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DICEMBRE - GENNAIO 21\22

EDIZIONE ITALIANA

DESIGN D’AUTORE A PRANZO CON PATRICIA URQUIOLA VIVERE A CREMA, LONDRA, MILANO, PALERMO IN VIAGGIO A COPENHAGEN NELLE BAKERY DI TENDENZA

Ridisegnare il vivere CONTEMPORANEO

NOVEMBRE 2021

HMC ITALIA - ANNO 19/20 - MENSILE N. 12/1 - DICEMBRE 2021-GENNAIO 2022

SPECIALE NATALE I REGALI E LA TAVOLA DELLE FESTE

















EDITORIALE

FOTO DI STEFANIA GIORGI. GONNA, GIACCA E SCARPE: DIOR.

Il 28 di giugno mi trovavo in Puglia, precisamente a San Pancrazio Salentino. Ero lì per lavoro quando una telefonata ha aperto il mio mondo a una nuova opportunità. Accettare di dirigere una rivista di arredamento e design non è stato immediato: sapevo che avrei dovuto guardare al futuro con la stessa capacità di immaginare una casa finita quando è ancora vuota, confidando che poco a poco assomiglierà a te. Ho accettato quell’anello di fidanzamento con la paura di non riuscire a trasferire alla carta ciò che sentivo dentro di me, e questa incertezza mi ha dato la forza di arrivare sin qui, oggi, a poche ore dall’avvio stampa del primo numero del nuovo Marie Claire Maison. Eredito un giornale che amo, e mi sento colma di gratitudine. Sono da sempre affascinata dalla carta stampata, e adoro la casa, ma soprattutto desidero il bello e questo progetto ha in sé tutti e tre gli ingredienti. Così ho accettato e ho iniziato a studiare.

Csaba dalla Zorza

Il design non è solo “estetica e progettazione nella moderna produzione in serie” (Enc. Treccani). È un processo cognitivo: conoscenza allo stato puro, artigianalità portata all’eccellenza. Una cornice che può aggiungere bellezza alla nostra vita. Compreso questo, mi sono sentita immediatamente più a mio agio, e il progetto poco a poco ha iniziato a popolare le pagine. Per mettere insieme ciò che ora avete tra le vostre mani, il mio primo numero da direttore, ho voluto riunire al lavoro un gruppo di persone altamente competenti e motivate. I giornalisti, i fotografi, i designers, gli stilisti e gli imprenditori che mi hanno permesso di accedere al loro talento mi hanno arricchito con grande generosità.

DIRETTORE DI MARIE CLAIRE MAISON

Sfogliando queste pagine, avrete l’opportunità di fare lo stesso. Di viaggiare incontro al design e ai suoi meravigliosi mondi. Capirete perché una casa progettata cento anni fa da un visionario futurista può essere attuale, e ve lo spiegherà la Professoressa Domitilla Dardi. Vi siederete con me a pranzo con Patricia Urquiola, per capire perché la casa è un guscio. Entrerete a Palermo in una dimora antica che mescola in modo folle e sapiente design e antiquariato, ma vi porterò anche a Crema, a Milano, a Londra, dove incontrerete Ilse Crawford, la donna che considera il design come uno strumento per potenziare la nostra umanità. E a mangiare nelle nuove bakery di Copenhagen. L’interior design è parte della mia vita adesso. Parte della vostra, che state leggendo, insieme a me. A proposito, che sbadata – non mi sono neanche presentata: Csaba, molto lieta.

Poltrona: Lady di Marco Zanuso, collezione Cassina I Maestri

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CONTENUTI

Dicembre/Gennaio 17 24

Editoriale Collaboratori

LA LISTA

32 39 40 43 45

Mostre ed eventi di arte e fotografia Ristoranti nuove aperture Hotel nuove destinazioni da provare Libri freschi di stampa Design Le novità dal mondo dell’arredo

174 A PALERMO, UNA DIMORA STORICA MESCOLA IN MODO AUDACE E SAPIENTE DESIGN MODERNO ED ELEMENTI ANTICHI

IN PRIMO PIANO

48 57 69

Ridisegnare il vivere contemporaneo La Professoressa Domitilla Dardi ci porta all’interno di Casa Balla Maison incontra Silvia Venturini Fendi A pranzo con Patricia Urquiola

IN VETRINA

81 85 95

Anniversari gli oggetti che hanno fatto storia compiono gli anni Riedizioni arredi e complementi di oggi, che partono da un’idea di ieri Degni di nota i prodotti scelti dalla redazione che meritano una segnalazione speciale

In copertina A Crema, un palazzo di trecento anni racconta di generazioni che l’hanno abitato nei secoli. Foto di Valentina Sommariva per Living Inside, servizio di Arianna Galati.

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CONTENUTI

48 174 226 REGALI DI NATALE

103

Ispirazione per gli acquisti natalizi, per lui, per lei, per gli appassionati di design, per chi non rinuncia al sostenibile e per chi è un vero gourmet

CARNET DESIGN

127 133 139 143 149

Tendenza il soggiorno color cioccolato Dettagli di stile giochi di luce In cucina quando mangiare è social Lo studio soluzioni per lavorare da casa Design verde le piante per arredare

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103



CONTENUTI

232

LE CASE DI MAISON 154 164 174 186 196 207

A Crema, nella casa dove abita il destino in un palazzo antico Natale a Londra a casa di Deborah Brett A Palermo, un antico palazzo tra storia e pezzi design A Milano attico con vista per vivere la città in famiglia A Campiglio, uno chalet che è un nido nel cuore delle Dolomiti Case Reali L’albero della regina Elisabetta

FUORI CASA 213 223

164

Design ad alta quota alla scoperta dei più eleganti chalet di montagna Il magazzino segreto a Parigi c’è un nuovo interessante museo appena aperto

226 Giardini la serra in un castello tra Umbria e Toscana

232 In viaggio tra le bakery di Copenaghen

RICEVERE 240 Il pranzo delle feste la tavola di Natale e il menù di Csaba dalla Zorza

259 Fiori una ghirlanda per Natale 261 Angolo bar i consigli del bartender per l’aperitivo in casa

263 La cantina con i vini giusti 265 Indirizzi 266 Ultima pagina Ilse Crawford si racconta

240 PRONTI PER LE FESTE? VI DIAMO I CONSIGLI GIUSTI PER APPARECCHIARE E LE RICETTE PER RICEVERE 22 MC MAISON



COLLABORATORI

DOMITILLA DARDI Indecisa tra la storia dell’arte e quella dell’architettura, incontra alla fine del secolo scorso il design e da allora non l’ha più lasciato. Storica del design, docente allo IED e in altre scuole italiane e straniere, è autrice di monografie e saggi, oltre che consulente per programmi culturali di aziende del settore. Dal 2010 svolge il ruolo di Design Curator del museo MAXXI di Roma, mantenendo in parallelo anche l’attività curatoriale freelance. Scrive regolarmente su diverse riviste specializzate ed è fondatrice e curatrice di EDIT Napoli, fiera del design d’autore. @domitilladardi

HELENIO BARBETTA Nato a Pescara, si diploma alla scuola fotografica Riccardo Bauer di Milano, dove vive. Le sue foto ricostruiscono un paesaggio mnemonico, a volte assente, fatto di atmosfere vissute, dove la storia della propria vita è raccontata in spazi che funzionano quasi da altoparlante delle sue emozioni. Le sue immagini sono mappe visionarie che parlano di sentimenti e fanno una prova astratta della memoria. Affascinato dall’arte e dagli interni, collabora con artisti, designer e architetti e i suoi lavori sono pubblicati in libri e sulle riviste italiane e internazionali più prestigiose del mondo. @helenio_barbetta

MARGO SCHACHTER Vede gente, mangia cose, in ristoranti stellati e posti dove non entreresti mai. Scrive di cucina per parlare d’altro, cose futili in modo serissimo (e viceversa), fa la critica gastronomica a tempo perso ma lavora quotidianamente come curatore editoriale per magazine, aziende, agenzie di comunicazione. Milanese con la valigia, si divide fra consulenze, docenze e ingaggi da moderatrice. È approdata nel mondo del food nel 2007 incontrando Csaba dalla Zorza e da allora condividono progetti nonché la passione per ricevere (ma non quella del cucinare). @margoschachter

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COLLABORATORI

MARINA MINELLI Laureata in storia, ha fatto per molti anni la giornalista di cronaca. Nel 2009 ha creato il primo sito italiano dedicato alle famiglie reali europee. Ha scritto, fra gli altri, Royal Wedding – Dalla regina Vittoria al principe Harry, i matrimoni che hanno creato il mito della monarchia inglese e Afternoon Tea. Storie, personaggi, oggetti e segreti del rito inglese per eccellenza. Collezionista e studiosa di royal commemorative pottery ha esposto in diversi musei italiani e stranieri la sua importante raccolta di oggetti che vanno dalla regina Vittoria a oggi. È spesso in viaggio alla scoperta dei segreti delle dimore reali. @marina_minelli_

ARIANNA GALATI Freelance irrequieta per vocazione e voce professionista, si occupa di raccontare il cibo e l’attualità tenendo sempre la valigia pronta. Il suo migliore bagaglio restano le parole, scritte e parlate, dette e ascoltate. I racconti la conquistano, le case altrui la affascinano: le piace passeggiare in città sconosciute e sbirciare nelle vite degli altri, ma non potrebbe mai abitare dove si scelgono lampadine a luce fredda. Colleziona scarpe, storie belle e biglietti dei treni. E alla fine torna sempre a casa, a dividere il divano con il gatto Flake. @arianna.galati

MATTIA AQUILA Fotografo creativo specializzato in interior design e architettura, collabora da diversi anni con importanti aziende del settore, studi di architettura e riviste editoriali. È fortemente convinto che la fotografia come espressione artistica si raggiunga tramite competenze tecniche, passione, ma soprattutto grazie a un punto di vista personale che permette di approcciare qualsiasi soggetto in maniera creativa, reinterpretandone le peculiarità in chiave autoriale. @mattiaaquilaphotography

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COLLABORATORI

MARIANGELA ROSSI A 23 anni, per la sua tesi, intervista Tony Richardson a Hollywood e immagina il suo futuro come sceneggiatrice o critica. Qualche anno dopo rinnega il primo amore per scrivere di hôtellerie e viaggi, che muoveranno poi tutta la sua vita. Genovese di origini toscane, scappa spesso tra le colline lucchesi, ma vive a Milano e ha un debole per New York. Esteta, alla costante ricerca del bello, è una vera esperta di profumi di cui ha scritto vari libri. Appassionata di architettura, anche di talenti sconosciuti e arte contemporanea orientale, ha a casa un’opera in lacca per cui ha girato praticamente tutte le gallerie del Vietnam. @mariangelarossi_

STEFANIA GIORGI Ha sempre sognato di diventare una restauratrice di quadri ma, nata in una famiglia di fotografi, il destino ha avuto il sopravvento. Prima videoclip e spot pubblicitari, poi il mondo dell’interior design, del food, del reportage di viaggio e le collaborazioni con alcune delle maggiori testate italiane e internazionali. Più che un lavoro, una specie di malattia: quello che la affascina della fotografia è la capacità di isolare la realtà da un punto di vista personale. Vive e lavora a Milano. @giorgistefi

VALENTINA SOMMARIVA Nata a Milano, dove vive e lavora, dopo una laurea in architettura al Politecnico di Milano, ha studiato design a Londra alla Brunel University e fotografia d’arte alla Fondazione Fotografia Modena. Collabora per molte riviste soprattutto nel campo dell’interior design e del ritratto, inclusi il Financial Times, The Guardian. Parallelamente, sviluppa progetti artistici attraverso l’uso della fotografia e del video focalizzati principalmente sull’identità e sul rapporto tra l’uomo e lo spazio abitativo. I suoi lavori sono stati esposti in varie mostre e gallerie. @valentinasommariva

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Direttore responsabile CSABA DALLA ZORZA Segreteria e produzione FRANCA BOCCOLI fboccoli@hearst.it COLLABORATORI: Chiara Corridori, Domitilla Dardi, Arianna Galati, Elena Luraghi, Emanuela Mastropietro, Marina Minelli, Marzia Nicolini, Mariangela Rossi, Cécile Palma, Margo Schachter Maria Tatsos, S. M. Zilli FOTOGRAFI: Mattia Aquila, Stefania Giorgi. Helenio Barbetta, Alessandra Ianniello, Valentina Sommariva per Living Inside Progetto artistico Silvia Rivelli Realizzazione a cura di F&V Editori Milano @ PUBLISHING DIRECTOR ROBERTA BATTOCCHIO rbattocchio@hearst.it BRAND STRATEGY DIRECTOR FRANCESCA SCARPELLI fscarpelli@hearst.it BUSINESS MANAGEMENT DIRECTOR LUANA BESCAPÈ lbescape@hearst.it @ HEARST MAGAZINES INTERNATIONAL DEBI CHIRICHELLA President HEARST MAGAZINES JONATHAN WRIGHT President of Hearst Magazines International KIM ST. CLAIR BODDEN, SVP/Global Editorial & Brand Director Eléonore Marchand, Global Editorial Director, Luxury Brands HMC ITALIA SRL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DEBI CHIRICHELLA (P) GIACOMO MOLETTO (AD) Amministratori: HOMAS GHAREEB, MARCELLO SORRENTINO HMC ITALIA Srl pubblica: Marie Claire, Marieclaire.it, Marie Claire Bis Sfilate, Marie Claire 2 Bellezza, Marie Claire Enfants, Marie Claire Maison, Marie Claire #Likes HEARST MAGAZINES ITALIA SPA pubblica: Gente, Gente Enigmistica; Enigmistica Mese Gente; Gente Puzzle, Gente Speciali,Cosmopolitan, cosmopolitan.it, Elle, Elle Gourmet, Elle Kids, Elle Sfilate, Elle Spose, Elle Spose Collezioni, Very Elle Beauty & Fit, Very Elle Shopping Accessori, elle.it, Elle Decor Italia, elledecor.com/it, Esquire, esquire.com/it DIREZIONE, REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE HMC Italia Srl - Via R. Bracco 6, 20159 Milano. Tel. (02) 6619.2433. Fax (02) 6619.2686. Editore HMC Italia s.r.l. - Via R. Bracco 6, 20159 Milano. Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 23 del 20 Gennaio 2003 Marie Claire Maison è un marchio registrato di Marie Claire Album s.a., France, in licenza a HMC ITALIA Srl, una società del gruppo Hearst Magazines Italia

HEARST GLOBAL DESIGN Managing Director ROBERTA BATTOCCHIO rbattocchio@hearst.it Global Business Solutions Director ENRICO VECCHI evecchi@hearst.it Head of Business Development ALESSANDRO TOTA alessandro.tota@hearst.it Head of Editorial Coordination for Italy VIOLETA ROCCO vrocco@hearst.it Head of Editorial Coordination for International Editions LAVINIA CERUTTI lcerutti@hearst.it HEARST SOLUTIONS Managing Director ROBERT SCHOENMAKER rschoenmaker@hearst.it Sales Director ALBERTO VECCHIONE, avecchione@hearst.it Sales Director Business Unit Fashion SIMONE SILVESTRI, ssilvestri@hearst.it INTERNATIONAL ADVERTISING:Francia: Marie Claire International 10 boulevard des Frèses Voisin, 92792 Issy-LesMoulineaux - Gran Bretagna: L.G.A. London 64 North Row W1K 7LL Tel. +44 2071507430 - Germania: L.G.A. Munich Arabellastrasse, 23 Tel. +49 8992503532 - Spagna: L.G.A. Madrid 23, Santa Engracia Tel. +34 917289287 - Usa: L.G.A. New York 1633 Broadway 45th Floor Tel. +1 2127676573 - Scandinavia: L.G.A. Stockholm S:T Eriksplan 2 Tel. +46 84578907 - Olanda: Publicitas Am Laren Tel. +31 355395111 - Svizzera: Triservice Geneve Tel. +41 227964626 - Giappone: PBI Tel. +81 336616138 - Corea: Sinsegi Media Inc. Tel. +822 7858222 - Singapore: Publicitas Singapore Tel. +65 69362272 - Taiwan: Lewis International Media Services Tel. +886 227075519 - Thailandia: Dynamic Vision Co. Ltd. Tel. +662 9386188 - Canada: Hip Canada consulting Tel. +416 4630300 - India: Mediascope Publicitas Tel. +91 2222835755, +91 11237320896 - U.A.E. Dubai: Iceberg Media +97 143908999 - Brasil: Altina Media International tel. +55 1194989444 - Hong Kong: Prime Media Tel. +852 64040426 - China-Macau: Tel. +853 66571110 - Malesia: Publicitas +603 77296923. ABBONAMENTI: Per avere informazioni o per sottoscrivere/ rinnovare un abbonamento visita il nostro sito www.abbonationline.it oppure puoi contattare il Servizio Clienti Hearst Magazines Italia Spa tramite: E-MAIL: abbonamenti@hearst.it; TELEFONO: dall’Italia 02 4957 2005 (Servizio attivo dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 19:00. Costo della chiamata a tariffazione base, in funzione del piano tariffario in essere con il proprio operatore telefonico); dall’estero 0039.02.86.89.61.72; POSTA: Servizio Clienti Hearst Magazines Italia Spa - Ufficio Abbonamenti - c/o CMP BRESCIA – 25126 Brescia (BS). Gestione operativa: Direct Channel S.p.A., Via Mondadori 1 - 20090 Segrate (MI). L’abbonamento partirà dal primo numero raggiungibile. ARRETRATI: Per i numeri arretrati rivolgersi alla propria edicola di fiducia, che può richiederli attraverso il Servizio Arretrati su www.primaedicola.it. Il prezzo degli arretrati è pari al doppio del prezzo di copertina. La disponibilità di copie arretrate è limitata agli ultimi sei mesi, salvo numeri esauriti. Non è possibile richiedere arretrati delle versioni con gadget. STAMPA E DISTRIBUZIONE Arti Grafiche Boccia, Via Tiberio Claudio Felice 7, Salerno. Per l’Italia: m-Dis Distribuzione Media Spa, via Cazzaniga 19, 20132 Milano, tel.02.2582.1. Per l’estero: Johnsons International News Italia Srl, Via Valparaiso 4, 20144 Milano, tel.: +39 02 43982263, fax: +39 02 43916430. E-mail: info@johnsons.it. A causa di restrizioni doganali i gadget non vengono spediti in tutti i Paesi.

FEDERAZIONE ISSN 1122 – 2702 ITALIANA EDITORI GIORNALI

HEARST. VIVERE MEGLIO 30 MC MAISON

ACCERTAMENTI DIFFUSIONE STAMPA CERTIFICATO ADS N.8937 DEL 05\05\2021



LA LISTA Mostre

EX LIBRIS Sei artiste italiane, tra cui Silvia Rosi (qui, Self Portrait as my Father, 2019), s’interrogano sul futuro e su temi quali coabitazione sociale e appartenenza culturale. Alter Eva: Firenze, Palazzo Strozzi. Fino al 12/12/21.

BELLE ÉPOQUE Sotto abiti fruscianti, le nobili donne di Giovanni Boldini sembrano mettere a nudo la loro anima più intima e misteriosa. In mostra, oltre novanta opere che esprimono al meglio la maniera del celebre artista ferrarese. Lo sguardo nell’anima: Bologna, Palazzo Albergati, fino al 13/3/2022

VENTO DA NORD GLI SCATTI DI RAYMOND DEPARDON, FOTOGRAFO E CINEASTA FRANCESE CHE PUNTA L’OBIETTIVO SU SOGGETTI ORDINARI E CRIPTICI ALLO STESSO TEMPO (QUI, GLASGOW, 1980). LA VITA MODERNA: MILANO, TRIENNALE, FINO AL 10/4/2022 32 MC MAISON


FATTO AD ARTE Circa cinquecento cimeli, tra mobili, oggetti, foto e libri oltre ai noti prodotti per Campari, per esplorare l’attualità delle sperimentazioni di Fortunato Depero (qui, Manifesto pubblicitario Casa d’Arte Depero, 1921) e l’influenza delle sue ricerche negli ambiti della moda, dell’arte e del design, con particolare attenzione dagli anni Settanta. Depero New Depero: Rovereto, Mart, fino al 13/2/2022

a Wallis Simpson questo collier testimonia l’influsso dell’arte islamica sui monili della maison CARTIER ET LES ARTS DE L’ISLAM PARIGI, MUSÉE DES ARTS DÉCORATIFS, FINO AL 20/2/2022

COLORAMA Da Monet a Kandinskij (qui, Composizione IV, 1911), passando per Picasso: una riflessione su trascendenza e infinito a partire dalla finitezza umana. La forma dell’infinito: Udine, Casa Cavazzini, fino al 27/9/2022.

POSA PLASTICA Armonia, equilibrio e misura sono i principi della bellezza eterna raccontata da Antonio Canova (qui, Danzatrice col dito al mento, 1809). Lungo il percorso pure Constantin Brancusi, Helmut Newton e Richard Avedon, in dialogo col maestro del Neoclassicismo. Canova tra innocenza e peccato: Rovereto, Mart, dal 19/12/2021 al 18/4/2022.

COME UNA SCULTURA FRANK GEHRY CREA PER LA PRIMA VOLTA UN FLACONE DI PROFUMO ISPIRANDOSI ALLA VERSIONE ORIGINALE DI MARC NEWSON. LA COLLEZIONE LES EXTRAITS LOUIS VUITTON È DISPONIBILE… NON IN UN MUSEO, MA IN PROFUMERIA E IN NEGOZIO DA NOVEMBRE.

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LA LISTA Mostre

UN GRANDE FOTOGRAFO E I SUOI SCATTI PIÙ SPONTANEI MAI ESPOSTI PRIMA IN UNA GALLERIA Dalla top model olandese Doutzen Kroes immortalata nel 2008 su Allure (qui) a tante altre icone del fashion system: in mostra le immagini più ricercate, molte dei quali inedite, del celeberrimo fotografo Mario Testino. INTIME VISIONI MARIO TESTINO: UNFILTERED A MILANO DAL 2 DICEMBRE AL 28 FEBBRAIO 2022 – 29 ARTS IN PROGRESS GALLERY

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LA LISTA Mostre

L’arte di Jeff Koons risplende a Firenze. Con Shine, la lucentezza è il filo conduttore per rileggere, sotto una nuova luce, l’opera del grande maestro IMPERDIBILE SARÀ VISITABILE FINO AL 30 GENNAIO 2022 NEL QUATTROCENTESCO PALAZZO STROZZI A FIRENZE.

DA NON PERDERE 1 Al Gropius Bau di Berlino, dal 26/11/2021 al 13/3/2022 , la mostra fotografica di Zanele Muholi. 2 Il Museo di Santa Giulia, Brescia, ospita la mostra La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, fino al 13/2/2022. 3 Fino al 27 febbraio 2022 a Palazzo Reale di Milano, Realismo magico riunisce oltre 80 capolavori dipinti di Giorgio De Chirico, Felice Casorati, Carlo Carrà, Achille Funi, Arturo Martini, Gino Severini e Antonio Donghi.

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LA LISTA Vernissage

APRE IN VIA DELLA SPIGA a Milano il nuovo flagship store del brand americano Ralph Lauren. Qui sarà possibile trovare tutta la loro collezione e immergersi nell’atmosfera disegnata dallo stilista. Questo, infatti, non sarà solo un negozio, ma il “World of Ralph Lauren” con incluso bistrot e bar. Per vivere una vera esperienza. ralphlauren.it

VIAGGIO NEL TEMPO Una vettura Art Déco in cui si mescola una sofisticata estetica Art Nouveau. Questa l’elegante interpretazione del regista Wes Anderson che ha firmato la carrozza Cygnus del leggendario British Pullman. Fiore all’occhiello di Belmond Train, è un dichiarato omaggio agli anni d’oro del cinema e dei viaggi. In partenza da London Victoria per un autentico tuffo nel passato. belmond.com

CAMERA CON VISTA QUELLO CHE UN TEMPO ERA UN ANTICO RIFUGIO DI PELLEGRINI ORA È UN HOTEL DI CHARME CON 66 CAMERE E SUITE. SI CHIAMA CA’ DI DIO E SORGE A VENEZIA, LUNGO LA SCENOGRAFICA RIVA DEGLI SCHIAVONI. PERLA DELLA COLLEZIONE VRETREATS, SFOGGIA INTERNI CURATI CON MAESTRIA DA PATRICIA URQUIOLA. SENSAZIONALI GLI CHANDELIER IN VETRO DI MURANO CHE ILLUMINANO LA LOBBY, IN ORIGINE CHIESA DEL MAESTOSO EDIFICIO, OPERA DI JACOPO SANSOVINO. VRETREATS.COM

SUITE DREAMS Accoglienza sartoriale tra opere d’arte, oggetti d’antiquariato e un raffinato interior design. A Desenzano del Garda ha aperto da poco le sue porte Antica Dimora, cinque suite (nella foto, La Principessa) dove sentirsi come a casa e in cui concedersi una fuga romantica sul lago. Imperdibile l’afternoon tea proposto ogni fine settimana con le gourmandise del pastry chef Andrea Tortora. anticadimoradesenzano.com

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LA LISTA Ristoranti

CICCIO SULTANO A ROMA INDOCINA Aveva chiuso e ora riapre uno dei pochi ristoranti vietnamiti di Milano. Saigon dell’imprenditore Luca Guelfi. Oggetti originali importati dai luoghi più disparati del mondo, e un’atmosfera che si ispira al periodo coloniale francese del ‘900: pavimento in legno Versailles, boiserie in paglia di Vienna, sedie e sgabelli in velluto rosso a nido d’ape, illuminazioni anni ‘30 dei maestri vetrai e dipinti alle pareti di importanti pittori vietnamiti dell’epoca. Kenzie e banani ricreano inoltre un’ambientazione tropicale che ricorda una giungla vietnamita. lucaguelficompany.com

NUOVA CUCINA VENETA INCÀLMO, IN DIALETTO VENETO SIGNIFICA INNESTO, COME LE NUOVE IDEE CHE SI INTERSECANO CON LE RADICI DELLA TRADIZIONE. FRA PADOVA E VICENZA STA GERMOGLIANDO UN NUOVO LOCALE FINE DINING ALL’INTERNO DELL’HOTEL BEATRICE, STRUTTURA SIMBOLO DELLA COMUNITÀ ATESTINA, RECENTEMENTE RINNOVATO VALORIZZANDO L’ORIGINARIO STILE VINTAGE DEGLI ANNI ‘60. L’IDEA NASCE DALLA VOGLIA DI MICHELE CARRETTA, DI FAR RIVIVERE LO STORICO ALBERGO DI FAMIGLIA, E A STUDIARNE GLI INTERNI L’ARCHITETTO ALESSANDRA SALARIS DELL’OMONIMO STUDIO SALARIS, CHE HA ELEVATO IL GUSTO DELL’EPOCA A UNO STILE ATTUALE, PRESERVANDONE LA MEMORIA ATTRAVERSO FORME, COLORI E MATERIALI. INCALMORISTORANTE.COM

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Lo chef due stelle Michelin di Ragusa, interprete della cucina siciliana contemporanea, firma l’offerta ristorativa del nuovo hotel W Rome. Il ristorante Giano, dal nome del dio romano che guarda al passato e al futuro allo stesso tempo, porta in tavola la tradizione italiana più familiare con piatti da condividere (e il signature dello chef, gli Spaghetti Taratata con bottarga di tonno rosso, salsa di limone e carpaccio di cernia). Oltre al ristorante, Zucchero X Fabrizio Fiorani, dove il pastry chef porterà la sua Pasticceria Italiana Contemporanea; il Giardino Clandestino dove si potranno assaggiare panelle e street food siciliano, e Otto Rooftop Bar per un cocktail con vista. w-rome.com

PIOGGIA DI STELLE Il 23 novembre viene presentata al pubblico l’edizione 2022 della Guida Michelin dedicata ai ristoranti. Migliaia di indirizzi, stellati e non, che includono anche le tavole dall’ottimo rapporto qualità/ prezzo – dai ristoranti che valgono il viaggio alle migliori trattorie di zona. Quest’anno (e per i prossimi due), il teatro della presentazione della 67^ edizione italiana sarà la Franciacorta, che ospiterà l’atteso evento, trasmesso in live streaming. Chi saranno i nuovi chef stellati d’Italia? guide.michelin.com




LA LISTA Libri

LOGO BEGINNINGS ROLEX, BMW E LOUIS VUITTON UTILIZZANO ANCORA LOGHI PROGETTATI OLTRE 100 ANNI FA. IL VOLUME SCAVA NELLE ORIGINI DEI MARCHI MODERNI RACCOGLIENDO PIÙ DI 6.000 LOGHI DALLA METÀ DEL XIX SECOLO AL 1940. TASCHEN, € 60

DIG IT! IL LIBRO CHE ESPLORA APPROCCI ALL’ARCHITETTURA INNOVATIVI, SOSTENIBILI E TECNICAMENTE SORPRENDENTI, SCAVANDO A FONDO NELLE ORIGINI DELL’EDILIZIA E NEL RAPPORTO CON LA NATURA. DIG IT! BUILDING BOUND TO THE GROUND, PP. 1390, TASCHEN € 100

DI 1.200 IMMAGINI PATINATE PER RACCONTARE L’ATELIER VERSACE: DAL 1978 E DALL’ESTRO CREATIVO DI GIANNI FINO ALLE COLLEZIONI FIRMATE DA DONATELLA VERSACE SFILATE: TUTTE LE COLLEZIONI, TASCHEN PP. 632, € 49,90

PER CAPIRE

PER SOGNARE

Emanuele Coccia non è un designer né un architetto, è un filosofo e indaga la casa come evento morale. Prima che un artefatto architettonico, è un artefatto psichico, che ci fa vivere meglio di quanto la natura consentirebbe. È lo sforzo di adeguare noi stessi a ciò che ci circonda e viceversa, una forma di addomesticamento reciproco tra cose e persone. Un argomento ancestrale e modernissimo, che ci riguarda tutti.

