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Il progetto di comunicazione: riflessioni su esperienze praticate

Giuseppe Lotti

Università degli Studi di Firenze

Il progetto di comunicazione: riflessioni su esperienze praticate

Il libro racchiude un percorso di 5 anni di ricerca scientifica, all’interno dei quali l’autrice ha definito il suo inquadramento professionale. L’autrice, dopo essersi misurata per qualche anno successivo alla laurea nella professione del graphic designer, ha deciso di tornare all’Università come dottorando ed assegnista di ricerca collaborando con Didacommunicationlab - di cui chi scrive è il direttore scientifico, con Susanna Cerri creative director - parte del sistema DIDAlabs del Laboratorio di Architettura dell’Università di Firenze. L’istituzione del Laboratorio di Comunicazione all’interno del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze è stata l’occasione per giovani ricercatori e neolaureati per praticare la professione del designer e approfondire parallelamente la propria formazione. Quella presso il Didacommunicationlab, infatti, rappresenta (per l’autrice e, più in genarale, per il gruppo di lavoro) un’esperienza su doppio binario: da una parte il lavoro quotidiano sulla comunicazione istituzionale di Ateneo, l’editoria di Dipartimento e l’opportunità di misurarsi con progetti importanti rivolti alla comunità cittadina intera, dall’altra l’avvio di un percorso di ricerca, costruito all’interno del percorso dottorale, nello specifico dedicato ad approfondire e sperimentare il ruolo del communication design come attore della costruzione e del rafforzamento dell’identità dei territori. La ricerca va verso la scoperta che il segno nel contesto urbano è portatore di significato e che la comunicazione visiva rappresenta la disciplina attraverso la quale comprendere come i luoghi comunicano. Con la grafica che si afferma come strumento attraverso il quale i linguaggi dei secoli si sono stratificati, definendo e modificando continuamente l’identità di ogni spazio. Le tematiche sono approfondite nella parte introduttiva del libro attraverso la citazione di autori che, nel tempo, si sono confrontati sull’argomento e la presentazione di case history di territori e città che hanno operato nella logica sopradefinita.

La riflessione sulla metodologia di lavoro avviene a posteriori, muovendo dall’attività concreta svolta nei progetti di ricerca: dalla definizione dell’immagine coordinata per l’Università di Firenze, alla grafica editoriale nell’ambito del Dipartimento DIDA e di Florence University Press; dal progetto di wayfinding per l’Ateneo e per il sistema museale allo storytelling evoluto per la città di Prato; fino alla comunicazione degli eventi. In fondo, per gran parte dei progetti presentati, la sfida è quella di individuare una serie di azioni progettuali attraverso le quali costruire il dialogo tra il linguaggio dell’architettura e quello della grafica, per definire una modalità di comunicazione attraverso la quale la città rende manifesta la sua stessa identità. Un tema particolarmente importante in un momento come quello attuale caratterizzato da una competizione crescente tra i diversi territori e spazi urbani, con il progetto di comunicazione che può contribuire al successo in una sfida sempre più globale.

Antropologi, psicologi, storici e filosofi di tutte le epoche, ognuno secondo il proprio ambito disciplinare, hanno provato a costruire una teoria sull’identità, senza mai riuscire ad identificare in maniera univoca il concetto1 . La verità è che non c’è una risposta definitiva se non il risultato di molteplici evoluzioni. Il concetto di identità, così come lo percepiamo oggi, rappresenta qualcosa di intangibile e inconoscibile nella sua totalità: è inafferrabile, impercettibile, ma anche immediato, lampante e visibile. Partendo dall’assunto che, attraverso la disciplina del design, sia possibile contribuire ad afferrare e rendere visibile l’essenza delle cose, è il graphic design a rappresentare lo strumento al servizio della comunicazione, che costruisce e realizza un processo identitario coerente e determinato.

