Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

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Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

Percorsi di entrata e di uscita dalle discipline

Sembrava che Jorge Luis Borges ispirasse i nostri comportamenti: umorismo ed ironia accompagnavano il nostro giocare con serietà. Una sorta di saggia distanza, di consapevole interpretazione della missione di sviluppo, ci permetteva di uscire dai percorsi abituali. Le nostre proposte sembravano rondini in volo, eravamo stati capaci e lo continuiamo a fare, di cambiare continuamente direzione. Ad ogni incontro con il territorio lo sforzo di ricerca ci permetteva di pensare e dire ogni volta una cosa diversa, produrre diversità nei laboratori di animazione. Viveva l'invito continuo a sperimentare altre strade, uscire dalle singole discipline con semplicità, senza avere la paura di non poter rientrare. Accanto alla proposta adattiva e proprio per valutarne la rilevanza, doveva essere fatto uno sforzo di creatività capace di aprire scenari visibili per i luoghi e le persone. In realtà, era Ugo con la sua ossessione di creare ogni giorno un progetto contemporaneo ad ispirare l’economista, a facilitare il piano di animazione, la nascita dei laboratori sperimentali, la ricerca dei certosini contemporanei. Veniva esaltata la funzione di agente di sviluppo, cioè la capacità di collegare frammenti dispersi sul territorio per dargli valore e farli riconoscere dalla nuova base sociale protagonista del cambiamento. Nonostante la crisi teorica e pratica dell’originalità, continuavamo a dire, prima a noi stessi, che l’innovazione non era finita. <<La voglia di ricerca è in ogni persona, la discontinuità creativa è necessaria e può essere ritrovata>> diceva Ugo. <<Bisogna avere il coraggio di sperimentare, aprire i laboratori della mente e quelli territoriali, per riconoscere i segni nuovi, incoraggianti>> aggiungevo io. Il laboratorio come luogo dove si gioca con serietà, si prova a costruire un progetto possibile. L’apparente rifiuto del breve periodo e della visione produttivistica doveva essere vissuta come libertà di ri-lavorare sulle eredità senza adagiarsi sulle rendite che permangono nella memoria, rivitalizzando le esperienze, liberando energia dalla monotonia e dai fili avvolgenti dell’inerzia.

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