Design driven strategies | Eleonora Trivellin (a cura di)

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indizi per lo studio dell’abitare Leonardo Chiesi

Università degli Studi di Firenze

Quando si studia l’abitare, ovvero i processi di uso e appropriazione dello spazio, è utile saper osservare. I destinatari del progetto di spazio — a qualunque scala esso si ponga, dalla piccola alla grande — compiono infatti un’ampia gamma di comportamenti che sono un fondamentale riscontro per il progettista: se saputi osservare e interpretare, questi comportamenti sono indizi che rivelano il grado di congruenza tra le intenzioni progettuali e i bisogni degli abitanti. E non sono solo i comportamenti ad essere rivelatori, ma anche i loro effetti: un comportamento nello spazio, collettivo e quindi ripetuto, produce effetti sullo spazio, e questi effetti sono eloquenti quanto i comportamenti stessi. È il caso, per cominciare, delle tracce, ovvero degli effetti non intenzionali prodotti da comportamenti, prima categoria di indizi dell’abitare. Immersi inevitabilmente nella fisicità dello spazio progettato, i corpi degli abitanti lasciano delle tracce muovendosi, camminando, toccando, e quindi erodendo le superfici, o producendo patina (figg. 1 e 2). Oppure deformando lo spazio, modificandolo senza rendersene conto, col peso del corpo, con le spinte che produce, anche minime ma costanti nel tempo. Oppure infine, abbandonando dei residui, che se attentamente valutati, sono testimonianza delle specifiche attività che hanno avuto luogo. Erosioni, deformazioni e residui sono esempi di tracce, e sono la prima categoria di indizi da riconoscere e interpretare quando si studia l’uso sociale dello spazio e si intende valutare la capacità di uno spazio progettato di soddisfare i bisogni degli abitanti. Un seconda categoria di indizi è costituita da modifiche attraverso cui gli abitanti ripensano lo spazio progettato che risulta loro inadeguato nelle sue intenzioni originarie (fig. 3). Queste alterazioni sono forme spontanee di progettazione che intervengono sulla rigidità dello spazio consegnato, addizionando o sottraendo, creando connessioni o barriere, riposizionando oggetti, e così via. Le forme molteplici, di solito non permanenti, dell’auto-progettazione indicano con chiarezza il punto di vista dell’abitante e mostrano dove il progetto richiede integrazioni per soddisfare bisogni disattesi. Gli adattamenti sono, in un certo senso, la testimonianza del dialogo tra progetto e abitante, dove l’abitante porta a compimento un’architettura, aggiungendovi nuove opportunità. Chi progetta può leggere nelle alterazioni un


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