Wild Design rivela le meraviglie del mondo naturale come mai viste prima. Un’affascinante esplorazione di strutture e forme presenti in natura, raccontate attraverso saggi e magistrali illustrazioni vintage. Un libro da sfogliare e con cui scoprire che cosa si cela sotto terra, fra i rami degli alberi, al riparo delle foreste. Wild Design ci ricorda che intorno a noi si verificano fenomeni straordinari: dobbiamo solo sapere come trovarli.

EINAUDI PP. 144 € 15

PRINCETON ARCHITECTURAL PRESS € 25

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LA LISTA Design GRAFICO E ASTRATTO CON LINEE GEOMETRICHE TOTAL BLACK TAPPETO UNLIMITED DI BRUNO TARSIA UN NASTRO CHE SI AVVOLGE SU SE STESSO, APPARENTEMENTE RIVOLTO VERSO L’INTERNO, MA IN REALTÀ È IN PIENA ESPANSIONE. DI ILLULIAN

Ottica fashion

Due iconici brand, Dedar e Persol firmano un’edizione limitata che reinterpreta i PO0649 in veste tutta nuova con classe.

STILE SENZA TEMPO Compatta e iconica, la poltrona Lilas ideata dal team designers Dainelli Studio per Gallotti & Radice, girevole o no, è perfetta per il living e la camera da letto.

Alto profilo

Un cilindro in vetro con la base che ricorda quasi un iceberg che sporge sopra la superficie dell’acqua, è il vaso Glacies di AYTM.

Vivere senza confini

Tra dentro e fuori: fanno parte

disegnate da Kensaku Oshiro.

Fermacarte della nuova linea cartoleria di Gucci, € 195.

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In fuga

Prospettive, tridimensionalità e illusioni ottiche, il nuovo tappeto Illusio.Sette di Platinum Custom Rugs rompe lo spazio ordinario e le sue regole.

X FACTOR Firmato dal duo italo-danese GamFratesi per Minotti, Lido si presenta come un nido confortevole a cestino, con una seduta a pianta rotonda e gambe incrociate.

Scultura per libri

Geometrie e giochi cromatici caratterizzano l’iconica libreria bifacciale Mackintosh di Gianfranco Ferrè Home.

in marmo statuario e plexiglas disegnate da Franco Gemignani e Natascia Bascherini per Sa.ge.van Marmi.

IL GLAMOUR ANNI SESSANTA E LA NUOVA CONVIVIALITÀ ALLURE O’ DI MONICA ARMANI, IL NUOVO TAVOLO DALLE FORME GEOMETRICHE FIRMATO DA B&B ITALIA HA VOLUMI PRECISI, ARMONIOSI, LEGGERI, CAPACI DI IMPRIMERSI NELLA MEMORIA. .

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DALLA COPERTINA

GIACOMO BALLA BY SIAE 2021

Una storia molto CONTEMPORANEA

Appartengono al passato, ma hanno disegnato il futuro: le intuizioni di Giacomo Balla mettono la casa al centro del nostro essere umano

testo Domitilla Dardi

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foto M3Studio


IL CAMMINO DELL’ARTE

GIACOMO BALLA BY SIAE 2021

In questa pagina il corridoio di Casa Balla in via Oslavia e a sinistra, la creatività in mostra, nel soggiorno della casa dell’artista.

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DALLA COPERTINA

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i può immaginare un futuro “luminosissimo” e “coloratissimo” in un mondo grigio? A guardare la casa che il grande maestro del Futurismo Giacomo Balla progetta per sua moglie e le loro due figlie a Roma, la risposta è decisamente positiva. Gli aggettivi di cui sopra sono proprio quelli che l’artista utilizza nel 1915 per il “Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo”, scritto insieme a Fortunato Depero, e descrivono perfettamente la sua personale casa-universo: un luogo di pura invenzione, un’esplosione di colori e forme che travolge letteralmente un banale appartamento impiegatizio nel quartiere Della Vittoria nella capitale.

RITRATTO DI FAMIGLIA

Qui, dettaglio dello Studiolo rosso; sotto, l’artista e le sue ÀJOLH D 5RPD nel 1932.

GIACOMO BALLA BY SIAE 2021

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Ma perché questa casa è ancora contemporanea,

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tanto da aiutarci a ridisegnare oggi la nostra idea di abitare? Innanzitutto perché Balla la concepisce come un’opera d’arte totale, dove vita e arte si fondono in un tutt’uno e i colori sembrano sconfinare dai quadri alle cornici, per poi invadere le pareti, ma anche gli oggetti, gli arredi e persino le tubature e i vestiti. Già, perché Giacomo e le figlie Luce ed Elica (nomi improntati al dinamismo futurista!) disegnano tutto quello che serve loro per vivere, compresi quegli abiti che li trasformano in vere opere semoventi, portatori sani di vivacità cromatica nelle strade di quel quartiere nato per la piccola borghesia ministeriale. Ma facciamo un passo indietro. I Balla inizialmente abitano in un appartamento ai Parioli con finestre che guardano Villa Borghese: una casa amatissima, che influirà molto sulle scelte pittoriche di tutti e tre gli artisti, dal momento che anche le Signorine seguiranno le orme paterne, restando nubili vestali del sacro fuoco dell’arte per tutta la vita. Alla fine degli anni Venti, però, subiscono uno sfratto e cambiano drasticamente visuale, in tutti i sensi. La luce dorata della villa romana viene lasciata, alla volta di un paesaggio di cemento. Unica consolazione è la terrazza angolare dell’appartamento che ha un andamento a “L”. Quello spazio esterno diventa il luogo dove eseguire molti lavori di falegnameria e ospiterà vasi pieni di piante fiorite in tutte le stagioni. Dentro Casa Balla vengono superati tutti i luoghi comuni e i condizionamenti della casa borghese. I corridoi, ad esempio, da luoghi di servizio divengono il cuore pulsante della nuova concezione ed è qui che la decorazione astratta si espande fino a rivestire qualunque superficie, sia strutturale, sia accessoria. Il contrasto con la scacchiera delle graniglie originali del pavimento rende poi il tutto ancora più potente. Nessuno in quegli anni avrebbe immaginato di far dialogare pattern e colori così disomogenei, dimostrando che l’armonia nel progetto di interni non nasce dall’uniformazione, ma dall’equilibrio anche tra gli opposti. Il picco più alto di questa visione viene raggiunto nel cosiddetto Studiolo Rosso, un ambiente ricavato in un corridoio cieco, altrimenti inutilizzabile, che porta a via Oslavia alcuni pezzi già pensati per la prima casa, con cromie che si fanno ancora più decise: gialli e verdi che si stagliano sulla base carminio. A proposito di aperture e sconfinamenti, il soggiorno mette insieme il luogo di ritrovo della famiglia e Á



GIACOMO BALLA BY SIAE 2021

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DALLA COPERTINA

CONDIVISIONE

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A casa Balla gli ospiti vengono accolti dentro un laboratorio d’artista, antesignano del moderno home working.

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l’atelier (altro che home-working!) è l’unico spazio di una certa grandezza della casa e per i Balla accogliere ospiti e amici sui divani (semplici, ma estremamente funzionali, elementi scatolari in legno con cuscini e tappezzerie sempre su loro disegno) accanto ai cavalletti significa condividere la propria visione della vita e del mondo. Chi entrava in quella casa, infatti, riporta che l’odore prevalente era quello dell’atelier d’artista: un pungente aroma di trementina. Gli arredi sono poi tutta un’invenzione, perché il loro processo di costruzione è basato sulla massima semplificazione. Letti, sedie, tavolini venivano disegnati in scala 1:1 sulla carta, come fossero cartamodelli per i vestiti, e poi trasferiti su lastre di legno e tagliati. Il segreto è così tutto nella congiunzione tra le parti, fatta tramite incastri e con il minimo uso di viti e bulloni. Spesso le assi di legno sagomate erano poi trasportate dalla falegnameria a casa e qui montate, passando così dall’imballo piatto bidimensionale al volume del mobile tridimensionale. E se questo vi ricorda qualcosa di molto familiare e contemporaneo, ebbene sì: nel buon design, come in fisica, nulla si crea e nulla si distrugge, soprattutto quando alla base c’è una geniale idea di semplificazione.

Questo ci porta a un altro elemento di straordinaria contemporaneità, ovvero il concetto che il vero lusso non risiede nel costo delle materie prime o nei virtuosismi delle finiture, bensì nell’intelligenza delle idee. Infatti, le soluzioni trovate dai Balla sono ricchissime di ingegno, quasi a compensare la povertà dei materiali, spesso legni di seconda mano trasformati da disegni a dir poco audaci. Per comprenderne il portato rivoluzionario, basti pensare che, quando Giacomo, Luce ed Elica realizzano questa loro casa-manifesto, in Europa le avanguardie predicano il più ascetico geometrismo e la corrente razionalista si imporrà con linee austere, bianche e grigie, accettando al massimo i colori primari. Casa Balla è il contrario di quel rigore: qui la deroga è la regola, l’adattabilità segue il ritmo di crescita Á



DALLA COPERTINA

Sopra, la camera di Elica e sotto, dettaglio della stanza di Luce, OH GXH ÀJOLH di Balla.In alto a destra, l’artista FRQ OD ÀJOLD /XFH nel 1931.

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SPAZIO PRIVATO

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delle persone, la trasformazione e anche l’imperfezione della vita stessa. Capita allora che un mobile sia il riadattamento di una scenografia teatrale fatta con i fiori futuristi a incastro, che poi diviene appendiabiti e poi ancora cassapanca nella cucina per stoviglie e tovaglie. Come accade anche ai famosi mobili della camera verde, quella da pranzo della prima casa, che poi saranno i protagonisti della stanza di Elica, tutta dominata dai toni dell’arancio, giallo e verde, comprese le piccole cornici fiorate che lei stessa disegnerà ovunque, facendo convivere il gioco geometrico-futurista del padre col suo gusto per il figurativo, che sconfina anche nelle nuvole, soggetti preferiti dei suoi quadri.

Nella stanza di Luce, invece, la dominante è quella dei

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toni pastello (giallo, verde salvia), che prendono vigore grazie ai motivi che congiungono soffitto, lampadario, letto e piccoli mobili. È in questa tipologia che spesso la sintesi tra le arti e anche quella tra i Balla trova massima rappresentazione; come nel “Mobiletto per il fumo”, una serie di piani “destrutturati” - diremmo oggi - per appoggiare i sigari il cui fumo è evocato nel ricamo su rete finissima, realizzato dalle sapienti mani di Luce. Molti sostengono che se Balla fosse vissuto a Parigi, a più stretto contatto col mondo dell’arte internazionale, non avrebbe avuto rivali. Personalmente amo pensare che il suo aver vissuto così tanto in questo piccolo universo – limitato ma immenso, povero e prezioso al tempo stesso - ci abbia consegnato un tesoro unico al mondo che sta a noi oggi scoprire e capire. Perché il suo futuro di allora, spesso troppo avanzato per l’epoca, è diventato il nostro presente e la sua casa è il messaggio in bottiglia che ci ha lanciato. @

PER LA PRIMA VOLTA quest’anno la straordinaria casa futurista a Roma nella quale Giacomo Balla visse e lavorò dal 1929 sino alla morte è stata aperta al pubblico. Il progetto è prodotto e realizzato dal MAXXI in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio, con il supporto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

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MAISON INCONTRA

SILVIA VENTURINI FENDI, DIRETTORE CREATIVO DELLA COLLEZIONE FENDI CASA E DIRETTORE ARTISTICO ACCESSORI E LINEA UOMO DI FENDI.

LA NUOVA CASA FIRMATA FENDI Colori più accesi, tessuti preziosi, un design che è al tempo stesso sofisticato e rilassante: ecco la nuova collezione Fendi Casa testo Arianna Galati foto Mattia Aquila


N SOPRA, LE SORELLE FENDI RITRATTE NEGLI ANNI 40: ANNA, FRANCA, CARLA, ALDA E PAOLA. SOTTO, PALAZZO FENDI IN LARGO GOLDONI ANGOLO VIA CONDOTTI.

oi siamo stati pionieri nell’affrontare oltre alla moda, il design - esordisce cosi Silvia Venturini Fendi, seduta sul bordo del nuovo divano Fendi Five, non solo il suo preferito, ma anche quello che è stato scelto per comunicare il dettaglio artigianale che caratterizza ogni prodotto Fendi casa, riportando la mente all’arte della selleria e il tempo indietro al 1925, quando tutto è cominciato. «Per la mia famiglia, è stata un’esigenza» spiega, e la memoria torna a quando sua madre, insieme alle sue quattro sorelle, ha preso le redini dell’azienda. La linea casa nasce nel 1987 da un’esigenza quasi personale. «Chiesi come mai avessero fatto questa scelta, in quegli anni nessuno aveva una linea per la casa, e mamma disse: non essendo mai a casa abbiamo pensato di portare la casa, al lavoro». Evidentemente volevano colmare una sorta di vuoto, ma per Carla Fendi, figlia di Adele e madre di Silvia, fu anche e soprattutto un’intuizione geniale agli albori degli anni ‘90, quando la moda italiana era al massimo dello splendore e la collezione casa iniziò a prendere vita un pezzo alla volta, letteralmente, accanto alle pellicce, alle borse, agli abiti. Poco più di trent’anni dopo tocca a Silvia rivitalizzare con la sua cifra stilistica personale l’idea iniziale, e con una virata che alcuni potrebbero definire audace, altri geniale. Ha deciso di intraprendere una nuova strada che, c’è da scommetterlo, potrebbe riservarle lo stesso successo che ha avuto nell’affibbiare, letteralmente, il nome baguette a una borsa, creando un’icona destinata a durare oltre la moda. La nuova collezione Fendi Casa parla da sola: la stilista ha ripreso personalmente la direzione artistica ereditata dalle pioniere di famiglia, tra palette colore, linee tondeggianti e strabilianti tessuti. Le collaborazioni con i designer hanno dato nuovo slancio ai sontuosi topoi della maison, tra l’omaggio al primato decisivo di casa Fendi e il concetto intimo e tutto italiano del “sentirsi a casa”.

Questo cambio è più un’evoluzione che un cambiamento, la scelta dei nuovi partner dimostra la maturità del progetto. «In questi anni abbiamo fatto un grande percorso anche con l’impegno verso il design» spiega Venturini Fendi, «i progetti fatti a puro scopo di mecenatismo durante il forum Design Miami, in cui abbiamo collaborato con designer emergenti sostenendoli, presentandoli, promuovendoli, non sono stati mai progetti che hanno avuto risvolto commerciale. Con questa nuova avventura, uniamo il lavoro creativo che quello più commerciale». Una Fendi Casa rinnovata, più eclettica, con dei progetti molto più all’avanguardia. «A me piace molto il senso di timeless che la casa comunica» spiega «le case che seguono la moda, in genere, non sono quelle che trovo più personali». Mentre passeggiamo all’interno delle grandi sale Á


MAISON INCONTRA

L’INSTALLAZIONE THE CRAFTING MOOD. IN PRIMO PIANO, IL COFFEE TABLE ASTUCCIO CANES IN BAMBÙ DI CHIARA ANDREATTI. SULLO SFONDO, IL DIVANO MODULARE SANDIA DI TOAN NGUYEN, NELLA VERSIONE IN VELLUTO IN UNA CALDA TONALITÀ CANNELLA, DECORATO CON CUSCINI REALIZZATI IN DIVERSI MATERIALI.

TUTTI GLI ELEMENTI DI ILLUMINAZIONE BY FLOS.

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MAISON INCONTRA

L’INSTALLAZIONE THE VIBRANT SOUL, CON IL DIVANO E LE POLTRONE GRAND PLIÉ DI THIERRY LEMAIRE IN PREZIOSA CHENILLE E BOUCLÉ.

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MAISON INCONTRA

LA CREDENZA VITTORIA DI CRISTINA CELESTINO E LE SEDUTE PARSIFAL DI THIERRY LEMAIRE.

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UN DETTAGLIO DELLE POLTRONE FENDI FUN DI ATELIER OI, DOVE L’IMBOTTITURA FA CAPOLINO DA DIETRO IL RIVESTIMENTO NELLA VERSIONE IN VELLUTO DI COTONE CON INTERNO IN NAPPA PER UN EFFETTO PEEKABOO.

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MAISON INCONTRA

SOPRA, DETTAGLIO DEL LETTO DELLO STUDIO MARCEL WANDERS, DALLA TESTIERA DI OLTRE 3 METRI DI LARGHEZZA CHE RIVELA UNO SQUISITO PATCHWORK DI MATERIALI DIVERSI. SOTTO, L’INSTALLAZIONE THE FENDI COUCH. IN PRIMO PIANO LA RIEDIZIONE DEL TAVOLO FORD, QUI PRESENTATO CON UN INEDITO PIANO IN LEGNO, ABBINATO ALLE SEDIE DOYLE IN LEGNO E PELLE. A COMPLETARE L’AMBIENTE, UN TAPPETO ARRICCHITO CON LE ICONICHE STRISCE PEQUIN E RIFINITO IN GIALLO FENDI.

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al piano terra Palazzo della Civiltà Italiana, dal 2015 sede ufficiale di Fendi e per tutti affettuosamente “il Colosseo Quadrato”, la luce entra inondando i tappeti soffici e i divani colorati. La collezione occupa intere stanze che si snodano una dopo l’altra, come succede nelle case nobili delle grandi città d’arte italiane. Salotti, pranzi, studi, altri salotti, e poi camere da letto, zone pensate per lavorare nell’intimità della casa, finestre e vetrate a tutta altezza che offrono allo sguardo la grande bellezza. Dentro e fuori. A differenza di prima, questa collezione sembra essere magnetica: colori accesi, pennellate giocose, eleganza senza tempo e una cura praticamente maniacale del dettaglio. Il tutto, senza eccessi, come sarebbe piaciuto certamente a Franca. Parliamo di bellezza e di praticità. «Penso che faccia parte della mia filosofia” spiega Silvia Venturini Fendi: «quando si disegnano e si progettano accessori si dà grande importanza ed enfasi alla funzionalità, alla praticità. Gli oggetti rispondono ad esigenze reali. Credo che la casa parli moltissimo di noi, è un vero e proprio linguaggio. Mi fanno orrore le case che non hanno errori all’interno: trovo sia bellissimo vedere cose che non c’entrano niente ma fanno venire fuori una storia».

Ognuno ha una stanza del cuore, nella quale ama pensare, trascorrere il tempo per riconnettersi con se stesso. «La mia casa è quella di famiglia dove viveva mia nonna Adele, la fondatrice del marchio Fendi. Però io ho fatto un atto di grande ribellione perché l’ho ridecorata secondo il mio gusto, ho violato un po’ un santuario in realtà». Questa frase è la prima che lascia intravedere il suo lato privato. «Oggi è diventata molto essenziale, parla molto di me soprattutto nei materiali. Su un piano della casa ho la mia camera da letto, la stanza che parla più di me, quella dove trascorro più tempo. È il mio pensatoio. Il mio tavolo, la mia scrivania… Sono totalmente autonoma, potrei murarmi lì per settimane e sopravvivere. Non hai orari se sei creativo, l’idea può venirti la notte quindi devi avere tutti gli strumenti per fare una ricerca, prendere appunti, passare la notte al computer… Poi forse la cucina, dove si mangia anche, che rappresenta questo senso di famiglia». Fendi e Famiglia sono due parole unite da una stessa lettera, e questa è una famiglia che dà all’Italia un esempio di coesione affettiva quanto professionale. «La nostra è una storia di donne che sono state capaci di trovare il loro spazio all’interno di un mondo dominato dagli uomini. Questo si fa con una grande forza di volontà e sacrifici. Ogni scelta comporta scelte sentimentali. Ho lavorato con mia mamma, oggi con mia figlia (Delfina Delettrez Fendi, da inizio 2021 direttore artistico dei gioielli Fendi, ndr.), E lasciare il lavoro fuori dalla porta di casa diventa più difficile. Ma ha anche il suo bello, perché hai una spinta per arrivare ad un punto comune: impari la mediazione, impari a cedere, ti metti in discussione con molta sincerità». @




A PRANZO CON

LA CASA È UN GUSCIO

Patricia Urquiola, star del design e dell’architettura, racconta il suo senso per la casa come zona di puro conforto testo Csaba dalla Zorza 69 MC MAISON


A PRANZO CON

Il primo è quello che indossiamo ogni giorno, quando ci vestiamo» – esordisce cosi Patricia Urquiola, la star pluripremiata dell’architettura e del design, che trasforma lo spazio conferendogli una funzione tangibile con la leggerezza della progettazione ben studiata e la bellezza del design. Mentre lo dice, seduta davanti a me al ristorante del Grand Hotel Villa Serbelloni, a Bellagio, rigira tra le mani il riccio di una castagna e ne estrae due frutti per poi rimetterli delicatamente all’interno, nel loro spazio naturale. «Abbiamo bisogno di comodità, nell’abbigliamento come all’interno dello spazio domestico, di bellezza, ma anche di funzionalità», mi spiega. «Una felpa grande, scarpe con le quali camminare tutto il giorno, un divano dove sdraiarsi per guardare la tv. Mi piace connettere le persone con gli spazi e dare loro flessibilità.» Non c’è nulla di didattico nel suo modo di parlare, eppure tutto appare immediatamente chiaro. Mi guarda negli occhi, sorride, e ha lo sguardo della donna che mi aspettavo di trovare, mentre parla di design degli ambienti destinati al retail e intanto mi racconta di sua figlia Sofia, che ha 16 anni e sta scegliendo la sua strada, senza sembrare troppo interessata a ricalcare le orme della madre. Una donna, Patricia Urquiola, che come tante si divide tra la famiglia e la carriera, in un delicato equilibrismo fatto di molto lavoro e poco sonno, che l’ha portata a diventare un’icona del design. Nella sua carriera ha ricevuto molti premi e riconoscimenti, come il Wallpaper Design Award, l’Elle Decor International Design Award e il Chicago Athenaeum Good Design Award e dise-

SOTTO, L’INTERNO DELLA NUOVA BOUTIQUE TESSABIT DI BELLAGIO, DISEGNATA DA PATRICIA URQUIOLA. A DESTRA LO SHOWROOM DI BUDRI A MILANO, PER IL QUALE PATRICIA HA REALIZZATO GLI INTERIOR NEL 2019, CHE ORA ESPONE I NUOVI TAVOLI ARCHITEXTURE. SOTTO, LA CREDENZA REALIZZATA PER EDITIONS MILANO CON FEDERICO PEPE.

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gnato prodotti iconici come la sedia Fjord, esposta al MoMA di New York. Ma le sue opere si trovano anche presso il Musée des Arts Decoratifs a Parigi, il Vitra Design Museum di Basilea, lo Stedelijk ad Amsterdam e il Victoria & Albert Museum a Londra. Una collezione di successi che le darebbe il diritto di guardare il mondo dall’alto al basso, ma lei non lo fa e il suo profilo di sostanza, più che di apparenza, la rende più contemporanea e interessante che mai. La incontro a Bellagio, insieme al team di Tessabit, il giorno dell’inaugurazione della nuova boutique sul Lungo Lario Manzoni. Ha appena firmato una capsule collection per il brand di street-wear Off-White™ e l’ultima creazione è una borsa con una texture innovativa, creata con una stampa ad alta frequenza, che richiama l’effetto 3D delle pareti della boutique, in vetroresina riciclata proveniente dalle barche del lago, disponibile in edizione limitata in soli 30 pezzi, in vendita esclusivamente negli store e e-commerce di Tessabit. Con la leggerezza dello sguardo che sa discernere, osserva le persone che prendono un aperitivo al Bar Sanremo, sul lungo lago, e racconta di come ha progettato un negozio che possa competere con la vita fuori dalla vetrina, offrendo ai propri clienti uno spazio dove entrare per vivere, non per comperare. L’acquisto? Viene dopo, è quasi una conclusione logica. Le poltrone e i divani accolgono chi entra in uno spazio luminoso, rarefatto, protettivo. Tappeti morbidi delimitano le zone di conversazione, e i tavolini rotondi di Cassina, disegnati dalla stessa Urquiola (che dell’azienda è direttore creativo dal 2015) servono per appoggiare un caffè o un bicchiere di prosecco.

Ci sediamo a tavola una davanti all’altra e vorrei chiederle qual è la parte del suo lavoro che più le piace, ma lei è già su un altro livello e la mia domanda deve aspettare. Ci portano un bicchiere con una crema di zucca sormontata da un uovo cotto a bassa temperatura e mentre il bianco e l’arancione si mescolano sul cucchiaio, lei lo solleva e ne estrae un ricordo per associazione. La conversazione si sposta con uno scarto laterale Á

FOTO BOUTIQUE GIULIA BENEDETTA COSTA. FOTO SHOROOM LUCA CASONATO

«LA CASA È IL NOSTRO SECONDO GUSCIO.


FOTO VALENTINA SOMMARIVA

TAVOLO SENGU E POLTRONCINA DUDET DISEGNATE DA PATRICIA URQUIOLA PER CASSINA. SENGU TABLE È UN ARREDO QUASI MONUMENTALE, CHE CELEBRA LA CONVIVIALITÀ PONENDO L’ACCENTO SULL’UNIONE DI MATERIALI DIVERSI.

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improvviso, dal lago di Como arriviamo in Spagna, patria natale di Patricia Urquiola. «Lo sai, io ho una visione di insieme del progetto, ma per alcuni, è inutile.» Sorride di nuovo e lo fa in quel modo che lascia trapelare la genialità della persona, quando la magia del mondo interno affiora e inizia a tradursi in qualcosa di tangibile, che non ha ancora preso la sua forma. Continua a raccontare: «sette, forse otto anni fa, in Spagna, stavo lavorando per il regista Pedro Almodovar, che mi chiede un divano su misura per il suo soggiorno. Lui lo vuole rosso, ma io lo sconsiglio: sta male con la tenda a righe del soggiorno, troppo imponente» mi dice. La risposta del regista è disarmante: «Non guardare la tenda, è di lato, stringi il campo e concentrati sulla parete.» Almodovar guarda le sue stanze come se avesse la telecamera in mano anche quando è a casa propria: campo e controcampo, dettaglio macro, senza concedersi distrazioni, né percepire lo spazio “banalmente come un insieme”. Difficile per chi progetta interni che nascono da un pensiero centrale, ma non per Patricia Urquiola, abituata a creare il bello con quella passione che lei stessa definisce un’ossessione. Il progetto va avanti e la casa prende forma. Patricia porta sempre il bello a vincere sul brutto: è la sua cifra stilistica. Approfitto dello spazio di tempo tra la crema di zucca e il risotto con il lavarello per chiedere quello che tutti i giovani designer vogliono sapere: “come si diventa Patricia Urquiola?” «Io sono ossessionata» risponde lei. «Se non sei ossessionato dal tuo lavoro, il risultato sarà mediocre. Se invece persegui l’eccellenza con ossessione, allora probabilmente sarà abbastanza buono.» Lo dice come se fosse quzlcosa alla portata di tutti, lei che ha fatto della bellezza del design e della praticità degli oggetti una bandiera con la quale ha colonizzato terre diverse e lontane. Complicato, per Patricia è sinonimo di interessante: qualcosa con la quale misurare la propria capacità di uscire dagli schemi e guardare oltre.

