Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

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Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

Consapevolezza e sviluppo

Carlo Blasi e Mimmo Guida erano soddisfatti del loro lavoro, i sistemi ecologici del parco erano stati specificati con cura, emergevano tendenze e comportamenti virtuosi accanto a quelli che avevano portato all'abbassamento della qualità ambientale. Il Parco appariva sulle loro carte pieno di qualità da studiare, valorizzare e tutelare. Essi, inoltre, erano fiduciosi di poter leggere quelle informazioni insieme ai sindaci e concordare con essi i comportamenti coerenti con la nuova consapevolezza emersa, anche dagli studi. Risalire verso la Piazza della Città del Parco era, simbolicamente, anche il messaggio del Piano Territoriale di Blasi e Gambino. Il geologo e l'ecologista risalirono ancora fisicamente il monte Cervati; volevano mettere a punto la metodologia di intervento, avere le ultime informazioni sul campo per definire aree e processi evolutivi in atto. Anch'essi cercavano sul monte Cervati quelle certezze che la restituzione informatica delle informazioni del G.I.S non dava. Gabriele di Filippo, responsabile di mille progetti, aveva preceduto tutti con il suo entusiasmo, indirizzando le attività di gruppo di giovani ricercatori. L’economista li accompagnò, voleva vedere le condizioni della piazza dopo che la neve l’aveva nascosta e il sole restituita al paesaggio. Per l’ecologista non fu una sorpresa, e nemmeno per il geologo, che la forza della natura non avesse concesso tregua al pensiero ed al comportamento dell’uomo; quella pausa era stata fatale perché materiali e la piazza si disintegrassero. Il freddo ed il caldo avevano indebolito le strutture portanti in castagno. Bastò avvicinarsi al Dio degli Animali, che sembrava il più intatto, e toccarlo perché l’intero trono si dividesse in più parti fino a sgretolarsi nelle parti basse. L’intera piazza appariva come luogo archeologico, frammenti sparsi di un arcaico futuro. Sembrava anche quella piazza un luogo abbandonato e forse lo era stato, dato che in molti non avevano percepito l’importanza del tempo nel progetto della Natura. Non avevo il coraggio di trasmettere ad Ugo quelle informazioni. Ma non era stato lui ad insistere perché la piazza fosse esposta alle intemperie? Non era stato lui a godere del racconto di uno sciatore dilettante di Monte S. Giacomo che aveva visto il lento scomparire dei troni sotto gli oltre 99


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