n. 26 La Bella Politica

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Una calabrese siciliana UNA FAMIGLIA MODERNA Madre laureata a Bologna e padre a Modena nel 1950, che hanno deciso di ritornare in Calabria, a casa Lanzetta si respirava aria di studio. Non c’era differenza fra uomini e donne: “Non femminismo ma rapporti paritari naturali, normalmente”. Maria frequenta il liceo classico a Locri, incontra ottimi insegnanti e scopre la passione per la politica. “… poi i siciliani e la Sicilia, la mia terra di elezione. Trovo la sua storia di un interesse straordinario… ho imparato dalla vostra storia, e poi perché ho

seguito con passione assoluta le grandi stragi di mafia in Sicilia, la forte ribellione, il coraggio dei magistrati. Ho sostenuto le vittime di mafia al maxiprocesso sottoscrivendo con duecentomila lire. La mia formazione è nata con quella ma anche con la storia dei miei genitori di un’onestà straordinaria. Come si vive sotto scorta? “Io amo il mare e non fare il bagno mi costa parecchio. Oppure uscire solo quando è necessario. Libertà di fare, organizzare la famiglia e il lavoro, gli interessi gli impegni, le varie associazioni… è dura” conclude. ***

Le hanno assegnato il premio Joe Petrosino e lei non è andata a ritirarlo: “Avevo da lavorare”. Maria Lanzetta è impegnatissima nel suo piccolo comune della Locride. Dove, una volta, l’economia era affidata alle donne. Raccoglievano gelsomino, un’attività antica, pesante, portata avanti con ostinazione perché spesso l’unica entrata di una famiglia. Forse ancora oggi alcune lo fanno, ma è tutta un’altra cosa. Donne indipendenti dunque. Pensanti. Determinate. Operose e responsabili in questo pezzo della Calabria.

L’operazione Village Il Procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri non usò mezze misure sugli interventi giudiziari a Monasterace con l’operazione VILLAGE: “Si tratta di un’indagine importante perché da anni non si penetrava la situazione criminale esistente nel Comune di Monasterace” - spiegò. In sostanza, secondo gli investigatori, le imprese riconducibili alla famiglia Ruga avevano il monopolio degli appalti pubblici del comune di Monasterace. Venne inoltre fuori che tutto ciò era possibile grazie all’amicizia e alla complicità del responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune Vito Micelotta. Il sistema si poggiava sulla presenza di documenti falsi e sulla “somma d’urgenza” o il “silenzio assenso”, meccanismo previsto dalla normativa amministrativa per velocizzare la pubblica amministrazione. Certamente non per fregarla. Con l’elezione di Maria il piccolo comune prova a resistere alle minacce della criminalità organizzata. Ma qualcosa non quadrava. Infatti, remavano contro dall’interno. Quello che viene fuori dalle intercettazioni telefoniche tra il primo cittadino e il dirigente comunale Vito Micelotta è uno scenario inquietante. Grave. Delicato. Nel 2010 con l’operazione Village per l’ennesima volta scattano gli arresti per il boss Benito Vincenzo Antonio Ruga, già in carcere perché condannato nei processi “Stilaro 1” e “Stilaro 2” per associazione mafiosa. Per l’imprenditore Aladino Grupillo e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Vito Micelotta invece c’è l’interdizione dai pubblici uffici. Pare fossero specializzati a fornire documenti falsi agli enti che erogavano finanziamenti pubblici. Le ditte degli ’ndranghetisti erano riuscite ad accaparrarsi il subappalto anche dei lavori di ristrutturazione di un ex ostello della gioventù diventato la caserma dei vigili del fuoco. Il tutto senza che il Comune desse l’autorizzazione al sub appalto e senza che il sindaco Maria Carmela Lanzetta ne sapesse nulla. Faceva tutto il tecnico comunale Micelotta. In merito al funzionario comunale, il gip Grasso scrive: “L’indagato ha posto in essere una serie di condotte classiche e incontestabili di abuso di ufficio e falso che costituiscono contributo fondamentale all’esistenza, conservazione e rafforzamento dell’associazione mafiosa, posto che si è appurato che una delle sue finalità accertate era proprio l’arricchimento mediante assunzione massiccia di appalti pubblici locali. Attese le condotte descritte in atti e richiamate innanzi, non v’è dubbio, che i comportamenti del pubblico ufficiale si caratterizzino proprio per la creazione dall’interno dell’Ente di appartenenza delle condizioni perché la cosca, grazie all’assunzione per via diretta o indiretta degli appalti, possa continuare ad operare e a trarre illeciti vantaggi secondo i propri fini in uno dei settori prediletti inibitole per legge a seguito di condanna definitiva dell’effettivo titolare”. Casablanca pagina 9


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