Nuovi progetti? Moltissimi. A questo punto il viaggio del racconto si trasferisce a Capodimonte, Napoli. «Lo sai che lì (nella Real Fabbrica di Capodimonte, nda) dove fanno quelle

splendide porcellane, hanno un bosco incredibile nel quale ho mandato i miei ragazzi a passeggiare per trovare la giusta ispirazione» perché i progetti devono partire sempre dal luogo e respirare l’aria della terra in cui nascono. «Hanno talento e fanno oggetti bellissimi, ma hanno bisogno di idee, e di fondi» mi spiega Patricia. Per questo ha creato un nuovo progetto – straordinariamente geniale, ma avrei potuto scommetterci – per mettere all’asta pezzi unici creati sotto la sua guida dagli artigiani esperti che qui lavorano la porcellana dal 1743, in un incontro tra natura, design e arte. Il ricavato servirà per restaurare il giardino didattico interno della scuola. «È davvero inadeguato rispetto a tutto il resto» spiega. E sorride, sempre, perché l’unico vezzo che si concede giustamente è il poter dire con garbo quello che pensa, sempre. Patricia Urquiola è cresciuta a contatto con i più grandi nomi della storia moderna del design. Si è laureata a Milano nel 1989 con Achille Castiglioni, per il quale è stata assistente docente universitario; ha collaborato poi con Vico Magistretti nei suoi anni migliori, è diventata poi responsabile design per Lissoni Associati e nel 2001 ha aperto il proprio studio a Milano. Di Achille Castiglioni conserva l’impronta, soprattutto quando parla del riuso degli oggetti e della ricerca della loro funzionalità. Dietro l’architetto, la progettista e la consulente globetrotter, c’è una donna che afferma di dare spazio al nuovo passando gli oggetti che l’hanno accompagnata ad altri. Alle figlie, alle amiche. «Mia madre era così»– sorride ancora – «questa è stata la mia educazione. Riutilizzare, passare ad altri, non accumulare. Credo nell’economia circolare». Prende di nuovo in mano il riccio della castagna: «Non so stare ferma, devo sempre fare, eppure adesso, dopo questo periodo, sento di voler essere un po’ meno globe-trotter.»

Il futuro? È domestico. «Abbiamo sempre più voglia di passare tempo di qualità a casa» è uno spazio che abbiamo rivalutato quando siamo stati costretti a viverlo senza discontinuità, intensamente, forzatamente. «Devi leggere Emanuele Coccia – la Filosofia della casa, e anche Metamorfosi» mi dice. E siamo arrivate al caffè. Ci salutiamo così, con l’idea di rivederci a cena, in un futuro che non ha una scadenza, dopo aver scoperto di abitare nello stesso quartiere. @ IN ALTO, LA POLTRONCINA DUDET È UNA PICCOLA ARCHITETTURA DEFINITA DA TRE ELEMENTI IMBOTTITI: UNA SEDUTA E DUE TUBOLARI CHE DISEGNANO IN UNA LINEA CONTINUA GAMBE, BRACCIOLI E SCHIENALE. A SINISTRA, LA BORSA DELLA CAPSULE OFF-WHITE™ C/O PATRICIA URQUIOLA X TESSABIT E L’INTERNO DELLA BOUTIQUE DI BELLAGIO.

FOTO: VALENTINA SOMMARIVA (POLTRONCINA), MARCO GAZZA (BORSA), GIULIA BENEDETTA COSTA (BOUTIQUE)

A PRANZO CON










DESIGN ANNIVERSARI di PATRIZIA PICCININI

Buon compleanno NEL 2022 QUATTRO PEZZI ICONICI CELEBRANO UN COMPLEANNO IMPORTANTE, A CIFRA TONDA. MA NESSUN SEGNO DI VECCHIAIA, DOPO DECINE D’ANNI SONO ANCORA I PREFERITI DI SEMPRE

1962 ARCO

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DESIGN ANNIVERSARI

1932 BILIA

1962 ARCO

1971/72 MAH JONG

La più imitata, tanto da essere stato il primo oggetto di design a ottenere la tutela per il diritto d’autore. La lampada progettata da Achille e Piergiacomo Castiglioni per Flos nel 1962 (anno di fondazione dell’azienda) è ormai un mito. Presente in migliaia di case nonché nella collezione permanente della Triennale di Milano e del MoMA di New York, nasce non da un’idea, ma da un problema pratico da risolvere: realizzare una luce che proiettasse un fascio sul tavolo senza richiedere fori nel soffitto. Detto fatto, lo storico team trova un profilato d’acciaio curvato, già in commercio. Ma come bilanciare il peso? Semplice, una base fatta di marmo, contrappeso così pesante (60 chili) da rendere stabile la struttura. Tutto in questo progetto è razionale: «Anche gli spigoli smussati alla base hanno una funzione, cioè quella di non urtaci contro. E il foro non è una fantasia ma serve per permettere di sollevare la base con più facilità». Con il manico di una scopa, parola di Achille Castiglioni.

Pittore, scultore e designer, Hans Hopfer trasforma la voglia di ribellione di un’epoca in una comoda e informale seduta. E lo fa proprio all’inizio degli anni Settanta, quando la “regola”, ormai divenuta troppo stretta per le nuove generazioni, lascia spazio alla fantasia e a una punta di trasgressione. Il divano Mah Jong, diventato un classico della produzione Roche Bobois, ha vestito negli anni tessuti diversi. Per il cinquantesimo, disegnati da Kenzo Takada, Jean Paul Gaultier o Missoni Home.

1932 BILIA È una vera diva, la lampada di Gio Ponti per FontanaArte, nonostante i suoi novant’anni d’età, è ancora capace di ammaliare i fan. Due forme geometriche elementari in un apparente impossibile equilibrio: una sfera appoggiata su di un esile corpo a forma di cono. Una delle tante magie compositive del maestro, che solo un anno prima, nel 1931, era arrivato alla direzione artistica della storica azienda.

1972 TIZIO «Una lampada da disegno che avesse un ampio raggio di movimento»: Tizio di Artemide nasce da un’esigenza personale del designer Richard Sapper. Progettata nel 1970 e messa in produzione nel 1972, da allora illumina le scrivanie di mezzo mondo, essendo una delle lampade più vendute mai prodotte fino a oggi dall’azienda. È valsa al designer uno dei suoi dieci Compassi d’Oro per cui è entrato ad honorem nella lista dei progettisti del Made in Italy, nonostante le sue origini bavaresi, più apprezzati del secondo Novecento. Con le sue braccia snodate e il sistema di contrappesi, Tizio dirige la luce dove serve, e per adattarsi ad ogni spazio viene prodotta in tre misure, una versione da terra e Plus con testa lateralmente inclinabile. @

1972 TIZIO

1971/72 MAH JONG

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DESIGN RIEDIZIONI di PATRIZIA PICCININI

FOTO VALENTINA SOMMARIVA

POLTRONA SORIANA

Senza tempo LA STORIA SI RIPETE ALMENO DUE VOLTE, DAGLI ARCHIVI STORICI RIEMERGONO PROGETTI ICONICI, RIMESSI IN PRODUZIONE UGUALI A SE STESSI O RIATTUALIZZATI IN CHIAVE ECOSOSTENIBILE


DESIGN RIEDIZIONI

POLTRONA R63

SCRITTOIO D.847.1 Dopo oltre 70 anni dal disegno originale, la consolle D.847.1 di Gio Ponti (a sinistra) rinasce grazie al progetto di riedizioni Heritage Collection di Molteni&C. Lo scrittoio, creato nel 1947, faceva parte di una “camera da letto per uno scapolo” presentata prima alla Galleria del Sagrato, poi alla RIMA – Riunione Italiana Mostre per l’Arredamento – presso la Triennale di Milano. La collezione dedicata al grande architetto milanese, cominciata con successo nel 2012, è ancora una volta un’occasione per riscoprire tesori dimenticati. Basta guardare la modernità di questo scrittoio, così attuale con la sua linea slanciata, quasi aerea. E non a caso, visto che Ponti, proprio in quegli anni, entrò in contatto con un costruttore aereonautico.

POLTRONA R63

SCRITTOIO D.847.1

SORIANA «È un soffio di irrinunciabile rilassamento». Così, ancora oggi, Tobia Scarpa, descrive la poltrona (e il divano) Soriana disegnata nel 1969 insieme ad Afra Bianchin per Cassina (nella foto in apertura). Un imbottito dalle curve abbondanti e avvolgenti, reso possibile grazie alla tecnica di imbottitura con il poliuretano espanso, una novità all’epoca, destinata poi a rivoluzionare la manifattura. Premiata nel 1970 con il Compasso

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d’Oro come “capolavoro di complessità ottenuto con strumenti semplici”, oggi è riaggiornata proprio partendo dal materiale che la costituisce. Merito del progetto Cassina LAB per la promozione del benessere e del design sostenibile, che in accordo con l’architetto, ha dato un nuovo “cuore verde” alla storica seduta, riempiendola con microsfere di BioFoam, la prima schiuma brevettata con biopolimeri ricavati interamente da risorse naturali.

I grandi progettisti italiani del ‘900, tornano a catalogo anche da Tato. Protagonista di quest’anno la poltrona R63, (foto in alto) firmata da Ignazio Gardella, ingegnere e architetto milanese (tra le sue opere più famose la “Casa alle Zattere” a Venezia) è una seduta scultorea fortemente caratterizzata dal profilo a bèrgere dello schienale. Inizialmente progettata per la sala da pranzo dell’hotel CavalieriHilton di Roma, ha un dettaglio interessante: il rivestimento copre completamente le gambe, per un inedito, almeno per l’epoca, effetto continuo dal taglio sartoriale. Á



DESIGN RIEDIZIONI

PIGRECO Un altro progetto di Tobia Scarpa, l’indiscusso protagonista di questa strana annata del design, tornato in auge anche grazie a Tacchini. E questa volta con un progetto giovanile, la sedia Pigreco (foto sotto) ma già così maturo nei contenuti. Corso di laurea anno 1959/1960 all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, con Franco Albini in cattedra, il futuro architetto presenta una seduta dinamica che vuole partire da un triangolo come base del progetto. E per superare l’evidente problema di stabilità (le sedie hanno 4 gambe), realizza qualcosa mai fatto prima: i due sostegni posteriori, si avvicinano per diventare “gemelli” per garantire stabilità.

ARREDI ICONA, OGGETTI DEL DESIDERIO PER TUTTI GLI APPASSIONATI DEL BELLO

POLET Svuotare l’oggetto della sua funzionalità originaria e ripensarlo con una nuova funzionalità. Questa poltrona (foto a destra), progettata da Achille Castiglioni 30 anni fa, oggi, grazie a Twils, torna a insegnarci come si progetta un arredo polifunzionale, che grazie a un semplice meccanismo permette di passare dalla posizione eretta, a una intermedia e infine diventare letto. Á

SEDIA PIGRECO

POLTRONA POLET

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DESIGN RIEDIZIONI

LAMPADA BUL-BO

BUL-BO

RADIO CRISTALLO

Sono passati cinquant’anni da quando BUL-BO (foto in alto), la lampada disegnata da Roberto Gabetti, Aimaro Isola, Guido Drocco e Luciano Re, ancora oggi stupisce per il suo non conformismo, che interpreta alla perfezione lo spirito dei suoi tempi, liberi e rivoluzionari. Grazie ad Axolight torna in commercio la sua riedizione che, rispettando il progetto originale, si adegua per rientrare nelle nuove normative sul risparmio energetico legate alla funzione illuminante. Rimane inalterata la sua capacità di assumere inclinazioni variabili grazie alla sua base, a forma di bulbo realizzata in finta pelle, che riempita con granuli di marmo funge da contrappeso e da supporto allo stelo in alluminio. Allora fu un elemento di rottura con la tradizione e oggi diventa l’anello di congiunzione fra passato e futuro.

RADIO IN CRISTALLO Progettato da Franco Albini nel 1938, questo oggetto (foto a sinistra) nasce dalla trasformazione di una vecchia radio con mobile in legno che ricevette in regalo per il suo matrimonio. Stanco di essere circondato da mobili che facevano del legno una vera e propria corazza, decise di spogliarla di tutte le sovrastrutture e rimontarla tenendo solo l’essenziale: lasciò in vista solo i componenti fondamentali. Il progetto che Cassina propone oggi è il risultato di un passaggio successivo elaborato da Albini per una produzione industriale che venne presentata al concorso per mobili moderni indetto dall’azienda svizzera Wohnbedarf di Zurigo nel 1940. Anche in questo caso, nel pieno rispetto del progetto la Radio è dotata di un modernissimo altoparlante B&C, radio FM e DAB e connessione Bluetooth. Á

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DESIGN RIEDIZIONI

POLTRONA MAGGIOLINA

MAGGIOLINA A volte per rileggere le icone del passato, basta poco. Soprattutto quando il “pezzo” in questione ha un fascino senza tempo, intramontabile e sempre attuale come la poltrona Maggiolina disegnata da Marco Zanuso, (foto in alto) instancabile sperimentatore di materiali e di tecnologie applicate al design. Questa seduta con struttura in tubolare d’acciaio curvato, pur restando immutata nella forma, oggi acquista un nuovo look, grazie a Zanotta, che in conformità con il progetto originario del maestro, l’ha rivestita in tessuto. Progettata nel 1947, ha rivoluzionato all’epoca, il concetto stesso di poltrona: niente struttura imbottita realizzata con tecniche artigianali, ma un nuovo sistema costruttivo pensato eclusivamente per la produzione industriale di serie. Maggiolina ottiene subito due riconoscimenti di portata internazionale: nel ’48 la Medaglia d’oro dell’VIII Triennale di Milano e nel ’49 ottiene un posto d’onore al MoMA di New York.

Oggi con il suo nuovo abito, torna a calcare la scena da protagonista. Da vera regina del design. LAMPADA MINI COUPÉ

MINI COUPÉ Un segno grafico, essenziale e incisivo allo stesso tempo, la lampada disegnata nel 1967 da Joe Colombo, è diventata negli anni uno dei cult di Oluce (foto a sinistra). Declinata in modelli e finiture differenti, oggi si presenta con una nuova variante, in scala ridotta e con una nuova palette di colori. Nei suoi 34 cm di altezza e nelle sue nuove cromie, l’ultima nata della famiglia Coupé raccoglie con armonia la forza che ha accumunato tutti i prodotti disegnati da uno dei più grandi designer italiani, morto, nel 1971, esattamente 50 anni fa, a soli 41 anni. Con la sua calotta semicilindrica e il suo esile stelo è un fiore all’occhiello della produzione nostrana, testimonianza senza tempo di quei favolosi anni ’60. E di come la visione già all’epoca fosse, «in sintonia con il presente e orientata a un immediato futuro». Parola di designer. @

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DESIGN DEGNI DI NOTA di PATRIZIA PICCININI

EDOARDO PIERMATTEI

La forza delle idee NUOVI PROGETTI PER LA CASA DEL FUTURO, PEZZI UNICI, MATERIALI NATURALI E COPPIE CREATIVE UN MONDO AI PIEDI Da lontano appare come una mappa geografica, in realtà, questa opera, fatta di 125.000 nodi al metro quadrato, è un tappeto in lana dell’Himalaya, progettato da Edoardo Piermattei, giovane pittore originario di Offagna, Ancona, per cc-tapis. La collezione, declinata in tre varianti, ha un titolo molto evocativo, Dagallà. Il termine, dall’arabo “Dag allah”, “salvato da Dio”, è usato anche in italiano, per indicare quelle isole di vegetazione, guarda caso risparmiate dalle colate laviche (e forse anche da uno sguardo da lassù). Una citazione che mescola la cultura orientale e occidentale, simbolo di coesistenza tra passato e presente, tra prima e dopo, capace di creare una linea di tappeti, che si avvicina molto all’opera d’arte. È come camminare su una terra emersa, un passaggio di colori, che per Edoardo Piermattei è una naturale conseguenza del suo personale approccio creativo. Abituato a

lavorare dal basso verso l’alto, dedicandosi ad affreschi, murales e sculture di grandi dimensioni, qui ribalta la prospettiva. Lo sguardo si abbassa, proprio dove si cammina. Passo dopo passo.

MATERIA SENSIBILE Luce e ombra, trasparenza e opacità, scabro e ruvido. Da un gioco di contrasti nascono i nuovi tavolini Golia della collezione Transparency Matters, la capsule collection di pezzi unici realizzati a mano e firmati dal duo Draga & Aurel. Sintesi del percorso creativo della coppia e della loro passione quasi da alchimista di sperimentare con materie diverse, la nuova serie è un elogio alla contraddizione. La resina, colorata ed evanescente e il cemento volutamente si mescolano in omaggio al Neobrutalismo. Ogni pezzo realizzato dalla coppia Draga & Aurel è diverso, esclusivo perché non usa la logica della produzione in serie, ma diventa, come per l’arte un’opera unica, da collezionare. Á

DRAGA & AUREL

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DESIGN DEGNI DI NOTA

SARA RICCIARDI

GIOCO DI COPPIA

MARCO LAVIT

Visioni differenti, ma in perfetta sintonia tra loro, Elena Salmistraro e Matteo Cibic (foto in alto), hanno in comune tra loro, una staordinaria capacità di trasgredire alle regole e la volontà di creare magiche illusioni. Con ironia, fantasia e tanta allegria. Ma soprattutto amicizia e complicità. Questi sono gli ingredienti dalla loro nuova linea di arredi fatta con Scapin Collezioni, azienda veneta capace di spingere ai limiti l’artigianato per creare mobili iconici e senza tempo. I due si sono focalizzati su pezzi differenti per tipologia, ispirazione e destinazione d’uso: Elena ha lavorato sulla zona living-pranzo, mentre Matteo, ha puntato tutto sullo spazio notte. L’esito della sperimentazione? Pezzi singolari ed eccentrici tra richiami tribali e futuristiche sperimentazioni. Tutte con un pizzico di ironia che bilancia senza sforzo, l’arte e il design. Nel segno della creatività.

PESO PIUMA Un magico equilibrio, formato da un’elegante curva a forma di otto

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FANTASIA AL POTERE Esuberante e in continua evoluzione, Sara Ricciardi, la più trasgressiva dei giovani talenti italiani, usa la “grammatica della fantasia” - per citare il libro di Gianni Rodari per rivoluzionare le prospettive del progetto. Crea opere sensuali, evocative ed emozionali a metà tra il gesto teatrale e la performance, che puntano dirette al cuore. Come la sua collezione Pennelli Corporei (foto in alto a destra), un lavoro fatto di equilibri sottili e materiali fortemente evocativi come le piume di fagiano magistralmente abbinate all’ottone con finitura oro. Se l’intera produzione di Sara sfugge alle categorie è perché attraversa i luoghi in cui le forme, mai cristallizzate, si mostrano allo stato nascente e ogni linguaggio scorre nell’altro. Per un racconto fluido e continuo, frutto di una ricerca costante, che nasce dalle contaminazioni tra performance e design, danza e pittura. Come in un’opera d’arte totale. Á

FOTO IN ALTO DI THOMAS PAGANI.

ELENA SALMISTRARO E MATTEO CIBIC

rovesciato e da un design la cui cifra stilistica è la ricerca dell’essenzialità. La sedia Lemni disegnata da Marco Lavit Marco per Living Divani (foto a sinistra), è una seduta sospesa in cuoio, in equilibrio su una struttura metallica in tubolare d’acciaio, che racconta la voglia di liberarsi dai pesi superflui e librare nell’aria con la sua vitalità grafica. Ispirata dal “lemniscus”, fasci di fibre nervose che veicolano le percezioni sensoriali, è un gesto grafico fatto di curve tracciate in nero come a voler plasmare la materia. Un invito a meditare sulla geometria e sui suoi simbolici significati: il simbolo matematico dell’infinito e il cerchio iscritto nel quadrato di memoria vitruviana. Per un nuovo rinascimento di idee, che trasforma il prodotto in un’architettura a scala ridotta.



DESIGN DEGNI DI NOTA

FERRUCCIO LAVIANI E FELICE RIZZOTTI

FEDERICO PERI

MONDO ANTICO Si sentono gli echi della Grecia del Periodo geometrico di tremila anni fa in questi mobili contenitori (foto in alto a destra) disegnati da Ferruccio Laviani e Felice Rizzotti per il loro nuovo marchio Not.O. Ed è proprio in un altro luogo, sempre bagnato dal Mediterraneo, la Sicilia, e precisamente a Noto che prendono forma queste vere e proprie opere d’arte riconoscibili perché ricoperte da motivi fittissimi, in un gioco serrato e quasi matematico di linee, scacchi e fregi che ne ricoprono l’intera superficie. Questo motivo ipnotico fra colore e bianco e nero dà lo spunto a una filosofia Not Ordinary, ed ecco spiegato il progetto, la collezione di mobili e il marchio Not.O, che si avvale dei saperi delle maestranze artigianali siciliane fuse con modalità industriali. Il decoro è serigrafato su vetro e riveste sia la struttura sia le ante del mobile. Anche questa scelta nella finitura superficiale è ispirata a una antica tradizione popolare siciliana.

UNA STORIA D’AMICIZIA

RONAN ED ERWAN BOUROULLEC

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Con una nuova collezione di piastrelle e pavimenti (foto a fianco), che comprende nuove opere e classici rivisitati, si consolida il rapporto decennale tra il marchio di Ceramiche Mutina e il duo di design francese Ronan ed Erwan Bouroullec. Questo rapporto di lavoro è sfociato poi in una vera amicizia come racconta l’amministratore di Mutina Massimo Orsini: «Ci sono incontri che sembrano essere scritti nel destino: sono quelli che fanno virare la nostra

vita verso una direzione migliore e danno un senso nuovo a tutta la strada fatta in precedenza, perché tutto era giusto, se ci ha portato qui. L’incontro con Ronan è uno di questi». Per l’azienda di Fiorano Modenese poi c’è una nuova sfida rappresentata da un nuovo materiale, il legno, che si declina nella nuova collezione Pico Bois. È un parquet di vero legno che si ispira alle abitazioni della Bretagna, dove è più comune l’utilizzo del parquet a quello della ceramica, dal momento che i toni e le texture del materiale donano un’immediata sensazione di calore agli ambienti. I pannelli di Pico Bois riprendono il motivo grafico della collezione originale, con puntini declinati nei colori blu e rosso che esaltano le venature.

TUTTA D’UN PEZZO Riesce sempre ad arrivare all’essenza dell’oggetto e per farlo lavora per sottrazione e semplificazione, alla ricerca di un’estetica senza tempo che non segua per forza le mode del momento. Federico Peri, innovativo progettista è un attento interprete dell’universo arredo e ama esprimersi con prodotti di altissima qualità. Senza mai rinunciare alla funzione. E non delude mai. Neanche quando si cimenta per Baxter di una scrivania (foto in alto a sinistra), per sua natura tecnico e spesso un po’ freddo. È riuscito, anche grazie ai materiali impiegati, pelle, pietra e metallo ottonato, a ridare allo scrittoio quell’anima romantica che profuma di poesia, di un tempo in cui, scrivere si faceva a mano a lume di una lanterna. Oggi la fiaccola non c’è più, al suo posto c’è una tecnologica striscia di Led, ma la poesia resta intatta, in questa sua nuova veste contemporanea. @




SPECIALE REGALI

“Senza i regali, Natale non sarebbe Natale”. Louisa May Alcott, Piccole Donne 1868

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REGALI di Natale 1

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ACCESSORI PENSATI SOLO PER LUI 8

1. CARBON FORGED STILO DI PINEIDER 1774 È LA PRIMA PENNA STILOGRAFICA AL MONDO REALIZZATA IN “CARBONIO FORGIATO“, € 898 2. IL NUOVO APPLE WATCH SERIES 7, DA € 439 3. ORIGINALE GIOCO DELLA DAMA PORTATILE, CHANEL 4. MOCASSINO RUBY IN VELLUTO CON LISTINO IN GROS GRAIN E FIBBIA IN METALLO, MALONE SOULIERS, € 525 5. POLTRONCINA IN VELLUTO CON BRACCIOLI, COLLEZIONE SINUOSA, DESIGN MASSIMO IOSA GHINI, NATUZZI ITALIA 6. ROBIN È UNA COLLEZIONE DI TAVOLINI DISPONIBILI IN DUE MISURE ACCOSTABILI E SOVRAPPONIBILI DI VERZELLONI

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8. CUSCINO D’ARREDO GLENSHIRE DI RALPH LAUREN HOME 9. TAVOLINO MATRIX CON PIANO DI CUOIO DI GIANFRANCO FERRÉ HOME

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PER UNA SCELTA NATURALE

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1. CONCRETE SEAT SGABELLO IN 100% POLIETILENE RICICLATO, FATBOY THE ORIGINAL, € 149 2. DI GIVENCHY LA BORRACCIA IN ALLUMINIO E MONTONE LOGATO, € 1.540 3. WINTER, IL TAPPETO DELLA NUOVA COLLEZIONE FOLIAGE DI CARPET EDITION, DESIGN STUDIO ROMANI SACCANI ARCHITETTI ASSOCIATI 4. QUADERNO JAZZ DI PINEIDER 1774, CON COPERTINA IN CUOIO RIGENERATO, € 19 5. UN VERO PASSEPARTOUT, IL CONTENITORE DELLA SERIE I COMPONIBILI CLASSIC DI ANNA CASTELLI FERRIERI PER KARTELL, 3 MODULI, € 121 6. PIATTO POLAR BEAR, &KLEVERING, € 18 7. VASO DÉCOUPAGE DI RONAN & ERWAN BOUROULLEC PER VITRA, € 307 8. BOTTIGLIA PORTATILE CON TAPPO IN BAMBOO WATERDROP € 26,90 9. SET DI PIATTI E STOVIGLIE IN MELAMINA QING DI IBRIDE, € 165

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REGALI di Natale 1

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STILE MINIMAL CHIC

1. GEOMETRIE DI ISPIRAZIONE FUTURISTA, CON PALETTE CROMATICHE A CONTRASTO, PER IL TAPPETO LAKI DI SERENA CONFALONIERI, ILLULIAN 2. BORSA A MANO IN TESSUTO IMBOTTITO, NYLON E PELLE, CON CHARMS PER AURICOLARI REMOVIBILE, FURLA, € 295 3. DÉCOLLETÉ IN PELLE TOD’S, € 490 4. BOLLITORE ELETTRICO PLISSÉ DI MICHELE DE LUCCHI, ALESSI, LA PICCOLA, € 79 5. FORME VOLUMINOSE PER LA POLTRONA LE CLUB, DI JEAN-MARIE MASSAUD, POLIFORM 6. È UN OMAGGIO ALL’ARCHITETTO AUSTRIACO ADOLF LOOS, LO SGABELLO ARTHUR IN MASSELLO DI FRASSINO, BOTTEGA GHIANDA 7. CANDELA PROFUMATA PERLE DE COCO, & OTHER STORIES, € 19 8. LAMPADA A SOSPENSIONE FORMAKAMI JH5, CREATA DA JAIME HAYÓN PER &TRADITION, DA € 224

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REGALI di Natale 1

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SPUNTI PER APPASSIONATI HIGH TECH 9

1. COMODA CUSTODIA PER SMARTPHONE HERMESWAY IN PELLE BORDEAUX CON DETTAGLI ROSA DI HERMÈS 2. FINO A 30 ORE DI MUSICA CON LE CUFFIE WIRELESS MARSHALL AMPLIFICATION DA ZALANDO, € 299 3. LAMPADA CON ACCENSIONE TOUCH, TECNOLOGIA QI WIRELESS, DI LUDOVICA + ROBERTO PALOMBA, PER VESTA DESIGN, DA € 150 4. PORTA CELLULARE IN PELLE, DIOR 5. CARICABATTERIE TOCHARGE CARE DI KREAFUNK, DA € 53 6. DESIGN E QUALITÀ NEL SUONO CON GLI AURICOLARI WIRELESS MARSHALL AMPLIFICATION SU ZALANDO, € 180 7. PER GLI AMANTI DELLA GRAFICA, L’OROLOGIO DIGITALE FONT CLOCK, ESTABLISHED & SONS, € 420 8. YUUMI DI BROSS ITALIA, DISEGNATA DA MICHAEL SCHMIDT È UNA COMODA SEDUTA PER LO STUDIO 9. CON CASSA IN ACCIAIO L’OROLOGIO TAMBOUR HORIZON, LOUIS VUITTON

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REGALI di Natale

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BAGLIORI DORATI ESTROSI

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1. SET 4 COPPE IN VETRO IN STILE RETRÒ, CON BORDO ORO, COLLEZIONE TIMELESS GOLDEN TOUCH DI PASABAHCE 2. BIGLIETTO AUGURI NATALE ROSSO IN CARTONCINO ECOLOGICO, GRAFICHE TASSOTTI, € 4 3. DOPOSCI IN VELLUTO IDROREPELLENTE, DI MOON BOOT € 335 4. TAVOLINO CON PIANO IN MARMO VITTORIO DI MERIDIANI 5. REUNION MOKA DI CAFFÈ VERGNANO 18 TAZZINE, € 79 6. FORME MORBIDE PER LA POLTRONA BEBOP IN TESSUTO STRETCHING DI EGOITALIANO 7. SANDALO SCULTURA DORATO, EFFETTO SPECCHIO, GIUSEPPE ZANOTTI, € 750 8. BARKPLACE TREE È UN ORIGINALE SEGNAPOSTO, IN TRE DIVERSI COLORI, ALESSI, € 29 9. LA COLLANA VIVIENNE PLUM FLOWERS, IN ORO ROSA E DIAMANTI, È ISPIRATA AI FIORI DI TAIWAN DI LOUIS VUITTON

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DOLCE E SALATO I DONI GOURMET 1. IL PRIMO DISTILLATO ANALCOLICO AL MONDO, SEEDLIP, PER COCKTAIL O GINTONIC NO ALCOL € 29.90 2. SI CHIAMA GLASSA ALLA CILIEGIA LA SOTTOVESTE JENNIPIE IN GEORGETTE DI PURA SETA, REALIZZATA A MANO, € 95 3. CALENDARIO AVVENTO DOMORI, € 18 4. CREMA SPALMABILE FIRMATA DALLO CHEF TRE STELLE MICHELIN, NIKO ROMITO, 2 PEZZI € 17. 5. CAVIALE BELUGA PRODOTTO DOPO 20 ANNI DI ALLEVAMENTO DA CALVISIUS DA GR 30, € 179 6. TORTELLINO PORTACHIAVI DI DOUBLE TROUBLE BOLOGNA, € 25 7. CUORDILAVA 2017 REALIZZATO DA DONNAFUGATA E DOLCE&GABBANA, € 59.50 8. CHINA MARTINI, DA BERE CON GHIACCIO € 13.50 9. PANETTONE SICILIANO ALLE NOCCIOLE E CREMA ALLA MANNA, FIASCONARO € 49 10. BOULE ROSSA CONTENETE 10 BUSTINE DI NOËL À PARIS (TÈ NERO CON PAN DI SPEZIE, MANDORLA E CILIEGIA) DAMMANN FRÈRES, € 12.50 11. 14% DI PINOT NERO PER LO CHAMPAGNE LA GRANDE DAME DI VEUVE CLICQUOT, € 290 12. CUORE DI FILETTO DI SALMONE AFFUMICATO GOLD EDITION UPSTREAM GR 250, € 109

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CARNET DESIGN

“Non avere nella tua casa nulla che tu non sappia utile, o che non creda bello”. William Morris, La bellezza della vita, 1880

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CARNET DESIGN ARREDO

DI POLIFORM, UN DETTAGLIO DELLA POLTRONA LE CLUB, DESIGN JEAN-MARIE MASSAUD, RIVESTITA IN PELLE NON SFODERABILE SILK ROCCIA.

