In corsa per la pace

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In Cina come Padre Matteo Ricci Padre Matteo Ricci, maceratese, gesuita, cartografo, astronomo e letterato, parte da Roma nel maggio del 1577 per evangelizzare la Cina. Il suo nome figura tra i pochi stranieri presenti nell’Enciclopedia Nazionale Cinese. Ha carisma e capacità di entrare in empatia con il prossimo fuori dal comune oltre ad una moderna visione degli effetti negativi del colonialismo nel rapporto tra i popoli. Impara il cinese così bene da scriverlo correttamente. Per vincere la diffidenza si rasa barba e capelli, veste l’abito dei bonzi buddisti e cambia il nome in Li Madou. Più tardi i cinesi, conquistati, gli daranno l’appellativo di Xitai, Maestro del Grande Occidente. Padre Matteo Ricci, da uomo e

religioso di grandisima cultura qual è, introduce in Cina teologia, filosofia, letteratura, scienze e arti occidentali, componendo opere incluse nella selezione dei capolavori universali della letteratura cinese di tutti i tempi. La prima è Discorso sull’amicizia, in cui presenta il pensiero dei principali autori dell’Occidente. Quindi rinnova il suo contributo a quella che oggi viene definita integrazione traducendo in latino i principali scritti confuciani. Nel 1601 l’imperatore gli apre la Città Proibita e, con lui, entrano opere e manufatti sconosciuti: carte geografiche da cui si vede che la Cina è solo una parte del mondo, quadri ad olio, orologi meccanici, clavicordo, libri dalle splendide rilegature, prismi, stoffe, monete e cristalli d’Europa.

Vive dieci anni alla corte Ming, con il titolo di mandarino, sostenuto dal pubblico erario. Alla sua morte, l’imperatore, per la prima volta nella storia della Cina, concede il terreno per la sepoltura dello straniero all’interno della Città Proibita. Cosa ha permesso a padre Matteo Ricci di entrare così profondamente in sintonia con l’anima cinese? La capacità di riconoscere la Cina come un altro mondo e non una mera estensione geografica con organizzazione socio-politica. La sua è una grande opera di apertura resa possibile dalla forza persuasiva e travolgente del suo umanesimo filosofico e scientifico. Un percorso, detto di inculturazione, su cui la Chiesa molto si confronterà per tutto il XVII secolo senza riuscire a ripetere la straordinaria esperienza di questo religioso di provincia.

I cinesi lo chiamavano Xitai, Maestro del Grande Occidente. Padre Matteo Ricci, gesuita, maceratese, aveva la capacità di entrare in empatia con culture diverse in virtù del rispetto proprio della moderna integrazione.

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