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FASHION N 2 2022

INTERVISTA Renato Semerari Intercos

«Innovazione, digitale, formule sempre più clean: ecco le nuove frontiere del beauty»

Negli ultimi mesi il gruppo, operatore B2B nel mercato della cosmetica, ha acquisito nuovi clienti e messo a segno grandi progetti, come l'intesa con Dolce&Gabbana per il lancio in house del beauty. «Stare un passo avanti rispetto al mercato fa sì che i clienti ci vedano come una risorsa e non come un formitore», racconta il ceo, che prevede un anno di crescita e si mostra cauto sul possibile trend dell'internalizzazione della cosmesi da parte dei big brand:«Non è scontato, sono mondi diversi»

DI ANDREA BIGOZZI

Ci sono due termini che Renato Semerari ripete spesso per spiegare il ruolo che Intercos, società di cui è amministratore delegato dal 2018, giocherà nella nascita - e nello sviluppo - di Dolce&Gabbana Beauty. Il primo è innovazione. Innovazione innanzitutto a livello di prodotto nel make up, nei profumi e nel settore Hair&Body per conto della maison italiana del lusso, con cui l’azienda cosmetica di Agrate Brianza (673,7 milioni di euro di fatturato 2021, in crescita dell’11,1%) ha da poco stretto una partnership quinquennale. Un’intesa «basata non solo sulla capacità produttiva ma anche su creatività, nuove idee e tecnologie», chiosa il manager. Il secondo termine è coerenza con la visione di sviluppo della griffe: «Il loro progetto industriale - afferma Semerari - è incentrato sull’eccellenza del made in Italy e sulla promozione del saper fare italiano, esattamente come il nostro».

Che cosa vi aspettate dalla collaborazione appena annunciata con Dolce&Gabbana? I risultati sui volumi inizieranno a vedersi principalmente dal 2023. Ma siamo già praticamente certi che il marchio diventerà un cliente molto importante per il nostro gruppo: è probabile che entri, nel medio termine, nella nostra top 10.

Quale sarà il vostro compito? L’azienda ha obiettivi ambiziosi e per questo nutre grandi aspettative su di noi, specie per quanto riguarda il make up: la specialità di Intercos, visto che rappresenta il 60% del nostro giro d’affari, mentre per Dolce&Gabbana si tratta del segmento da sviluppare di più. E lo faremo. L’accordo ci consentirà anche di accelerare ulteriormente lo sviluppo della nostra business unit più giovane, quella dell’Hair&Body, nata con l’acquisizione di Cosmint del 2017, puntando su una strategia di lungo termine: anche se ufficialmente l’intesa firmata con Dolce&Gabbana è di soli cinque

anni, tradizionalmente le collaborazioni con i nostri clienti (circa 780, tra cui molte griffe del lusso, ndr) durano molto più a lungo e sono praticamente delle alleanze, basate sulla nostra capacità di portare innovazione e, in secondo luogo, capacità produttiva. A Intercos, fin dal primo giorno in cui Dario Ferrari l’ha fondata agli inizi degli anni ‘70, non è mai interessato essere un semplice contract manufacturing, accontentandosi di sviluppare un prodotto per conto del cliente sulla base di una formula già esistente. Le nostre eccellenze

sono innovazione, ricerca e sviluppo, oltre alla capacità di individuare i nuovi trend nel mondo del beauty. Ed è su questi asset che riusciamo a garantire uno sviluppo duraturo del business nel lungo termine.

Dolce&Gabbana è la prima grande realtà italiana del lusso che ha scelto di gestire in house il beauty, abbandonando il modello delle licenze. Pensa che diventerà un trend, come per l’eyewear?

Di case di moda che presidiano direttamente l’attività cosmetica ce ne sono sempre state. Più raramente, invece, si sono verificati casi come quello di Dolce&Gabbana. Era accaduto in passato con Burberry, che aveva messo fine a una licenza per provare a fare da sé, salvo poi però ripensarci e tornare sui suoi passi. Si tratta di un processo difficile: moda e beauty hanno sicuramente molti punti di contatto, ma tra i due settori sono altrettanto forti le diversità, a livello di competenze e di struttura. Chi vorrà tentare questa strada dovrà farlo in maniera molto seria, proprio come Dolce&Gabbana, che ha messo insieme una squadra di professionisti decisamente qualificati.

Voi invece avete mai pensato di attuare un cambiamento tanto radicale del modello di business? Magari lanciando un vostro marchio… Mai. Il nostro know how è, e sarà sempre, al servizio esclusivo dei circa 780 clienti che ci hanno scelto. Il ruolo di Intercos è quello di partner, non di competitor.

Nella cosmesi, come nella moda, anticipare il cambiamento è una dote fondamentale per restare un passo avanti. Dal vostro osservatorio ßquale direzione pensa che prenderà il mercato post Covid? Nel beauty i trend non cambiano semplicemente di stagione in stagione, ma anche di regione in regione. Capita spesso che fenomeni commerciali che fanno la differenza su alcuni mercati siano praticamente inesistenti altrove. Ma certo è impossibile negare l’esistenza di alcuni macro-trend che ci accompagneranno a lungo, come l’e-commerce, che in alcuni Paesi come la Cina ha raggiunto nel post pandemia

un’incidenza del 40%, inimmaginabile solo pochi anni fa, e la sostenibilità. La clean beauty, ovvero prodotti con etichette “trasparenti” e liste corte di ingredienti, meglio se naturali, sta raggiungendo proporzioni globali. La richiesta che arriva dal mercato è far convivere due esigenze, la naturalità delle formule con la performance. Intercos è molto avanti su questa tendenza: ognuno dei nostri clienti ha una serie di ingredienti indesiderati. Abbiamo centinaia di blacklist, tutte diverse in parte tra loro. Riuscire a fornire a ognuno una formulazione su misura ci rende tra i più esperti in questo campo.

Oltre che su digital e clean beauty, su cosa punterà il settore a livello di trend commerciali? Sicuramente sulla premiumizzazione, termine usato per indicare la tendenza del consumatore, specie quello asiatico, ad acquistare prodotti di prezzo superiore appena se lo può permettere. E poi sulla skinification, ovvero la nascita di prodotti ibridi, che puntano ad applicare i principi dello skincare a tutte le parti del corpo.

Anche per la cosmetica, come per la moda, la sfida da affrontare oggi è quella legata alle materie prime? Assolutamente sì. Stiamo vivendo un momento schizofrenico. Da una parte l’effervescenza degli ordini, dall’altra le difficoltà sul versante della supply chain, che ci impediscono di rispondere agli stimoli del mercato con la nostra consueta prontezza. Questa situazione, che è destinata a persistere nei prossimi mesi, non ci consente di vedere il 2022 come un anno normale, ma non ci impedisce di essere ugualmente ottimisti e di prevedere altri 12 mesi di crescita a doppia cifra, come nella tradizione del gruppo, tra il 10% e il 15%. La nostra propensione all’innovazione e alla diversificazione, sul fronte sia dei prodotti che dei clienti, ci consente un trend positivo duraturo anche durante periodi di instabilità come questo.

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