SFUMATURE CIOCCOLATO Rilassante, accogliente, tutt’altro che vintage, il marrone in tutte le sue tonalità veste la casa contemporanea testo S.M.Zilli

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CARNET DESIGN ARREDO

TAVOLINO LUMIERE DI RIFLESSI CON CORNICE IN METALLO VERNICIATO. PIANO DISPONIBILE IN VETRO SPECCHIANTE O BRONZATO, O IN CERAMICA. SOTTO, SISTEMA BOISERIE MODULOR DI RIMADESIO CON FINITURA REALIZZATA IN NOCE SAHARA.

IL MARRONE È IL NUOVO NERO, TITOLANO LE RIVISTE DI MODA. Testa di moro, foca, cuoio, talpa, rame, mogano, sabbia: basta leggere le 50 sfumature di marrone disponibili in una palette colore per trovare richiami a legno, bosco, terra e alle castagne - da cui il marrone prende nome. È un richiamo alla natura e a materiali caldi che confortano l’occhio e lo spirito, rilassa corpo e mente, ci è familiare e quindi ci accoglie come un rifugio sicuro.

posto: senza tempo, affidabile, rassicurante, capace di portare elementi confortanti anche fra le mura dell’ambiente domestico. Assolutamente di tendenza ed esattamente quello che chiunque cerca nell’arredamento di casa: scelte capaci di interpretare l’oggi come il domani, non invecchiare mai e risultare sempre attuali. Divani, poltrone, tappeti, ma anche pitture murarie e boiserie che ad una funzione decorativa uniscono anche lo sfondo per pareti attrezzate con soluzioni multifunzione. Solo all’apparenza tradizionali, ma innovativi invece nella sostanza e nel significato: eleganza.

“Il colore è un potere che influenza direttamente l’anima” scriveva il pittore Wassily Kandinsky, fra gli studiosi a sostenere che i colori siano in grado di suscitare emozioni e sensazioni a livello fisico e spirituale: “Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde”. E tutto ciò che è ancestrale suona una melodia suadente. Per ottenerlo si combinano insieme giallo, rosso e blu, in quantità variabili, fino a ottenere tinte che vanno dal corda al cacao fondente. Il marrone veniva erroneamente considerato un colore spento, opaco, poco incisivo… noioso e prevedibile, privo di personalità: una “natura morta”. Nulla di più sbagliato. La voglia di portare all’interno tutto ciò che ci ricorda la natura, insieme al grande ritorno dell’estetica anni Settanta e le riedizioni di icone del passato mostrano invece che la gamma dei bruni è l’esatto op128 MC MAISON

Basta sfogliare i cataloghi delle novità dei grandi brand di arredo e dei designer più influenti per trovare un fil rouge che più che rosso è decisamente marrone. Dal living alla zona notte, cuoio, legno, nuove fibre sostenibili vestono la casa di tinte – e di texture – che accolgono e che mettono in primo piano l’essenza del design domestico: farci sentire a casa. Troppo maschile? Se caffè e tabacco possono essere profondi come il velluto e in un certo qual modo considerati tali, la gamma dei castani abbraccia tinte cioccolato, caramello, miele e champagne. E poi, per ispirarsi all’universo del make-up, soluzioni opache come il cipria, terre come quelle che si usano per riscaldare l’incarnato e dettagli bronzo e oro, per un tocco illuminante. Secondo l’armocromia dell’abitare, senza tempo. @



CARNET DESIGN ARREDO 1

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TUTTE LE SFUMATURE DELLA TERRA 1. LAMPADA CON CONTRAPPESO DORI, DI MENEGHELLO PAOLELLI ASSOCIATI, PER LUCEPLAN 2. VASO LAPILLI IN VETRO DI MURANO SOFFIATO DI VENINI 3. È FIRMATA DALLO STUDIO FUKSAS LA TAPPEZZERIA DESERT ROSE, DELLA CAPSULE CREATA PER ZAMBAITI PARATI 4. POUF LAGOM CON MANIGLIA IN MASSELLO NOCE CANALETTO, PORADA 5. UNA SEDUTA MORBIDA E ACCOGLIENTE PER MARABÙ DI DITRE ITALIA 6. PANCA SUPERQUADRA A FIRMA MARCIO KOGAN / STUDIO MK27, MINOTTI 8. TAVOLO CON BASE A COLONNA LIBERTY BISTROT DI RUGIANO 7. SGABELLO PIEGHEVOLE ROXY IN NOCE CANALETTO E CUOIO ARMANI/CASA 8. A DOPPIA ANTA LA CREDENZA CON STRUTTURA IN LEGNO MADISON DI BONTEMPI CASA

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CARNET DESIGN LUCE

LA LAMPADA TX1 DI MARTINELLI LUCE, FIRMATA DA MARCO GHILARDUCCI, È ORIENTABILE A 45° IN UN VERSO E NELL’ALTRO, COSÌ DA INDIRIZZARE IL FASCIO DOVE SI PREFERISCE.

SCEGLIERE UN’ATMOSFERA PERSONALE Da statica a dinamica, la luce è un punto di vista con cui rivelare la propria casa testo Cécile Palma

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CARNET DESIGN LUCE

QUI, PANTHELLA DI LOUIS POULSEN, IN VERSIONE LED CON RICARICA USB; A DESTRA, IN VITRO UNPLUGGED, LA PORTATILE A FIRMA PHILIPPE STARCK PER FLOS; SOTTO, LAMPADA A BATTERIA GIULIETTA DI CATELLANI & SMITH.

LA NOSTRA VITA È INFLUENZATA DALLA LUCE IN MOLTI MODI, SPESSO COSÌ SOTTILI da non essere neanche percepiti. Se è chiaro ormai che è la luce naturale quella che ci fa stare meglio, è anche vero che saperla riprodurre in modo preciso e appropriato è indispensabile per dare benessere al corpo e alla mente. L’obiettivo è utilizzare la luce artificiale insieme a quella naturale, per potenziarla e per stare meglio. Lo studio e il design della luce di recente si sono arricchiti con una nuova categoria di prodotti che hanno reso diverso il modo in cui può essere concepita la luce: da statica a dinamica. L’oggetto illuminante nasce infatti all’origine per essere installato in una posizione fissa: lampadario, piantana, abat-jour sono punti luce limitati dalla loro posizione, che dipende dalla lunghezza di un cavo, spesso poco estetico e destinato a essere nascosto. Il primo compito dell’interior è quello di posizionare la luce in modo strategico, affinché diventi un volume che influisce in modo positivo sul disegno d’insieme. Ma è solo liberandola dalla limitazione del filo che si ottiene la possibilità di personalizzare davvero il nostro modo di circondarci, in ogni ambiente, della luce giusta per ciascuno di noi. Dentro una casa che è sempre più fluida, che mescola gli ambienti ma abbatte anche le barriere tra interno ed esterno, le luci portatili non solo ci danno la possibilità di spostare l’illuminazione come si fa con una candela, ma ci liberano anche dall’antiestetico cavo e dalla necessità di avere vicino una presa elettrica. Evoluzione di design della torcia, non si limitano certo a illu-

minare, ma rappresentano veri e propri oggetti in grado di portare la luce esattamente dove la vogliamo, senza compromessi.

Benessere e illuminazione sono strettamente correlati tra loro, e la scelta della luce con la quale valorizzare in modo specifico l’ambiente nel quale ci troviamo è fondamentale. Con la luce giusta, possiamo dare enfasi a ciò che desideriamo sia focalizzato. La luce che utilizziamo per illuminare ciò che ci circonda è fondamentale per darci la giusta atmosfera: può stimolare la nostra concentrazione, oppure renderci più rilassati, accompagnare il pensiero creativo o farci essere irritabili e nervosi. In un mondo dove tutto vuole essere sempre più personalizzato e tagliato su misura per le esigenze specifiche della singola persona, le luci portable, così definite perché disegnate senza filo e quindi portatili, sono la soluzione perfetta per portare la luce esattamente dove la desideriamo, con l’intensità giusta per quel momento specifico. Su un tavolo, durante una cena, la luce portable ha un’intensità pensata per illuminare i piatti senza creare disturbo ai commensali. La stessa lampada, con un’intensità differente, è utile per scrivere al computer. Infine, in un ambiente più grande, tante luci portable possono dare un effetto decorativo che conta sia sulla loro presenza scenica, sia sull’intensità della luce stessa, diffusa o concentrata, dosata come desideriamo. Un alleato tecnologico, che possiamo portare con noi per disegnare spazi, per illuminare una tavola conviviale e in estate, accendere la scena nel giardino di casa. @

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VETRINA LUCE

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SCENOGRAFIE LUMINOSE A EFFETTO 1. CREATA DA CRISTINA CELESTINO PER IL FANALE, BON TON È UNA COLLEZIONE REALIZZATA IN METALLO E LEGNO DI QUERCIA. 2. SEMBRA UN BOCCIOLO, ORCHID DI RAINER MUTSCH, PER AXOLIGHT. 3. FLAMTASTIQUE XS, DI FATBOY, CREA LA STESSA ATMOSFERA DA FALÒ IN CASA E SULLA TUA TAVOLA. ALIMENTATA DA OLIO, DA € 89. 4. 2314 METRICA CREATA DALLO STUDIO HABITS PER MARTINELLI LUCE È INTERATTIVA: PER DECIDERE L’INTENSITÀ LUMINOSA BASTA ESTRARLA DALLA BASE. 5. LA FORMA È QUELLA A BULBO DELLA CLASSICA LAMPADINA, MA CON UN FORO SUPERIORE PER LA CANDELA, LIGHT MY FIRE, DAVIDE GROPPI. 6. GEOMETRIE PREZIOSE PER SOUND STL5 CON DIFFUSORI IN VETRO DI MASIERO.

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CARNET DESIGN CUCINA

ARCLINEA INTERPRETA DAL 2002 CON CONVIVIUM UN CONCEPT INNOVATIVO: LA CUCINA CHE DIVENTA CENTRO FOCALE DELLA CASA, ATTRAVERSO UN’ISOLA OPERATIVA CON GRANDE TAVOLO INTEGRATO.

UNA CUCINA SOCIALE Per il dizionario: “ambiente riservato e attrezzato per la preparazione e la cottura dei cibi”; per architetti e designer, la stanza che più di ogni altra è metafora della società testo S.M. Zilli 139 MC MAISON



CARNET DESIGN CUCINA

AMPIE E SUPER ATTREZZATE, piccole e studiate nei dettagli, in acciaio come quelle professionali o interamente BINOVA BLUNA in legno: le cucine vivono un momento 4.0 ELIMINA intenso e sono passate da angolo negletLA SEPARAZIONE to a locale super star dei grandi apparTRA ZONA CUCINA E SOGGIORNO. tamenti cittadini. I migliori designers si contendono il primato di aver disegnato la più bella per una delle marche storiche del nostro Paese, ma ciò che è certo e che oggi non si deve assolutamente aspettare di mettere su casa o di traslocare per cambiare la propria cucina. Al pari di un’auto sportiva, la si cambia per il gusto di cambiare, in meglio. E ricevere gli amici proprio dove prima non sarebbe stato neanche pensabile: intorno ai fornelli. In passato, nelle case delle persone abbienti le cucine si trovavano nell’ala destinata ai locali di servizio, al riparo da occhi indiscreti: le signore non entravano in cucina se non per impartire ordini (mettersi ai fornelli non era ovviamente neppure contemplato). Ancora nella prima metà del Novecento, negli appartamenti borghesi di città come in quelli popolari tutta la preparazione dei cibi si svolgeva in cucinini minuscoli e molte delle case che abitiamo ancora oggi sono state concepite quando non esistevano né frigoriferi né lavastoviglie. Si mangiava altrove: i ricchi nella sala da pranzo, tutti gli altri nel tinello. Mentre in America le futuristiche cucine degli anni Cinquanta nascevano grandi e super accessoriate, regno indiscusso di casalinghe angeli del focolare, dall’altra parte del mondo nei Paesi socialisti erano più che altro angoli cottura, perché le donne erano chiamate fuori casa al loro dovere di lavoratrici. Si può dire che pensili, piani cottura ed elettrodomestici siano quindi lo specchio della società: le cucine in un secolo si sono espanse o ristrette, mostrate o nascoste di pari passo con l’evoluzione della famiglia e del suo stile di vita.

«Uno degli aspetti più affascinanti del progettare cucine è proprio questo: rappresenta il cambiamento sociale – fotografato o, per alcuni versi, anticipato da designer, architetti, aziende – racconta Antonio Citterio – Negli anni 70, la cucina era uno spazio privato, da nascondere: oggi invece è qualcosa da mostrare agli amici, che diviene tutt’uno con lo spazio di socialità prima riservato unicamente al soggiorno». Oggi la cucina è il cuore della casa, progettata per il suo scopo

primigenio quanto per aprirsi alle altre azioni dell’abitare, fino ad integrarsi con l’area living e a diventare parte integrante del salotto. Per questo, va scelta pensando alla sua dimensione “social” e deve essere, per dirla con un’espressione dei nostri tempi, sempre più “instagrammabile”. Vent’anni fa, esattamente nell’aprile 2002, il grande progettista firmava la prima edizione di una cucina Arclinea che è ancora il prodotto di punta dell’azienda: «Con il diminuire dell’importanza della “sala da pranzo”, ho pensato per la cucina Convivium a un grande tavolo integrato all’isola, che facesse da luogo di incontro e di relazione tra le persone già mentre si preparano il pranzo o la cena».

Ricevere al bancone o attorno a un’isola è stato solo il primo passo, perché oggi la cucina è diventata sempre più uno spazio multitasking. La nuova tendenza la vuole fluida, versatile, pronta ad essere ufficio per lavorare, studio per fare i compiti e anche lavanderia, ma contemporaneamente luogo di creatività in cui cimentarsi in ricette sempre nuove. Mentre si apre ad ospitare diverse funzioni dell’abitare e si ripensa per accoglierle, diventa però al tempo stesso perno attorno a cui progettare l’intera casa. Zona pranzo, salotto, sala da bagno e studio sono infatti le nuove estensioni dei grandi brand specializzati, che oramai offrono soluzioni che vanno ben al di là delle mura in cui erano confinati. Testimone dell’evoluzione delle case italiane da sessant’anni, Scavolini era nata producendo cucine componibili, antesignane proprio di quella flessibilità protagonista della tendenza contemporanea: la più amata dagli italiani oramai arreda (quasi) ogni angolo della casa. @ FORMALIA, FRUTTO DEL LAVORO DI SQUADRA TRA L’AZIENDA E IL DESIGNER VITTORE NIOLU, È UN SISTEMA FIRMATO SCAVOLINI PER PROGETTARE SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ CUCINA, LIVING E ZONA UFFICIO.

B2 DI BULTHAUP SI ISPIRA A UN LABORATORIO ARTIGIANALE, IN CUI MATERIALI E STRUMENTI DI LAVORO SONO SEMPRE A PORTATA DI MANO GRAZIE A VARI ELEMENTI MONOLITICI INDIPENDENTI.

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CARNET DESIGN STUDIO

LO SCRITTOIO BURT DALLE DIMENSIONI CONTENUTE, IDEALE PER PICCOLI SPAZI E CONNOTATO DA UNA MIRABILE SEMPLICITÀ FORMALE, È DISEGNATO DA ANDREA PARISIO PER MERIDIANI.

DOPPIA DESTINAZIONE D’USO

Dagli uffici in cui sentirsi a casa, alle case da trasformare temporaneamente in ufficio. Con soluzioni ibride testo Cécile Palma

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CARNET DESIGN STUDIO

A SINISTRA, LO SCRITTORIO TAYLOR DI BONTEMPI CASA HA UN DESIGN SEMPLICE E LINEARE SOTTOLINEATO DAL RIVESTIMENTO IN CUOIO CON CUCITURE IN TINTA O IN CONTRASTO. SOPRA, IL PROGRAMMA FORMALIA, PROGETTATO DA VITTORE NIOLU PER SCAVOLINI OFFRE TANTE SOLUZIONI PER IL LIVING ED È COSÌ FLESSIBILE DA ADEGUARSI ANCHE ALLE NUOVE NECESSITÀ DELLO SMART WORKING.

C’È UN TEMPO PER TUTTE LE COSE. C’è un tempo per abitare, un tempo per lavorare. Se Paolo Coelho avesse scritto la sua celebre poesia nel 2020 vi avrebbe citato lo spaesamento contemporaneo dato dalla labile suddivisione fra vita privata e vita professionale. Otto di lavoro, otto ore di svago e otto di riposo, rivendicavano i primi movimenti sindacali a fine Ottocento quando l’esistenza era scandita fra casa e fabbrica. Oggi sappiamo che il tempo è relativo, ma che soprattutto lo è diventato lo spazio.

L’ambiente domestico un tempo sacro è stato profanato dalle incombenze della produzione: il computer, ospite inatteso e di passaggio, si è rivelato un nuovo componente della famiglia e tanti lo hanno accolto a braccia aperte. L’emergenza però è finita, i bambini sono tornati a scuola e in molti anche in ufficio, ma tutti abbiamo capito che nelle case si è aggiunta in modo stabile una nuova funzione dell’abitare: dormire, socializzare, cucinare e... lavorare. Il problema è che non tutti hanno una stanza da dedicare a questa nuova destinazione d’uso, e che, soprattutto, non ce n’è l’esigenza alcuna se questa si riduce a uno o due giorni a settimana – per restituire alla casa la sera e nei week-end le sue funzioni originarie. Lo spazio dedicato al lavorare si mescola con quello domestico e i mobili “da ufficio” si inseriscono nella routine familiare, e vi-

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ceversa, in una doppia vita che diventa l’anima e non solo l’estetica delle proposte di arredo disegnate per l’occasione. Per fare un esempio: una sedia da ufficio su cui si sta seduti per otto ore al giorno deve essere fondamentalmente comoda ed ergonomica, ma se è posizionata in un angolo del salotto o della camera da letto, deve anche essere piacevole alla vista e coordinarsi con il resto dell’arredamento. La sfida al design multi-funzionale è così ufficialmente aperta.

Per la camera da letto ci si ispira ai business hotel che, a differenza delle destinazioni di vacanza, prevedono una scrivania spaziosa e tutto il necessario per lavorare, e non solo per riposare. Piccoli scrittoi, secretaire che racchiudono tutto quello che serve in pochi centimetri quadrati e consolle si aggiungono così a comodini e armadi per creare una suite in cui trovare la concentrazione. Ci si lavora all’occorrenza, lo si usa come appoggio, libreria, petineuse nel resto del tempo. Brand storici hanno inserito nel loro portfolio di proposte, soluzioni adatte per arredare un angolo studio, in cucina o in salotto, prolungando l’offerta per l’intera zona living con scrivanie che diventano tavoli ausiliari e mobili che si confondono con quelli dedicati alla TV. Ritornano le librerie a giorno e le pareti mobili per modulare i grandi spazi, e persino i separé, per creare quinte con cui cercare la privacy anche all’interno della propria casa. Ebbene sì, perché oltre a tempo e spazio, per lavorare serve anche concentrazione, silenzio e un ambiente che stimoli la creatività. @



STUDIO VETRINA 1 2

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acustiche, lent di Martinelli Luce 2. Tappezzeria. Decorativa e colorata, Mother Goose di GioPagani per Londonart 3. Lampada. Multifunzionale e portatile, Float di Axolight 4. Sedia. Girevole e con ruote: Holly di Calligaris, da € 523 5. Librerie. Sistema componibile Freewall di Riflessi, in due misure 6. Scrittoio. Rito di Désirée occupa poco spazio, e offre una soluzione comoda e discreta 7. Cassettiera. Mobil Mat è in materiale riciclato, Kartell, € 596 8. Pannello. Snooze SNZ01P di Pedrali, per isolarsi dal rumore 4

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Lavoro e vita privata, abitazione e ufficio: per molti, ormai, tutto questo avviene tra le mura domestiche. La tecnologia da anni ci ha fornito gli strumenti giusti per adeguarci a questa nuova opportunità, ora è il momento di adattare le nostre abitazioni a questo nuovo stile di vita. E non in modo improvvisato, come abbiamo fatto in passato, ma con criterio, scegliendo i pezzi giusti, senza sacrificare l’estetica. Per lavorare al meglio è opportuno ritagliarsi una postazione dedicata e organizzarla salvaguardando la privacy. Per farlo bastano pochi arredi funzionali e versatili, come sedie e cassettiere su ruote, lampade e pannelli acustici. 8

PICCOLI ACCESSORI DA SCRIVANIA

GRIFFATA. PENNA A SFERA 849 DI PAUL SMITH E CARAN D’ACHE EDIZIONE LIMITATA, € 39

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DESKTOP IN PLASTICA RICICLATA E SUGHERO DI MUUTO, € 79

APPUNTI DI STILE. SOTTOMANO IN PELLE ZHUANG DI NERI & HU PER POLTRONA FRAU

ICONICA. MICROMINA CENTO 3.O DI ACHILLE CASTIGLIONI E GIANFRANCO CAVAGLIÀ, EGO.M € 50




CARNET DESIGN VERDE

DISEGNARE CON IL VERDE FOTO ISTOCK

Dalla casa delle nonne al successo su Instagram, la Monstera è la pianta del momento. Parola di green designer testo Maria Tatsos

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CARNET DESIGN VERDE

ERA UNA DELLE PIANTE INDOOR PIÙ AMATE dalle nostre

muschiati», spiega Foschi. «In alternativa, altri sostegni verticali come canne di bambù o tubi quadrati in metallo, che ho utilizzato in alcune composizioni». Secondo il garden designer, con un pizzico di creatività si possono creare degli efficaci giochi decorativi, magari laccando le canne, e mettendo in sintonia l’insieme (pianta, vaso, sostegno) con lo spazio circostante. «Le foglie, di colore ver-

nonne. E oggi, dopo anni di oblio, la Monstera è di nuovo una primadonna nelle nostre case. Merito soprattutto dei Millennial, che l’hanno riscoperta e se ne sono innamorati: se digitate #monstera su Instagram, troverete 2,8 milioni di post. A questa tendenza espressa dai giovani metropolitani si è unito il piacere ritrovato, complici

non deve, però, farci dimen-

foglie frastagliate, altamente decorative, che regalano un immediato effetto giungla all’ambiente in cui la posizioniamo. Grazie al suo portamento garantisce una presenza scenica. Attenzione, però: se è lasciata crescere senza un supporto - l’equivalente dei tronchi in natura - c’è il rischio che si spezzi. «Si possono usare pali

marcescenza delle radici, e la pianta muore. D’inverno, attenzione ai caloriferi: posizionatela almeno a un metro di distanza. Evitate anche i colpi d’aria. Spostatela se dovete aprire una finestra e la pianta è troppo vicina». La sua temperatura ideale va dai 18 ai 25 gradi, ma resiste fino a 10 gradi. Oltre alla deliciosa classica, è facile trovare sul mercato anche la Monstera deliciosa ‘Thai Constellation’, con foglie variegate verdi e dalle macchie chiare - è più delicata e cresce più lentamente. È graziosa anche la Monstera adansonii ‘Monkey

in mano a bimbi piccoli.

IN ALTO, ANNAFFIATOIO CANNY DI CASA € 9.95. DA SINISTRA, PORTAVASI IN CEMENTO VERDE CON MOTIVI BIANCHI DI MAISON DU MONDE, € 59,99. PORTA PIANTE WIRE CON BASE, DISEGNATO DA NORM ARCHITECT PER MENU, DA € 95.

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MAISON / CASE

“Costruiamo case per accogliere in una forma di intimità la porzione di mondo – fatta di cose, persone, animali, piante, atmosfere, eventi, immagini e ricordi – che rendono possibile la nostra stessa felicità”. Filosofia della casa, Emanuele Coccia

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MAISON CREMA

LA CASA DOVE ABITA IL DESTINO 154 MC MAISON


GIOCO DI COLORI Attorno al camino la poltrona Eames Lounge Chair & Ottoman di Vitra, il divano Freestyle di Ferruccio Laviani per Molteni&C e sul fondo la lampada da terra Spun di Sebastian Wrong per Flos.

A Crema un palazzo di trecento anni racconta di generazioni di inquilini che l’hanno abitato lungo i secoli. Oggi a innamorarsi dei difetti che lo rendono così affascinante è un nuovo, giovane, custode testo Arianna Galati foto Valentina Sommariva

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MAISON CREMA

U

n suono infrange il silenzio verde del palazzo barocco immerso nella campagna lombarda. Il pianoforte canta sotto le dita di un maestro d’orchestra e attraversa le spesse pareti del XVI secolo al tocco gentile, appassionato, sui tasti. L’atmosfera è irreale. Risuona l’eco del passato e delle persone che hanno vissuto in questa casa antica, che vanta una sua propria biografia e che nei secoli ha accolto ricordi, vite, amicizie. Trecento anni di inquilini incantati, penultimo dei quali il regista Luca Guadagnino che l’ha abitata fino al successo del film Chiamami col tuo nome. Oggi è il turno, quasi fosse il designato custode, di Mario Cerri, 37enne laureato in economia, architetto mancato e oggi impegnato in un’azienda di illuminazione, e del suo vicino di casa, quel maestro d’orchestra che si esercita al piano e di cui si sente la musica nel patio.

Le case raccontano storie a chi le sa ascoltare, e Cerri ha sentito il richiamo di questa abitazione, l’ha compresa. È stato un colpo di fulmine quando se ne è innamorato, oppure, come forse è successo davvero, è stata la casa a scegliere lui. Scenografica, cinematografica per vocazione, stratificata di epoche e vite, è entrata nel cuore di Cerri, nonostante tutto. Nella grammatica dell’innamoramento sei a volte conquistato da dettagli che non avresti mai preso in considerazione, o meglio, da difetti. “La casa è un primo piano ma con le altezze dei soffitti a 6 metri e mezzo, quasi sette, a tutti gli effetti è un secondo. La scala a chiocciola non è particolarmente comoda nel quotidiano, e nonostante sia di rappresentanza, l’ingresso è direttamente in cucina. È difficile gestire il calore, i soffitti sono molto alti, quasi tutti i pavimenti sono in cotto e l’edificio presenta un doppio fronte di pareti verso l’esterno. È molto fredda, complicata, ha tantissime finestre e porte, ci sono poche pareti intere fruibili. Diciamo che le sue peculiarità strutturali rendono l’abitabilità un po’ meno confortevole di una casa concepita con gli standard moderni” racconta Cerri. Eppure si è lasciato circuire dal fascino che emana sino a cedere all’amore.

