli venne un’idea: sullo scrittoio vide una penna d’oca e un calamaio, il necessario per scrivere due righe su di un foglio di pergamena. 64


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