Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

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Il viaggio, fatto di soste e riflessioni in macchina, fu un continuo confronto sulle modalità interpretative della qualità ambientale e sulle attività da promuovere per lo sviluppo sostenibile, questo inteso come equilibrio dinamico tra evoluzione delle caratteristiche dei sistemi ecologici e forza dei progetti dell'uomo. Dalla conversazione uscì con forza, e lo disse Mimmo, che il Monte Cervati, il Monte più alto della Campania, alimentava ben 4 bacini idrografici del territorio del Parco, lasciando al Fiume Alento la libertà di essere protagonista della vita del quinto. Insediamenti e storia del territorio erano stati condizionati da sempre da questo dispensatore di vita. Eppure, nelle mappe di Cillo quel monte non figurava come centro possibile. Il paesaggio visivo teneva il Cervati nascosto, nonostante l'altezza; Ë il Monte Gelbison che svolgeva un ruolo simbolico di montagna del Parco, visibile da moltissime parti del Territorio, perfino da Capri e dalle Eolie. Questa asimmetria informativa sull'importanza dei paesaggi, rendeva evidente la mia simpatia per i motori di ricerca costruiti per temi. Interrogate due discipline, avevano messo al centro della loro mappa due luoghi diversi, centri simbolici di ispirazione di comportamenti. Non avevano costruito la stessa mappa per trovare un unico tesoro. Era evidente che per ognuno di loro il vero tesoro era la modalità con cui avevano costruito la propria mappa. Dovevo anch'io costruire la mia mappa e dare altre informazioni a Iole. Io ed Ugo non dovevamo lasciarla sola, non dovevamo più lasciare solo nessuno, altrimenti saremmo rimasti anche noi isolati. Dovevamo avere la capacità di attrarre tutti nel labirinto, far venire ad ognuno la voglia di costruire una mappa. Una carta dei luoghi cospicui e condivisi doveva essere costruita come metodologia che a sua colta diventa bussola di orientamento e costruzione di nuovi progetti. A Laurino, il sindaco sembrava interessato ad altro: l'ambiente, l'accoglienza di qualità, i laboratori di ricerca gli erano estranei. Eppure con Ugo, proprio a Laurino, eravamo stati riconosciuti dai giovani - Giuliana, Gianna e Antonio - che avevano interpretato magnificamente il progetto d'accoglienza, le Case dell'Arte, il Museo d'arte contemporanea nelle case dei privati. Artisti continuavano a rendersi disponibili insieme ai proprietari di case libere per dare alla Cooperativa Vesalo la possibilità di interpretare i temi dell'accoglienza da favola. Qualità del progetto ed esigenze contemporanee si erano fuse: due Antonio, tre Maria, Angelo, Vincenzo, Raffaela, Marilena, Anna ed Elena erano diventati protagonisti contemporanei. Probabilmente Tania aveva ragione, c'era un gap tra traiettorie tracciate dalle rondini e capacità di riconoscere i concetti legati a quei disegni strategici, a quelle forme.


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