Il sapore del Palazzo Premoli è una degustazione infinita, la casa nutre l’anima e l’anima si nutre dell’affaccio sul cortile e nel giardino, incastonato nella corte con unico accesso su strada. Un bozzolo in cui il Á

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TEMPO SOSPESO In questa pagina, La sala biblioteca con tavolo antico e sedia Thonet vintage; a sinistra dall’alto, un dettaglio della poltrona degli Eames di Vitra e sotto, un ritratto di Mario Cerri nel soggiorno.

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L’ANTICA LOGGIA Trasformata in uno spazio outdoor, ha al centro un vecchio tavolo con piano in marmo, con attorno le sedie Louis Ghost di Philippe Starck per Kartell e la lampada da terra Glo Ball di Jasper Morrison per Flos.

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Le maestose finestre ad arco mantenute intatte dal 1800 creano una suggestiva atmosfera di eleganza

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MAISON CREMA

GIOCO DI COLORI Qui e a fianco, il bagno con i sanitari del 1930, recuperati in una casa dei Folonari. Sullo sfondo piastrelle bisellate e carta da parati di Farrow & Ball. Sotto, una vista di Palazzo Premoli.


LUOGHI DI PASSAGGIO La camera da letto è raggiungibile attraverso un corridoio. I colori della zona notte richiamano quelli del quadro di Valerio Adami appeso alla parete.

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MAISON CREMA

tempo della vita non si misura, si vive. «Nel weekend e di sera, quando mi trovo a vivere realmente la casa, mi separo dal resto del mondo ed entro in una bolla» ammette Cerri. Per l’architetto Carlo Orsini dello studio 2AR, che ha curato la ristrutturazione, l’incontro con questa casa è stato fondamentale per la pace del nuovo inquilino. E anche per lui, che con il palazzo ha avuto in passato un rapporto molto stretto. «È di proprietà di Edmondo Pozzali, siamo amici da quando avevamo 16 anni. Nel loggiato, quando eravamo giovani, abbiamo studiato architettura insieme e ci siamo laureati: in quel loggiato avevamo progettato di fare il nostro studio» racconta Orsini. I sogni di ragazzi hanno preso strade diverse e la casa è rimasta vuota per anni. Finché non ci è approdato per caso Luca Guadagnino, complice un amico fotografo che abitava già a Crema, in un altro palazzo di Pozzali. Il regista, che fa anche l’interior, e il proprietario, che nonostante si occupi di produzione di formaggi ha deciso di sfruttare la laurea in architettura, hanno progettato la prima ristrutturazione. «Una scelta molto intelligente: restauro conservativo, non di ripristino» osserva Orsini. Gli affreschi sul soffitto sono stati recuperati con la scialbatura dell’intonaco, fissati per impedire ulteriori deterioramenti e mantenere a vista il passato della casa, conservando persino le macchie di una precedente infiltrazione. Le cromie importanti volute da Guadagnino la sala di smalto blu, il color visone in camera da letto, il tono glicine sulle pareti dello studio - e il lavoro certosino nei bagni sono stati rinfrescati con elementi di stacco totale, che fanno casa secondo Mario Cerri.

L’addio di Guadagnino è stata una conseguenza dei risvolti della celebrità involontaria, i pellegrinaggi turistici nei luoghi del film che includevano per estensione anche la sua abitazione, lo hanno esasperato. E così dopo le folle, la casa è rimasta di nuovo sfitta, nel suo mistico silenzio. Ma come era successo a Guadagnino, l’incanto al primo sguardo è capitato subito dopo a Mario Cerri. Con il nuovo inquilino sono stati redistribuiti gli ambienti, perché alla fine la freccia di Cupido deve sedersi al tavolo (di marmo, originale dell’epoca) con la praticità quotidiana, e trovare l’equilibrio per sé. Giocando con gli istinti, come appendere quadri inattesi di arte contemporanea che alla fine hanno convinto anche il riluttante architetto: «le opere si sono accasate perfettamente. Mettere dei Rotella in una casa del genere, pensavo: no, dai. Invece sono perfetti, come l’Adami dietro al letto», riconosce Orsini. «Mi immergo nella casa portando tutti i miei ricordi, il mio percorso di vita: mobili e quadri in questa casa non sono un allestimento

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Dagli affreschi dei soffitti ai pavimenti, il restauro conservativo regala una nuova vita agli interni, senza cancellare il passato della casa in blocco, sono cresciuti con me. Oltretutto alcuni pezzi sono di design e sono stati veri e propri sacrifici» prosegue Cerri. La libreria è un pezzo chiave: «L’acquisto dei libri l’ho iniziato almeno 25 anni fa, che su un totale di 37 è un bello spaccato di vita. Continuo a comprarli ininterrottamente: su un totale di un centinaio di scatoloni del trasloco, 70 erano libri», ride divertito. «Sono acquisti legati alla mia vita utile da grande, non li abbandonerei mai. Il mio studio, la mia libreria… Poi dei pezzi come la poltrona di Vitra. O un baule vintage di Vuitton degli anni 30 che ho trovato da un antiquario, con le mie tre cifre in successione perfetta: era come se fosse lì per me, che mi aspettasse». Come questa casa. @


LA FINESTRA SUL CORTILE In questa pagina, la scala elicoidale con balaustra di ferro battuto che conduce all’appartamento che si trova nell’ala della Contessa. A sinistra le bifore della camera affacciate sul cortile di Palazzo Premoli.

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MAISON LONDRA

Natale a

Benvenuti nella dimora della fashion editor Deborah Brett. Una casa eclettica, quasi un club privé a misura di famiglia e di amici testo Silvia Icardi Produzione Kerryn Fischer Foto Ingrid Rasmussen e Luke White

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FRANK FEATURES/LIVING INSIDE

LONDRA


LA PADRONA DI CASA

ritratta nella sua cucina dal gusto vintage, con piastrelle marocchine e lavabo di ceramica. Tutto è ton sur ton dall’abito della sua linea dbX Wyse London alle stoviglie dbceramic di Thyme England ai vetri in vendita da Daylesford Organic.

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MAISON LONDRA

L

e mode passano, lo stile resta, e la casa della fashion editor Deborah Brett è proprio questo: attuale e senza tempo. “Vi mostriamo cosa non passerà mai di moda” è la promessa quasi nonsense del magazine di tendenza Wardrobe ICONS per cui lavora, e così la sua villa a Holland Park a Londra può essere letteralmente definita un evergreen. Per il colore, avvolgente come un sottobosco, e per come negli anni è stata ampliata, rimodellata, riadattata alla famiglia che cresceva - persino scavando.

Fashion editor, stilista, creatrice di ceramiche che produce con il marchio dbceramic,

tra i fondatori del British Fashion Trust, istituzione che finanzia i lavori di giovani stilisti, decine di migliaia di follower su Instagram, è anche cuoca appassionata, mamma e moglie. Deborah è una creativa a tutto tondo la cui casa riflette alla perfezione le sue molte passioni, il suo spirito indomito e la capacità di conciliare vita privata e lavoro, come si usa scrivere delle donne come lei. «Prima dell’arrivo dei bambini Tom ed io abbiamo vissuto in questa casa una decina d’anni» – racconta Deborah, sposata con Tom Edmunds, regista e produttore cinematografico, da cui ha avuto Phin, Mini, Ottilie, 32 anni in 3. «Dopo l’ultima gravidanza è stato chiaro che lo spazio non era più sufficiente, dovevamo ampliarci per i bambini, ma anche per i tanti amici che ci piace ospitare». La coppia si è trovata di fronte a un bivio: traslocare oppure riorganizzare da cima a fondo gli spazi. Deborah e Tom non hanno avuto dubbi perché lasciare quelle mura, cui erano profondamente legati, era fuori discussione.

Per la ristrutturazione, si sono rivolti all’interior designer Hubert Zandberg famoso per la grande attenzione ai dettagli, il mix sapiente degli arredi e l’uso di tessuti in abbinamenti poco convenzionali. Ma come racconta Deborah: «L’obiettivo principe era quello di creare al piano terra uno spazio aperto, informale e glamour al tempo stesso, un ambiente che fosse godibile, pratico per i bambini e in stretta connessione con il giardino. Per recuperare metri quadri, invece, si è scelto di ampliare il piano interrato procedendo con un complesso lavoro di scavo». Oggi quello che viene definito “basement” ossia il nostro seminterrato, si sviluppa su due livelli e si compone di uno spazio per gli ospiti, una palestra dall’aspetto vintage, una stanza per i giochi e un home-cinema con angolo bar che ricorda un circolo privé di inizio Novecento. «Quando si interviene in spazi poco luminosi, l’errore tipico è quello di optare per tinte chiare pensando di infondere luminosità – racconta il progettista –. Accade però che spesso ne scaturiscano degli ambienti freddi, algidi, respingenti. Qui abbiamo proceduto in maniera diametralmente opposta: pareti scure o rivestite di pannellature in palissandro, essenza che assorbe il suono, per creare un ambiente avvolgente e caldo come quello di un club esclusivo». Á

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TOCCO ESOTICO

Accanto alla poltrona rivestita con tessuto disegnato da Clements Ribeiro, lampada da terra vintage anni Cinquanta. Nella foto a sinistra, la sala e la cucina, un unico VSD]LR ÀOWUDWR GD un mobile trasparente in vetro e legno progettato da Zandberg.

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MAISON LONDRA

MIX DÉCOR Addobbi classici, come quelli sul corrimano della scala, in questa pagina, VL DIÀDQFDQR DG DOWUL più contemporanei come i maxi origami in carta di Paper Dreams che danno un tocco di colore e originalità al living. I quadri alle pareti della scala sono dell’artista Cat de Rham.

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Tanto verde, declinato nelle ricercate nuances dell’ottanio e del petrolio, per un insieme armonico e di stile

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MAISON LONDRA

La casa rispecchia bene sia l’anima eclettica e cosmopolita di Deborah - origini tedesche e una vita a Londra - sia il gusto anticonvenzionale di Zandberg, che racconta: «Sono partito dall’idea di creare una cucina che si allontanasse il più possibile dalla classica soluzione con pensili neutri e piano di lavoro in acciaio. Volevo uno spazio che ricordasse una vecchia latteria e ho cercato di raggiungere questo effetto attraverso l’uso di materiali ben selezionati, come lo zinco utilizzato per le ante della dispensa, simili a quelle degli armadietti di una palestra, il piano in rovere, il recupero di un grande lavabo bianco in ceramica e le piastrelle verde lucido che rivestono la parete di fondo». L’interior designer si è occupato anche della ricerca di diversi arredi che completassero l’effetto stratificato del living. Ecco allora una seduta italiana in bambù dall’alto schienale, risalente agli anni Sessanta, una lampada da terra della metà del Novecento, una sedia scandinava e delle mensole dal sapore industriale piene zeppe di ceramiche belghe, inglesi e marocchine.

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l isultato finale è un ambiente denso di suggestioni e spunti creativi in cui

dominano toni scuri e avvolgenti con una predominanza del verde che, nelle sue infinite sfumature, è il vero filo conduttore della casa. Declinato dal salvia pallido fino alle nuance più cariche del petrolio e dell’ottanio, il verde fa capolino dai vasi che affollano gli scaffali (molti realizzati dalla stessa padrona di casa) fino all’intonaco del vano scala. In particolare la zona giorno e la cucina sono pervasi da un’atmosfera resa ancor più vivida grazie al lussureggiante tessuto a felci del duo anglo brasiliano Clements Ribeiro (“sono dei cari amici”) che riveste sia una poltrona con poggiapiedi che gli sgabelli della sala. Perché è vero, portare dentro casa degli elementi botanici è uno stratagemma capace di rilassarci e farci sentire in armonia con il pianeta. Il Natale è alle porte e l’abitazione è vestita a festa per rendere omaggio alla ricorrenza più attesa dell’anno. Anche in questo caso, Deborah ha mescolato elementi tipici della tradizione natalizia ad altri più originali come gli origami in carta - palline, girandole, alberi - dai colori vivaci e dalle dimensioni macro. Gli elementi più classici si stemperano grazie a tocchi più contemporanei e l’aura di magia legata alle feste invece di uscirne penalizzata ne risulta straordinariamente amplificata. «È lo stesso processo che adotto in cucina dove mi piace combinare elementi provenienti dalle differenti culture che hanno segnato la mia infanzia racconta Deborah – così insieme agli knodel, tipico piatto tedesco, posso mettere in tavola il classico tacchino della tradizione anglosassone magari accompagnato da latkes, frittelle di patate della cucina ebraica». Il risultato è un menù saporito ed estroso che affonda le sue radici nel passato ma che parla un linguaggio senza tempo e multiculturale estremamente contemporaneo e sofisticato. Proprio come questa casa. @

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ARIA DI FESTA

L’albero di Natale con la collezione di decori di famiglia. Nella pagina accanto da sinistra: l’home-cinema con pareti di palissandro, poltrona vintage in pelle, tavolino e lampada custom di Hubert Zandberg Interiors; l’angolo camino con gli origami in carta di Paper Dreams.

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MAISON MAISON LONDRA VETRINA

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È DI MODA L’ELEGANZA INGLESE 1. È UN CLASSICO LA POLTRONA CON PIATTINO 1919 DI POLTRONA FRAU 2. TAZZA BOHO BUTTERFLY DI ETRO 3. PIATTO WONDERLUST EMERALD FOREST, WEDGWOOD, € 40 4. LAMPADARIO IN VETRO MCKENZIE, NUOVA TONALITÀ AMBRA, ETRO HOME INTERIORS 5. PALLINE DI NATALE UNION JACK, HARRODS, 3 PEZZI, € 42 6. SEDIA IN LEGNO CON MOTIVO GG JACQUARD, GUCCI, € 1.950 7. GEMELLI LONDON SOUVENIR, PAUL SMITH, € 120 8. FIASCHETTA ASPINAL OF LONDON, € 80 9. FERMACARTE DI CRISTALLO IL RE DELLA FORESTA, SAINT-LOUIS 10. LAMPADA CAT X LAMP, HAOSHI DESIGN, € 284 11. GHIRLANDA PEACOCK DI GISELA GRAHAM, € 59

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TAVOLA IN FESTA La tavola di Deborah Brett è un mix di antico e di nuovo, con tessuti preziosi, candele e origami in carta scelti per sdrammatizzare l’effetto tradizione.

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MAISON PALERMO

VIVERE

una dimora storica

Tappezzerie e maioliche iper cromatiche, tracce d’Oriente e affreschi antichi: gli interni di un palazzo del 1590 risplendono grazie a un sapiente equilibrismo tra gli stili testo Chiara Corridori

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foto Alessandra Ianniello


ECHI D’ORIENTE

Nel salotto privato: mobile bar vintage di Vittorio Dassi, sedie Cesca di Marcel Breuer di Knoll, tavolo degli Anni Settanta e carillon portasigarette anni Cinquanta. Sullo sfondo, vasca da bagno in graniglia acquistata da un antiquario. Carta da parati Peacock Garden di Zoffany.


MAISON PALERMO

IN LETTURA

In questa pagina, la biblioteca con libreria artigianale e divano anni Sessanta in velluto di Jab Anstoetz. Nella pagina a destra, servizio da tè di Ernestine; letto di Xam; boiserie del Seicento; pouf di Filippo Ghezzani; portasigarette anni Cinquanta; tappezzeria di Zoffany; un angolo salotto; tessuto jap.

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Dietro una facciata corrosa dal tempo, il FASCINO della contraddizione, per un recupero filologico fino all’ossessione. Lungo cinque anni.


MAISON PALERMO

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ARREDI ALL’ALTEZZA

In uno dei salotti, boiserie del Seicento con specchio di Labanto. Tavolo di Ico Parisi, sedie in cuoio anni Sessanta di produzione francese acquistate da un rigattiere; sul top vaso Herend. Nell’angolo, mobile bar e sgabelli anni Sessanta di Parma & Figli.

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MAISON PALERMO

CON STILE

Qui, la facciata della casa. Nella pagina a destra, dall’alto in senso orario: la sala da bagno e la zona vasca; un angolo della cucina e un’altra vista della toilette; dettaglio zuppiere; scorcio del bagno; particolare e veduta del pranzo con tavolo Tulip di Eero Saarinen di Knoll, sedie Midas di Rockett St George e lampadario Tube di Michael Anastassiades.

CI SONO CASE. E POI CI SONO CASE CHE SONO ANCHE UN’OPERA D’ARTE: luoghi destinati a raccogliere il testimone del tempo, inclini a conservare e a tramandare la tradizione estetica e culturale di un intero contesto. L’appartamento dell’avvocato civilista Dario Longo, in un palazzo della Palermo del Seicento, mantiene le tracce del passato ripristinate con passione. Ricco com’è di dettagli originali, appropriati e personalissimi, pronti a fondere dal soffitto ai pavimenti epoche e stili diversi, non stupirebbe se un giorno diventasse un “museo dell’abitare”. Anzi, è proprio il destino che sembra scritto nel suo DNA visto che al piano nobile dello stesso edificio, è ospitata proprio la casa museo delle maioliche Stanze al Genio dove sono esposti al pubblico circa 5.000 esemplari di mattonelle siciliane e campane. Dario Longo ha scelto questo posto per amore. Da 25 anni è milanese di adozione, ma Palermo è la sua città natale e ha deciso di tornarci per mettere una seconda base, un buen retiro nell’antico rione della Kalsa. «Ho puntato su questo quartiere per le sue bellezze architettoniche. Oggettivamente è il più caratteristico, quello con i palazzi più belli. Nel Seicento era la zona degli aristocratici e

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in qualunque strada o vicolo si vedono ancora oggi dimore monumentali di quel periodo. La maggior parte, però, è in uno stato di abbandono perché nell’Ottocento le nobili famiglie lasciarono l’area che, nel corso del tempo, è andata degradandosi. Dagli anni Ottanta si è avviato lentamente un processo di rivalutazione, ma le facciate, gli androni, restano fatiscenti, ed è così anche lo stabile in cui abito. Ma è proprio la contraddizione tra gli interni e gli esterni ad affascinarmi».

Di residenze antiche, prima di trovare il suo luogo ideale, Longo ne ha viste moltissime e in seguito a una ricerca a tappeto ha fatto una precisa scelta di campo tra gli immobili già ristrutturati, che ai suoi occhi hanno perso la loro magia, e quelli da recuperare in toto che, invece, la conservano, anche se sono spesso in rovina. Galeotta, nella decisione, è stata Á


Sfumature forti, come il carattere OPULENTO delle residenze palermitane. E zuppiere che galleggiano sulla parete, quasi sospese.


MAISON PALERMO

proprio l’anima dell’appartamento. «Mi sono innamorato dell’impianto lasciato come in origine: un’infilata di saloni da ballo, uno dietro l’altro, privi di corridoi di collegamento. Nelle dimore nobiliari che avevo visto prima, le classiche grandi sale di rappresentanza risultavano suddivise in piccole stanze e stanzine. Qui no. Tutto era come allora». E così è rimasto nel progetto amorevolmente concepito in ogni dettaglio dal proprietario in persona. Scoccato il colpo di fulmine, i lavori sono partiti con un chiaro obiettivo: recuperare il passato fin dove possibile. Dalla pianta originaria agli affreschi, riportati alla luce meticolosamente. «Non si è trattato di un intervento di conservazione, ma di un recupero filologico fino all’ossessione. Gli affreschi erano visibili su uno dei soffitti a volta, ma il resto era coperto da un’intonacatura realizzata presumibilmente negli anni Cinquanta. Con il restauratore Davide Sansone abbiamo scoperto che sotto le volte e i muri c’erano altre opere».

Soffitti affrescati e stucchi a parete fanno da cornice alle ICONE del design moderno in un mix sapiente.

Ci sono voluti cinque anni, senza interruzioni, per ripristinare con

padronale, le travi originarie del soffitto sono state rieditate con un rosso lucido, effetto lacca, mentre sulle pareti brilla una tappezzeria dal disegno orientaleggiante. Decisamente carismatica. «Era il locale dove si poteva recuperare ben poco e quindi è stato necessario osare per accordarlo al tono dell’insieme. In una casa come questa, già così intensa e piena di colori, è stata una scelta coraggiosa, ma paradossalmente anche la più semplice. Non avrebbe avuto senso adottare uno stile minimalista con i toni del tortora o del grigio, quindi ho deciso di introdurre note forti, in qualche modo collegate al carattere opulento delle residenze palermitane». Idem per la parete della sala da pranzo, confinante con un muro affrescato. Dipinta di blu, anche per un intento concettuale. Tra le due sezioni si nota un centimetro dell’intonaco degli anni Cinquanta. Così come in un altro locale sono stati lasciati a vista alcuni buchi bianchi delle martellature realizzate in passato per procedere all’intonacatura. «Queste tracce testimoniano il lavoro enorme svolto. Volevo dimostrare quanto sia facile passare sul vecchio con un colpo di colore e di come, invece, sia un’impresa ardua tornare indietro per recuperare un’opera».

cura, stanza per stanza, fregi, disegni floreali e monocromi sfolgoranti. Un’operazione certosina che ha avuto come esito un mosaico cronologico compreso tra il 1600 e, prevalentemente, il 1700 e il 1800. Lo stesso mix riguarda i pavimenti in maiolica. Sono in parte originari, in parte recuperati da palazzi nobiliari dismessi, mentre nella cucina – il locale dal sapore più moderno – il suolo è rivestito con cementine prodotte artigianalmente da un’azienda locale. Longo, che ha ideato ogni particolare del progetto, affiancato dall’architetto Mario Vigneri di Palermo, si è ispirato alla ricchezza decorativa delle dimore siciliane d’epoca per rivestire il resto degli sfondi. Nel salotto privato, dove si trova il soppalco che ospita la camera da letto

BUEN RETIRO

Dario Longo, avvocato civilista con base a Milano, nella sua casa di Palermo, la città in cui è nato.

Sul muro blu “galleggia” una collezione di zuppiere bianche. Sembra sospesa perché Longo ha pensato di sistemarla su mini mensole fatte fare da un falegname e dipinte nel colore del cielo. Il guizzo creativo conferma l’attitudine del proprietario nel concepire scelte vincenti che fondono Oriente e Occidente, antichità e modernariato, oltre a poche, ma iconiche presenze di design firmate Eero Saarinen e Ico Parisi. Inserire gli elementi giusti, quasi opposti, ma nell’insieme perfetti, è stato come fare un gioco, una specie di caccia al tesoro tra le fonti più disparate: aste, mercatini, antiquari. A prevalere è un gusto che arriva dalla Cina, espresso da vasi, soprammobili e tessuti. Nonché il talento di dare una seconda chance a mobili e complementi. Come la boiserie proveniente da una villa siciliana e intercettata nel magazzino di un antiquario. Alta cinque metri, impreziosisce uno dei saloni e ne amplifica gli spazi attraverso lo specchio anticato, prodotto da un laboratorio di Torino. Indoviniamo: se questa casa un domani diventerà un museo sarà di certo il pezzo clou. @


RIFLESSI D’EPOCA

Nel salone degli specchi tra gli arredi il divano vintage No Stop disegnato da Maarten Kusters per Edra. A parete, specchiere gemelle ricavate da due porte provenienti da un palazzo del Seicento e, al centro, un’opera del fotografo francese Nicolas Boutruche.

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MAISON VETRINA

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APPUNTI PER UNO STILE ECLETTICO 6

1. ISPIRAZIONE ORIENTALE PER LA TAPPEZZERIA OGAKI DELLA COLLEZIONE ORIGINE DI PIERRE FREY 2. MADIA A STIPO SERIGRAFATA E DIPINTA A MANO, CUSPIDE CELESTE DI FORNASETTI, CM 92X33X131, € 13.500 3. LAMPADA KANJI, DI DENIS GUIDONE PER FONTANAARTE, € 840 4. CAMELOT È UNA VASCA DA BAGNO RÉTRO IN GHISA DI DEVON&DEVON 5. È REALIZZATA ARTIGIANALMENTE, LA PIASTRELLA GOTICO DELLA LINEA CERAMICA ARTISTICA VIETRESE DI GIOVANNI DE MAIO 6. ICONA ASSOLUTA, CESCA LA SEDIA CREATA NEL 1928 DA MARCEL BREUER, KNOLL 7. SCULTURA DI PORCELLANA ANATOMICA M3, GRAND TOUR BY VITO NESTA, € 150 8. LAMPADA PAGODA CON PARALUME DI SETA DI SABRINA LANDINI

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COLORE PIENO

Il rosso è protagonista nel passaggio che porta alla terrazza dalla camera da letto. ,O VRIÀ WWR RULJLQDOH è stato dipinto con il colore Baked Cherry di Little Greene.

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MAISON MILANO

ATTICO CON VISTA A MILANO Nel cuore storico della città, una famiglia italo-americana ha rinnovato in maniera radicale un appartamento su due livelli. Dando vita a un nido sopraelevato dal gusto raffinato testo Marzia Nicolini foto Helenio Barbetta

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FOTO A SINISTRA, IL SALOTTO CON LIBRERIA DI LUINI12, LAMPADA DCW ÉDITIONS, SEDIA TIGULLINA DI ELIGO, TAVOLO DI PIET HEIN EEK DA ROSSANA ORLANDI, QUADRO ANTONIO MARASCO. QUI, PARETE MOBILE IN FERRO DI LUINI12 CON DECORO DI PICTALAB, CHAISE LONGUE LC4 DI CASSINA, PLAID DI LISA CORTI, SCULTURA DI KEN SCOTT PER VENINI DA GALLERIA THE POOL NEW YORK.

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MAISON MILANO

QUI, SCALA IN ACCIAIO DI LUINI 12, LAMPADA PROJECTEUR DI NEMO E CHAISE LONGUE LE CORBUSIER, E SCULTURA DI RAINER LAGEMANN. A DESTRA, LA FAMIGLIA NEL LIVING, ARREDATO CON LA POLTRONA A.B.C. DI FLEXFORM E DIVANO SEMPRE DI FLEXFORM.


La famiglia riunita nel salotto di casa che si affaccia sulla grande terrazza con vista sui tetti della città. Nel quadro alle loro spalle un ulteriore richiamo a Milano.

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MAISON MILANO

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embra un kintsugi giapponese ma è l’eredità dell’opera di ristrutturazione radicale e senza sconti: una scrostatura sulla parete si è trasformata come per magia in un’“opera muraria” rivestita di foglia d’oro. Oggi, quella macchia dorata dai contorni morbidi e dalla finitura preziosa è divenuta parte integrante del salotto di Carol e Paolo, vero e proprio souvenir artistico della parte più impegnativa del progetto: radere tutto, o quasi, al suolo. Ma facciamo un passo indietro. La location è di quelle che definire esclusive è riduttivo: «Ci troviamo nel cuore antico di Milano, nella zona delle 5 Vie che si anima durante la Design Week», spiega la padrona di casa, americana adottata dal Bel Paese, un passato nel mondo della finanza (settore nel quale il marito è ancora operativo). Diciamo pure che l’appartamento in questione è a un passo dal Duomo, come si evince all’istante varcando la soglia di casa e restando abbagliati (letteralmente) dalla vista panoramica mozzafiato. Le guglie bianche in stile gotico, la cupola di San Lorenzo, i tetti antichi con tegole color rosso scuro... nelle giornate di cielo terso il Monte Rosa ad Ovest: uno skyline indimenticabile, godibile grazie alla scelta di vetrate a tutta altezza. E dire che durante la prima visita Carol e Paolo, tre volte genitori, erano rimasti assai delusi dagli interni dell’appartamento, trovandoli bui e opprimenti. Da parole di Carol, «la cucina era orribile, tutto versava in uno stato di abbandono e degrado». Eppure: la luce naturale, gli scorci sulle architetture di pregio e quelle romantiche sui tetti della Milano costruita tanti secoli fa.

ANCORA UNO SCATTO DEL SALOTTO AL PRIMO LIVELLO. CON LA LIBRERIA DISEGNATA DA LUIN12, E ALLA PARETE, INTERVENTO IN FOGLIA D’ORO DI PICTALAB. FOTO A DESTRA, CAMERA DA LETTO PADRONALE AL PRIMO PIANO ANTICONVENZIONALE. LETTO LA MICHETTA DI GAETANO PESCE PER MERITALIA CON COPRILETTO LISA CORTI. CONSOLLE IN FERRO VERNICIATO DI LUINI12. QUADRO TURCATA DI ALDO MONDINO, ANNI 2000 DA GALLERIA THE POOL NEW YORK. DUE LAMPADE TOLOMEO DI ARTEMIDE, DESIGN MICHELE DE LUCCHI CON GIANCARLO FASSINA.

