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«Il mio umanesimo da un miliardo di euro»

«La speranza al posto della paura», «l’equilibrio tra profitto e dono», «le opere edificate per l’eternità»: a tu per tu con Brunello Cucinelli, l’imprenditore umbro che nel 2023, con largo anticipo sui tempi, porterà la sua azienda al traguardo del miliardo di euro di fatturato

DI ANGELA TOVAZZI

Si può essere imprenditori di successo, con un gruppo quotato in Borsa e in procinto di raggiungere il miliardo di euro di fatturato, e non essere schiavi del profitto? Si possono conciliare business ed etica, affari e filantropia? Per Brunello Cucinelli, 69 anni e un fiorente impero governato dal borgo medioevale di Solomeo - fabbrica operosa apparentemente mai lambita da attriti fra proprietà e lavoratori - l’idea di un capitalismo umanistico è sempre stata il faro delle scelte aziendali, nella convinzione kantiana che l’uomo deve essere il fine e mai il mezzo. Equilibrio è la parola più frequente nell'eloquio di questo capitano d’industria, diviso tra la passione per il cashmere e il pensiero degli antichi filosofi, che parla di «crescita garbata», «giusto profitto», «umana sostenibilità». Nell’intervista con il nostro giornale snocciola numeri, discute di vendite e mercati. Ma descrive anche il ruolo della tecnologia, della responsabilità sociale e morale delle imprese e delle opere che stanno sorgendo a Solomeo. Nel solco dei grandi mecenati del Rinascimento.

Il conflitto russo-ucraino imperversa da quasi un anno, c’è la crisi energetica, l’inflazione è alle stelle, ma lei è sempre ottimista sul futuro...

Io credo nella speranza. Una parola che non fa più parte del nostro modo di pensare. Viviamo sempre nella paura. Invece dobbiamo guardare indietro e ricordarci di come stavamo a marzo 2020, quando scoppiò la pandemia. Rispetto ad altri Paesi, l’Italia l’ha affrontata nel migliore dei modi. Il nostro stato sociale ci ha consentito di non licenziare e preservare la realizzazione di manufatti, tanto che oggi possiamo contare su strutture produttive e commerciali a pieno regime, in grado di darci un importante vantaggio, soprattutto perché la domanda di beni esclusivi e di altissima artigianalità supera l’offerta. In Italia la disoccupazione è al 7,8%, uno dei punti più bassi, e il Pil è di nuovo in crescita. Sono fiducioso che anche nel 2023 conquisteremo un altro piccolo vantaggio.

In ogni caso la sua azienda archivia un anno da record...

Dopo gli splendidi risultati dei primi nove mesi 2022, quelli di ottobre e novembre si sono dimostrati altrettanto belli, tanto da prevedere una chiusura dell’anno con una crescita dei ricavi intorno al +28%. Grazie alla raccolta ordini della prossima primaveraestate, possiamo guardare al 2023 come a un anno molto interessante, con una sana crescita intorno al +12%, un sano e giusto profitto, e il raggiungimento dell’importantissimo traguardo del miliardo di fatturato. Anche per il 2024 immaginiamo un aumento delle vendite intorno al +10%, che crediamo ci permetterà di arrivare, in anticipo sui tempi, a quel raddoppio del fatturato programmato nel piano decennale 2019-2028.

Quali i mercati che faranno da driver?

Oggi l’Europa copre il 40%, l’America il 35% e l’Asia il 25%, di cui la Cina il 13%. Guardiamo con fiducia e in modo equilibrato a tutti i mercati, che stanno premiando un lusso vero, più raffinato, con minore presenza di logo. E poi c’è un tema nuovo, sentito soprattutto dai giovani, che riguardo a un capo si fanno tante domande. Dove è fatto? Come è fatto? Ha il giusto prezzo? Può durare per sempre? C’è un forte cambio di prospettiva. Anche l’approccio ai canali distributivi resterà all’insegna dell’equilibrio, con circa il 40% di multibrand e il 60% di monobrand. Il ruolo del wholesale è fondamentale, perché credo sia il vero guardiano di un marchio: è il multimarca che ti conferma se il tuo prodotto è contemporaneo o se sta leggermente perdendo appetibilità. Anche in futuro resterà centrale.

Sarà quindi orgoglioso di ricevere, a marzo, il Neiman Marcus Award, che in passato è andato a grandi come Coco Chanel e Christian Dior...

Neiman Marcus è uno dei più prestigiosi multimarca al mondo. È davvero un premio inaspettato, che mi fa estremo piacere, soprattutto perché penso che non sia solo una gratificazione attribuita alla nostra casa di moda, ma anche una conferma del grande apprezzamento che tutto il mondo nutre verso il valore dell’artigianato di elevatissima qualità, del made in Italy e, ne sono certo, anche verso il nostro modo di vivere e lavorare, che qui a Solomeo ci piace definire “in armonia con il Creato”.