Il libro, attraverso il racconto di alcuni progetti nati all’interno del laboratorio di ricerca Didacommunicationlab2, tratterà di come il concetto di identità sia centrale per la figura del communication designer, che, per definizione, si occupa della progettazione di sistemi di comunicazione per prodotti, aziende o luoghi. Nello specifico, l’obiettivo della ricerca è quello di definire qual è il contributo del communication design nella costruzione dell’identità di uno spazio comune, affinché questo riesca ad agevolare e potenziare l’esperienza utente. La scelta di raccontare del Didacommunicationlab è dettata non solo dal voler affrontare la disciplina del design sia da un punto di vista analitico sia pratico, ma anche dall’opportunità di approfondire il settore specifico che riguarda la comunicazione dei luoghi, attraverso i progetti portati avanti all’interno del laboratorio stesso, durante cinque anni di percorso scientifico-professionale.

1 Nel primo capitolo saranno riportati definizioni e pensieri di Francesco Remotti e Zygmunt Bauman. 2 Laboratorio di Comunicazione del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze. Si veda il capitolo: Fare sperimentazione per approfondimenti.

Attraverso esempi e definizioni si dimostrerà come il design della comunicazione sia veicolo per il racconto e l’analisi di un territorio, in quanto “disciplina ponte che si mette a servizio come un interprete di altre voci e che, allo stesso tempo, è in grado di far emergere voci di timbri diversi”(Brovelli S.et al., 2012). La struttura del libro consente, attraverso un percorso razionale e progressivo, di affrontare gli argomenti avendo tutti gli strumenti di interpretazione a disposizione. Attraverso cinque azioni fondamentali sarà ricostruito il metodo di approccio al progetto che prevede, come obiettivo ultimo, la costruzione di un processo identitario per i luoghi: DEFINIRE il concetto di identità, INDIVIDUARE le parole per costituire la terminologia attraverso la quale affrontare l’obiettivo della ricerca, COSTRUIRE di conseguenza il linguaggio dei luoghi, FARE sperimentazione, RIFLETTERE sui progetti nati in fase di sperimentazione.

Nella prima parte si inquadrerà il tema di ricerca attraverso un preambolo sul concetto di identità, contestualizzandolo nella contemporaneità. Attraverso il pensiero di Francesco Remotti, in particolare, si proverà a definire cosa significa, per un individuo appartenente alla modernità liquida3, ricercare una propria identità e quali sono i rischi propri della tendenza umana di non poter fare a meno di testimoniare la propria sostanza, nella “paura di poter sparire” tra gli altri. Inoltre, si vedrà come, in un contesto come quello attuale, in cui le masse sono sempre più globali e globalizzate, in cui l’individuo singolo si sta disgregando e a dominare sono le immagini commerciali e il consumo mitico degli oggetti, si inserisca preponderante l’identità di un marchio: la brand identity.

La seconda fase è quella delle definizioni: saranno individuate e descritte le parole guida del racconto, per chiarire e circoscrivere gli argomenti di discussione. In particolare, saranno definiti il communication design, il ruolo della comunicazione e i termini di spazio e luogo. Si vedrà attraverso le testimonianze di alcuni designer come spesso communication, graphic e visual design siano termini utilizzati indifferentemente pur nella loro sottile diversità etimologica. La definizione di Paul Rand forse è quella che, più di tutte, riesce a mettere insieme i vari punti di vista:

3 L’incessante divenire dello scenario sociale, culturale, politico ed economico. Il concetto sarà approfondito nel capitolo Diversificare e individuare

È necessario comprendere il ruolo svolto da forma e contenuto ed essere consapevoli che la grafica è anche commento, opinione, punto di vista e responsabilità sociale. Progettare è molto più che assemblare, ordinare o modificare: significa aggiungere valore e significato, illuminare, semplificare, chiarire, cambiare, elevare, portare in scena, persuadere e perfino divertire. Il design è l’inizio e la fine, il processo e il frutto dell’immaginazione. (Paul Rand, 1993).

Il design della comunicazione dunque è uno strumento trasversale e funzionale alle discipline appartenenti alla cultura del progetto (Anceschi). Nel momento in cui si fa interprete delle necessità di un luogo, cerca di tradurne la sua memoria, portando avanti un processo di costruzione identitario che ne metta in luce i valori e le ambizioni.

