Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

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Dalla Città del Parco ai Laboratori della Città del Quarto Paesaggio

La Città del Parco o La Città del quarto Paesaggio

Parlare di Città del Parco con riferimento ad un’area vasta, riserva di biosfera e patrimonio Unesco, in termini di paesaggio significava fin dal principio introdurre un ossimoro importante legato alla capacità del territorio di coniugare paradigmi importanti che solo in apparenza contenevano altrettanti ossimori: identità e sviluppo, identità e diversità, semplicità e complessità, passato-presente-futuro -infinito, sono stati i riferimenti culturali per la pianificazione. Buona parte delle teorie sul paesaggio interpretano il paesaggio come intimamente legato alla soggettività ed alla percezione e queste teorie mettono in ombra molti altri aspetti. La costituzione sociale del paesaggio e gli artefatti che hanno contribuito al risultato rimangono aspetti ancora non completamente rivelati. Rimane ancora nascosto il tema della soggettività della natura come forza autonoma e non sempre assoggettabile. Ma la visione del paesaggio implicita nella definizione di Città del Parco andava incontro ad altre esigenze: essa nasceva come campo di esperimenti capaci di convincere un numero consistenti di attori (istituzionali e non) ad aprire un laboratorio di ecologia della mente che contenesse azioni di riconoscimento sul potenziale visibile ed invisibili, tangibile e non tangibile, per allargare il campo delle opportunità. Il termine città veniva ripreso come concetto appartenete alle prime fondazioni dove le comunità e i comportamenti facevano riferimento a valori esterni, rituali e non, molto più importanti dei valori interni del loro abitare. Una città capace di riconoscere la soggettività della natura, percorso già fatto per millenni, per

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