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COME NON INNAMORARSENE? Colto l’altissimo potenziale dello spazio, Carol e Paolo hanno spazzato via ogni esitazione e si sono rivolti agli architetti Federica Gambigliani Zoccoli e Giovanni Sacchi con una richiesta netta: addio alla patina di vecchiume, sì a spazi vasti e comunicanti (molto comunicanti). Poi, il desiderio di creare un ampio salotto “dentro & fuori” al piano superiore, sconfinante senza interruzioni in un terrazzo verdeggiante, da considerare a tutti gli effetti un prolungamento del living. «A seguire, un interior sofisticato e contemporaneo, votato al senso di comfort, predisposto all’accoglienza degli amici, scaldato dalla naturalezza di materiali non trattati», racconta Federica Gambigliani Zoccoli, presto divenuta amica stretta di Carol. «Ci siamo confrontate sin dall’inizio con così tanta trasparenza e fiducia reciproca che era impossibile non si stringesse un rapporto oltre il lavoro», commenta la progettista. La quale di Carol, americana da oltre 30 anni in Italia, ma con un’anima da globetrotter, ammira anche la mentalità di stampo anglosassone votata al risultato, «senza contare il fatto che è una fucina di idee, creativa e inarrestabile». Detto fatto, sono iniziati lavori importanti, destinati a rivoluzionare con successo l’intero layout. Il risultato è da molti punti di vista non convenzionale. Per esaltare al massimo la vista (punto di forza indiscutibile dell’appartamento) e Á


Un grande appartamento su due livelli pensato per tutta la famiglia e progettato senza barriere. Un luogo ibrido e arioso dove non esiste alcun limite tra dentro e fuori

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MAISON MILANO

QUI, A PARETE QUADRO SKYLINE MILANESE DI LUCA GUAITAMACCHI E LAMPADA DA TERRA BOLLA DI RENZO SERAFINI. A DESTRA, LA CUCINA FIRMA BOFFI, CON SEDIE SUPERLEGGERA DI GIO PONTI, PER CASSINA E TAVOLO ‘95 DI ACHILLE CASTIGLIONI DA DE PADOVA.

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MAISON MILANO

al contempo enfatizzare la connessione tra interno ed esterno (allo stesso identico scopo), gli architetti hanno scelto di demolire e ricostruire da zero i due livelli dell’appartamento, invertendo le regole tradizionali e collocando la zona notte e un salotto al quinto piano, mentre cucina, sala da pranzo e un secondo salotto che è tutt’uno con il terrazzo occupano il sesto piano. A collegare il doppio volume, tutto luce e ariosità, è una scala scultorea, espressamente richiesta da Carol come molto grande, ma visivamente leggera e aperta. «In questo modo», precisano gli architetti, «la luce e l’aria fresca del piano di sopra si percepiscono fin dall’ingresso in casa». Su uno sfondo cromatico composto da toni chiari e neutri spiccano elementi a effetto sorpresa. A partire dal primo salotto, collegato alla zona studio tramite una grande vetrata con tele a trama vegetale decorate da Pictalab. Non manca la strategia dietro a questo separé, che all’occorrenza può chiudersi del tutto, dando vita a una camera da letto extra. «Il fatto è che i miei due figli maggiori vivono a New York e vengono di rado in Italia, ma quando rientrano ciascuno deve poter avere la propria camera», spiega Carol. Nella casa con vista sui tetti è per ora rimasto il minore dei tre, Tommaso, il quale mentre studia nella sua cameretta non potrà che distrarsi per ammirare il

Duomo, magnificamente in fronte. Ancora: arte, arte e arte. Carol e Paolo sono appassionati collezionisti. Come racconta la padrona di casa, «molti dei nostri pezzi sono stati acquistati nel corso di viaggi all’estero o scelti per celebrare occasioni speciali. Amiamo l’arte contemporanea e abbiamo esposti pezzi di Antonio Marasco, Rainer Lagemann, Mel Bochner, Luca Guaitamacchi e Cameron Grey». Non si rischia effetto glaciale da galleria d’arte: a portare un tocco avvolgente in ogni dove, creando ulteriore fluidità tra i vari ambienti domestici, è il pavimento in legno di recupero non trattato, abbinato a finiture a calce per le pareti e al cemento a vista utilizzato per curiosi dettagli della struttura portante originale, che i progettisti hanno voluto sottolineare, anziché mascherare. Si respira in effetti un’atmosfera industrial-chic, anche grazie alla presenza di diversi arredi in ferro naturale o brunito dello studio milanese Luini12 e ai tanti corpi illuminanti in stile loft americano, in felice coabitazione con elementi iconici del design italiano, dal letto a firma Gaetano Pesce alle sedie di Gio Ponti. NESSUNA OSTENTAZIONE, PERÒ. Certo, la vista sui monumenti più importanti di Milano non può che creare soggezione, quantomeno la prima volta. Ma come spiega Carol, oggi impegnata full-time con il suo personale progetto no profit City ZEN in collaborazione con Fondazione Francesca Rava, «adoriamo accogliere i nostri ospiti, portarli in cima ai tetti nella nostra cucina a vista, godere insieme del piacere del panorama, magico a ogni ora del giorno e della notte». «È una casa che invita, fatta per accogliere e per condividere», confermano i progettisti. «Per questo gli spazi sono aperti e fluidi: per abbracciare gli ospiti». @

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MAISON MILANO

QUI, PANORAMA SUI TETTI DI MILANO E A DESTRA, LA VISTA DELLA VERANDA VETRATA DEL TERRAZZO. IN PRIMO PIANO LA SCULTURA JELLYFISH FIRMATA DA BENEDETTO BALDINI. TOCCO POP: POLTRONCINE CREATE DA MARNI.

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Dalla grande terrazza con veranda, uno skyline indimenticabile su Milano, che dai tetti antichi, nelle giornate di cielo terso spazia fino al Monte Rosa.

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MAISON DOLOMITI

Un nido sulle

DOLOMITI Progettato per riunire la famiglia a Natale e decorato per dare una forte sensazione di continuità tra interno ed esterno testo Elena Luraghi foto Mattia Aquila


ARMONIE MATERICHE

Il disimpegno accanto all’ingresso, è arredato con consolle in rovere scuro con profili in acciaio, pouf giallo senape in velluto di Dedar, tappeto in lana a rombi. Una porta scorrevole in vetro cesellato e pelle separa questo spazio dalla Stube. Nella pagina accanto, la zona living impreziosita da pareti in legno di rovere.

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MAISON DOLOMITI

SALA CON VISTA

Nel soggiorno, arredato solo con pezzi su misura: tappeto in lana con corna di cervo stilizzate, divani sartoriali con tessuto Dedar, pouf/tavolino e poltroncine in pelle invecchiata e borchie in metallo.

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UN PROGETTO PERSONALE

MADONNA DI CAMPIGLIO-ASPEN, ANDATA E RITORNO. Sono stati i lussuosi chalet in legno della celebre località sciistica nel Colorado, dagli spazi extralarge, pieni di luce, a fare scattare la scintilla per una famiglia bresciana innamorata delle montagne. Gli Stati Uniti, così come le Alpi svizzere e francesi, erano nel loro carnet di viaggi in giro per il mondo. Ma è a Madonna di Campiglio, nell’incanto delle Dolomiti innevate protette dall’Unesco, che alla fine tornavano sempre: ogni inverno, fin da quando i loro tre figli erano piccoli. «Affittavano un appartamento in paese, ma quel viaggio oltreoceano li aveva rapiti, al punto da convincerli ad acquistare una casa che li rappresentasse, con un’atmosfera contemporanea al posto del solito cliché tutto intarsi e folklore», raccontano Lucia Antonelli e Renato Tavelli, architetti bresciani titolari di Studio LART, incaricati di dare forma e sostanza al sogno degli amici-committenti, per i quali avevano già arredato diverse dimore. Madonna di Campiglio però non è Aspen: il paese è piccolo, meno di mille abitanti, difficile trovare chalet dalle metrature dilatate. Finché viene messa in vendita una casa a Palù, località residenziale fra la cittadina e il bosco, e il sogno lentamente prende forma. «Era un’abitazione anonima, degli anni Sessanta, che infatti è stata demolita e ricostruita da zero. Quando i proprietari ci hanno chiamato il tetto e i muri perimetrali c’erano già, bisognava però inventare gli spazi interni, e soprattutto era necessario identificare un’anima», precisa Lucia Antonelli. Á

Qui, gli architetti Lucia Antonelli e Renato Tavelli. Sotto, la cucina con tavolo su disegno di larice, poltroncine Harp 359 di Roda, parete attrezzata in metallo e pietra Dolomia.

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MAISON DOLOMITI

COLORI E MATERIALI IN SIMBIOSI CON LA NATURA 200 MC MAISON


INTIMO RIFUGIO

Nella camera padronale, pareti in legno di rovere e pelle di mucca, letto su disegno realizzato in panno di lana di Création Baumann, profili e ricamo in filo di lana marrone e piedini di acciaio.

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MAISON DOLOMITI L’anima è arrivata, tentativo su tentativo, dopo quattro anni di lavoro scanditi da numerosi sopralluoghi e almeno un migliaio fra disegni e rendering. «È il tempo necessario per un nido di 600 metri quadri, su tre piani, dove tutto è sartoriale: dai mobili ai tappeti, dai faretti nascosti fra le travi ai pouf in cavallino (uniche eccezioni, qualche poltroncina e un paio di lampade)». L’alta artigianalità non era l’unica richiesta dei committenti. C’erano altri punti fermi, come il soggiorno a doppia altezza, sul modello di quelli visti ad Aspen. Oppure la necessità di vestire la casa con pochi ma selezionati materiali, in un dialogo continuo di colori e atmosfere. Scelta che è subito ricaduta sugli elementi alpini: pietra Dolomia, vetro, rovere e, a sparigliare le carte, il metallo trattato e dipinto a mano, dal potente effetto materico, utilizzato attorno al camino e su qualche parete. Si accede alla villa attraverso un vano rivestito di calda boiserie, con un soffitto in legno e specchi che anticipa quello della sala da pranzo, studiato per riflettere, come in un caleidoscopio, l’apparecchiatura della tavola. Accanto all’ingresso, uno spazio aperto, passaggio obbligato verso la zona giorno, diventa l’inaspettata quinta teatrale per la consolle in rovere scuro sovrastata da un disegno scenografico. «Ricorda gli orsi delle fotografie di David Yarrow: l’hanno fatto riprodurre i proprietari da un artista su un pannello in legno, con la tecnica del pirografo». Da lì in avanti è tutto un rincorrersi di effetti luminosi, scanditi dalla luce che entra dalle immense vetrate del soggiorno, di oltre 6 metri d’altezza, per mescolarsi pastosamente con le boiserie, i divani, i tappeti in lana, le poltroncine in pelle. Il dentro si fonde con il fuori, gli spazi domestici dialogano con il bosco, l’armonia architettura-natura è totale. «Non è bastato aprire gli spazi al contesto», puntualizza Renato Tavelli. «Questa è una seconda casa, ma soprattutto è un rifugio da vivere in famiglia a Natale, con i parenti, gli amici. Era fondamentale focalizzarsi su una ritmicità planimetrica che prevedesse sia una dimensione conviviale, sia angoli più appartati a tutela della privacy. Come le tre camere da letto al primo piano, tutte con bagno en suite, accessibili da un ballatoio che a un certo punto si affaccia sul soggiorno. Oppure le stanze per i due figli maschi al meno uno (dove si trovano la Spa e una zona relax), dotate di ingresso indipendente». Trait d’union fra i livelli abitativi, un’elegante scala dai tagli geometrici, chiusa in una scatola di vetro con all’interno una rete di lana bianca: lascia filtrare il sole dal soggiorno, generando un interessante effetto “vedo-non vedo” volto a enfatizzare il senso di intimità. Il vero nido, però, è al pian terreno. Nell’angolo fra l’ingresso e l’area-divani, boiserie sempre in rovere, ravvivate da un tappeto in lana verde brillante, emulano in chiave contemporanea l’antico concetto di Stube. «C’è una panca che corre tutt’intorno alle pareti, dalla finestra alla stufa in maiolica disegnata sul modello di quelle tradizionali, con incise le iniziali dei proprietari», concludono i progettisti. Un vezzo anticipatore di altre curiosità. Per esempio, il nome della villa La Paluina, scelto in onore del luogo. O il logo stilizzato di una volpe ricamato su lenzuola, accappatoi, cuscini. Più che un omaggio agli animali del bosco, un dolce e tenero ricordo d’infanzia della padrona di casa: quando era piccola il padre la chiamava, affettuosamente, “volpina”. @

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ANTICHE ATMOSFERE

Accanto alla stufa in maiolica che riprende le forme della tradizione, una poltrona e una panca con sedute in pelle e cuscini in lana disegnati per l’abitazione. Nella pagina accanto, in alto, un angolo del pranzo e sotto, uno scorcio della cabina armadio.

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MAISON VETRINA

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ACCORDI PER UN DOLCE INVERNO 1. LAMPADA ATOLLO

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L’ALBERO DELLA REGINA FOTO GETTY IMAGES

Alto sei metri e decorato con oltre settemila luci, l’albero di Natale privato della regina Elisabetta è quello del castello di Windsor testo Marina Minelli

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MAISON CASE REALI

è più di ogni altra residenza reale la vera casa della Regina. Più di Buckingham Palace, che lei invece considera soprattutto un ufficio. Il castello edificato per volere di Guglielmo il Conquistatore nella seconda metà dell’anno Mille è stato poi ingrandito, ampliato e modificato da tutti i sovrani inglesi anche ne hanno lasciato nei secoli la loro traccia indelebile. E viceversa, perché nel 1917 il suo nome viene addirittura usato per “inglesizzare” la dinastia, che da allora si chiamerà Windsor. Il castello rappresenta per Elisabetta il vero luogo del cuore dove la storia del regno si mescola e si confonde con infiniti ricordi personali e familiari. All’interno delle solide mura, Elisabetta e la sorella Margaret hanno trascorso gli anni della guerra, relativamente lontane dalle bombe della Luftwaffe ma abbastanza vicine ai genitori che avevano deciso di non abbandonare Londra. In quel periodo, durante rare licenze, si presentò a Windsor, su invito di Giorgio VI, anche un giovane ufficiale della Royal Navy che diventerà molti anni dopo Duca di Edimburgo e consorte della Regina: Filippo.

Il Principe dedicherà tempo e passione alla ristrutturazione del vasto insieme di edifici, dei suoi grandi giardini terrazzati e alla conservazione dell’antico e immenso Great Park di quasi 2.000 ettari di cui ne sarà il “ranger” per quasi 70 anni. Le sfarzose sale del castello hanno fatto da sfondo a feste di compleanno e anniversari fra cui il 70esimo di matrimonio della Regina e del Principe Filippo. Qui sono stati celebrati battesimi, diversi royal wedding (Edward e Sophie, Carlo e Camilla, Harry e Meghan, Eugenie di York e Jack Brooksbank i più recenti) e, solo pochi mesi fa, le esequie del Duca di Edimburgo. Nella vecchia nursery di Windsor la giovane Lady Diana Spencer aveva accettato la proposta di matrimonio del Principe di Galles e qualche giorno dopo, nel

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salotto della futura suocera, scelto il suo famoso anello di fidanzamento. Il 20 novembre 1992, sullo scorcio di quello che lei stessa chiamerà il suo annus horribilis, la regina Elisabetta aveva guardato le fiamme avvolgere una gran parte degli State Apartments. Il terribile rogo era stato devastante e, in un certo senso, persino metaforico, perché annunciava anni estremamente difficili che, per fortuna, oggi sono solo un ricordo: la Corona è rinata dalle sue ceneri, esattamente come Windsor, perfettamente restaurato in breve tempo.

Affascinante, enormemente simbolico, pieno di capolavori, è un castello e talmente vasto da poter essere aperto al pubblico, anche con la Regina presente. Qui Elisabetta accoglie volentieri e con evidente soddisfazione i capi di Stato stranieri e gli ospiti di riguardo. La round tower, risalente alla seconda metà dell’XI secolo, i sontuosi ambienti medievali, i saloni seicenteschi en enfilade modello Versailles (Carlo II Stuart copia l’idea al cugino Luigi XIV) e l’immensa Waterloo Chamber che celebra la più grande vittoria britannica sul nemico storico, sono stati voluti per impressionare. In uno degli ambienti più suggestivi di tutto il complesso, l’imponente St. George Hall, lunga oltre 60 metri e larga 18, interamente dedicata alla memoria dei cavalieri della Giarrettiera, ogni anno viene allestito un enorme albero di Natale. Alto sei metri, l’abete proveniente dal parco è illuminato da oltre settemila piccole luci bianche e ai suoi rami sono appese decine di coroncine dorate. Nel 2020 è dal Castello di Windsor che la Regina ha pronunciato il suo annuale discorso televisivo alla nazione. Poco prima, la banda della Household Cavalry, simbolicamente schierata nei pressi di due luoghi emblematici del castello, la St. George Chapel e la round tower, aveva suonato God Save the Queen. @

FOTO GETTY IMAGES

IL CASTELLO DI WINDSOR




FUORI CASA

“L’essenza dell’arredamento, per quanto mi riguarda, è creare lo sfondo per la vita migliore che tu possa avere”. Deborah Needleman, editor in chief: The New York Times Style Magazine

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FUORI CASA VIAGGIARE

CHARLOTTE PERRIAND

(1903-1999) è stata un architetto e designer tra le più rivoluzionarie del secolo scorso per le sue idee di design sostenibile. Oggi, nel mezzo di una crisi ecologica senza precedenti, l’Espace Louis Vuitton Venezia presenta il lavoro di Charlotte Perriand e Frank Gehry come soluzione concreta per le questioni che ci troviamo ad affrontare. Due progetti sono stati esposti per la prima volta durante l’ultima Biennale di Venezia: il progetto Tritrianon (1937) di Perriand e il progetto Power Pack (1969) di Gehry.

CHALET HOTEL Pioniera del design, artista icona di stile, Charlotte Perriand ha disegnato un’epoca e creato la definizione di chalet hotel, nel 1947

ACHP ADAGP

testo Mariangela Rossi

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FUORI CASA VIAGGIARE

UNA CASA NEL BOSCO

Un nido romantico per due persone a La Villa (BZ), con vista sulle Dolomiti per una vacanza in relax. Mi Chalet è un progetto concepito dal proprietario e ideatore, l’architetto Karl Heinz Castlunger, e arredato dalla moglie Antjesusann. La costruzione è parte della natura circostante, realizzata interamente in legno lamellare curvato, larice e abete rosso, intonaco di argilla e paglia e riscaldato a biomassa.

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mava molto le montagne «perché sono vitali per il mio star bene, da sempre il barometro del mio equilibrio fisico e mentale». Così parlava Charlotte Perriand, tra le interpreti più rappresentative dell’architettura e del design europeo nel XX secolo. Come tributo alla montagna, in particolare al Doron Hôtel, primo chalet-hotel a Méribel, tra le Alpi francesi, nel 1947 aveva disegnato l’iconica e omonima poltrona, oggi prodotta in esclusiva da Cassina, come tutti gli altri mobili da lei progettati. Spirito libero, sportiva, viaggiatrice, professionista in mezzo alle grandi firme maschili, Le Corbusier in primis, al fianco di cui lavorò molti anni, la francese Perriand ha contribuito notevolmente alla nascita dell’interior design moderno, in un intreccio armonico tra architettura, vari linguaggi artistici, tra cui pittura, fotografia, scultura, e natura, da dove attingeva sempre nuove idee. Figlia di due sarti savoiardi, prima ancora di progettare, negli anni Settanta, la stazione sciistica di Les Arcs, 4500 residenze di fronte al Monte Bianco, la visionaria “ragazza di montagna” e sciatrice provetta, costruì, tra il 1960 e il 1961, il suo chalet a Méribel. Un luogo del cuore, per sé e per la figlia Pernette, che ben rappresentava la forte connessione con la natura, pensato con un design sia trasformativo che funzionale, a servizio del viver bene, di una nuova art d’habiter rivolta alla semplicità e al confort. Nulla di più moderno e contemporaneo, a pensarci oggi, eppure sono passati più di 70 anni. «La mia vocazione è creare. Non solo forme standard, che è il mio lavoro, ma anche altre non vincolate da formule stereotipate». Quella di Charlotte Perriand fu una

ventata di freschezza anche nel design di chalet-hotel di montagna, oltre che di rifugio (sino al 21 novembre 2021, in concomitanza con la Biennale di Venezia, alla Fondation Wilmotte si ammira il Refuge Tonneau mobile per alpinisti, da lei progettato nel 1939, insieme a Pierre Jeanneret, realizzato poi da Cassina e ispirato a una navicella spaziale). Materiali naturali, dialogo tra le arti, forme nuove, soluzioni inedite, ma sempre guidate da un design razionale, perché già allora si affermava che sono anche gli ambienti dove viviamo a influenzare il nostro stato d’animo. Gli hotel di montagna, oggi, si sono adeguati e riprendono questo stile di chalet moderno di design che dialoga non solo con la natura, ma anche con l’architettura e con tutte le arti, in grado di impreziosire e di rendere unico anche il più piccolo e tradizionale spazio in quota. E proprio per questo oggi possiamo accedere a una collezione di hotel in alta quota, interpretati dai migliori designer, che ripensano spazi e progettano gli arredi con la stessa missione della Perriand: creare oggetti che siano funzionali, a servizio del viver bene. Dimenticatevi dunque le tendine di pizzo e le tovaglie a scacchi: la nuova esperienza è decisamente “alta moda”.

DOLOMITI DESIGN

In alto a sinistra, gli chalet dell’Adler Lodge Ritten, sull’Altipiano del Renon, per un rifugio privato affacciato sulle Dolomiti – e una Spa panoramica. Al centro, la Spa a 1800 metri del Forestis, iconica architettura alpina minimale. A destra, gli interni del nuovo Hotel Icaro all’Alpe di Siusi, completamente rinnovato per diventare una nuova destinazione di design.

A Méribel si trova Le Coucou, hotel con uno stile alpino reinterpretato in chiave attuale e colorata dall’architetto Pierre Yovanovitch, per ricreare uno spazio divertente, un po’ ludico, dove sedie a forma di orsacchiotto e pelli di pecora hanno preso il posto di stampe a quadretti e altri cliché montani. Qui ci sono anche due chalet privati, Éléonore e Églantine: stesso interior design, ampie finestre sulle piste e piscina interna in entrambi. Á

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MICHAEL HUBER EGBERT KRUPP / YDO SOL

FUORI CASA VIAGGIARE

A proposito di atmosfera giocosa, le Cheval Blanc a Courchevel 1850, sempre in Savoie, acquistato anni fa da Bernard Arnault, patron di LVMH, per farne una residenza personale, è stato trasformato in uno chalet-hotel con décor a cura di Sybille de la Mergerie: echi di lusso discreti ed elementi dell’ambiente alpino, come pelli di animali, legni naturali, tessuti pregiati di lana, e opere di arte contemporanea che fanno parte della collezione privata di Monsieur Arnault. Vari sono gli chalet-hotel in cui l’architettura flirta con la pittura, la fotografia, la scultura, il collezionismo in genere, secondo il principio di sintesi delle arti inseguito per tutta la vita da Charlotte Perriand. Senza allontanarsi troppo, in Haute-Savoie, al Four Seasons Megève, regno della baronessa Ariane de Rothschid, si respira arte ovunque. «Accanto a Pierre-Yves Rochon sono stata coinvolta in tutto, dai materiali ai dettagli, dai dipinti, che narrano i miei viaggi per il mondo, alle collezioni in vetro di Murano di Jeremy Maxwell – alcuni trovano il vetro freddo e senza anima, al contrario per me è molto sensuale e con un messaggio simbolico di trasformazione - e a quelle di artigianato etnico, tra cui i tessuti antichi indonesiani e i copricapi cerimoniali amazzonici. Ogni pezzo, come a casa mia, ha

la sua storia», racconta la baronessa, che ha lanciato i tre Chalet du Mont d’Arbois. Direzione artistica dello stesso Rochon, interior design di Thierry Curty, vetrate con vista infinita sulle vette, tocchi multicolor e nomi delle sue tre figlie, Noémie (questo chalet era in precedenza la loro dimora privata), Alice e Eve. Ma l’arte tribale connota gli interni anche di altri chalet-hotel in Italia. Come l’Adler Lodge Ritten, sull’Altipiano del Renon, ideato da Andreas e Klaus Sanoner insieme all’architetto Hugo Demetz e allo Studio G22 Projects, e costruito in bio-edilizia, dove sulle pareti spiccano pannelli con decorazioni etniche e colori sgargianti. Si ispira al concept della foresta, pur richiamando echi esotici.

Fresco di restyling, all’Alpe di Siusi, Icaro invece più che uno chalet vero e proprio è una “Gesamtkunstwerk”, un’opera d’arte totale da vivere: qui le stanze si trasformano in telescopi per osservare lontano verso le cime, le incursioni d’arte, del proprietario Hubert Kostner, sono incastonate anche nei muri e la fantasia è libera di muoversi. Anche il progetto del Forestis, con interni firmati dallo Studio Asaggio di Bressanone e arredi di Frener Design, della Á

UNA NUOVA MERANO

Lussuoso albergo a cinque stelle Chalet Mirabell di Avelengo, situato a 20 minuti dalla città di Merano, è un progetto targato Minotti. Gli spazi lounge ospitano numerose sedute della famiglia Jacques, mentre le quattro ville indipendenti sono state arredate con sedute Aston “Dining”, protagoniste della sala da pranzo, mentre per l’area living è stata scelta un’ampia FRQÀJXUD]LRQH del divano Andersen, abbinato alla poltrona Prince e l’omonimo poggiapiedi.

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FUORI CASA VIAGGIARE

In alto a sinistra, gli interni del Rifugio Oberholz a Obereggen, 2.096. Nel ristorante, le piccole nicchie ritagliate per creare angoli dall’atmosfera ancor più intima e raccolta. Al centro, uno scatto degli interni dello Chalet Mirabell. A destra. Proprio a Méribel, l’Hôtel Le Coucou, opera dell’architetto Pierre Yovanovitch, per uno stile di vita francese contemporaneo, dove minimalismo e lusso estremo vanno di paripasso.

stessa proprietà dell’Odles Lodge, chalet-hotel con tre suite, segue un approccio attento all’uso dei materiali e alla definizione degli spazi, con un linguaggio lineare, aprendosi verso l’esterno e legandosi totalmente al contesto paesaggistico.

Esistono poi chalet hotel che appartengono a chi, in un certo senso, ha segnato una destinazione. È il caso di Andrew Scott Dunn, imprenditore inglese nel settore del turismo esclusivo e personalizzato, che contribuì a lanciare sul mercato britannico il villaggio di Sankt Anton am Arlberg, in Austria. Il suo Chalet Artemis, da lui disegnato insieme all’architetto Karl Fahrner, è la quintessenza dello stile alpino, con legno di recupero locale, ma anche con arredi iconici ad aggiungere un senso di modernità. Come le lampade Tyson London, i divani Rolf Benz, i tessuti William Yeoward e un grande prototipo di tappeto di Paul Smith. Insolita è la sala cinema privata, con poltrone in velluto retrò. «Un mix eclettico, dove ho voluto una forma esagonale, massimizzando lo spazio, e interni che fondessero eleganza e funzionalità», spiega Scott Dunn. Il design moderno impera anche al rifugio Oberolzt, rivisitazione moderna della classica baita altoatesina a 2096 metri, raggiungibile in seggiovia o attraverso una strada nel bosco: tre volumi in legno e vetro, con tetto a falde, design degli architetti Peter Pichler e Pavol Mikolajcak.