L’immagine ambientale è il risultato di un processo reciproco tra l’osservatore e il suo ambiente. L’ambiente suggerisce distinzioni e relazioni, l’osservatore – con grande adattabilità e per specifici propositi – seleziona, organizza, e attribuisce significati a ciò che vede. L’immagine così sviluppata àncora, limita e accentua ciò che è visto, mentre essa stessa viene messa alla prova rispetto alla percezione, filtrata in un processo di costante interazione. (Kevin Linch, 1964).

Come si costruisce, dunque, il linguaggio dei luoghi? Si risponderà a questa domanda ricostruendo l’immagine delle città nei secoli e individuando i segni attraverso i quali il contesto urbano comunica all’esterno.

Se le città invisibili erano luoghi immaginari ed evocativi, metafore della realtà, le città visibili e con esse le loro culture, sempre più a rischio di divenire invisibili, sono luoghi tangibili, concreti, spesso territori fragili e permeabili dove la comunicazione svolge un ruolo determinante. (Bonaiuto P. et al., 2017)

Un principio di carattere universale, secondo Calvino, è quello per cui tutte le città comunicano, così come tutti i luoghi all’interno della città, a prescindere dalla loro natura, significano(Daglio L., Gerosa G., 2017). Si tratta di un approccio etico che, pur riconoscendo che lo spazio urbano e la sua scena mutano immagine e significato continuamente nel tempo, rispetta l’integrità dell’identità originaria del luogo nella ricerca di soluzioni progettuali. La città è un testo, ogni cosa al suo interno possiede un’immagine significante che esplica, il più delle volte, la propria funzione.

L’esperienza presso il Didacommunicationlab ha reso possibile la messa in opera di ciò che è stato teorizzato. Il laboratorio universitario rappresenta il cantiere operativo ideale in cui è possibile trasformare in patrimonio comune la produttività interna, per dimostrare che la struttura accademica, pur assolvendo a compiti istituzionali, ha un importante impatto sul territorio e mira a rinsaldare il rapporto di scambio paritario con la comunità cittadina. Quello della comunicazione dello spazio pubblico, in questi anni, è diventato il settore di indagine principale del laboratorio. Il Didacommunicationlab, sia attraverso il suo lavoro quo-

tidiano di risposta alle esigenze dell’Ateneo fiorentino di comunicare alla città, sia attraverso i progetti occasionali provenienti da committenti esterni, dimostra quanto sia efficace l’approccio multidisciplinare per la costruzione del processo identitario dei luoghi. Di per sé l’Università è un luogo in cui si sviluppa il pensiero critico, si fa ricerca e si contribuisce all’innovazione sociale e culturale, producendo conoscenza. L’obiettivo è quello di arricchire e approfondire le tematiche affrontate producendo dei risultati accessibili da diffondere pubblicamente. Nell’ultima parte della pubblicazione, in tal senso, saranno raccontati i risultati ottenuti nei progetti più significativi portati avanti all’interno del Didacommunicationlab. La scelta di concludere il libro con un capitolo sul progetto non è casuale. Sarà illustrato come il design sia frutto di una dimensione ciclica, che valuta sistematicamente gli effetti dei tentativi intrapresi. Il metodo di ricerca-azione infatti, si prefigge di risolvere dei problemi concreti, individuati nei contesti di analisi, e al tempo stesso di porre le basi scientifiche per un’indagine trasversale. È uno strumento per valutare al meglio le azioni progettuali, mirando al confronto diretto tra teoria e prassi. La possibilità di mettere in pratica gli studi sugli argomenti di ricerca per un designer è fondamentale, per comprendere dove finisce la teoria e dove la sperimentazione diventa essa stessa strumento con il quale raggiungere progressi nell’indagine. I quattro casi progettuali selezionati nascono da contesti profondamente diversi e con esigenze differenti. L’intenzione è quella di voler portare in analisi diverse scale di intervento, con molteplici approcci metodologici e attraverso collaborazioni professionali diverse: contesti urbani, quartieri della città, spazi architettonici complessi e percorsi museali. Il contatto tra linguaggi, saperi e approcci operativi diversi mira a promuovere lo sviluppo di conoscenza e ad alimentare la consapevolezza e la responsabilità con cui un progettista interviene per “migliorare la vita delle persone” (Massimo Vignelli).