Lei è sempre stato fautore di un capitalismo umanistico, che mette al centro l’uomo oltre al profitto e uno sviluppo sostenibile. I grandi gruppi, secondo lei, potrebbero fare di più su questo fronte? Sono convinto che, soprattutto negli ultimi cinque anni, ci sia stata una grande presa di coscienza su questi temi. È vero, io ho ab-

1. Un ritratto di Brunello Cucinelli. Nato nella campagna umbra e cresciuto in una famiglia di contadini, ha creato la sua casa di moda nel 1978, portandola in Borsa nel 2012 2. 3. L'eleganza contemporanea di Brunello Cucinelli per la SS 2023 4. Gli headquarters di Solomeo bracciato questa impostazione già 40 anni fa, quando ho iniziato, ma siamo nel flusso di un grande cambiamento. La pandemia ci ha aiutato a riflettere e a capire quanto dipendiamo dal creato. Per questo agli analisti dico sempre: non usate la parola “consumatori”. Meglio “utilizzatori”.

Siamo entrati in un’era ipertecnologica, con una forte accelerazione dell’online, dove si stanno affermando dimensioni totalmente virtuali come il Metaverso. La Brunello Cucinelli come affronta questa rivoluzione?

Credo che si stia andando verso un riequilibrio dopo i lockdown. Pur continuando a utilizzare l’e-commerce, le persone desiderano tornare alle relazioni del mondo fisico: magari prima guardano online, poi vanno a comprare in boutique, perché vogliono scambiare due chiacchere con il negoziante. La tecnologia è un dono del creato e ai miei dico sempre: comprate quella più avanzata. Basta che non vi rubi l’anima. Non possiamo pensare di restare sempre connessi, perché perderemmo in umanità. Connessi sì, ma il giusto. Da noi in azienda alle 17.30, alla fine del lavoro, ci si disconnette e si fa altro.

La sostenibilità è un elemento cardine del vostro modello di business. Quali saranno le sfide dei prossimi anni?

Avverto un’importante presa di coscienza sul valore della sostenibilità, intesa su più livelli. Riguardo a quella ambientale, tutti stanno facendo la propria parte. Ma c’è anche una sostenibilità economica, dove le domande da farsi sono: in che condizioni si lavora? Quante ore? Con quale retribuzione? E una sostenibilità culturale: la tua impresa cosa fa per il suo territorio e la sua gente? Ma anche spirituale, perché se lavori in un luogo migliore, dove ti trattano bene e al posto di un muro davanti hai una finestra con una bella vista, anche il tuo spirito sta meglio. Infine c’è una sostenibilità morale, che ti fa pagare le giuste tasse per il giusto servizio e collaborare con il tuo Stato per la sua crescita. Ecco, io credo che la grande sfida sia quella di ritrovare un’armonia tra profitto e dono.

Anche se le aziende di moda producono dei semplici vestiti, in quanto brand delineano orizzonti di valore, capaci di fare cultura e, sotto l’occhio vigile dei social, di attirare o allontanare potenziali clienti… Come la vede?

In un mondo connesso, tu per essere credibile devi essere vero. Ci vuole un attimo a sapere tutto di te. Il telefonino è un grande moralizzatore: ti devi comportare bene. Per questo sono fiducioso andremo verso un mondo migliore. Le domande da farci sono: siamo convinti che il nostro profitto sia giusto o non sia un po’ troppo? Che la nostra sia una giusta crescita? Capirlo non è difficile: c’è una legge morale dentro di noi che lo stabilisce. È la nostra anima a indicarci la direzione.

Prima il restauro del borgo di Solomeo, diventato il suo quartier generale, poi una scuola di alto artigianato, un teatro, un vigneto con il primo vino e ora il progetto di una biblioteca universale che aspira a custodire fino a 500mila volumi. Le manca qualcosa da realizzare?

I sogni sono tanti, ma quello della biblioteca universale è un progetto impegnativo. L’immobile sarà pronto per il 2024 ma si tratta di un’iniziativa a mille anni perché, nel solco del pensiero dell’imperatore Adriano, stiamo costruendo un granaio per le future generazioni. Non mi interessa dedicarmi a cose dall’orizzonte limitato. Certo, la nostra fabbrica tra 20 o 30 anni dovrà essere rinnovata, ma la mia Solomeo tra 1.000 anni sarà qui. Voglio dedicarmi a opere che possano durare, che restino lì dove sono. Voglio edificare opere per l’eternità. 