Ad Avelengo, nei pressi di Merano, le quattro ville contemporanee dello Chalet Mirabell lasciano senza fiato. Un progetto esclusivo nel cuore dell’Alto Adige, che si inserisce armoniosamente all’interno del-

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LO STILE ALPINO OGGI SI BASA SU MATERIALI NATURALI, MA ANCHE PROGETTI SOSTENIBILI

la splendida cornice naturalistica che lo accoglie, realizzato dallo studio di architettura Planteam in collaborazione con lo studio Köck&Bachler che ne ha curato gli interni, scegliendo Minotti. Infine, se cercate un nido romantico per due persone tra le Dolomiti del Fanes, è a Mi Chalet che si respira “lo spirito Perriand” più intimo. Ideato dal proprietario, l’architetto Karl Heinz Castlunger prima come ritiro personale e poi aperto all’ospitalità, è un luogo avvolgente e nascosto, che si eleva dal terreno con la rotondità dell’elemento protagonista, il legno. Un progetto ecosostenibile, dove si mantiene viva la tradizione ladina, ma intrecciata ad arredi ricercati e attuali, tra cui le lampade Image, il divano Triss e i tavoli disegnati della stessa proprietaria, l’arredatrice d’interni Antjesusann Castlunger. «C’è un lato che va oltre la progettazione, che ha a che fare con l’armonia tra sé stessi e l’ambiente. Questa consapevolezza influenza ogni cosa», pensava Perriand. E siamo certi che avrebbe molto ap@ prezzato.

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STILE MONTANO ATTUALE



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1. BORSA REVERSIBILE IN MONTONE MERINO, TOD’S, € 1.600 2. SCI FACTION X PRADA LINEA ROSSA PRODIGY 3.0, PRESENTATO IN EDIZIONE LIMITATA, UN MODELLO FREERIDE RESISTENTE CHE PUÒ ESSERE UTILIZZATO DA CHIUNQUE, IN QUALSIASI CONDIZIONE. FACTION X PRADA LINEA ROSSA SCI PRODIGY, € 3.000 3. BORSA ICONICA MARINE M IN TESSUTO TEDDY, MAX MARA, € 890 4. CANDELA PROFUMATA JACQUARD MYANMAR, LORO PIANA, € 350 5. BORSA ORSACCHIOTTO EFFETTO PELLICCIA, BRUNELLO CUCINELLI, € 280 6. POLTRONA DORON HOTEL CREATA NEL 1947 DA CHARLOTTE PERRIAND, CASSINA 7. STIVALETTO PELLE SCAMOSCIATA FRATELLI ROSSETTI, € 350 8. CALDA SCIARPA IN LANA TARTAN, MARNI, € 490

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IL MAGAZZINO SEGRETO L’Hôtel de la Marine apre le sue sale al pubblico per la prima volta e mette in mostra gli arredi della Corona. Per scoprire il design pre-rivoluzionario testo Emanuela Mastropietro foto © Didier Plowy – Centre des monuments nationaux

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FUORI CASA PARIGI

se arrivate dal ponte che collega la Rive Gauche con la piazza ve lo troverete di fronte. A destra, rue de Rivoli e i meravigliosi giardini di Les Tuileries, a sinistra l’imponente Avenue des Champs-Élysées, con le sue boutique eleganti e i bistrot. A Parigi ci passano tutti da sempre solo davanti, ma l’Hôtel de la Marine da pochi mesi è aperto al pubblico. Ne vale la pena? Noi diciamo proprio di sì. Chiamarlo semplicemente museo non gli rende giustizia: questa Versailles in miniatura, per la prima volta aperta al pubblico dopo aver ospitato per due secoli gli uffici dell’amministrazione navale, è un gioiello che è stato condiviso con il popolo dal giugno 2021. Offre a chi decide di investire un’ora del suo tempo un vivace spaccato dell’art de vivre alla francese al suo apogeo. E lo percepirete come un brivido, salendo dalla scalinata che vi porta dentro gli appartamenti privati, mentre una voce vi guida descrivendovi ciò che state guardando, nel momento in cui vi girate o tendete il collo, grazie al sistema di audioguida “confident” pensato per regalare un’immersione totale nell’esperienza.

di una lanterna che filtra dalla finestrella dell’ammezzato dove un domestico attende certamente gli ordini del suo signore. «Anche nella sala da pranzo, l’impressione è che gli invitati si siano appena alzati da tavola», sottolinea Jocelyn Bouraly. Ispirato a Le déjeuner d’huitres, quadro di Jean-François de Troy del 1735, l’allestimento propone ceste di paglia colme di ostriche, piatti d’argento e fini porcellane di Sèvres. Il gilet ricamato di un ospite è abbandonato su una sedia accanto a tovaglioli di battista. Un buffet del grande ebanista del Re, Jean-Henri Riesener, cela un passe-plat collegato alle cucine del piano inferiore per garantire pietanze sempre calde. Un inventario di 900 pagine con minuziose descrizioni di stoffe, accessori e mobili ha permesso di ritrovare un gran numero di pezzi d’origine dispersi tra il Louvre e l’Eliseo - come un delizioso divanetto di Maria Antonietta color avorio - o di rimpiazzarli con equivalenti. Nella camera da letto di Ville-d’Avray, la tappezzeria è stata dipinta a mano per restituire l’antico motivo. Metri e metri di velluti e broccatelli settecenteschi, acquistati nei mercatini delle pulci, si sono trasformati in tendaggi impreziositi da sofisticati pompon che hanno richiesto 150 ore di lavoro.

LE SALE DEL PALAZZO COSTRUITO NEL 1758 dall’architetto di

NELLA STANZA DI MADAME VILLE-D’AVRAY, la porta del guar-

Luigi XV, Ange-Jacques Gabriel, hanno ritrovato lo splendore delle origini grazie a un lungo restauro che le ha riportate a quando ospitavano il Garde-Meuble de la Couronne (ovvero erano il deposito dei mobili reali che Luigi XV non usava per le sue residenze). Nel Seicento la Francia era al massimo del suo splendore e dimostrava la sua superiorità con il lusso, dettando legge in fatto di stile in tutta Europa. «Diretta da un intendente nominato dal sovrano, l’istituzione aveva due missioni – spiega a Marie Claire Maison Jocelyn Bouraly, responsabile dell’Hôtel de la Marine – affidare ai migliori artigiani la realizzazione e il restauro di mobili destinati alle residenze reali, e assicurare la conservazione d’eccezionali oggetti d’arte, compresi i gioielli della Corona». Il primo intendente a insediarsi nell’edificio di Gabriel è Pierre-Elisabeth de Fontanieu; uomo di grande cultura, libertino inveterato, vi fa allestire lussuosi appartamenti ereditati in seguito dal suo successore, Thierry de Ville-d’Avray. Cuore palpitante del nuovo museo, questi ambienti di vita trasportano oggi il visitatore nel raffinato universo di un’aristocrazia che assapora le ultime ore di spensieratezza. Ogni dettaglio restituisce l’atmosfera dell’epoca: un paio d’occhiali dimenticati su un antico manoscritto, la borsa di raso di una dama posata su un tavolino, la debole luce

daroba lascia intravedere un abito di broccato a ricami d’oro. «D’indole puritana – racconta Bouraly - la gran dama aveva rivestito di drappeggi le figure mitologiche dipinte sugli specchi del vicino cabinet des glaces, dove il predecessore del marito, Fontanieu, organizzava rendez-vous galanti». Al poliedrico dongiovanni si deve uno dei pezzi più preziosi della collezione, il tavolo detto delle Muse. Commissionato a Riesener, decora il cabinet doré, ritrovato intatto dietro la parete di una cucina. L’atmosfera si fa densa d’emozione nel salon de compagnie: il tavolo del trictrac, antenato del backgammon, è ancora aperto e su una consolle sono sparsi i gettoni del cavagnol, gioco di società in voga alla corte. Passeggiando tra queste stanze, si ha la percezione che gli ospiti le abbiano lasciate precipitosamente: li ha forse spaventati il tuono dei cannoni alla Bastiglia? Con la Rivoluzione del 1789, il Garde-Meuble declina fino a scomparire. La Marina occupa il palazzo trasformando il primo piano in saloni d’apparato dove Napoleone organizzerà il ballo per l’incoronazione. Oggi, potete entrare e affacciarvi allo stesso balcone, che offre la possibilità di fare un selfie con l’obelisco di Luxor come sfondo, visto dalla terrazza di questa piccola Versailles che ha ritrovato il suo vero volto, carica di poesia e d’accenti di vita. @

LA FACCIATA IMPONENTE SI STAGLIA DI LATO SU PLACE DE LA CONCORDE,

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FUORI CASA GIARDINI

Un affaccio verde da usare anche in inverno, protetti da una struttura in ferro e vetro per racchiudere piante meravigliose, regalandoci relax mentre fuori piove testo Mariangela Rossi

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COURTESY CASTELLO DI RESCHIO

GIARDINI D’INVERNO


TRA I TETTI

Una vista dall’alto della veranda con la sua copertura di vetro incastonata WUD JOL DQWLFKL HGLÀFL A sinistra, l’esotico VSD]LR LQWHUQR

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FUORI CASA GIARDINI

METTI UN DRIK IN UN GIARDINO D’INVERNO. Intorno, cipressi, pini marittimi secolari e la vista di un cortile ordinato, con filari di buxus sempervirens, accostati a varietà di sedum e di rose stagionali. All’interno, solo palme gigantesche, piante di arancio e di alocasia, tutte provenienti dalla Sicilia. Dentro è fuori, fuori è dentro, come se il confine fosse sfumato. Siamo fra le colline in provincia di Perugia ma l’atmosfera che si respira è lontana dal cliché toscano, mediterraneo o tropicale, tantomeno alberghiero, ed evoca piuttosto il set di un film, da cui Agatha Christie sembra appena uscita, o un sogno onirico fatto di verde, di dettagli ricercati, che riscaldano una dimora vissuta a lungo. Eppure, in parte, così non è.

I giardini d’inverno nascono nell’Ottocento proprio come spazio domestico ibrido, in cui godere della luce del sole al riparo dal freddo, pensati nell’Europa centrale come stanza da abitare ancor prima che come serra per riparare piante esotiche. Oggi tornano protagonisti, come soluzioni ecologiche in tema di riscaldamento, ma soprattutto per la rinnovata voglia di natura che non si vuole fermare neppure quando la stagione volge all’inverno. The Palm Court, giardino d’inverno con bar annesso, ha aperto le porte insieme alle 36 camere dell’hotel solo nella scorsa primavera ed è un esempio squisito di wintergarden contemporaneo. «Questo luogo, che ho disegnato e fortemente voluto, è un’opportunità per rallentare e godersi un ritmo di vita che apparteneva agli anni 20, 30». L’architetto Benedikt Bolza (nella foto in basso con la moglie Donna Nencia), conte di origini austro-ungariche, studi a Londra, proprietario con la famiglia del Castello di Reschio, che le cui origini risalgono al 1050, è seduto su divano di velluto verde, sorseggiando uno dei quattro vini prodotti nella tenuta, 1.500 ettari di cui 70 di foreste e coltivazioni bio. «Nell’ex castello, acquistato nel 1984, non di tipo baronale ma costruito per la difesa e poi utilizzato per scopi agricoli, non esisteva una grande area per fare due chiacchiere conviviali, bere un tè, ascoltare la musica, fare una partita a scacchi. Quindi, nell’arco di un fine settimana, ho disegnato il progetto in 3D, e il nostro ingegnere insieme alla squadra di fidati artigiani locali si è occupato della parte strutturale: lasciando le pareti a vista, in quattro mesi abbiamo creato questa struttura in vetro a doppia altezza e in acciaio, secondo l’architettura industriale di inizi Novecento, senza saldature», spiega Bolza.

Lo sguardo cade su vari oggetti che parlano di ieri. Come il pianoforte Steinway del 1908, coperto da un antico suzani uzbeco ricamato, i tavolini di marmo anni 30, i ritratti dell’ex Conte e Contessa di Reschio, una

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coppia di blackamoors, le statuette decorative dei mori, con paralumi in vetro handmade di Murano, che all’imbrunire riscaldano ancora di più l’ambiente. «Volevo che fosse senza tempo, difficile da datare, ma che potesse acquisire una patina di famiglia». Il tutto è accostato con maestria agli oggetti contemporanei disegnati dallo stesso Bolza nella Tabaccaia, il suo hub creativo: dal 2022 alcune sue creazioni (tra cui il mobile bar, le lampade, la macchina da caffè e il tavolino da toeletta in ogni camera), i loro prodotti agricoli e altri dettagli di stile, come le lenzuola Rivolta Carmignani con il logo del Conte di Reschio, saranno in vendita nella nuova Bottega. Nel giardino d’inverno, intanto, dialogano con la storia altri suoi pezzi di design, come le lampade da lettura in velluto o a sospensione Poggibonsi color arancio, che sbucano dalle colonne e sembrano fluttuare tra le fronde delle palme, con un bagliore di fondo, e le avvolgenti sedie Peacock in rattan. «Non c’è stata una sola ispirazione, io credo al design collettivo, fatto di viaggi, di vecchie foto. Si crea il ricordo di tanti spazi, la memoria genera le cose più belle. Ma sono anche affascinato dall’old-world glam, quando si aveva più tempo per sedersi e contemplare». La proprietà è immensa e include 50 poderi («a oggi ne abbiamo ricostruiti e venduti 28, ville con design personalizzato, di cui 10 sono sempre in affitto»), mentre Benedikt con la moglie Donna Nencia Corsini e i cinque figli vivono in una fattoria accanto alle scuderie. «Ogni mattina Nencia esce a cavallo e torna con tante varietà per i suoi arrangiamenti floreali. Ama anche fare foraging, ha mappato tutto il verde circostante insieme all’esperto botanico che cura l’orto, per raccogliere piante selvatiche e medicali, tra cui l’erba di San Giovanni e la camomilla, da distillare in oli essenziali per la spa». Mentre parla mi fa strada verso la boot room, che nei manor house britannici è la stanza dove si indossano gli stivali prima della passeggiata «Ho voluto ricrearla con un grande camino e un lungo tavolo, anche per assemblare fiori ed erbe. Simula una casa privata, come è stata realmente» continua Bolza, che si è occupato anche del design del paesaggio e ha in mente di realizzare un cinema all’aperto nel verde. «Ma non voglio fare grandi cambiamenti, piuttosto desidero preservare, conservare. Rispettando i ritmi che la natura detta, anche governando i miei princìpi progettuali, e lasciando che le cose si evolvano». Sino a oggi, decisamente molto bene del paesaggio e ha in mente di realizzare un cinema all’aperto nel verde. @



GIARDINI VETRINA

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A COPENHAGEN TENDENZA BAKERY La Danimarca ha ridisegnato la scena gastronomica mondiale a sua immagine e somiglianza. Partendo dall’alta cucina per finire con l’ultima tendenza globale: pasticcerie e panetterie di alta qualità testo Margo Schachter

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FOTO DI DANIEL RASMUSSEN

MIRABELLE BAKERY IL PANIFICIO MIRABELLE, UNO DEI PRIMI A LANCIARE LA RIVOLUZIONE, FA PARTE DEL RISTORANTE “IMPERO” DELLO CHEF CHRISTIAN PUGLISI ED È FAMOSO SIA PER IL SUO OTTIMO PANE A LIEVITAZIONE NATURALE SIA PER I CROISSANT.

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FUORI CASA RISTORANTI

FOTO A FIANCO DI MARCO KESSELER, LE ALTRE IMMAGINI SONO DI DANIEL RASMUSSEN

PANE, BRIOCHE E SMØRREBRØD A SINISTRA, APOTEK57. CONCEPT STORE DI DESIGN DI FRAMA STUDIO CON BAKERY ANNESSA OSPITATO IN UNA EX FARMACIA D’EPOCA. IL TOCCO ITALIANO È TUTTO NELLE FARCITURE DELLA CHEF CHIARA BARLA. IN BASSO A SINISTRA, UN ALTRO SCATTO DI CHIARA, E A DESTRA, L’ESPOSIZIONE DEI MOBILI. NEL’ALTRA PAGINA DALL’ALTO, GLI INTERNI DI MIRABELLE E UNO TIPICO SMØRREBRØD. DANESE MA IN VERSIONE CONTEMPORANEA AL RISTORANTE SELMA, CHE REINVENTA LA CUCINA DANESE.


NEL 2004 IN DANIMARCA VENNE PROCLAMATO IL MANIFESTO della nuova cucina nordica, e da allora il mondo non è stato più lo stesso. Ingredienti locali e di stagione, tecniche moderne e saperi antichi hanno riportato sulle loro tavole carne di renna, alce, licheni ed erbe spontanee, e su quelle di tutto il mondo cibi fermentati, ricette dimenticate e verdure come rape, tuberi, cavoli e varietà antiche di frutta locale. Dalla Scandinavia al Sud Italia ci si è rimessi in cerca delle proprie radici, elevandole ad alta cucina e facendone ricerca, e se oggi quindi anche nel nostro Paese mangiamo barbabietole e abbiamo riscoperto parte della nostra immensa biodiversità, è anche merito loro. Fino all’avvento del ristorante noma a Copenhagen dello chef René Redzepi e del socio Claus Meyer, promotori di quel manifesto, pensare di andare in Danimarca per una gita gastronomica era pura follia.

Nel giro di pochi anni i Paesi scandinavi sono diventati invece le mete dei gourmet ma soprattutto di migliaia di giovani cuochi in cerca di ispirazione. La scena è cresciuta fino a diventare un’onda anomala che ha contaminato un’intera generazione, dal Sud America alla Russia, con un tipo di cucina minimalista ma soprattutto con una filosofia etica molto più vicina a Greta Thunberg che ai grandi chef francesi del passato. A Copenhagen è arrivato a studiare il mondo e non tutti se ne sono andati, riconfigurando questa cittadina in un hub di culture, idee, ispirazioni molto più attrattivo della statua della sirenetta. La Danimarca è un esempio a livello planetario di marketing turistico perché in poco più di un decennio si è riposizionata come destinazione, affermandosi dallo zero assoluto gastronomico a paradiso per gli amanti della tavola di avanguardia. Perché se ne parla, oggi? Perché proprio il noma di Copenhagen ha guadagnato le tre stelle Michelin, vinto per la quinta volta il primo posto nella classifica The World’s 50 Best Restaurants 2021 condividendo il podio con un altro ristorante locale tristellato, il Geranium, medaglia d’argento.

tre, altro sta letteralmente, montando. A Copenhagen e nel resto del Paese, la cosa più alla moda sono le bakery: panetterie-pasticcerie devote alla pasta madre e a lunghe lievitazioni, dove si fa la fila per pane, croissant e brioche ambìti come piatti stellati. Un vero “assalto ai forni” perché ci si mette in coda per poter assaggiare l’ultima creazione di fornai che sono le nuove rock star della cucina. Vengono in realtà proprio dalle cucine i protagonisti della panificazione di oggi perché questo movimento nasce al noma e negli anni ha generato un’intera dinastia di Á

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FOTO DI ANDREA NUÑEZ

La Danimarca riafferma la sua leadership nella scacchiera geopolitica della cucina ma, nel men-


FUORI CASA RISTORANTI

FOTO DI GIUSEPPE LIVERINO

NUOVE APERTURE A FIANCO DA SINISTRA, HA APERTO DURANTE LA PANDEMIA, POPL, IL BURGER BAR FIRMATO NOMA DELLO CHEF RENÉ REDZEPI. ACCANTO, RICHARD HART PANIFICAVA AL NOMA PRIMA DI APRIRE LA SUA PANETTERIA, HART BAGERI A FREDERIKSBERG (DOVE SI FA LA FILA E I CROISSANT SONO IN EDIZIONE LIMITATA). NELLA PAGINA ACCANTO, GALST BAGERI, UNO DEI PANI PIÙ ACCLAMATI IN CITTÀ, CHE SI TROVA ALLO STADIO DI CALCIO E SOTTO DUE DETTAGLI.

ex-dipendenti e locali satellite che gravitano per un grado di separazione o poco più dal genio di Redzepi & co. La tradizione in fatto di dolci è sempre stata molto forte, basti pensare ai butter cookies danesi e che all’estero alcune brioche vengono chiamate proprio Danish pastries. Ma nella filologia di questa storia si innesta il lievito madre della iconica panetteria Tartine di San Francisco (altra protagonista della cucina mondiale) trapiantato a Nord prima nel cestino del pane del Noma e poi in giro per la città nelle Meyers Bageri del demiurgo Claus Meyer.

Chiara Barla è uno dei volti di questa rivoluzione, è italiana e come molti è arrivata a Copenhagen per carpirne i segreti, e ha poi deciso di rimanerci. Classe 1983, nata fra gli orti e gli ulivi di Imperia, laureata in letteratura e storia dell’arte, Chiara migra a Milano per specializzarsi in digital e social media PR, poi la passione per la cucina prende il sopravvento e lascia tutto per uno stage in cucina. “Nel 2017 vado a Copenhagen, volevo starci tre mesi”. Lavora al 108, bistrò del noma, poi da Mirabelle, bakery dello chef italiano Christian Puglisi (ex-noma anche lui) che ha per primo proiettato la scena della panificazione dove è oggi. «Copenhagen è un grande paesino, multiculturale, cosmopolita, dove tutto però è raggiungibile in bici. Mi hanno affascinato la sinergia fra chef e la loro collaborazione, senza competizione, che ha creato un fermento culturale intorno al cibo. Però se prima i giovani aprivano nuovi ristoranti, oggi aprono bakery». Cosa che ha fatto anche lei, nel 2020, dopo aver maturato questa idea durante il lockdown. Oggi prepara brioche e croissant in cui traspare il tocco

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italiano: non vuote come si usa qui, ma farcite al momento con creme stagionali – il tutto in un angolo del concept store Apotek57 dei designer danesi Frama Studio. Si trova nei locali di una vecchia farmacia, mentre nelle piccole stanze del retrobottega in quello che sembra un appartamento privato, con porte fra le stanze e finestre sulla strada, si servono caffè e pasticcini. Tutto è curato nei minimi dettagli perché l’hygge (leggi: huga) danese lo si vive non solo nelle case ma anche negli spazi pubblici che devono essere accoglienti, concepiti per farti restare. La Danimarca è uno dei Paesi dove si vive maggiormente al chiuso e da Apotek57, ad esempio, c’è un tavolo comune che invita all’incontro, delle scrivanie per lavorare, sedute diverse per ogni uso, illuminazione millimetrica. «Da uno spazio dove la gente comprava i loro prodotti, lo store è diventato un luogo dove la gente utilizza il design Frama, dalle sedie al servizio di piatti e bicchieri».

Apotek57 si trova a Nyboder, antico quartiere di casette dei marinai oggi molto alla moda, perfetto per una caffetteria che vive prima di tutto di clienti abituali. «Amo la colazione e la sua sensazione di routine, non è il momento della sperimentazione ma del comfort. Si fa vita di quartiere qui, poi nei fine settimana prendi la bici e cambi zona, e provi nuove bakery, ed è per questo che ne hanno aperte a decine solo nell’ultimo anno, anche una vicina all’altra. È così che si costruisce una scena». Ed è così che la moda delle pasticcerie nordiche si è già diffusa per l’Europa, fino in Italia. A Milano ha aperto Loste, di un ex-pasticciere… del noma, e altri locali con lo stesso


design quasi scandinavo stanno inaugurando per tutta la Penisola, diffondendo il verbo di questa nuova rivoluzione del lievito madre.

Se i ristoranti più famosi hanno liste d’attesa lunghe mesi e richiedono di spendere centinaia di

FOTO DI MELLANIEGANDØ E THUE T. PETERSEN

euro, una brioche di altissima qualità è invece davvero popolare, «accessibile ma ugualmente cool. La stessa filosofia, qualità delle materie prime e artigianalità dei grandi ristoranti, la trovi anche a colazione. A Copenhagen oramai si mangia bene ovunque, anche in una birreria o in un wine bar, tutto è sostenibile a km zero, eccellente». Se Copenhagen è quindi una meta gastronomica non lo è solo grazie ai grandi nomi, ma al fervente sottobosco di locali semplici che offrono piccole esperienze quotidiane di alta qualità. Ed è proprio questo l’esempio da cogliere, anche in Italia: la vita (e non solo la cucina) è proprio questo: non caviale e champagne per le rare, grandi, occasioni, ma il piccolo lusso di una brioche appena sfornata con un caffè fumante, in un locale accogliente, su una poltroncina comoda, tutti i giorni. @



CASA / RICEVERE

“Prima o poi arriverà nella vita di ogni donna un momento in cui l’unica cosa che può essere d’aiuto è una coppa di champagne”. Ruth Elizabeth (Bette) Davis

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RICEVERE NATALE

Pranzo delle feste in

FAMIGLIA Una tavola apparecchiata con amore e le ricette della tradizione, con un tocco nuovo per sorprendere gli ospiti e strappare un applauso finale testo e ricette Csaba dalla Zorza

CENTROTAVOLA realizzato da Bohem, con pino nobilis, agrifoglio, ginepro, amarillis, rose, ranuncoli e bacche di skimmia.

foto Stefania Giorgi


HAIR & MAKE UP PER CSABA ARIANNA DI PAOLO, FASHION STYLIST NICOLÒ MILELLA, ABITO DIOR, SCARPE ROGER VIVIER

ELEGANZA PURA per la tavola del pranzo di Natale, che mescola i toni del grigio e del rosso, stemperati con un tocco rosa e che non può rinunciare alle posate in argento.

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RICEVERE NATALE

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PANETTONE PASTICCERIA MARCHESI 1824

Una glassa di zucchero a velo e limone, decorata con frutta secca e ribes veste il panettone a festa.


BUONE MANIERE

Sulla tavola, tovaglia grigio perla (Rivolta Carmignani), sottopiatto, piatto steso e piattino del pane in porcellana (Oriente italiano vermiglio, di Ginori 1735). Posate in argento Varennes (Greggio Argenti). Bicchieri in borosilicato (Ichendorf Milano), caraffa (Dior). Fiori di Bohem La stazione.

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RICEVERE NATALE

A

mo la tavola, inutile negarlo, per me stendere una tovaglia è come compiere un rito e mi piace pensare che possa essere così anche per voi: infonde serenità, soddisfa la vena creativa e non richiede più di dieci minuti di tempo. Preparare la tavola delle feste è un piacere che inizia molte settimane prima, alla fine del mese di novembre, quando comincio a pensare a come la vestirò: i colori, i tessuti e gli accessori che fanno bella una tavola seguono lo stesso principio dell’abbigliamento. Più che ricercare la tendenza o la moda, dobbiamo puntare allo stile. Ciascuno ha il proprio, e la tavola deve rispecchiarlo, quindi scegliete una palette di colori che si intoni con la vostra sala da pranzo, e oggetti che abbiano per voi una storia da raccontare.

L’apparecchiatura della tavola va progettata tenendo conto dello spazio e degli oggetti che lo abiteranno, esattamente come si fa per una stanza. Ogni pietanza deve avere le sue posate e i suoi piatti e tutto l’insieme deve risultare gradevole e armonico. Esattamente come capita per una bella scarpa o un bell’abito, oltre all’estetica dobbiamo pensare anche alla sua praticità. Mangiare senza gli strumenti giusti, o su una tavola troppo carica che rende impossibile appoggiare un vassoio o una zuppiera, equivale ad andare a una festa con le scarpe strette. Rovina l’esperienza. Tenere alla larga l’ansia da prestazione è il secondo punto importante: non c’è bisogno di complicarsi la vita stirando alla perfezione la tovaglia, né di avere un corredo di stoviglie infinito. Il mio suggerimento è sempre quello di ragionare sulla scelta del menù e sul numero degli ospiti, e di chiedersi se abbiamo tutto ciò che serve per “andare in scena”. Se manca la doppia forchetta al servizio, scegliete un primo che si possa servire con il cucchiaio, piuttosto che ricorrere al lavaggio della posata tra una portata e l’altra. Se lo spazio a tavola non è sufficiente, optate per un carrello di appoggio sul quale metterete piatti in più, ma anche ménage, cestino del pane, secchiello con il ghiaccio per i vini da tenere in fresco.

Il tavolo (mobile) diviene tavola (da pranzo) quando lo si apparecchia per utilizzarlo durante un pasto, predisponendo la tovaglia e le stoviglie. Per farlo correttamente si deve seguire il menu, perché serve un piatto e una posata (o due) per ogni portata. Ogni cosa ha un suo posto preciso nell’apparecchiatura della tavola, e a Natale è bello ricordarsi anche di quei dettagli che durante l’anno si finisce per trascurare. Se volete mettere il sottopiatto (segnaposto) aggiungete anche il piattino del pane: possono essere uguali al servizio da tavola, oppure in argento, o anche spaiati tra loro, purché in armonia di stile e colore. Le posate si apparecchiano mettendo a destra il coltello (con la lama verso il piatto) e il cucchiaio, a sinistra le forchette (una o due, secondo il menu). Si utilizzano poi sempre prendendo prima quelle più esterne. I bicchieri vanno in alto sulla destra, mettendo i più alti dietro (due a casa, massimo tre) mentre il piattino del pane va a sinistra, come il tovagliolo, piegato a rettangolo o a triangolo. Se la tavola è stretta e non avete spazio, mettete il tovagliolo sopra il piatto. Le posate da frutta, che oggi si usano anche per il dolce, un tempo si apparecchiavano all’inizio, e se volete farlo, va benissimo. Abbiate cura però di mettere quelle giuste: il cucchiaio da dolce è più piccolo di quello da tavola e più grande di quello da tè. Si apparecchia con il manico verso destra. Se avete solo la forchetta da frutta, si apparecchia con il manico verso destra. Se insieme al coltello, la forchetta ha il manico a sinistra. A mio avviso, oggi le posate per la frutta e il dolce è più comodo che siano portate in tavola con il dessert, soprattutto se avete la necessità di usare quelle di un servizio diverso (sì, certo, si può fare!). Al momento di servire il dolce e la frutta si sparecchiano tutti i bicchieri che non serviranno più, e i sottopiatti, e si portano i piattini da frutta e le posate necessarie.

