Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

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conseguenze storiche, come il percorso di un naufrago costretto a partire da un altro luogo. Per andare incontro alle mie curiosità, proposi di visitare Velia. Per la giovane archeologa tedesca era la conferma di una sua intuizione, lei era convinta di ritrovare a Velia sia i temi della sua ricerca che la possibilità di trovare altre copie della statuetta. La mia proposta partiva da altre esigenze ma volli stimolare l'entusiasmo della ricercatrice annunciando i futuri programmi di scavi. L'entusiasmo aumentò quando riuscii a procurare un incontro con la dr.ssa Fiammenghi, abitante e direttrice dell'area archeologica di Velia. La Fiammenghi espose con grande curiosità intellettuale i programmi di ricerca per l'area di Velia e per altre parti del territorio del Parco; ci fece compagnia nella risalita della città verso Porta Rosa, la porta delle mille domande. Io feci le mie: perché Velia è stata abbandonata? Dove sono andati i suoi abitanti? La risposta fu netta: per le condizioni ingovernabili di dissesto idrogeologico. Troppo poco interessante per una tesi di dottorato? Ritornava il tema della vocazione del territorio come condizione per lo sviluppo? Non volli contaminare l'entusiasmo delle due amiche; affidai Tania alla Fiammenghi e risalii a Vallo della Lucania, la sede nuova del Parco Nazionale. Volevo guardare da vicino e giudicare sul livello istituzionale dell'Ente: pochi impiegati, un direttore impegnato, Domenico Nicoletti, un Presidente, Vincenzo La Valva, studioso riconosciuto. Con loro parlai degli spazi enormi da riempire (territorio ed opportunità), ma come? La loro fiducia incondizionata era un luogo mentale confortante.

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