Infine, il centrotavola. Mi piace che la mia tavola sia una festa per gli occhi e i fiori sono una parte es-

TAVOLA & DESIGN L’apparecchiatura della tavola va progettata tenendo conto dello spazio e degli oggetti che lo abiteranno, esattamente come si fa per una stanza.

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senziale. Non amo il centrotavola tradizionale, a cuscino, e prediligo invece pochi fiori bellissimi, arrangiati in vasetti bassi come quello nella fotografia. L’eucalipto si conserva bene e dà un bellissimo tocco di verde opaco, ma anche edera e felci sono tra le mie scelte più frequenti. Il tocco luminoso delle candele rende tutto più intimo, romantico, natalizio. @


ALZATA VINTAGE DI ALL’ORIGINE, IMOLA

La frutta di stagione crea una bellissima composizione colorata dentro l’alzata di vetro vintage.

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A TAVOLA NATALE

TITOLETTO DIDA Del inci bea ne venem asperchil et parum seditat ioribus anduciis quisbus anduciis quis comnisimi, conem. Et res int, TRADIZIONE que nit res int, que nellant, L’albero di sinus eum quias nistio quo Natale decorato dolupite con oggetti chedolorru provengono da viaggi, regali e acquisti fatti nel tempo è un pezzo di storia di famiglia che si tramanda di anno in anno.

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TORTA DI NATALE AL CIOCCOLATO

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RICEVERE NATALE

Torta di Natale al cioccolato

Morbida e dal profumo intenso, questa torta è fatta con olio di semi e non ha uova, quindi è perfetta se avete ospiti che seguono un regime vegano. È facile da fare e potete decorarla come preferite (anche con polvere d’oro, quando siete in vena di esagerare). PER 1 TORTA DA 10 - 12 FETTE

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150 g di farina 50 g di farina di farro 1 cucchiaino colmo di bicarbonato ½ cucchiaino di sale 80 g di cacao amaro 250 g di zucchero di canna integrale scuro 370 ml di acqua bollente 75 ml di olio di semi di arachide 1,5 cucchiaini di aceto di mele

Tortelloni di ricotta rosa

Un altro classico della cucina delle feste: i tortelloni di magro, che a me piace servire con un brodo leggero di verdure (o di carne, se ho fatto un bollito). Chiuderli a mano chiede tempo, ma dà una soddisfazione enorme.

PER LA GLASSA

PER 4 – 5 PERSONE

• 100 ml di olio di semi di arachide • 70 g di zucchero di canna fine • 25 g di cacao amaro • 200 g di cioccolato fondente (70% di cacao) • 2 – 3 rametti di ribes fresco • 1 cucchiaino di zucchero a velo

• 400 g di semola rimacinata di grano duro • 1 cucchiaino scarso di sale • 4 uova, intere • 50 g di farina extra, per la lavorazione • 250 g di ricotta • 1 cucchiaio di barbabietola cruda, grattugiata fine • 2 litri di brodo vegetale • 2 cucchiai di parmigiano, grattugiato • noce moscata o zenzero fresco grattugiato (facoltativi)

Iniziate a preparare prima la glassa, perché deve raffreddare. Mettete in una casseruola l’olio, lo zucchero e il cacao, mescolate con un cucchiaio di legno e scaldate su fiamma media, mescolando bene. Spostate dal fuoco e aggiungete il cioccolato, a pezzi, mescolando ancora sino a che otterrete una glassa abbastanza densa. Tenete da parte. Riscaldate il forno a 180 °C (statico) e ungete uno stampo a cerniera da 18 - 22 cm di diametro. Setacciate insieme le due farine e il bicarbonato, il sale e il cacao. A parte, riunite in una ciotola lo zucchero di canna, l’acqua bollente, l’olio di semi e l’aceto. Versate gli ingredienti liquidi nella ciotola con la farina, mescolando con un cucchiaio di legno, sino a ottenere una pastella piuttosto liquida. Versatela nello stampo, infornate e cuocete per 40 minuti, sino a che uno stuzzicadenti inserito all’interno uscirà pulito (ma ancora umido). Togliete dal forno e lasciate raffreddare la torta per circa mezz’ora, poi aprite la cerniera e trasferite la torta su una griglia, in modo che si raffreddi completamente. Una volta fredda, spalmatela con la glassa, decorando la superficie con il ribes e cospargendo con lo zucchero a velo.

Versate la farina sul piano da lavoro, o nella ciotola dell’impastatore, insieme al sale. Aggiungete le uova intere e impastate energicamente, sino a che otterrete una palla liscia e omogenea. Dividetela in 8 pezzi, poi tirate ciascuno sino a ottenere una striscia spessa circa 3 millimetri e larga 10 – 12 centimetri. È più facile farlo con una sfogliatrice, manuale o elettrica. Sistemate le strisce di pasta su un canovaccio infarinato e lasciatele riposare mentre preparate il ripieno. Mescolate in una ciotola la ricotta ben scolata, la barbabietola e un po’ di sale. Usando un coltello, tagliate tanti quadrati di circa 5 cm di lato. Prelevate delle piccole palline di ricotta e sistematele al centro di ogni quadrato di pasta, poi chiudete a triangolo tenendo il ripieno al centro e premendo insieme i bordi di pasta per farli aderire. Infine, arrotolate le estremità alla base del triangolo intorno al dito, premendo i lembi per chiudere l’anello. Procedete così sino al termine. Scaldate il brodo sino a farlo bollire, quindi cuocete i tortelloni per 4 – 5 minuti (in base allo spessore della pasta). Serviteli caldi, con parmigiano reggiano grattugiato e, se lo desiderate, un pizzico di noce moscata o di zenzero fresco.

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TORTELLONI DI RICOTTA ROSA

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RICEVERE NATALE

CROSTINI DI INSALATA RUSSA

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ABITO RALPH LAUREN

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RICEVERE NATALE

Crostini di insalata russa

Preparate il puré facendo cuocere al vapore per 7 minuti

Si sa, l’insalata russa è l’antipasto più amato dagli italiani durante il Natale (ma non solo). Per renderla più interessante, provate a servirla sopra dei crostini di pane scuro, decorandola con germogli freschi.

le patate già sbucciate e tagliate a pezzi, dentro la pentola a pressione, poi schiacciatele. Grattugiate la barbabietola e mescolate la sua polpa alle patate schiacciate. Aggiungete il burro e mescolate con un cucchiaio di legno, poi versate il latte, scaldate leggermente e amalgamate solo quello che basta per ottenere una purea abbastanza grezza, di colore rosa.

PER 24 CROSTINI CIRCA

Scaldate una padella con un paio di cucchiai d’olio di semi e adagiateci sopra il merluzzo, quindi irrorate con il succo di limone e salate. Lasciate cuocere a fiamma vivace per 4 minuti, poi giratelo delicatamente con una spatola. Coprite e abbassate la fiamma, terminando la cottura per altri 3 – 4 minuti. Componete il piatto mettendo sotto un paio di cucchiai di puré, sopra il merluzzo, un po’ di pepe, infine la verza affettata fine e le foglie di acetosella.

• 1 piccola baguette scura, integrale • 4 carote, 4 patate, • 250 g di pisellini surgelati • 2 cucchiai di capperi sott’olio • 10 cetriolini sottaceto • sale fino, germogli di barbabietola • erba cipollina PER LA MAIONESE

• • • • •

2 tuorli ½ cucchiaino di sale 1 cucchiaino di aceto bianco 250 ml di olio di semi di arachide 1 cucchiaio di succo di limone

Pulite e tagliate le carote a tocchetti piccoli, tuffatele in acqua bollente salata insieme ai pisellini surgelati, per pochi minuti. A parte, lessate le patate in acqua bollente salata e tagliatele a dadini di ½ cm di lato. Tagliate a dadini anche i cetriolini sottaceto. Preparate la maionese. Riunite in una ciotola i tuorli, il sale e l’aceto. Montate con una frusta elettrica a velocità minima, iniziando a versare l’olio un cucchiaio alla volta, sino a che la maionese sarà montata (servono circa 10 minuti). Diluite con il succo di limone, poi tenete in frigorifero fino al momento di usarla. Riunite le verdure in una ciotola capiente con i capperi ben scolati e i cetriolini tagliati a dadini. Aggiungete la maionese e amalgamate bene, poi aggiustate di sale. Tagliate il pane a fette, tostatelo e cospargetelo con l’insalata russa, i germogli e l’erba cipollina, poi mettete tutto su una bella alzata di vetro e servite.

Merluzzo con puré rosa

La vigilia di magro, ma con un accento rosa e un look nordico che strizza l’occhio ai ristoranti che hanno vinto il World 50 Best a ottobre… Tutti in una ricetta super semplice.

Meat pie alla birra

Questo è un piatto che arriva dalla tradizione inglese e che io amo molto, soprattutto perché puoi preparare tutto il giorno prima e assemblare all’ultimo. Geniale quando si hanno molti ospiti. PER 2 MEAT PIE / 4 PERSONE

• 700 g di polpa di manzo • 2 cucchiai di farina • 2 cucchiai di olio d’oliva • 1 presa di sale • 1 costa di sedano, 1 carota • 1 piccolo scalogno, tritato • 2 foglie di alloro fresco • 1 cucchiaio di concentrato triplo di pomodoro • 1 cucchiaio di aceto di mele • pepe nero, macinato al momento • 600 ml di birra tipo pale ale • 300 ml di brodo vegetale • 4 fogli di pasta brisé Tagliate la polpa di manzo a cubetti di circa un paio di centimetri di lato e rotolateli nella farina. Scaldate in una pentola ampia l’olio, poi aggiungete la carne e rosolatela da tutti i lati, per circa 5 minuti, salandola alla fine. Togliete la carne e mettete nella stessa pentola il sedano e la carota tritati, lo scalogno, l’alloro. Mescolate e lasciate rosolare 3 – 4 minuti, aggiungendo l’aceto. Rimettete la carne nella pentola, mescolate bene e poi aggiungete il concentrato e una macinata di pepe. Lasciate cuocere un minuto circa, quindi versate la birra e il brodo vegetale. Coprite con un coperchio e cuocete cosi per circa 2 ore.

PER 8 PERSONE

• 150 ml di latte • 1,3 kg di patate vecchie • 1 piccola barbabietola • 150 g di burro • ¼ di verza rossa • foglie di acetosella fresche • 8 tranci di merluzzo skrei (disponibile fresco solo in inverno) • 2 cucchiai di olio di semi di arachidi • 1 cucchiaio di succo di limone • sale e pepe nero, macinato al momento

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Ricavate dalla pasta brisée 2 cerchi più grandi e 2 più piccoli. Usate i grandi per rivestire gli stampi che andranno in forno. Riempiteli con la carne, avendo cura di scolarla dall’eventuale liquido di cottura rimasto, ma senza asciugarla troppo. Chiudete ciascuno stampo con un coperchio di pasta, tagliando via l’eccesso con un coltello affilato. Potrete usarlo per la decorazione. Riscaldate il forno a 200 °C. Spennellate la superficie delle tue torte con la mistura di uovo e acqua, poi infornate e cuocete per circa 35 minuti, sino a che saranno dorate e opache in superficie. Togliete dal forno e lasciate raffreddare 5 minuti prima di estrarle dagli stampi e servirle.


MERLUZZO CON PURÈ ROSA

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RICEVERE NATALE

MEAT PIE ALLA BIRRA

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RICEVERE VETRINA

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CUCINA IN FESTA 1. POSTO TAVOLA IN PORCELLANA CON DECORO ORO, PIATTO + FONDINA € 129 HERITAGE MIDAS DI ROSENTHAL RISERVA DEL FONDATORE IN VETRO COLORATO, POLS POTTEN STUDIO

5. TEIERA IN PORCELLANA, HERBARIUM DI GUCCI € 530 MONOBLOCCO CON FINITURA IN ORO, DI SAMBONET, 24 PEZZI A € 164,90 7. EDIZIONE LIMITATA PER LA

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DI BITOSSI HOME € 91,10 7

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RICEVERE FIORI

DECORO SWAROVSKI CHRISTMAS DI CRISTALLO.

PALLINA DI NATALE A RIGHE DI PAUL SMITH.

I CONSIGLI DEGLI ESPERTI Ricca, bellissima e profumata di abete: la ghirlanda natalizia è una gioia per gli occhi e ha un’unica missione: abbellire la nostra casa durante il periodo delle feste. Abbiamo chiesto ad Alberto Marini e Ulrika Pettersson, titolari di Bohem La Stazione (Paratico, BS), come sceglierla e dove installarla. Che si decida di metterla sulla porta, sopra il camino, o in assenza di quest’ultimo semplicemente in salotto, deve essere scelta con cura e, soprattutto, preparata con rami e fiori freschi. I colori possono variare, la base comune di solito è il verde, ma anche il color legno e il bianco sono scelte attuali. La ghirlanda deve inserirsi al meglio nel contesto della stanza dove sarà posizionata. Per realizzare quella nella foto sono stati utilizzati rami di pino mugo e pino nobilis, poi ginepro e agrifoglio. L’elemento esterno è l’ortensia, che ingentilisce il tutto, mentre le pigne di larice fanno da richiamo al bosco. Bacche di rosa, capsicum ciliegia e skimmia rubella e reevesiana completano la composizione, che abbiamo appeso alla porta con un nastro di cotone verde. Un’idea regalo da farsi agli inizi di dicembre.

La ghirlanda DELLE FESTE FATTA A MANO CON FIORI FRESCHI, LA CLASSICA CORONA DA APPENDERE ALLA PORTA HA UN’ELEGANZA SENZA TEMPO. foto Stefania Giorgi

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1. Calice. Borough Martini Glass di LSA international, da € 52 il set da 4 pezzi 2. Tumbler. Tema e Variazioni n 130, il set di 6 pezzi, Fornasetti, € 45 3. Cucchiaio. Martelé in argento, Robbe & Berkin Silber, a partire da € 206 4. Secchiello. Double O con finitura ottone lucido di Richard Hutten per Ghidini 1961 5. Bottiglia. Di Italicus, Rosolio di Bergamotto, 6. Tappo. Carat Wine in cristallo, Orrefors, € 59.78

IN FERRO E IMBOTTITURA, DESIGN CASTELLO LAGRAVINESE STUDIO PER CANTORI

CABINET BAR. STRUTTURA E ANTE IN VETRO TEMPERATO PER FLOAT, DESIGN PIETRO RUSSO, BAXTER

Bere proibito NEL SALOTTO DI CASA COME FOSSE UNO SPEAK-EASY «Vieni per un drink!». Ricevere a casa per un aperitivo è più attuale che mai. La chiusura dei locali nel 2020 ha dato il via a un nuovo desiderio, concedersi il proprio cocktail preferito anche a casa, e ad una nuova passione, quella per la miscelazione fai-da-te. Negli anni del Proibizionismo americano, quando bere era illegale, per riempire il proprio bicchiere con qualcosa di alcolico si frequentavano locali clandestini detti speak-easy, oggi ci si ritrova ugualmente a porte chiuse, ma nell’intimità del salotto di casa propria. Sono tornati così protagonisti l’angolo bar e gli inviti per un drink: bastano un mobile dedicato o anche solo un carrello, qualche bicchiere, pochi strumenti del mestiere e ingredienti che si trovano oramai tutti al supermercato (anche bottiglie premium, segno dei tempi). E cosa offrire? Lo abbiamo chiesto a Mattia Pastori: volto noto dei migliori cocktail bar di Milano e molto attivo fra consulenze, eventi e un servizio di bar catering a domicilio.

POUF. GEO CREATO DA PAOLO GRASSELLI PER SABA, PUÒ AVERE LA BASE IN METALLO DA SCEGLIERE TRA DIVERSE FINITURE

I CONSIGLI DEL BARTENDER Cosa tenere in casa? Di base, vermuth, bitter, gin, vodka e poi, per essere al passo con le mode, anche una bottiglia di tequila. Per fare scoprire agli ospiti qualcosa di nuovo e del proprio territorio, anche un liquore tipico italiano: l’ospitalità alcolica è anche questo! Nient’altro? Ghiaccio, tanto ghiaccio, e agrumi si conservano a lungo, le bucce si usano per decorazione, il succo arricchisce i drink. Cosa servire? I classici, che sono anche i più facili da ricreare a casa come Americano, Negroni, Spritz o un gin tonic. Oppure in tema di tradizione rivisitata, il rosolio al bergamotto Italicus da servire con tonica, con prosecco, oppure con pompelmo e soda. Perché il pompelmo rosa oggi è di tendenza.

SECCHIELLO VINO. FA PARTE DELLA LINEA Q ICE DI SAMBONET, DA € 156

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MAISON CANTINA

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COSA STAPPARE

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Per l’aperitivo. Un blanc de blanc da uve chardonnay. Meglio ancora se un Satèn, rotondo e dalla grande finezza. A tutto pasto. Perfetto un rosè a base di pinot noir, un vino che accompagna sia piatti di pesce sia i menù della tradizione più strutturati fino alle carni rosse. Per un brindisi. Si stappano le bottiglie più importanti della cantina, un grande millesimato o una riserva dal lungo affinamento. Il dessert. Spesso si sbaglia: serve una bottiglia che abbia un alto residuo zuccherino (che significa uno spumante brut o un dry, che al contrario del nome è invece amabile). Da regalare. Un grande brand o una grande cantina, per andare sul sicuro. Se si conosce il destinatario e i suoi gusti, etichette di nicchia con cui sorprendere.

1. Lampadario. In legno naturale, Kauri di Ideal Lux. 2. Cantinetta. Climatizzata da incasso, WKEes 553 GrandCru Liebherr, con circuiti regolabili. 3. Frigo-cantina. Conserva insieme vini rossi, bianchi e champagne, EWTdf 3553 Vinidor, Liebherr. 4. Cofanetto. Oeno-Curiosités, L’Atelier du Vin. 5. Tavolo e panca. b Solitaire, nei toni caldi dell’essenza di legno di rovere di Bulthaup.

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Bollicine!

DA TENERE IN FRESCO, PRONTE DA BERE Nessuno più aspetta il brindisi di Capodanno per stappare una bottiglia di spumante. Le bollicine si bevono oramai in ogni stagione e a tutto pasto, dall’aperitivo al dessert. Champagne ma anche i molti Metodo Classico che vengono prodotti in Italia con risultati di altissimo livello. Stessa vinificazione artigianale, e stesse uve chardonnay o pinot nero delle maison francesi, si ritrovano in grandi bottiglie Made in Italy prodotte in Piemonte come Alta Langa Docg, fra le montagne trentine dalle cantine del Trentodoc e in Lombardia fra le colline della Franciacorta. E visto che proprio la Franciacorta ospiterà per i prossimi tre anni la presentazione della Guida Michelin dei ristoranti, siamo andati a chiedere consigli in fatto di abbinamenti ad Alessandro Lanzani della Bottega&Bistrot e del Laboratorio Lanzani, due vere istituzioni a Brescia in fatto di vino (e bollicine).

FRANCIACORTA NECTAR BELLAVISTA, È L’IDEALE PER ACCOMPAGNARE DOLCI E DESSERT, COSTA € 37. SATÈN CONTADI CASTALDI, 100% CHARDONNAY DALLA FRANCIACORTA, PERFETTO PER L’APERTIVO, € 23

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INDIRIZZI

A

ALESSI, alessi.com

DESIGNERS GUILD, designersguild.com

ARCLINEA, arclinea.it

DEVON&DEVON, devondevon.com

ARMANI/CASA, armanicasa.com

DIOR, dior.com

ASPINAL OF LONDON, aspinaloflondon.com AXOLIGHT, axolight.it

B

B&B ITALIA, bebitalia.com BAXTER, baxter.it BINOVA, binova.it BITOSSI HOME, bitossihome.it BOFFI, boffi.com BOHEM LA STAZIONE, bohem.cloud BONTEMPI CASA, bontempi.it BUDRI, budri.com BULTHAUP, bulthaup.com

C

CAFFE’ VERGNANO, caffevergnano.com CANTORI cantori.it CAROLA VAN DYKE, carolavandyke.com CARPET EDITION, carpetedition.com CASA, casashops.com CASSINA, cassina.com CATELLANI&SMITH, catellanismith.com CHANEL, chanel.com CLEMENTS RIBEIRO, clementsribeiro.com COL SANDAGO, colsandago.it

D

DAINELLI STUDIO, dainellistudio.it DAVIDE GROPPI, davidegroppi.com DAYTONA, daytonahome.it DCW ÉDITIONS PARIS, dcweditions.fr

DITRE ITALIA, ditreitalia.it DOMORI, domori.com

E

H

MICHAEL ANASTASSIADES, michaelanastassiades.com

RENZO SERAFINI, renzoserafini.it

HUBERT ZANDBERG INTERIORS, hzinteriors.com

MIDJ IN ITALY, midj.com

RICHARD GINORI, richardginori1735.com

I

MOLTENI&C, molteni.it

HERMÈS, hermes.com

ICHENDORF MILANO, ichendorfmilano.com IDEAL -LUX, ideal-lux.com

MINOTTI, minotti.com

RIFLESSI, riflessi.it

MUTINA, mutina.it

RIMADESIO, rimadesio.it

N

RIVOLTA CARMIGNANI, rivoltacarmignani.com

NEMO, nemolighting.com

ROBBE & BERKING, robbeberking.com

NATUZZI ITALIA, natuzzi.it

EDRA, edra.com

ILLULIAN, illulian.com

EGOITALIANO, egoitaliano.com

ITALICUS, rosolioitalicus.com

NOT.O, notordinary.it

ELIGO, eligo.it

J

O

OLUCE, oluce.com

RODA, rodaonline.com

ETHIMO, ethimo.it

JENNIPIE thelingerieattitude.com

ROSENTHAL, sambonet.it, rosenthal.de

ETRO HOMEINTERIORS, etro.com

K

OPERA CONTEMPORARY, operacontemporary.com

ESTABLISHED & SONS, establishedandsons.com

F

FENDI CASA, luxurylivinggroup.com FERM LIVING, trendhouse.it, fermliving.com FERRARI, ferraritrento.it FILIPPO GHEZZANI, filippoghezzani.com 1STDIBS, 1stdibs.com FLEXFORM, flexform.it FLOS, flos.com FONTANAARTE, fontanaarte.com FORNASETTI, fornasetti.com

G

GALLOTTI&RADICE, gallottiradice.it GHIDINI 1961, ghidini1961.com GIANFRANCO FERRÉ HOME, gianfrancoferrehome. it, jumbo.it GIOVANNI DE MAIO, giovannidemaio.com

JAB ANSTOETZ, jab.de

KARTELL, kartell.com

ORREFORS, distr. Messulam, messulam.casa

KNOLL INTERNATIONAL, knollint.com

P

KREAFUNK, kreafunk.com

L

LABANTO, labanto.it LART ARCHITETTI, lartarchitetti.com LIEBHERR, liebherr.com LIVING DIVANI, livingdivani.it LOUIS POULSEN, louispoulsen.com

PALAZZETTI, palazzetti.it PAPER DREAMS, paperdreams.co.uk PARENTESI QUADRA, parentesiquadra.eu PAŞABAHÇE, pasabahce.com PICTALAB, pictalab.com PIERRE FREY, pierrefrey.com PINEIDER, pineider.com

SABRINA LANDINI, sabrinalandini.it SAGEVAN MARMI, sagevanmarmi.com SAINTLOUIS, saintlouis.com SAMBONET PADERNO INDUSTRIE, sambonet.it, paderno.it SCAVOLINI, scavolini.com

T

PODEVACHE, podevache.com

TWILS, twils.it

POLIFORM, poliform.it

V

LUIN 12, luini12.com

M

MAISONS DU MONDE, maisonsdumonde.com MALONE SOULIERS, malonesouliers.com MARCHESI 1824, pasticceriamarchesi.com MARNI, marni.com

POLS POTTEN, polspotten.nl

VERZELLONI, verzelloni.it VESTA DESIGN, vesta.design

PORADA, porada.it

VEUVE CLICQUOT, www.veuveclicquot.com

POTOCCO ITALY, potocco.it

VITO NESTA, vitonesta.com VITRA, vitra.com

MARTINELLI LUCE, martinelliluce.it

R

MASIERO, masierogroup.com

TESSABIT, tessabit.com

POLTRONA FRAU, poltronafrau.it

GIUSEPPE ZANOTTI, giuseppezanottidesign. com

GREGGIO ARGENTERIE, greggio.it

SABA, sabaitalia.it

LUCEPLAN, luceplan.com

PRINCETON ARCHITECTURAL PRESS, papress.com

DEPADOVA, depadova.it

S

PLATINUM CUSTOM RUGS, platinumcustomrugs.com

MARSHALL, marshallheadphones.com

DEDAR, dedar.com

RUGIANO, rugiano.com

LSA INTERNATIONAL, distr. Maino Carlo, mainocarlo.it, lsainternational.com

GISELA GRAHAM, giselagraham.co.uk

GRAFICHE TASSOTTI, tassotti.it

ROCHE BOBOIS, rochebobois.com

X

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RITRATTO DI MARSY HILD THORSDOTTIR

ETT HEM, STOCKHOLM 2012 FOTO MAGNUS MARDING

REFETTORIO FELIX, LONDRA, FOTO TOM MANNION

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ILSE CRAWFORD DESIGN È UN VERBO CÉCILE PALMA

ILSE CRAWFORD È UNA DESIGNER INGLESE con una missione chiara: far sentire le persone a casa. Non lo fa certo limitandosi a progettare spazi e disegnare mobili e oggetti che possano aiutarci a vivere meglio, ma portando avanti progetti multidisciplinari che pongono il design al centro di un processo di miglioramento della vita, dell’umanità, della filosofia del vivere. «Fissare l’esperienza umana alla base del processo creativo», spiega. L’empatia è la chiave di volta del design per Ilse Crawford, che dà inizio al processo creativo proprio con un mix di ricerca e connessione con i desideri del cliente, visto semplicemente come essere umano in cerca di comfort e soluzioni che favoriscano la felicità. Il lusso, per lei, è poter prestare attenzione ai dettagli. La stanza in più, in una casa, viene definita come uno spreco di spazio - perché solo quando tutti gli ambienti sono davvero in uso, la casa può renderci felici. ILSE, CHE NEL 2022 FESTEGGERÀ i suoi sessant’anni, ha iniziato presto a raccogliere consensi e successo, e lo fa ancora oggi con grande umiltà. Figlia di un giornalista (suo padre era Editor per il The Sunday Times) e di un’artista, ha fatto il suo debutto nel mondo del design a 27 anni, diventando il direttore di Elle

Decoration UK. All’inizio si trattava semplicemente del supplemento di Elle Uk. «Eravamo in cinque e facevamo l’allegato in una stanza sul retro» racconta. Dieci anni dopo la sua carriera l’ha portata a New York, dove ha lavorato per Donna Karan Home e successivamente, nel 2021, ad aprire il suo studio a Londra – Studioilse – un cuore pulsante di design multidisciplinare, all’interno del quale lavora con il marito. «L’87 percento del nostro tempo trascorre all’interno di un edificio» spiega Ilse nell’episodio che la vede protagonista documentario Abstract: the art of design ed è per questo che il suo impegno nel trasferire benessere agli esseri umani, attraverso il design, ha fatto di lei un’icona a livello internazionale. Rivedere il ruolo centrale della casa, dopo l’occupazione forzata durante i mesi di pandemia, per Ilse Crawford è un modo per apprezzare al meglio ciò che la nostra abitazione ha da offrire, anche in termini di benessere. Lo spiega in modo chiaro in un articolo intitolato “the domestic new deal” (il nuovo affare domestico) scritto per la rivista edita da Vitra. «Storicamente, la casa cambia in modo lento, ma tanto quanto la pandemia durante l’epoca vittoriana aveva dato una spinta al modernismo. Oggi la crisi attuale può portare a una rivoluzione domestica».

DA LEGGERE: A Frame for Life, il suo terzo libro (2014) DA GUARDARE: il documentario “Abstract: the art of design” VX 1HWÁL[

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